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JAMES HALL DIARIO SICILIANO (febbraio-marzo 1822) a cura di rosario portale introduzione di iain gordon brown JAMES HALL DIARIO SICILIANO (FEBBRAIO-MARZO 1822) AGORÀ & CO. AGORÀ & CO.

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JAMES HALL

DIARIO SICILIANO(febbraio-marzo 1822)

a cura di rosario portale introduzione di iain gordon brown

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Il diario del viaggio in Sicilia compiuto nel 1822 dal giovane avvocato scozzese James Hall in compagnia di due suoi ami-ci e connazionali – James Veitch e Adam Paterson – è contenuto in tre piccoli qua-derni d’antan. In essi l’Autore ha descrit-to, annotato e commentato con cura ed entusiasmo quanto di più lo aveva colpito, incuriosito e attratto nel suo quotidiano spostarsi da un capo all’altro dell’Isola at-traverso campagne, borghi, paesi e città. Ciò che impreziosisce e per molti aspetti rende questo diario di viaggio unico nel suo genere è lo straordinario numero di schizzi a matita, realizzati su piccola scala e quasi sempre direttamente sul posto, che l’Autore ha fatto di vedute, monumenti, siti e resti archeologici, abitanti, dettagli di rocce e di piante, fiori, animali, paesag-gi, navi, isole, etc. Nell’affidarli alla pagi-na, egli non mirava alla perfezione o alla grande qualità artistica, ma gli servivano per fissare quello che più lo incuriosiva o gli passava davanti rapidamente mentre a dorso di mulo si spostava da un posto all’altro. Una sorta di aide memoire perso-nalissimo e prezioso, quindi, che, insieme ai suoi giudizi, descrizioni, osservazioni, commenti e considerazioni, ci restituisco-no un’immagine genuina, fresca e molto particolare della Sicilia del tempo.

I 145 schizzi contenuti nei tre quaderni sono a matita. Non è stato possibile ripro-durli tutti in quanto, per il tratto leggero dell’Autore, la qualità della carta e l’usu-ra del tempo, moltissimi si presentano troppo sbiaditi, sfocati e spesso anche di difficile interpretazione. Per questi motivi si è ritenuto opportuno farne un’accurata selezione e riprodurre solo quelli meglio conservati e ancor oggi “leggibili”.

€ 29,00 AGORÀ & CO.

Rosario Portale, professore ordinario di Let-teratura Inglese, si è occupato del Romanticismo inglese, del teatro inglese contemporaneo, di let-teratura comparata e di letteratura odeporica. Ha collaborato, come responsabile unico e di settore per la letteratura inglese e del Commonwealth, a numerose pubblicazioni edite dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Tra le sue pubblicazio-ni: Plays of the Absurd – Beckett Pinter Simpson (Napoli 1977); Virgilio in Inghilterra (Pisa 1991), una raccolta di saggi di comparistica sull’influen-za del poeta latino su alcuni dei maggiori autori inglesi dal 1500 al 1800; La meteora Brydone (Sar-zana 2004), una monografia sulla fortuna/sfortu-na del viaggiatore scozzese Patrick Brydone. Ha curato la traduzione di T.L. Peacock, Le quattro età della Poesia – P.B. Shelley, Difesa della Poesia (Pisa 1991), di John Dryden Jr., Un viaggio in Si-cilia e a Malta nel 1700-1701 (La Spezia 1999), di Patrick Brydone, Viaggio in Sicilia e a Malta 1770 (Sarzana, 2005), di W. Young, Viaggio in Sicilia e a Malta nell’estate del 1772 (Lugano 2009), con Stel-la Di Benedetto, e i due volumi di Atti di Convegni Internazionali, La traduzione poetica nel segno di Giacomo Leopardi (Pisa 1991), e Omaggio a Keats e Leopardi (Pisa-Roma 1997). Per gli studi e le ri-cerche nel campo della comparatistica e della let-teratura di viaggio, gli sono stati assegnati: il Pre-mio del Presidente (XV Premio del Mediterraneo, Palermo 1992); il Premio Cultura Mediterranea (Premio Letterario Nazionale “G. D’Alessandro” – VIII edizione, Benevento 2003); un Premio della Cultura (Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2005) e il Premio Internazionale Cultura del Viag-gio 2013 per la Critica (Moncalieri 2013).

Il Dr. Iain Gordon Brown è stato per molti anni Principal Curator of Manuscripts della Biblioteca Nazionale Scozzese, a Edimburgo, e di quella isti-tuzione oggi è Honorary Fellow. Ricopre l’incari-co di Curator della “Royal Society of Edinburgh”, l’Accademia Nazionale Scozzese, e ne è anche Fel-low. In qualità di Fellow fa anche parte della “So-ciety of Antiquaries” di Londra. È autore di nume-rosissime pubblicazioni nel campo dell’antiquaria britannica e sulla storia del gusto, su viaggiatori britannici, artisti e archeologi in Italia (in parti-colare Allan Ramsay e Robert Adam) e sul Grand Tour e la sua influenza. Ha anche pubblicato diver-si articoli su James Hall, autore di questo Diario siciliano. 4613197888979

ISBN 9788897461319

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VIAGGI E VIAGGIATORIIN SICILIA

Traduzioni, testi critici e documenti

Collana diretta daRosario Portale

16.

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questa collana è pubblicata sotto l’egida della

Provincia Regionaledi

Catania

e con il patrocinio di

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Ministero per le Pari Opportunità

Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra Uomo e Donna

The British Embassy

The British Council

Ambassade de France en Italie

Università degli Studi di Catania

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JAMES HALL

DIARIO SICILIANO(febbraio-marzo 1822)

a cura di rosario portale introduzione di iain gordon brown

AGORÀ & CO.Laborem saepe Fortuna facilis sequitur

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© 2013 AGORÀ & CO.

Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi. Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata.

E-mail: [email protected]

ISBN 978-88-97461-31-9

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SOMMARIO

Ringraziamenti viii

Nota del traduttore ix

Pianta dell’itinerario di James Hall x

Iain Gordon Brown, «Tre volte terra classica».La spedizione siciliana di James Hall 1

JAMES HALL, DIARIO SICILIANO (FEBBRAIO-MARZO 1822) 17

[Prima parte del viaggio, febbraio 1822] 19

Sicilia, febbraio 1822 37

Sicilia, febbraio e marzo 1822 57

Tavole a colori i

Tavole in bianco e nero xxv

Elenco delle tavole presenti nel manoscritto lxxi

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RINGRAZIAMENTI

Innanzi tutto sento il dovere di ringraziare il Dott. Iain Gordon Brown, per lun-ghissimi anni Principal Curator della Manuscripts Division della National Libra-ry of Scotland e studioso di vaglio. È grazie alla sua scoperta dei diari di viaggio di James Hall se questo volume oggi vede la luce. La sua indiscussa competenza ed acribia si sono rivelati fondamentali nelle varie revisioni della trascrizione dei manoscritti, nella stesura di alcune note e nel reperimento di raro materiale bio-grafico relativo ad alcune persone menzionate da Hall. Nella sua esaustiva Intro-duzione, poi, oltre a mettere sapientemente a fuoco i motivi e le finalità del viag-gio, dà del giovane Hall una immagine inedita, viva e ‘reale’ contestualizzandola anche nel milieu scientifico, storico e artistico della Scozia del tempo.

Un doveroso ringraziamento va alla National Library of Scotland per averci messo a disposizione la scannerizzazione dei manoscritti e al Prof. Sir John Hall of Dunglass, Bart., per il cortese assenso dato alla realizzazione di questo volume.

Esprimo la mia più profonda gratitudine anche a: Prof. Lorna Watson (Uni-versità di Catania) che, con consumata competenza e bravura, mi ha aiutato nella trascrizione dei manoscritti originali ed è stata sempre prodiga di consigli illu-minanti; Prof. Giuseppe Guzzetta (Università di Catania) per le accurate note di carattere numismatico; Prof. Maria Rosa Grillo (Università di Catania) per i chiarimenti su alcune ambiguità di carattere storico; Mimmo Condarelli (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Catania) per la messa a punto dei termini di geologia e vulcanologia; Proff. Nora Marzi e Agatella Pezzino per la paziente e meticolosa rilettura delle redazioni italiane del testo; Dott.ssa Rita Carbonaro (Direttrice delle Biblioteche Riunite «Civica e A. Ursino Recupero», Catania) per la individuazione di alcuni testi rari del primo Ottocento sui monumenti e le anti-chità della Sicilia; Dott. Angelantonio Palillo, giornalista e studioso di odeporica, per i preziosi chiarimenti sulle guide, i ciceroni e l’idrografia di Agrigento; Dott. Iain Halliday e Theresa Giblin per l’assistenza nella decodificazione di espressioni e termini scozzesi; Dott. Andrea Zanghì (Corpo delle Capitanerie di Porto) per i chiarimenti sulla terminologia marittima. Un particolare ringraziamento rivolgo anche ai Dott. Fabio Famoso e Maurizio Zignale (Università di Catania) per avere realizzato la cartografia di supporto all’itinerario siciliano di James Hall. Al Dott. Zignale , inoltre, sono grato anche per l’aiuto fornitomi nella identificazione di alcuni luoghi presenti negli schizzi di Hall privi di didascalia. Un grazie speciale, infine, a mia figlia Daria per tutti i chiarimenti e suggerimenti relativi alle parti archeologiche del testo.

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NOTA DEL TRADUTTORE

Il viaggio in Sicilia di James Hall è contenuto nei seguenti tre quaderni manoscrit-ti, tutti dello stesso formato e di mano di Hall, che si trovano alla National Library of Scotland, Edimburgo: MS 27629 (Sketch Book & Journal No.13. Voyage from Naples to Sicily. In Sicily. February 1822), MS 27630 (Sketch Book [& Journal] No.14. Sicily. February 1822), MS 27631 (Sketch Book [& Journal] No.15. Sicily. February & March 1822).

Il testo presenta pochissime lacune; non ci sono cancellazioni, correzioni, pentimenti o rimaneggiamenti di forma o di sostanza, a conferma che quanto l’Autore scrisse, lo scrisse di getto. Nel manoscritto 27630 manca il Folio 27/27 v, strappato e portato via da mano ignota. I tre quaderni sono stati trascritti integralmente, editati e tradotti. Nella traduzione, le lacune sono indicate da tre puntini entro parentesi quadra. Sempre tra parentesi quadra (anche nelle dida-scalie dei 145 schizzi che corredano i manoscritti) sono state inserite tutte quelle esplicitazioni e/o congetture che si sono rese necessarie per ragioni sintattiche o perché altrimenti il periodo, la frase o l’immagine sarebbero risultati oscuri o privi di senso. Tutti i nomi di trattorie, locande e navi, le parole, battute ed espressioni in italiano o in altre lingue, anche quando Hall non le aveva distinte dal resto del testo, sono stati corsivati. Tutte le numerose citazioni latine, per le quali egli si affidava alla memoria (da qui, i tradimenti e le imprecisioni), sono state filologicamente riprese, corrette e/o integrate, e l’originale messo in nota. Con l’eccezione dei versi di Burns, tutte le citazioni sono state tradotte e i testi originali riportati in nota. Molti evidenti e, talvolta, buffi errori e sviste nella scrittura di nomi di luoghi sono stati tacitamente corretti e, in qualche caso, la punteggiatura normalizzata. Anche nella traduzione di questo testo, la mia principale preoccupazione è stata quella di rimanere quanto più fedele possibile all’originale rispettando, anche nei più minuti dettagli , il contenuto, le nuances e le peculiarità dello stile dell’Autore e cercando di mantenere intatto il sapore e la patina ottocenteschi. Lo stesso criterio è stato adottato anche per la traduzione dell’Introduzione di Iain Gordon Brown.

Rosario Portale

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Itinerario del viaggio di James H

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«TRE VOLTE TERRA CLASSICA». LA SPEDIZIONE SICILIANA DI JAMES HALL

Il periodo di circa trentadue giorni, tra febbraio e marzo del 1822, tra-scorso in Sicilia da James Hall (1800-1854)1 e descritto nel diario ine-dito che si pubblica in questo volume, è soltanto una parte del suo più lungo e ampio Grand Tour. Per quanto relativamente breve se parago-nato ad altri viaggi sul Continente, il suo durò complessivamente non molto più di tredici mesi – da luglio 1821 ad agosto 1822 – ma fu molto interessante e riveste una notevole importanza per il metodo che adottò nel prendere nota di quanto osservava. Il diario di quella esperienza, lungo e riccamente illustrato, è un documento di rara, eccezionale bel-lezza2. I tre quaderni sulla Sicilia3 mostrano il suo modo di ‘registrare’ e la straordinaria capacità di gioire, entusiasmarsi e percepire tutto ciò che lo circondava.

Hall fece il suo Grand Tour quando quello straordinario fenomeno culturale, così importante per la formazione del gusto e dell’istruzione e così tanto amato dall’aristocrazia britannica e dalla piccola nobiltà del secolo precedente, volgeva al tramonto. I suoi viaggi appartengono al periodo più tardo e più ‘diluito’ del Grand Tour, quando cioè, dopo la fine della Rivoluzione Francese e delle guerre napoleoniche, quella grande tradizione riprese, ma in forma più modesta. Durante il periodo della dominazione francese in Europa, di fatto il Continente era stato precluso ai viaggiatori provenienti dalla Gran Bretagna. Con la pace del 1802 in tantissimi avevano ricominciato a viaggiare all’estero ma alla ripresa delle ostilità il flusso ancora una volta si era interrotto (John Chetwode Eustace e Joseph Forsyth, dei cui diari di viaggio Hall si servì per il suo viaggio in Italia, avevano approfittato di quel breve periodo

1 Su James Hall si veda Iain Gordon Brown in The Oxford Dictionary of National Biography (Oxford 2004), vol. 24, pp. 621-22.

2 Edinburgh, National Library of Scotland (NLS), MSS. 27623-37.3 NLS MSS. 27629-31.

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di pace per ritrovare qualcosa della tradizionale curiosità britannica di vedere ed esplorare il suolo classico dell’Italia)4.

Fu nel 1814 e poi dopo l’interruzione dovuta al breve ritorno di Napoleone dall’esilio e alla sua definitiva sconfitta nel 1815, che l’Europa si riaprì ai viaggia-tori britannici del periodo della Reggenza. Da allora in poi, però, il Grand Tour, come istituzione educativa e sociale, non sarebbe stato più lo stesso e nell’arco di circa trent’anni dalla data del viaggio europeo di James Hall, quella tradizione vecchia di due secoli era finita trasformandosi in qualcosa di completamente diverso da quello che era stato per i viaggiatori dell’epoca d’oro del Grand Tour settecentesco.

All’inizio del XIX secolo fare un viaggio in Sicilia non era una cosa affatto insolita né era così realistico che un’altra testimonianza di una spedizione nell’ Isola potesse essere vista come priva di interesse e di emozioni. La Sicilia era ad un tempo oltre i confini del Grand Tour ‘standard’ ed anche una parte di un itinerario più lungo che forse soltanto i viaggiatori più avventurosi potevano immaginare. Nei decenni precedenti, un significativo numero di grandtouristi provenienti dai paesi del Nord Europa era infatti andato in Sicilia. L’Isola, tut-tavia, ancora al tempo di Hall, rimaneva una meta molto meno visitata rispetto alla maggior parte dei luoghi di quell’itinerario tradizionale e culturale che Ri-chard Lassels, un buon secolo e mezzo prima, aveva definito ‘il Grand Tour della Francia e il giro d’Italia’. Un numero incalcolabile di grandtouristi andò in Italia; molti di meno - in qualsiasi periodo - inclusero la Sicilia nei loro itinerari.

Nella sua spedizione siciliana Hall mostrò un aspetto avventuroso della sua natura, lo stesso che nella tarda estate dell’anno precedente lo aveva portato insieme ad un suo compagno, James Veitch, dalle meno conosciute regioni del sud-ovest della Francia a valicare i Pirenei e a proseguire fin nel centro della Spagna. È un vero peccato che i diari del viaggio relativo alla Spagna siano andati perduti, tuttavia, vari riferimenti in altri parti del diario che ci è perve-nuto, indicano chiaramente e in vari modi che la Spagna fu, se non proprio il momento culminante, certo una parte molto importante dell’intero viaggio. Hall gioì molto visitando freneticamente le bellezze di Parigi (dove sarebbe ri-tornato verso la fine della sua avventura europea) e viaggiando attraverso la

4 Hall ci informa, in alcune parti del suo diario, che si era servito dei libri di Eustace (Tour through Italy, Exhibiting a View of its Scenery, its Antiquities, and its Monuments, Particularly its Monuments, as they are Objects of Classical Interest and Elucidation; with an Account of the Present State of its Cities and Towns, and Occasional Observations on the Recent Spoliations of the French, London 1813 e successive edizioni)) e di Forsyth ( Remarks on Antiquities, Arts, and Let-ters During an Excursion in Italy in the Years 1802 and 1803, London 1813, e successive edizioni).

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la spedizione siciliana di james hall 3

campagna, i paesi e le città di provincia francesi. L’Italia, naturalmente, era la sua vera meta, così come doveva esserlo stato per chiunque aveva fatto il Gran Tour. Un viaggio sul Continente che non avesse portato un viaggiatore a visitare i siti classici e le città italiane, soprattutto Roma, difficilmente si sarebbe potuto definire un Grand Tour.

Durante l’autunno, l’inverno e la primavera del 1821-22, Hall visitò Firenze, Roma (due volte: una andando a sud e una nel viaggio di ritorno), Bologna, Ve-nezia e anche buona parte della campagna della Toscana, dell’Umbria e della Lombardia, oltre a molte piccole città, di solito meno visitate, nella valle del Po. I diari relativi a tutti questi posti e regioni ci sono pervenuti; quelli andati perduti, oltre a quelli spagnoli, ci avrebbero fornito informazioni su cosa fece in Ligu-ria, a Genova, a Livorno e negli altri luoghi dove si recò, e ci avrebbero altresì permesso di condividere il piacere da lui provato nel vedere per la prima volta le antichità classiche nel sud della Francia, dentro e intorno a Nîmes. Dall’Italia del nord fece ritorno in patria viaggiando attraverso la Svizzera fra gli scenari alpini diventati ormai molto più di moda di quanto non lo fossero pochi decenni prima, quando il gusto per la particolare bellezza della natura allo stato primi-tivo aveva cominciato a spostarsi a favore di tali paesaggi. Visitò le città del sud e dell’ovest della Germania, discese il Reno fino ai Paesi Bassi, poi, ancora una volta trascorse alcune settimane a Parigi e concluse il suo viaggio nel nord della Francia nell’agosto del 18225.

Per James Hall, come per la maggior parte dei viaggiatori britannici e più in particolare per le generazioni precedenti, un Grand Tour era essenzialmente un viaggio alla ricerca delle antichità classiche. Gli inglesi, in effetti, sin dalla fan-ciullezza avevano una grande familiarità con i classici. I Grand Tour erano viag-gi ricchi di suggestioni e ricordi letterari durante i quali, in ogni luogo visitato, venivano richiamati alla memoria autori latini che di quel luogo avevano parlato ed eventi storici che lì erano avvenuti. La stessa Roma soddisfece la parte classica della propensione e della cultura di Hall ma, per molti aspetti anche in modo più forte, attrassero e spinsero l’avventuroso viaggiatore verso il sud, Napoli e i siti

5 Sui viaggi in Europa di Hall si veda Iain Gordon Brown, ‘Intimacy & Immediacy: James Hall’s Journals in Italy and Germany 1821-22’, in Britannia Italia Germania. Taste & Travel in the Nineteenth Century, a c. di Carol Richardson and Graham Smith (Edinburgh 2001), pp. 23-42. Contiene anche dei riferimenti a Sir James Hall (1761-1832) come grandtourista. Entrambi gli Hall figurano nel mio saggio ‘Water, Windows and Women: The Significance of Venice for Scots in the Age of the Grand Tour’, Eighteenth-Century Life, 30:3 (2006), pp. 1-50.Si veda anche, specificatamente per la Francia, Iain Gordon Brown, ‘James Hall’s Paris Day’, Scottish Archives, 17 (2011), pp. 13-25.

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4 iain gordon brown

intorno alla sua affascinante baia e i richiami classici, accresciuti ancor più dalle spettacolari scoperte archeologiche del XVIII secolo.

Il crescente interesse per la civiltà greca che, oltre a quella romana, aveva contribuito a rendere grande l’antica civiltà mediterranea, faceva dei templi di Paestum, che si trovavano ancora più a sud, una meta più importante per degli spiriti intraprendenti che volessero spingersi oltre l’itinerario convenzionale e tradizionale del Grand Tour e in un territorio infestato dai banditi e dalla malaria, e quindi meno sicuro e più pericoloso per la salute.

La Sicilia, come è stato detto, divenne una meta ancora più attraente per tutti quei viaggiatori che amavano l’avventura, un luogo ancora più selvaggio ed esotico dove i resti di così tante epoche storiche si potevano trovare fianco a fianco in un paesaggio dalla natura straordinaria e che la mano dell’uomo aveva reso culturalmente ricco.

James Hall, nel solco di questa tradizione più avventurosa del Grand Tour ‘allungato’, all’inizio del 1822 si spinse fino a Napoli. Egli considerò la sua spedi-zione in quella città il massimo punto di arrivo del suo intero viaggio. E Napoli, invero, doveva essere, come lui stesso affermò, il suo ‘punto di svolta’. Vide molto della campagna circostante e gioì di tutto quello che visitò, dagli scavi di Pompei (dove, per esempio, prese nota dei resti appena portati alla luce) alle suggestive vedute dei Campi Flegrei con i loro richiami intrisi di letteratura classica e di mi-tologia, dalla sublimità della campagna selvaggia vicino a Salerno, Vietri e altre località resa famosa dai dipinti di Salvator Rosa, ai piaceri sibaritici della stessa baia di Napoli. Fu affascinato dal Vesuvio. I paesaggi selvaggi della parte amal-fitana della penisola sorrentina attrassero la parte ‘romantica’ del suo carattere e della sua mentalità, come lo attraevano i monumenti dell’architettura gotica. La primitiva grandezza dei tempi greci di Paestum gli richiamava alla memoria il ‘classicismo romantico’ dell’estetica della Reggenza. Hall considerava quegli edi-fici come «l’oggetto più imponente sulla terra» e «l’opera più nobile dell’uomo». Il Tempio di Nettuno valeva «letteralmente più di tutti gli edifici dell’Italia e di quelli di Nîmes messi insieme». «La sensazione che si prova vedendo il Tempio di Nettuno equivale alla somma di tutte le sensazioni precedenti prodotte da vestigia dello stesso genere… È una perfetta fusione di bellezza e grandiosità che i metafisici pretendono di separare come incoerenti»6.

Così, forse inevitabilmente, dal momento che si trovava a Napoli, la sensibilità di Hall per i templi, i paesaggi selvaggi, il grandioso e il sublime nella natura, lo spinse a continuare il viaggio verso la Sicilia. Descrisse questa sua ‘spedizione’

6 NLS MS. 27628, ff. 25-26v.

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la spedizione siciliana di james hall 5

come «una sortita imprevista fuori dalla rotta»7. L’espressione suggerisce che egli e i suoi due compagni di vi aggio scozzesi, James Veitch (1799-1873) e Adam Pa-terson (1800-1832) in precedenza non avessero in mente di fare la traversata da Napoli a Palermo e poi il giro dell’Isola. Una volta a Napoli, però, l’attrattiva di una spedizione del genere fu troppo forte perché non la mettessero in atto.

È interessante notare come il richiamo di viaggi sempre più avventurosi esercitasse ancora il suo fascino su Hall e sui suoi compagni man mano che la spedizione siciliana volgeva alla fine tanto che alcuni intendevano proseguire per Atene e persino Costantinopoli, anche se Hall non era d’accordo. Credo che già da allora egli avesse in mente di continuare a viaggiare in Europa, antici-pando quello che avrebbe dovuto fare in un secondo tempo. E questo in effetti fece. Deve aver pensato che in quel momento della sua vita, avventurarsi oltre la Sicilia gli avrebbe sovraccaricato la mente, spossato il fisico (e forse prosciugato anche il borsellino).

Andando in Sicilia, Hall seguì le orme del padre il quale, negli anni 17808, du-rante il primo dei suoi viaggi aveva visitato molti degli stessi luoghi sia nell’Isola che in altre parti del Continente. Con lui, inoltre, il giovane Hall aveva in comu-ne anche la passione per l’arte greca e l’arte gotica e, considerando tempi ben più remoti, condivideva l’interesse per la geologia. Sir James Hall (1761-1832), IV ba-ronetto di Dunglass, era un proprietario terriero con una tenuta sul confine tra l’East Lothian e il Berwickshire, a est di Edimburgo. James era il figlio più giova-ne. Sir James era anche un eminente chimico, geologo e geofisico e tra il 1812 e il 1820 era stato il secondo presidente del Royal Society di Edimburgo, l’Accademia Nazionale della Scozia. In questa carica gli successe Sir Walter Scott. Fu in que-sto colto e raffinato milieu intellettuale che crebbe il giovane James.

Fra il 1783 e il 1785 Sir James aveva viaggiato moltissimo in Germania e nell’Europa centrale, ma anche in Italia, in Sicilia e successivamente in Francia, osservando ogni cosa e registrando le sue conclusioni in una vasta serie di diari che più tardi indicizzò con numerose intestazioni assegnando ad ogni serie di osservazioni una lettera per indicare la natura di uno specifico diario: ‘M’, per esempio, stava per ‘Maniere’, ‘P’ per ‘Politica’, ecc.

Come viaggiatore, però, cosa assolutamente insolita, Sir James era stato spinto in massimo grado dalla curiosità scientifica e molte delle mete e degli scopi del suo Grand Tour erano fuori dal comune, se non addirittura eccentriche. Egli

7 NLS MS. 27632, f. 15.8 Il primo tour europeo di Sir James Hall è contenuto nel suo diario che si trova alla National

Library of Scotland, MSS. 6324-32.

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trasmise al giovane figlio la sua spiccata curiosità e le sue capacità analitiche, e questi, come il padre, registrò tutto, ma il suo modo di registrare fu alquanto diverso e infinitamente più coinvolgente, come dimostra il diario siciliano.

Il Grand Tour di Sir James, quanto all’itinerario, era stato ampio e insolito. Da geologo qual era amava le montagne e pertanto non le riteneva ‘orride’. I vul-cani erano la sua passione. Il figlio, come si può vedere dal suo diario siciliano, avrebbe condiviso l’interesse del padre per la geologia e la vulcanologia. Quanto all’architettura, Sir James non era un Palladiano. Egli, per esempio, fu capace di ‘liquidare’ la famosa Villa Rotonda a Vicenza affermando semplicemente che era ‘discretamente carina’9. Quello che invece lo interessava in modo particolare era il gotico e, in seguito, sulle origini di quello stile scrisse un famoso saggio (1797) che poi avrebbe ampliato fino a farne un libro importante in cui inserì delle belle tavole e in cui dimostra la presunta derivazione delle costruzioni gotiche in pietra e le sue ricercatezze, da forme vegetali con (ad esempio) foglie arricciate e volte a ventaglio che nascono da boccioli e dalle cortecce raggrinzite dei rami degli alberi10. A sua volta, anche il figlio manifesta questo comune interesse per il Gotico come dimostrano ampiamente e chiaramente i diari del viaggio europeo, incluso quello in Sicilia. Dell’architettura antica, fu il primitivo greco dorico di Paestum, con il suo ‘aspetto virile e imponente’ che superava ogni aspettativa, a suscitare l’ammirazione di Sir James il quale, con una similitudine affascinante, paragonò le tozze colonne dei templi, a ‘[ quei particolari] vasi di vetro dove si fanno crescere i bulbi delle tuberose’11. I templi greci in Sicilia lo impressiona-rono talmente da pensare che gli edifici romani appartenessero ad un’età in cui ‘quell’arte cominciava a diventare insignificante’12.

Il vecchio Hall viaggiò in un periodo in cui il primitivo, com’era esemplificato dal dorico di Paestum, cominciava ad essere considerato romantico e pittoresco e il gotico non era più bandito come barbaro. Il figlio, col suo modo di percepire romantico tipico della Reggenza, andò alla ricerca sia dell’arte greca quanto del gotico con gusto e trovò diletto in qualunque cosa fosse pittoresca. È interessante notare, tuttavia, che pur condividendo e (come abbiamo visto) riecheggiando l’immensa ammirazione del padre per i templi di Paestum, egli fu molto meno colpito da quelli della Sicilia quando li vide a Segesta, Selinunte ed Agrigento.

9 NLS MS. 6325, f. 71.10 Essay on the Origin, History, and Principles, of Gothic Architecture (Edinburgh and London

1813).11 NLS MS. 6327, ff. 95-96v.12 NLS MS. 6328, f. 74.

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James Hall fu educato alla High School di Edimburgo e alla Shrewsbury School nello Shropshire, nelle West Midlands dell’Inghilterra; frequentò poi l’Università di Edimburgo e fu ammesso alla Faculty of Advocates. Proprio il giorno dopo la sua ammissione all’esercizio della professione forense, ebbe inizio l’avventura che l’avrebbe portato fino in Sicilia. Quando ritornò ad Edimburgo si compiaceva molto di essere chiamato ‘James Hall, l’Avvocato’, ma immaginiamo che questo fosse dovuto al fatto che quel titolo gli conferiva più credibilità intellettuale e prestigio sociale. Dopo tutto, anche il figlio di un baronetto doveva farsi strada nel mondo. A parte l’Esercito e la Marina, quella di avvocato era stata sempre la professione più prestigiosa a cui un giovane scozzese di talento e di buona famiglia potesse aspirare. Un giovane scozzese, che non fosse un proprietario terriero o un nullafacente, aveva pur sempre bisogno di fare una qualche carriera. I giuristi scozzesi, e in particolare i membri della Faculty of Advocates, il ramo più importante dell’avvocatura, per circa 150 anni prima del tempo di Hall, erano stati i leader del gusto letterario e della vita culturale e i legami fra legge e cultura erano stati stretti e duraturi.

In realtà, come avvocato, Hall dovette esercitare poco e in maniera poco si-gnificativa. Negli anni nutrì una qualche ambizione politica e due volte (1841 e 1842) si candidò per un seggio in Parlamento con il Partito Conservatore in un collegio nel sud-ovest dell’Inghilterra, ma non fu eletto. James era essenzialmen-te un dilettante. Da giovane aveva preso lezioni di disegno a Edimburgo da John Francis Williams (da non confondersi con il ben più noto Hugh William ‘Gre-cian’ Williams) e quando fece il Grand Tour era un abile e perspicace – persino maniaco – disegnatore di schizzi che prediligeva le cose stravaganti e insolite e le riproduceva con uno stile piacevole, anche se il risultato non era proprio di qua-lità eccezionale. Nel fare le centinaia di schizzi su piccola scala che ha lasciato nei suoi lunghi diari di viaggio, egli però non mirava alla perfezione e alla grande qualità artistica. Il suo scopo, disegnando a tratti rapidi e sommari, era piuttosto quello di ‘fissare’ la sua esperienza come aide memoir e come mezzo per fissare sulla pagina quello che gli passava davanti rapidamente, per esempio, una vedu-ta, un incontro effimero o un evento passeggero.

Negli Anni Venti si dedicò sempre più all’arte e in seguito portò avanti una specie di carriera – se questo non sembra troppo contraddittorio – come ‘pit-tore gentiluomo’ a Londra. Era ben introdotto nel mondo dell’arte e conobbe e lavorò con molti dei più importanti pittori e scultori del tempo. I suoi ritratti e paesaggi però non erano eccellenti. Si interessò di ottica e dell’applicazione di strumenti scientifici, in particolare la camera lucida, per riprodurre il soggetto da disegnare. L’avere eseguito, grazie a questi dispositivi, vari ritratti di alcuni dei più grandi uomini del suo tempo, in particolare di Sir Walter Scott e del

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Duca di Wellington, è ben documentato13. Quello che però è particolarmente importante sottolineare è il modo in cui Hall osservò il mondo e come scelse di immortalare ciò che gli stava intorno e la sua esperienza di viaggio mescolan-do – come fece – parola e visione nel modo più delizioso ed efficace possibile. ‘Intimità’ e ‘immediatezza’ sono le parole che vengono subito in mente quando si cerca di descrivere il metodo che lui stesso chiamava «journalizing» [annotare su un diario]. Aveva carattere e personalità chiaramente piacevoli: deve essere stato un eccellente, vivace, cordiale e straordinariamente entusiastico compagno di viaggio.

Hall aveva l’abitudine di disegnare subito quanto vedeva, con freschezza e senza badare alla forma e di descrivere con le parole la scena o il fatto come una sorta di corredo alla descrizione ’visiva’ – o viceversa – in base alle circostanze, allo stato d’animo o a quanto pensava che potesse essere più efficace per avere un resoconto più piacevole.

I suoi diari illustrati non furono fatti per piacere a qualcuno ma solo a lui. Viaggiando in Francia, Spagna, Italia o Germania, non gli passò mai per la men-te l’idea di pubblicare poi un travelogue con le sue illustrazioni litografate. Dico litografate perché quella tecnica egli adottò subito dopo il suo ritorno a Edimbur-go realizzando una serie di illustrazioni del grande incendio che nel novembre del 1824 colpì quella città e che vendette ‘a beneficio’ delle vittime. Per illustrare i suoi viaggi intorno al mondo, la litografia fu anche il mezzo preferito dal fratello maggiore, il Capitano Basil Hall (1788-1844) della Marina Britannica, anche lui un bravo artista oltre che prolifico scrittore.

Hall disegnava quello che vedeva o come realmente i fatti avvenivano. Di fre-quente aggiungeva al disegno un breve commento come in questi due casi, presi dal suo diario romano: a Piazza del Popolo, subito dopo il suo arrivo in città egli fece uno schizzo della scena e appose questo commento: ‘Mentre aspettia-mo [che ci restituiscano] il passaporto’; poco dopo a Piazza di Spagna fece un disegno della scalinata e della chiesa di Trinità dei Monti e aggiunse questa di-dascalia: ‘In attesa di poter trovare una stanza’14. Questa sua tecnica ci permette in un certo qual senso di partecipare alla sua esperienza di viaggio con tutti i piaceri, le emozioni, le frustrazioni, i momenti in cui venivano fatte scoperte archeologiche, geologiche o botaniche, i momenti di spossatezza, gli episodi di

13 Si vedano Helen Smailes, ‘Sir Walter Scott in Camera’, Bulletin of the Scottish Society for the History of Photography, Spring 1986, pp. 2-5; e idem., ‘Thomas Campbell and the «camera lucida»: the Buccleuch statue and the 1st Duke of Wellington’, The Burlington Magazine, 129 (November 1987), pp. 709-14.

14 NLS. MS. 27626, ff. 79v-80.

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ilarità, e così via. Ci sentiamo veramente accanto a lui e ai suoi compagni mentre camminano o cavalcano attraverso il paesaggio siciliano. Hall, da buon aman-te delle antichità classiche, descrisse il suo ‘metodo’ ricorrendo alla espressione oraziana currente rota.

Aveva l’abitudine di mettere su quasi tutti i suoi piccoli schizzi delle sigle ste-nografiche che sintetizzavano le circostanze che man mano registrava. Quella usata più di frequente è “D.O.S.” [Done on the spot], che vuol dire ‘Fatto sul posto’, ad indicare l’immediatezza di quanto visto. La stragrande maggioranza degli schizzi fatti in Sicilia porta questa sigla. Hall, invero, era assai provetto nel saper fissare il momento e il luogo. La seconda sigla che usava più di frequente è “D.I.M.” [Done in motion], che sta per ‘Fatto in movimento’, ad indicare il suo interesse a voler fissare ogni cosa anche se questo comportava possibili disagi. Ci sono esempi del modo di scrivere e disegnare di Hall mentre viaggiava su mezzi di trasporto su ruote, ma ce ne sono anche di quando tentava di fare le stesse cose viaggiando a dorso di mulo – scrive di averlo fatto parecchie volte in Sicilia – o anche quando veniva portato a spalla durante le sue visite a siti archeologici difficili da raggiungere in altro modo. I suoi disegni a tratti rapidi e sommari ‘fatti in movimento’ rivelano i problemi insiti in questa sua produzione artistica realizzata, appunto, in movimento. L’altra sigla, “D.F.M.” [Done from memory] sta per ‘Fatto a memoria’ ed è senz’altro la meno usata. Hall fondamentalmente registrava d’impulso, era un artista che voleva catturare e fissare il transitorio e la veduta fuggevole che gli scorreva davanti agli occhi. Non era quindi sua abitudine affidare al foglio qualcosa vista in precedenza; generalmente lo faceva soltanto se le circostanze – cosa alquanto insolita – gli avevano impedito di di-segnare sul posto stesso una veduta o un fatto. Persuase Adam Paterson, uno dei suoi compagni di viaggio scozzesi, a cominciare il suo diario di viaggio usando la sigla “D.O.S.”. «In seguito», egli scrisse, «è possibile che Adam si interessi mol-to di più al suo quadernetto con la copertina rossa che ad un diario scritto con la massima accuratezza ma senza l’impronta genuina di quello fatto sul posto»15. “D.O.S”, facendo un gioco di parole, è il suo ‘marchio di autenticità’. In famiglia era conosciuto e forse anche un po’ preso in giro (ma in modo indulgente e gen-tile) per l’abitudine che aveva di apporre su ogni cosa la sua caratteristica sigla “D.O.S.”. L’entusiasmo che dimostrava nel fissare sul foglio tutto quello che real-mente accadeva davanti ai suoi occhi fu sottolineato da Sir Walter Scott il quale scrisse del modo in cui, durante il grande incendio di Edimburgo del 1824, Hall si muoveva velocemente per le strade facendo schizzi di quanto avveniva e ad-

15 NLS MS. 27632, f. 32

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dirittura anche quando i magnifici, alti palazzi della città vecchia gli crollavano intorno in fiamme16.

L’intero diario di viaggio è scritto a matita e questa soddisfaceva l’immedia-tezza del suo modo di scrivere e di illustrare. Scrivere e disegnare a matita non richiedevano le molto più comode o stabili condizioni ambientali necessarie per scrivere a penna o disegnare ad acquerello. Una volta, in Italia, - fatto memorabi-le – Hall disegnò persino la matita che non poteva più usare perché ormai troppo consumata. Stravagantemente, descrisse quel mozzicone come se avesse appena scritto il proprio epitaffio17.

Gli stessi quaderni di viaggio sono molto piccoli. Quelli relativi alla Sicilia misurano circa 9x12 cm. Il formato della pagina non consentiva di fare più di uno schizzo sommario ma l’abilità di Hall nel saper cogliere molto in così poco spazio era straordinaria e in qualche modo si capisce che egli si sentiva più a suo agio utilizzando una scala molto piccola perché in tal modo era costretto a registrare soltanto gli elementi più essenziali di una veduta, un dettaglio archi-tettonico, dei campioni di botanica o geologici, o un essere umano. Poiché il suo modo di registrare era quello di un viaggiatore sempre in movimento, spesso in condizioni difficili e consapevole della scomodità che portare un bagaglio in-gombrante comportava, proprio la scala ridotta era quella che idealmente meglio si attagliava al suo scopo. Disegnò vedute generali e di frequente, nonostante la scala ridotta, dettagli ancora più messi a fuoco di particolari elementi della scena. Rispetto a quelli relativi ad altre parti del suo intero Grand Tour, i diari siciliani sono meno copiosamente illustrati. Questo, forse, riflette le maggiori difficoltà incontrate durante il viaggio nell’isola dove le condizioni di vita erano più dure e le comodità assai scarse.

I compagni di Hall in Sicilia, come in Italia, erano i due avvocati scozzesi Veitch e Paterson, già menzionati prima. I tre amici dimostrano di stare bene insieme e di avere in comune lo stesso background sociale, la stessa istruzione e cultura. Tutti sapevano far ricorso alla loro conoscenza della letteratura latina e della storia romana. Dei tre, Hall probabilmente era quello più interessato all’ar-te, all’architettura ed anche alla geologia e alla storia naturale. Veitch talvolta diceva di essere stanco di andare in giro. Sia Hall quanto Paterson – che James in genere considerava il più bravo e certamente il miglior latinista dei tre – tene-vano un proprio diario in quanto erano consapevoli dell’importanza del viaggio

16 The Letters of Sir Walter Scott, edited by H.J.C.Grierson, 12 vols (London 1932-37), viii, pp. 438, 462.

17 Si veda Iain Gordon Brown, Rax Me That Buik. Highlights from the Collections of the Na-tional Library of Scotland (London 2010), p. 70.

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che stavano compiendo. In vari punti del diario (anche se solo una volta nella parte sulla Sicilia che viene pubblicata in questo volume) vengono fatte allusioni alla comune istruzione che tutti e tre avevano ricevuto a Edimburgo, alla carrie-ra forense per la quale si erano preparati e alla futura vita di avvocato nel foro scozzese, alla quale prevedevano di ritornare. (Parliament House, a Edimburgo, era stata la sede del Parlamento scozzese prima che la Scozia si unisse all’Inghil-terra nel 1707, poi divenne la sede della Suprema Corte scozzese e lo è ancora oggi. Lì era anche ubicata la grande Advocates’ Library, antesignana dell’attua-le Biblioteca Nazionale)18. Hall, Veitch e Paterson furono ammessi all’esercizio della professione di “barrister” [avvocato abilitato a patrocinare nei tribunali di grado superiore] a breve intervallo l’uno dall’altro. Veitch, nato in una famiglia di avvocati, era figlio di un giudice, Lord Elliock. Alla fine, rispetto agli altri due, Hall fu quello che si sarebbe impegnato di meno nella carriera forense.

Per parte del tempo trascorso in Sicilia, il gruppo di Hall divenne più numero-so grazie a due inglesi, uno di Oxford e uno di Cambridge, che si aggregarono a loro. La scalata dell’Etna, per esempio, fu fatta da Hall, Veitch , Paterson e i signori Thorpe e Gillet[t].

Chiaramente tutti andavano molto d’accordo, se non sempre almeno per la maggior parte del tempo, considerati anche i diversi livelli di tolleranza indivi-duale e la capacità di ognuno di loro di andare in giro e di esplorare. Ci sono, nel diario, degli spaccati su come trascorrevano le ore in cui intrattenevano rapporti sociali, come per esempio, quando erano a Nicolosi, prima di fare la scalata dell’Etna. A tal proposito Hall scrive che tutto il gruppo «trascorse una normale serata in stile Glasgow con un bicchiere di punch e un sigaro, e tutti era-no contenti come mercanti che non disdegnavano una buona bevuta». In varie occasioni sulle strade italiane si imbatterono in altri viaggiatori britannici e di altre nazionalità, come, ad esempio, tedeschi e persino alcuni nordamericani. In genere Hall era cauto su un gruppo che diventava troppo numeroso. In Toscana, ad esempio, pare abbia pensato che il suo, di cui allora, oltre ai suoi compagni d’università, facevano parte due ufficiali dell’Esercito britannico piuttosto vec-chi, fosse diventano troppo ingombrante e condizionato da troppi cambiamenti di umore, opinioni, necessità e preferenze diverse: «La necessità di organizzare le cose aumenta persino in proporzione maggiore rispetto al numero delle per-sone coinvolte: siamo in troppi, le nostre operazioni sono confuse e si può fare

18 NLS. MS. 27633, ff. 21-22 è la parte del diario di Hall che contiene la maggior parte di allusioni alla istruzione che da giovane aveva ricevuto a Edimburgo e alla futura carriera forense che avrebbe svolto in quella città.

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poco se non si rinuncia ad un quarto delle nostre abitudini preferite o a qualche nostro oggetto. Due persone solamente dovrebbero viaggiare insieme, ossia due che sono simili. Ieri abbiamo avuto un mare di problemi nel preparare questa spedizione: come impiegare il tempo e come viaggiare…»19. Un aspetto interes-sante del viaggio dei tre scozzesi in Sicilia è il modo in cui richiamano alla me-moria le poesie e le canzoni di Robert Burns. Hall e Veitch pare si siano portati appresso copie delle sue raccolte poetiche. Il poeta scozzese era morto nel 1796 e tutti rapidamente lo avevano riconosciuto come il bardo nazionale. Il modo in cui tutti e tre leggono e citano il «vecchio Burns» (così lo chiama Hall) è un’inte-ressante indicazione della sua posizione nel panorama culturale del tempo e del modo in cui i suoi connazionali ricorrevano ai suoi versi per evocare uno stato d’animo o per riassumere un aspetto della condizione umana. Di certo, si può scoprire in Hall una componente nostalgica e si può capire che ricorreva ai versi di Burns per alleviare la tristezza per la patria lontana. In parte citando e in parte parafrasando una delle ultime canzoni di Burns, “Their groves of sweet myrtle let Foreign Land reckon”, un peana che esalta i paesaggi scozzesi e i piaceri della propria terra in contrapposizione a quelli più appariscenti ma insidiosamente e falsamente seducenti che si trovano sul continente, Hall sembra fare del suo me-glio per dimenticare le vedute della Sicilia e richiama alla mente con accresciuto piacere quelle della Scozia: «I ricordi di casa evocati da Burns fanno apparire tutti i lussi e le meraviglie delle terre straniere così piccoli! Quale macchia di dolce mirto aromatico può mai rivaleggiare con una stretta valle di felci verdi?». I viaggiatori citano le poesie di Burns e ad esse si rifanno non meno di cinque volte. Hall le leggeva sulla nave diretta a Palermo; Veitch le recitava nella lan-da tra Marsala e Mazara; ad Agrigento lessero “The Cotter’s Saturday Night” e “Tam O’Shanter”, e così via. Per contrasto, Sir Walter Scott (che Hall conosceva) è citato solo una volta. Anche Lord Byron è citato solo una volta ( anche se Hall avrebbe fatto ricorso a lui a Venezia, città che in buonissima parte avrebbe visi-tato grazie ai suoi popolarissimi versi)20. Fra gli autori classici, citano Cicerone, o a lui si rifanno, tanto frequentemente quanto Burns; Ovidio e Giovenale sono citati molto meno. Una volta Hall registra sul suo quaderno che mentre proce-deva a dorso di mulo leggeva le Verrine di Cicerone. A lui allude nel passo che dà il titolo a questa Introduzione. A Siracusa Hall scrive che quella città è «tre volte terra classica: terra classica già ai tempi di Cicerone e come tale visitata». L’allusione è al fatto che la Sicilia era una terra antica e luogo di mito e di eventi

19 NLS. MS. 27633, f. 1v.20 NLS. MS. 27634, ff. 1v-7.

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storici già molto prima della conquista romana; che i Romani, eredi della cultura greca, andarono in quella terra venerabile – quasi come i grandtouristi dei loro tempi – e a loro volta contribuirono al progresso della storia, e adesso, i moderni grandtouristi seguono le orme degli antichi Greci (e dei loro mitologici predeces-sori) e poi quelli degli antichi Romani.

Come turista, Hall quanto era bravo? La risposta è che fu discretamente in-stancabile. Era per natura iperattivo e interessato a tutto quello che vedeva o avrebbe potuto vedere. Nonostante ciò era anche un essere umano e come tale soggetto alla stanchezza e alla fame come lo sono tutti i turisti. Talvolta ricono-sce le sue debolezze: la sete e la fame possono avere più importanza dei venera-bili monumenti dell’antichità. Così egli confessa che a Segesta in realtà pensava più alla sua colazione che alla grandiosità dei resti e ai dettagli architettonici del tempio greco. Dopo la faticosa salita che da Trapani lo portò sulla cima del Monte Erice apprezzò più un bicchiere di vino fresco che qualsiasi ricordo di ciò che Virgilio o Orazio avevano scritto su quel luogo sacro. Egli, però, riconosce anche che quando i morsi della fame si erano placati, e col beneficio di riflette-re sulle cose passate, ogni privazione momentanea veniva dimenticata: «Come fanno presto a cambiare le circostanze; quanto si ingigantisce piacevolmente il ricordo di queste scene, e come finiscono per apparire insulse le piccole difficoltà del momento».

Hall certamente si aspettava di trovare – come parte inevitabile e naturale dell’esperienza del Grand Tour e così come tanti scrittori prima di lui avevano sperimentato – cimici, pulci, pasti cattivi o eccessivamente cari, locande senza infamia e senza lode, letti luridi e scomodi, camerieri sgarbati, vino acido, locan-dieri disonesti e tutto il resto del cahier de doléances dei viaggiatori britannici. Tutte queste cose si ritrovano nel suo resoconto. Ad essere onesti, però, va det-to che egli riconosce pienamente quando trovavano buona ospitalità e un buon servizio, e fa lo stesso quando il cibo e l’alloggio erano accettabili e la gente del luogo intelligente. Al fedele mulattiere che li accompagna, riserva sempre parole positive. Persino un lento e poco preciso cicerone, che ad Agrigento si era ‘appic-cicato’ al gruppo, viene trattato con un certo grado di divertita tolleranza, come si addiceva ad una persona anziana e all’autorità che si era attribuita, per quanto questa fosse poco giustificata dalla effettiva conoscenza che quel tizio aveva dei monumenti del posto.

Con il suo perenne ottimismo e il suo temperamento allegro, Hall general-mente non dava gran peso a tali difficoltà e disagi. Tuttavia il costante muoversi in un una terra molte volte ostile, per quanto interessanti fossero le vedute ed emozionanti potessero essere i richiami letterari, l’effetto complessivo di tutte quelle pulci e di tutte quelle notti insonni passate su materassi duri e scomodi,

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fiaccarono l’energia persino di quei tre giovani dalle grandi doti di resistenza fisica e di larghe vedute. Per questo Hall inizia il terzo ed ultimo dei suoi taccuini siciliani con l’osservazione che «cominciavano ad essere stanchi di quella vita dura e movimentata».

Da quando i viaggiatori avevano scoperto la Sicilia e quelli più curiosi ed av-venturosi l’avevano aggiunta all’itinerario tradizionale del Grand Tour, le sue attrazioni principali erano state archeologiche e geologiche e le altre emozioni erano state la natura incontaminata del paesaggio e dei suoi (alcuni, almeno) abi-tanti. Hall osservò con cura ed entusiasmo tutti questi elementi che costituivano la magia dell’Isola, meno i banditi di cui si favoleggiava. Il suo mulattiere non era mai stato attaccato dai briganti e si intuisce che già negli Anni Venti dell’Otto-cento il pericolo di incontrarli, per quanto fosse abbastanza reale per gli sfortu-nati o gli incauti, era forse esagerato. Hall mostra un interesse quasi etnografico per alcuni degli abitanti con cui venne in contatto. Osservare i campioni di pian-te ed animali rientrava nella sua generale curiosità per il mondo circostante. Un esempio particolarmente significativo dei suoi interessi scientifici è la minuziosa osservazione di uno scarabeo, scoperto vicino a Mazara, di cui fece uno schizzo mentre era nell’atto di spingere una pallina di sterco, schizzo al quale aggiunse una scala per dare il senso delle proporzioni. Frequenti anche i suoi commenti su piante e fiori. Raccoglie alcune radici con l’intenzione di trapiantarle nel giardi-no della sua casa a Dunglass , dicendo che i fiori che ne sarebbero nati sarebbero diventati oggetto di conversazione fuori dalle finestre del suo salotto.

Il diario di Hall è degno di nota sin dall’inizio per le molte osservazioni di carattere geologico che contiene. Una buona parte dei suoi schizzi siciliani è de-dicata alle rocce e alla stratificazione del suolo, molti però non sono molto chiari ed alcuni – bisogna ammetterlo – non sono molto interessanti. La vista dello spettacolo che offriva l’attività vulcanica dell’Etna ovviamente spinse lui ed i suoi amici a compiere l’ascesa del vulcano. Ma anche se ammise che lì la scala di ogni cosa era più grande di quella del Vesuvio, confidò al suo diario il dubbio che l’Etna sarebbe stata altrettanto interessante. Il diario, invero, delude proprio in questa parte: lo spazio narrativo dedicato all’Etna è francamente esiguo e strana-mente deludente. La descrizione sembra essere incompleta ma in realtà non può considerarsi tale. Semplicisticamente, può sembrare che egli abbia scritto poco di fronte a quello che per un qualsiasi viaggiatore straniero (e per lui, con la sua conoscenza geologica e le inclinazioni personali) si poteva ritenere il momento culminante di tutto il viaggio nell’Isola.

Per Hall, dopo la ineguagliabile esperienza di Paestum, sembra che anche gli antichi templi della Sicilia siano stati una sorta di delusione. Questo è sorpren-dente ed è, forse, il punto col quale concludere questa Introduzione. Abbiamo

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notato come Paestum e i suoi templi siano rimasti nella memoria del nostro gio-vane viaggiatore come un talismano di maestosità primitiva e di forza bruta. Segesta, di contro, non provocò in lui la stessa lode esagerata. Le cave a Rocche di Cusa, vicino a Campobello di Mazara, però, si dimostrarono veramente in-teressanti per i tre viaggiatori per via della comprensione che fornivano sulla costruzione degli antichi edifici colonnati. I tre templi di Selinunte, secondo lui, erano «dal punto di vista dell’interesse secondi solo a quelli di Paestum» e se fossero stati in condizioni migliori «avrebbero potuto addirittura rivaleggiare con quelli». Hall, tuttavia, sembra abbia preferito schizzare i templi in rovina piuttosto che interi edifici, o almeno meno in rovina.Le rovine stimolavano l’im-maginazione di un artista romantico. Tentare di riprodurre l’intera costruzione architettonica, anche su scala molto piccola, con il dettaglio che era necessario per amor di accuratezza, era un’impresa incompatibile con la velocità necessaria a un viaggiatore sempre soggetto alla necessità di andare avanti. Le vedute a di-stanza potevano comunque servire come utile promemoria. I minuscoli disegni dei templi della Concordia e di Hera ad Agrigento sono in realtà molto efficaci come testimonianze del genere. Agrigento, anche con la sua notevole varietà di edifici antichi, non sembrò ad Hall un luogo al quale guardare con genuino pia-cere e tale da poterlo considerare come un luogo di prim’ordine nel suo genere. La scala, per quanto vasta, e il disordine in cui erano quelle antiche rovine con-sumate dal tempo, non potevano da sole rendere un sito veramente speciale.

Questo è un modo di vedere che può sorprendere il lettore in un viaggiatore per tanti versi dalla sensibilità apparentemente così romantica. Il suo maggiore interesse per Agrigento è dato dal modo in cui associa quella città alle grandi figure letterarie dell’antichità che ne scrissero o che la conobbero. Quel sito, inol-tre, era veramente «tre volte terra classica» e James Hall era soltanto l’ultimo di una lunga serie di viaggiatori che attraverso i secoli avevano conosciuto, ammi-rato e scritto sulle meraviglie della Sicilia.

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