Il fuoco di Sant’Antonio Storia,tradizioni e medicina ... · La violazione delle norme comporta...

14
Il fuoco di Sant’Antonio Storia, tradizioni e medicina Carlo Gelmetti

Transcript of Il fuoco di Sant’Antonio Storia,tradizioni e medicina ... · La violazione delle norme comporta...

Il fuoco di Sant’AntonioStoria, tradizioni e medicinaCarlo Gelmetti

Carlo Gelmetti

1 3

Storia, tradizioni e medicina

Il fuoco di Sant’Antonio

Si ringrazia Novartis per il supporto offerto alla realizzazione e distribuzione del volume

ISBN-10 88-470-0594-9

ISBN-13 978-88-470-0594-5

Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla tradu-

zione, alla ristampa, all’utilizzo di illustrazioni e tabelle, alla citazione orale, alla trasmissione radiofonica

o televisiva, alla registrazione su microfilm o in database, o alla riproduzione in qualsiasi altra forma

(stampata o elettronica) rimangono riservati anche nel caso di utilizzo parziale. La riproduzione di que-

st’opera, anche se parziale, è ammessa solo ed esclusivamente nei limiti stabiliti dalla legge sul diritto d’au-

tore, ed è soggetta all’autorizzazione dell’editore. La violazione delle norme comporta le sanzioni previste

dalla legge.

Springer-Verlag fa parte di Springer Science+Business Media

springer.com

© Springer-Verlag Italia 2007

L’utilizzo in questa pubblicazione di denominazioni generiche, nomi commerciali, marchi registrati, ecc.

anche se non specificatamente identificati, non implica che tali denominazioni o marchi non siano pro-

tetti dalle relative leggi e regolamenti.

Responsabilità legale per i prodotti: l’editore non può garantire l’esattezza delle indicazioni sui dosaggi e

l’impiego dei prodotti menzionati nella presente opera. Il lettore dovrà di volta in volta verificarne l’esat-

tezza consultando la bibliografia di pertinenza.

L’editore è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda le fonti iconografiche e letterarie che

non è riuscito a contattare.

Layout copertina e interno: Simona Colombo, Milano

Stampa: Arti Grafiche Nidasio, Assago

Stampato in Italia

Springer-Verlag Italia S.r.l., Via Decembrio, 28, I-20137 Milano

CARLO GELMETTI

Professore Ordinario

Istituto di Scienze Dermatologiche

Università degli Studi di Milano

Direttore

Unità Operativa di Dermatologia Pediatrica

“Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore, Policlinico,

Mangiagalli e Regina Elena” di Milano

V

1 Bloch M. I re taumaturghi. Einaudi, Torino, 1989.

Prima di leggere questo libro, converrà fin da ora chiarire che il Sant’Antonio di cuisi parla non è quello che è normalmente conosciuto sotto il nome di Sant’Antonioda Padova. Questi, a buon diritto, dovrebbe chiamarsi Sant’Antonio da Lisbona, vi-sto che era nato in questa città mentre a Padova c’era solo morto. I Portoghesi, giu-stamente, si arrabbiano e, tanto per fare un paragone, è come se Leonardo da Vincifosse chiamato Leonardo da Amboise per il solo fatto di essere morto nel castello diquella cittadina mentre lavorava per il re di Francia, Francesco I.Per tornare a Sant’Antonio da Lisbona/Padova, egli visse quando il nostro Antonioera già un santo famosissimo da un millennio! Ecco perché l’Antonio di cui parlia-mo viene chiamato “Sant’Antonio il Grande” oppure, per distinguerlo meglio dalSanto di giugno, “Sant’Antonio di gennaio” ma, soprattutto, “Sant’Antonio Abate”.Anche qui, ad essere precisi, bisogna dire che l’attributo di abate è mal posto, datoche il nostro passò la vita in rigorosa solitudine e quindi non fu mai abate di nessu-no!Nell’iconografia, Sant’Antonio Abate viene raffigurato come un vecchio con la bar-ba bianca e vestito talora come un eremita, talora come un francescano. Il vecchiocon la barba bianca ci sta bene, perché Antonio morì a 105 anni, ed il vestito da ere-mita pure, dato che egli fu il primo monaco anacoreta cristiano della storia. Menobene ci sta l’abito francescano, dato che l’ordine sarebbe stato fondato circa 1000anni dopo. Il saio da frate ben si attiene all’Antonio portoghese, il quale, dato chemorì giovane, viene raffigurato come un giovane francescano che tiene fra le brac-cia un giglio ed il Gesù bambino. Altre caratteristiche del Sant’Antonio cui si rife-riscono queste righe, sono il bastone a T, un maialino e, soprattutto un fuoco ar-dente ai piedi.Nonostante tanto tempo trascorso, di Sant’Antonio Abate sappiamo molte cosepoiché egli è uno dei pochi santi dei primi secoli di cui ci è pervenuta una biogra-fia. In essa, si parla delle sue vicissitudini terrene e soprattutto delle sue tentazionida parte del demonio, diventate poi talmente famose ed esemplari, da costituire unmotivo di ispirazione per generazioni di artisti fino ai giorni nostri. Nell’agiografiacristiana Sant’Antonio fu però, in primis, il guaritore per eccellenza. Il testo che se-gue vuole succintamente descrivere cosa è stato il “Fuoco di Sant’Antonio” nellastoria della medicina e quello che il taumaturgo continuò a fare finché, come diceMarc Bloch , la gente credette.

Carlo Gelmetti

Prefazione

VII

Capitolo 1 STORIA • 11 La vita di Sant’Antonio7 Simbologia

11 Bibliografia

Capitolo 2 TRADIZIONI • 1313 Un Santo molto popolare15 Letteratura20 Iconografia26 Musica32 Gastronomia39 Feste47 Bibliografia

Capitolo 3 MEDICINA • 5353 Introduzione78 Herpes zoster99 Erisipela

108 Ergotismo117 Acrodinia119 Bibliografia

127 Ringraziamenti

Indice

1La vita di Sant’Antonio

1 235 AD.2 Montanelli I. Storia di Roma. Rizzoli, Milano, 1973.3 Montanelli (op. cit.) la descrive così:”…Zenobia, la più grande regina dell’Est. Era una creatura che,

nascendo, aveva sbagliato sesso. In realtà aveva il cervello, il coraggio, la fermezza di un uomo. Delladonna, aveva solo la sottigliezza diplomatica”. Sembra che questo passo sia sfuggito alla maggior par-te delle femministe!

La vita di Sant’Antonio

Le vicende terrene di Sant’Antonio (252-357) sono ambientate nel III secolo dellanostra era nel lontano Egitto quando il paese, che era sotto la dominazione del-l’impero Romano, allora ancora del tutto pagano, passa tumultuosamente ad unnuovo ordine in cui il cristianesimo, nonostante tutti gli scismi, comincia ad assu-mere un’importanza determinante.Anche se ci limitiamo al mondo classico, il terzo secolo è un periodo di piena ebol-lizione e grandi sconvolgimenti. Solo il regno persiano, sotto la dinastia deiSassanidi, vive una certa stabilità, mentre l’impero romano è in pieno marasma,minacciato dall’esterno dai goti, ma soprattutto minato all’interno dalla decaden-za morale che aveva forgiato la romanità repubblicana. Dal punto di vista dei no-mi e delle date, questo periodo della storia di Roma è un vero incubo per gli stori-ci. L’impero romano ha ormai imboccato quella strada che lo porterà al lento mainarrestabile disfacimento.Montanelli, con lucido cinismo, così commenta questo momento: “L’anarchia cheseguì la morte di Alessandro Severo1 durò cinquant’anni, cioè fino all’avvento diDiocleziano, e già non fa più parte della storia di Roma, ma della decomposizionedel suo cadavere”2.In realtà, in questo periodo non mancarono grandi personaggi come la famosaZenobia3, regina di Palmira, che come rappresentante di Roma si annetté anchel’Egitto, che è il cuore della nostra narrazione. Né mancarono grandi opere, comele mura Aureliane che ancora oggi si impongono a Roma. Ma, dopo la dinastia deiSeveri, gli imperatori si susseguono ad un ritmo incalzante; agli assassinii seguo-no le stragi e i vari pronunciamenti delle legioni che portano al potere un nuovoimperatore, talora addirittura per pochi mesi. L’Augusto in carica prima si sdop-pia, poi quadruplica (i tetrarchi); il centro del potere abbandona Roma per sem-pre dopo Diocleziano e dopo essere esploso in vari centri asiatici ed europei ap-proda infine a Bisanzio con Costantino.Dal punto di vista di questa storia, è proprio Costantino il punto focale. Il famosoeditto imperiale del 313 che riconosce la libertà di culto anche ai cristiani fa cessa-

Capitolo 1 Storia

2 Storia capitolo 1

4 Una breve storia della chiesa primitiva si può leggere in: AAVV Les premiers temps de l’église.Gallimard, Parigi, 2004.

5 Sant’Atanasio fu una grande figura carismatica del cristianesimo primitivo. Divenuto vescovo diAlessandria (e uno dei poli storici del cristianesimo primitivo con Antiochia, Costantinopoli,Gerusalemme e Roma) è uno dei Padri della Chiesa.

6 Atanasio. Vita Antoni. Mondadori, 1974.7 L’iconografia anche di questo unico aspetto della vita di Sant’Antonio è sterminata ma è sicuramen-

te un tema che attraversa tutta la storia dell’arte del secondo millennio ad iniziare dal medioevo diVitale da Bologna per finire alla contemporaneità di Salvador Dalì.

re le persecuzioni ma non serve troppo a rasserenare gli animi. Ai pagani non vagiù il fatto che i cristiani acquistino potere ed influenza e la mamma di Costantino,Elena, sia una fervente cristiana! I cristiani, bloccato, almeno per il momento, ilnemico comune, si dilaniano in una esplosione di divisioni che Costantino tente-rà (invano) di soffocare con il primo grande Concilio Ecumenico del 325 a Nicea.A dire il vero, la bagarre era cominciata immediatamente dopo la morte di Cristoquando la visione “ebraica” del cristianesimo di Giacomo, fratello di Cristo, capodegli apostoli e quindi della primitiva chiesa di Gerusalemme, si scontra con quel-la “cattolica” (=universale) di Paolo. La storia delle cosiddette eresie comincia po-co dopo e non è ancora finita né potrà ovviamente finire. Per restringere il campoal nostro argomento, possiamo dire che una delle principali era quella ariana chescuoteva l’Egitto e non solo, se è vero che anche Sant’Ambrogio qui a Milano ebbeun gran daffare4.Nonostante la grande distanza temporale, di Sant’Antonio Abate sappiamo moltecose. Infatti uno dei suoi discepoli, Atanasio5, scrisse una celebre biografia6 in cuici informa delle sue vicissitudini terrene ma anche delle sue tentazioni da partedel demonio diventate poi talmente famose ed esemplari da costituire un motivodi ispirazione per generazioni di artisti fino ai giorni nostri7. Informazioni ulte-riori ci vengono anche dai “Detti dei padri del deserto”, da una lettera all’Im-peratore Costantino, dalla biografia di San Paolo Eremita scritta da San Gerolamoe, molto posteriormente, dalla “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze.A dirla tutta, c’è anche chi dubita che la biografia scritta da Atanasio sia veridica,ma comunque, anche se ammantato di mito, qualcosa di verosimile c’è senz’altro.Il Sant’Antonio di cui ci occupiamo nasce infatti nel III secolo in Egitto, ad ovestdel Nilo, a Coma (l’odierna Queman), quando la religione dell’impero romanoera quella pagana. Convertitosi al cristianesimo, il giovane Antonio vende i suoibeni, sistema la sorella e si dedica alla preghiera in un eremo solitario da cui ancheil nome di “Sant’Antonio l’eremita” (Fig. 1.1).Per questo motivo, egli è unanimemente considerato il primo eremita ed il padredegli anacoreti. Studiando un poco il mondo egiziano del suo tempo, bisogna di-re che egli non fu del tutto originale perché la spiritualità religiosa contempora-nea del suo paese natale aveva già visto vari sacerdoti dell’antica religione ritirarsidal mondo per vivere da asceti nel deserto. Va detto però che Antonio fu il primomonaco della cristianità, dato che sull’esistenza di Paolo di Tebe, che secondo SanGerolamo avrebbe preceduto il nostro di qualche anno, si avanzano seri dubbi.

3La vita di Sant’Antonio

8 Dall’ebraico “abbas”, padre. Termine usato per identificare il superiore di un cenobio di monaci.

Nonostante tutta la buona volontà, Antonio non riesce a restare proprio solo so-letto, dato che, come era già successo per i suoi i precursori nell’antica religioneegiziana, l’esempio è contagioso. Attirati dalla personalità di Antonio, altri mona-ci si stabiliscono pian piano nelle vicinanze, sempre però mantenendo distinta laloro individualità. Questi monaci sono chiamati anacoreti, perché vivono solitariin preghiera per tutta la vita, salvo per ritrovarsi per l’agape comune nelle festecomandate. Altri monaci, che invece sentono più pressante la necessità di una gui-da, si raccolgono ben presto in comunità e sono chiamati i cenobiti. Antonio è ilpadre degli anacoreti, mentre Pacomio è il padre dei cenobiti e la sua regola servi-rà di base per quella più famosa di San Benedetto che lo seguirà di qualche secolo.Dal ché si ricava anche che il termine di “abate”8 applicato al nostro è del tuttofuori posto, ma tant’è.Già da vivo la fama della sua santità dilaga al di là dei confini e poco a poco la suasaggezza diviene proverbiale, a tal punto che gli viene chiesto di partecipare ad unimportante convegno ecclesiastico che si radunava ad Alessandria nel 311. Il pro-blema importante concerneva la persecuzione dell’Imperatore d’occidente Massi-mino Daia. Per questo grave motivo Antonio abbandona, per la prima volta, il suoeremitaggio. Dopodiché ritorna ad appartarsi in un luogo ancora più sperduto esolitario nei pressi del monte Colzim, poco lontano dal Mar Rosso.Torna dopo molti anni ad Alessandria per contrastare l’eresia ariana. I vescovi, iviradunatisi, chiedono ed ottengono che Antonio partecipi al concilio per fortifica-re la fede.Ma la qualità che sembra peculiare ad Antonio sembra essere quella di taumatur-go. La santità di questo monaco sembra capace di guarire tutte le malattie e i pel-legrini che cercano un rimedio ai mali del corpo si sommano a coloro che cercanoun rimedio ai mali dello spirito. Antonio muore in odore di santità in un mondoda poco ufficialmente cristianizzato, in un momento in cui gli dei del pantheonpagano vengono poco a poco sostituiti dai “santi” cristiani.A dire di Sant’Atanasio, la sua morte avviene nel 357 alla veneranda età di 105 an-ni e le sue spoglie, secondo i suoi voleri, sono sepolte in un luogo anonimo.Tuttavia, secondo alcuni le sue reliquie vengono scoperte e traslate ad Alessandrianel 532 o, secondo altri, nel 561 e da lì a Costantinopoli. Secondo la tradizione ilvescovo cristiano Teofilo, per rivelazione divina, ritrovò le spoglie che fece tra-sportare nella chiesa di San Giovanni Battista ad Alessandria; da qui le reliquievengono spostate per evitare il rischio di un’invasione saracena, nella chiesa diSanta Sofia a Costantinopoli.E così Antonio diventa uno dei primi santi ed uno dei più importanti perché egliè capace di guarire le malattie. La sua fama rimane costante nei primi secoli delcristianesimo ma esplode con l’inizio del secondo millennio, era quando inizial’era delle crociate e con essa la traslazione delle spoglie dei santi dalle originali se-di mediorientali verso l’Europa. Le reliquie dei santi sono tra gli obiettivi dichia-

4 Storia capitolo 1

Figura 1.1 • Sant’Antonio Abate in un’incisione ottocentesca. Collezione privata

Figura 1.2 • L’autore nel paese dell’Abbazia antoniana

Figura 1.4 • Membro dell’Ordine degli Antonianicon la tipica tau azzurra. Collezione privata

Figura 1.3 • La facciata della chiesa abbaziale

5La vita di Sant’Antonio

Figura 1.6 • Distribuzione geografica delle Precettorie antoniane.

Da Mischlewski A, 1995

Figura 1.5 • Una classica immagine di Sant’Antonio Abate con la tau ben

evidente. Atlante Demologico Lombardo,www.demologia.it

9 In italiano: “la collina di San Didier”.10 In italiano. “La collina nel bosco”.11 In italiano: “ Sant’Antonio del Viennese ”. Il « viennese » in questione si riferisce alla città francese di

Vienne, che era la capitale della regione.12 In italiano: “fuoco sacro” o “male degli ardenti” o “fuoco morboso” o “fuoco infernale” o “peste di

fuoco”.13 In italiano: “Confratelli dell’elemosina”.

rati delle spedizioni guerresche e quanto più importante è il santo quanto mag-giore sarà il “guadagno” della comunità che le custodirà.Al ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, all’intorno del 1070, un certoJocelin, nobiluomo del Delfinato, ottiene dall’imperatore Romano IV Diogene lespoglie del santo. Le reliquie di Antonio arrivano in Francia dove rimangono perun poco al sicuro nel castello del signore, che le lascia poi in eredità al cognatoGuige Didier, fino a quando il papa Urbano II, che stava transitando nella regione,ordina a costui di depositarle in un luogo dove potessero essere venerate dai fedeli.Le reliquie vengono quindi portate nel luogo di La Motte Saint Didier9 (chiamataanche la Motte au Bois10) in cui pare ci fosse una piccola cappella. Sul luogo (Fig. 1.2) che prese quasi subito il nome di Saint Antoine du Viennois11 venne co-struita tosto una chiesa (Fig. 1.3) che venne consacrata da Guy di Borgogna, già ar-civescovo di Vienne e appena consacrato papa col nome di Callisto II. In questachiesa il servizio religioso fu assicurato, dal 1083, dai benedettini dell’abbazia diMontmajour che apparteneva invece alla diocesi di Arles.A seguito di una grande epidemia chiamata “feu sacré” o “mal des ardents” o “feumorbide” o “feu infernal” o “peste de feu”12 scoppiata nel 1089, folle di pellegriniarrivarono a implorare la guarigione davanti alle reliquie del santo. Per venire in-contro alle bisogna di quella folla povera e dolente, alcuni maggiorenti della re-gione si riunirono in confraternita per procurare loro alloggio e cibo. Pertanto es-si furono chiamati “Frères de l’Aumone”13 dato che cercavano di raccogliere fondi

6 Storia capitolo 1

14 In italiano: “La casa dell’elemosina”.15 Per l’esattezza «Ordre religieux hospitalier des chanoines réguliers de St. Antoine de Viennois».

per questo caritatevole scopo. Tra questi cavalieri, Gastone, che nel 1095 ebbe unfiglio guarito per merito di Sant’Antonio, e fondò un piccolo ospedale che chiamò“La Maison de l’Aumone”14.Nel 1292 la primitiva confraternita laica dei “Confratelli dell’elemosina” si trasfor-mò ufficialmente nell’Ordine Ospedaliero degli Antoniani15. I membri dell’Or-dine, che erano vestiti con una veste nera con una Tau azzurra a sinistra (Figg. 1.4,1.5), si moltiplicarono rapidamente sino a essere più di 10.000 monaci nel XV se-colo. L’Ordine arrivò a fondare 389 abbazie-ospedali in tutto il mondo cristianodi allora e divenne uno degli ordini religiosi ospedalieri più importante della sto-ria (Fig. 1.6).Dopo l’affievolirsi e lo spegnersi delle grandi epidemie, l’Ordine degli Antonianisi fuse con l’Ordine di Malta nel 1775. Nonostante ciò, confraternite varie persi-stettero un po’ dappertutto ed i questuanti di Sant’Antonio potevano ritrovarsinelle nostre città ancora nel secolo scorso (Fig. 1.7).

Figura 1.7 • Questuante napoletano del secolo scorso. Collezione privata

7Simbologia

16 John North. Gli ambasciatori. Rizzoli, Milano, 2004.

Simbologia

Nell’iconografia, per lo meno a partire dal 1400, Sant’Antonio viene raffiguratocome un vecchio con la barba bianca e vestito talora come un eremita, talora co-me un francescano, ma più spesso come appunto il suo ordine religioso prescrive-va. Altre caratteristiche dell’iconografia antoniana sono il bastone a T cui è appe-sa una campanella, un maiale al suo piede sinistro e, soprattutto, un fuoco arden-te al piede destro che è l’elemento caratterizzante più tipico e costante, talché ilSanto è indicato come “Sant’Antonio del Fuoco” (Fig. 1.8).Nel medioevo, ma in fondo anche dopo, ogni segno aveva un significato che spes-so andava al di là di quello diretto. Nelle arti come nella vita di tutti i giorni, nonvi era niente che fosse “lì” per caso o che fosse raffigurato “così” per sorte. Dallaorientazione di un edificio ad un apparentemente trascurabile particolare di unquadro, niente era lasciato a se stesso. Gli artisti, poi, approfittavano di questepossibilità di comunicazione ulteriore per esprimersi al di là dell’ovvio o del con-sentito. Esemplare ed illuminante, a questo proposito, è la recente analisi del fa-moso quadro “Gli Ambasciatori” di Hans Holbein, conservato alla NationalGallery di Londra16, la cui descrizione ha richiesto un intero libro.Per tornare alla simbologia antoniana, la Tau è una lettera dell’alfabeto greco e l’ul-tima dell’alfabeto ebraico: corrisponde alla lettera T del nostro alfabeto ed ha mol-teplici significati. Essa rappresenta soprattutto ed ovviamente la croce cristiana egi-zia (ricordiamo che Antonio era un santo egiziano), che per i cristiani alessandrinifu simbolo d’immortalità, ed è anche il bastone della vecchiaia del Santo stesso.Nella lontana antichità dei popoli orientali la Tau significava: “salute e autorità”.Nella Bibbia (Ezechiele: 9,4) rappresenta addirittura il segno per contraddistingue-re gli eletti come si può dedurre da questo passo che era ben conosciuto dai fedelidel tempo, essendo stato commentato dai Padri della Chiesa: “Va attraverso la città,va attraverso Gerusalemme e traccia il segno del Tau sulla fronte di quegli uomini chesospirano e gemono a causa delle abominazioni che ivi si commettono”. San Francescousava il segno del Tau per firmare! Secondo Aymar Falco, che fu uno dei più illustriabati degli Antoniani, la Tau doveva ricordare il bastone che Gastone, fondatoredell’Ordine, ricevette in visione da Sant’Antonio e che, piantato in terra, si trasfor-mò in un albero. Infine la Tau può simboleggiare la stampella del dio greco del fuo-co Efesto, o più semplicemente le stampelle o le grucce che gli amputati a causa del“fuoco di Sant’Antonio” dovevano portare.Il porcello è il secondo simbolo di Sant’Antonio. Fiumi di inchiostro sono stati ver-sati per approfondirne il significato e, in estrema sintesi, il maiale rappresenterebbela carnalità da condannare e, al tempo stesso, la sua sottomissione al Santo. Nellasterminata iconografia, talora, al posto del maiale, si riconosce un maiale selvaticoo addirittura un cinghiale. In alcuni quadri l’animale è molto piccolo e simboliz-zato; queste dimensioni minime e la cattiva leggibilità di alcune opere a causa del-

la loro vetustà ha indotto qualcuno (sic!) a riconoscere un topo. Chiarito che l’ani-male giusto è il maiale e non altri, fa sorridere il fatto che alcuni autori abbianodisquisito a lungo e talora a sproposito sui significati simbolici del maiale senzafare riferimento alla storia. Il porcello è intimamente legato a Sant’Antonio ancheper un fatto ben più prosaico. L’ordine degli Antoniani ottenne infatti l’ambitoprivilegio papale di allevare i maiali a spese della comunità17. Una volta che glianimali erano ingrassati a dovere, essi venivano macellati a beneficio della confra-ternita e delle opere di carità: con la carne si nutrivano i malati e col lardo si pre-parava un unguento per curare il “Fuoco di Sant’Antonio”. Questo legame storicocon il maiale spiega anche perché, soprattutto in alcune regioni Italiane,Sant’Antonio Abate venga chiamato: “Sant’Antonio del Porcello” declinato in mil-le dialetti.

8 Storia capitolo 1

17 Carlo G. Valli ci ricorda che, con l’eccezione dei maiali di Sant’Antonio, gli altri maiali, per ovvi mo-tivi igienici, non potevano scorrazzare liberamente. “Il traffico dei porci era intenso e a Roma, pereliminarlo, ci volle nientemeno che un bando, firmato da Papa Clemente VII, il quale, per debellarele diffuse resistenze, autorizzava chiunque incontrava un porco altrui nella sua strada a tenerselo co-me proprio”. Valli C.G. Le feste in cucina. MEB, Padova, 1993.

Figura 1.9 • Quadro di Simona Mulazzani, che rappresentaSant’Antonio Abate con i suoi classici attributi; si vedanoin particolare i quattro campanelli appesi al suo bastone.Collezione privata

Figura 1.8 • Xilografia catalana.Oltre al fuoco e al maiale, nella parte alta si vedono bene le membra amputatea mò di trofeo. Collezione privata

9Simbologia

Per completezza non va omesso il significato del maiale come segno del maligno.Tale simbolo non si trova in relazione ai demoni che ripetutamente tentarono etormentarono il santo, come si legge nella biografia di Sant’Atanasio, ma va piut-tosto ricercato nell’episodio evangelico in cui i diavoli, scacciati dall’indemoniatoda parte di Gesù, trovarono rifugio in un branco di porci.La campanella, spesso appesa al bastone del Santo (Fig. 1.9) e da alcuni interpre-tata come simbolo della morte e della resurrezione, rappresenta storicamentequella che i maiali di Sant’Antonio portavano al collo per essere riconosciuti e co-sì nutriti dalla popolazione. Fino al secondo dopoguerra è documentato che que-sta tradizione veniva ancora praticata, per lo meno in alcune regioni. In alcuniquadri e sculture la campanella è al posto giusto, allacciata al collo del maiale. Inun altro contesto, la campanella ricorda il suono che annunciava da lontano l’ar-rivo dei questuanti dell’ordine di Sant’Antonio che furono attivi in alcune regionifino al secolo scorso (Fig. 1.7).Ma è fuori di dubbio che la caratteristica più tipica ed importante del nostro sia ilfuoco (Fig. 1.10) a tal punto che in Sardegna, per esempio, Sant’Antonio Abate èchiamato “Sant’Antonio de su fogu”.Nella storia della civiltà il fuoco ha sempre avuto una costante e netta ambivalen-za: da una parte esso rappresenta ciò che riscalda e che ci può difendere, dall’altraciò che brucia e che tutto può distruggere. Forse la “scoperta” del fuoco, e cioè ilmodo di accenderlo, di mantenerlo e di addomesticarlo è stata la chiave di voltanell’evoluzione dell’umanità come è ipotizzato da molti scienziati e come è statotinteggiato da quell’interessantissimo film di Jean Jacques Annaud che è “La guer-ra del fuoco”18.In molte civiltà la custodia del fuoco appare quindi al centro del credo religioso;inoltre le feste popolari dove il fuoco è il protagonista sono quelle di origine piùantica e sono, non a caso, concentrate verso la fine dell’anno quando il giorno, do-po il solstizio d’inverno, comincia ad allungarsi di nuovo, tributo di ringrazia-mento per una nuova stagione di vita.Nel pensiero arcaico il fuoco appare come un dono divino e non è certo un casoche il mito di Prometeo sia uno dei più conosciuti. Non solo, questo mito riaf-fiora travestito in altri modi e, per restare alla tradizione italiana, si ritrova nellefiabe classiche come quelle raccolte da Italo Calvino19. Nella fiaba che ci riguar-da più strettamente, Sant’Antonio discende agli inferi per rubare il fuoco cheDio aveva tolto agli uomini a causa dei loro peccati. E ci riesce, incendiandoun’estremità del suo bastone che nasconde poi sotto la sua veste: riesce così adeludere la sorveglianza dei diavoli ed a riportare infine sulla terra una favilla ac-cesa (Fig. 1.11).Nel mito greco, come ricorda Pietro Citati20, la dea Teti, per rendere il figlio Achille

18 Il titolo originale francese del film è “La guerre du feu” ed è stato prodotto nel 1981.19 Calvino I. Fiabe italiane, Mondadori, Milano, 1956.20 Citati P. La mente colorata. Mondadori, Milano, 2002.