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Il direttore responsabileEnrico De Girolamo La provincia vibonese custodisce un inestimabile patrimonio storico,

testimoniato da un’identità millenaria che risale ai primi insediamen-ti greci, che fecero dell’antica Hipponium, l’attuale Vibo Valentia, un centro nevralgico della loro colonizzazione nel sud della Penisola.

Ma quello ellenico rappresenta soltanto il primo livello di una stratifi cazione culturale che nel corso dei secoli ha ricoperto l’intero territorio, oggi dissemi-nato di tracce e reperti archeologici di ogni tipo.Ecco perché nel secondo numero di Lìmen, rivista che ha tra i suoi obiettivi anche l’ambizione di offrire all’esterno della provincia una vetrina di questo territorio, abbiamo deciso di puntare i rifl ettori su uno dei più importanti “luoghi” vibonesi, la Certosa di Serra San Bruno. Nell’articolo dello storico Tonino Ceravolo il lettore potrà cogliere la straordinaria importanza di questo insediamento monastico che vanta circa 10 secoli di storia. Mille anni durante i quali la Certosa ha rappresentato il centro di una fi ttissima rete di rapporti che univa la Calabria all’Europa, ispirando con il suo profondo misticismo al-cune delle maggiori fi gure storiche ed artistiche delle varie epoche che si sono succedute. Dall’entroterra boscoso alle spiagge assolate il tratto è breve, ma la storia molto più antica. Qui - dove tra Pizzo e Tropea, per le caratteristiche della costa, si realizzava in pieno il concetto greco di “viaggio”, come spiega Maria Teresa Iannelli nel suo articolo - le vestigia del passato sono custodite dal mare dell’antico porto romano di Valentia, a meno di dieci metri di pro-fondità. Lo stesso mare sul quale scommette oggi il Porto di Vibo Marina per il suo atteso rilancio economico e commerciale. Un progetto che ogni giorno assume sempre maggiore concretezza e che vede l’Ente camerale in prima fi la nel promuovere la rinascita dello scalo marittimo. Non manca in questo numero il resoconto dell’attività propria della Camera di Commercio, dalla pubblicazione del primo Bilancio sociale, all’approvazione del documento di previsione e programmazione dell’attività camerale nel 2007, dal quale emer-gono le priorità strategiche dell’Ente. E ancora: il progetto promosso dall’Am-ministrazione provinciale di Vibo Valentia, in collaborazione con la Camera di Commercio, per la creazione nella città capoluogo della sede meridionale dell’Icif, la prestigiosa scuola di cucina italiana per chef stranieri, fondata da Jhon Arena; l’analisi dei Sistemi turistici integrati, quale inevitabile evolu-zione di un settore cruciale per le sorti di questo territorio; l’assegnazione a tre imprese vibonesi del Premio Ospitalità Italiana 2006, a rimarcare come la qualità sia di casa da queste parti.Su un piano squisitamente storiografi co si attesta, invece, il contributo di Gia-cinto Namia, che con grande competenza ricostruisce il profi lo e le vicende di un eroe risorgimentale, Michele Morelli. È storia anche il passato di un antico laboratorio artigianale vibonese, la Fonderia Scalamandrè, che per circa due secoli ha trasformato tonnellate di bronzo in bellissime campane che ancora svettano su molte chiese e basiliche italiane. Restando in tema di artigianato artistico, altrettanta rilevanza meritano le suggestive e dettagliate immagini della mostra cosentina “Argenti di Calabria”, che vede in esposizione anche bellissimi pezzi di origine vibonese. Arte pura, infi ne, è quella di Albino Lo-renzo, il grande pittore di Tropea, capace di trasmettere come pochi il legame viscerale dell’uomo con la propria terra.

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CONSIGLIO CAMERALE

per il settore AGRICOLTURAFiloreto Fondacaro

Ercole MassaraDomenico Petrolo

Paolo PileggiMichele Vartuli

per il settore ARTIGIANATORosario Carbone

Francesco GioghàPaolo Pecora

per il settore COMMERCIOSergio Consolo

Mario Malfarà SacchiniRita Tassone

Antonino Tavella

per il settore COOPERATIVEAntonello Meddis

per i settori CREDITO,ASSICURAZIONI E SERVIZI ALLE IMPRESE

Giuseppe Macrì Antonino Nicocia

per il settore INDUSTRIAGiuseppe CaffoAntonio Gentile

Michele Lico

per il settore TURISMOGiuseppe Rito

per i settori TRASPORTI E SPEDIZIONIBruno Ruscio

per le ORGANIZZAZIONI SINDACALI DEI LAVORATORIBruno Valeriano La Fortuna

per le ASSOCIAZIONI DEI CONSUMATORILuciano Prestia

GIUNTA CAMERALE

Michele Lico - PresidenteFrancesco Gioghà - Vice Presidente

Giuseppe CaffoSergio Consolo

Bruno Valeriano La FortunaErcole Massara

Antonello MeddisPaolo PileggiGiuseppe Rito

REVISORI DEI CONTI

Michele Montagnese - PresidenteMassimo Corso

Francesco Schiumerini

SEGRETARIO GENERALE F.F.Dr. Antonio Gallo Cantafi o

PRESIDENTE

Michele Lico

Quando si pensa alle funzioni proprie della Camera di Commer-cio oggi, è necessario andare oltre la settorialità che potrebbe evocare la sua denominazione per considerarne invece il ruo-lo di soggetto funzionale e attivo nei più complessivi processi

programmatori di sviluppo territoriale.La rappresentatività degli interessi economici generali del territorio e l’im-plementazione del mercato di cui si fa carico, vanno, infatti, inquadrati in una più ampia ottica di partenariato istituzionale in cui l’Ente camerale ha legittimazione a esplicitare istanze e necessità del sistema economico e pro-duttivo che risultano, comunque, infl uenti e si intersecano con ogni azione preordinata ad amplifi care parametri di crescita e competitività.Fondamentale, nelle relazioni istituzionali, è considerare le reciproche com-petenze senza apriorismi ad escludendum; occorre, invece, individuare con-vergenze che abbiano a presupposto una dialettica costante e propositiva e come obiettivo ultimo il benessere della collettività amministrata. Su questi principi abbiamo inteso costruire l’azione della Camera di Commercio di Vibo Valentia e in una visione ampia di economia e produttività comprensi-va di tutte le espressioni identitarie e tipiche del territorio, di tutte le risorse di cui dispone, con una programmazione di valorizzazione e fruizione capa-ce di innescare meccanismi moltiplicatori di quella redditività che ciascuna porta insita. È questa la chiave di lettura della pianifi cazione di interventi che abbiamo tracciato per l’anno 2007 e che proponiamo anche attraverso Lì-men per comunicare e partecipare il nostro essere e un modus agendi ispira-to ai principi della sostenibilità, relazionalità, attrattività e fruibilità. A questi criteri, all’unisono con quelli di effi cienza, effi cacia ed economicità propri di una pubblica amministrazione, viene conformata l’erogazione dei servizi all’utenza, a questi le strategie operative per sostenere e promuovere im-prese e territorio nelle fasi evolutive che interessano mercato e società. Con tali premesse non può destare meraviglia che una Camera di Commercio, e nello specifi co quella di Vibo Valentia, segni il proprio percorso istituzionale di valorizzazione del sistema economico ed imprenditoriale locale puntando non solo su azioni a benefi cio chiaramente diretto e immediato per i settori di competenza, quanto rivendicando ruoli e coinvolgimenti anche in ambi-ti che, solo apparentemente, potrebbero non sembrare di sua pertinenza. E così arte, cultura, archeologia, patrimonio storico e architettonico, ambiente, gastronomia investono l’interesse della Camera di Commercio nella loro di-mensione di identità del territorio e beni fruibili, e come tali potenzialità di incrementi economici ed occupazionali per il territorio di riferimento.È necessario però intenderli in una logica di rete poiché nessuno di questi aspetti può essere considerato a sé stante nelle progettualità di sviluppo. De-vono poter essere, invece, complessivamente interfacciati perché quanto cia-scuno esprime in termini di stato e prospettive, necessariamente si riverbera sulle condizioni degli altri e il tutto, più complessivamente, sull’economia locale e sulle sue possibilità di inserirsi nei circuiti di quella globale. Questa ci sembra la strada giusta da percorrere, e Lìmen, coerente sintesi, è, per noi, uno degli strumenti per farlo.

Il direttore editorialeMichele LicoPresidente Camera di Commerciodi Vibo Valentia

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DIRETTORE EDITORIALEMichele LicoPresidente CCIAA

DIRETTORE RESPONSABILEEnrico De Girolamo

COMITATO SCIENTIFICO

Tonino Ceravolostorico

Francesco De Granodirigente Regione Calabria

Giuseppe Fiorilloarciprete Duomo di San Leoluca

Silvestro Grecobiologo

Maria Teresa Iannellidirettrice Museo V. Capialbi

Andrea Lanza economista

Giampiero Monteleone notaio

Giacinto Namiastorico

Vito Tetiantropologo

REDAZIONEMaurizio Caruso Frezza Rosanna De LorenzoRaffaella GigliottiErnesto MateraAnselmo Pungitore

PROGETTO GRAFICO

E IMPAGINAZIONEFrancesco Romano

STAMPARomano Arti Grafi cheTropea (VV)

FOTO© Archivio Romano Arti Grafi che© Studio Krom© Archivio C.C.I.A.A.

Direzione e redazioneCamera di Commerciodi Vibo Valentiatel 0963.44011 - fax [email protected]

Registrazione Tribunalen° 3 del 2006

In copertina:La Certosa di Serra San Bruno

SOMMARIO

8 Certosa, i luoghi dello spirito

14 Obiettivi e Strategieanno 2007

18 Avanti tutta versoil nuovo Porto

21 Greci e Romaniapprodavano qui

24 Ecco Lìmen

26 Camera Comunica Camera

30 Quando la qualitàfa la differenza

32 A Vibo Valentia le donnepiù intraprendenti

36 Turismo, la rivoluzionedei sistemi integrati

38 Cooperazione, rapportosul trend vibonese

40 Rintocchi d’artee tradizione

46 ChefMade in Vibo

50 Una rete provincialeper gli sportelli unici

54 Michele Morelliun eroe vibonese

60 Frammenti di storia secolarenegli argenti di Vibo Valentia

66 Albino Lorenzoviaggio nella memoria

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i luoghidello spirito

CERTOSA di Tonino Ceravolo Fin dalle sue origini, negli anni terminali dell’XI seco-lo, la Certosa di Serra San Bruno è stata “centro” e

nucleo di una rete di rapporti che uniscono la Calabria all’Europa e l’Europa alla Calabria. Si pensi al-l’itinerario del suo fondatore, Bruno di Colonia: dalla Germania - dove era nato a Colonia intorno al 1030 - in Francia, prima magister e scholasti-cus della famosa scuola cattedrale di Reims, successivamente iniziatore dell’insediamento monastico della Chartreuse sulle Alpi del Delfi nato, nei pressi dell’attuale Grenoble. Pochi anni dopo in Ita-lia: a Roma, consigliere di Papa Urbano II nella curia pa-pale; quindi al seguito del medesimo pontefi ce nei suoi spostamenti da Roma verso l’Italia meridionale; infi ne di nuovo e defi nitivamente eremita a Santa Maria della Torre, vicino l’attuale Serra San Bruno, in un luogo soli-tario – come recitano le coeve carte di donazione – posto «tra Arena e Stilo».Si provi, adesso, a unire, come su un tracciato stradale, i punti di questo itinerario da Nord verso Sud: Germa-nia, Francia e Italia; le nobili Colonia e Reims, le sperdu-te Santa Maria de Casalibus sulle Alpi francesi e Santa Maria della Torre nelle Serre calabresi. Si provi, inoltre, a comporre, contemporaneamente e per un momento, una mappa parziale della storia re-ligiosa dell’Europa medievale nei decenni delle riforme monastiche: cluniacensi, certosini, cistercensi, vallombrosani, premostratensi, un “bianco mantello” di ordini, espe-rienze collettive e individuali, chie-se, templi, comunità monastiche e nella mappa per ogni nuovo deser-tum solitudinis un punto, un piccolo segno per ricordarlo. Nomi di paesi e città molto noti agli occhi di chi si accosta all’Occidente medievale: Cluny, La Chaise-Dieu, Molesme,

Sin dalle origini,alla fi ne dell’XI secolo,il complesso monasticofondato da San Bruno

ha rappresentato il centrodi una rete di rapportiche univa la Calabria

all’Europa.Ancora oggi,

migliaia di pellegrinisi recano annualmente

in questo luogoricco di spiritualitàe tensione religiosa.

Grandmont, la Sauve-Majeure in Francia; Camaldoli, Fonte Avellana, Vallombrosa e la stessa Serra in Ita-lia; Hirsau in Germania.Accanto ai luoghi, le persone: Rober-to di Arbrissel a Fontevrault, Stefano di Muret a Grandmont, San Romual-do a Camaldoli, San Pier Damiani a Fonte Avellana, Giovanni Gualber-to a Vallombrosa, Bruno di Colonia alla Chartreuse e in Calabria. Bruno di Colonia appare immedia-tamente come un personaggio cen-trale del suo tempo e gli eremi che ha iniziato in Francia e in Calabria si

pongono, parallelamente, nel cuore della grande storia monastica d’Europa. Il discorso ci condurrebbe lontano, ma è il caso di compiere uno spostamento temporale in avanti di alcuni secoli, quando, agli inizi del Cinque-cento, dopo oltre tre secoli di intermezzo cistercense, la Certosa di Calabria viene “recuperata” dall’Ordine cer-tosino, sono ritrovate le reliquie di Bruno e hanno inizio i lavori per la costruzione delle fabbriche del monastero certosino sullo stesso luogo, a circa un chilometro dal-l’originaria fondazione di Santa Maria della Torre, dove, successivamente alla morte del santo, era stata edifi cata la Certosa di S. Stefano del Bosco. È un momento im-portante per la storia culturale e artistica del territorio. È un momento fondamentale per ritrovare altre tracce

della centralità di un territorio solo in apparenza periferico. Nel corso di alcuni decenni, parallelamente con lo strutturarsi delle architetture del monastero, il “cantiere” certosino si arricchisce di non poche opere d’ar-te, per le quali i monaci affi dano la committenza a importanti artisti ita-liani ed europei.Si pensi alle vicende del grande ci-borio della chiesa conventuale cer-tosina, che legheranno per sempre il nome del grande Cosimo Fanzago all’isolato mondo delle Serre cala-

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bresi. Un artista, come scrive Silvana Savarese, che «[...] esercitò una rilevante e durevole infl uenza, nel Seicento ed oltre, in tutta l’Italia meridionale. Tra il 1619 e il ‘20 si recò personalmente a Barletta per lavorare alla deco-razione dell’abside della Cattedrale; nel 1626 e nuova-mente dopo il 1628, soggiornò a Montecassino per la ri-strutturazione del coro e l’ammodernamento dell’altare maggiore e delle cappelle della chiesa dell’abbazia. Tra il ‘26 e il 28 visse a Pescocostanzo per i lavori al conven-to benedettino di S. Scolastica e, successivamente, intor-no al 1630 per l’altare maggiore della chiesa di Gesù e Maria». Fondamentali furono i tre decenni (1623-1656) che lo videro impegnato a compiere i lavori di comple-tamento della Certosa di San Martino in Napoli, per la quale l’artista bergamasco creò alcuni capolavori (come il mirabile San Brunone), pervenendo – secondo il giu-dizio di M. Mormone - ad «un momento di grande feli-cità inventiva e di radicale rinnovamento del linguaggio scultoreo».Di Napoli Fanzago inventò il «volto» barocco, rima-nendo legato alla città fi no alla morte, sopraggiunta il 13 febbraio del 1678. L’incarico per la realizzazione del grande Ciborio della Certosa di S. Stefano del Bosco venne affi dato a Cosimo Fanzago nel 1631, durante il priorato di Dom Ambrogio Gasco e nell’esecuzione l’ar-tista bergamasco si avvalse dell’aiuto dei fonditori S. Scioppi e Raffaele Matiniti o Materico detto il Fiammin-go, nonché dell’opera dello scultore toscano Innocenzo

Mangani, giunto a Serra proprio su invito dello stesso Fanzago. Capolavoro del barocco meridionale, il ciborio di Cosimo Fanzago è uno degli episodi artistici eminen-ti che collegano la storia culturale della Certosa ad altri fondamentali momenti e ad altre rilevanti fi gure delle vicende artistiche italiane ed europee.Ma altri fi li è possibile annodare, altri episodi occorre richiamare brevemente per dire dei legami e dei rappor-ti che connettono la storia di questo territorio con altre storie riconosciute, invece, come centrali e “maggio-ri”. La relazione di una visita apostolica, compiuta nel 1629 dal vescovo di Venosa mons. Andrea Perbenedet-ti nella giurisdizione della Certosa, introduce a questi ulteriori episodi quando racconta come, sopra la porta della sagrestia, si potesse vedere una Coena Domini «a quondam Michäele Angelo Bonarota depicta, quae Roma fuit traslata». La notizia risulta al momento inverifi cabile su altre fonti, ma, anche a non considerare l’attendibilità del Perbenedetti – peraltro confermata dalle altre anno-tazioni relative alla sua visita - è comunque signifi cati-va nel quadro delle vicende che stiamo ricostruendo. In tale quadro, non si può certamente trascurare l’apporto che altri artisti di risonanza europea diedero al patri-monio culturale della Certosa. Ancora due esempi: lo scultore brandemburghese David Müller, il quale, su incarico del priore certosino Ludovico Suspechs, realiz-zò nel 1661 due statue marmoree raffi guranti la Vergine con il Bambino e San Bruno, nonché due pregevolissi-mi bassorilievi con una scena leggendaria della vita di San Bruno (l’apparizione del santo in sogno a Ruggero il Normanno durante l’assedio di Capua) e con la natività; Bernardino Poccetti, attivo nelle Certose di Firenze, Cal-ci e Pontignano, che dipinse certamente il Martirio di S. Stefano (oggi nel coro della Chiesa Matrice di Serra) e del quale alcuni documenti archivistici attestano i rapporti con il monastero calabrese.La profonda attrazione che questa città monastica della preghiera ha esercitato è rilevabile pure da altre circo-stanze, alcune delle quali non sono da considerare alla stregua di semplici curiosità storiche, ma come segni del profondo interesse per la testimonianza spirituale che i monaci incarnano quotidianamente. Il 24 agosto 1923 giunse a visitare la Certosa, come riporta una Cronaca

coeva, il principe ereditario Umberto II di Savoia, in compagnia del Contrammiraglio Bonaldi, del marchese della Rocchetta e di altri “tre signori” di cui la Cronaca in parola tace il nome. Il Principe partecipò alla Messa conventuale, visitò il monastero e alla fi ne ripartì. Nel marzo del 1953 entrarono nel monastero il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e sua moglie donna Francesca - fatto eccezionale, perché la clausura papale proibisce l’ingresso delle donne - presenti in Calabria per una visita di Stato in seguito ad una disastrosa allu-vione. Questa visita era stata preceduta, due anni prima e a motivo della stessa alluvione, da quella del Presiden-te della Repubblica Luigi Einaudi e della moglie donna

Ida. Il 5 ottobre 1984, durante un importante viaggio in Calabria e in occasione del nono centenario di fondazio-ne dell’Ordine certosino, si trattenne per un’intera gior-nata prima a Serra e poi in Certosa Sua Santità Giovanni Paolo II.Molto signifi cativi sono i due discorsi - ai monaci della Certosa e ai fedeli riuniti a Santa Maria del Bosco - che il Pontefi ce tenne in quell’occasione, non mancando di ricordare il particolare carisma dei monaci di San Bru-no e l’effi cacia spirituale della loro presenza, che pon-gono la Certosa come il “cuore di questa Regione”. «Il mio augurio è che da questo luogo - disse il Papa nel discorso rivolto alla comunità monastica - parta un mes-

A pag. 8, l’ingresso della Certosa di Serra San Bruno.A pag. 9, la statua di San Bruno nel laghetto della Certosa.Sopra, i ruderi dell’antica Certosa (foto Angelo Rizzo).A destra, un monaco contempla l’interno innevato della Certosa.

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saggio verso il mondo e raggiunga specialmente i gio-vani, aprendo dinanzi ai loro occhi la prospettiva della vocazione contemplativa come dono di Dio [...]. Voi da questo monastero siete chiamati ad essere lampade che illuminano la via su cui camminano tanti fratelli e so-relle sparsi nel mondo; sappiate sempre aiutare chi ha bisogno della vostra preghiera e della vostra serenità».Sette anni dopo, nell’anniversario dell’arrivo di San Bruno in Calabria e della primitiva edifi cazione della fondazione calabrese, il Papa si rivolse nuovamente ai monaci della Certosa con una lettera indirizzata al prio-re dell’epoca Dom Gabriele Maria Lorenzi. «In questa ricorrenza - scrisse, tra l’altro, Giovanni Paolo II in quel-la circostanza - mi è gradito unirmi alla Comunità di Serra San Bruno ed a tutte le Chiese della Calabria per rendere grazie al Signore del dono fatto a codesta terra e, in particolare, della viva e fedele testimonianza che l’Ordine certosino continua ad offrire ai fedeli [...]. Au-spico che codesta celebrazione giubilare possa servire anche a far conoscere meglio la spiritualità certosina, la quale esige che, anche quando si è presi dalle urgenti attività pastorali ed organizzative, l’ideale contemplati-vo rimanga sempre in cima alle aspirazioni di chi vuole raggiungere la perfezione cristiana. Esorto, pertanto, i monaci di Serra San Bruno a farsi costantemente inter-preti presso Dio delle peculiari necessità della Chiesa nello spirito di vera comunione». Altre presenze ancora si potrebbero ricordare, ma basteranno, per tutti gli altri, ancora i nomi della regina del Belgio Paola Ruffo di Ca-labria, dell’attuale Ministro degli Esteri Massimo D’Ale-ma e del patriarca di Costantinopoli Sua Santità Bartolo-meo I. Ci si potrebbe, allora, chiedere cosa abbia di così particolare la vita dei monaci, tanto da attrarre, insieme con numerosissimi uomini e donne di ogni provenienza sociale, alcune tra le personalità maggiormente eminen-ti della propria epoca. La risposta da dare è semplice e complicata nel medesimo tempo. Solitudine, preghiera e silenzio, lode incessante a Dio, dialogo con l’Unico ne-cessario, sono il “segreto” di questa vita. I tempi e gli spazi del monastero, la suddivisione della giornata del monaco, i ritmi e le scansioni dell’esistenza claustrale, ogni cosa è fi nalizzata all’incontro con il Signore. In estate e in inverno, in primavera e in autunno, la

giornata dei certosini comincia quando quella di quasi tutti gli altri uomini fi nisce, intorno a mezzanotte per il Mattutino della Madonna e la preghiera personale nel-la cella. Successivamente, è il momento del Mattutino e delle Lodi nella chiesa conventuale, che possono durare – a seconda della lunghezza dell’Uffi cio – sino alle due e mezza o anche sino alle tre e mezza della notte. Al termine, comincia un periodo di riposo a cui fa seguito il risveglio, con l’Ora liturgica di “prima” e un nuovo spazio di preghiera personale. Terza, sesta, nona, vespri e compieta sono le altre Ore del giorno che “segnano” la giornata del monaco. Tra l’una e l’altra, lo studio o il la-voro manuale, il pasto della mattina verso mezzogiorno e il pasto della sera al termine dei vespri. Tranne i mo-menti dedicati alle celebrazioni liturgiche nella chiesa (Mattutino e Lodi, Messa conventuale e vespri), la gior-nata trascorre in solitudine nella cella (chiamata anche, con linguaggio spiritualmente più suggestivo, eremo), perché la specifi cità della vocazione certosina è quella di sperimentare, insieme, tanto la dimensione della vita eremitica quanto la dimensione della vita comunitaria (nella durata temporale più ridotta rispetto all’altra). I certosini, come è stato detto, sono infatti una “comunità di solitari”, che, nella separazione dalla vita del mondo, testimonia quotidianamente la misteriosa fecondità del-la preghiera, nella quale è abbracciata l’umanità intera.

Il laghetto all’interno del complesso monastico di Serra San Bruno.A destra, la sala della chiesa conventualecon il reliquiario di San Bruno (foto Angelo Rizzo).

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dell’Ente camerale, che è quella di poter esercitare ruolo e funzioni anche per conservare e proteggere i valori e la memoria storica della città, attualizzandoli e ren-dendoli fruibili, così come richiede la coscienza civica dell’intera comunità. La nuova sede camerale è il principale dei programmi afferenti all’obiettivo dell’innovazione della Camera di Commercio di Vibo Valentia per il 2007, a cui si aggiunge una miriade di iniziative tese al miglioramento dell’effi -cienza e dell’orientamento ai clienti. Dal potenziamento e sviluppo di nuove funzionalità nella piattaforma dei Servizi e della comunicazione on line del Sistema Came-rale e nella piattaforma locale di Customer Relationship Management (CRM), al miglioramento della comunica-zione esterna dell’Ente, dalla creazione alla diffusione di strumenti di giustizia alternativa.Peso notevole nella programmazione delle attività ca-merali 2007 è dato dagli studi economici. È in essi che ri-siede l’obiettivo dell’Ente di realizzare approfondimenti su tematiche strategiche mirate allo sviluppo dell’eco-nomia locale. Conoscere il territorio per promuoverlo, indagare sulle esigenze reali delle imprese per meglio soddisfare i loro fabbisogni, analizzare l’andamento del tessuto impren-ditoriale locale per tastarne periodicamente il polso: a

tutto questo sono fi nalizzate le ricerche e gli studi programmati dalla Camera di Com-mercio per il 2007. In continuità con l’annualità preceden-te, l’Osservatorio Economico Provin-ciale, che fotografa l’economia del-la provincia con uno scatto sulle caratteristiche strutturali ed un focus sull’andamento congiun-turale delle imprese vibonesi, a cui si aggiunge uno speciale approfondimento sulle impre-se femminili. Ed ancora studi, con l’Osser-vatorio Turistico Provinciale, per il quale, anche per il 2007, è prevista una profi cua collabo-razione con istituti di ricerca e prestigiose università, al fi ne di analizzare le variabili ed i con-seguenti mutamenti inerenti al settore del turismo. Programmati, altresì, uno studio sul sistema di trasporto provinciale, per indivi-duare le esigenze di mobilità di mer-

di Raffaella Gigliotti

Nuova sede istituzio-nale e innovazione dell’Ente; studi eco-nomici e program-

mazione territoriale; valoriz-zazione e promozione delle tipicità della provincia di Vibo Valentia; pianifi cazione dei sistemi di sviluppo territoria-le; sostegno allo sviluppo del-le imprese; legalità: questi, in sintesi, i programmi e le prio-rità strategiche della Camera

di Commercio di Vibo Valentia per il 2007, ampiamente articolati

- poiché consoni ad una Pubbli-ca Amministrazione trasparente

- nella Relazione Previsionale e Programmatica approvata all’una-nimità dal Consiglio Camerale nella seduta del 31 ottobre 2006.Obiettivi ambiziosi quelli in pro-gramma per il 2007, soprattutto se proporzionati alle risorse umane di cui l’Ente dispone al suo interno –

solo 19 unità lavorative – e alle quali gli organi camerali intendono dedicare particolare attenzione in termini di nuovo assetto organizzativo e professionalizzazione a 360 gradi.Obiettivi tra i quali svetta in particolare l’avvio delle procedure per dotarsi di una nuova sede istituzionale; una sede più dignitosa, più funzionale, più prestigiosa.Più dignitosa, in rispetto ad utenti e personale; più funzionale ai servizi erogati ed erogandi, non senza la previsione di spazi maggiormente fruibili per cittadini e imprese; più prestigiosa, per richiamare, anche for-malmente e all’esterno dei propri confi ni territoriali, la rilevanza del ruolo e delle funzioni che l’Ente svolge ed intende consolidare sul territorio e per il territorio a ser-vizio e vantaggio del sistema produttivo locale. Location d’eccezione, quella individuata quale nuova sede della Camera di Commercio di Vibo Valentia – il prestigioso edifi cio del Valentianum – patrimonio del-l’Amministrazione Comunale della città capoluogo di provincia.Una nuova sede camerale, dunque, in tempi ragione-volmente brevi, ma anche un bene storico della città che si rivitalizza, divenendo fulcro dell’economia vibonese, in una coesistenza tra interesse pubblico ed utilizzo ra-zionale, attuando una precisa prerogativa istituzionale

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tà economiche della provincia, sviluppando le aree in-dustriali circostanti e la logistica dei trasporti connessa (intermodalità).L’obiettivo principale è quello di far diventare il porto di Vibo Marina elemento cardine sul quale costruire una linea strategica di sviluppo non solo della provincia vi-bonese ma dell’intera Regione, perché si possa confi gu-rare la “risorsa porto”, procedendo alla realizzazione di un progetto di riqualifi cazione dell’area portuale e del sistema economico dell’area circostante.A sostegno dello sviluppo delle imprese la Camera di Commercio di Vibo Valentia per il 2007 intende conti-nuare a favorire la realizzazione di azioni legate all’ac-cesso al credito - anche in considerazione dell’attuazione di Basilea II, ad attuare iniziative per l’internazionaliz-zazione - soprattutto mediante l’attivazione di desk di rappresentanza presso sedi estere, e continuare con le proprie attività a favore dell’alternanza scuola-lavoro. La Camera si propone altresì di favorire lo sviluppo del-le imprese vibonesi sostenendole in questo particolare momento nella gestione dell’emergenza alluvionale, procedendo con il completamento di tutti gli adempi-menti già avviati nell’anno 2006 e previsti dall’ordinan-za del Commissario Delegato.Fare della legalità una leva competitiva per il territorio è altro importante obiettivo strategico che la Camera di Commercio di Vibo Valentia si è data per il 2007.L’Ente, infatti, intende svolgere con sempre più vigore il proprio ruolo di soggetto propulsore di iniziative volte a riaffermare i principi di giustizia, eticità e legalità nel territorio, in stretta collaborazione con le altre Istituzio-ni e con le associazioni locali.In tale direzione il progetto per la creazione di un codi-ce etico per le imprese, da presentare e diffondere tra gli operatori economici, la predisposizione di un codice etico di regolamentazione e di disciplina delle Associa-zioni di Categoria e dei Consiglieri, che prevede norme di comportamento chiare e trasparenti, iniziative forma-tive sulla Responsabilità Sociale (CSR), per diffondere la cultura dell’eticità dell’economia, nonché azioni di sostegno e rafforzamento di strumenti di tutela alle im-prese vittime di atti criminosi, in particolare attraver-so le Associazioni che già operano sul territorio, quali

l’Antiracket e l’Antiusura.Un’azione a tutto campo, di grande respiro, quella pro-grammata per il 2007 da una Camera di Commercio consapevole di essere protagonista dello sviluppo del territorio quando riesce nell’intento di far divenire pro-tagonisti i soggetti economici che deve sostenere. E il documento di programmazione delle attività per il 2007, che delinea esigenze, strategie ed idee proget-tuali, che gli organi camerali hanno consegnato all’or-ganizzazione interna dell’Ente, scaturisce da una piena condivisione con le Organizzazione di Categoria e da un confermato impegno collegiale in azioni a sostegno dell’economia della provincia. Iniziative promozionali, ma anche obiettivi di sistema: attrattività territoriale, verifi ca dei posizionamenti set-toriali, competitività. È nel principio della coesione, per instaurare un clima di credibilità e fi ducia, è nell’ottica della concertazione, per delineare strategie e perseguire progettualità condivise, che nasce il programma della Ca-mera di Commercio di Vibo Valentia per il 2007, a signifi cazione della necessità da parte delle Istituzioni e del mondo del lavoro di fare sistema.“La crescita economica” – afferma-va Benjamin Friedman, economi-sta di Harvard – “è un processo al quale non possiamo rinun-ciare, perché lo sviluppo non produce solo futile benessere materiale, ma anche profondo valore politico e morale”. Dallo sviluppo economico, dunque, ad una società più aperta, tollerante e democra-tica. Un circolo virtuoso, quello ge-nerato da sviluppo ed etica in intrinseca complementarietà, che la Camera di Commercio di Vibo Valentia, con i suoi program-mi per il 2007, intende considerare ambizioso traguardo.

ci e passeggeri del sistema produtti-vo locale, ma anche una analisi del

trend cooperativo regionale ed una attività di monitoraggio e di studio fi nalizzata a suppor-tare il processo decisionale del-la Regione Calabria in relazio-ne alla defi nizione delle priorità strategiche del POR 2007-2013.Continua, inoltre, l’attenzione rivolta al Porto di Vibo Marina, con una pubblicazione che, cor-redata da fotografi e e traduzione

in lingua inglese, riguarderà lo studio prodotto dalla Camera nel

2002, aggiornato con quanto avve-nuto e realizzato nel corso degli ulti-

mi tre anni e con quanto prevedibile per il futuro, e che rappresenterà un

utile strumento di marketing territo-riale.Tra le pubblicazioni prosegue la pro-grammazione di Lìmen, rivista di eco-

nomia, arte e cultura, allo scopo di promuovere l’imma-gine di un Ente attivo e propositivo, aperto ai processi evolutivi del mercato in cui è contestualizzato il com-parto economico che rappresenta e tutela.Per raggiungere l’obiettivo di incrementare il contribu-to allo sviluppo economico locale da parte dei settori correlati con le produzioni tipiche e la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici del territorio, la Came-ra di Commercio di Vibo Valentia intende puntare con maggiore incisività sul settore turistico, anche sfruttan-do le sinergie possibili con le produzioni tipiche locali, l’artigianato, le produzioni artistiche, prevedendo una serie di iniziative e manifestazioni con ricaduta di pro-mozione e valorizzazione del territorio a benefi cio del-l’economia locale.La Camera, dunque, prosegue le sue azioni in direzio-ne delle certifi cazioni di prodotto e della qualità delle imprese, in particolare, nel settore turistico e agro-ali-mentare.Sul fronte della valorizzazione del patrimonio culturale

del territorio è prevista la realizzazione di un Catalogo degli Artisti Calabresi dell’800-900.Il catalogo mira a mettere in risalto la valenza del patri-monio artistico, al fi ne di creare attrattività verso un set-tore idoneo ad innescare meccanismi economici legati al turismo culturale, nuova frontiera di sviluppo.È il Porto di Vibo Marina al centro di una serie di ini-ziative che la Camera di Commercio ha programmato con attinenza alla pianifi cazione dei sistemi di sviluppo territoriali.Tale priorità intende focalizzare le energie della Came-ra sulla programmazione e realizzazione di un piano di sviluppo territoriale fi nalizzato a fare diventare il porto di Vibo Marina un riferimento importante per le attivi-

Sopra, uno scorcio dell’interno del Valentianum, cheospiterà la nuova sede della Camera di Commercio.

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pe e protagonista di un lavoro di gruppo, non dichiara-to ma comunque condiviso e reale.Un approccio che testimonia un segno positivo di matu-rità istituzionale per un territorio che sconta ancora oggi numerosi ritardi.Ribadiamo: lo sviluppo salpa da qui. Dal porto di Vibo Marina. Oggi ne siamo ancora più convinti. Anche con un po’ di timore: perché fallire vorrebbe dire rinunciare irrimediabilmente ad un porto competitivo ed a ciò che il suo rilancio può signifi care per il territorio. Perché, av-vertiamo, ancora nulla è raggiunto. Ma è anche vero che nulla è più fermo. Assolutamente fermo, come era quat-tro anni fa quando del porto nessuno si preoccupava.Oggi, invece, il vento sembra decisamente cambiato e lo si intuisce anche dall’entusiasmo che coinvolge gli attori istituzionali impegnati in questo ambizioso pro-getto. Un clima d’ottimismo consolidato dal fatto che fi nalmente si è cominciato a mettere giù qualche punto fermo.• Primo: il porto deve essere messo prima di ogni cosa in sicurezza. Questo vuol dire innanzitutto che la risac-ca, cioè il mare mosso che entra fi no alla banchina Fiume quando il vento tira da nord-ovest, deve essere bloccata fuori. Questo lo si può fare, senza girarci troppo intorno, in un solo modo: prolungando il molo di soprafl utto, cioè il molo del faro verde. È un’opera impegnativa ma non proibitiva, né tecnicamente né fi nanziariamente. La si può realizzare gradualmente: prima la parte som-mersa e poi quella in superfi cie. Velocizzando e suddi-videndo la spesa in un periodo più lungo senza per que-sto rinunciare a breve alla soluzione fondamentale che consentirebbe di recuperare a funzione economica tutto il quadrante sud del porto. Riuscire a fare questo con-sentirebbe di aggiungere 800 posti barca ai 400 esisten-ti. Assicurare il funzionamento 365 giorni su 365 delle banchine commerciali. Aggiungere un accosto all’attua-le molo del faro rosso. In sintesi: più che raddoppiare la vita del porto. Delle imprese. Del business. Della città del fronte porto.• Secondo: il porto è polifunzionale. Ormai anche i più riluttanti nel credere alla necessità di rilancio dello scalo marittimo hanno preso atto che da Vibo Marina partono navi per tutto il mondo con prodotti di alta tecnologia metalmeccanica e petrolchimica; che di cemento ne può

arrivare di più e, con i dovuti accorgimenti, partire an-che; e che, in generale, il trasporto marittimo tradiziona-le può trovare dei vantaggi specifi ci a Vibo Marina oltre che a Gioia Tauro. Porto commerciale ma anche turisti-co, è questa la polifunzionalità da perseguire. • Terzo: si può lavorare per attrarre due tipologie nuo-ve di traffi co: le navi roll on - roll off per il trasporto di veicoli merci e auto sulla direttrice Nord-Sud (fatti-bile perché il mercato potenziale c’è, per Civitavecchia, Livorno o La Spezia lo si vedrà poi ma, nel frattempo, l’importante è che si possa prendere in considerazione anche questa opportunità); le navi da crociera, piccole sì (400-1000 passeggeri) ma comunque sempre navi da crociera e, quindi, importante volano turistico. Queste navi possono già oggi tecnicamente approdare come è successo a settembre con la Paloma I (vedi foto) che ha portato un migliaio di cicloturisti olandesi in escursione da Tropea a Vibo. • Quarto: il porto non è soltanto specchio di acqua ma è anche, e soprattutto, retroterra, collegato ed organiz-zato per assicurare un adeguato accesso ai quattro set-tori peculiari dell’economia portuale vibonese: cantie-ristica nautica e navale, commerciale, turistico, pesca e maricoltura. Da qui l’esigenza di aree di stoccaggio, di accessi dedicati terra-mare e mare-terra, di accessibilità porto-città e viceversa. Anche su queste problematiche si è lavorato per trovare le soluzioni “giuste”, quelle in grado di non stravolgere gli assetti attuali (e quindi più economiche) e di consentire la coesistenza “pacifi ca” tra esigenze funzionali differenziate. • Quinto: lo sviluppo del porto passa anche dalla ne-cessità di dover affrontare, unitamente alle esigenze di messa in sicurezza e di delocalizzazione delle attività industriali presenti nelle aree coinvolte dall’evento allu-

In alto a sinistra, la banchina “Bengasi” del Porto di Vibo Marina.Sopra, la nave da crociera “Paloma I”.

Non si è perso nel vento e tra le acque blu pro-fonde il roco richiamo del vecchio e potente rimorchiatore Strenuus. Il porto ha cominciato a risvegliarsi dal lun-

go torpore durato anni. La tabella di marcia - imposta inizialmente in tandem da Capitaneria di Porto di Vibo Marina e Camera di Commercio e poi in gruppo con Comune, Provincia, Re-gione, Consorzio Industriale e con referenti come Genio Opere Marittime, Anas, Rete Ferroviaria Italiana (Rfi ), Asl e Dogane - ha impresso in questi ultimi mesi una notevole accelerazione al processo di concertazione isti-tuzionale volto a defi nire un piano operativo immediato per il rilancio del porto di Vibo Marina. 17 ottobre, 23 novembre, 12, 14 e 19 dicembre 2006 ed, ancora, 4, 8, 10, 13 e 16 gennaio 2007 sono le date che hanno scan-dito il nuovo percorso di una programmazione dal bas-so concreta ed effi cace che ha portato a concordare il 1°

di Maurizio Caruso Frezza

Capitaneria e Camera di Commerciohanno impresso una forte accelerazione

al piano di rilancio e valorizzazionedello scalo marittimo di Vibo Marina.

febbraio scorso, nella conferenza di servizi clou, l’avvio uffi ciale dei lavori per l’aggiornamento del piano rego-latore portuale. E questa volta il processo si è portato in dote non più vaghe teorie o impegni ipotetici, ma idee chiare e una selezione ragionata e precisa di cosa si deve e si può fare. Le tappe per arrivare a questo risultato hanno esaltato l’elemento concertativo, con i diversi attori istituzionali impegnati a promuovere ed ospitare i vari incontri pro-grammatici che si sono succeduti, passando per Capita-neria di Porto e Camera di Commercio, Comune e Pro-vincia, Consorzio Industriale e imprese che operano e vivono nel porto, ascoltate direttamente per registrarne bisogni e aspettative. Ogni soggetto coinvolto ha con-tribuito ad arricchire il confronto, che è stato continuo, spontaneo ma non programmato. E questo è stato posi-tivo, perché ognuno ha apportato il suo contributo e il suo punto di vista. E perché ognuno si è sentito parteci-

PORTOAvanti tuttaverso il nuovo

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È suggestivo pensare che il mare della costa tir-renica vibonese che oggi tanto attira il turista, abbia svolto, in passato, un ruolo ben diverso ed importantissimo nella vita degli indigeni e

degli stessi Greci, che per suo tramite, intorno al VII sec a. C., sbarcarono in questi luoghi, spinti dall’oracolo divino. L’itinerario marittimo da Pizzo a Tropea, è quello che più si avvicina allo spirito ed alla mentalità Greca del viaggio, che veniva effettuato non per divertimento, ma per intima necessità.Ed eccoli i primi greci che ormeggiano le loro navicelle agli innumerevoli approdi presenti lungo questa co-sta; approdi che presto adattano alle esigenze dei loro traffi ci e delle comunicazioni; e che successivamente i Romani attrezzeranno di moli e solide strutture anche monumentali. Certamente non sognava il Lenormant, quando nel suo viaggio, al vecchio ed abbandonato Castello di Bivo-na, vide sotto l’acqua gli avanzi del porto di Valentia: considerevoli resti dei moli esterni e dei grossi piloni quadrati di costruzione romana, disposti a distanze re-golari. La tradizione tramanda che l’arcata di mezzo, più larga delle altre, era costruita in marmo e portava

scolpita la statua di Nettuno. Nonostante il trascorrere del tempo, ai giorni nostri, archeologi e geologi, hanno ritrovato proprio a Trainiti quelli che sembrano essere i ruderi del porto, visitato dal Lenormant alla fi ne del secolo scorso. Ma vedere i moli antichi del porto di Valentia è con-sentito anche al bagnante intraprendente e al sub non troppo esperto, dato che i manufatti sono a pochi metri dalla riva e a solo 4-8 metri di profondita’. Si tratta di un porto molto ampio, compreso tra il pro-montorio di S. Nicola, allora proteso più avanti nel mare, e Trainati; in quest’ ultima località ed alla Punta Buccarelli, sono stati rinvenuti due antemurali: quel-lo maggiore, partendo dalla foce del Trainiti si spin-ge nel mare per circa 350 metri e si presenta come una sovrapposizione di ciottoli e grandi massi squadrati, che nel tratto iniziale, più vicino a terra, mostra due bracci distanti tra loro circa 10 metri; strutture queste che confl uiscono in un unico elemento la cui larghezza varia da un minimo di 40 ad un massimo di 70 metri L’antemurale minore è ubicato in corrispondenza di Punta Buccarelli, ha direzione nord-est ed è anch’esso costituito da massi e ciottoli di dimensioni diverse; è in pessimo stato di conservazione poiché rimane solo il

di Maria Teresa Iannelli

La costa vibonese custodisce sui propri fondali i resti di attracchi antichissimi. Il portodi Valentia costituiva l’unica possibilità di riparo lungo la costa tirrenica a sud di Napoli.

GRECIapprodavano qui

e ROMANIUn porto dalle grandi potenzialità che può vivere di vita autonoma a condizione, però, che si proceda a una riorganizzazione razionale degli spazi e delle at-tività che in esso si svolgono. La Capitaneria di Porto ha deciso di affrontare subito questo problema. Lo ha fatto prima verifi cando spessore e problematiche de-gli operatori e poi radunando intorno al tavolo della conferenza di servizi i vari e diversi soggetti pubblici e privati con i quali disegnare una nuova strategia di svi-luppo per lo scalo marittimo di Vibo Valentia Marina. Primo risultato di questa strategia è aver portato tutti a convincersi che per il rilancio del porto è fondamentale risolvere il problema della risacca che rende inutiliz-zabile le banchine interne e crea serie diffi coltà nella gestione permanente del naviglio in stazionamento. Allungare il molo di soprafl utto è l’intervento-solu-zione necessario e oggi non più differibile. Una volta realizzata questa opera, infatti, sarà possibile ampliare le possibilità offerte: dalla pesca alle attività mercanti-li, dalla valorizzazione del settore nautico-turistico al-l’utilizzo del porto per le attività istituzionali. Altra priorità individuata dalla Capitaneria di Porto e condivisa dai partner di questa intensa collaborazione, è costituita dal miglioramento della viabilità per l’ac-cesso allo scalo marittimo, intervento da considerarsi essenziale per lo sviluppo commerciale. Altrettanto importante, infi ne, viene considerato il potenziamento dei servizi alle banchine: incremento ed ampliamento dei trasporti commerciali attuali, collegamenti veloci ro-ro e traffi co crocieristico sono i punti sui quali at-tivarsi sin da subito. «La realizzazione di questi pro-grammi - ha sottolineato recentemente il Comandante della Capitaneria, Domenico Napoli (al centro nella foto, durante la conferenza dei servizi) - consentirebbe di creare le condizioni utili allo sviluppo economico e commerciale del porto di Vibo e, giocoforza, dell’indot-to legato alla sua attività».

vionale del 3 luglio 2006, i nodi dei depositi petroliferi e delle aree dismesse ed urbane irregolari. Una situazione che impone la ricerca di soluzioni per il recupero del “valore economico e sociale della città”. Il problema qui è serio ma i nuovi ragionamenti avviati per lo svilup-po del porto potrebbero introdurre elementi nuovi in grado di favorire la rimodulazione delle problematiche ambientali, urbanistiche ed economico-sociali del retro-porto urbanizzato. Su tutti questi punti la discussione è andata avanti. Il confronto pure e alla fi ne è stata assicu-rata la convergenza delle diverse parti.Oggi alla Camera di Commercio il rilancio del porto è un obiettivo messo nitidamente a fuoco (non a caso rientra nelle linee stategiche prioritarie del programma di attività 2007), e così pure alla Provincia (porto inseri-to tra le infrastrutture di trasporto prioritarie), e al Con-sorzio Nucleo Industriale (la crescita dello scalo marit-timo esprimerebbe conseguenze estremamente positive anche per l’area industriale di Portosalvo), al Comune (il Piano Strutturale Comunale contempla tra le priori-tà l’integrazione della città con il porto), alla Rfi (porto uguale nuova prospettiva per linee ferroviarie e stazioni dismesse), alla Regione (impiego effi ciente e redditivo delle risorse regionali), a Vibo Sviluppo (il porto per la crescita del settore turistico).Ma è soprattutto alla Capitaneria di Porto che è più alta la mobilitazione su questo ambizioso progetto di riqua-lifi cazione e rilancio dello scalo marittimo (vedi riqua-dro a fi anco).E così all’entusiasmo generale di “prima scoperta” che avevamo rilevato nel mese di febbraio 2006 (con i richia-mi fondamentali della Camera di Commercio e della Consulta economica portuale di Santa Venere), oggi si è aggiunto anche l’entusiasmo di quanti si rendono conto che la rinascita del porto è possibile.È vero, sono passati tre anni e mezzo da quando in questa provincia si è ricominciato, nel luglio del 2003, a parlare diffusamente ed ampiamente dello scalo di Vibo Marina. Non aver mollato, continuando a visua-lizzare gli effetti benefi ci che il rilancio del porto avreb-be sull’intera economia provinciale, comincia a dare i primi frutti, nella certezza che la vocazione ultramille-naria del porto di Vibo Marina, se assecondata, non ci tradirà.

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Nell’antichità, l’attuale golfo lamentino, denominato anche hipponiate, era particolarmente rinomato anche per la quantità e l’alta qualità del tonno che vi si pesca-va, come testimoniano gli scrittori antichi Atheneo ed Aeliano. Lo studio e la ricerca archeologica su questo tratto di costa, hanno individuato due “tonnare” romane, di cui una alla Rocchetta di Briatico meno conservata, l’altra, in località S. Irene, molto monumentale e quasi intatta per la maggior parte.A Sant’Irene, in età romana, la pesca e la lavorazione del tonno si svolgeva secondo le modalità riferite dallo scrittore antico Columella, che, in un capitolo della sua opera, il De re rustica, descrive la pesca e la costruzione degli stabilimenti per la lavorazione del pesce. Dal pro-montorio di S. Irene, dove ora sono i resti di una torre quattrocentesca, il tonno veniva avvistato; e, mediante le barche ed un sapiente sistema di reti, opportunamen-te posizionate, il pesce che non era ucciso, veniva fatto entrare in un sistema di vasche, costruite sullo scoglio a mare e comunicanti, forse con un sistema di ponteggi di legno, con quelle costruite sulla spiaggia; qui, il pesce veniva conservato sotto sale; infi ne, in salsa (garum), o in pezzi salati, veniva stivato in contenitori di argilla (anfore), e trasportato e commerciato in varie località, attraverso imbarcazioni che dai porticcioli delle tonna-re, arrivavano e venivano smistate nel vicino porto di Hipponion- Valentia. Del resto, la tradizione delle tonnare è rimasta viva su costa dove, fi n dal ‘600, sono sorte diverse tonna-re (fabbriche per la pesca e la lavorazione del tonno), documentate da atti d’ archivio (Bivona, Pizzo tonnara grande e piccola o “ delli Gurni, Briatico tonnara “delli Bracci” o “della Rocchetta”, S.Venere) delle quali, alcu-ne sono state demolite; per fortuna, quella di Bivona è ben conservata e visitabile. Tuttora a Pizzo e Maiera-to sono attive due moderne fabbriche di produzione del tonno qui vengono lavorate le uova di tonno con la stessa procedura usata in antico; il prodotto, molto ricercato sul mercato, è chiamato con espressione dia-lettale “vatarico” che è chiaramente mediato dal greco taryxos, termine usato per indicare la salsa prodotta con le interiora delle sgombro.

fondale e le sue parti mostrano un’estrema dispersione di materiali. Le fonti classiche tramandano che Agato-cle, intorno al III secolo a. C. aveva risistemato il por-to di Hipponion, che poi, al tempo della guerre civili, (I secolo a. C.), fu base di Cesare e Ottaviano, contro Pompeo. Secondo notizie fornite dagli scrittori locali e i dati d’archivio, di recente oggetto di studio da parte di Antonio Montesanti, il porto di hipponion-Valentia era ancora attivo nel Medioevo e nel Rinascimento; in se-guito venne distrutto per ordine dei Pontefi ci romani, per evitare che diventasse ricovero dei “barbari”.Verso l’interno il porto è limitato da un vecchio sistema di dune, sul quale, in età romana erano state costruite alcune ville, di cui una è stata in parte indagata al Ca-stello di Bivona; qui sono visibili alcune strutture e un molo connesso al porto di Valentia; i manufatti rinve-nuti, rappresentano la sistemazione, in età romana, di un’insenatura naturale già usata, come approdo, in età greca. In effetti il ruolo del porto è fondamentale sia per l’età greca che per quella romana, così come, per tutto il territorio in esame, esso diventa veicolo per il commercio e determina il fi orire di vasti complessi in-sediativi che specializzano e differenziano la loro pro-duttività anche in funzione dell’esportazione a breve e forse anche a più ampio raggio. Val la pena di ricordare che il porto di Valentia costituisce l’unica possibilità di approdo lungo la costa tirrenica a sud di Napoli, qua-

si tappa obbligata per le comunicazioni con la Sicilia. D’altra parte, non si deve dimenticare che la città di Valentia, cui si aggiunge il nome italicizzato di Vibona, ubicata com’è lungo le maggiori direttrici viarie, coa-gula e smista i prodotti locali anche per via terrestre e diventa il polo di riferimento economico e politico per tutto il territorio. A questo proposito grande impulso avrà il municipium ed il suo territorio, dalla costruzione della via Annia Popilia che assicurava il collegamento tra Roma e la Sicilia passando per il Bruzio. Negli itineraria romani, la città di Valentia è indicata come statio, cioè stazione di posta, dove ci si fermava a fare riposare cavalli e viaggiatori; essa viene defi ni-ta con vari nomi e con qualche divergenza di distanze. La conferma archeologica che la via Popilia passava per Vibo Valentia è costituita dal miliario romano rinvenuto nel 1952, in modo fortuito, a S. Onofrio, nelle vicinanze dell’attuale centro, ora esposto al Museo Archeologico “Vito Capialbi” di Vibo Valentia.Secondo la ricostruzione topografi ca che fa G. Giviglia-no, la via si snoda dal fi ume Angitola, attraverso l’attua-le Piana degli Scrisi in comune di Maierato, e penetra nella città di Valentia tramite la porta nord, quindi la attraversa, secondo un percorso al momento non preci-sabile, e giunge fi no al limite Sud-Ovest, dove si dirige verso l’attuale Gioia Tauro. Sempre in età romana e già a partire dal II sec. a. C., epoca di fondazione della colo-nia romana di Valentia che come abbiamo visto prima, nell’89 a.C. diventa municipium, su questa costa si dif-fonde il tipico insediamento in villa; si tratta di comples-si rurali che molto spesso sorgono su speroni rocciosi costieri, protesi sul mare, ma talvolta, sono ubicati al-l’interno o sulla mezza costa, o anch’essi, su vasti pia-nori, tanto diffusi in questo territorio, da costituirne la principale caratteristica ed attrazione. In età imperiale, le ville, grazie alla presenza del mare e alla notevole bel-lezza naturale della zona, evolvono anche in senso re-sidenziale, connettendo insieme, esigenze economiche e paesaggistiche. La costruzione di questi insediamenti era senz’altro fi nalizzata allo sfruttamento di un entro-terra fertilissimo, di un’ottima posizione panoramica e di un’attività di esportazione collegata con il vicino por-to di Valentia.

A pag. 21, le vestigia sommerse del porto antico di Valentia.In alto, la costa di Pizzo Calabro.A destra, un tratto della costa vibonese in prossimità di Capo Vaticano.

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lettività che ha il diritto di conoscere atti e situazioni di cui essa stessa è destinataria e rispetto a ai quali deve adeguare il proprio comportamento. E in un contesto di pluralismo istituzionale l’informazione e la comunica-zione pubblica diventano modalità di partecipazione e condivisione, che poi risultano essere anche la mission che il presidente Lico ha dichiarato propria della rivista camerale e con la quale, la Camera di Commercio di Vibo Valentia associa, dunque, e in modo pregevole, il diritto/dovere di informare al compito istituzionale di promuo-vere il territorio. E lo fa con un prodotto editoriale dai contenuti interessanti e piacevoli. Lìmen è una di quelle riviste che contrariamente a tante altre non si sfoglia fret-tolosamente ma si ha il piacere di leggere e conservare. Un raro esempio, soprattutto in Calabria, di prodotto istituzionale ben costruito in ragione degli obiettivi pre-fi ssati. Si può con certezza defi nire una rivista con anima, che ha in sé e trasmette positive sensazioni».MARIO CALIGIURI, esperto in Comunicazione «Lìmen rappresenta uno strumento importante per il territorio vibonese ed è un segno di cambiamento reale, perché ha giusti contenuti. Pertinente la scelta del nome che tanto dal latino “soglia” quanto nel greco “porto” in-duce a pensare a dinamismi che hanno punti di partenza e anche di arrivo. Di questo bisogna dare atto e merito alla Camera di Commercio di Vibo Valentia, al suo presi-dente Michele Lico che, nel realizzare il progetto, facendo leva su risorse interne, è stato concreto e lungimirante. La comunicazione deve accompagnare ogni progettuali-tà, tanto più quella delle istituzioni pubbliche che hanno il dovere di rendere noti programmi e azioni. E Lìmen va in questa direzione. Anzi va oltre proiettando l’immagi-ne di un territorio vivo e attivo, per come effettivamente è. E la percezione di un territorio, della sua immagine, è sicuramente elemento non secondario nei processi di svi-luppo economico. Certo l’immagine da sola non basta, non serve se non rappresenta coerenza di contenuti e di risorse, che qui, in questo territorio esistono; la strategia è ampliare i punti di forza rispetto a quelli già esistenti. Turismo, cultura, beni culturali, arte, tradizioni, gastro-nomia, ambiente, in altre parole il “buon vivere” che ci appartiene: è questo quello che dobbiamo valorizzare e comunicare. Per la provincia di Vibo Valentia costituisco-no preziose risorse, così come risorsa è il Porto di Vibo

Marina che il presidente Lico ha giustamente defi nito struttura strategica da potenziare e rilanciare. In tutto questo l’informazione e la comunicazione sono determi-nanti, devono diventare strategia. Una potenzialità spes-so e generalmente sottodimensionata; un problema com-plessivo, non esclusivamente della Calabria che è solo il vagone di un treno che va a rilento.La rivista della Camera di Commercio di Vibo Valentia, può rappresentare, quindi, un punto d’incontro e utile strumento di tutte realtà positive e propositive del ter-ritorio. In quanto, poi, alle politiche di sviluppo, il con-cetto chiave è: pensare locale e agire globale. I nostri prodotti, le nostre risorse devono inserirsi e integrarsi in sistemi a carattere complessivo facendo rete a più livelli. È ora di ribaltare la tendenza dei media di indugiare su di noi solo per questioni non sempre esaltanti, che tra l’altro sono comuni ad altre realtà, e mostrare, invece, quanto di positivo, propositivo e costruttivo abbiamo e riusciamo ad esprimere. Stabiliamo una cosa: questo si può fare e si deve fare. E, mi pare, che il presidente Lico, questo percorso, non solo lo abbia chiaramente in mente, ma lo abbia già intrapreso in modo preciso».FRANCO SAMMARCO, Sindaco di Vibo Valentia«Do il benvenuto a Lìmen in un territorio orgoglioso di essere rappresentato da una rivista di tale caratura. Co-lori luminosi e bellissime foto che sono rappresentazione dei nostri luoghi, della nostra identità; testi interessanti e ben calibrati, impaginazione gradevole, tutti elementi esemplifi cativi delle capacità e delle raffi natezze che il nostro territorio sa esprimere. Economia, arte e cultura sono sapientemente considerate in un sistema di rete, un modalità che dobbiamo percorrere con capacità, sagacia e impegno. Condivido l’importanza di fare rete, come propone la Camera di Commercio anche con questa ri-vista, perchè è l’unica strada percorribile oggi per azioni credibili ed effi caci volte a valorizzare le risorse esisten-ti individuando priorità e strumenti fi nanziari. Con il presidente Lico abbiamo già avanzato proposte comu-ni e condivise, per esempio per dare identità al porto di Vibo Marina, rilanciando servizi commerciali e turistici di qualità. Per tutto questo il mio plauso a Lìmen e l’au-gurio di poter continuare a comunicare, come ha fatto in questo numero, un territorio che è realisticamente operoso, positivo e propositivo».

LÌMENdi Rosanna De Lorenzo

Ecco

Il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria Giusppe Soluri e il docente universitario Mario Caligiuri hanno tenuto a battesimo la nostra rivista con interessanti interventi sulla comunicazione

Debutto uffi ciale per Lìmen – Economia Arte Cultura, rivista bimestrale della Camera di Commercio di Vibo Valentia, sabato 16 di-cembre scorso presso la Sala Riunioni del-

l’Ente camerale, con gli autorevoli interventi di Giuseppe Soluri - presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Ca-labria - e di Mario Caligiuri, esperto in comunicazione, docente all’Università La Sapienza di Roma e all’Unical di Cosenza. «Lìmen è una rivista con anima che ha in sé e riesce a trasmettere positive sensazioni Una Rivista che, contrariamente a tante altre, non si sfoglia frettolosa-mente ma si ha il piacere di leggere e conservare», questo il giudizio di Giuseppe Soluri. E da Mario Caligiuri la consacrazione del messaggio sintetizzato nella testata: «Pertinente la scelta del nome Lìmen che tanto nell’acce-zione latina “soglia” quanto dal greco “porto”, induce a pensare a continui dinamismi».«Per noi è un progetto entusuiasmante», sostiene Mi-chele Lico, presidente dell’Ente Camerale, consapevole di come sia stata accolta e condivisa la sua idea di una rivista istituzionale «autorevole e ricca nei contenuti, di-namica e accattivante nella grafi ca, che potesse diventare effettivamente strumento per comunicare l’Ente e valido contributo per determinare condizioni di competitività, sviluppo e benessere del territorio vibonese in una logica di partecipazione e condivisione». «A questi criteri sono stati improntati testi, aspetti grafi ci

e cromatici - precisa il direttore responsabile Enrico De Giorolamo - per veicolare appunto all’esterno, in modo interessante, l’attività e gli obiettivi programmatici del-l’Ente, stimolando un ampio confronto sui temi cruciali dello sviluppo locale». Questo si è inteso fare con gli argomenti proposti nel pri-mo numero: il Porto di Vibo Marina, il nuovo logo della Camera di Commercio, l’anagrafe imprese, i prodotti ti-pici, il Comitato Imprenditoria Femminile, il nuovo POR, i progetti di sviluppo, le eccellenze, la storia, la cultura, l’ambiente, l’arte di Enotrio; lo si è voluto fare anche par-lando dell’alluvione del 3 luglio scorso, per rappresenta-re quel che è stato e come si sta operando per superare l’emergenza, e con le pagine riservate all’Amministra-zione Provinciale e alla Vibo Sviluppo S.p.A., ringraziate dal presidente Lico per il loro importante contributo.GIUSEPPE SOLURI, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria«Lìmen è nel suo genere una rivista assolutamente ori-ginale, nel senso che raramente le istituzioni si dotano di strumenti di informazione e comunicazione così mo-derni ed accattivanti. Per la funzione che mi è propria, di rappresentare la categoria dei giornalisti calabresi, non posso, dunque, che esprimere soddisfazione tanto più ricordando che l’informazione e la comunicazione pub-blica non solo rispondono all’esigenza dell’Ente di de-fi nire una precisa immagine di credibilità e affi dabilità dando conto ai cittadini/utenti di progettualità e offerte di servizi ma costituiscono per lo stesso Ente un preci-so dovere, anche di trasparenza nei confronti della col-

Sopra, un momento della presentazione di Lìmen, da destra Giuseppe So-luri, Mario Caligiuri, Michele Lico, Enrico De Girolamo e Franco Sammarco.

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Il documento è snello e sintetico, ma esaustivo delle scelte compiute nell’arco temporale di riferimento. Usa un linguaggio comunicativo estremamente effi ca-ce, di impatto per la scelta dei supporti fi gurativi che catturano l’attenzione visiva, e fruibile non solo al ri-stretto pubblico degli addetti ai lavori, per la leggerezza e semplicità dei contenuti testuali.Un Bilancio Sociale che mette in evidenza gli obiettivi raggiunti dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia nel corso del biennio 2004/2005. Obiettivi meritevoli di comunicazione, quali il miglio-ramento della qualità dei servizi amministrativi, l’incre-mento dei livelli di effi cienza e tempestività nella loro erogazione, il potenziamento del ruolo dell’Ente nei di-versi avvenimenti che regolano il mercato e stimolano la crescita del tessuto imprenditoriale della provincia. Il piano strategico della Camera di Commercio di Vibo Valentia, le cui linee fondamentali sono declinate nei documenti programmatici annuali e pluriennali, preve-de interventi fi nalizzati alla crescita del sistema socio-economico ed al miglioramento dei livelli di effi cacia ed effi cienza dell’organizzazione interna.Il rinnovo degli organi direttivi, avvenuto nel corso del 2005, ha dato nuovo impulso al processo di program-mazione dell’Ente, individuando un piano d’azione coerente con i mutamenti intervenuti nel contesto di ri-ferimento.Le strategie individuate possono essere così sintetiz-zate:• migliorare la qualità dei servizi amministrativi, sem-plifi cando e velocizzando l’erogazione degli stessi;• potenziare il ruolo di ente regolatore del mercato, me-diante la diffusione dei procedimenti di giustizia alter-nativa, il miglioramento della trasparenza del mercato e la tutela del consumatore;• consolidare la competitività del territorio e del sistema produttivo, promuovendo azioni di marketing territo-riale e valorizzando, in particolare, i settori del turismo, dell’artigianato e dell’agroalimentare;• supportare la penetrazione delle imprese locali sui mercati esteri, mettendo a disposizione strutture in gra-do di garantire assistenza e informazione;• favorire l’orientamento al lavoro, sviluppando il rac-

cordo tra il mondo della formazione ed il tessuto im-prenditoriale; • promuovere la diffusione della cultura d’impresa, supportando le nuove iniziative imprenditoriali;• incrementare il livello degli investimenti delle Pmi, facilitandone l’accesso al credito; • promuovere l’innovazione ed il trasferimento tecnolo-gico, attraverso il monitoraggio dei fabbisogni tecnolo-gici delle imprese e l’offerta di servizi informativi;• migliorare l’effi cienza dell’organizzazione camerale, mediante l’adeguamento e la modernizzazione della struttura e la valorizzazione del personale; • rafforzare la centralità dell’utenza, attraverso la co-struzione di relazioni di fi ducia ed il miglioramento del-le attività di comunicazione da parte dell’Ente.In linea con l’evoluzione economica e istituzionale del-l’ultimo decennio, la Camera di Commercio di Vibo Va-lentia ha aggiornato costantemente i propri servizi e la propria struttura operativa per meglio rispondere alle istanze del proprio territorio. In particolar modo, l’Ente camerale si è fatto interpre-te delle necessità del tessuto imprenditoriale della pro-vincia, fondando la propria gestione su un sistema ben defi nito di valori, che sono stati recepiti anche nello Sta-tuto:• l’effi cienza, l’effi cacia e l’economicità dell’azione am-ministrativa, che spingono al miglioramento costante delle prestazioni da parte dell’Ente;• la trasparenza, in relazione alle procedure ammini-strative ed alla comunicazione, sia interna che esterna;• l’imparzialità, garantendo le medesime condizioni di

COMUNICAdi Raffaella GigliottiCamera

Camera

Si chiamano “stakeholder” - portatori di interes-si - i destinatari del Bilancio Sociale che, per la prima volta, la Camera di Commercio di Vibo Valentia ha realizzato, con riferimento al bien-

nio 2004/2005, quale risposta concreta al dovere etico di rendere conto a tutti i suoi interlocutori del proprio operato. Ogni decisione maturata, ogni impegno assunto, ogni iniziativa intrapresa dalla Camera di Commercio si sviluppa nelle relazioni intessute dall’Ente con i suoi

Pubblicato il primo bilancio sociale relativo al biennio 2004/2005

stakeholder (imprese, istituzioni, associazioni di cate-goria, risorse umane interne, fornitori, destinatari di servizi).Il Bilancio Sociale è uno strumento di rendicontazione delle attività svolte, moderno, puntuale, trasparente. Missione, strategie perseguite, valori etici di riferimen-to: comunicati.Valore, competenze, prodotto dell’azione amministrati-va – elementi fondamentali per la vita dell’Ente: ester-nati.

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tecniche, i principi di redazione e le prassi professionali più evolute. È articolato in tre parti, seguendo le racco-mandazioni delle metodologie prevalenti in letteratura.La prima parte è dedicata all’identità della Camera e descrive la missione, i valori, le strategie, la struttura organizzativa e fornisce un quadro del contesto socio-economico della provincia. Nella seconda parte (relazione sociale) vengono indivi-duate le principali categorie di stakeholder e illustrate le attività, i servizi e i progetti realizzati dall’Ente in termi-ni di effi cacia e di ricaduta sociale.La terza e ultima parte riguarda il Rendiconto Economi-co, che descrive la ricchezza prodotta e le modalità di distribuzione agli interlocutori sociali.Dal Bilancio Sociale la Camera di Commercio di Vibo Valentia vuol fare emergere “cosa si fa”, “come si fa” e, soprattutto “per chi si fa”.Come l’impresa risponde ai propri soci, così la Pubblica Amministrazione risponde alla società, che si traduce nel proprio “azionista” di riferimento.In tal senso si esplicita l’analogia tra impresa privata ed ente pubblico sotto il profi lo della responsabilità sociale e si chiarisce perché anche il soggetto pubblico presenti il Bilancio Sociale.La Camera di Commercio di Vibo Valentia ha dimo-strato una peculiare lungimiranza nell’adottare questa politica di comunicazione ed è stata tra le poche Pub-bliche Amministrazioni in Calabria a confrontarsi con l’opinione pubblica.Non va tralasciato, inoltre, che l’intero lavoro è stato pro-dotto da un Gruppo di funzionari interni alla struttura, con l’assistenza tecnica di Retecamere; un lavoro, che ha reso possibile candidare la Camera di Commercio di Vibo Valentia all’ambìto premio “Oscar di Bilancio” per la categoria Organizzazioni Centrali e Territoriali delle Amministrazioni Pubbliche, ricevendo il plauso della Giuria.Scrive Gherarda Guastalla Lucchini (Segretario Genera-le del premio) nell’inviare alla Camera di Commercio di Vibo Valentia l’attestato di partecipazione: «Deside-ro esprimere il nostro vivo apprezzamento per il livello qualitativo del Bilancio da voi presentato. Partecipare all’Oscar di Bilancio è di per sé indice di qualità della

comunicazione e nelle relazioni con gli infl uenti». Con il Bilancio Sociale, dunque, la Camera di Commer-cio di Vibo Valentia “si racconta”, ma soprattutto, “si confronta”. La realizzazione del Bilancio Sociale vuol essere, infatti, anche una verifi ca della gestione e dell’organizzazione dell’Ente, affi nché possa rendersi sempre più capace di corrispondere alle aspettative del sistema imprendito-riale locale, del quale è il punto di riferimento istituzio-nale. Così è stato pensato per dare slancio allo scambio dia-lettico ed alle valutazioni sull’operato dell’Ente, per me-glio addivenire alla defi nizione di obiettivi di migliora-mento sempre più condivisibili.

accesso ai servizi alle imprese ed agli utenti in generale;• la libera iniziativa economica, la libera concorrenza, l’autoregolamentazione del mercato, la tutela e la digni-tà del lavoro, al fi ne di garantire un’economia aperta che assicuri pari opportunità per lo sviluppo della persona nell’impresa e nel lavoro.A tali valori si affi ancano alcuni principi derivanti da prassi e comportamenti consolidati negli anni, con i quali la Camera di Commercio risponde alle specifi che aspettative del sistema economico. In particolare, tali principi riguardano:• la “centralità” dell’utenza, per adeguare i servizi ero-gati alle effettive esigenze delle imprese e degli altri sog-getti che si rivolgono agli uffi ci camerali;

• l’orientamento all’innovazione, volto all’adeguamen-to costante dei modelli di gestione dell’organizzazione, di erogazione dei servizi e della dotazione tecnologica; • la capacità di operare in rete, che ispira la realizzazio-ne di iniziative concertate e volte a promuovere l’inter-scambio di competenze e risorse.Ma il Bilancio Sociale non è solo un documento di de-scrizione dei programmi, delle strategie e dei valori espressi dall’Ente.Esso si traduce anche in uno strumento di analisi, poiché offre un resoconto completo dei progetti, delle attività realizzate, delle risorse allocate e delle ricadute sociali prodotte sul territorio e verso gli stakeholder.Il documento è stato realizzato applicando le migliori

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tra questi ultimi Pippo Franco, Valeria Marini, Barbara Chiappini e Maurizio Mattioli. Alla serata di premiazio-ne è intervenuto il presidente della Camera di Commer-cio di Vibo Valentia Michele Lico che ha voluto, anche in questa occasione, testimoniare la costante vicinanza e partecipazione dell’Ente camerale al comparto im-prenditoriale vibonese. Michele Lico, poi, insieme a Va-leria Marini ha consegnato il primo premio di categoria all’Hotel Porto Pirgos alla direttrice Caterina Messina. Il “Premio Ospitalità Italiana” è un’attestazione di alta qualità. Alla rosa delle strutture turistiche vincitrici si arriva attraverso un percorso di preventive verifi che ba-sate su rigorosi criteri selettivi. Dal primo luglio al 31 agosto i clienti delle strutture italiane certifi cate con il “Marchio di qualità” hanno votato, appunto, la quali-tà del servizio ricevuto dalla struttura ospitante, asse-gnando un punteggio da 1 a 10, a seconda del livello di soddisfazione complessivamente raggiunto al termine della permanenza. Per la votazione previsti SMS, in-ternet o l’apposito numero verde. L’Isnart ha poi con-tabilizzato le preferenze ricevute da ciascuna struttu-ra, selezionando quelle con maggior numero di voti e quindi con punteggio più alto. Questo ha portato per ciascuna categoria – Alberghi: da 5 a 2 stelle; Ristoranti: gourmet, tipico regionale, internazionale, classico italia-no, pizzeria, Agriturismo di qualità - alla selezione del-le tre strutture più votate e quindi all’assegnazione del Premio Nazionale Ospitalità Italiana. La scelta della Ca-mera di Commercio di Vibo Valentia di aderire al pro-getto dell’Isnart promuovendo il Marchio di Qualità nel settore Turistico muove da un obiettivo ben preciso che è quello di assicurare al territorio competitività attraver-so l’emersione delle sue eccellenze, in un settore poi in cui l’accoglienza assume valenza poliedrica ed il gradimento è fattore in-dubbio di successo e di af-fezione. Il Marchio di qua-lità suggella il rigore nella valutazione e nella scelta degli operatori economici e delle strutture ricettive con caratteristiche confor-

mi ai criteri della professionalità e dell’affi dabilità, con la duplice funzione di conferire credibilità e visibilità a quanti concepiscono professionalmente l’attività turisti-ca e al contempo diventa garanzia per l’utente all’atto della selezione di luoghi e strutture per un periodo di vacanza all’insegna della soddisfazione delle proprie aspettative. Già da diversi anni il sistema camerale si è attivato per moltiplicare le iniziative dei Marchi di Qualità con il coinvolgimento trasversale delle impre-se dei vari comparti produttivi, dall’agroalimentare, al commercio, all’attività ricettiva e turistica in generale. Il Marchio di Qualità nel settore turistico, stante la spe-cifi ca vocazione del nostro territorio, morfologicamente comprensivo di mare, monti e colline (le Serre Calabre con annesso Parco), oasi naturalistiche (Lago Angitola), altopiani (Monte Poro) con le tipicità ad ogni zona con-nesse, diventa elemento fortemente indicativo di elevati standard competitivi che tutela il turista proiettando un territorio contemporaneo e quindi capace di modulare la propria offerta ad una domanda sempre più puntuale ed esigente in termini di servizi turistici. Il Marchio di qualità così inteso vuol essere anche stimolo e incentivo per una sana concorrenzialità nel sistema turistico lo-cale per uno spirito autopropulsivo verso criteri di alta qualità sempre più diffusi e omogenei su tutto il terri-torio provinciale. La Camera di Commercio con il Mar-chio di qualità delle imprese alberghiere, dei ristoranti, degli agriturismi e dei Bed & Breakfast della provincia di Vibo Valentia lancia questa sfi da nell’ambito di una politica di fi liera e di un’offerta turistica integrata.Ciò perchè la nostra terra possa essere vissuta per come e per quanto è capace di esprimere e perchè le bellezze naturali e paesaggistiche, storiche ed artistiche possano

lasciare segno indelebile nella memoria del visita-tore tanto quanto servizi turistici impeccabili e con-formati alla più gradita ospitalità.

Un momento della premiazione per il settore della ristorazione:primo a sinistra, l’imprenditore Salvatore Caliò di Tato’s.

QUALITÀQuando la

di Rosanna De Lorenzofa la differenza

“Premio Nazionale Ospitalità Italiana”, quando l’ospitalità premia e la quali-tà fa la differenza. In questo slogan si può riassumere l’iniziativa promossa

dall’ISNART (Istituto Nazionale di Ricerche Turistiche), in partenariato con le Camere di Commercio, coinvol-te e impegnate nella fase propedeutica e preselettiva di attribuzione del “Marchio di Qualità” alle strutture turistiche che si sono contraddistinte per l’adozione di elevati standard di qualità nell’erogazione dei servizi.Il Premio Ospitalità Italiana edizione 2006, celebrato a Bari lo scorso novembre, ha visto protagoniste, tra le dieci strutture decretate vincitrici da un’apposita Com-missione Nazionale di esperti, tre imprese turistiche vi-bonesi, certifi cate così al top per la qualità dei servizi offerti e per il gradimento dei clienti. Il primo posto nella categoria “Hotel 5 stelle” è stato ri-conosciuto all’Hotel Porto Pirgos di Parghelia, premiati poi Tato’s di Vibo Marina e San Pietro di San Calogero per la categoria ristorante-pizzeria.Un primato esaltante per il nostro sistema turistico che in termini di accoglienza dà prova di professionalità e affi dabilità, adeguandosi a sempre più elevati standard di qualità. La nostra provincia, poi, registra un alto tasso

di strutture a cinque stelle, rafforzando questa tenden-za. Il criterio della qualità nell’offerta dei servizi e dei prodotti turistici è indubbiamente un fattore di com-petitività, irrinunciabile quale garanzia per l’utente ed elemento di attrattività per un territorio capace di mo-dulare la propria offerta ad una domanda sempre più puntuale ed esigente. Nell’ambito del progetto che la Camera di Commercio di Vibo Valentia ha condiviso e sostenuto, l’attribuzione del Premio Nazionale “Ospita-lità Italiana 2006” alle tre strutture della nostra provin-cia, non può che essere motivo di soddisfazione anche per l’ente camerale che fa della qualità fulcro della sua politica istituzionale. Al contempo, assume la duplice valenza di premialità per le strutture di eccellenza e di incentivo per una sana concorrenzialità nel sistema tu-ristico locale verso quei parametri di eccellenza che si auspicano sempre più diffusi e omogenei, presupposti e moltiplicatori di sviluppo reale. A Bari, al Galà organizzato per la consegna dei premi erano presenti autorità istituzionali, rappresentanti del mondo economico, della moda e dello spettacolo,

Tre imprese vibonesi impegnate nel settore turistico e della ristorazione si sono aggiudicateil Premio Ospitalità Italiana 2006. Il prestigioso riconoscimento è andato all’hotel Porto Pirgos

di Parghelia, al pub Tato’s di Vibo Marina e al ristorante San Pietro di San Calogero.

Sopra, la premiazione di Caterina Messina, direttrice dell’Hotel Porto Pirgos, sul palco con il presidente della Camera di Commercio Miche-le Lico a la soubrette Valeria Marini, madrina della manifestazione.

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risente infatti di tre situazioni di eccellenza e di due di attenzione. Vibo Valentia è infatti seguita al secondo e terzo posto nella graduatoria provinciale, in base al tasso di crescita delle imprese femminili, da Crotone e Catanzaro; Reggio Calabria occupa una posizione cen-trale e Cosenza è all’ultimo posto con una performance addirittura negativa.In tutti i 7 semestri oggetto della rilevazione le imprese femminili di Vibo Valentia sono aumentate in termini assoluti passando dalle 2.840 del 30 giugno 2003 alle 3.127 del 30 giugno 2006 (+10,1%). Dal punto di vista della forma giuridica le imprenditri-ci vibonesi preferiscono le ditte individuali (85,34% nel 2005). L’altra quota consistente delle imprese femminili è quella delle società di persone (11,32%), che è la più elevata nel confronto con le altre province calabresi. A Vibo Valentia, invece, la percentuale più bassa (2,71%) delle imprese in forma di società di capitale.Sotto il profi lo del settore di attività economica, la mag-giore numerosità di cariche femminili si registra nel settore commercio, che rappresenta il 39,91% del totale provinciale. Forte incidenza delle imprenditrici si ma-nifesta anche in agricoltura (21,72%). Seguono, il setto-re manifatturiero (9,51%), alberghi e ristoranti (8,95%), servizi (7,36%).Oltre che nella città capoluogo di provincia, in cui si re-gistra la presenza di 726 unità, pari al 23,97% del totale, i Comuni in cui si concentrano le imprese al femminile

Imprese femminili nelle province della Calabria:

tassi di crescita giugno 2003-giugno 2006

var. %2003-04

var. %2004-05

var. %2005-06

CATANZARO 4,1% 3,1% 3,7%

COSENZA 3,3% 4,5% -4,1%

CROTONE 5,1% 2,1% 4,1%

REGGIO DI CALABRIA 5,0% 3,0% 1,5%

VIBO VALENTIA 3,4% 2,1% 4,3%

TOTALE 4,1% 3,4% 0,3%

sono Tropea con 185 imprese (6,11%), Pizzo con 172 im-prese (5,68%), Nicotera con 154 imprese (5,08%), Ricadi con 124 imprese (4,09%) e Serra San Bruno con 112 im-prese (3,70%).Il presente Rapporto si è proposto, dunque, di presentare un quadro aggiornato dell’imprenditorialità femminile della provincia di Vibo Valentia al fi ne di monitorare e mappare la componente imprenditoriale femminile lo-cale attraverso la quantifi cazione delle imprese ad essa appartenenti, l’analisi delle loro caratteristiche e dei trend in atto, e fornire un contributo conoscitivo funzio-nale alla progettazione ed alla realizzazione di politiche e di linee di attività, a supporto della competitività delle imprese femminili vibonesi.È una prima lettura di dati a cui dovranno seguire azio-ni specifi che - di sensibilizzazione e di informazione, di formazione e di affi ancamento - mirate al rafforzamento ed alla valorizzazione delle skills manageriali già esi-stenti, da una parte, e alla riduzione delle criticità che ancora infi ciano le performance aziendali delle imprese femminili, dall’altra.

INTRAPRENDENTI

Dictum Factum. Era stata preannunciata nelle pagine del primo numero di Lìmen dal Presidente del-la Camera di Commercio di Vibo Valentia,

Michele Lico, la realizzazione del Primo Rapporto sulle Imprese Femminili nella provincia. E con lo stesso am-plifi catore mediatico si è voluto dare notizia della sua pubblicazione, comunicandone tempestivamente i ri-sultati.Risultati che non potevano essere più esaltanti di quel-li che emergono da questo agile monitoraggio delle imprese femminili vibonesi, prodotto dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia, con l’assistenza tecnica di Retecamere e la collaborazione del Comitato Imprendi-torialità Femminile.Sì, perché, dalle statistiche snocciolate da questo primo rapporto in rosa risulta, a chiare cifre, che la provincia

Pubblicato dalla Camera di Commercio il primo rapporto sull’imprenditoria femminile.La provincia di Vibo Valentia si attesta al primo posto nella graduatoria nazionale.

di Vibo Valentia è leader dell’imprenditoria femminile in Italia.A Vibo Valentia la voglia d’impresa a conduzione fem-minile si fa strada, tanto da conquistare, con un tasso pari al 4,3%, il primo posto nella graduatoria nazionale in termini di crescita tra il 2005 ed il 2006. La rilevazione al 30 giugno 2006, l’ultima in ordine tem-porale, ha infatti visto Vibo Valentia registrare il più elevato tasso di crescita a livello nazionale rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tale risultato appare tanto più positivo se si considera che il trend di crescita delle imprese femminili della provincia nei due anni precedenti è stato uno dei più deboli di tutte le province della Calabria.Questo dato di Vibo Valentia al 30 giugno 2006 risulta supportato solo parzialmente dall’andamento regiona-le: la crescita piuttosto contenuta della Calabria (+0,3%)

A Vibo Valentia le donne più

di Raffaella Gigliotti

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Imp

rese femm

inili attive p

er provin

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Classifica p

er variazione p

ercentu

ale

giugn

o 2006/giugn

o 2005PROVINCE 30/06/2006 30/06/2005 Variazione %

06-05PESARO E URBINO 8.759 8.652 1,24SONDRIO 4.160 4.115 1,1VITERBO 10.089 9.980 1,1LODI 2.972 2.940 1,1ANCONA 10.277 10.172 1,0GENOVA 16.950 16.777 1,0TRENTO 9.134 9.043 1,0PIACENZA 6.256 6.194 1,0CREMONA 5.505 5.451 1,0PAVIA 9.885 9.790 1,0FOGGIA 18.552 18.392 0,9CHIETI 13.203 13.097 0,8BOLOGNA 17.919 17.777 0,8L’AQUILA 7.844 7.783 0,8PADOVA 19.434 19.292 0,7MASSA CARRARA 4.694 4.665 0,6AREZZO 8.123 8.075 0,6AVELLINO 13.809 13.732 0,6TREVISO 17.608 17.516 0,5UDINE 12.265 12.201 0,5ROVIGO 6.253 6.221 0,5FIRENZE 19.591 19.505 0,4RIETI 3.630 3.617 0,4SIENA 6.436 6.414 0,3ENNA 3.820 3.810 0,3MACERATA 8.892 8.869 0,3FORLI’ - CESENA 8.435 8.414 0,2TRAPANI 11.732 11.706 0,2GROSSETO 8.103 8.086 0,2BRINDISI 7.915 7.899 0,2PORDENONE 6.338 6.328 0,2GORIZIA 2.600 2.596 0,2ASTI 6.417 6.411 0,1BOLZANO - BOZEN 11.412 11.402 0,1SAVONA 7.963 7.963 0,0CUNEO 17.775 17.785 -0,1LIVORNO 7.783 7.791 -0,1AOSTA 3.372 3.381 -0,3MATERA 5.414 5.430 -0,3AGRIGENTO 10.967 11.008 -0,4IMPERIA 6.766 6.796 -0,4BIELLA 4.016 4.034 -0,4TRIESTE 3.901 3.919 -0,5ISERNIA 2.588 2.601 -0,5RAVENNA 7.737 7.790 -0,7TERNI 5.218 5.258 -0,8CAMPOBASSO 8.044 8.107 -0,8FERRARA 7.482 7.545 -0,8POTENZA 11.203 11.329 -1,1VERBANO CUSIO OSSOLA 2.967 3.016 -1,6COSENZA 13.836 14.427 -4,1TOTALE 1.228.534 1.210.612 1,5

PROVINCE 30/06/2006 30/06/2005 Variazione %06-05

VIBO VALENTIA 3.127 2.998 4,3CROTONE 3.621 3.479 4,1CATANZARO 7.044 6.795 3,7SASSARI 10.646 10.299 3,4MILANO 68.463 66.302 3,3PRATO 6.278 6.090 3,1NUORO 6.617 6.425 3,0ROMA 57.916 56.241 3,0BERGAMO 16.782 16.313 2,9CASERTA 21.013 20.476 2,6LECCE 15.443 15.059 2,5NAPOLI 58.822 57.368 2,5REGGIO EMILIA 9.020 8.807 2,4TERAMO 8.463 8.269 2,3VARESE 13.449 13.142 2,3SALERNO 25.569 24.989 2,3VERONA 18.609 18.188 2,3LA SPEZIA 4.881 4.771 2,3BENEVENTO 10.714 10.474 2,3COMO 8.502 8.324 2,1FROSINONE 12.888 12.619 2,1PISA 8.501 8.324 2,1MANTOVA 7.876 7.713 2,1RAGUSA 7.284 7.134 2,1ORISTANO 3.262 3.195 2,1CAGLIARI 15.620 15.300 2,1LATINA 13.019 12.753 2,1NOVARA 6.369 6.240 2,1PARMA 8.069 7.916 1,9CATANIA 21.157 20.761 1,9BRESCIA 22.029 21.619 1,9ASCOLI PICENO 9.682 9.504 1,9TARANTO 11.487 11.276 1,9MESSINA 11.663 11.455 1,8ALESSANDRIA 11.699 11.497 1,8TORINO 46.923 46.121 1,7MODENA 13.389 13.164 1,7CALTANISSETTA 5.974 5.874 1,7RIMINI 7.418 7.296 1,7LUCCA 8.759 8.616 1,7PERUGIA 16.234 15.977 1,6BARI 30.762 30.278 1,6PISTOIA 6.510 6.408 1,6PESCARA 7.971 7.849 1,6VICENZA 15.324 15.090 1,6REGGIO CALABRIA 12.011 11.835 1,5PALERMO 19.600 19.331 1,4SIRACUSA 7.851 7.746 1,4VENEZIA 16.081 15.867 1,3BELLUNO 3.506 3.460 1,3VERCELLI 3.747 3.699 1,3LECCO 4.846 4.784 1,3

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vede protagonisti “contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall’offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, o dalla presenza dif-fusa di imprese turistiche singole o associate” e rappresenta la chiave di volta per le realtà locali di divenire centri propulsivi di idee e progetti integrati di un territorio, promuovendo e valorizzando le specifi cità dell’offerta turistica. In questo contesto diviene evidente il ruolo, che in un territorio ricco di risorse non solo naturali, come quello vibonese, deve giocare la creazione di una catena del valore, ovvero di una rete delle risorse, forte-mente coesa ed interdipendente.Al disegno strategico regionale e talvolta ultraregionale si sostituiscono dunque le volontà e gli obiettivi delle politiche di sviluppo territoriali e la connessa possibili-tà di dotare un’area di una chiara identità, di un “mar-chio” che la possa collocare con successo nel panorama dei differenti e molteplici turismi.Ideare un marchio e perseguire le azioni tese al suo ir-robustimento non è compito facile, ma rimane una del-le poche vie per il rafforzamento di un’offerta turistica che ormai si trova a competere con aree altamente con-correnziali sul fronte dei costi e dei servizi dislocate in ogni area del mondo. Trasporti, fi liera agroalimentare, tradizioni arte e cultura, artigianato sono solo alcuni de-gli ingredienti che compongono il mix delle risorse da mettere in rete al pari della qualifi cazione delle struttu-re ricettive, della cultura dell’accoglienza, della qualità dell’ospitalità, della conservazione e del risanamento dei fattori ambientali, dell’effettiva fruizione dei beni archeologici ed artistici. Pubblico e privato in questo panorama si intersecano e si fondono producendo ec-cellenze, gli interessi diffusi e generali condivisi trovano riposte e divengono fattore di sviluppo endogeno.Così come le risorse economiche investite dagli operato-ri e attratte dall’area dispiegano un effetto moltiplicato-re delle provvidenze nazionali e comunitarie destinate allo sviluppo locale, creando una espansione economica

autopropulsiva. Una crescita territoriale capace di inne-scare fenomeni virtuosi di cogenerazione di iniziative che possono rendere, a loro volta, complessivamente più attrattivo ed appetibile il territorio. È suffi ciente qualche valutazione di carattere generale per supporta-re quanto appena espresso. Finanza di progetto (project fi nancing) e riqualifi cazione urbana costituiscono un esempio tangibile delle possibilità che vengono date ai soggetti pubblici e privati di costruire, nell’ambito di un sistema integrato, opportunità di crescita diffusa e dura-tura. Migliorare il rating dell’area diviene precondizio-ne prioritaria ed essenziale per potenziare l’attrattività del territorio. Un miglioramento congiunto di numero-se variabili che potremo riassumere sinteticamente con l’incremento dell’indice della qualità della vita.Lavorare alacremente ed in maniera determinata sul riposizionamento complessivo dell’indice della qualità della vita è la scommessa che il futuro o futuri STL del-l’area vibonese dovranno saper cogliere. Ed è su questi temi che si gioca la partita più importante per la nostra area, migliore qualità della vita signifi ca bloccare la fuga dei cervelli, instaurare un clima favorevole per l’insedia-mento di nuove attività economiche e restituire fi ducia a quelle che già vi operano, produrre collaborazioni po-sitive che adottino regole certe ed una carta di “valori” condivisi generata attorno al concetto stesso di apparte-nenza. Un master plan, una prova di concertazione che assume particolare signifi cato alla luce della prossima programmazione comunitaria che mette a confronto due modi di progettare e programmare lo sviluppo, quello tradizionale, ineffi cace ed oramai obsoleto ed uno inno-vativo, permeato di saperi differenti e complementari, di interazione tra fi liere turistiche integrate, di nuovi e più forti sistemi di relazioni che possono portare anche alla costituzione, se necessaria, di un’agenzia di svilup-po turistico intesa come offi cina di idee, di prodotti e di servizi. In defi nitiva, l’effi cacia ed il successo dei Sistemi Turistici Locali oscilla fortemente tra la possibilità di es-sere anello debole della catena del valore che cede alla prova della programmazione collegiale o, come è certa-mente auspicabile, anello forte capace di creare il senso di appartenenza e di identità di un territorio e di un “si-stema cha fa sistema” coinvolgendo le migliori risorse.

A sinistra, uno scorcio di Capo Vaticano, una delle localitàpiù suggestive della costa vibonese.

Aprescindere dal tipo di soluzione normativa che la Regione Calabria deciderà di adotta-re, i Sistemi Turistici Locali rappresentano, per come già normati dalla legge nazionale

di riordino del comparto turistico, l’idea centrale per rendere il turismo in tutte le sue sfumature, motore di sviluppo e prima industria per fatturato e numero di occupati del Sistema Italia. Ma non solo, intorno al concetto stesso di STL, si è costruita infatti la volontà

di aggregare in maniera strutturata ed organizzata le ri-sorse che, presenti in forma slegata nell’area, non hanno ancora provocato quel cambiamento, che è possibile de-fi nire strategico, per la creazione del “valore aggiunto” dell’offerta turistica. Nasce con questi presupposti, pri-ma di tutto nella volontà del legislatore nazionale, una vera rivoluzione normativa tesa a colmare una pressan-te necessità di organizzare un settore cardine della no-stra economia. L’ideazione dei Sistemi Turistici Locali

TURISMO di Anselmo Pungitore

dei sistemi integratila rivoluzione

Il quadro normativo nazionale impone la valorizzazione ed il rilancio del settore attraverso un’offerta locale che integri beni culturali, ambientali ed enogastronomia per la creazione

di un “marchio” univoco che la contraddistingua nel panorama nazionale ed internazionale.

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tori quantitativi (trend assoluto, distribuzione provin-ciale, soci, addetti) del settore. Nell’ambito delle attivi-tà, a fronte di un defi cit di elementi relativi ad alcuni degli aspetti quantitativi che si intendevano indagare - compagine sociale e forza lavoro occupata - l’analisi è suffragata da una verifi ca empirica sul campo che ha permesso di censire, in modo accurato e minuzioso, la distribuzione di soci e addetti per ciascuna cooperativa. Il quarto momento è relativo all’analisi dei dati di bilan-cio delle realtà oggetto di indagine, ossia all’analisi delle voci e all’elaborazione di indicatori di settore.L’azione è stata orientata a garantire l’uniformità della lettura tra le due edizioni; sono stati presi in conside-razione gli aggregati oggetto del primo studio e arric-chiti in funzione delle esigenze rilevate nell’attività di riesame delle attività realizzata tra le due pubblicazio-ni. Pertanto l’analisi della seconda edizione (analisi del trend 2001-2004) ha esaminato in dettaglio l’entità di 16 voci di bilancio a fronte delle 8 voci relative alla prima indagine.In merito alla rilevazione degli indicatori di settore si è proceduto all’accertamento della solidità patrimonia-

I edizione II EdizioneFatturato ImmobilizzazioniCapitale sociale CreditiImmobilizzazioni Attivo circolanteAttivo circolante Attivo di bilancioAttivo di bilancio Patrimonio nettoDebiti Capitale socialePatrimonio netto RiserveRisultato d’esercizio Debiti

Passivo di bilancioValore della produzioneTotale costi di produzioneReddito operativoGestione fi nanziariaTotale valore delle rettifi cheGestione straordinariaRisultato di esercizio

La tabella riepiloga le voci delle due pubblicazioni

promosse da Confcooperative

le attraverso il calcolo dei tassi di copertura delle im-mobilizzazioni con mezzi propri e di terzi e il grado di indipendenza da terzi; all’accertamento della liquidità attraverso il calcolo dell’indice di solvibilità e infi ne al-l’accertamento della redditività attraverso il calcolo del ROI e del ROE. Nella maggior parte delle osservazio-ni le performance si sono rivelate in contrapposizione evidenziando dinamiche eterogenee in relazione agli andamenti congiunturali dei settori di attività delle coo-perative. L’analisi ha, comunque, messo in luce innume-revoli informazioni sullo stato di salute della realtà coo-perativa della provincia. In particolare è stata rilevata una variabilità all’interno del campione di riferimento in relazione alla composizione annua. Nello specifi co, nell’ultimo anno della serie storica considerata (2004) si assiste ad un calo del 13,21% del numero dei bilanci de-positati. L’analisi di bilancio, condotta secondo un’ottica patrimoniale, fi nanziaria e reddituale, ha fatto emergere una situazione differenziata.Nello specifi co, dal punto di vista patrimoniale gli in-dici hanno messo in luce una rilevante copertura delle immobilizzazioni con fonti durevoli e capitale proprio. Dal punto di vista fi nanziario emerge una sostanziale dipendenza da terzi ed un costante indice di solvibilità in linea con il valore soglia. Dal punto di vista della red-ditività il trend si presenta decisamente decrescente.I dati presentati nel lavoro costituiscono un’interessan-te chiave di lettura della realtà cooperativa interrelata con il territorio e l’economia locale. Si tratta comunque di un’analisi settoriale e territoriale che presenta i limi-ti insiti nella medesima sua natura: un’interpretazione intelligibile potrebbe scaturire da un confronto con il mondo “non cooperativo” vibonese e soprattutto con realtà cooperative di altre province.Un confronto del genere consentirebbe di contestualiz-zare e inserire gli andamenti settoriali e aggregati all’in-terno di un quadro macro-economico in grado di fornire maggiori spunti di rifl essione.Questo studio sarà di certo un ottimo strumento di ri-ferimento per lo svolgimento delle fi nalità istituzionali di Confcooperative Vibo Valentia, nonché apprezzabi-le punto di partenza per la realizzazione di importanti progetti di sviluppo locale che l’associazione ha in corso di attuazione.

COOPERAZIONEdi Antonello Meddis

Confcooperative ha promosso due pubblicazioni che fotografano criticità ed eccellenze del settorelocale al fi ne di calibrare gli interventi ottimali per lo sviluppo e la crescita di questo comparto.

rapporto sul trend vibonese

Conoscere il settore per calibrare gli interventi: è questa la fi losofi a alla base dell’azione che ha condotto alla realizzazione di due pub-blicazioni che fotografano il trend del setto-

re della cooperazione in provincia di Vibo Valentia, in riferimento al periodo 2002-2004 e all’implementazione relativa all’anno 2005. Questi due rapporti già realizzati e un terzo di prossima edizione, costituiscono un buon motivo di orgoglio per la Confcooperative di Vibo Va-lentia e per i partner (Camera di Commercio, Midia Scrl ed Elabora Calabria) che hanno voluto sostenere e con-tribuire a questa ricerca. I risultati prodotti rappresenta-no il frutto del lavoro comune portato avanti nel corso di questi anni e stanno a dimostrare come la collabora-zione consenta di ottenere profi cue sinergie, ancora da esprimere con pienezza nel nostro territorio.La costruzione del trend cooperativo è scaturita dall’os-servazione delle unità operative nel settore che hanno depositato il bilancio di esercizio in tutti gli anni della serie storica analizzata (specifi camente 2001-2004). Il fi ne è quello di valutare lo “stato di salute” e le potenzia-lità di sviluppo della realtà imprenditoriale “cadetta”. La raccolta e la successiva elaborazione dei dati inerenti le diverse società cooperative operanti nella provincia di Vibo Valentia ha consentito di esaminare il trend evo-

lutivo del campione osservato, di individuarne i tratti distintivi cogliendone le trasformazioni e le tendenze in atto, nonché di osservare lo “stato di salute” di ciascuna iniziativa imprenditoriale, caratterizzata dall’apparte-nere ad un territorio in cui le fasi di sviluppo seguono alterne vicende. Il lavoro si struttura in quattro momen-ti fondamentali.Un primo momento è costituito da una rassegna degli elementi di carattere generale sulle società cooperative, anche in considerazione delle notevoli modifi che inter-venute in materia con la riforma del diritto societario (elemento particolarmente accentuato nella prima edi-zione) e propone, inoltre, approfondimenti delle princi-pali variazioni intercorse tra le due edizioni (istituzione da parte del Ministero delle Attività Produttive dell’Al-bo delle Cooperative).Il secondo momento è caratterizzato da un’analisi mera-mente quantitativa delle imprese cooperative (operanti nella provincia di Vibo Valentia) mirata all’osservazio-ne, tra l’altro, della distribuzione per categoria. Nella seconda edizione, inoltre, è stato dato maggiore spazio all’analisi del profi lo quantitativo della compagine so-cietaria e della forza lavoro occupata. L’indagine pro-segue con l’analisi, quantitativa e qualitativa, dei dati di bilancio. Nella terza parte sono stati esaminati i fat-

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testi e fotodi Francesco Gioghàd’arte e tradizione

La storia dell’antica fonderia Scalamandrè che per oltre due secoli ha rappresentato la massimaespressione monteleonese nella realizzazione di campane destinate alla Calabria e all’Italia intera.

Ci sono manufatti e mestieri che, per quan-to possono essere suscettibili all’evoluzione della scienza e della ricerca che la moderna terminologia post-industriale defi nisce “in-

novazione di processo e di prodotto”, non possono es-sere migliorati con nuovi cicli di lavorazione, in quanto strettamente connessi a tecniche antiche e insostituibili. La produzione di alcuni manufatti, infatti, non può es-sere minimamente pensata e sostituita con lavorazioni automatizzate in serie tipiche della produzione indu-striale.Alcuni manufatti, ancor oggi vengono fuori dalle mani dell’uomo, dalle mani d’eccellenti artigiani, seguendo le stesse tecniche di una volta, gelosamente tramandate di

generazione in generazione.Ancor oggi tanti lavori artigianali sono capolavori arti-stici, unici e irripetibili, in cui diffi coltà di realizzazione, lunghi tempi di lavorazione e preziosità del prodotto si “fondono” per dar vita ad un’ineguagliabile opera di gran valore, anche dal punto di vista commerciale. La linea di confi ne fra Artigiano e Arte diventa sottilissi-ma, l’impronta dell’imprenditore si trasforma nel tocco sapiente dell’artista, cosicché dati statistici, esigenze di mercato, quantità prodotta e tempi di lavorazione pas-sano in secondo piano di fronte al pregio e all’irripetibi-lità dell’opera. Questa sintesi d’operosità, cultura, estro creativo e conoscenza, necessita di un’ulteriore passag-gio per consegnare alla storia il Mestiere e il Maestro,

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permette di affermare con quasi assoluta certezza e pre-cisione che l’origine della Fonderia di Monteleone va fatta risalire al 1671, tempo in cui un certo Gerardo Oli-ta da Vignola, fonditore di campane girovago, si fermò a Monteleone per assolvere le commesse che gli erano pervenute dai paesi e dalle province vicine. Qui, un suo fi glio s’imparentò con la famiglia Bruno e di seguito un Gerardo Bruno e i suoi due fi gli Nicola e Gennaro tenne-ro su la fonderia fi no al 1815, data in cui pervenne in po-tere agli Scalamandrè. Raffaele Scalamandrè mantenne la fonderia per quasi sessanta anni passandola al fi glio Fedele Nicola che, sempre secondo il Tarallo, fu il perfe-zionatore dell’arte di fondere le campane, tra i migliori delle province meridionali per il decoro a cesello e per la perfetta sonorità che riuscì ad imprimergli.Si stima che il numero delle sue fusioni supera le quat-trocento di cui parecchie eccedenti il peso di 10, 19, 20 e 37 quintali e diffuse in tutta la regione, tra cui quelle eseguite per Maida, per il Duomo di San Leoluca, per la Cattedrale di Mileto, per Palmi, per Cosenza e altri siti.Nel 1902 inviò all’Esposizione Internazionale Campio-naria di Marsiglia e all’Esposizione Campionaria di Roma una campana di 5 quintali che conseguì in en-trambe le manifestazioni il “Gran Premio con Diploma d’Onore e Medaglia d’Oro” per la specialità campane in bronzo. Nicola Fedele Scalamandrè nella rappresentan-za della Fonderia, al proprio nome aggiungeva quello dell’unico suo fi glio Raffaele, anch’esso fonditore e de-dito all’arte della plastica dei modelli, che si avvicendò nella conduzione della Fonderia dopo la morte del pa-dre che avvenne nel principio del 1909.Il giovane Raffaele aveva gia dato prova di una promet-tente e splendida riuscita nell’arte paterna, in quanto terminati gli studi ginnasiali scelse di lavorare nella Fon-deria di Monteleone che condusse fi no al 1915, quando, scoppiata la Prima Guerra Mondiale, venne chiamato alla Fabbrica d’Armi di Terni per fondere i cannoni uti-lizzati nel confl itto.L’industria dell’artiglieria pesante, infatti, approfi ttò della tradizione e dell’esperienza dei fonditori campa-nari costringendoli a produrre cannoni, e il valore del bronzo diede origine al cosiddetto “diritto alle campa-ne”: gli artiglieri e le loro compagnie ebbero le miglio-

ri campane del paese conquistato e molte di queste, in occasione di guerre furono trasformate in pezzi di arti-glieria; così come, all’opposto, alla fi ne della guerra il bronzo dei cannoni era rifuso per costruire campane.Le circostanze vollero che proprio questo fatto avrebbe condizionato la vita del giovane Raffaele Scalamandrè e la continuità della stessa Fonderia di Monteleone.A Terni, infatti, Scalamandrè si ammalò gravemente, contraendo l’infl uenza aviaria, la cosiddetta “Spagno-la” che in quegli anni seminò morte in tutta Europa con milioni di vittime. Ritornato a casa, morì il 27 novembre 1918 all’età di appena 37 anni. Con la sua scomparsa ebbe fi ne l’Antica Fonderia di Campane rinomata in Italia e all’estero, nonostante la buona volontà e il ten-tativo di mantenere in vita la tradizione della fusione di campane da parte del cugino Vincenzo Scalamandrè che fuse alcune campane tra le quali quella del Munici-pio di Vibo Valentia e di Simbario. Ciò che si diceva in premessa sull’interruzione della catena della successio-ne d’impresa, si manifesta in tutta la sua irriverenza nel causare la fi ne di un’appassionante esperienza che non poté avere continuità probabilmente per il sol fatto che alla morte di Raffaele Scalamandrè il suo primogenito Fedele Nicola aveva solo 4 anni.Di Raffaele Scalamandrè, ultimo fonditore di campane di Monteleone, non rimangono tracce nemmeno nel ci-mitero di Vibo Valentia. La lapide che così recitava ”qui giace Raffaele Scalamandrè fu Nicola che seguendo le orme dell’avo e del padre fu valente meccanico e fondi-tore di lavori in bronzo e che giovine ancora per morbo

cioè quello che oggi defi niamo “successione e trasmis-sione d’impresa” tramandandola di padre in fi glio, af-fi nché l’esperienza e il sapere dell’artista-artigiano non si disperda a causa di quelle che sono le vicessitudini della vita.La premessa era necessaria per onorare un importante capitolo di storia della nostra città, sconosciuto ai più, che per alcuni versi ha il valore di una scoperta. Il riferi-mento è all’antica Fonderia di Campane degli Scalaman-drè di Monteleone di Calabria, in cui diverse generazio-ni di Monteleonesi si succedettero nella sua conduzione con pregevole maestria e lusinghieri risultati.In questa occasione ci cimenteremo poco nell’esamina-re o illustrare tecniche e fasi di lavorazione di questa tipicissima produzione artistico-tradizionale, sebbene il trattato amanuense “Regole in pratica per fondere le Campane”, un bellissimo manuale che incorpora in sé il segreto della fusione delle campane, tramandatosi nei secoli e ricopiato per l’ultima volta nel 1901 da Raffaele Scalamandrè, di cui daremo traccia in seguito, farebbe impallidire qualsiasi disciplinare di certifi cazione di qualità Iso 9000 dei giorni nostri.Purtroppo l’assenza di studi det-tagliati e

approfonditi c’impedisce di collocare la peculiarità del-la fusione delle campane targata Scalamandrè nel più ampio scenario della storia e della tecnologia di questo particolare manufatto; tanto più è possibile introdurre un tentativo di confronto con una produzione di eleva-ta specializzazione e con una tecnica posseduta da non più di una decina di fonderie in tutta la Penisola, o il rapporto di questa con altre attività metallurgiche nella cui tradizione certamente si iscrive. La ricerca è aperta e il campo di studio è ancora tutto da scoprire. Poche e frammentate le notizie di cui si dispone per ricostruire la storia di questa gloriosa fonderia: un breve capitolo (“Fonderia di Campane”) del libro di Mon. Francesco Albanese, intitolato “Vibo Valentia e la sua storia” (1962, Tipografi a Carioti); alcune note su Raffaele Scalaman-dré (1887-1918) di Felice Muscaglione nel suo volume “Eroi, 1915-1918” (Casa Editrice Europa 3); e per ultimo uno scritto del 1908 di Federico Tarallo, dal titolo “Al-cuni cenni storici sulla fonderia di Campane in Monte-leone”, pubblicato in “Raccolta di Notizie e Documenti della Città di Monteleone” di Pietro Tarallo (1926, Ti-pografi a La Badessa). Lo stesso Mons. Albanese, nella prefazione alla sua opera avverte: «Non lievi diffi coltà ho incontrato nelle indagini: il succedersi d’invasioni,

guerre, saccheggi e terremoti e l’incuria degli uomini hanno contribuito a disperdere tanti documenti del

suo glorioso passato».Fondamentale, quindi, la testimonianza degli

eredi diretti della famiglia Scalamandrè e, in particolare, degli ingegneri Antonello e Lui-gi Scalamandrè, che hanno messo a dispo-

sizione il materiale da loro accuratamente custodito. Si tratta di documenti origina-

li, libri scritti a mano, stampi di vario tipo, calchi in gesso, matrici inverse,

punzoni, tavole campanarie, ri-conoscimenti e onorifi cenze, che ci hanno permesso di ricostruire

buona parte della storia della Fonderia di Monteleone. Pro-prio la detenzione di alcuni di questi reperti testimonia una continuità familiare che

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Federico Tarallo, nel suo volume “Scrit-ti Vari” racconta: «Pervenuto il 1815, un caso inatteso indusse quest’ultimo Bruno (Gennaro) a smettere dalle assidue sue occupazioni. Il Bruno, teneva presso di sè da più tempo l’adolescente Raffaele Scalamandrè, fi glio di una sua con-giunta, per servirsi di lui nella formazio-ne delle sagome bisognevoli alla costru-zione dei modelli, essendo Raffaele avviato al mestiere del falegname. Or avvenne che dovendosi fondere una campana le cui di-mensioni, superiori a quante altre mai fi nallora al Bruno erano state commesse, esigevano proporzioni diverse sì nelle curve, come nelle falde e nella corona. A ciò fare con tutta lena vi si accinse il nostro fonditore; ma per quanta attenzione ei vi avesse posta i risultati che ne otteneva erano ben lungi dal soddisfarlo. Ripetu-to più volte un tal lavoro non ne veniva a capo, fi nché, infastidito d’una simile disdetta, divisò differirlo ad al-tro, e così fece. Lasciato in custodia l’opifi cio al nipote, si recò ad una sua tenuta di campagna per darsi svago, e ricorrendo in quel tempo la vendemmia, vi si tratten-ne fi nché questa non fu terminata. Sbollitogli frattanto il malumore in cui messo l’aveva la cattiva riuscita del suo modello, ritornato in città, sua prima cura fu quella di recarsi all’opifi cio per riprendere l’abbandonato lavo-ro; ma entratovi appena, qual fu la sua meraviglia nello scorgere sul gran tornio ove si girano i modelli, quel-lo da lui tanto desiderato ed invano più volte rifatto? Il piccolo falegname, nei giorni di assenza del Bruno si era dato ad eseguire il modello e con tanta perfezione il condusse a termine, simmetria ed eleganza di parti, che quello, ammirato del nobile ardire del giovinetto, dopo averlo più volte abbracciato, gli chiese se, come pel mo-dello gli dava l’animo di fonder la campana; ed avutane risposta affermativa, passò ad interrogarlo, ricevendone soddisfacente risposta. Lieto in cuor suo di aver senz’av-vederselo trovato nell’adolescente Raffaele colui che a non lunga scadenza lo avrebbe surrogato, il Bruno tenne la sua promessa e fecegli fondere la campana, conten-tandosi di sorvegliarne la esecuzione, il cui esito tanto lo appagò che da quel giorno non fuvvi opera a lui com-messa ch’egli non avesse interamente al nipote affi dato, il quale, istradandosi sempreppiù in poco tempo sorpas-sò lo zio, siccome lo dimostrano le tante sue opere fi no a tarda età eseguite, parti delle quali, e forse le ultime, sono a noi note, essendo Raffaele morto nel 1875 in età d’ottantasei anni…».

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icocontratto servendo la

patria in guerra perì fra l’atroce spasimo dei suoi cari le invoca-zioni di cinque tenere creature e l’unanime rimpianto della cit-tadinanza”, in osse-quio al volere del fi -glio Nicola Fedele, morto nel 2006, fu divelta e i resti di Raffaele furono ricongiunti nella stessa bara per

averlo in morte più vicino di quanto non lo fosse

stato in vita.Del primo Raffaele Scalamandrè fonditore troneggia sul campanile del Duomo di San Leoluca la grande campa-na fusa nel 1832, ricca d’incisioni, d’immagini di santi, di frasi celebrative con i nomi dei benefattori, dei par-rocchiani, delle autorità religiose e politiche del tempo; e di converso si nota in maniera evidente lo sfregio che l’incuria del tempo e degli uomini nonché l’improprio uso di un battaglio esterno sta danneggiando irrepara-bilmente.

- pag. 40, Antonello Scalamandrè vicino alla campana del Duomo di San Leoluca, Vibo Valentia.

- pag. 41, antiche matrici per la realizzazione di fregi ornamentali che impreziosivano le campane.

- pag. 42, antichi manuali per la realizzazione delle fusioni di bronzo.

- pag. 43, la matrice della Fonderia Scalamandrè usata per fi rmare le opere realizzate.

- a sinistra, contratti e documenti relativi alle commesse della Fonderia Scalamandrè.

- in basso, le tavole tratte dai manuali rappresentati a pag. 48.

- a destra, Raffaele Scalamandrè (1887-1918) e la medaglia d’oro di Marsiglia, prestigiosa onorefi cenza che venne assegnata sua fonderia.

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ispirati alla cucina mediterranea, hanno fatto storia nel continente americano, fi no a renderlo notissimo nel jet set internazionale. Basti pensare che persino personaggi del calibro di Bob Kennedy e della Regina d’Inghilter-ra hanno avuto modo di gustare e apprezzare la cucina italiana proposta da Mr. Arena. Nel 1991 ha fondato, in Piemonte, l’Italian Culinary Institute for Foreigners, di cui oggi è presidente onorario, con l’obiettivo di forma-re nel nostro Paese chef e ristoratori stranieri interessa-ti alla tradizione enogastronomica italiana. Una scelta vincente che, in pochi anni, ha fatto dell’Icif un punto di riferimento mondiale in questo settore di alta forma-zione professionale. Oggi, sedi dell’Icif sono presenti in 29 Paesi, divisi tra Europa, Asia, Oceania e Continente americano. Nel 2004, è stata inaugurata, ultima in ordi-ne di tempo, la sede di Shanghai, in Cina, dove è stato realizzato il primo ed unico Centro di cucina, cultura ed enologia delle Regioni d’Italia, sostenuto dal Governo cinese e dall’Istituto nazionale per il Commercio Estero (Ice). In questo prestigioso contesto si inserisce il pro-getto di realizzare a Vibo Valentia la seconda sede ita-liana dell’Icif (quella principale è in provincia di Asti). Secondo le intenzioni della Provincia, la nuova Scuola di formazione sarà ubicata all’interno di Palazzo Romei, monumentale edifi cio acquistato dall’Ente nel 2005. L’immobile, che rappresenta uno dei palazzi storici più suggestivi del capoluogo vibonese, necessità però di importanti interventi di restauro e ammodernamento. Ecco perché, nelle intenzioni dei promotori dell’inizia-tiva la nascita del nuovo istituto comporterà il conte-stuale e completo recupero di Palazzo Romei, che sarà così pienamente restituito alla città nel suo rinnovato splendore architettonico. «Il valore aggiunto di questo progetto sta proprio nel volontà di riportare agli antichi splendori architettonici un edifi cio storico, per farne la sede meridionale dell’Icif - sottolinea il presidente del-la Provincia Gaetano Ottavio Bruni -. Raramente, in-fatti, si ha la possibilità di mettere in cantiere iniziative di questo spessore, capaci di esprimere effetti benefi ci

A sinistra, lezione sulla pasta italiana in un’aula dell’Icif,nella sede centrale in Piemonte (foto Luigi Bertello).A destra, l’entrada di Palazzo Romei a Vibo Valentia.

Provincia di Vibo Valentia

Vibo Valentia potrebbe presto ospi-tare la sede meridionale del pre-stigioso “Italian Culinary Institute for Foreigners” (Icif), la Scuola di

cucina italiana per stranieri nata nel 1991 con lo scopo di tutelare e promuovere nel mon-

do l’enogastronomia del Bel Paese, formando gli chef ed i sommelier

che operano all’estero. È questo l’ambizioso progetto a cui sta lavorando l’Amministrazione provinciale, in collaborazione con la Camera di Commercio, con l’obiettivo dichiarato di fare della città capoluogo un punto di riferimento interna-zionale nell’alta formazione culinaria. Padre tutelare del-l’iniziativa è uno dei più fa-mosi chef internazionali di origini calabresi, John Are-na. Emigrato in Canada nel 1939, all’età di 15 anni, Arena gestisce oggi nove dei migliori ristoranti di Toronto ed ha alle spalle una lunga carriera duran-te la quale ha accumula-to una serie incredibile di riconoscimenti e pre-mi internazionali. I suoi piatti, tutti rigorosamente

La Provincia di Vibo Valentia,in collaborazione con laCamera di Commercio,promuove l’insediamento nella cittàcapoluogo dell’Icif, la prestigiosascuola di cucina italiana per cuochistranieri fondata da Jhon Arena,uno dei maggiori ristoratoricanadesi di origine calabrese.

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L’Icif è un’associazione senza fi ni di lucro nata nel 1991 per tutelare e qualifi care l’immagine della cucina e dei prodotti italiani presso i professionisti che operano nella ristorazione all’estero. Da allora organizza Master, Corsi Brevi (generici e tematici) e Corsi di Aggiornamento per gruppi di professionisti stranieri (chef, sommelier, ristoratori), che intendano acquisire una spe-cializzazione italiana. In questi anni ha diplomato studenti provenienti da Australia, Bermuda, Brasile, Canada, Cina, Cipro, Corea, Filippine, Germania, Giappone, Hong Kong, India, Israele, Libano, Messico, Perù, Russia, Stati Uniti, Singapore, Svezia, Tailandia, Taiwan, Venezuela, oltre ovviamente dall’Italia. Nel 1997 l’Icif ha inaugurato la sua nuova prestigiosa sede all’in-terno del medievale Castello di Costigliole d’Asti, stato restaurato in funzione dell’Istituto e delle sue attività di formazione, realizzando una struttura didattica in grado di permettere lo sviluppo di un programma di insegnamento a livello di Univer-sità di Cucina. Accanto alle aule attrezzate con i più sofi sticati impianti per una moderna attività didattica sono state allestite un’enoteca ed un’elaioteca. Il corpo docente è formato da professionisti altamente qualifi cati, docenti di istituti alberghieri, giornalisti, tecnici ed esperti, chef e sommelier di fama internazionale. Per una maggiore conoscenza dei prodotti le lezioni sono affi ancate da visite guidate ad aree produttive di particolare interesse e ad importanti aziende agroalimentari.Nel 2004 l’Icif ha compiuto un ulteriore passo ed ha ampliato le proprie attività all’estero, con l’apertura di due nuove sedi in Brasile ed in Cina, dove nel 2005 sono iniziati i primi corsi. La prima nel sud del Brasile, nella Regione di Rio Grande do Sul, a Flores da Cunha, la seconda a Shanghai, presso il campus universitario Shanghai Lingang Science and Technology School.

Italian Culinary Institute for ForeignersItalian Culinary Institute for Foreigners

Provincia di Vibo Valentia

Studenti dell’Icifa fi ne corsonon soltanto sull’economia locale, ma anche sulla ri-

qualifi cazione urbanistica del territorio. Senza contare le ricadute occupazionali e quelle legate alla crescita del comparto turistico vibonese, che chiede continuamente saldi punti di riferimento formativi per i propri addet-ti». Una strategia ribadita dall’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Paolo Barbieri: «Da quando abbiamo acquistato Palazzo Romei c’è sempre stata l’intenzione di farne la sede dell’Icif. Adesso è arrivato il momento di lavorare per concretizzare questo progetto, che inten-diamo realizzare facendo inserire nella programmazio-ne dei fondi strutturali 2007-2013 un articolato piano di recupero e restauro dell’immobile. Ma non vogliamo muoverci da soli, perché riteniamo che in iniziative di questo tenore vadano coinvolte anche le forze produtti-ve e imprenditoriali, affi nché ne condividano le fi nalità e contribuiscano attivamente al risultato fi nale». In occa-sione della presentazione alla stampa del progetto, Mr. Arena ha sottolineato i motivi che hanno spinto l’Icif a scegliere Vibo Valentia «che può vantare una posizione

strategica e un patrimonio paesaggistico senza ugua-li». «Non di meno – ha continuato - il forte legame con questa Amministrazione provinciale e con il presidente Bruni, in particolare, ci hanno convinto a puntare sul Vibonese». Parole di grande apprezzamento per la sto-ria umana e professionale di Arena sono venute anche da Michele Lico, che ha espresso la piena condivisione del progetto da parte della Camera di Commercio: «Una volta realizzata, attraverso questa scuola sarà possibi-le promuovere con maggiore incisività i prodotti tipici della tradizione locale, utilizzando questo canale anche per incrementare le esportazioni». Sulla stessa lunghez-za d’onda il consigliere provinciale Saverio Mancini, tra i maggiori imprenditori turistici del Vibonese, che ha partecipato anch’egli all’incontro con i giornalisti e con Mr Arena.In particolare, Mancini ha sottolineato come «la forma-zione professionale possa diventare anche uno straordi-nario volano per l’export e la valorizzazione dell’eno-gastronomia calabrese».

La conferenza stampa di presentazione del progetto Icif.Da sinistra, Michele Lico, Paolo Barbieri, Jhon Arena e Gaetano Ottavio Bruni

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me di archivi informatici e di servizi di informazione;• il rispetto e, ove possibile, il miglioramento dei tempi per la defi nizione e l'espletamento degli adempimenti riguardanti la localizzazione di impianti produttivi di beni e servizi, la loro realizzazione, ristrutturazione, ampliamento, cessazione, riattivazione, e riconversione dell'attività produttiva, nonché l'esecuzione di opere in-terne ai fabbricati adibiti all'uso d'impresa.Lo Sportello Unico rappresenta un’importante occasio-ne per orientare il modo di lavorare della Pubblica Am-ministrazione, dall’applicazione delle norme in quanto tali ad un loro utilizzo fi nalizzato al raggiungimento di risultati rilevanti per l’intera comunità, quali quello del-lo sviluppo economico ed occupazionale. Il consolidamento del ruolo degli Sportelli Unici per le Attività Produttive sul territorio nazionale ha avuto una crescita disomogenea e con risultati differenti per effi cacia ed effi cienza: uno sviluppo “a macchia di leo-pardo” che ha visto nascere anche casi di eccellenza sul territorio. L’esperienza di questi anni ha evidenziato che solo le reti Suap consentono in questo pano-rama variegato di “fare massa critica” nel comples-so percorso di sburocratizzazione del sistema am-ministrativo che vincola le imprese, coinvolgendo gli enti terzi in un cammino di emulazione virtuosa. Per questo le reti fra Suap restano l’unica strada per-corribile per garantire il consolidamento diffuso della semplifi cazione a favore delle imprese.Il livello amministrativo comunale rappresenta il primo stadio del processo di semplifi cazione, ma mostra tutta la sua fragilità appena i nodi normativi da sciogliere ri-chiedono decisioni a livelli superiori di programmazio-ne e di reingegnerizzazione legislativa.Nella provincia di Vibo Valentia, sulla base del DPR n. 447/1998, come modifi cato dal DPR 440/2000, che ha disciplinato il procedimento unico e la struttura com-petente per la sua gestione, la Prefettura di Vibo Valen-tia, l’Amministrazione provinciale, la Camera di Com-mercio, l’Assindustria e la Vibo Sviluppo SpA, nel 2003, hanno ritenuto importante fornire ai Comuni interessati il supporto di una struttura chiamata Sportello Unico

d’Area, con il compito di coordinare il rapporto tra i loro Sportelli Unici e quelli comunali, e tutti gli Enti autorizzatori che intervengono nel procedimen-to, individuando nella Vibo Sviluppo Spa l’Ente cui affi -dare detto ruolo di coordinamento. L’ottimizzazione dei risultati avverrà introducendo mo-dalità innovative nella gestione dei procedimenti, attra-verso la loro completa automazione permettendo così alle imprese di avere una interfaccia unica e semplifi ca-ta verso la P.A.. Tali modalità determineranno la predi-sposizione del “back offi ce” che rappresenterà un punto fondamentale per la corretta organizzazione dello spor-tello unico nel rispetto dei termini indicati dal DPR n. 447/1998 per come modifi cato dal DPR 440/2000.La determinazione di dette modalità è oggetto dell’at-tività della Vibo Sviluppo SpA che ha proceduto alla predisposizione di un progetto, con la partnership del Formez e di Met Sviluppo Srl in concorso con i Comuni interessati e gli Enti autorizzatori, il quale prevede la costituzione dello Sportello Unico d’Area con funzioni di “servizio” nei confronti degli Sportelli Unici comuna-li, i quali manterranno la caratteristica, in ossequio alle citate disposizioni di legge, del “front-offi ce” cioè di in-terfaccia con le imprese e con l’utenza in generale.Ciascuno degli Enti promotori, per quanto di propria competenza, ha assunto impegni precisi.L’Uffi cio Territoriale del Governo, che ha tra i suoi com-piti istituzionali anche quello di essere il promotore dell’integrazione dell’attività delle diverse amministra-zioni, con particolare riferimento alle Amministrazioni periferiche dello Stato, si è impegnato a proseguire nel-l’attività fi n qui svolta di stimolo alla collaborazione tra gli Enti locali e le altre Amministrazioni Pubbliche coin-volte, ai fi ni dell’attivazione degli Sportelli Unici. Tale ruolo è stato ulteriormente ribadito in sede di Conferen-za Unifi cata, nell’ambito della quale si è espressamente richiamato l’invito, formulato con Circolare del Ministe-ro dell’Interno n. 59 del 22 maggio 1999, e rivolto alle Prefetture stesse, ad assumere ogni iniziativa idonea a

UNICIUna rete provinciale

Avviare un’impresa in Italia? Fino a ieri ser-vivano mesi, da domani, secondo quanto stabilito dal Consiglio dei Ministri nella riu-nione del 25 gennaio 2007, dovrà essere rea-

lizzabile in un solo giorno. Fare impresa sarà, quindi, più facile dopo l’approvazio-ne del “Pacchetto Bersani” che, focalizzando l’attenzione su svariati settori dell’economia, ha recepito il Disegno di legge Capezzone (Presidente della Commissione At-tività produttive della Camera), attualmente all’esame in del Parlamento. Si tratta di un lungo elenco di novità che riguarda varie misure. Tre in particolare le misure di “liberalizzazione” relative alla semplifi cazione nei rap-porti tra imprese e P.A., pensate dal ministro per le Ri-forme e l’innovazione della Pubblica Amministrazione Luigi Nicolais ed ora contenute nel Disegno di legge: è previsto innanzitutto un rafforzamento dello Sportello unico per le Attività Produttive nel quale confl uiranno tutte le pratiche degli imprenditori e delle amministra-zioni pubbliche che diventa quindi lo snodo strategico dell’operazione.Detto Sportello Unico per le Attività Produttive è stato previsto dal D.Lgs n. 112 del 1998, il quale, in ottem-peranza alle disposizioni della Legge-delega n. 59/1997 (cosiddetta “legge Bassanini”), ha operato il conferimen-to, alle Regioni ed agli Enti Locali, della maggior parte delle funzioni e dei compiti amministrativi spettanti allo Stato. Più specifi catamente il D Lgs richiamato ha con-ferito ai Comuni le funzioni amministrative relative alla

Vibo Sviluppo S.p.A. è impegnata nella realizzazione di un network provincialeche consenta il coordinamento degli strumenti comunali deputati

a facilitare e snellire i rapporti tra Pubblica amministrazione e imprese.

realizzazione, ampliamento, cessazione, riattivazione, localizzazione e rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie. I Comuni devono, ai sensi del presente decreto, esercitare tali funzioni realizzando un’unica struttura responsabile dell’intero procedimento (Sportello Unico per le attività produttive). Tutto ciò al fi ne di garantire agli interessati l’accesso, anche in via telematica, a tutte le informazioni concernenti le domande d’autorizza-zione ed il relativo iter procedurale, ed ancora lo svol-gimento degli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie, nonché tutte le notizie relative alla dispo-nibilità di aree per i nuovi insediamenti, alla fruibilità o meno d’eventuali agevolazioni comunitarie, nazionali, regionali e d’ambito locale. Tale servizio di Sportello Unico è previsto nell’ambito delle politiche di sviluppo delle attività produttive di beni e servizi ed ha lo scopo di dare certezza agli im-prenditori sui tempi e sulle modalità di realizzazione delle strutture produttive e di concentrare su un unico soggetto le competenze di natura amministrativa, fi no ad ora svolte da diversi Enti.Lo Sportello Unico opererà garantendo:• l'unicità del procedimento amministrativo in tema di insediamenti produttivi;• la nomina di un Responsabile della Struttura unica, dello Sportello Unico e del procedimento unico;• l'accessibilità e la trasparenza dell'intero procedimen-to, anche attraverso la creazione e la gestione di un insie-

per gli sportelli

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ne procedure;• Sviluppo del sistema informativo;• Attività Formative e di supporto ai Suap Comunali.I principali compiti del coordinamento provinciale Sua-pa sono:• Favorire l’istituzione ed il sostegno alla crescita dei Suap comunali;• Creazione e consolidamento di una rete tra i Suap;• Coordinare le azioni dei Suap presenti sul territorio provinciale:• Ruolo forte di coordinamento dei Suap quale punto di riferimento per assistenza ai Comuni su materie spe-cialistiche;• Nuova metodologia di lavoro basata sulla discussione ed analisi delle problematiche in seno al Tavolo di coor-dinamento il quale predisporrà dei documenti di sintesi che saranno diffusi a tutti i Suap comunali.Le attività del coordinamento provinciale sono dirette alla:• gestione informatica delle informazioni e dei proce-dimenti; • razionalizzazione e semplifi cazione amministrativa dei singoli procedimenti;• promozione delle opportunità economiche offerte dal territorio.Sono previste le seguenti aree di intervento:Informatica - è stata realizzata una piattaforma infor-matica destinata alla gestione dello Sportello Unico, la quale, oltre a mettere in rete i Comuni della provincia, attraverso una facile utilizzazione risponde alle esigen-ze di legge in materia di informazione sugli adempi-menti necessari per il rilascio delle varie autorizzazioni amministrative e di controllo delle singole pratiche da parte sia degli operatori che degli utenti;Amministrativa - prevede la creazione di un centro di coordinamento e controllo presso la Vibo Sviluppo Spa capace di coordinare ed ottimizzare le funzioni dei di-versi Enti coinvolti nell’iter autorizzatorio con il metodo del “procedimento unico” cioè “unica domanda – unica risposta”;Promozione - prevede la capacità di promuovere le aree

disponibili attraverso una politica di marketing ter-ritoriale che evidenzi le opportunità offerte anche dalle leggi di incentivazione a favore delle imprese.Questo progetto diventerà operativo con la presenta-zione uffi ciale, che avverrà presumibilmente nel mese di febbraio, in cui verranno esposti sia il software ap-plicativo che lo schema di articolazione dei rapporti tra Coordinamento provinciale, Suap comunali, Enti terzi ed Imprese. Il software, accessibile tramite rete internet, prevede la possibilità per gli utenti di accedere a diverse informazioni relative ai procedimenti autorizzativi, alla modulistica, alle agevolazioni, ai referenti per i singoli uffi ci della P.A. coinvolti, per aprire/modifi care un’atti-vità produttiva. Inoltre, detto software dà la possibilità alle imprese che attivano una procedura autorizzativa di verifi care in tempo reale lo stato della propria prati-ca con il semplice accesso diretto dal proprio computer, senza doversi recare ai vari uffi ci coinvolti dal proce-dimento autorizzativo. Come è facilmente intuibile il progetto della Vibo Sviluppo sarà in progress, nel senso che il livello di informatizzazione della P.A. in tema di procedimento unico, avverrà per stati di avanzamento.L’obiettivo, ambizioso e pionieristico, è quello di porta-re in tre anni all’informatizzazione completa del proce-dimento autorizzativo, escludendo la forma cartacea so-stituita a favore di progetti digitali. La complessità del-l’intera operazione è rappresentata dallo stato attuale del livello di informatizzazione della P.A. sia in termini strutturali (dotazione informatica, disponibilità di linea ADSL …) che di risorse umane (conoscenza da parte de-gli operatori dei principali software applicativi) sia dal-la vastità del territorio in termini di numero di Comuni che dovranno essere coinvolti. Da questo primo step di attività si passerà alla strutturazione sul territorio di questi modelli operativi attraverso le convenzioni tra il Coordinamento provinciale, i singoli Comuni e gli Enti autorizzatori, con una operazione graduale che partirà dal Comune capoluogo per estendersi a tutto il territo-rio provinciale.

stimolare la collaborazione tra Enti locali ed altre ammi-nistrazioni coinvolte, ai fi ni dell’istituzione e dell’effetti-va operatività degli Sportelli Unici. L’Amministrazione Provinciale si è impegnata nell’attività di promozione, di coordinamento e di sensibilizzazione presso i Comuni della provincia per la costituzione dello Sportello Unico d’Area attivando tutti gli strumenti ed i mezzi, anche fi nanziari, previsti dalla normativa vigente. La Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura si è impegnata a mettere a disposizione i servizi informa-tivi di tipo normativo, economico e statistico, l’attività di promozione e di marketing territoriale e la fruizione della piattaforma telematica “SisterVibo” comprenden-te anche l’applicativo per gli Sportelli Unici.L’Assindustria si è impegnata a fornire informazioni consulenza ed assistenza in materia di localizzazione, delocalizzazione e insediamento di nuove attività pro-

duttive; promozione e sviluppo di sistemi industriali; riposizionamento strategico del territorio; raccolta e gestione dei dati relativi alle aree, alle fi liere ed ai di-stretti industriali; analisi congiunturali, strutturali e di competitività del territorio.Vibo Sviluppo SpA, invese, si è impegnata a predisporre il progetto di costituzione e messa in rete degli Sportelli Unici ed a coordinare e gestire le attività dello Sportello Unico in regime di “service” con gli Sportelli Unici sin-goli dei Comuni. Il progetto elaborato dalla Vibo Svilup-po prevede la costituzione di uno Sportello Unico per le Attività Produttive in ogni Comune della provincia, a regime collegati in rete con il coordinamento provincia-le Suapa creato presso la Vibo Sviluppo SpA.I pilastri del progetto di coordinamento provinciale Suapa sono:• Semplifi cazione amministrativa ed omogeneizzazio-

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nico; signifi cativa a tal proposito la presenza di aderenti alla Massoneria e di giacobini, che nel 1799 innalzarono nella città l’albero della libertà e tentarono di opporsi alla marcia del cardinale Ruffo verso Napoli. Monteleo-ne, dopo il fallimento della Rivoluzione napoletana del 1799, visse da vicino l’esperienza della lotta tra i “pa-trioti” giacobini e i sanfedisti del cardinale Ruffo, con-clusasi con l’avvento nel Regno di Napoli dei napoleo-nidi Giuseppe Bonaparte (1806-1808) e Gioacchino Mu-rat (1808-1815), quest’ultimo assai caro ai monteleonesi. Nel 1806 la città fu eretta a capoluogo di provincia ed ebbe come intendenti uomini di spiccata capacità poli-tica e culturale: Francesco Saverio de Rogatis, Giuseppe de Thomasis, il grande storico Pietro Colletta e Giacinto Martucci.In questo clima di particolare fervore, maturò la deci-sione di Michele Morelli di abbracciare la carriera mi-litare. Si arruolò a sedici anni a Napoli come volonta-rio nella Compagnia dei Veliti a cavallo, detti di Clary dal nome del comandante Mario Clary; la Compagnia faceva parte dell’esercito murattiano; altri giovani ca-labresi, come i fratelli Florestano e Guglielmo Pepe di Squillace, che avrebbero avuto molta parte nei moti car-bonari del 1820, avevano scelto anch’essi la carriera mi-litare. Morelli conseguì il grado di brigadiere nel 1809 e di maresciallo di alloggio nel 1811. Prese parte con le truppe napoletane alla campagna di Napoleone contro la Russia nel 1812; dopo la battaglia di Konigsberg fu nominato sottotenente per meriti di guerra; partecipò successivamente alla battaglia di Osmiana in Polonia. Con la battaglia di Lipsia dell’ottobre 1813, vinta dalla coalizione antinapoleonica, il sistema napoleonico entrò in crisi. Murat tentò disperatamente, in due successive campagne del 1814 e del 1815, di conservare e ampliare il Regno di Napoli prima accordandosi con gli Austriaci e poi combattendo contro di loro.Con la fucilazione a Pizzo il 13 ottobre 1815, il sogno murattiano ebbe miseramente fi ne e con esso anche il sogno di tanti patrioti meridionali, e non solo meridio-nali, che si erano illusi che Gioacchino potesse costi-tuire un Regno d’Italia. Michele Morelli partecipò alle campagne murattiane distinguendosi per il suo valore,

tanto che un suo compagno d’armi, Domenico Bado-lati, scrisse: «Nell’ultima campagna contro i Tedeschi [Michele Morelli] ha dato pruove di sommo coraggio, e particolarmente nell’attacco di Prato e sotto le mura di Fiorenza, a Tolentino, a Loreto, a Reganate e da per tutto ove combatteva Morelli era vittoria». Sulla base del nuovo assetto dato all’Italia al Congresso di Vienna (1814-1815), fu restaurato sul trono del Re-gno di Napoli, ora denominato Regno delle Due Sicilie, il re borbone Ferdinando IV col nome di Ferdinando I. Continuò tuttavia la permanenza di Morelli nella vita militare, ma non ne conosciamo le motivazioni; in ogni caso, negli anni 1816-1818, dopo la fi ne dell’avventu-ra murattiana, egli approfondì i legami con le società segrete. Abbiamo già accennato alla vivace presenza a Monteleone della Massoneria negli ultimi anni del ‘700; da qualche anno aveva cominciato a diffondersi in tutto il Regno di Napoli e anche in Calabria la Carboneria, e le due Società spesso condividevano gli adepti. Partico-larmente attiva era la Massoneria nell’aristocrazia e ne-gli alti gradi dell’esercito, mentre la Carboneria trovava i suoi affi liati soprattutto nella borghesia e negli strati popolari. Inoltre la prima si fondava su una più vasta e solida base fi losofi ca, la seconda mostrava una più spe-cifi ca e pratica intenzionalità politica.All’interno della Carboneria, poi, era possibile distin-guere un’ala più radicale che mirava all’abbattimento della tirannia politica e del trono del re-tiranno; e un ala moderata che perseguiva il rinnovamento delle istitu-zioni con l’instaurazione della monarchia costituziona-le. Le due anime della Carboneria furono entrambe pre-senti e a volte in modo confl ittuale nei moti napoletani del 1820.Nel decennio francese erano maturate, sopratutto nel campo militare idee e progetti di rinnovamento politico ai quali anche Morelli non rimase insensibile. Quando il 7 marzo del 1820 il re di Spagna Ferdinando VII fu costretto dalle truppe rivoluzionarie guidate dai due co-lonnelli Riego e Quiroga a concedere la Costituzione, il suo gesto ebbe ripercussioni pressoché immediate nel Regno delle Due Sicilie: la diffi cile congiuntura econo-mica e le idealità perseguite nelle società segrete por-

«Era Morelli di giusta statura, bruno di volto, avea occhi e capelli nerissimi, estrema magrezza, muscoli d’acciaio: univa al rapido volo del pensiero i più

rapidi movimenti della persona, mostrando in ogni atto, in ogni gesto, tutta la vivace petulanza della nobil razza calabrese. Ignaro di scienze e lettere, il bollente suo ingegno abbandonavasi agl’impeti d’indomita na-tura; ardito sino alla temerità, sprezzava i pericoli e si compiaceva di essi; generoso, umano, leale, vivea ono-rato fra uguali, carissimo ai subordinati». Così scriveva nel 1851 uno storico dei “Martiri della Libertà Italiana” disegnando un ritratto di Michele Morelli simpatetico e insieme ammirato. Lo storico, Giovanni La Cecilia, ave-va conosciuto il Morelli e ne aveva condiviso certamen-te il progetto ideale e politico; il ritratto che ne dà trova conferma, per tacere di quanto si legge in testimonianze di amici e compagni di lotta politica, nel Foglio di sfratto - ossia di espulsione - redatto dall’ Imperiale Regio Capi-tanato Circolare di Ragusa; Ragusa è la città della Dalma-zia meridionale che faceva parte dell’impero austriaco,

dove Morelli era fuggito nel luglio del 1821 in seguito al fallimento dei moti napoletani del 1820-21. Michele Morelli nacque a Monteleone (l’attuale Vibo Valentia) il 12 gennaio 1792 da Giuseppe Maria Morelli, dottore in utroque iure (cioè in diritto civile e in diritto ecclesiastico), e da Maria Orsola Ceniti: una famiglia, dunque, della borghesia intellettuale.Frequentò molto probabilmente il Collegio monteleo-nese di Santo Spirito, retto allora dai Padri Basiliani, l’antenato dell’attuale Liceo Classico. Era in atto allora nella città una vivace controversia tra sostenitori della famiglia Pignatelli alla quale era stata infeudata la città fi n dai primi del ‘500, e demanisti sostenitori dell’abo-lizione della feudalità. La controversia, che durava da decenni, si concluse nel 1806 con la legge sull’eversione della feudalità. Monteleone contava allora circa ottomi-la abitanti ed era un notevole centro agricolo e commer-ciale. Era attiva, inoltre, una discreta intellettualità che seguiva il grande dibattito politico-culturale promosso dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione francese, mediato e fi ltrato attraverso la fervida capitale del Regno borbo-

di Giacinto Namia

La vita di uno dei personaggipiù evocativi della storia italiana,“primo martire del Risorgimento”.

Michele

un eroe viboneseMORELLI

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tarono allo scoperto i fermenti rivoluzionari. In Cam-pania i carbonari salernitani invitarono il calabrese (di Squillace) Guglielmo Pepe a prendere l’iniziativa della rivolta. Pepe inizialmente tergiversò, ma ruppe gli indu-gi quando il 1° luglio del 1820 i due sottuffi ciali Michele Morelli e Giuseppe Silvati, ai quali si unì un prete carbo-naro, don Luigi Minichini, insorsero e marciarono con il loro squadrone di cavalleria. Un cronista dei moti, Bia-gio Gamboa, ci descrive così la fi gura di Morelli tra gli altri soldati: «Tra essi distinguevasi il giovane Morelli, calabrese di nobile spirito e di straordinario coraggio».Ma ben presto scoppiò un dissidio tra Morelli e Mini-chini, che rifl etteva il più vasto confl itto fra le due ani-me della Carboneria alle quali si è accennato, nel quale l’elemento murattiano svolgeva un’utile funzione di freno rispetto alle tendenze di un giacobinismo intransi-gente. Morelli era decisamente orientato insieme a Pepe verso la prima prospettiva; Minichini propendeva con altrettanta decisione per la seconda.Quando il re Ferdinando, il 7 luglio del 1820, concesse furbescamente la Costituzione attraverso l’escamotage della nomina a vicario del fi glio Francesco, il quale ebbe appunto l’incarico di proclamarla uffi cialmente, le for-ze moderate della rivoluzione potevano sentirsi sostan-zialmente appagate. È signifi cativo dell’atteggiamento ideale e politico di Morelli quanto egli dichiarò nel corso della cerimonia del giuramento in seguito all’ingresso trionfale delle sue truppe ad Avellino, come riferisce lo storico Pietro Colletta: «Nella cerimonia del giuramento il Morelli dichiarò non essere sediziose le mosse, rima-ner integri lo Stato, la famiglia regnante, gli ordini».Morelli partecipò alla successiva campagna di Sicilia (settembre-dicembre 1820), dove era scoppiata una ri-volta a carattere accentuatamente sociale, ancora con uno squadrone di cavalleria che faceva parte del corpo di spedizione comandato dal generale Florestano Pepe, fratello di Guglielmo. La rivolta fu sedata in un primo momento dal generale con un compromesso con gli in-sorti; ma l’accordo non fu accolto dal governo costitu-zionale centrale che sostituì Pepe con Colletta. Morel-li si comportò egregiamente nella campagna di Sicilia meritandosi l’elogio del generale Pepe che scrisse in un

suo rapporto: «Lo squadrone comandato dal tenente Morelli ha giustifi cato in tutte le azioni lo spirito che lo distingue».Intanto, nel mese di ottobre, il decurionato di Monteleo-ne si era espresso a favore del conferimento a Morelli da parte del governo centrale di un riconoscimento dei suoi meriti di combattente, e nell’adunanza parlamen-tare del 27 ottobre del 1820 si diede lettura di «un rap-porto dell’Intendente di Catanzaro, che provoca la con-siderazione del Parlamento su di un atto decurionale di Monteleone, per coniarsi tre medaglie di oro ed erigersi una colonna di marmo in attestato di onore, che la Pa-tria destina al benemerito Morelli»; il rapporto fu rimes-so nelle mani della Commissione dei premi. Prendendo spunto dalla richiesta del decurionato di Monteleone, il governo insignì Morelli, al suo ritorno dalla Sicilia, della decorazione di Cavaliere dell’ordine di San Ferdinando con decreto reale del 10 novembre 1820. Intanto si andava consolidando a Napoli un Parlamento a maggioranza nettamente moderata. Ma l’evoluzione in senso costituzionale in Europa e in Italia era avversa-ta dall’Austria che decise di intervenire.Il potente ministro austriaco Metternich si rifi utò di ri-cevere il nuovo ambasciatore napoletano che aveva giu-rato fedeltà alla Costituzione; fece ammassare truppe in Lombardia e nel Veneto e convocò un congresso a Trop-pau (ottobre-dicembre 1820) con l’obiettivo di ottenere il consenso delle altre potenze europee per un interven-to militare a Napoli e l’abrogazione della Costituzione.Per un’attuazione pratica delle decisioni del congresso di Troppau fu convocato un apposito nuovo congresso a Lubiana, al quale fu invitato a partecipare anche Fer-dinando I.Questi, ottenuta l’autorizzazione del Parlamento napo-letano dopo essersi impegnato a difendere al Costituzio-ne, si recò a Lubiana (gennaio 1821). Una volta giuntovi, con un cambiamento di fronte e uno scandaloso sper-giuro, reclamò la restaurazione dei propri diritti sovrani e diede via libera all’intervento militare dell’Austria nel Regno delle Due Sicilie.Il tradinento del re portò a una forte resistenza da parte del Parlamento napoletano in difesa dell’assetto costitu-

zionale del Regno e soprattutto determinò l’accentuarsi della linea dura dei carbonari nei confronti della mag-gioranza murattiana. I parlamentari respinsero qualsia-si proposta di ripiegare su una costituzione più mode-rata per un estremo tentativo di mediare nella diffi cile situazione, e decisero di difendere militarmente il Re-gno contro le truppe austriache comandate dal generale Frimont.Anche Morelli condivise questa volontà e azione di re-sistenza, e organizzò a Nola, nel febbraio del 1821, uno squadrone detto Squadrone sacro, cercando di coinvol-gere altre forze per costituire un corpo franco. La rivolta contro il nemico ebbe luogo a Monteforte, dove Morelli si batté valorosamente.Ma ogni resistenza fu vana; le truppe austriache en-trarono a Napoli il 24 marzo 1821. Poco dopo iniziò il processo di restaurazione e di repressione da parte del nuovo governo di ogni forma di libertà, e due mesi più tardi, il 15 maggio, re Ferdinando poté fare il suo rien-tro a Napoli accolto trionfalmente dalla folla. Partico-larmente feroce fu l’opera persecutoria del principe di Canosa, ministro dell’Interno del Regno, nei confronti di quanti erano stati coinvolti nel precedente regime co-stituzionale.Ne seguì lo scioglimento delle varie formazioni militari e per alcuni dei capi carbonari anche l’esilio. Morelli e Silvati tentarono di raggiungere la Puglia e di imbarcar-si di là verso la penisola balcanica per trovarvi asilo.Trovarono rifugio nei pressi di Ragusa, come si è già ri-cordato, in territorio soggetto all’Austria; ma furono ar-restati ed espulsi. Tornati in Italia sotto scorta in stato di arresto furono trasferiti prima a Foggia e poi a Napoli, dove furono essere processati da una Corte di Giustizia speciale con l’accusa di aver partecipato alla rivolta di Monteforte.Il processo durò a lungo e si concluse con la condanna a morte dei due uffi ciali: del processo sono stati recuperati gli atti, e sono particolarmente interessanti i “constituti”, cioè gli interrogatori dei due uffi ciali per la ricostruzio-ne dei contenuti e delle fasi dell’azione politico-militare e per il percorso e la dinamica della fuga dall’Italia. Vi si scorge tra le righe anche l’indole sostanzialmente mite

di Morelli e la moderazione sempre dimostrata nell’im-postazione ideologica e nell’impegno politico. La condanna a morte fu fortemente voluta dal re per dare un esempio del modo in cui venivano trattati i promotori della rivoluzione e per far capire che in av-venire, di fronte a situazioni simili, egli non si sarebbe comportato diversamente. Morelli e Silvati furono con-dotti alla ghigliottina e decapitati (non impiccati, come generalmente si crede) a Napoli, in piazza del Mercato fuori Porta Capuana, il 12 settembre 1822. La notte an-tecedente Morelli aveva respinto con fermezza, contra-riamente a Silvati, i conforti religiosi, in coerenza con la sua fede massonica. Poco meno di un anno prima, in data 4 dicembre 1821, aveva scritto dal carcere al padre una lettera che giova rileggere perché ci offre un sinteti-co ma effi cacissimo autoritratto dell’uomo, del soldato e del patriota e insieme ce ne consegna il testamento spirituale: «[…] La mia causa sento che si farà ai principj dell’an-no nuovo. Spero che la Clemenza di S. M. voglia esser quella di salvarmi di una punizione severa, attesa la mia illibata condotta che ho tenuto nelle passate vicen-de senza essermi profi ttato di niente come si rileva nelle attuali circostanze, che senza un soccorso della famiglia, mi saria perito dalla fame in queste prigioni. In tanto state di buon animo, ché tutti credono lo stesso perché io non dovessi esser punito aspramente, mentre non si puol [sic] negare che ho contribuito la maggior parte al buon ordine con la mia moderazione in una rivoluzio-ne generale e replico che io sono stato di freno ai veri tumultuosi senza che fosse accaduto alcun disordine proporzionatamente a tutte le rivoluzioni. Infi ne, caro Sig. Padre, il vostro fi glio non ha che rimproverarsi, e ora conosco quanta fermezza mi ha dato l’Ente Supre-mo a resistere a tante passioni che mi si presentarono nelli 9 mesi, perché miserabile ero prima e più lo sono al presente, e vi assicuro che l’unico sollievo che mi scema i miei tanti dispiaceri è di esser stato così onesto, rin-graziandovi sempre di tali prinicipj d’educazione che mi avete ispirato, e chiedendovi la S. B., anche alla Sig.ra Madre, con abbracciare a tutta la famiglia vi bacio la mano. Il vostro aff.mo fi glio Michele».

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È diffi cile, per me, esprimere adeguatamente quanta gratifi cazione ho ricevuto dall’incarico di realizzare questa opera, differente da altri per alcune valide ragioni: la prima nasce da una rifl essione sull’uomo, quello di oggi, con la sua esistenza fatta di falso benessere ed autentica ingor-digia, peculiarità queste, che se usate come diaframma per osservare la storia, quella lontana da noi, magari poco più di cento anni fa, ci dovrà apparire almeno strano che di quelle esperienze, di quei martiri, di quei grandi ideali tanto poco siamo riusciti a conservare. Oggi, commemorare Michele Morelli è un modo per affermare con forza quanto sia ancora importante avere coraggio, rifi utare l’ingiustizia per sé e per gli altri, lottare insieme a chi ha il diritto di non avere fame.Per quattro mesi – tanto è durato il mio lavoro – ho avuto ben presente questi sentimenti, spesso ho avuto la sensazione di trovarmi a confronto, nel laboratorio, con uomini di gesso che chiedevano di divenire vitali per compiere, ancora una volta, quel meraviglioso sforzo che si chiama soli-darietà umana.Anche la scelta di scolpire nel gesso ha una ragione che va al di là degli aspetti tecnici. Infatti, la sofferenza che esprime una superfi cie tagliata dai ferri non è paragonabile, in termini di drammaticità, alla morbidez-za di un modellato ottenuto nella creta. Il Pathos di corpi sopravvissuti alla battaglia e la volontà di portare ancora in alto la “bandiera” si confi gurano nel ritmo ascensionale dei personaggi, che a partire dalla fi gura posta più in basso, si fa sempre più aperto e più deciso verso l’apice. La bandiera è in questo caso l’artifi cio plastico attraverso il quale ho voluto esprimere il senso dello sforzo una-nime di uomini che accomunati dallo stesso ideale riescono a costruire la

Maurizio Carnevali è lo scultore che nel 1991 ha realizzato la statua di Michele Morelli situata nel centro storico di Vibo Valentia. Car-nevali nasce a Villa San Giovanni nel 1949, compie il suo primo ciclo di studi presso il Liceo Artistico “Mattia Preti” di Reggio Calabria, per poi frequentare l’Accademia di Belle Arti di Brera. Intrattiene rapporti signifi cativi oltre che con i suoi diretti maestri accademici, Cantatore e Messina, anche con Luciano Minguzzi. Durante la sua permanenza in Lombardia frequenta Renato Guttuso nella sua villa-studio di Velate. Dal 1978 si occupa anche di scultura. Nel 1986 espone una mostra di dipinti “La donna di Calabria” alla Galleria S. Karl di Vienna, riscuotendo un notevole successo di critica e di pubblico. Fonda la Stamperia del Sileno, offi cina calcografi ca che darà alla luce numerosissime edizioni d’arte. La sua attività di scultore si esprime in tante opere monumentali sia sacre che civili, in marmo o in bronzo. Tra le più note, oltre al monumento a Morelli a Vibo Valentia, quelli a Leonida Repaci e Francesco Antonio Cardone a Pal-mi, il bassorilievo sulla sepoltura di Alarico presso il Credito Cooperativo di Cosenza, il Cristo Orante di Fuscaldo, la Madonna degli Emigrati a Toronto, il San Rocco ligneo a Sidney. Dal 1993 riprende intensamente la mai abbandonata attività pittorica (nella foto sotto, il quadro intitolato Bocca di Rosa), realizzando i grandi cicli dedicati a Frate Francesco di Paola, Petrushka, Omaggio a Fabrizio De Andrè (mostra inaugurata a Palazzo San Giorgio di Genova per ricordare il grande cantautore nel secondo anniversario della morte), Labirinthos, “L’uomo che ride” (omaggio a Victor Hugo), fi no alle più recenti “Storie di Castelli, Principesse e Amori”, Omaggio a Pablo Neruda e, da ultimo, Omaggio a Ruggiero Leoncavallo.

dignità della stessa specie. Alle spalle del gruppo, quasi un monito: la nostra donna calabrese, tanto spesso madre di fi gli uccisi da una assurda quanto odiosa guerra mai dichiarata; accanto, una creatura che piange nella sua nudità disperata forse per la fame, forse per la paura.Non ho voluto indugiare in eccessive descrizioni anatomiche e di parti-colari convinto che l’essenzialità formale conferisca all’opera maggiore effi cacia.L’opera è stata realizzata direttamente in acciaio e gesso d’alabastro, fusa in bronzo cavo a cera persa. Ha un peso di circa cinque tonnellate ed una altezza di metri 3, 40.Ringrazio gli Uomini che hanno reso possibile la realizzazione di tale monumento e voglio augurarmi che la profusione del mio impegno sia stata all’altezza della Nobiltà del Loro intento.

Maurizio Carnevali

La statua di Michele Morellipresente a Vibo Valentia,realizzata dallo scultoreMaurizio Carnevali.

tratto da “Michele Morelli - Primo martire del risorgimento italiano”Edizioni Mapograf 1992

“Bocca di Rosa”

17 Luglio 1991

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Alcune erano già note al pubblico attento dei cultori di arte sacra, altre erano state gelosa-mente custodite negli armadi delle sacrestie, e per questo inedite: sono le preziose opere

in argento messe saggiamente in mostra a Palazzo Ar-none di Cosenza, a testimonianza di quel patrimonio ar-tistico, della provincia di Vibo Valentia e della Calabria tutta, permeato di fede e di misticismo.È la luce promanata dall’argento a guidare il percorso di storia tracciato dalla sacralità delle opere esposte; ar-gento fi nemente modellato dai maestri meridionali più prestigiosi, tra il XV ed il XIX secolo, per dare corpo e anima ai simboli del culto religioso calabrese. Centottanta le opere in mostra, enigmatiche e affasci-nanti. Frammenti speciali di storia secolare che narrano la stratifi cata identità culturale della regione. Croci e ostensori, calici e pissidi, reliquari e busti, turi-boli e ferule, cartegloria e tronetti: capolavori argentei di cui sono custodi le diocesi della Calabria.Ed in questo mare magnum d’arte sacra Vibo Valentia emerge con i suoi splendidi tesori museali ed ecclesia-stici. È patrimonio della provincia vibonese il logo della mostra “Argenti di Calabria”, lo straordinario Turibolo in argento sbalzato, inciso e cesellato alla fi ne del secolo XV proveniente dalla Cattedrale di Mileto, opera di ar-gentieri meridionali.Il Turibolo è un contenitore di metallo a forma di cop-pa su piede, che contiene un piccolo braciere con car-boni ardenti, su cui si dispongono i grani d’incenso. È chiuso da un coperchio intagliato a giorno per attivare la combustione e liberare il fumo profumato. Stile rigo-rosamente gotico che richiama le coeve costruzioni ar-chitettoniche, con torri, guglie e pinnacoli.Nessun punzone è impresso nell’opera per risalire pun-tualmente alla provenienza, ma per analogia con altri esemplari coevi, l’ambito elettivo sembra essere napo-letano.Dal Museo della Cattedrale di Tropea, invece, proviene la Statua di Santa Domenica in argento sbalzato, inciso e cesellato, con cornici e fi gure in bronzo dorato, opera di Gaetano e Nicola Avellino, maestri napoletani. L’agiografi a narra che la Santa, vergine romana che può identifi carsi con la martire greca Ciriaca, in seguito la-

tinizzata in Domenica, durante le persecuzioni di Dio-cleziano fu decapitata ed il suo corpo trasportato dagli angeli a Tropea, dove venne eletta protettrice e dove è venerata come martire locale. Di particolare pregio il diadema posto al centro della fronte della Santa, che la-scia sottintendere le proprie origini patrizie. Nella mano sinistra regge un libro, la croce e la palma, simboli del suo martirio. In basso a sinistra è riprodotta in miniatu-

Immagini tratte dal catalogo della mostra “Argenti di Calabria”Nella foto grande, il Turibolo (Cattedrale di Mileto)Sopra, Santa Domenica (Museo della Cattedrale di Tropea)

negli

di Francesco Piro

Tra le 180 opere in mostra a Cosenzafi no al 30 aprile 2007molte provengono dal Vibonese,a cominciare dallo splendido Turibolocesellato alla fi ne del XV secolo,immagine simbolodell’esposizione ospitataa Palazzo Arnone.

Frammenti di storia secolare

di Vibo Valentia

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ra la città di Tropea, mentre a destra, due piccoli devoti lupi in bronzo dorato, alludenti a un episodio della sua vita, quando gettata ad essi in pasto, ne uscì indenne. A defi nire l’humus culturale ed artistico della Chiesa calabrese in età aragonese contribuisce il Riccio di ba-colo pastorale – Cristo Consacrante un vescovo – della seconda metà del XV secolo, proveniente dalla Catte-drale di Tropea. Nel nodo, che riproduce una struttura architettonica esagonale con cupoletta dorata e decora-ta a scaglie, si aprono nicchie e archetti all’interno delle quali si delineano microsculture raffi guranti la vergine con il Bambino, i Santi Pietro e Paolo, un vescovo, Bar-tolomeo e Giacomo.Dal nodo si diparte il riccio sottolineato dal rincorrersi delle foglie d’acanto, sulle cui lamine argentee si dise-gna l’ordinato svolgersi di girali e foglie, a cinque, quat-tro e tre petali. Al centro del manufatto il Cristo in tro-no benedicente un vescovo, probabilmente Sigismondo Pappacoda, la cui prelatura intercorre tra gli anni 1499 e 1536. Le vicende critiche del bacolo di Tropea si sono da sempre intrecciate con quelle del più noto esemplare di Reggio Calabria del quale «non è certamente una fi acca copia, ma molto più probabilmente la ripetizione di un comune modello di bottega» (Lipinsky 1934).

In altro, Navicella portaincenso (Cattedrale di Mileto)A destra, Riccio di bacolo pastorale Cristo Consacrante un Vescovo (Cattedrale di Tropea)

Faceva parte del corredo dello splendido busto argenteo di San Leoluca, patrono di Monteleone, oggi Vibo Va-lentia, la preziosa Mitria commissionata all’argentiere napoletano Mattia Condursi dai cittadini di Monteleo-ne nel 1854, come ex voto a San Leoluca, patrono della città, per averli salvati dal colera.La Mitria, oggi custodita nel Museo d’Arte Sacra di Vibo Valentia, è in argento sbalzato e cesellato, ed è composta da due lamine sagomate, ornate con esuberanti motivi vegetali e ghirlande, alcune delle quali ulteriormente sottolineate dalla loro doratura. A completare la ricca decorazione, l’incastonatura di gemme ornamentali di vario colore. La Mitria, assieme alla base processionale, scampò al furto del busto di San Leoluca, trafugato nel-la notte del 17 gennaio del 1975.Altro notevole esempio dell’abilità dei maestri argen-tieri di scuola napoletana è l’Ostensorio raggiato con nodo fi gurato - San Tommaso d’Aquino - custodito nel-la Chiesa di San Domenico di Soriano Calabro.Realizzato con tecnica tipica del tardo barocco napole-

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tano, è fi nemente lavorato e decorato con pietre orna-mentali. La base circolare, sostenuta da quattro piedini, è arricchita dalle due splendide statuine di angeli seduti alla destra e alla sinistra del corpo centrale che si erge verso il nodo. Gli angeli reggono in mano i simboli della passione di Cristo: la colonna ed i fl agelli, quello a sini-stra; la Veronica, con la defi nizione a rilievo del volto di Cristo incoronato dalle spine, quello a destra. Il nodo, costituito da un globo, sul quale sono incise a graffi o le rappresentazioni del sole, della luna, delle stelle e dello zodiaco, è sorretto da testine di cherubini, ai lati delle quali partono due grappoli di melograni, simboli del-l’Eucaristia. Sul nodo si poggia la fi gura di San Tomma-so d’Aquino. L’Ostensorio si conclude con la teca a for-ma di sole e alla sua sommità spighe di grano fermate da un nastro.Tra le altre opere esposte, appartenenti al patrimonio di arte sacra della provincia di Vibo Valentia, spiccano: i busti di San Nicola e di San Fortunato di Mileto, la Cro-ce astile di Pizzoni, le Pissidi di Serra San Bruno, le Serie di cartegloria di Nicotera e la navicella porta incenso di Mileto.Attraverso questa mostra, dunque, organizzata dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico della Calabria, e magistralmente curata dal Soprintendente Salvatore Abita, si dà conto delle molte e differenti declinazioni di quest’arte, a tor-to ritenuta “minore”, a tutt’oggi ancora poco studiata, e tendente ad essere confi nata nell’ambito degli interessi specialistici. Di sicuro la mostra “Argenti di Calabria” ha realizzato una impresa di grande valore scientifi co e culturale fi no ad ora mai tentata: raccogliere in un’uni-ca sede i manufatti più preziosi e signifi cativi del patri-monio degli argenti della provincia di Vibo Valentia e dell’intera regione. Una prima assoluta, un debutto bril-lantemente riuscito, a cui si spera seguano nuove sco-perte di scintillanti tesori sui quali puntare i rifl ettori. Una mostra che accende la luce negli occhi dei visitatori; quella luce rifl essa dagli argenti di una Calabria traboc-cante di fede.

A destra, Mitria di San Leoluca (Museo d’Arte Sacra di Vibo Valentia)A sinistra, Ostensorio raggiato con nodo fi gurato San Tommaso d’Aqui-no (Chiesa di San Domenico di Soriano Calabro).

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Se si ha la fortuna di avere un proprio universo, allora, quell’universo suggerisce il linguaggio attraverso cui esprimerlo. Per Albino Lorenzo quel linguaggio e quell’uni-

verso sono Tropea: il suo mondo e la sua genealogia. Un mondo dove rifugiarsi e ricrearsi, navigare o perdersi.Il fare dei contadini possenti, l’avanzare a passo pesante delle vaste mucche, le macchie degli sbattimenti solari: chiazze di terra e luce di «un pittore-pittore, autentico, innocente, istintivo, uno che dice pane al pane, che ri-mane pur sempre l’origine e la fi ne della pittura» (Mi-chele Cascella, 1976).Albino Lorenzo nasce a Tropea il 19 gennaio del 1922. Apprende le prime nozioni di disegno dal padre, Save-rio, suo grande maestro. Fino all’età di 18 anni frequen-ta l’Istituto magistrale di Palmi per poi essere assunto all’Uffi cio imposte di Tropea.

Dal 1957 al 1960 insegna l’arte del disegno presso il Se-minario vescovile e dal 1992 è docente di pittura presso l’Accademia “Fidia” di Vibo Valentia. Sposato con Luigia Capua, diventa padre di ben 18 fi -gli. È dopo i 35 anni che si dedica alla pittura in maniera costante e compiuta.Nelle pennellate sfocate dal mosso lirico della calura mediterranea si accende il suo temperamento, che ade-risce totalmente ai valori della civiltà che la sua pittura racchiude.Pennellate di luce accecante del sole e della salsedine della sua Tropea, sanguigna e nobile, ormai tòpos turi-stico per eccellenza della Calabria. In quel fortino, tra l’azzurro del mare ed il verde che lo circonda, Lorenzo riesce a cogliere i resti di una civiltà che non c’è più, e in un caleidoscopio di storie e di fi gure, cariche di

“Scena agreste” - 1988

AlbinoLORENZO

Viaggio nel diario

di Michele Lico

“Lavandaie” 1989

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precarietà dell’uomo, il bisogno dei ricordi, dell’amore che nutre la vita, di quegli attimi di occhieggiamento che si concludono in un ciclo alimentato da suggestio-ni, amori e patimenti, dall’attesa continua, dal vivere quotidiano. Una pittura di forte impatto affi data tutta al colore, all’impasto cromatico della materia, alla sfran-giatura della pennellata.Con una tavolozza-mortaio, in cui sembra pestare l’aria e il sole, la polvere e il fango, Lorenzo dipinge asinelli caricati di soma e bovari ingombranti, uomini carichi di un possente destino di vita, una natura forte, selvaggia e agreste.Fotogrammi ridotti all’essenziale nel viaggio tra appa-

rizione e ricordo, i giorni captati da Lorenzo: fl ash at-timali infi lzati dalla memoria. Nelle storture delle sue forme l’”espressionismo” di Lorenzo: lo storpiarsi e contrarsi di molte fi gure, che accennano all’immagine di una umanità caricata dal peso dell’esistenza, ma pur nervosamente reattiva; questo espressivo continuo dar di spalle di uomini e donne, davanti ai panni stesi al sole o ad una fontana che scorre, su una bicicletta o nel raccogliere le olive nei campi. Espressionismo? Forse è meglio parlare di «dinamismo irrequieto - dice Maurizio Calvesi nel 1991 - inconcludi-bile ed inconcluso, nel friggere perpetuo di uno stimolo verso il movimento senza arresti né chiusura; con ac-

sentimenti e passato, vive con entusiasmo nuovo il suo idillio con la memoria ed i suoi luoghi. E il fi ltro della memoria ch’egli attiva è una animazione di sequenze, di ombre, che di continuo ripassa, come un album di fa-miglia. «Dopo tanto girar di pagine, l’una uguale all’al-tra, nel librone del tempo, ora il battente della rilegatura sembra spiombare sull’ultima, trattenuto dal pittore che non rinuncia a disegnarvi le sue opere» (Maurizio Cal-vesi, 1991). Sganciata dallo spessore intellettualistico la sua arte pit-torica, poco incline alle mode, modesta, lontana da ogni clamore, ma capace di trasmettere inequivocabilmente la sua instancabile e caparbia ricerca della memoria.

I contadini al mercato – una delle scene più ricorrenti della sua produzione – par quasi che aprano un dialogo tra il pittore ed il suo interlocutore. In quelle fi gure solo accennate un dinamismo che sa di teatralità. In quei tratti sfumati la vibrazione della luce rende più vivo il contrasto delle masse. E se il messaggio di Lorenzo nasce dal rapporto visce-rale tra il pittore e la propria terra, «non geografi ca è la sua pittura, ma ben più in là della Calabria approda, pur da essa partendo e senza essa mai tradire» (Lucio Bar-bera). Perché la pittura di Lorenzo esprime il disagio, il disappunto per una semplicità perduta, per dei valori smarriti; annota, denuncia, registra, riporta alla luce la

“Mercato” 1980

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centi che mimando l’apparente goffaggine del povero ne esaltano l’autentica antica sapienza naturale di ar-monizzarsi con i movimenti della natura: dai tagli del-le rocce, al rattorto spiegarsi degli olivi, al fl ettersi di un ramo nel vento, al tendersi del mare, o al sobbalzare di una groppa d’asinello». I ritratti, altro genere in cui Lorenzo esprime pienamente la sua arte: dal soggetto all’occhio, dall’occhio al dipinto, il suo dinamismo crea-tivo, espressione o lettura del sentimento dell’artista. Lorenzo si schermiva dinanzi ai tanti apprezzamenti ri-voltigli da artisti e critici di notoria fama. Diceva spesso: «Io sono solo me stesso. Per me la pittura è la vita. È uno stato d’animo». E quando gli domandavano cosa fos-se per lui la pittura ribadiva: «La pittura è l’unica cosa

sentitamente viva della mia vita, un ideale tangibile, un bisogno quasi fi sico. Ho fatto del colore un castigo quotidiano ed una pena d’amore. Esiste in Calabria un mondo di gente con le mani ruvide, pieno di speran-ze, spesso tradite, deluse, eppure mai sopite; di uomi-ni e donne che sanno cos’è l’attesa sotto il sole, vissuta senza dire parola o bestemmia, ma con la voce pronta a ringraziare per quel poco che è loro concesso, la fatica, la speranza e il sole. Noi, con molto distacco riteniamo questo mondo contadino tramontato, superato. Ecco, questo mondo ripreso per frammenti che appartengono all’esistente, è il mio mondo, è la mia pittura».

A sinistra e sopra, ritratti di donna.

gennaio / febbraio2007

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