Il Falso in bilancio L -...

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72 73 L egale Legale Il Falso in bilancio La legge del 27/05/2015 n. 69 ha modificato con pochi, ma decisivi interventi l’istituto del “falso in bilancio” disciplinato dagli artt 2621 e ss del cod. civ.; il reato era già stato oggetto di intervento legislativo nel 2003 allorchè erano state introdotte attenuazioni che ne avevano ridotto la portata repressiva. Vediamo nel dettaglio quali cambiamenti sono in atto Avv. to Gianfranco Benvenuto per info, www.studiobenvenuto.it L a materia del falso in bilancio è stata tematica molto discussa per via della sua disponibilità ad esse- re utilizzata dalla magistratura per colpire condotte dei c.d. “colletti bianchi” nonché per allargare o diminuire lo spettro degli strumenti volti al controllo dell’econo- mia e di coloro che vi operano influenzando i mercati con informazioni decettive. Rispetto alla riforma del 2003 la condotta del reato è rimasta pressochè inalterata cir- coscritta “all’esposizione nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali, di fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero all’omissione di fatti rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica patrimoniale o finanziaria della società”. Gli autori potenziali del reato sono gli am- ministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori delle società. La nuova fattispecie ha innovato molto sulla misura della pena, sulla qualificazione del reato e sulle condizioni di punibilità. Il nuovo falso in bilancio ha infatti eliminato: la fattispecie contravvenzionale del reato (punita con l’arresto fino a 2 anni) deli- neandola quale delitto con incremento della pena elevata alla reclusione da 1 a 5 anni; la fattispecie di reato di danno (che condizionava la persecuzione alla mani- festazione di un danno), allargando ora lo spettro repressivo all’ipotesi (più vasta) del reato di pericolo (il reato è punito per il solo fatto che la condotta sia tenuta, indipendentemente dal danno procurato) le condizioni di punibilità previste dalla fattispecie precedente che condiziona- vano la punibilità alla determinazione di una variazione del risultato economico superiore al 5% o del patrimonio netto superiore all’1%. Poiché la versione attuale della fattispe- cie ha altresì espunto l’inciso “ancorchè oggetto di valutazioni” riferito ai “fatti ma- teriali non rispondenti al vero”, la norma si è prestata a osservazioni di chi riteneva fosse escluso dal suo contesto il c.d. falso valutativo ovverosia quel falso che deriva dalla stima di un dato materiale. Sul punto è recentemente intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite (n.22474/2016) che ha acquietato le acque agitate dalla discussione, riconducendo anche il falso valutativo all’interno della fattispecie del falso in bilancio. È interessante il percorso argomentati- vo che possiamo riassumere nelle poche espressioni che seguono: l’origine dell’equivoco sta in chi ha voluto contrapporre i fatti materiali alle valuta- zioni come se “materiale” significasse “a-valutativo”; in realtà “materiale” si- gnifica “fatto essenziale”, nel senso che nel bilancio debbono essere riportati solo fatti significativi ai fini della infor- mazione. Tali fatti “materiali” per essere raccontati nel bilancio debbono essere tradotti in un’unica unità monetaria che li renda omogenei tra loro: la traduzione in unità monetaria viene operata attraverso la valutazione dei dati che deve essere ese- guita secondo i dettami del codice civile e dei principi interpretativi dei dottori commercialisti. Dunque la valutazione non è contrappo- sta alla essenzialità del fatto, ma ne è anzi elemento intrinseco grazie al quale il fatto può essere comparato ad altri e contenuto in uno stesso elaborato di bilancio volto a dare la rappresentazione vera della salute della società attraverso quell’unicità di linguaggio che l’espres- sione monetaria (attraverso la valutazio- ne) rende possibile. Dunque il dato contabile deve essere sem- pre valutato e portato in bilancio in termini non decettivi in modo da evitare che la sua lettura sia concretamente idonea ad influenzare il giudizio dei destinatari, indu- cendoli a decisioni che diversamente non avrebbero preso. Ma chi sono i destinatari dei dati di bilancio? I fornitori che in base ad una diversa rappre- sentazione del bilancio non avrebbero fornito la merce o l’avrebbero fornita subordinata a maggiori garanzie, le banche che avrebbero misurato diversamente le decisioni di finan- ziamento delle società, oppure, nelle quota- te, il pubblico in generale che può decidere di sostenere l’impresa in base alle indicazio- ni lette sulle comunicazioni sociali volte ad una corretta informazione societaria. La scorretta informazione societaria dan- neggia doppiamente: I) recando danno a quei fornitori, banche, investitori che sono entrati in relazione con chi ha immesso informazioni decet- tive spingendoli verso decisioni errate in quanto assunte sulla base di dati che impedivano di misurare correttamente il rischio di conservazione delle relazioni commerciali. La dichiarazione di fallimento costituisce il presupposto per l’appli- cazione dei reati c.d. fallimentari di bancarotta; l’art 223 della legge fallimentare attribuisce il reato di bancarotta fraudolenta (punito con la reclusione da 3 a 10 anni) “a colui che ha provocato il disse- sto della società commettendo alcuno dei fatti previsti dagli artt 2621 …omissis… del codice civile”

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L egale Legale

Il Falso in bilancio

La legge del 27/05/2015 n. 69 ha modificato con pochi, ma decisivi interventi l’istituto del “falso in bilancio”

disciplinato dagli artt 2621 e ss del cod. civ.; il reato era già stato oggetto di intervento legislativo nel 2003 allorchè

erano state introdotte attenuazioni che ne avevano ridotto la portata repressiva. Vediamo nel dettaglio quali

cambiamenti sono in atto

Avv. to Gianfranco Benvenuto per info, www.studiobenvenuto.it

La materia del falso in bilancio è stata tematica molto discussa per via della sua disponibilità ad esse-

re utilizzata dalla magistratura per

colpire condotte dei c.d. “colletti bianchi”

nonché per allargare o diminuire lo spettro

degli strumenti volti al controllo dell’econo-

mia e di coloro che vi operano influenzando

i mercati con informazioni decettive.

Rispetto alla riforma del 2003 la condotta

del reato è rimasta pressochè inalterata cir-

coscritta “all’esposizione nei bilanci, nelle

relazioni o nelle altre comunicazioni sociali,

di fatti materiali rilevanti non rispondenti al

vero ovvero all’omissione di fatti rilevanti

la cui comunicazione è imposta dalla legge

sulla situazione economica patrimoniale o

finanziaria della società”.

Gli autori potenziali del reato sono gli am-

ministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori delle società.La nuova fattispecie ha innovato molto sulla

misura della pena, sulla qualificazione del

reato e sulle condizioni di punibilità.Il nuovo falso in bilancio ha infatti eliminato:

la fattispecie contravvenzionale del reato

(punita con l’arresto fino a 2 anni) deli-neandola quale delitto con incremento della pena elevata alla reclusione da 1

a 5 anni; la fattispecie di reato di danno (che

condizionava la persecuzione alla mani-festazione di un danno), allargando ora lo

spettro repressivo all’ipotesi (più vasta) del reato di pericolo (il reato è punito per

il solo fatto che la condotta sia tenuta, indipendentemente dal danno procurato)

le condizioni di punibilità previste dalla

fattispecie precedente che condiziona-vano la punibilità alla determinazione di una variazione del risultato economico superiore al 5% o del patrimonio netto superiore all’1%.

Poiché la versione attuale della fattispe-cie ha altresì espunto l’inciso “ancorchè oggetto di valutazioni” riferito ai “fatti ma-teriali non rispondenti al vero”, la norma si è prestata a osservazioni di chi riteneva fosse escluso dal suo contesto il c.d. falso valutativo ovverosia quel falso che deriva

dalla stima di un dato materiale.

Sul punto è recentemente intervenuta la

Cassazione a Sezioni Unite (n.22474/2016)

che ha acquietato le acque agitate dalla

discussione, riconducendo anche il falso

valutativo all’interno della fattispecie del

falso in bilancio.

È interessante il percorso argomentati-

vo che possiamo riassumere nelle poche

espressioni che seguono:

l’origine dell’equivoco sta in chi ha voluto

contrapporre i fatti materiali alle valuta-

zioni come se “materiale” significasse

“a-valutativo”; in realtà “materiale” si-

gnifica “fatto essenziale”, nel senso che

nel bilancio debbono essere riportati

solo fatti significativi ai fini della infor-mazione.

Tali fatti “materiali” per essere raccontati

nel bilancio debbono essere tradotti in un’unica unità monetaria che li renda omogenei tra loro: la traduzione in unità

monetaria viene operata attraverso la

valutazione dei dati che deve essere ese-

guita secondo i dettami del codice civile

e dei principi interpretativi dei dottori

commercialisti.

Dunque la valutazione non è contrappo-

sta alla essenzialità del fatto, ma ne è

anzi elemento intrinseco grazie al quale

il fatto può essere comparato ad altri

e contenuto in uno stesso elaborato di bilancio volto a dare la rappresentazione

vera della salute della società attraverso

quell’unicità di linguaggio che l’espres-sione monetaria (attraverso la valutazio-ne) rende possibile.

Dunque il dato contabile deve essere sem-

pre valutato e portato in bilancio in termini

non decettivi in modo da evitare che la

sua lettura sia concretamente idonea ad

influenzare il giudizio dei destinatari, indu-

cendoli a decisioni che diversamente non

avrebbero preso.

Ma chi sono i destinatari dei dati di bilancio?

I fornitori che in base ad una diversa rappre-sentazione del bilancio non avrebbero fornito

la merce o l’avrebbero fornita subordinata a

maggiori garanzie, le banche che avrebbero misurato diversamente le decisioni di finan-ziamento delle società, oppure, nelle quota-

te, il pubblico in generale che può decidere

di sostenere l’impresa in base alle indicazio-ni lette sulle comunicazioni sociali volte ad una corretta informazione societaria.

La scorretta informazione societaria dan-

neggia doppiamente: I) recando danno a quei fornitori, banche,

investitori che sono entrati in relazione

con chi ha immesso informazioni decet-

tive spingendoli verso decisioni errate in quanto assunte sulla base di dati che impedivano di misurare correttamente il

rischio di conservazione delle relazioni

commerciali.

La dichiarazione di fallimento costituisce il presupposto per l’appli-cazione dei reati c.d. fallimentari di bancarotta; l’art 223 della legge fallimentare attribuisce il reato di bancarotta fraudolenta (punito con la reclusione da 3 a 10 anni) “a colui che ha provocato il disse-sto della società commettendo alcuno dei fatti previsti dagli artt

2621 …omissis… del codice civile”

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L egale Legale

II) Ma non solo, il mercato sano e pur estraneo agli effetti immediati del falso è scosso dal suo frutto velenoso in quanto l’imprenditore onesto sarà costretto ad operare in un mercato inquinato dalle altrui falsità che alterano il sistema eco-nomico ripercuotendosi anche su attività che meritano invece la fiducia del merca-to e degli operatori finanziari.

Dunque tutto il tessuto economico trae vantaggio dalla severa persecuzione dei falsi nei bilanci che provocano perturbazio-

ne nella concorrenza ai danni di chi cerca

di conquistare il mercato con strumenti

corretti offrendo al pubblico informazioni

aderenti ad una fedele rappresentazione

della salute societaria.È altresì vero che difficilmente il falso rie-sce ad essere punito nel momento in cui

viene commesso o nel periodo immediata-

mente successivo e ciò per l’evidente ragio-ne che o l’adulterazione è grossolana ed è dunque inidonea ad indurre concretamente

altri in errore, ovvero, se efficace, riesce

spesso ad eludere i controlli interni che le società attribuiscono ora ai soci (nelle s.r.l.) ora ai sindaci (nelle spa), permettendo

un’emersione dei suoi effetti nocivi solo a

distanza di tempo quando ormai il danno si è interamente prodotto. Allora il falso in bilancio trova la sua principale area di ap-

plicazione nella materia fallimentare allor-

chè il dissesto si manifesta in tutta la sua gravità nonostante i tentativi dell’autore del falso di ritardarne l’emersione attraverso

l’adulterazione dei dati che rappresentava-

no una situazione economico-patrimoniale

e finanziaria differente da quella effettiva.

La dichiarazione di fallimento costituisce

il presupposto per l’applicazione dei reati c.d. fallimentari di bancarotta; l’art 223

della legge fallimentare attribuisce il reato

di bancarotta fraudolenta (punito con la reclusione da 3 a 10 anni) “a colui che ha provocato il dissesto della società com-

mettendo alcuno dei fatti previsti dagli artt

2621 …omissis… del codice civile”.

Una recente sentenza di Cassazione (n

42272/14), che si uniforma peraltro ad un

indirizzo costante della giurisprudenza, ha

stabilito che “integra il reato di bancarotta

impropria la condotta dell’amministratore che, esponendo nel bilancio dati non cor-

rispondenti al vero, eviti che si manifesti

la necessità di procedere ad interventi di rifinanziamento o di liquidazione in tal mo-do consentendo alla fallita la prosecuzione

dell’attività di impresa con accumulo di

ulteriori perdite negli esercizi successivi”

Tutto il tessuto economico trae vantaggio dalla persecuzione dei falsi nei bilanci che provocano perturbazione nella concor-renza ai danni di chi cerca di conquistare il mercato con stru-menti corretti offrendo al pubblico informazioni aderenti ad

una fedele rappresentazione della salute societaria

stato di crisi, è situazione idonea, in caso di dichiarazione di fallimento, ad integrare la fattispecie del reato di bancarotta frau-dolenta, punito con severità. Ma al fine della condotta punibile con la bancarotta non è necessario un intervento attivo volto ad influenzare i destinatari della comunicazione; vorrei ricordare che le false comunicazioni sociali si perfezionano anche attraverso la condotta di chi “ometta fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione econo-

mica, patrimoniale o finanziaria della socie-

tà”: dunque anche la semplice omissione

del deposito del bilancio che, per un ammi-

nistratore di una società in crisi, può essere

percepito come una omissione “veniale”,

se non corretta attraverso l’ottemperamen-

to prima del fallimento può comportare una

condanna assai grave quale conseguenza

del reato di bancarotta fraudolenta. ■

Difficilmente il falso rie-sce ad essere punito nel

momento in cui viene com-messo o nel periodo imme-

diatamente successivo

Dunque le sofisticazioni del bilancio (qua-

li, banalmente, la sopravvalutazione del

magazzino o dei crediti riscuotibili, l’inseri-

mento di fatture da ricevere e poi stornate

nell’anno successivo, se non addirittura la

formazione di fatture false) volta a ritardare

l’adozione delle misure necessarie a far

emergere (ove esistente) la perdita del capi-

tale sociale, posticipando consapevolmente

la comunicazione al mercato del proprio