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Sanitanova Srl. Il dolore: una malattia da riconoscere, curare e gestire – Modulo 9 1 Il dolore: una malattia da riconoscere, curare e gestire Responsabili scientifici: Dr Sergio Mameli, Responsabile U.O.C. Terapia del Dolore, Presidio Ospedaliero A. Businco, ASL 8 Cagliari Dott. Michele Fanello, Senior Executive Consultant di Sanitanova, società di consulenza e formazione in sanità Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento standard n. 12 del 07/02/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Data inizio corso: 20/12/2015; ID evento: 12-145403 Modulo 9 - Gli oppioidi nel dolore cronico Autore: Dr.ssa Claudia Laterza, pediatra ed esperta in cure palliative, Bari Obiettivi formativi Al termine del modulo didattico, il discente dovrebbe essere in grado di: classificare i principali analgesici oppiacei; conoscere indicazioni e controindicazioni di questi farmaci; utilizzare il corretto analgesico in funzione del dolore. Riassunto La scala del dolore a tre gradini, inizialmente riservata al dolore oncologico prevede, nel primo gradino che il dolore lieve venga trattato con paracetamolo, farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) ed eventualmente adiuvanti , nel secondo gradino che il dolore moderato venga trattato con un oppioide debole o oppioidi forti a basso dosaggio, generalmente in associazione con paracetamolo o FANS ed eventualmente con un adiuvante mentre in caso di dolore severo venga utilizzato un oppioide forte, con o senza l’aggiunta di paracetamolo, FANS o di un adiuvante. Gli oppioidi agiscono sul recettore degli oppioidi e vengono distinti in agonisti puri, agonisti parziali, agonisti-antagonisti, antagonisti. Keyword Oppioidi, oppiacei, recettori (MOP), recettori (KOP), recettori (DOP), recettori NOP, agonisti puri, agonisti parziali, agonisti – antagonisti, antagonisti, morfina, meperidina, metadone, fentanil, ossicodone, idromorfone, buprenorfina, pentazocina, nalbufina, butorfanolo, naloxone, oppiacei naturali, peptidi oppioidi endogeni, esteri della morfina, oppioidi semisintetici, oppioidi sintetici, oppioi deboli, oppioidi forti

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Il dolore: una malattia da riconoscere, curare e gestire Responsabili scientifici: Dr Sergio Mameli, Responsabile U.O.C. Terapia del Dolore, Presidio Ospedaliero A. Businco, ASL 8 Cagliari Dott. Michele Fanello, Senior Executive Consultant di Sanitanova, società di consulenza e formazione in sanità

Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento standard n. 12 del 07/02/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Data inizio corso: 20/12/2015; ID evento: 12-145403

Modulo 9 - Gli oppioidi nel dolore cronico Autore: Dr.ssa Claudia Laterza, pediatra ed esperta in cure palliative, Bari

Obiettivi formativi Al termine del modulo didattico, il discente dovrebbe essere in grado di:

classificare i principali analgesici oppiacei; conoscere indicazioni e controindicazioni di questi farmaci; utilizzare il corretto analgesico in funzione del dolore.

Riassunto La scala del dolore a tre gradini, inizialmente riservata al dolore oncologico prevede, nel primo gradino che il dolore lieve venga trattato con paracetamolo, farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) ed eventualmente adiuvanti , nel secondo gradino che il dolore moderato venga trattato con un oppioide debole o oppioidi forti a basso dosaggio, generalmente in associazione con paracetamolo o FANS ed eventualmente con un adiuvante mentre in caso di dolore severo venga utilizzato un oppioide forte, con o senza l’aggiunta di paracetamolo, FANS o di un adiuvante. Gli oppioidi agiscono sul recettore degli oppioidi e vengono distinti in agonisti puri, agonisti parziali, agonisti-antagonisti, antagonisti.

Keyword Oppioidi, oppiacei, recettori (MOP), recettori (KOP), recettori (DOP), recettori NOP, agonisti puri, agonisti parziali, agonisti – antagonisti, antagonisti, morfina, meperidina, metadone, fentanil, ossicodone, idromorfone, buprenorfina, pentazocina, nalbufina, butorfanolo, naloxone, oppiacei naturali, peptidi oppioidi endogeni, esteri della morfina, oppioidi semisintetici, oppioidi sintetici, oppioi deboli, oppioidi forti

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Introduzione La gestione del dolore cronico è complessa e richiede una collaborazione interdisciplinare che non deve concentrarsi solamente sui processi nocicettivi ma anche sugli altri fattori che influenzano la percezione soggettiva del dolore e sulla gestione della patologia responsabile della sintomatologia algica. Un approccio sistematico alla scelta dei farmaci analgesici nel trattamento del dolore è stato proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) attraverso la “pain ladder” o scala del dolore a tre gradini: la prima versione proposta dalla Cancer Unit della WHO nel 1986 era inizialmente riservata al dolore oncologico ma, nelle versioni successive, il suo utilizzo si è esteso anche al dolore cronico non oncologico. L’ultima versione della Scala prevede uno schema sequenziale a 3 gradini ciascuno con farmaci indicati in funzione dell’intensità del dolore riferito dal paziente (vedi Figura 1).

Figura 1. Scala OMS a 3 gradini Nel primo gradino, il dolore lieve (1-3 secondo la valutazione numerica, NRS) viene trattato con paracetamolo, farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) e con o senza il ricorso ad analgesici adiuvanti (vedi Modulo 8). Nel secondo gradino, per il dolore moderato (4-6), viene somministrato un oppioide debole (codeina o tramadolo), generalmente in associazione con paracetamolo o FANS ed eventualmente con un adiuvante. Numerose linee guida hanno ormai sostituito gli oppioidi deboli con bassi dosaggi di oppioide forte (morfina, idromorfone, ossicodone). Se con questo schema terapeutico non si dovesse ottenere un adeguato pain relief oppure il paziente si dovesse presentare con dolore severo (7-10 nella scala NRS), viene utilizzato un oppioide cosiddetto forte, con o senza l’aggiunta di paracetamolo, FANS o di un adiuvante. L’uso corretto dei farmaci può consentire il controllo del dolore in una percentuale di pazienti compresa tra il 75 e il 90%. Gli analgesici oppioidi vanno di norma titolati fino al raggiungimento della dose efficace; in presenza di effetti collaterali intollerabili alla dose efficace, prima di considerare approcci invasivi è opportuno procedere alla rotazione degli oppioidi cambiando molecola secondo le tabelle di equianalgesia (vedi Tabella 1). Per i pazienti che non rispondono al trattamento farmacologico (2-5%) può essere necessario ricorrere a tecniche chirurgiche invasive per il controllo del dolore. (vedi Modulo 6). Tabella 1. Dosaggi di conversione degli oppioidi

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Cod* (mg)

Tram (mg)

BTDS (mcg/ora)

FTTS (mcg/ora)

Ox (mg)

Id° (mg)

Met** (mg)

Mor (mg) OS ATC

Mor (mg) SC

Mor (mg) EV

Mor (mg) PD/SA

Mor (mg) PRN OS

Mor (mg) PRN SC/EV

120 150 12 15 6 30 15 10 1,5/0,15

5

240 300 35 25 30 12 15 60 30 20 3,0/0,3 10 5/3,3 52,5 45 18 90 45 30 4,5/0,4

5 15

70 50 60 24 20 120 60 40 6,0/0,6 20 10/6,6

. 75 90 36 180 90 60 9,9/0,9 30 100 120 48 240 120 80 12/1,2 40 30 300 50 *Rapporto codeina/morfina basato su letteratura ed esperienza degli autori ° Rapporto idromorfone/morfina su formulazione retard di idromorfone presente in Italia **Rapporto morfina/metadone non lineare, ma cambia all’aumentare della dose di morfina NB. Non sono stati inseriti i ROO (Rapid Onset Opioid) in quanto, per il momento, non sono codificati rapporti fissi di conversione, ma resta sempre necessaria la titolazione Legenda Cod: codeina; Tram: tramadolo; BTDS: buprenorfina transdermica; FTTS: fentanil transdermico; Ox: ossicodone; Id: idromorfone; Mor: morfina; Met: metadone; ATC = Around The Clock, a orari fissi; PRN: Pro Re Nata, al bisogno; OS: orale; SC: sottocutaneo; EV: endovenoso; PD: peridurale; SA: subaracnoideo I principi della somministrazione farmacologica degli oppioidi consigliati dall’Organizzazione Mondiale della sanità possono essere riassunti nei seguenti cinque punti:

by mouth (per via orale); by the clock (a intervalli regolari per mantenere un controllo costante del dolore); by the ladder (seguendo la scala); for the individual (personalizzando il tipo di farmaco e i dosaggi in base alle esigenze di ogni singolo

paziente); attention to detail (attenzione ai dettagli).

Questi punti sottolineano l’importanza di utilizzare la via di somministrazione più semplice, a intervalli regolari e scanditi dalla farmacocinetica dei singoli principi attivi utilizzati ed eventualmente integrati da supplementazioni al bisogno per il trattamento del dolore episodico intenso (vedi Modulo 6). Nel trattamento farmacologico, la via di somministrazione di prima scelta è quella orale e il ricorso alle altre vie di somministrazione (ad esempio: transdermica) trova indicazione quando la via orale non è praticabile; vie di somministrazione parenterali (EV o SC), rapidamente efficaci, sono più invasive e difficilmente attuabili a domicilio senza il supporto di personale sanitario dedicato; la via di somministrazione transmucosale è tipica dei rapid opioid onset (ROO) utilizzati nel trattamento del Breakthrough Cancer Pain (BTcP) (vedi Modulo 6). L’uso corretto dei farmaci, assunti preferibilmente per via orale, rappresenta uno dei cardini del trattamento del dolore cronico, come suggerito dalle linee guida dell’OMS, e permette di controllare le sindromi algiche nell’80%-90% dei casi; nel 10%-20% è indicata una roazione dell’oppiaceo e solo nel 3-5% un approccio invasivo valutato dallo specialista algologo.

Meccanismo d’azione degli analgesici oppioidi I farmaci analgesici oppioidi rappresentano fino a oggi lo strumento più potente nella terapia del dolore ed esplicano la loro azione terapeutica mimando sostanze endogene, i peptidi oppioidi, ligandi naturali dei recettori oppioidi. Essi interagiscono con specifici recettori, fisiologicamente presenti a livello centrale e periferico, per modulare differenti funzioni. Dal punto di vista terminologico, la parola oppiaceo si riferisce

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a tutte le sostanze naturali contenute nell’oppio e a quelle di sintesi correlate chimicamente alla morfina, capostipite degli analgesici oppiacei. Secondo lo sviluppo cronologico delle conoscenze sugli analgesici di questo tipo, intorno agli anni ‘80 si fece la distinzione tra oppiacei (i farmaci esogeni) e oppioidi (le sostanze endogene che rappresentano i naturali ligandi dei recettori per gli oppioidi); da alcuni anni la terminologia anglosassone usa indistintamente “opioids” per indicare i farmaci che più giustamente si dovrebbero definire “opiates” e quindi oppiacei, cioè composti chimici psicoattivi che producono effetti farmacologici assimilabili a quelli della morfina.

Approfondimento: la storia dei recettori degli oppioidi Nel 1973 si ottennero le prime evidenze sperimentali di specifici siti di legame per gli oppiacei nel cervello; nel 1975 furono identificate le prime due sostanze endogene (la met- e la leu-enkefalina) capaci di legare tali siti recettoriali. Immediatamente dopo furono identificate due ulteriori famiglie di peptidi oppioidi, le endorfine e le dinorfine. Nel 1976 venne pubblicata la prima classificazione farmacologica dei recettori oppioidi che proponeva sostanzialmente tre tipi designati con le lettere greche: µ (mu), κ (kappa) e δ (delta). Negli anni 1992-1993 si clonarono infine i recettori oppioidi.

La potente attività analgesica degli oppioidi è dovuta all’interazione con recettori localizzati in alcune zone del sistema nervoso centrale (sostanza grigia periacqueduttale e periventricolare, nucleo reticolare gigantocellulare, talamo mediale, formazione reticolare mesencefalica, ipotalamo laterale) e nel midollo spinale, lungo le vie sensitive del dolore. A tale livello, analogamente ai peptidi oppioidi endogeni (encefaline, endorfine, dinorfine) essi innescano meccanismi di abolizione e di modulazione delle sensazioni dolorose. Per quanto riguarda la tipologia recettoriale sono stati identificati diversi tipi di recettori:

recettori (MOP): responsabili dell’analgesia sottospinale, della depressione del centro del respiro, della dipendenza fisica, del prurito, della costipazione, della ritenzione urinaria;

recettori (KOP): responsabili dell’analgesia spinale, della miosi e della sedazione; recettori (DOP): responsabili dell’analgesia sovraspinale; recettori NOP: recettore del peptide nocicettina, più recentemente identificato.

Accanto alla più nota funzione a carico della sensibilità nocicettiva, questo sistema è anche coinvolto nella regolazione di funzioni gastrointestinali, endocrine e autonome, nei meccanismi di gratificazione, dipendenza, nonché nei processi di memoria ed apprendimento. Inoltre alterano le funzioni respiratorie, cardiovascolari, gastrointestinali e neuroendocrine. Gli oppioidi vengono distinti in:

agonisti puri; agonisti parziali; agonisti - antagonisti; antagonisti.

Gli agonisti puri sono la morfina, la meperidina, il metadone, il fentanil, l’ossicodone, l’idromorfone: hanno un effetto stimolante sui recettori degli oppioidi e soprattutto sul recettore che viene attivato in modo massimale. Non hanno “effetto tetto” e quindi il dosaggio può essere incrementato senza limiti, se si escludono ovviamente gli effetti indesiderati. Gli agonisti parziali, il cui prototipo è la buprenorfina, sono in grado di legarsi al recettore ma sono dotati di un’attività intrinseca ridotta e quindi agiscono sul recettore in modo parziale e con “effetto tetto”. Gli agonisti-antagonisti sono la pentazocina, la nalbufina e il butorfanolo (non utilizzati in Italia). Tali molecole, se somministrate da sole, si comportano da agonisti, ma somministrate con un agonista agiscono, invece, da antagonisti. Gli antagonisti puri, come il naloxone, occupano i recettori senza attivarli in quanto sprovvisti di attività analgesica. Possono scalzare gli agonisti dai loro siti prendendone il posto e quindi vengono utilizzati in caso di sovradosaggio.

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Un’ulteriore classificazione suddivide gli oppioidi in: oppiacei naturali; peptidi oppioidi endogeni; esteri della morfina; oppioidi semisintetici; oppioidi sintetici.

Oppiacei naturali sono gli alcaloidi contenuti nella resina del papavero da oppio, principalmente la morfina, la codeina e la tebaina. Peptidi oppioidi endogeni sono sostanze prodotte naturalmente nell’organismo, come le endorfine, le encefaline, le dinorfine e le endomorfine, la nocicettina. Esteri della morfina sono composti che hanno subito una modesta alterazione chimica (esterificazione) rispetto alla molecola progenitrice, la morfina (per esempio l’eroina, esterificata con acido acetico). Gli oppioidi semisintetici derivano dagli oppiacei naturali o dagli esteri della morfina per trattamento chimico (idromorfone, idrocodone, ossicodone, ossimorfone, etilmorfina e buprenorfina). Oppioidi sintetici sono sostanze completamente sintetiche e comprendono il fentanil, la petidina, il levorfanolo, il metadone, il tramadolo, il tapentadolo e il destropropossifene. I farmaci oppiacei influenzano sia la capacità di tollerare il dolore sia l’entità della trasmissione degli impulsi nocicettivi ed è ampiamente provato che l’effetto analgesico degli oppiodi dipende direttamente dalla loro capacità di inibire la trasmissione centripeta delle informazioni nocicettive e di attivare i circuiti discendenti di controllo del dolore che dal mesencefalo proiettano alle corna dorsali del midollo spinale. Benché gli oppioidi siano usati in clinica principalmente per le loro proprietà analgesiche, essi producono una grande varietà di altri effetti, dovuti principalmente alla ampia distribuzione dei peptidi oppioidi e dei loro recettori nel cervello e in periferia. Nei soggetti che assumono oppioidi l’effetto analgesico può accompagnarsi ad altri più o meno costanti. Coscienza e percezioni sensoriali rimangono immodificate, mentre le reazioni soggettive, affettive e pseudoaffettive dell’esperienza dolorosa abitualmente si positivizzano; molti pazienti sperimentano, inoltre, un effetto euforizzante che si estrinseca con un’attenuazione delle sensazioni di sconforto e in un’accentuazione delle sensazioni di benessere. Si può definire il sollievo dal dolore indotto dagli oppiacei quali la morfina relativamente selettivo, in quanto si verifica senza influenzare altre funzioni sensoriali e, tipicamente, i pazienti riferiscono di sentirsi a loro agio, anche se il dolore è ancora presente. A questi effetti cosiddetti primari, in quanto attesi e ricercati, se ne possono aggiungere degli altri che sono, al contrario, indesiderati. Tra i più comuni vi sono la sonnolenza, il torpore, l’apatia e la difficoltà di concentrazione, che possono essere mitigati da una opportuna titolazione iniziale del dosaggio. Lo stesso vale per nausea o vomito, presenti per stimolazione diretta dei chemocettori localizzati nell’area postrema del midollo allungato; quesi tendono a ridursi e a scomparire già dopo la prima settimana di trattamento. Tra gli effetti indesiderati segnalati più frequentemente e che non si riducono nel tempo vi è la stipsi, che può interessare fino all’80% dei pazienti; la morfina diminuisce le secrezione biliari, pancreatiche e intestinali e ritarda la digestione del cibo nell’intestino tenue, diminuisce fino ad abolire le onde propulsive peristaltiche nel colon con ritardo del passaggio del contenuto intestinale che causa una considerevole disidratazione delle feci, ritardando il loro avanzamento attraverso il colon. Queste azioni, combinate con l’insensibilità ai normali stimoli sensoriali per il riflesso della defecazione, dovuti all’azione centrale del farmaco, contribuiscono alla costipazione tipica degli oppioidi che va prevenuta con idratazione, assunzione quotidiana di emollienti delle feci, farmaci lassativi osmotici (macrogol), lassativi di contatto come la senna o con l’uso della moderna associazione ossicodone-naloxone che sfrutta l’effetto antagonista del naloxone sui recettori intestinali. La riduzione del diametro pupillare è un segno caratteristico dell’assunzione di oppioidi ed è riconducibile agli effetti eccitatori sui nuclei del nervo oculomotore: la miosi costituisce un segno patognomonico dell’assunzione di oppioidi e il sovradosaggio determina miosi estrema (pupilla puntiforme). A livello urinario gli oppioidi aumentano la motilità degli ureteri e innalzano il tono dello sfintere vescicale e del muscolo detrusore con stimolo imperioso alla minzione che tuttavia può essere difficoltosa in quanto il riflesso di svuotamento della vescica risulta parzialmente inibito. Possono comparire inoltre ipotensione ortostatica, sudorazione profusa, prurito. Nei pazienti anziani, possono comparire stato confusionale o

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allucinazioni: in questo caso è importante rivalutare la terapia concomitante con altre sostanze ad effetto centrale (sospendere eventuali terapie con benzodiazepine o neurolettici), incrementare l’idratazione, utilizzare sempre bassi dosaggi iniziali da aumentere gradatamente ed eventualmente valutare la possibilità di cambiare l’oppioide utilizzato. La depressione del respiro è un potenziale effetto collaterale, temuto dai sanitari e causa di resistenze all’uso di oppioidi a scopo terapeutico nonostante la trascurabile incidenza nella pratica clinica, poiché compare solo nei casi di intossicazione acuta (alti dosaggi di oppioide in pazienti naive). L’effetto depressivo degli agonisti oppioidi sul respiro consegue a un’azione diretta sui centri respiratori del tronco cerebrale che comporta ridotta responsività all’aumento della pressione parziale di anidride carbonica, per cui gli atti respiratori si fanno meno ampi e meno frequenti. Il dolore e lo stress tuttavia fungono da potenti antagonisti fisiologici degli effetti depressivi della morfina sui centri respiratori del tronco encefalico. I farmaci attivi sul SNC e quelli che esplicano i loro effetti attraverso un meccanismo di stimolazione recettoriale sono spesso responsabili dell’instaurarsi di tolleranza o tachifilassi, vale a dire dell’adattamento dell’organismo all’azione del farmaco tale da renderne indispensabile un incremento del dosaggio per ottenere gli effetti desiderati, fenomeno che sembra essere collegato a una scomparsa (internalizzazione) dei recettori per gli oppioidi. La tolleranza all’effetto degli oppiacei si manifesta con una riduzione dell’efficacia del farmaco e con la necessità di aumentare la dose per produrre la stessa risposta fisiologica: questo spiega la necessità del monitoraggio frequente del paziente con dolore cronico. La tolleranza e in particolare la necessità di aumentare i dosaggi nel tempo non deve invece diventare un limite per la terapia analgesica con oppioidi; spesso nel malato oncologico l’aumento della dose del farmaco è collegato a una progressione di malattia e quindi a un aumento dello stimolo dolorifico, mentre negli altri casi può essere utile sostituire l’oppiaceo utilizzato con un altro oppiaceo (“rotazione degli oppioidi”). La dipendenza fisica porta alla necessità di un uso continuativo dello stesso oppiaceo o di una sostanza simile per prevenire l'astinenza. La sospensione del farmaco o la somministrazione di un antagonista porta alla comparsa di una caratteristica sindrome da astinenza, condizione i cui sintomi salienti sono rappresentati da crescente irritabilità, agitazione, dilatazione pupillare, nausea e/o vomito, diarrea, lacrimazione, dolori addominali crampiformi, spasmi muscolari, tachicardia. La somministrazione di oppioidi può essere interrotta in pazienti dipendenti, quando cessa la necessità dell’effetto analgesico, senza causare astinenza diminuendo gradatamente il dosaggio dal 10 al 20% ogni 2 giorni a scopo precauzionale. A differenza della dipendenza fisica, la dipendenza psicologica viene ormai definita con il termine inglese “addiction” che si riferisce a un quadro comportamentale caratterizzato dall’uso compulsivo di una sostanza, da un impegno totalizzante focalizzato al suo reperimento e al suo consumo. Numerosi studi hanno dimostrato che l’addiction in pazienti in trattamento con oppioidi per dolore è molto rara e secondo alcuni autori legata maggiormente all’uso di farmaci a breve emivita, che determinano concentrazioni plasmatiche fluttuanti e non stabili. In uno studio clinico, su 11.882 pazienti affetti da dolore in trattamento con oppioidi, soltanto 4 di loro hanno sviluppato una dipendenza tale che ha reso necessario un intervento di supporto psicologico e medico: pertanto, a meno di storie precedenti di tossicodipendenza (o altre gravi forme di dipendenza psicologica), sono farmaci altamente sicuri e a basso rischio di sviluppare dipendenza se utilizzati sotto controllo medico. Gli oppiacei vengono ulteriormente classificati in base alla potenza analgesica in “forti” e “deboli”. Gli oppioidi deboli hanno una potenza analgesica inferiore alla morfina (farmaco di riferimento), mentre gli oppioidi forti hanno una potenza uguale o superiore alla morfina.

Oppioidi deboli Gli oppioidi cosiddetti deboli, che vengono utilizzati per trattare il dolore moderato, comprendono formulazioni contenenti codeina e tramadolo. Questi oppioidi presentano il cosiddetto effetto tetto, per cui, superato un dosaggio limite, non si avrà un maggior effetto analgesico ma solo un aumento degli effetti collaterali. Un altro limite di queste due molecole è l’esistenza di soggetti metabolizzatori rapidi, per i quali l’effetto analgesico può risultare quasi nullo, e metabolizzatori lenti, per i quali possono verificarsi fenomeni di accumulo. Queste sono le motivazioni in virtù delle quali le principali linee guida (ESMO, AIOM) consigliano di preferire oppiacei forti a basso dosaggio.

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Tramadolo Il tramadolo è un farmaco sintetico efficace quanto la morfina nel trattamento del dolore lieve-moderato, ma meno efficace in condizioni di dolore severo o cronico; il tramadolo stesso esercita alcuni effetti analgesici, ma fondamentalmente è un profarmaco che richiede l’attività dell’enzima CYP2D6 per convertire il farmaco al metabolita attivo e consentire un adeguato effetto analgesico, che viene attribuito a una, seppur ridotta, affinità per i recettori oppioidi di tipo µ (ca. 6.000 volte meno della morfina). Si aggiunge un’attività di blocco della ricaptazione di noradrenalina e serotonina, a causa della quale il tramadolo non dovrebbe essere somministrato contemporaneamente a inibitori delle monoaminoossidasi, antidepressivi triciclici o a SSRI (rischio di sindrome serotoninergica).È presente in varie formulazioni, gocce, cpr a lento rilascio, fiale (50 e 100 mg) per via e.v. o i.m.; sono inoltre disponibili formulazioni con associazione paracetamolo+tramadolo in cui il paracetamolo non supera i 325 mg per singola dose. Viene utilizzato nel dolore acuto (es. postoperatorio) e nel dolore cronico moderato. La dose massima giornaliera non deve superare i 400 mg. Nell’anziano è opportuno iniziare la terapia a dosi anche molto ridotte, onde evitare episodi di ipotensione, nausea e vomito, stato confusionale o allucinazioni.

Codeina La codeina possiede un’affinità per i recettori oppioidi assai inferiore a quella della morfina e la sua azione analgesica è in gran parte ascrivibile alla sua parziale (ca. 10%) demetilazione a morfina, a opera dell’enzima epatico CYP2D6; poichè possono esserci ampie variazioni individuali nel metabolismo della molecola, se un paziente ha una carenza di questo enzima non si otterrà un sufficiente effetto analgesico, viceversa se il paziente è un metabolizzatore rapido o ultrarapido convertirà la codeina in morfina rapidamente con conseguente incremento dei livelli sierici di morfina attesi e aumentato rischio di sviluppare effetti indesiderati di tossicità da oppioidi anche a dosi comunemente prescritte. Per tale motivo il Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza dell’Agenzia Europea dei Medicinali (PRAC) ha raccomandato nel 2013 una serie di misure per gestire i problemi di sicurezza per i medicinali contenenti codeina, quando usati per la gestione del dolore nei bambini: in particolare, raccomanda che la codeina venga controindicata nei bambini al di sotto dei 12 anni e utilizzata nei pazienti di età superiore ai 12 anni di età per il trattamento del dolore moderato acuto che non può essere alleviato da altri analgesici come paracetamolo o ibuprofene (da soli). Inoltre la codeina è controindicata in tutti i pazienti pediatrici (0-18 anni di età) che si sottopongono a interventi di tonsillectomia e/o adenoidectomia per la sindrome delle apnee ostruttive del sonno, nelle donne in fase di allattamento e nei pazienti per i quali è noto che siano metabolizzatori ultra-rapidi. Inoltre la dose massima giornaliera di codeina non deve superare i 240 mg (e la quantità di paracetamolo nelle associazioni non potrà superare 325 mg per singola dose) e la durata del trattamento deve essere limitata a 3 giorni; se non si ottiene un efficace sollievo dal dolore è necessaria una rivalutazione medica.

Oppioidi forti

Morfina La morfina è il più abbondante e principale alcaloide contenuto nel lattice estratto dalle capsule immature del papavero da oppio (Papaver somniferum). Viene utilizzata in medicina come analgesico per il trattamento del dolore acuto e cronico moderato-severo. Agisce rapidamente se somministrata per via endovenosa (EV) o sottocutanea (SC) mentre per via orale (os) l’effetto analgesico compare dopo 30-60 minuti; poichè il principio attivo subisce una significativa metabolizzazione epatica (first pass effect) la biodisponibilità sistemica è del 25% circa (range 15-49%). È escreta nelle urine, principalmente nella forma coniugata e circa il 90% di una dose singola di morfina è escreto nelle 24 ore; nei pazienti con insufficienza epatica e/o renale moderata (velocità di filtrazione glomerulare, VFG = 10-50 ml/min) si raccomanda una riduzione del dosaggio del 25%; nei pazienti con insufficienza renale grave (VFG <10 ml/min) la dose deve essere ridotta del 50%. La sindrome da overdose (frequente nei tossicodipendenti o per somministrazione accidentale di elevate dosaggi in pazienti naïve agli oppioidi) è specifica e inconfondibile, diagnosticabile dalla presenza di tre sintomi: miosi, ipotensione, depressione respiratoria e, nei casi più gravi, insufficienza circolatoria e coma profondo. Il trattamento, in caso di sovradosaggio da morfina, consiste in misure generali di supporto,

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unitamente alla somministrazione di 400 µg di naloxone per via endovenosa, ripetuto a intervalli di 2-3 minuti, se necessario. La morfina solfato, somministrabile per via orale e prescrivibile su ricettario del SSN, è disponibile nel nostro mercato in forma di gocce, fiale, soluzione orale, compresse a lento rilascio. Le compresse a rilascio prolungato di morfina solfato, utili dopo aver eseguito la titolazione del farmaco e stabilito la dose giornaliera eficace, devono essere ingerite intere, non suddivise in parti e non masticate; il dosaggio giornaliero complessivo va diviso in due somministrazioni al giorno a distanza di 12 ore. Morfina solfato gocce: 4-8-16 gocce corrispondono a 5-10-20 mg di morfina solfato Morfina solfato sciroppo: 1 ml di sciroppo = morfina solfato 2 mg (2,5-5,0-10,0 ml di sciroppo = rispettivamente 5-10-20 mg di morfina solfato). Morfina solfato soluzione orale Soluzione orale da 10 mg/5 ml: 1 contenitore monodose da 5 ml di soluzione orale = morfina solfato 10 mg (0,2%). Soluzione orale da 30 mg/5 ml: 1 contenitore monodose da 5 ml di soluzione orale = morfina solfato 30 mg (0,6%). Soluzione orale da 100 mg/5 ml: 1 contenitore monodose da 5 mI di sofuzione orale = morfina solfato 100 mg (2%). Morfina solfato compresse a rilascio prolungato: confezione di compresse di morfina solfato da mg 10, 30, 60, 100, 200 La morfina cloridrato è somministrabile per via sottocutanea o venosa, raramente per via intramuscolare. È indicata nel trattamento del dolore cronico da moderato a grave e/o resistente agli altri antidolorifici: ha indicazione anche nell’infarto miocardico, nell’edema polmonare acuto nel dolore postoperatorio, in anestesia generale e loco-regionale e nella parto-analgesia epidurale. Nel caso in cui sia necessario diluire la soluzione contenuta nella fiala è possibile utilizzare sodio cloruro 0,9% (soluzione fisiologica) o glucosio 5%. È utilizzabile fin dall’epoca neonatale. Il rapporto tra morfina EV o SC e morfina orale è 1:2-3. La morfina fiale, se utilizzata in terapia del dolore, può essere prescritta sia sul ricettario a ricalco che su normale ricettario SSN (Legge 38 del 15.03.2010, G.U. n. 65 del 19.3.2010 in vigore dal 3 aprile 2010) Morfina cloridrato EV/SC 1 fl da10 mg/mI contiene 10 mg di morfina cloridrato 1 fl da 20 mg/ml contiene 20mg di morfina cloridrato 1 fl da 100 mg/10 ml contiene 100 mg di morfina cloridrato 1 fl da 200 mg/10 ml contiene 200 mg di morfina cloridrato 1 fl da 50 mg/5 ml contiene 50 mg di morfina cloridrato 1 fl da 100 mg/5 ml contiene 100 mg di morfina cloridrato Confezioni disponibili da 1 o 5 fiale

Fentanil È un potente analgesico sintetico, appartenente alla classe delle fenilpiperidine, agonista puro del recettore μ per gli oppioidi; è una molecola con una potenza circa 80 volte superiore a quella della morfina, grazie in gran parte alla sua elevata lipofilia che gli consente di penetrare facilmente nel sistema nervoso centrale. Il fentanil viene metabolizzato principalmente dal citocromo CYP3A4 a livello epatico, dove subisce un’elevata clearance di primo passaggio; l’eliminazione avviene prevalentemente per via urinaria, sotto forma di metaboliti, per il 90% inattivi. Quando il farmaco viene somministrato per via endovenosa, in corso di procedure anestesiologiche o per il trattamento analgesico in unità di terapia intensiva in pazienti sottoposti a ventilazione assistita, l’inizio d’azione è pressoché immediato, quindi il massimo effetto analgesico e depressivo respiratorio viene raggiunto nel giro di alcuni minuti e la durata d’azione dell’analgesia è di 30-60 minuti (dopo una dose endovenosa singola di 100 mcg). Per la terapia del dolore sono disponibili formulazioni transdermiche e formulazioni di fentanil citrato transmucosale per il trattamento del BTcP.

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La formulazione transdermica di fentanil si raccomanda ai pazienti tolleranti agli oppiacei, cioè a pazienti che hanno già fatto la titolazione dell’oppiaceo per via orale o parenterale e passano al trattamento transdermico in caso di rotazione dell’oppiaceo o quando la via orale non dovesse essere disponibile (tumori testa-collo, vomito, ecc.); in tal caso si farà riferimento alla tabella di Conversione di Efficacia Equianalgesica degli oppioidi (vedi Tabella 1). Il dosaggio potrà essere successivamente variato con aumenti o diminuzioni, se richiesto, ogni 72 ore, con variazioni di 12 o 25 microgrammi/ora in modo da raggiungere la dose minima più appropriata di fentanil sulla base della risposta e delle esigenze analgesiche supplementari. Il cerotto deve essere sostituito ogni 72 ore e la posologia va determinata individualmente sino a raggiungimento di un equilibrio tra efficacia analgesica e tollerabilità: gli aggiustamenti della posologia si possono effettuare a intervalli di 3 giorni. La valutazione iniziale del massimo effetto analgesico del fentanil transdermico non può essere effettuata prima di 24 ore dall’applicazione del cerotto, in quanto la concentrazione plasmatica di fentanil aumenta gradualmente nelle 24 ore successive alla prima applicazione; le terapie analgesiche precedenti dovrebbero pertanto essere eliminate progressivamente dopo l’applicazione del primo cerotto transdermico, sino a quando viene raggiunta l’efficacia analgesica. Analogamente se fosse necessaria l’interruzione della terapia con fentanil transdermico, la sua sostituzione con altri farmaci oppioidi dovrà essere graduale, iniziando con un basso dosaggio da aumentare progressivamente: infatti, i livelli plasmatici di fentanil diminuiscono gradualmente dopo la rimozione del cerotto e sono necessarie 17 ore o più perchè la concentrazione plasmatica di fentanil diminuisca del 50%. Il cerotto dovrebbe essere applicato su un tratto liscio, pulito e asciutto di epidermide non irritata e non irradiata del tronco o degli avambracci; è preferibile applicare il cerotto transdermico su una superficie pulita con acqua corrente e perfettamente asciugata, glabra o depilata, evitando l’uso del rasoio sul sito di applicazione. Per non interferire con le proprietà adesive è bene non usare creme, olii, lozioni o polveri nell’area della pelle dove deve essere applicato il cerotto. Nei bambini piccoli, il sito di applicazione preferito è la parte alta della schiena in modo da minimizzare il rischio che il bambino se lo tolga. In caso di aumento della temperatura corporea superiore a 40°C, l’assorbimento aumenta di circa un terzo. Ogni nuovo cerotto transdermico va applicato in un punto diverso dal precedente, dopo aver staccato e rimosso quest’ultimo. Il cerotto non deve essere tagliato; qualora sia stato diviso, tagliato o danneggiato in qualsiasi modo non deve essere usato. Il fentanil transdermico può essere prescritto su ricettario del SSN e sono disponibili dispositivi transdermici le cui dimensioni variano proporzionalmente al dosaggio di principio attivo: cerotto transdermico 12 microgrammi/ora, 25 microgrammi/ora, 50 microgrammi/ora, 75 microgrammi/ora, 100 microgrammi/ora. Il fentanil citrato transmucosale è invece utilizzato nella terapia del BTcP (l’esacerbazione improvvisa e transitoria del dolore, di intensità moderata-elevata; NRS d’intensità maggiore o uguale a 6 – 7), che insorge, sia spontaneamente sia a seguito di un fattore scatenante, in pazienti con dolore oncologico di base, mantenuto per la maggior parte della giornata sotto controllo o di intensità lieve che impatta in modo molto negativo sulla qualità di vita dei pazienti oncologici. Il BTcP è caratterizzato da un’insorgenza improvvisa e da una durata generalmente non superiore a 30 minuti; per questo le caratteristiche farmacocinetiche della morfina a pronto rilascio (come l’inizio d’azione >30 minuti e il tempo al picco dell’effetto di 60-90 min), utilizzata in passato, la rendono poco adatta al trattamento del BtcP; più efficace senz’altro è la somministrazione di boli endovenosi di morfina che risulta tuttavia un’alternativa poco maneggevole, soprattutto a domicilio. Per questi motivi, attualmente il trattamento più approriato del BTcP è rappresentato dai ROO (Rapid Onset Opioids) a base di fentanil citrato transmucosale, disponibili in diverse formulazioni; pastiglia per mucosa orale con applicatore incorporato, compressa orosolubile , compressa sublinguale spray nasale in soluzione acquosa o con pectina…. Le formulazioni disponibili in commercio, in vari dosaggi (NON interscambiabili tra loro!) consentono di adattare la terapia del BTcP alle preferenze del singolo paziente. Diversi analoghi del fentanil sono in commercio e utilizzati in anestesia generale e sedo analgesia profonda:

alfentanil, molecola dotata d’attività analgesica e durata d’azione ultra-breve (da 5 a 10 minuti); sufentanil, potente analgesico (da 5 a 10 volte più potente del fentanil) utilizzato in alcune

particolari procedure chirurgiche;

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remifentanil, molecola oppioide dotata della più breve durata d’azione e quindi rapido offset (cessazione dell’azione).

Ossicodone L’ossicodone è un oppioide semisintetico strutturalmente correlato alla morfina con una elevata affinità per i recettori mu. È circa 2 volte più potente della morfina (10 mg di ossicodone orale equivalgono a 20 mg di morfina orale), non ha effetto tetto e viene ben assorbito se somministrato per via orale. In alcune formulazioni la cessione di ossicodone avviene in due fasi, con una fase iniziale di rilascio relativamente rapido che produce un’insorgenza dell’effetto analgesico precoce, seguito da una fase di rilascio prolungato che determina una durata d’azione di 12 ore. A livello epatico l’ossicodone viene metabolizzato dal citocromo P450 a norossicodone e in misura inferiore a ossimorfone, che non contribuiscono al suo effetto analgesico e che vengono eliminati con le urine. Negli anziani, la clearance dell’ossicodone risulta solo leggermente ridotta e non richiede aggiustamenti di dosaggio. In uno studio condotto su 159 pazienti con neuropatia diabetica, dopo 6 settimane di trattamento, l’ossicodone a lento rilascio, a un dosaggio medio giornaliero di 40 mg (in due somministrazioni), è risultato più efficace del placebo nel migliorare il dolore da moderato a grave. Ha indicazione nel trattamento del dolore moderato-severo, oncologico e non oncologico e può essere usato nella titolazione del paziente naïve agli oppiacei (raccomandazione linee guida AIOM). Le formulazioni a rilascio prolungato vanno ingerite intere e non devono essere rotte, masticate o frantumate: in tal caso può verificarsi un rapido rilascio e l’assorbimento di un quantitativo di ossicodone potenzialmente letale. Associazione ossicodone/paracetamolo Ha indicazione per il trattamento del dolore oncologico moderato-severo e per il trattamento del dolore di origine degenerativa da moderato a grave in corso di malattie muscolo-osteoarticolari non controllato da (FANS) o paracetamolo, utilizzati da soli. Le compresse nelle formulazioni disponibili contengono 325 mg di paracetamolo e 5, 10 o 20 mg di ossicodone e vanno assunte ogni 6-8 ore. Associazione ossicodone/naloxone Questa associazione ha la caratteristica di combinare un agonista puro (ossicodone cloridrato) a un antagonista del recettori degli oppioidi (naloxone cloridrato) con rapporto 2:1, il secondo aggiunto per contrastare la stipsi indotta dall’oppioide; nalozone agisce infatti bloccando l’azione dell’ossicodone a livello dei recettori oppioidi del tratto gastrointestinale. A causa del marcato metabolismo di primo passaggio,la biodisponibilità di naloxone con la somministrazione orale è<3%, quindi un effetto sistemico clinicamente rilevante è improbabile e l’efficacia analgesica di questa associazione è equivalente a quella delle formulazioni a rilascio prolungato di ossicodone cloridrato. Le compresse, prescrivibili su ricettario del SSN, sono disponibili a dosaggio di 5/2,5 , 10/5, 20/10, 40/20 mg.

Idromorfone Ha una potenza circa 5 volte superiore a quella della morfina ed è disponibile in compresse a dosaggi da 4, 8, 16, 32 e 64 mg; ha il vantaggio della monosomministrazione giornaliera (durata dell’effetto di 24 ore) e quindi di una migliore compliance da parte dei pazienti. Il dosaggio tuttavia non deve essere titolato più frequentemente di una volta ogni quattro dosi (per esempio, se la prima dose viene data il lunedì, il dosaggio può essere aumentato non prima della quarta dose, ovvero il giovedì) e quindi, considerando che con una preparazione a così lento rilascio occorre far passare più tempo prima di individuare ottenere un’adeguata analgesia, è consigliabile iniziare il trattamento con preparazioni convenzionali a rilascio immediato di un altro oppioide, che consentano di stabilire il dosaggio efficace, per poi passare a una appropriata dose giornaliera totale di idromorfone utilizzando la relativa tabella di conversione. Questo farmaco, non utilizzando la via dei citocromi per la propria inattivazione ed eliminazione, non interferisce sul metabolismo epatico dei farmaci che entrano nel ciclo microsomiale; particolare attenzione però va posta nei pazienti con insufficienza renale.

Buprenorfina La buprenorfina, estratta dalla tebaina, l’alcaloide più tossico estratto dal Papaver somniferum, è agonista parziale dei recettori e in quanto tale, possiede effetti farmacologici dose-dipendenti entro un determinato arco posologico, oltre il quale, pur aumentando il dosaggio, non si ottiene un corrispondente

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incremento dell’attività analgesica. Se la buprenorfina viene somministrata a pazienti in terapia prolungata e/o tolleranti agli oppiacei agonisti puri, si comporta come antagonista, in modo analogo al naloxone, e può precipitare una sindrome di astinenza talvolta severa. È disponibile in formulazione transdermica (cerotti transdermici da 35 mcg/ora, 52,5 mcg/ora e 70 mcg/ora) da sostituire ogni 96 ore, prescrivibile su ricettario del SSN (dose massima consentita 140mcg/h) e sotto forma di compressa sublinguale (0,2 mg) o fiale (da 0,3 mg/ml, IM o EV). La buprenorfina in fiale e in compresse può essere prescritta su ricetta ministeriale a ricalco o su ricettario SSN specificando “terapia del dolore” e con indicazione della posologia (dati aggiornati al 12/4/2013) II naloxone può non essere efficace nel risolvere la depressione respiratoria prodotta dalla buprenorfina; di conseguenza, la gestione primaria del sovradosaggio deve essere il ristabilire una ventilazione adeguata, attraverso la ventilazione meccanica se necessario.

Metadone Il metadone è un oppioide, sintetizzato in Germania nel 1937, agonista puro sul μ-recettore degli oppioidi con una potenza sovrapponibile a quella della morfina, indicato come analgesico nelle sindromi dolorose di entità severa e nel trattamento di disassuefazione da narcotico-stupefacenti (prescrivibile in questo caso solo su ricettario ministeriale a ricalco). Il metadone cloridrato è immediatamente assorbito nel tratto gastrointestinale o dopo un’iniezione sottocutanea o intramuscolare; tuttavia la sua farmacocinetica è particolare per il fatto di avere una lunga emivita di eliminazione con ampie variazioni interindividuali (15 a 60 ore), con conseguente accumulo, a seguito di dosi ripetute. Molto efficace nella “rotazione degli oppioidi”, per il suo complesso profilo farmacocinetico con una imprevedibilmente lunga emivita dovrebbe essere utilizzato solo da professionisti esperti.

Tapentadolo Il tapentadolo, è un analgesico con azione centrale che agisce come agonista sul recettore degli oppioidi (attivazione MOR) e come inibitore della ricaptazione della Noradrenalina (NRI), indicato per il trattamento, negli adulti, del dolore cronico severo che può essere trattato in modo adeguato solo con analgesici oppioidi. Somministrato per os, subisce un esteso metabolismo di primo passaggio: le concentrazioni sieriche massime di tapentadolo si osservano tra le 3 e le 6 ore dopo la somministrazione di compresse a rilascio prolungato e l’escrezione avviene esclusivamente (99%) per via renale. Ha una potenza 5 volte inferiore rispetto alla morfina ed è prescrivibile su ricettario del SSN sotto forma di compresse a rilascio prolungato da 25, 50, 100, 150, 200, 250 mg, da assumere ogni 12 ore (dosi giornaliere superiori a 500 mg di tapentadolo non sono raccomandate); la dose analgesica efficace va raggiunta gradatamente, con incrementi non superiori a 50 mg ogni 3 giorni. È opportuno evitare associazione di tapentadolo con farmaci serotoninergici, come gli inibitori del re-uptake della serotonina (SSRI) per il pericolo di sindrome serotoninergica e il farmaco va evitato nei pazienti che stanno assumendo inibitori della monoammino ossidasi (MAO-I) o che li hanno assunti negli ultimi 14 giorni, a causa dei potenziali effetti additivi sulle concentrazioni sinaptiche di noradrenalina, che possono determinare eventi avversi cardiovascolari, come ad esempio crisi ipertensive.

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Questionario ECM 1) L’approccio farmacologico a gradini, proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1986

propone attualmente: a) un approccio a gradini per il trattamento del dolore cronico b) una scelta farmacologica in funzione dell’intensità del dolore c) l’eventuale associazione di adiuvanti in ogni gradino per potenziare l’effetto analgesico degli

altri farmaci d) tutte le risposte indicate

2) Secondo le indicazioni dellOrganizzazione Mondiale della Sanità, gli analgesici oppioidi vanno

normalmente titolati alle dosi massime efficaci, secondo i seguenti principi: a) via di somministrazione meno invasiva, somministrazione al bisogno, partendo da una dose

massima e diminuendola nel tempo b) via di somministrazione meno invasiva, somministrazione a intervalli regolari, seguendo una

scala di dosaggi c) via di somministrazione meno invasiva, somministrazione a intervalli regolari, seguendo una

scala di dosaggi, titolata sul singolo individuo e prestando attenzione ai dettagli d) via di somministrazione meno invasiva, somministrazione al bisogno, seguendo una scala di

dosaggi, titolata sul singolo individuo e prestando attenzione ai dettagli

3) La differenza tra oppiacei e oppioidi consiste fondamentalmente nel fatto che: a) gli oppiacei sono agonisti puri del recettore degli oppioidi, gli oppioidi no b) gli oppiacei sono derivati naturali o semisintetici dell’oppio, gli oppioidi sono molecole di sintesi c) gli oppiacei sono derivati naturali o semisintetici dell’oppio, gli oppioidi no d) nessuna delle risposte indicate

4) L’effetto tetto, tipico degli oppioidi deboli, significa che:

a) all’aumentare della dose oltre un certo livello, l’effetto analgesico non aumenta più con proporzione lineare

b) all’aumentare della dose oltre un certo livello, l’effetto analgesico non aumenta più e aumentano solo gli effetti collaterali

c) all’aumentare della dose oltre un certo livello, l’effetto analgesico diminuisce d) nessuna delle risposte indicate

5) A quale classe di farmaci appartiene la buprenorfina?

a) oppioidi deboli b) oppioidi forti c) adiuvanti d) nessuna delle risposte indicate

6) Quale dei seguenti farmaci è somministrabile per via transdermica?

a) morfina b) buprenorfina

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c) fentanil d) sia buprenorfina sia fentanil

7) In caso di dolore da cancro, quale strategia terapeutica è preferibile?

a) via più invasiva b) via meno invasiva possibile c) necessariamente trattamento per os d) necessariamente trattamento per via endovenosa

8) Per quali dei seguenti farmaci esistono formulazioni a rilascio rapido?

a) buprenorfina b) morfina c) fentanil d) tutte le risposte indicate

9) Per quali dei seguenti farmaci esistono formulazioni a lento rilascio?

a) morfina b) buprenorfina c) ossicodone d) tutte le risposte indicate