IL DRAMMA DELLA GUERRA E LA NECESSITÀ DELLA PACE Arte e immagine Storia Geografia Tecnologia...

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“La guerra di Piero” Fabrizio De André

...ma sono mille papaveri rossi...

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« Io della guerra ne ho parlato molto, ne ho parlato soprattutto ne "La guerra di Piero", attraverso i racconti che me ne faceva mio zio, il

fratello di mia mamma, ….. »

Agli inizi degli anni sessanta in Italia nascono i cantautori, cantanti e autori delle loro canzoni, che accompagnandosi generalmente con la chitarra, danno particolare risalto al testo, che tratta di solito argomenti sociali o affronta in modo nuovo le tematiche amorose.Tra i cantautori italiani spicca Fabrizio De Andrè. Il suo vasto repertorio comprende la canzone “La guerra di Piero”, una delle più celebri ballate dell'inizio degli anni sessanta. Questa canzone è il racconto al contempo dolce e triste della contradditorietà e stupidità della guerra, fatto dal punto di vista di chi l'ha vissuta in prima persona: un semplice soldato. Riporto qui di seguito il testo della canzone:

Dormi sepolto in un campo di granoNon è la rosa, non è il tulipanoChe ti fan veglia dall'ombra dei fossiMa sono mille papaveri rossi.

«Lungo le sponde del mio torrenteVoglio che scendano i lucci argentati,Non più i cadaveri dei soldatiPortati in braccio dalla corrente».

Così dicevi ed era d'invernoE come gli altri verso l'infernoTe ne vai triste come chi deve;Il vento ti sputa in faccia la neve.

Fermati Piero, fermati adesso,lascia che il vento ti passi un po' addosso,Dei morti in battaglia ti porti la voce:"Chi diede la vita ebbe in cambio una croce".

Ma tu non la udisti e il tempo passavaCon le stagioni, a passo di giava, Ed arrivasti a passar la frontieraIn un bel giorno di primavera.

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E mentre marciavi con l'animo in spallaVedesti un uomo in fondo alla valleChe aveva il tuo stesso identico umoreMa la divisa di un altro colore.

Sparagli Piero, sparagli ora,E dopo un colpo sparagli ancora,Fino a che tu non lo vedrai esangueCadere a terra a coprire il suo sangue.

«E se gli sparo in fronte o nel cuore,Soltanto il tempo avrà per morire,Ma il tempo a me resterà per vedere,Vedere gli occhi di un uomo che muore».

E mentre gli usi questa premura,Quello si volta, ti vede, ha pauraEd imbracciata l'artiglieriaNon ti ricambia la cortesia.

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Cadesti a terra senza un lamentoE ti accorgesti in un solo momentoChe la tua vita finiva quel giornoE non ci sarebbe stato ritorno.

«Ninetta mia, a crepare di maggioCi vuole tanto, troppo coraggio,Ninetta bella, dritto all'infernoAvrei preferito andarci d'inverno».

E mentre il grano ti stava a sentireDentro alle mani stringevi il fucile,Dentro alla bocca stringevi paroleTroppo gelate per sciogliersi al sole.

Dormi sepolto in campo di granoNon è la rosa, non è il tulipanoChe ti fan veglia dall'ombra dei fossiMa sono mille papaveri rossi.Il

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Il testo di questa canzone è composto da 13 strofe e ogni strofa da 4 versi endecasillabi. Le strofe sono a rime baciate, ad eccezione della seconda strofa che è a rima incrociata.Possiamo evidenziare le metafore dell'"inferno" (= guerra) al v. 10 e dell'"anima in spalle" (= angoscia, e fatica) al v. 21.

Come un vero e proprio racconto, abbiamo qui essenzialmente due voci: quella del narratore e quella del protagonista. Il narratore è esterno e parla in terza persona, ma in alcuni momenti entra nella narrazione con le sue esortazioni («Fermati Piero», «Sparagli Piero»), immedesimandosi nella situazione e perciò provocando anche un maggior coinvolgimento nel lettore/ascoltatore. Il discorso riportato di Piero, che si trova in tre strofe (strofa 2, 8 e 11), rende più tangibile la figura di Piero (che altrimenti rimarrebbe un semplice soldato-fantasma in mezzo a molti altri) accentuando così il coinvolgimento del lettore/ascoltatore.

Il protagonista è un soldato, Piero, che in una luminosa giornata di primavera, dopo un lunghissimo cammino iniziato nel cuore dell'inverno, varca il confine che divide due nazioni. Mentre riflette sull'inutile ferocia della guerra, vede in fondo alla valle un soldato nemico che certamente prova le sue stesse paure ed è tormentato dai dubbi. Pur consapevole che soltanto uccidendolo potrà salvarsi, Piero appare indeciso sul da farsi. Quell'incertezza, frutto di un atto istintivo di umana solidarietà, gli sarà tuttavia fatale, perché l'avversario, accortosi del pericolo, non esiterà a sparargli.

La follia della guerra viene denunciata da De Andrè quasi con rassegnata tristezza. L'unica colpa di Piero è di non aver ucciso un uomo con la divisa di un altro colore, non per vigliaccheria, ma per un senso di fratellanza; per la consapevolezza di essere (come il nemico) una semplice pedina di un gioco disumano ed assurdo, che schiera umili contro umili in una lotta senza senso. Con "La guerra di Piero" Fabrizio De Andrè tratta, quindi, il tema della guerra e l'ispirazione gli viene dalla figura dello zio Francesco. Il ricordo del suo ritorno dal campo di concentramento, i suoi racconti, il resto della vita trascorsa alla deriva, segnarono profondamente la sensibilità del cantautore che dice:

 

« Io della guerra ne ho parlato molto, ne ho parlato soprattutto ne "La guerra di Piero", attraverso i racconti che me ne faceva mio zio, il fratello di mia mamma, ….. »