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Il “fico proibito” dell’Eden 5 INDICE 1. Premessa Ai miei sparuti lettori p. 7 2. Eden e normatività Il testo p. 9 L’Eden, il giardino fiorito p. 10 La prima norma p. 11 3. Mela o fico? Il fico come frutto del peccato originale p. 15 Girovagando per l’Italia p. 22 4. Eden, il Giardino degli incidenti L’antropologia cristiana p. 43 Due incidenti, due conseguenze p. 43 Scrittura e Tradizione p. 45 Peccato originale e anima p. 49 Uomo peccatore e il male p. 55 Peccato originale e battesimo p. 60 Dal peccato originale al limbo p. 61 5. Il settimo giorno La fonte p. 67 La lettura o le letture della Bibbia p. 68 Il senso e la lettera p. 70 La creazione e il male p. 72 La creazione continua p. 74 Creazione dal nulla, azione ordinatrice e domenica p. 77 Chi possiede realmente la Verità? p. 79 Ha senso parlare di pre-lettura? p. 80 Libertà di interpretazione p. 83

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Il “fico proibito” dell’Eden

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INDICE

1. Premessa Ai miei sparuti lettori p. 7 2. Eden e normatività Il testo p. 9 L’Eden, il giardino fiorito p. 10 La prima norma p. 11 3. Mela o fico? Il fico come frutto del peccato originale p. 15 Girovagando per l’Italia p. 22 4. Eden, il Giardino degli incidenti L’antropologia cristiana p. 43 Due incidenti, due conseguenze p. 43 Scrittura e Tradizione p. 45 Peccato originale e anima p. 49 Uomo peccatore e il male p. 55 Peccato originale e battesimo p. 60 Dal peccato originale al limbo p. 61 5. Il settimo giorno La fonte p. 67 La lettura o le letture della Bibbia p. 68 Il senso e la lettera p. 70 La creazione e il male p. 72 La creazione continua p. 74 Creazione dal nulla, azione ordinatrice e domenica p. 77 Chi possiede realmente la Verità? p. 79 Ha senso parlare di pre-lettura? p. 80 Libertà di interpretazione p. 83

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1. PREMESSA

Ai miei sparuti lettori

“La curiosità è la fonte della sapienza” mi diceva la nonna mentre seguivo le sue fiabe, sempre intrise di grande saggezza nonostante il tracciato narrativo semplice, proprio adatto ad un bimbo ancora immaturo. Questo ritornello l’ho poi ripescato nei testi di molti filosofi che non sto qui ad elencare, ma vi dico che è stato un piacere scoprire quanto la saggezza popolare debba a questi, per la più parte sco-nosciuti, pensatori. Tra le altre seduzioni, poco tempo fa, leggendo il saggio di Jostein Gaarder C’è nessuno?, una sottolineatura mi era molto piaciuta; l’affermazione (vado a memoria) che “una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle [perché] solo una domanda può puntare oltre”. È precisamente questo che dalle fiabe in poi mi ha accompagnato nella vita: il domandare; e così, di curiosità in cu-riosità sono giunto a pormi questioni che sui banchi di scuola non avrei mai pensato di rivolgermi. Spinto da ciò mi sono accinto a scrivere questo saggio per esporre la mia strada, quella della domanda, ma di una che intenda uscire dai luoghi comuni allontanandosi da un sapere solo adottato, su cui abitualmente non viene posta la propria riflessione. Il tracciato è presto detto se si fa riferimento ai problemi dell’esistenza umana che molto si intersecano con l’educazione impartita, e spesso mai discussa. Da giovane accoglievo quanto i miei educatori mi pro-spettavano e lo accettavo così come me lo proponevano; infatti non mi fu difficile credere che Adamo ed Eva avessero peccato mangiando il frutto proibito: una mela, non quella di Biancaneve che, a ben guardare, ha molte somiglianze con quella dell’Eden1, ma il prodotto di quell’albero che avrebbe dato ai due sciagurati progenitori la conoscenza di ciò che è bene e ciò che è male. Scia-gurati, sì, perché proprio da quel gesto è nato il peccato originale che, si dice, macchi l’anima di ogni vivente. Se il mio lettore è arrivato fino a questo punto, lo prego di non

1 Il serpente è la matrigna; vi è seduzione e perdizione in entrambi i casi; la mela porta alla

morte, ma temporanea, perché poi ci sarà la rinascita; il bacio del Principe richiama l’Eucarestia; Eva prima del peccato senza pulsioni sessuali, Biancaneve, essa pure che co-sa fa? Raccoglie fiori nel bosco. Curioso è il saggio di Vladimir Propp, Morfologia della fia-ba, che apre a varie riflessioni letterarie, nonché filosofiche.

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chiudere il libro perché non sono né un sacerdote, né voglio fare della catechesi, anzi vorrei pormi molti interrogativi intorno a que-sta tradizione, troppo spesso, ripeto, accolta senza che vi si sia po-sta una propria riflessione. E per chi fosse ansioso di sapere quali siano state le domande che mi sono sorte dentro, queste ruotano intorno a vari problemi; del peccato originale, ad esempio, se quel-lo dei nostri progenitori sia davvero tale o se l’estensore della Ge-nesi non abbia preso un abbaglio, se il problema del male possa es-sere letto in modo diverso da come i luoghi comuni, anche eccle-siali, ce lo presentano, se sia davvero scomparso il limbo, non tan-to dalla credulità dei fedeli, quanto all’interno del dettato della Chiesa. Ma prima di tutto, partendo dalla fonte biblica, dopo una presentazione dell’Eden e una riflessione sulla prima normatività, mi piacerebbe invitare il lettore a girovagare con me compiendo lo stesso viaggio che tempo addietro intrapresi alla ricerca di un trac-ciato artistico che soddisfacesse la mia curiosità sul frutto proibito. [...] Tutti noi sappiamo quanto sia ardua la scelta alla quale siamo chiamati più volte al giorno e come sia complicato spesso combat-tere con il nostro io che magari da dentro ci invita a procedere in modo difforme dalla norma. Non voglio qui trattare un tema a me caro che già in altri testi2 ho sondato, giungendo alla considerazio-ne che spesso agiamo inconsapevoli, tanto che non è la nostra vo-lontà a guidarci, ma altre condizionanti dinamiche interne3.

La prima norma

La prima normatività, nata da un comando al negativo che “con-danna” l’uomo a “dover” scegliere: “dell'albero della conoscenza del be-ne e del male non devi mangiare” ma poi ecco subito la possibile san-zione: “perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”. Ma il ser-pente, “la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore” tenta la donna che, preso il frutto, ne mangiò, offrendolo poi al marito il quale, immaginandone la prelibatezza, non si trattenne e lo adden-tò. Adamo ed Eva erano stati tentati e non avevano saputo resiste-re, con ciò avvalorando quanto sembra abbia proferito Oscar Wil-de: «posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni!». Trasgredi-

2 Siamo liberi di volere ciò che vogliamo?, Diogene Multimedia, Bologna 2015. 3 John Bargh scrive un interessante volume su ciò: A tua insaputa, la mente inconscia

che guida le tue azioni, ed. Boringhieri, 2018.

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rono ad un comando, forse credendo alle parole del loro Creatore e cioè che tale frutto, peraltro desiderabile, fosse capace di far loro acquistare quella saggezza che ancora non possedevano. Ora, ragionando intorno al fatto accaduto ai nostri progenitori, [...] qual era il contenuto di questo ordine? Analizziamolo con la men-te sgombra da pregiudizi religiosi. Di non mangiare il frutto di un albero che avrebbe dato loro la capacità etica, quella di saper di-scernere ciò che è bene, separandolo da ciò che è male. Non vo-glio pormi al posto del compilatore biblico, peraltro, come si dice, imboccato dallo Spirito Santo, né tanto meno al posto di Dio, ma, pensando che in Lui non fossero assenti i principi della logica, il redattore della Genesi avrebbe dovuto tener conto di quelli e sem-mai porre in Dio questa riflessione:

“Per condannare questi due è sufficiente che io decida se loro han-no commesso un errore, disubbidendomi, oppure occorre che io capisca se costoro erano a conoscenza di ciò che facevano? Cioè, conoscevano costoro la separazione tra ciò che era bene e ciò che era male?”.

Solo dopo aver dato una risposta al quesito Dio avrebbe capito che nella loro azione non esisteva alcuna connotazione etica. For-se non era Dio a comminare la condanna, ma l’estensore della Ge-nesi a pensare che Dio l’avesse decretata. E così, da buon cristiano, mi sono domandato che cosa dicesse la Chiesa a riguardo del pec-cato.

«Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condi-zioni: È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia gra-ve e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deli-berato consenso».

Questo dice il Catechismo della Chiesa cattolica al §1857. Posta quindi la questione in termini ecclesiali, comprendiamo che l’autore della Genesi avrebbe dovuto concludere che questa capacità di giudizio etico non era presente nei nostri progenitori nel momento dell’as-sunzione del frutto. [...] Questa mi sembra la prima “buccia di banana” sulla quale scivola

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il racconto biblico che non tien conto che una persona, ignara del-la differenza tra bene e male, non può essere giudicata colpevole. Ma lasciamo da parte momentaneamente le problematiche filoso-fico-giuridiche e chiediamoci: “di quale frutto si trattava?”. Ma perbacco … di una mela! Ad Adamo rimase così indigesta da non scendere né su né giù, restando a mezza via, là in quella posizione dove oggi c’è “il pomo d’Adamo”.

Il fico come frutto del peccato originale

[...] La curiosità, che, come ognuno sa, è produttrice di ricerca, mi è stata d’aiuto in tutti gli anni della mia vita e, anche in questo fran-gente, mi ha permesso di capire meglio il problema postomi, quel-lo inerente la fondatezza della tradizione. Mela, Eva, Biancaneve, quei risvolti mi accompagnarono lungo le direttrici italiane ed estere per le vie che percorrevo, ma fu quando giunsi presso Matera che mi si aprì il velo. [...] Qui un gruppo di giovani aveva appena scoperto l’esistenza di af-freschi in una grotta, usata un tempo da un pastore del luogo co-me ricovero per il suo gregge. Originariamente, prima di fungere da stalla, era servita a dei benedettini come loro monastero. Era una meraviglia, un florilegio di affreschi ancora vivaci raffiguranti scene della Bibbia, del Vecchio e del Nuovo Testamento, pur-troppo mal conservati a causa dell’umidità del luogo e forse anche per l’irriverenza di ragazzini poco istruiti (e quindi poco disposti al rispetto delle icone artistiche) che vi avevano incise le proprie ini-ziali. Mi dissero che era stata denominata Cripta del Peccato Originale in quanto l’affresco più rappresentativo sembrava essere quello della scena di Adamo ed Eva con in mano il frutto proibito che, quan-do m’avvicinai, mi sembrò poco in linea con la tradizionale mela. Accostandomi che cosa scoprii? Non era una mela, ma … un fico!

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Matera, grotta del monastero benedettino, particolare del frutto proibito, VI sec.

Questa “Cappella Sistina della pittura parietale rupestre”, come la definì Vittorio Sgarbi4, conserva una tradizione che affonda le sue origini nel primo monastero rupestre i cui monaci benedettini di sicuro avevano conosciuto testi apocrifi i quali, seppur non in li-nea con la liturgia ecclesiale, presentavano notizie su detto frutto: un fico!. [...] Ma la curiosità, come ognuno sa, è l’anima della ricerca e fu così che accolsi l’invito di un collega spagnolo che, sfogliando il Codex Emilianensis, ben sapendo del mio interesse per la cosa, mi avvertì di aver incontrato un’immagine che mi sarebbe piaciuta. Andai a Madrid, entrai nella Biblioteca reale di San Lorenzo de l’Escorial, consultai il Codice, entrando in contatto con miniature alquanto speciali risalenti, come riportava la dicitura, al 994. Ancora una

4 Si veda il blog di Angelo Eugenio Mecca in http://aemecca.blogspot.it/2016/08/cripta-

del-peccato-originale-matera.html.

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volta dovetti apprezzare il lavoro degli amanuensi che avevano avuto modo di riprodurre varie scene della Genesi soffermandosi con descrizioni particolari tali da permetterci oggi di immaginare i nostri progenitori prima e dopo il peccato originale. Ma una attras-se il mio interesse specifico; descriveva minuziosamente la scena del peccato, citando i nomi dei nostri progenitori, raffigurati ac-canto all’albero attorcigliato dal serpente; l’interesse diventò ancor più grande quando lessi, scritto in maiuscoletto, l’indicazione del-l’albero: era un lignum fici, un fico.

Madrid, Codex Emilianensis, Albero del fico proibito, anno 994

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