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agosto-settembre 2013 numero 4 - anno XXIII il dialogo bimestrale d’informazione e di opinione delle ACLI Svizzere associazioni cristiane lavoratori internazionali Vivere Vivere bene bene Vivere Vivere insieme insieme

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agosto-settembre 2013numero 4 - anno XXIII

il dialogobimestrale d’informazione e di opinione delle ACLI Svizzereassociazioni cristiane lavoratori internazionali

Vivere Vivere benebeneVivere Vivere insiemeinsieme

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La vignetta di Daria Lepori

Impressumil dialogoBimestrale delle ACLI SvizzeraDistribuito in abbonamentoStampa 5000 copie

Direttore responsabile: Luigi Zanolli

Comitato di redazione:Luciano Alban, Antonio Cartolano,Simone Dimasi, Fra Martino Dotta,Francesco Genova, Moreno Macchi,Franco Narducci, Alfonsina Oftinger,Francesco Onorato, Franco Plutino,Aldo Ragusa, Giuseppe Rauseo,Giuseppe Rondinelli

Responsabili di zona:AG: Gaetano VecchioBA-BE-SO: Samantha VecchioGE-VD: Costanzo VeltroZH-LU-SG-SZ-TG: Salvatore DugoTI: Ivana Caldelari

Redazione e recapito:Redazione il dialogoVia Contrada Nuova 16982 Agnotelefono 091 921 47 [email protected]

Stampa:Tipografia Reggiani SpA Brezzo di Bedero (VA)

Grafica:Daria LeporiCoordinamento e impaginazione:Ivana Caldelari

È possibile abbonarsi:sei numeri annuali a fr. 20.-CCP 65 - 272444 - 7

Il prossimo numero sarà recapitato aottobre 2013. La chiusura di redazio-ne per contributi scritti è fissata permetà settembre 2013.

Italiani all’estero: quasi 5 milioni

Nel 2012, i cittadini italiani residenti all’estero e iscritti alleanagrafi consolari erano 4,66 milioni. Di questi oltre la metà(52%) si risiede in quattro paesi: Argentina (801’425),Germania (688’685), Svizzera (569’120) e Brasile (387’743).Lo ha indicato la Farnesina presentando l’Annuario statistico2013 del Ministero degli Affari esteri.

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EDITORIALE

Vivere bene . Vivere ins ieme

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Sommarionumero 4 - anno XXIII

Inizia con le parole che papaFrancesco ha pronunciato aPantelleria l’articolo di ElisabettaMoro (a pagina 15) e riprese ancheda Peter Schiesser (pagina 14), e daGianni Bottalico, presidente delleACLI italiane (pagina 17): “la culturadel benessere, che ci porta a pensare a noistessi, ci rende insensibili alle grida deglialtri. Ci fa vivere in bolle di sapone, chesono belle, ma non sono nulla. Sono l’illu-sione del futile, del provvisorio, che portaall’indifferenza”. Tanti studiosi di eco-nomia e benpensanti ci dicono che,grazie anche alla grave crisi econo-mica che l’umanità sta vivendo, staper finire l’era consumistica e neoli-berista. Sarà vero? Per il bene di tuttié da sperare proprio di sì. Questopapa ci avverte: È arrivato ilmomento di rinunciare agli accessi,per vivere bene, vivere insieme, dob-biamo fare una revisione del nostromodo di vivere troppo legato all’ap-parire, all’avere, al potere che nonbada più all’essenziale delle cose, allasobrietà, ad un modo semplice diessere e di vivere che da soli potreb-bero renderci più felici e meno stres-sati (vedi articolo di Marco Rovatti apagina 12).

Da parte di molti, troppi, anche den-tro la Chiesa c’è stata una mancanzadi attenzione e di verità. Chierici elaici, politici e intellettuali, troppospesso, pur fregiandoci con ostenta-zione dell’etichetta di cattolici, siamocaduti nell’indifferenza, arrivando acoprire, giustificare, relativizzare ilmalcostume, l’immoralità, la disone-stà. “Normalmente – diceva il CardinalMartini in un discorso del 6 dicem-bre 1999 – lo scadimento etico nella poli-tica, in un corpo sano, dovrebbe essere rile-vato e punito da un calo di consenso”.

Già: normalmente. Se questo nonavviene, significa che il corpo non èsano. Martini ammoniva: “Nondovremmo più aspettare decadenze doloro-se per aprire gli occhi. Dobbiamo stareattenti a non prestare ascolto a chi ci vuoleadulare, perché lasciarsi adulare, lasciarsisnervare dall’adulazione, non solo non èprova di fortezza, ma anzi é mancanza di

forza morale”. Per dare senso all’inser-to di questo giornale “Vivere bene.Vivere insieme” richiamo ancoraalcune frase che papa Francesco hapronunciato in varie occasioni:“Amate la giustizia con la stessa sete dichi cammina nel deserto” - “Preferite laricchezza della povertà alla miseria a cuiconduce il benessere mondano” - “Aprite ilcuore alla tenerezza anziché addestrarloalla prepotenza”. Queste frasi che ciconducono ai valori del messaggiodel Vangelo, non possono e nondevono essere testimoniate solo dalPapa ma devono diventare vita vis-suta dalle ACLI e dai suoi dirigenti, atutti i livelli, che si spera, si rifannoall’insegnamento della dottrinasociale della Chiesa. È nella nostratestimonianza, individuale e digruppo che le persone possonoessere motivate ad aderire alle ACLI.

Se vedono nei Dirigenti delle ACLIpersone che nella semplicità lavora-no perché tutti possono vivere benee vivere insieme, forse avremo oggiqualche socia/o in più e domani deidirigenti motivati al bene comune.

È chiaro che il discorso del benecomune e del vivere bene nonriguarda solo le ACLI o solo i cre-denti ma deve interessare tutta lasocietà: Religiosa, civile e politica ePapa Francesco può essere la stellapolare a cui guardare per uscire dalbuio.

Antonio CartolanoPresidente ACLI Ticino

Il cuore e la manoSviluppare il senso d’appartenenza pag. 4

Enciclica“Lumen Fidei” di papa Francesco pag. 5

AcliFaiLe Acli in Germania pag. 6

Un’Europa senz’anima pag. 8

Società Italia e Svizzera a confronto pag. 9

Filo diretto con SynaAumenti salariali per tutti pag. 10

Vivere bene vivere insiemeConsigli evangelici per la felicità pag. 11

La felicità? Un comportamento! pag. 12

Vivere bene vivere insieme pag. 13

Dalla fine del mondo per scuotere le coscienze pag. 14

Pauperismo pag. 15

La cittadinanza della solidarietà pag. 16

Costruiamo insieme un’alternativa alla“globalizzazione dell’indifferenza” pag. 17

EditoriaCarlo Fruttero pag. 18

ENAIPCrescere culturalmente pag. 19

PatronatoDimezzati i termini per la richiesta di arretrati Inps pag. 20

Nuovi orari a Locarno pag. 21

Perché perché pag. 21

Vita delle ACLIGemellaggio Gioventù aclista svizzera e bresciana pag. 22

Musica e animazione Acli pag. 22

Basta! Italia gira pagina! pag. 23

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IL CUORE E LA MANO

S v i l u p p a re i l s e n s o d ’ a p p a r t e n e n z a

Alla base di ogni modello societario democraticosta una specifica scelta culturale e politica, cheaccomuna chi ne ha definito e ha accolto i suoifondamenti normativi ed ne diventa, a vari titoli,integrante. Per contro, quando l’aggregazione di una popola-zione avviene come risultato di un interventoesteriore, come può essere un atto di forza di ungruppo minoritario, un’invasione da forze estere,un’imposizione militare o una dichiarazione uni-laterale d’indipendenza, le dinamiche interne allanuova entità nazionale possono assumere contor-ni diversi. Ne sono esempi, di per sé banali, lereazioni suscitate dalle aggregazioni coatte deiComuni in Ticino o l’annunciata fusione delleProvince in Italia. In buona sostanza, è tuttavia la scelta iniziale di

di fra Martino Dotta, assistente spirituale ACLI Svizzera

Sul piano sociologico, in genere, le collettività umane si costi-tuiscono su base volontaria oppure per imposizione esterna. Senon sono frutto di lotte di potere o conquiste armate, sonocomunità fondate sulla ricerca di un bene comune. Questo puòesprimersi nella promozione e nella salvaguardia d’interessiparticolari, di autonomie locali o di progetti societari condivi-si. È il caso della maggior parte delle nazioni europee, sortedopo le lotte spesso fratricide dell’inizio dell’Ottocento, maesemplare precedenza anche della Confederazione elvetica,avviata con il famoso Patto del 1291.

essere membro o no di un determinato consessosociale a stabilirne il grado di maggiore o minoreaccettazione individuale e collettiva.

Nell’una o nell’altra situazione, anche dal profilospirituale e cristiano, sono il senso di appartenen-za e la consapevolezza di poter fornire il propriocontributo alla causa pubblica a stabilire i para-metri di responsabilità assunti da ogni singolirispetto alla società. Tuttavia, che l’abbia scelto liberamente oppurel’abbia accolto per volontà esterna, il fatto stessodi essere partecipe di un progetto collettivo rendesolidale con l’intero corpo collettivo qualunqueconsociato, autoctono o residente che sia.L’essere umano in quanto tale e il credente cri-stiano in particolare sono essenzialmente votatialla convivenza e alla cooperazione. Siamo pertanto tutti interconnessi, persino conl’universo intero (e non solo con i social net-work!), partecipi di un disegno superiore (che laBibbia definisce “di salvezza”), membri di unafraternità globale (che cresce con il contributo ditutti). Ma anche la collettività è tenuta a riconoscere adogni suo appartenente lo spazio e il ruolo che glispetta. L’edificazione del tessuto sociale avviene nellareciprocità dell’impegno a favore di ideali e valo-ri condivisi. Il pericolo che qualunque gruppo(compresi quelli religiosi) corre è, da un lato, dichiudersi su se stesso oppure, dall’altro canto, didisperdersi in interessi particolari che conduconogradatamente a indebolire la coesione sociale.

Per dare una svolta positiva ad un simile proces-so, in atto anche alle nostre latitudini, è impor-tante riscoprire il comune senso di appartenenza,responsabilità e solidarietà a partire dalle nostreconvinzioni di fede. Essa è la stella polare che può guidare il nostroperegrinare terreno verso quel vivere insieme cheè un vivere bene, nella serenità, nella condivisio-ne e nella gratitudine. Il principio fondamentaledell’amore (per Dio declinato come amore per sée per il prossimo) è sintetizzato, a mio avviso,nella cosiddetta “regola d’oro” evangelica: faiall’altro come vuoi sia fatto a te!3

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L’Anno, che per la Chiesa Cattolica ha il suo

motivo ispiratore nel tema della fede, ora nellasua fase centrale riceve il suggello nell’enciclica“Lumen fidei”. Papa Francesco ha raccolto l’eredi-tà di Benedetto XVI e, in continuità con il Suomagistero, ha voluto offrire un insegnamento deci-sivo e fondamentale per la vita del Cristiano e dellaChiesa. La fede in Cristo è una luce che illuminatutta l’esistenza dell’uomo. In un tempo duramenteprovato dalle inquietudini interiori, incertezze poli-tiche, instabilità economiche, individualismi, indif-ferenza di fronte alle tragedie umane, solitudini,che gettano oscurità e perplessità nell’animo dellepersone, risplende la proposta rassicurante e pro-positiva della luce della fede.

L’enciclica si presenta con una struttura dottri-

nale poderosa e con un profondo e diffuso radica-mento biblico. È suddivisa in 59 paragrafi, esponeil tema della fede teologale con notevole ampiezzae con tonalità originali, tali che una sua adeguataillustrazione richiederebbe un’analisi approfonditae ampia. Tuttavia come guida sufficiente alla sualettura si potrebbe seguire la griglia rappresentatadai soggetti che concorrono a presentare la parti-colare natura della fede cristiana: Dio, l’uomo,Cristo, la Chiesa, i Sacramenti, la città.

Dio, infatti è il riferimento ineliminabile delcredente, che si rivela già in maniera emblematicaad Abramo come fonte di ogni vita e come Padre,origine della creazione. “Per Abramo la fede in Dioillumina le più profonde radici del suo essere, glipermette di riconoscere la sorgente di bontà che èall’origine di tutte le cose, e di confermare che lasua vita non procede dal nulla o dal caso, ma da unachiamata e un amore personali” (n.11).

L’uomo nasce in questo mondo con il deside-

rio di felicità e di bene, è assetato di amore. Oral’amore, quando non è inteso soltanto come unsentimento mutevole, ma come un’uscita da sestessi per andare verso l’altra persona, conduce acostruire un cammino comune, ad aprire gli oriz-zonti della propria conoscenza. L’amore di Dio chesi rivela agli uomini tramite le alleanze dell’Antico

Testamento e nella incarnazione del Figlio eterno, risponde piena-mente al desiderio di pienezza interiore e di conoscenza dell’uomosul senso della vita (cfr. nn. 27-28).

Cristo è il mediatore perfetto della comunicazione tra Dio e

l’uomo, è la prova tangibile della misura dell’amore di Dio per ogniuomo. “I cristiani confessano l’amore concreto e potente di Dio cheopera veramente nella storia e ne determina il destino finale, amoreche si è fatto incontrabile, che si è rivelato in pienezza nella Passione,Morte e Resurrezione di Cristo” (n.17). Cristo è la guida del cristia-no che, seguendo le Sue parole, il Suo modo di vivere, è trasforma-to interiormente in Lui ed entra in sintonia costante con Dio.

La Chiesa è la comunità che conserva la memoria vivente del

Signore e la trasmette. “Il passato della fede, quell’atto di amore diGesù che ha generato nel mondo una nuova vita, ci arriva nellamemoria di altri, dei testimoni, conservato vivo in quel soggettounico di memoria che è la Chiesa” (n.38). La fede cristiana non è unatteggiamento privato, una scelta individuale. Non si vive da soli, maall’interno della comunione ecclesiale.

I Sacramenti, a partire dal Battesimo, realizzano il contatto vivocon la memoria fondante ed incarnata della fede, che è la vita secon-do lo Spirito attuata in Cristo. Per questa ragione “si deve anche direche la fede ha una struttura sacramentale” (n.40).

Infine, la città. La fede professata e confessata nella Chiesa diventainevitabilmente impegno nella società civile. La fede non è soltantoun cammino personale ed ecclesiale nella storia dei cristiani, circon-dati e rafforzati dall’amore di Dio, ricevuto ed accolto, è anche impe-gno per la costruzione della città degli uomini: “Il Dio affidabiledona agli uomini una città affidabile” (n.50).

L’enciclica si chiude con una preghiera a Maria, Madre dellaChiesa e “icona perfetta della fede” (n.58), dove, tra l’altro, in unpassaggio che sembra racchiudere il contenuto centrale dell’interodocumento, Le si domanda: “Insegnaci a guardare con gli occhi diGesù, affinchè Egli sia luce sul nostro cammino”.3

di Paolo Selvadagi *

“Il Pontefice ha raccolto l’eredità di BenedettoXVI offrendo un insegnamento decisivo per lavita del Cristiano e della Chiesa”.

ENCICLICA

Francesco ha sparso ciò che Benedetto ha seminato

* In “romasette.it”, 15 luglio 2013

Papa Francesco

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ACLIFAI

Le ACLI in Germania: partecipazione responsabile

di Duilio Zanibellato, presidente ACLI Germania

Le Acli sono sorte e si sono organizzate in Germania, in forza del-l’esperienza iniziata nel 1956 a Stoccarda e nel 1959 a Coloniacon il Patronato e nel 1964 nel Baden-Württemberg con l’ENAIP.Da una fase iniziale di intervento pressoché esclusivo volto adassicurare un’efficace assistenza sociale ai lavoratori emigratiattraverso i segretariati del Patronato, le Acli passarono ad unafase di vero e proprio impianto associativo in un costante svilup-po organizzativo che ha visto aumentare i tesserati in Germaniadai 173 del 1960 ai 2016 del 1966, ed i circoli dai 2 del 1960 ai29 del 1966. Tutto l'impianto associativo troverà la sua costitu-zione ufficiale, come movimento aclista tra i lavoratori italiani inGermania, con il primo Congresso delle Acli-Germania tenutosinel 1975. Le Acli Germania si impegnavano per attivare e intensi-ficare l'azione di partecipazione democratica dei migranti, perrivendicare e promuovere diritti civili, sociali, culturali, sia nei con-fronti dello Stato italiano, spesso lento o incapace a rispondere aiproblemi dei lavoratori emigrati, sia nei confronti della Società eStato di accoglienza, restii e poco propensi a riconoscere i fon-damentali diritti di cittadinanza dei “Gastarbeiter” (“Avevamo biso-

gno di braccia, e sono arrivati uomini...”).

Obiettivo dell'azione delle Acli Germania è la par-tecipazione alla vita lavorativa, sociale, culturale eanche religiosa del Paese ospitante. Una partecipa-zione responsabile e consapevole, promossa esostenuta da una formazione continua, fatta inmaniera capillare e costante nei circoli, ma anchecon assidui e regolari convegni o fine settimana distudio a livello nazionale, che di volta in voltavedevano coinvolte e attive le realtà del Sindacato,della Chiesa tedesca e italiana e di altre istituzionie organizzazioni sociali.I partner fondamentali sono il sindacato unitariotedesco (DGB) e la Chiesa tedesca nelle sueespressioni istituzionali e associative. Con ilSindacato ci si confronta, si dibatte e s’improntaanche la formazione sindacale per favorire la par-tecipazione dei lavoratori emigrati alla vita del sin-dacato e l'assunzione di responsabilità nella vitaaziendale. Nella Chiesa locale, pur non negandofasi interlocutorie di non facile comprensione esoluzione, le Acli della Germania hanno trovatouna istituzione che ha riconosciuto e sostenuto,anche con significativi investimenti economici, laloro azione. Grande rilevanza assume, in tale con-testo, la collaborazione e integrazione nelMovimento cattolico dei lavoratori tedeschi“KAB”. Le Acli ne sono affiliate, fin dal loronascere, e sono di diritto e a pieno titolo nellaPresidenza Federale di questo movimento di lavo-ratori cattolici tedeschi.

Il rapporto con le missioni, anche se con alternevicende, ha trovato in diverse realtà, forme di par-tecipazione, solidarietà e sostegno intensi.Nell'ambito della “comunità italiana” inGermania, le Acli tedesche hanno avuto, nel corsodi oltre 60 anni, una presenza attiva, stimolante eanche critica. Sono le Acli che si adoperano percompattare nei “Comitati d'Intesa” le espressionipolitiche e associative dell'emigrazione italiana inGermania che si riconoscono nell'arco delle forzedemocratiche, per interloquire in maniera efficacecon lo Stato e il Governo italiano. Nelle vicendepiù recenti, in rapporto alla elezione dei Comites,le Acli si sono adoperate e hanno combattuto, connon poche difficoltà, per promuovere e realizzareuna partecipazione e rappresentanza dell'emigra-zione in tali organismi, che fosse espressione del-l'associazionismo e superasse gli schieramenti dipartito ormai insignificanti se non obsoleti.Sono più di sessant'anni di presenza e storia delleAcli Germania in e con l'emigrazione segnati daazioni e iniziative intraprese da sole, ma moltospesso a fianco o con il sostegno delle Chiese, delSindacato, di altre espressioni della società civile.Sconfiggere il principio della rotazione per il dirit-to di soggiorno, riconoscimento degli assegnifamiliari per tutti i figli a carico, diritto di istruzio-ne paritetica e completo inserimento nel sistemaformativo tedesco per tutti i ragazzi migranti, dirit-to di rappresentanza nelle Amministrazioni comu-nali e voto attivo e passivo, diritti di cittadinanzaanche per cittadini extracomunitari… doppia citta-dinanza. Senza rinunciare ad approfondire lariflessione su fede e impegno politico, sostenere leiniziative per la pace in Europa e nel mondo (cate-ne umane contro l'installazione dei missili nuclea-ri, manifestazioni per la pace,...).Nel contempo è viva la presenza e attività diPatronato ed ENAIP impegnati in ambiti diversima anche complementari: il Patronato a difesa del

DuilioZanibellato

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e consapevole alla vita del Paese

ACLIFAI

diritto del lavoro, diritti sociali, civili partendo dallasituazione o realtà nazionali e allargando l'atten-zione e la visione in un contesto europeo;l'ENAIP a rispondere alle sfide emergenti dai varigruppi. Inserimento migliore e più sicuro nel siste-ma produttivo tedesco, recuperando competenzelinguistiche e di formazione di base, qualifica pro-fessionale. Attenzione alle nuove generazioni ita-liane con progetti di inserimento lavorativo maanche attenzione e sostegno verso tutti i giovani“stranieri”, accettando e assumendo incarichi emansioni specifiche da parte del Ministero odell'Ufficio federale del lavoro. Promozione e for-mazione dei giovani lavoratori nel contesto comu-nitario per favorire scambio e mobilità lavorativi inEuropa.Guardando indietro a questa storia e presenzadelle Acli tedesche, oggi si rischia, non di rado, diprovare rimpianto e anche un certo sconcerto.Quel senso di associazione, di appartenenza, dicondivisione, di solidarietà, ci sembra lontano enon più ripetibile. Altre, e a volte troppo comples-se, sono le sfide con le quali ci dobbiamo con-frontare in questo presente: globalizzazione deimercati finanziari, crisi economiche – deregola-mentazione del lavoro – povertà diffuse - nuoveemigrazioni...La globalizzazione del mercato del lavoro com-porta che in alcune nazioni come la Germania illavoro si sia e la disoccupazione statisticamente siabassa. Ma le condizioni di lavoro sono per tuttieque? Quanti, pur lavorando, non recepiscono ilminimo necessario di sopravvivenza e sonocostretti a ricorrere all’aiuto sociale? Le ACLIGermania si battono insieme a tante altre associa-zioni ed istituzioni tedesche per l'introduzionegeneralizzata di un salario minimo garantito dialmeno (8,50 € ora), per una politica del “buonlavoro” che ridia dignità a chi lavora e al lavoro insè stesso.L’abbondanza di lavoro produce nuova immigra-zione e negli ultimi tempi stiamo assistendo anuove ondate di giovani in cerca di lavoro. Insiemead esempi gratificanti di lavoratori altamente qua-lificati che trovano occupazioni adeguate ve nesono di frequente tanti altri per i quali si pongonogli stessi problemi vissuti al Paese di provenienza:lavoro non trovato, occupazioni precarie non cor-rettamente o mal retribuite, difficoltà di alloggio,problemi burocratici. Le Acli Germania si devonoimpegnare ed essere presenti e attive, nei circoli enei segretariati del Patronato per sostenere, infor-

mare, consigliare coloro che rimangono “fuori dalgiro”.Non possono essere dimenticate le problematichelegate agli anziani che rimangono in questa socie-tà. Le difficoltà linguistiche, il mai estinto deside-rio di un prossimo rientro in Italia, la sicurezzadata dal gruppo etnico di appartenza, hanno favo-rito, in tanti casi, una vita ai margini o parallela aquella della società locale. Ora l'emarginazionediventa drammatica in una vita in solitudine.Un grande tema sul quale non è più possibilerimandare l'impegno e le iniziative adeguate è quel-lo della partecipazione: riuscire a trasmettere allegenerazioni più giovani il senso e l'importanzadella condivisione e della partecipazione attiva allavita sociale di questo Paese.

Lavoro, ridistribuzione della ricchezza nella solida-rietà, mobilità, accoglienza e partecipazione: comeorientarci?Il primo passo è quello di riprendere i contatti tragli aclisti. Dobbiamo fare di tutto per superareogni forma di contrapposizione, di esclusivismo,di disinteresse reciproco. Le Acli Germania hannobisogno di ripartire da questa curiosità “recipro-ca”, una solidarietà condivisa, per ricompattareuna presenza e una azione di attenzione a chi vivecon noi. Vedere nei circoli, nei centri di serviziodel Patronato, se si ha a che fare con poveri, dis-occupati, nuovi immigrati, anziani in difficoltà.Forse non si può fare molto, il primo passo però èdi accorgersi che e se ci sono.Ci ha colpito Papa Francesco a Lampedusa conl'invito a fondare il nostro operare sul messaggioche ci viene dal Vangelo:“Tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non

siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo,

non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non

siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri.”“La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi

stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vive-

re in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla,

sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’in-

differenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione

dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione

siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci

siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda,

non ci interessa, non è affare nostro!”Le Acli Germania si vogliono mettere su questastrada nella certezza di ritrovare identità e capacitàoperativa.3

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U n ’ E u r o p a s e n z a a n i m a

di Marco Tonacini-Tami, redattore de "La voce di Castagnola", già collaboratore dell'Osservatore romano *

Nella costruzione della “nuova” Europa, “quasi sesi giocasse a ribasso alla ricerca di un minimocomune denominatore”. Così si è espresso Mons.Amedeo Grab, già presidente della Conferenza deiVescovi svizzeri (CVS) e del Consiglio delleConferenze episcopali d’Europa (CCEE). Ci si èdimenticati che le radici illuministiche non sonoestranee alla Chiesa perché sono gli stessi valorinati dai valori annunciati e proposti dalCristianesimo. Essi non solo si fondano sui valoriuniversali proposti dall’umanesimo, ma sono radi-cati profondamente nel Vangelo vissuto in Europaper diciotto secoli. Nel Trattato costituzionalesulla “nuova” Europa (Roma, 29 novembre 2004)s’è voluto cancellarne le tracce, escludendo ogniriferimento alle sue radici cristiane. E questo innome - s’è detto - del principio (sic!) di eguaglian-za tra tutti i cittadini, cioè nel rispetto della laicitàdelle istituzioni dello Stato laico, in una società attaa favore - s’è detto ancora - la coesistenza pacificatra persone che possiedono concezioni del mondodiverse. Ma la piena e legittima attuazione di ren-dere i cittadini tutti uguali non sta qui: essa consi-ste nello sviluppo dei principi di libertà di coscien-za, uguaglianza, fratellanza e tolleranza; senza dis-criminazione di razza, credo politico, cultura, reli-gione. Se veramente si crede in questi principisbandierati ai quattro venti, cui fa riferimento lo“spirito critico e laico della cultura illuminista”, loStato laico moderno e democratico deve ricono-scere e rispettare la realtà dei valori e le verità chevengono prima dello Stato. L’essenza delCristianesimo è la netta distinzione tra ciò che è diDio e ciò che è di Cesare: a Dio quel che è di Dioe a Cesare quel che è di Cesare! Si fa però fatica ariconoscere che il vero liberalismo fondato su pre-supposti etici-religioso riconosce legittima questadistinzione, mentre il cosiddetto “liberalismomoderno”, rimane chiuso in se stesso (MarcelloPera). Ne consegue che il modello di Europa chesi è voluto costruire è un’unità senz’anima:un’Europa senza una sua precisa identità.All’indomani della Rivoluzione francese si è riget-tato il fondamento del Cristianesimo per sostituir-lo con il fondamento statale, perché dentro loStato moderno ha preso piedi il concetto di laicitàche non va però confuso con il laicismo che è, difatto, la negazione dei valori trascendentali. Se sul

La sana laicità di uno Stato non può misconoscere il fondamentale elemento religioso dei propri cittadini.

fronte laico il concetto di laicità è inteso comelibertà individuale, autonoma del proprio pensiero,assunzione delle proprie responsabilità, non si puòescludere dalla vita pubblica la religione. D’altrocanto, il primato della persona e i suoi diritti, chesi fondano sul principio di solidarietà, sussidiarietàed effettiva libertà, compresa quella religiosa, nonlegittima il relativismo etico a fare dello Stato laicol’unico referente, cui dovrebbero ispirarsi i cittadi-ni. Dentro lo Stato, la Chiesa deve avere un suo“spazio” e una sua libertà d’azione, pur nelladistinzione dei rispettivi compiti, ambedue - purcamminano su strade parallele senza sovrapporsil’una all’altra - sono complementari: hanno ruoli ecompiti diversi. La Chiesa esercita la sua missionespirituale che è anzitutto quella di annunciare ilVangelo. Lo Stato deve contribuire al bene comu-ne dei cittadini, tutelare quei valori di civiltà, cultu-ra, giustizia sociale, democrazia, e di fratellanza,che sono patrimonio comune dell’umanità, perciòanche la componente religiosa. Essi non possonoessere disattesi! “Una cultura europea che fossesolo razionalista e non avesse la dimensione reli-giosa trascendente - ha detto Benedetto XVI - nonsarebbe in grado di entrare in dialogo con le gran-di culture dell’umanità, al contrario aperte alladimensione religiosa dell’essere umano” (12 mag-gio 2010). La sana laicità di uno Stato non puòmisconoscere (o ignorare!) l’elemento religioso deipropri cittadini, il confronto sereno obiettivo, cri-tico, se si vuole, ma fondato tra le diverse espres-sioni storiche e religiose che stanno a fondamentodelle radici di un popolo e di una nazione, la cuistoria non la si può cancellare con un colpo di spu-gna. Una domanda: perché la Svizzera (9 dicembre1992) non è entrata a far parte dei Paesi che for-mano l’Unione Europea? Per François, autore dellibro “Conoscere la Svizzera” (Editore Dadò,Locarno) “Non c’è nulla che dovrebbe incitare gliSvizzeri a ormeggiarsi all’avventura europea”. PerSergio Romano: “Se L’UE supererà la crisi, saràfederale e la sua squadra avrà bisogno di un alle-natore che conosce bene le regole del gioco.Quando mi guardo attorno, vedo un solo candida-to: la Svizzera”.3

* L’articolo è apparso su Popolo e Libertà, settimana-le popolare democratico (Ticino), il 14.6.2013

ACLIFAI

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I ta l ia e Sv izzera : paes i a confronto

In Svizzera non esiste crisi di governo, di tanto intanto si cambia uno o più i Ministri – Consiglierifederali – che sono sette in tutto, e così è garantitauna forte stabilità di governo. In Italia invece, quando un governo riesce a spe-gnere la prima candelina, è già un successo. Dalleultime votazioni politiche sono scaturite tre for-mazioni, che, più o meno, si equivalgono: il PD, ilPDL e il Movimento 5 Stelle. Il Partito Democratico, nato come nuovo partitoriformista, invece di compattarsi e cogliere l’occa-sione di proporsi come unico partito radicato sulterritorio, per il miglioramento del Paese, si ostinaa dare un'immagine di sé di un continuo e indeco-roso litigio interno. Due anime che dovevano fon-dersi per un nuovo progetto, si sono trasformatein sette correnti... il PDL invece, che ha influenza-to gli ultimi vent’anni dell’immobilismo italiano, èda considerarsi proprietà privata di una personache detta l’agenda politica in base alle sue necessi-tà ed è supportato da giornali e televisioni di suaproprietà. I suoi parlamentari sono stati scelti inbase alla fedeltà a lui dimostrata, basti pensare a uncerto Razzi a noi tristemente noto. Il Movimento5 Stelle, speranza di molti italiani per un vero cam-biamento della politica, riesce a fare ancora peggio.Contrari e oppositori a tutto, invece di propulsorial cambiamento sono diventati zavorra. La demo-crazia diretta del web non funziona, decide insin-dacabilmente solo il capo, e mai si era vista una talevolgarità di linguaggio contro le istituzioni e con-tro le altre forze politiche. Inciviltà totale.Il governo Letta è nato, contro natura, per neces-sità, ha avuto la fiducia per fare alcune importanti

Tanto vicini fisicamente quanto lontani cultural-mente. Il cuore e la ragione. Da una parte tanteintenzioni, fiumi di belle parole, ma poi l’enormedifficoltà a trasformare le proposte in atti con-creti con provvedimenti legislativi. Tutti avvertonola necessità di riforme strutturali, ma la debolez-za della politica non è in grado di attuarle. InSvizzera c'è meno passione politica ma più razio-nalità e la differenza dei risultati si nota. L’italianoche vive in Svizzera ha il vantaggio di poter con-frontare e prendere il meglio delle due culture.Impegnati su due fronti, il paragone tra i due siste-mi diventa automatico. Vediamo un’Italia in grandedifficoltà che si trova nella palude di un inestrica-bile ginepraio politico.

di Luciano Alban, vice presidente ACLI Svizzera

e urgenti riforme, prima fra tutte una nuova leggeelettorale per la governabilità del Paese. Perché lariforma della legge elettorale non è stata affronta-ta? Nonostante la buona volontà, Letta è costretto aoperare in una palude politica che genera infinitemediazioni e rinvii. Una vera novità positiva èstato il decreto cultura. Finalmente si è capito chebisogna valorizzare l’immenso patrimonio artisti-co, archeologico e storico, vedi ad esempioPompei.

Il ruolo delle ACLI Nei mass media nazionali si sente parlare, ognitanto, dell’impegno delle ACLI nel sociale.Maurizio Ferrera, nel Corriere della Sera del 27luglio, ha scritto un bell'articolo sulla proposta delleACLI: “Un aiuto per uscire dalla povertà”. Per ungrande movimento non basta essere samaritani, èanche necessario fare forti proposte politiche percambiamenti strutturali e innovativi. Prevenire eprogrammare vengono prima di curare. Il contributo delle ACLI all’estero dev’essere,innanzitutto, di carattere culturale: indicare model-li efficienti su esperienze positive maturate in altriStati. Credo che al primo punto ci debba esserel’impegno per introdurre un sistema formativosimile a quello esistente in Svizzera e in Germania.Si tratta di una scelta strategica per il lavoro delfuturo. Cari aclisti e cari italiani, per uscire da questoimmobilismo dobbiamo avere più coraggio di pro-posta, altrimenti si diventa complici delle cose chevanno male.3

SOCIETÀ

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L’economia svizzera dimostra in maniera inoppu-gnabile che, malgrado la difficile situazione attuale(franco forte e congiuntura debole sui principalimercati di sbocco), è in grado di tene-re testa allaconcorrenza a livello globale. Fattori quali innova-zione, elevata produttività e non da ultimo la con-sapevolezza delle lavoratrici e dei lavoratori elveticidell'importanza che assume oggi la qualità hannocontribuito in maniera decisiva a questa situazioneassai incoraggiante. Questo impegno va pertantoretribuito equamente e ricompensato senza se esenza ma!

Aumento medio degli stipendi del 2%!L’evoluzione del rincaro rimane stabile e pressochéinvariata anche nel prossimo futuro. Questa situa-zione distesa offre margine di manovra per quantoriguarda gli aumenti dei salari reali, più che maimeritati dalle lavoratrici e dai lavoratori per il lorogrande e instancabile impegno. Il sindacato inter-professionale Syna si sederà anche quest’anno altavolo delle trattative con rivendicazioni differen-ziate a seconda dei rami e delle imprese interessate.Il Syna chiede un aumento medio degli stipendireali a titolo generale per tutti i settori pari al 2%.

Salari minimi: la prova di fattoSull’agenda politica sono attualmente in discussio-ne due temi salariali di grande rilievo: l'Iniziativa suisalari minimi e l'Iniziativa 1:12. Il Syna predilige leintese salariali tra i partner sociali in seno ai settori.I datori di lavoro devono imputare a se stessi ilfatto che i sindacati ora stiano percorrendo anchela strada legislativa in materia di politica salariale.Sono troppi i lavoratori che a livello di salari mini-mi non sono tutelati da contratti collettivi di lavo-ro. Su scala intersettoriale, l'evoluzione degli stipen-di minimi fissati nei CCL è inoltre proceduta sol-tanto a rilento: tra il 2010 e il 2013, i salari minimisono cresciuti in media soltanto di un insufficiente0,75%. Tra il 2006 e il 2009, l'aumento medioannuo era ancora del 2,25%! Visto che si tratta di un mezzo assai efficace perincrementare gli stipendi di persone a basso reddi-to, il sindacato Syna rivendica pertanto un sostan-

A u m e n t i s a l a r i a l i p e r t u t t i !ziale aumento dei salari minimi garantiti dal CCL.Il Syna r ivend ica un aumento di almeno 100

franchi dei salari molto bassi e di quel l i minimi.

Parità salariale: subito!Nel 2009 i partner sociali hanno dichiarato guerraalla discriminazione salariale mediante il Dialogosulla parità di stipendio facoltativo al quale devonopartecipare, questo l’obiettivo annunciato lo scorsodicembre dal Consiglio federale, almeno 100 azien-de entro la primavera del 2014. Sono 36 le impreseche finora hanno effettuato o nelle quali è ancorain corso una verifica sull'equità salariale tra donne euomini nelle proprie aziende. Quest’autunno sipresenterà dunque l'ultima occasione per i datori dilavoro per dimostrare che sono pronti a versaresalari equivalenti sia alle donne che agli uomini.Durante tutt e le trattative salar ial i, il sindacato

Syna r ivendi cherà di conseguenza misure special i

per le donne e/o la partec ipazione al dialogo

sulla parità salaria le.

Sfruttare il margine di manovra dei diversi ramiNel quadro delle trattative salariali, il sindacatoSyna, in veste di partner sociale costruttivo, è dis-posto a tenere conto della situazione specifica delramo. In rapporto alla situazione dei lavoratori ciattendiamo tuttavia lo stesso atteggiamento ancheda parte dei datori di lavoro! l In base alle condizioni quadro assai complessenell'ambito dell'industria (dell'esportazione), negliultimi anni i salari sono evoluti al di sotto dellamedia. Questo ritardo accumulato va dunque com-pensato con aumenti di stipendio se possibile atitolo generale. l A differenza di altri settori, negli ultimi anni lamaggior parte delle branche che fanno parte dell'e-di-lizia, dell'ingegneria e dei rami accessori nonhanno avvertito alcun tipo di crisi. I salari, però,non si sono evoluti di pari passo con il settore del-l'edilizia. Il sindacato Syna orienterà le sue rivendi-cazio-ni salariali per i diversi rami agli adeguamentidi stipendio effettivi e minimi degli ultimi anni. l Nei rami del settore dei servizi in cui opera il sin-dacato, oltre alla ripartizione a titolo generale degliaumenti di stipendio effettivi, il Syna chiederàanche un aumento dei salari minimi. Le negoziazioni di questo autunno tra le partisociali offriranno un'ottima possibilità per dare unforte segnale tramite aumenti salariali equi e a tito-lo generale!3

L'economia elvetica è in buona salute e per il 2014 le previsionisono ancora più inco-raggianti. Questo anche grazie all'instanca-bile impegno delle lavoratrici e dei lavorato-ri in Svizzera. Dopoanni di magra in campo salariale, il sindacato Syna rivendica unsostanziale aumento degli stipendi.

di Arno Kerst, vice presidente Syna

FILO DIRETTO CON SYNA

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Al riguardo ha catturato la mia attenzione una let-tera del grande compositore Wolfgang AmadeusMozart. Così scriveva al padre il 4 aprile 1787,quattro anni prima della morte: “Non vado mai adormire senza pensare che, per quanto io sia gio-vane, il giorno dopo potrei non esserci più. E ditutte le persone che mi conoscono nessuno potràdire che io abbia un modo di fare imbronciato etriste. Ringrazio tutti i giorni il Signore per questabeatitudine che auguro di cuore a tutti gli uomi-ni”.Ma come è possibile scoprire una beatitudine neldramma della morte? Sembra a prima vista una contraddizione, tanto èvero che l’uomo da sempre, ma oggi più che mai,fa di tutto per rimuovere la morte dall’orizzonteconcettuale e pratico dell’esistenza. La morte nonè diventata, infatti, il grande tabù della culturamoderna? Ma, dobbiamo però anche chiederci,con quale risultato alla fine? Gli psicologi, esper-ti delle dinamiche dei cosiddetti “processi dirimozione”, ci avvertono con spietata argomen-tazione che il pensiero dellamorte, accuratamenterimosso perché lasci il postoesclusivamente al desideriodella vita e della felicità, siripresenta direttamente pro-porzionale allo stesso nostrodesiderio di vita e di felicità. È il dramma del nostrotempo: mai così tante possi-bilità di divertimento e digodimento come oggi, e maicosì tanta disperazione!Insomma, più ti sforzi dinon pensarci e più finisciper pensarci. Siamo davveromessi male, a meno che tro-viamo il coraggio di affron-

Confesso che il titolo propostomi per questariflessione, “Consigli evangelici per la felicità”,con la specificazione “aggiornati ai giorni nostrinaturalmente”, mi ha subito parecchio intrigato,mettendomi addosso anche una voglia birichinadi lanciare una provocazione ai lettori. Propriocosì, perché cercherò di riflettere sul tema dellafelicità scegliendo come fonte ispiratrice niente-meno che il dramma della morte.

di don Gianfranco Feliciani

tare, e non di rimuovere, il terribile ostacolo. Maè possibile? Ebbene, il cristianesimo, con il for-midabile annuncio della risurrezione di Gesù, daduemila anni sostiene questa incredibile “prete-sa”. Il Figlio di Dio morto e risorto diventa perogni creatura un dono di vita e di felicità.L’eterno problema della morte non è rimosso, masuperato, mediante l’abbandono fiducioso inColui che può e vuole renderci partecipi della suavittoria.In concreto, quali consigli evangelici per la felici-tà, aggiornati ai giorni nostri, ci è dato di ricavareda una simile riflessione? Possiamo trovare lagioia di vivere tenendo costantemente presente lanostra transitorietà e il fatto che la morte puògiungere in ogni momento, invece che scacciarneil pensiero. Con questo non intendo raccomanda-re di avere il chiodo fisso della morte, ma piutto-sto mantenere una calma serena ravvivando lafiduciosa consapevolezza che Colui che prima opoi verrà a prenderci non è il giudice scheletricoche tiene fra le mani la falce distruttrice, mal’Amore infinito e la Sorgente stessa della vita.Non è il “dio” perverso e castigatore di tanteproiezioni religiose, ma il Padre che Gesù ci harivelato capace solo di perdonare e salvare. Lafine non sarà un inesorabile sprofondare nelnulla, ma il raggiungimento della pienezza dell’e-sistenza.Ho iniziato con Mozart, ricordando la sua para-dossale beatitudine, e concludo con una semplicema profonda riflessione del “papa buono”Giovanni XXIII, presto santo: “I nostri mortisono di là e noi di qua dalla vita. Ma la distanza

tra noi e loro è breve. Lastessa fede in Dio e la stes-sa carità ci uniscono.Questa comunicazionespirituale ci rende piùsereni e tranquilli in tuttele nostre cose… La vita èuna grande navigazione.Durante il viaggio si pian-ge per il distacco dalle per-sone care. Ma ecco cheall’arrivo quelle stesse per-sone stanno già al portoad attenderci”.3

Consig l i evangel ic i per la fe l ic i tà

VIVERE INSIEME

Don Gianfranco Feliciani, parrocco dellaParrocchia di San Vitale Martire a Chiasso.

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L a fe l i c i t à ? È un compor t amento !

VIVERE BENE

di Marco Rovatti

I pensieri buiIl risultato, dicono i ricercatori, conferma che lereazioni delle persone agli errori o alle delusioni siriferiscono principalmente alle aspettative generalidella propria vita. In pratica pare che chi pensa diaver commesso un errore si sente peggio, indipen-dentemente dal risultato finale, di chi si prefigurapiù rosee aspettative. Occorre fuggire dai cosiddet-ti “pensieri bui”, frutto di una visione negativa dellavita, retaggio della filosofia del “meglio esserepronti al peggio”. Così, se l'esito è negativo, il trau-ma è sostenibile. Se poi fortuna vuole che ci atten-da una sorpresa positiva, tanto meglio. Ma si trattasolo di un espediente che, tra l'altro, non funziona.

Studiare la felicitàDa qualche tempo la scienza si dedica allo studiodella felicità e del pensiero positivo come viatico disana e lunga vita e ha messo in luce la stretta cor-relazione tra ottimismo e salute. Vedere rosa, infat-ti, esorcizza il rischio di ammalarsi e cadere indepressione, e lo stesso sistema immunitario neesce rinforzato. Ma la cosa più importante è cheottimisti si diventa! Ovvero: dal pessimismo si può“guarire”. In che modo? Intanto entrando nell'or-dine mentale che la felicità è un comportamentoche vogliamo agire. È ora di smetterla di auto-accu-

sarsi, innanzitutto.Cerchiamo di darci unaragione che gli eventi sideterminano in modo tem-poraneo, senza per forzadarsi una risposta (negativa,ovviamente) che andrebbead investire tutti i campidella propria esperienza, coneffetti devastanti.L’eventuale insuccesso vacircoscritto, senza farne una

E' meglio essere ottimisti e avere torto piuttosto che pessimistie avere ragione". Lo diceva Albert Einstein. Ma è anche vero che:"Se qualcosa può andar male, lo farà", recita disincantata la leggedi Murphy. È vero: il popolo dei pessimisti ha da sempre dalla suaparte una folta letteratura fatta di pagine di autori infelici e cita-zioni di cinica saggezza popolare, ma da qualche anno gli scien-ziati avvertono: "Aspettarsi sempre il peggio dalle situazioni nonserve a preservarci dalla delusione, neanche quando i fatti con-fermano le previsioni nefaste". Infatti a rivelarlo è uno studio diun gruppo di psicologi americani pubblicato sulla rivista Nature.

catastrofe. Dobbiamo mettere in discussione latendenza a vedere sempre il bicchiere mezzo vuotoe imparare dagli errori non con senso di colpa macon una sana e ragionevole dote di rammarico chenon è un sentimento negativo.Anzi. Mantenendo costante il dialogo con se stessi.E poi, sforzandosi di pensare positivo. Così saràpiù facile accettare una sconfitta.

Quale potrebbe essere la ricetta della felicità?C'è chi dedica la propria attenzione soprattutto alpiacere, per concludere con quell'esclamazione disoddisfazione “Ahh” che ci viene fuori quandoabbiamo affrontato e risolto un problema, e ancordi più nella novità. Anche se in realtà le cose sonopiù complicate di così: ci sono piaceri che una voltaassaporati perdono il loro fascino; altri che non cistancano mai; e altri ancora, come le nostre pietan-ze preferite, che dobbiamo concederci solo di tantoin tanto se non vogliamo che perdano sapore (e chenon ci facciano male al nostro corpo...). E in que-sto senso, insistono i ricercatori dello studio ameri-cano, anche il denaro ha un ruolo importante, pur-ché venga utilizzato per vivere nuove esperienze.Uno dei padri della psicologia positiva, MihalyCsikszentmihalyi, ha definito il flow o l'esperienzaottimale. È quello che prova chi si impegna perrispondere a una sfida difficile, ma non impossibi-le, che mette in gioco tutte le sue competenze.Un’interpretazione che spiegherebbe perché la feli-cità, apparentemente meno utile di altre emozionisalvavita come la paura o il disgusto, ci abbiaaccompagnato per tutta l’evoluzione: la necessità diconoscere e sperimentare cose nuove è certamenteun elemento importante per la nostra specie.

Qual è il senso di tutto ciò?Credo che molta dell'odierna infelicità dipendaanche dal fatto che le sfide quotidiane, che attirava-no l'uomo del Neolitico (combattere, procurarsi ilcibo, conquistare un territorio), non abbiano piùsenso nel mondo in cui viviamo oggi. In altri ter-mini credo che siamo programmati per desiderarecose che non ci interessano più veramente, comericchezza e potere. Ma soprattutto che siamo predadi un perverso meccanismo biologico che ci rendeincontentabili: “I nostri cervelli non sono stati pro-grammati per mantenere a lungo uno stato di feli-cità” pare abbia detto un famoso ricercatore.Concentriamoci allora sul comportamento chevogliamo agire. E forse, non è del tutto negativo.3vedi www.rsi.ch/bioexplorer

Marco Rovatti

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Una cosa che mi colpisce sempre è la faccia cheassumono le persone quando mi chiedono dovevivo: i loro occhi, alla risposta Svizzera, diventano,come in un fumetto di Paperino, a forma di dolla-ro. Questa è la nazione che nell’immaginario collet-tivo corrisponde al benessere, alla ricchezza, non cisono sfumature. E questa cosa mi infastidisce per-ché i miti, anche se positivi, sono da sfatare. Vengo da un paese in Sardegna, in cui per trovarelavoro occorre essere presentati dall’assessore diturno, in cui è normale per la maggior parte dellepersone vivere lavorando nella stagione turistica, enel resto dell’anno sopravvivere con il contributodella disoccupazione. Vengo da un paese che ha ilmare più bello del mondo, che si apre su un golfoincantato, dove si può trascorrere il tempo del tra-monto immobili a guardare quel lento calare. Maquando hai poco più di vent’anni, hai terminato glistudi e sei assetata e affamata di lavoro, tutto questonon conta, e con il coraggio famelico parti senzapensare ad un arco temporale più lungo dei succes-sivi sei mesi. Ti lasci portare dalla vita, metti, di tuo,la volontà, la forza, l’intraprendenza. E questo, alatitudini più a nord del mio paese, è apprezzato. Miaccorgo che può bastare questo per avere delleopportunità, e allora le abbraccio, le faccio mie. Èuno di questi abbracci che mi ha portata a Lugano.Qui, dove circolano in abbondanza auto che costa-no come case, dove le case costano come interecittà, ho avuto la fortuna di trovare un posto dilavoro unico per la sua bellezza, raro per l’armoniadei rapporti umani che lo caratterizzano, dove ci sioccupa di chi un lavoro non ce l’ha, di chi fatica adarrivare a fine mese, di chi è solo. Questo, ritengo,sia uno dei fattori che consentono di poter dire chesi vive bene: avere la possibilità di lavorare con eper l’altro.Vivere in un luogo immerso nel verde, a contattocon la natura, con le montagne che ti guardano e tiproteggono, sono per me paesaggi nuovi ma chefanno bene all’occhio che guarda.

Erri De Luca, a proposito della qualità della vita, haaffermato, fra le altre cose: “Considero qualità della

vita poter mangiare ovunque cose squisite e semplici a prez-

zi bassi, che altrove sarebbero irrea-

li.(…)”.È vero che da italiana soffro nelnon trovare un cappuccino fattocome dovrebbe essere un cappucci-no, e soprattutto ad un costo ragio-nevole. Vorrei poter comprare unpanino croccante, appena sfornato e farlo farcirecon la mortadella che, quando la si affetta, emanauna delle fragranze più invitanti e goduriose chepossano esistere. Purtroppo non ho avuto la fortu-na, finora, di imbattermi in una graziosa, piccolasalumeria dove poter realizzare questo sogno culi-nario. Questi sono aspetti che contano, sono tanti,piccoli, elementi che contribuiscono a farti gioiredella vita.

Cosa significa “vivere bene” per una emigrante come me? Me lo sono chiesta quando mi è stato chiesto di scriverequesto articolo. Non è che prima non ci avessi mai pensato, ma forse chi come me ha la ferita della nostalgia sempreaperta, capisce che certe riflessioni si tende a rimandarle, ad accantonarle.

V i ve re bene v i ve re i n s i eme

di Emanuela Pigò, consulente Progetto Mosaico a Lugano

VIVERE INSIEME

Ma se davvero devo mettere nero su bianco i miei pensieri rispettoa quello che ritengo determini il vivere bene, allora devo riconosce-re che la vera discriminante è la possibilità di contare su una retesociale importante, di avere vicino persone che ti vogliono bene eche si occupano/preoccupano per te, e tu per loro: che ci sono se latua bambina ha la febbre e non la puoi mandare al nido, ci sono setu stai male e ti preparano la cena, ci sono anche solo per scambia-re due chiacchiere. E questo, se la famiglia di origine è lontana, ètanto difficile da realizzare, perché le amicizie si creano, si curano,sono importanti, ma è vero che poi sono sempre tutti presi dallapropria vita, impegnati, occupati. È anche vero che chiedere non èfacile, hai pudore, mentre all’interno della rete famigliare non devichiedere, loro sanno e ci sono. Le persone che popolano la nostravita, la qualità della relazione che abbiamo con loro, questo ci puòfar dire se viviamo bene. E dunque considero qualità della vita anchepoter contare su un vicinato accogliente e cordiale, che se alle ottodi sera suono il campanello risponde alla porta, ho solo bisogno dellatte, ed è tardi ed è tutto chiuso, non voglio altro, ma siccome nem-meno mi aprono non posso dirglielo!

Una ricetta per vivere bene non c’è. Penso sia una questione di equi-libri che si bilanciano diversamente nelle diverse fasi della vita, ed ènecessario sapersi ascoltare per capire quali pesi mettere nei duepiatti. I compromessi non si possono evitare, ma è in primo luogocon se stessi che si deve rispettare quell’intima serenità e pace cheognuno di noi conosce, e spesso ignora. Quando i primi pensieri delmattino ci turbano, quando quelli che ci accompagnano nel sonno ciangosciano, dovremmo fermamente decidere di cambiare qualcosa.Anche una piccola cosa per vivere meglio.3

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di Peter Schiesser*

Guardate Papa Francesco: il pulpito da cui pronuncia la sua ome-lia è ricavato dai resti di un’imbarcazione naufragata, di cui l’iso-la siciliana Lampedusa è ricca; spicca il timone di un relitto, forsesimbolo di un mondo (e una Chiesa?) alla deriva, in cui la vocedell’umanità è soffocata dai flutti dell’indifferenza – umanità cheal contempo chiede una nuova guida, umana e spirituale.

Abituati alla pompa magna dei Papi e dei Potentidella Storia, potremmo essere tentati di dire chequesta coreografia povera non è degna di un Papa,che ne svilisce il ruolo; invece no: ne esalta lafigura e l’autorità, nella semplicità del gesto, delmessaggio sincero, sentito, condiviso con il greggedei fedeli. Ci abituerà presto a inusitati modi, gesti,parole, questo Papa, ma il viaggio a Lampedusa –il primo da Pontefice – resterà nella Storia.Le sue parole, la condanna di una «cultura delbenessere» che induce a pensare solo a noi stessi,rinchiusi in una bella ma inutile bolla di sapone, lescuse ai migranti e l’omaggio a chi di loro ha persola vita nel tentativo di approdare in Europa persfuggire a miseria e persecuzioni (si stima 20milain 30 anni), sono state pronunciate «per scuotere lecoscienze». Poiché oggi, davanti alle grandi trage-die dell’umanità (e l’immigrazione clandestina èuna di queste), di fronte alla globalizzazione deiproblemi che il singolo individuo o il singolo Statonon possono risolvere, la risposta dell’Occidente èla «globalizzazione dell’indifferenza».Prima di Papa Francesco, già Karol Wojtyla avevacriticato le smisurate ambizioni materiali dei citta-dini dell’Occidente, aveva tuonato contro la mafia,aveva chiesto scusa alle vittime della Chiesa catto-lica e offerto pentimento. Oggi, a rendere ancorapiù credibile il messaggio di Papa Bergoglio con-corre il fatto che contemporaneamente sta trasfor-mando anche la Chiesa cattolica, scossa da troppotempo da scandali e corruzione morale, e che per-sonalmente conduce, anche da Pontefice, una vitamaterialmente povera. Francesco – nomen estomen – è il vivo esempio di ciò che predica: mettese stesso fra i peccatori, umilmente lava i piedi digiovani condannati, critica i preti che amano illusso e le belle auto.Possiamo esserne certi, poiché nei primi quattromesi del suo Pontificato lo ha già fatto capire: saràun Papa che cerca la via che conduce al cuore e

allo spirito dei fedeli, ma sarà anche un capo digoverno che vorrà riformare lo Stato pontificio eliberarlo dal marcio che si è annidato – sarà senzadubbio in prima linea a estirpare la pedofilia fra ilclero cattolico. Sa bene che solo così il suo mes-saggio e quello della Chiesa che ora conduce potràessere considerato credibile, ascoltato e diffuso aiquattro angoli del mondo, anche al di là dei confi-ni della Cristianità.Con una limpidezza di spirito e pensiero e gesti disemplicità evangelica, Papa Francesco sta affer-mando una Chiesa della fratellanza, in cui l’uomopuò trovare il posto nel mondo e accanto a Diosolo se è capace di vedere e disposto a considera-re al pari di se stesso chi gli sta accanto. L’appelloa risvegliarsi dal sonno della coscienza che la «glo-balizzazione dell’indifferenza» induce vuole essereforte, perché senza il risveglio del cuore ogni paro-la, ogni atto perdono significato; il cristiano nonpuò dirsi tale se il suo cuore resta indifferente alleparole che la sua stessa mente e coscienza pronun-cia – non è sufficiente il solo richiamo ad unasecolare cultura per dirsi cristiani. Papa Francescosta rammentando ai fedeli che definirsi cristianirichiede un’assunzione di responsabilità. In breve:la Chiesa cattolica oggi ha un Papa che ha la statu-ra e la volontà di riformarla, di ripulirla dal sudicio,dalle perversità, dalla bramosia, di trasmettere edifendere valori etici e morali universali, ma i suoifedeli saranno all’altezza di quanto lui chiede lorodi compiere nella vita?Certo, non è sufficiente «fermarsi a Lampedusa»(parafrasando il titolo del libro di Carlo Levi, Cristosi è fermato ad Eboli ) e annunciare al mondo diaver ritrovato Cristo nell’umanità degli abitanti del-l’isola che, pur vedendo crollare il turismo, accolgo-no e rifocillano i migranti, nell’indifferenza nazio-nale. L’indifferenza che ammutolisce il cuore non siscioglie da un momento all’altro. Ma oggi chi ricer-ca una convivenza umana su basi etiche può guar-dare a Roma: troverà un figlio di emigranti italiani(anch’essi giunti in Argentina sfidando il mare e letragedie che può provocare) che sa rivolgersi alcuore delle persone, con impresse nella memoria lesperanze e le sofferenze che la vita riserva a ognigenerazione e popolo. Per restare a Lampedusa:sarebbe un bel regalo alla cristianità e all’umanità se– pur non potendo aprire i confini e le case ad ognipersona che osa attraversare il Mediterraneo – siricominciasse a considerare questi migranti dei «fra-telli», cui spetta la dignità di essere nostri pari e diessere trattati con umanità.3

Dalla fine del mondo per scuotere le coscienze

VIVERE BENE

* Redattore responsabile del settimanale Azione, della CooperativaMigros Ticino. L’articolo è apparso sull’edizione del 15.7.2013

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VIVERE INSIEME

"La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri. Ci fa vive-re in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla. Sono l'illusione del futile, del provvisorio, che porta all'in-differenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell'indifferenza". Questo passo della vibrante omelia pro-nunciata da papa Francesco lunedì 8 luglio a Lampedusa ha fatto il giro del mondo.

Scuotendo le coscienze di molti, credenti e non,che dall’elezione del nuovo pontefice si sono resiconto che nelle stanze vaticane è in atto una rivo-luzione pacifica. Fatta di parole tanto semplici dadiventare dirompenti. Come era accaduto duegiorni prima quando Bergoglio incontrando seimi-la seminaristi, novizie e novizi giunti a Roma perapprendere la sua lezione di autenticità, ha intima-to "La chiesa non segua le ricchezze". E aggiun-gendo, con quel suo tono pacato, seducente, quasiconfidenziale "a me fa male quando vedo un preteo una suora in un auto di ultimo modello, ma nonsi può!". L'applauso delle giovani leve della Chiesaè stato talmente fragoroso da apparire un’adesioneplebiscitaria al neopauperismo promosso da que-sto pontefice che si rifiuta di fare il sovrano dellaChiesa. E si rappresenta come un “primus interpares”. Senza mitria, mozzetta, camauro. Né anel-lo, né croce d'oro.E ai sontuosi appartamenti papali il successore diBenedetto XVI ha preferito la spartana residenzadi Santa Marta. Mangia al self service portandosi ilvassoio da solo. Insomma dimostrando di predica-re bene e di razzolare ancora meglio. Francesco di nome e francescano nell'animo. Unascelta alta e nobile, proprio perché non obbligata.Un potrei, ma non voglio. Che è tutto il contrariodi quel vorrei ma non posso che, in ogni epoca,tradisce lo spirito del legame sociale e trasformal'uomo in lupo dell'altro uomo. In questa opzioneradicale stava il valore politico del voto di povertàdel giullare di dio, dei suoi seguaci e in generaledegli ordini mendicanti. Che nel medioevo hannofatto della rinuncia una professione di fede e unadichiarazione di sfiducia nei confronti del poteretemporale e spirituale. Colpevoli entrambi di averfatto la ricchezza di pochi alle spalle di molti.Ma quel che più sorprende è che a rilanciare “urbiet orbi” il messaggio francescano sia un gesuita,esponente di un ordine tradizionalmente conside-rato vicino ai palazzi e alla vita mondana, il menoserafico e il più diplomatico, almeno nello stereo-tipo. Ma il papa venuto dalla fine del mondo in solitre mesi ha già fatto saltare queste contrapposizio-ni. Facendo di ogni suo gesto un monito a una

politica mondiale che ha dimenticato la polis pervendersi all'economia, col risultato di trasformaregli uomini in merci, depauperandoli di fatto delloro avere, ma anche del loro essere. D'altra partepapa Francesco viene da un continente dove l'in-giustizia sociale ha conosciuto livelli tali da gridarevendetta al cospetto di Dio e degli uomini.Dopo l'ubriacatura consumista e lo sballo neolibe-rista, sembra proprio che sia venuto il momentodel neo-pauperismo. Che oggi non significa necessariamente spogliarsidi tutto, ma rinunciare agli eccessi. Cercare di vive-re con poco, come dice l'etimologia stessa di “pau-per”, che deriva da “paucus” cioè poco e da “par-vus”, ossia piccolo. Diminutivi dell'essere per indi-care le ristrettezze di un'umanità minore. Propriocome quella dei migranti, povera di cose, ma riccadi spirito. E che, per un contrappasso della storia,produce un sussulto etico nel popolo dei consu-matori, facendo della sobrietà un modello regola-tivo ispirato a un'idea di abbondanza frugale allamaniera del sociologo francese Serge Latouche:un'autocritica dell'economia politica insomma,un'abiura alla bulimia che negliultimi trent’anni ha lasciato sulcampo più vinti che vincitori. Eadesso minaccia di ritorcersicome un boomerang sullo stessoOccidente opulento che dellosviluppo infinito ha fatto unareligione idolatrica. Un culto delvitello d'oro. Ma adesso recita il“mea culpa” e si chiede comefare a salvare il pianeta da un

P a u p e r i s m o

di Elisabetta Moro *

* Elisabetta Moro è Professore Associato nelle disciplineDemoetnoantropologiche all’Università degli Studi “Suor OrsolaBenincasa” di Napoli. Tra i suoi insegnamenti: Antropologia cul-turale, Mitologie contemporanee e Tradizioni alimentari delMediterraneo. È editorialista de il Caffè, settimanale della dome-nica della Svizzera italiana, per il quale cura una rubrica di antro-pologia del cibo dal titolo Oltre il cibo.L’articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2013 su il Caffè, settimanale della

domenica della Svizzera di lingua italiana.

continua alla pagina 16

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VIVERE BENE

saccheggio sistematico che presto potrebbe esaurirne le risorse,come redistribuire gli utili dell’economia in maniera meno disegua-le. E come limitare la dittatura della finanza ormai in grado di deci-dere le sorti di una nazione e di condannare alla povertà milioni diesseri umani.La crisi oggi ha chiuso i rubinetti e ha messo tutti di fronte alla durarealtà. Ecco perché l'esempio di papa Francesco acquista un’ecoparticolare nelle coscienze di tanti. Perché mostra nei fatti cheun’inversione di tendenza è possibile: riattivando le correnti più altedella cultura della solidarietà, contro i mercanti che occupano iltempio. Aveva proprio ragione Gandhi: ogni epoca ha bisogno del suo sanFrancesco.3

di Markus Krienke *

Proprio in occasione del primo viaggio apostolico di PapaFrancesco a Lampedusa, di per sé carico di significato politico-sociale, si intensifica quella “grande questione” che lo accompa-gna sin da quando scelse il nome Francesco e si veniva a cono-scenza della sua attenzione al sociale come arcivescovo diBuenos Aires, ossia quali accenti concreti darà soprattutto per laDottrina sociale della Chiesa.

In particolare, fin da ora spiccano trediscorsi del Papa in cui articola inalcuni tratti principali quello chepotrà essere un giorno il suo contri-buto alla Dottrina sociale dellaChiesa. L’ultimo dei tre è il discorso alclero di Roma (concretamente ai par-tecipanti del convegno ecclesiale dellaDiocesi di Roma) del 17 giugno scor-so in cui precisa che il suo messaggiodi povertà non deve essere frainteso:né i cristiani devono diventare «pau-peristi» o «una sorta di “barboni spiri-tuali”», né la Chiesa deve diventare

una pura Chiesa spirituale. Il messaggio del Papa,quindi, non è solo “francescano” ma anche “gesui-tico”: la Chiesa sarebbe indirizzata non solo ai“materialmente” poveri ma anche a quelli che sof-frono di una povertà culturale e intellettuale, inaltre parole, che nella cultura e nel pensiero nega-no Dio o che credono di poter impostare il socia-le e il politico “come se Dio non ci fosse”.Nell’occasione precedente, il 6 giugno, PapaFrancesco parla alla Comunità della PontificiaAccademia Ecclesiastica: qui sottolinea il significa-to di “libertà interiore”, esprimendosi contro il

“carrierismo” all’interno della Chiesa e proponen-do quindi la comunità ecclesiale come un contestoalternativo al mondo governato dagli interessiindividuali ed egoistici.Ma veniamo, finalmente, al primo dei tre discorsiindicati: quando il Papa il 25 maggio per la primavolta si esprime in maniera più sistematica su temidi Dottrina sociale, non a caso parlando allaFondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, sce-glie tra tutte le Encicliche sociali proprio laLaborem exercens di Giovanni Paolo II (1981)come punto di riferimento. E fa capire che proprionell’Enciclica sul lavoro trova approfondito quelsignificato di solidarietà che corrisponde alla suaidea di Dottrina sociale della Chiesa. E qui vienegià formulato ciò che poi sarà il suo monito di nonfraintendere il suo messaggio come pauperista: la“peggiore povertà materiale”, quindi, non consistesemplicemente nell’essere materialmente poveri,ma è “quella che non permette di guadagnarsi ilpane e che priva della dignità del lavoro”. In que-ste poche parole si capisce che nella povertàFrancesco vede la persona e nella disoccupazionecostretta si esprime la vera dimensione antropolo-gica e psicologica dell’essere poveri, che impedisceall’essere umano di sviluppare le proprie qualità ela propria dignità.Per questo motivo, la lotta alla povertà non consi-ste nella semplice “assistenza” ma nel “ripensare lasolidarietà”, cioè in una riforma sociale che garan-tisca l’accesso al lavoro. Questo significa, comespiega il Papa, “ridare la sua meritata cittadinanzasociale” alla solidarietà: “La solidarietà non è unatteggiamento in più, non è un’elemosina sociale,ma è un valore sociale”. Da questa riflessione, cosìFrancesco, deve partire una riforma sociale cherimedia ad una crisi che non è “solo economica efinanziaria, ma affonda le radici in una crisi etica eantropologica”.Prospettive, queste, che troviamo già tutte nellaCaritas in veritate e che quindi dimostrano chenon abbiamo a che fare con un Pontificato di rot-tura, ma di continuità.3

L’articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2013 su “il lavo-

ro”, giornale dell’Organizzazione sindacale cristiano-

sociale ticinese.

L a c i t t a d i n a n z a d e l l a s o l i d a r i e t à

* professore di Filosofia moderna e di eticasociale alla Facoltà di Teologia di Lugano

continuazione dalla pagina precedente

MarkusKrienke

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VIVERE INSIEME

Costruiamo ins ieme un’a l ternat iva a l la “g lobal izzaz ione del l ’ ind i f ferenza”

Di queste due accuse la prima ha un destinatarioerrato. Mezzo secolo dopo il Concilio, ma ancheguardando ai documenti dell’ultimo Sinodo deiVescovi per il Medio Oriente del 2010, non ci sonopiù appigli per sostenere che la Chiesa faccia pro-selitismo. “Fare proseliti non è quello che Dio vuole da

noi”, ha affermato papa Francesco il 15 giugnoscorso durante un’omelia e lo ha ribadito in piùoccasioni in questi pochi mesi di pontificato.L’altra critica non vede la Chiesa come responsa-bile, soprattutto in relazione al contesto italiano. Inquesti anni non la Chiesa, ma le distorsioni econo-miche e finanziarie, quelle istituzionali e burocrati-che hanno alimentato le diverse forme di populi-smo rappresentate dal berlusconismo, dal leghi-smo, dal grillismo.Dunque, l’elezione del papa argentino che predili-ge i poveri, non può essere intesa come una “ope-razione trasformistica” con la quale una Chiesatutta mondana si comporterebbe come una corpo-

ration per rifarsi l’immagine e aggiustare i propriaffari. Anche da un punto di vista da non creden-ti, si può comprendere che l’intento che anima il

Su un punto non si può che concordare sul giudi-zio che Piero Ostellino dà di papa Francesco: laspettacolarizzazione che i media fanno dei suoigesti e del suo pensiero rischia talora di defor-mare la profondità del messaggio. Anche percogliere l’indicazione che viene dal suo recenteviaggio a Lampedusa occorre andare oltre l’emo-tività. Le altre considerazioni dell’ex direttore delCorriere della sera sui tratti distintivi del pontifi-cato di papa Bergoglio, ribadite nell’editoriale delCorriere della Sera del 16 luglio, appaiono confu-tabili. In sostanza per Ostellino, papa Francescosarebbe la foglia di fico pauperista e terzo mondi-sta che una Chiesa segnata dagli scandali sessualie finanziari ed in crisi di vocazioni, avrebbe sceltoper il suo rilancio, per proporsi come oppio deipopoli sottosviluppati che ancora credono allesuperstizioni. Con questa scelta pauperista laChiesa, secondo Ostellino, avrebbe commesso undoppio errore: si tratterebbe di una scelta sba-gliata sotto il profilo del marketing, del proseliti-smo ed esporrebbe la comunità civile al rischio diuna sottovalutazione del principio di realtà, diderive populiste, insomma.

di Gianni Bottalico*, presidente FAI-Acli Italia

papa è solo quello dell’annuncio del Vangelo, chefa risaltare la centralità della persona umana. Illaico Ostellino preferirebbe un papa che benedicei moderni santuari innalzati all’idolo del profitto, iderivati, le grandi banche d’affari, come una voltadei religiosi benedivano le armi da guerra, oppureun pontefice e con lui il pensiero sociale dellaChiesa, che nel solco tracciato dalla “Caritas inveritate”, cerca di condividere con l’umanità il tor-tuoso percorso di uscita dalla crisi?Perché questa è la domanda che pervade l’omeliadi papa Francesco a Lampedusa. Come ha osser-vato Alberto Melloni su “Vatican Insider”, la suaprospettiva è completamente diversa, “vede al centro

l’ultimo, la presenza di Cristo nei poveri”. Questa pre-senza giudica innanzitutto la Chiesa non il mondo,a partire peraltro da un principio non solo religio-so ma anche laicissimo come la fraternità. In nomedella quale papa Francesco ha denunciato l’indivi-dualismo che “ci rende insensibili alle grida degli altri, ci

fa vivere in bolle di sapone”, che portano alla “globaliz-

zazione dell’indifferenza”. E prendendo spunto dalproblema dell’immigrazione da Lampedusa, haesteso questo discorso a tutti i problemi generati

dalla crisi.Ed è stato anche chiaronell’indicarne le cause:quelle “decisioni socio-econo-

miche” che sono stateprese “nell’anonimato” “a

livello mondiale”, per arri-vare ad assumersi persi-no le responsabilità conla richiesta di perdono“per coloro che con le loro

decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che con-

ducono a questi drammi”. Difficile sostenere unamancanza di realismo e anche vederci del pauperi-smo calcolato laddove emerge, per chi analizza leparole del papa senza pregiudizi o processi alleintenzioni, un contributo ed uno stimolo a tutti gliuomini di buona volontà a scongiurare gli effetticatastrofici della crisi attuale, di cui i drammi del-l’immigrazione nel Mediterraneo rappresentanoun’emergenza. A costruire un’alternativa alla “glo-

balizzazione dell’indifferenza”.3

* da: www.agendadomani.it

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EDITORIA

Contrariamente a certi divi e dive chepubblicano le loro memorie a venti-quattro anni (forse per paura di spari-re dalla circolazione mediatica più infretta della loro ombra), Fruttero hasaggiamente aspettato di averneottantaquattro prima di decidersi abuttar giù i suoi ricordi.E lo fa come solo lui poteva farlo.Con un estro e con un brio incon-fondibili. Già dalle prime pagine (l’in-fanzia torinese) si scopre il tono face-to e divertito di chi non si prende pernulla sul serio, ma che una cosa la safare, e bene: imbastire una storia.Anche se la storia è quella della sua(lunga) vita. Allora, il lettore si avven-tura con lui nei meandri della memo-ria per scoprire come può esseredivertita, scanzonata, brillante, ironi-ca l’esistenza. Magari anche nei suoimomenti meno belli.E allora via ad un personalissimoAmarcord, a un rinfrescante fuocod’artificio di immagini, di memorie, dievocazioni storico-personali, di figured’archivio, di ricordi di oggi quasiinimmaginabili scorribande, giochi,vacanze, gite, picnic, con sullo sfondopiù castelli quattrocenteschi che auto-mobili e squallidi schermi piatti.La serie di quadri e quadretti è asso-lutamente vertiginosa. E si spostadalla vendemmia “in miniatura” dellafamiglia alla scoperta della lettura; dalPalio d’Asti ai primi concerti di PaoloConte nel chiostro di un convento

Carlo Fruttero e il suo stile inconfondibile

di Moreno Macchi

restaurato da un eccentrico signoreinglese, amante della musica; dallaprima sigaretta alla collaborazione colcompianto Lucentini; da qualchemitico personaggio - l’uomo dellepipe (Simenon) che fu l’amante delladonna delle banane (Joséphine Baker)- a qualche mitico luogo (Parigi,Norimberga, Dresda, Berlino); dallesfilate dei balilla ai comizi sotto ilsegno della falce e del martello.La cronologia non è sempre rispetta-ta così il libro sembra tallonare quelgirovagare del pensiero all’insegui-mento dei ricordi che (come si sa)sono giocherelloni e si lascianoinfluenzare da musiche (La Traviatalegata al primo amore), profumi(“Sono petunie?” “No, no, figurarsi,queste sono le cosiddette Farfalle delMadagascar, il profumo si sente solotra le undici e mezzogiorno.”), gusti(lo diceva già Proust colla sua cele-berrima madeleine), immagini.Così sul filo della memoria incontria-mo personaggi noti come ItaloCalvino e sua moglie Chichita,Lodovico Terzi (instancabile consi-gliere del fortunato connubioFruttero-Lucentini, che veniva chia-mato ad arbitrare i loro animati diver-bi), ma anche il bel ricordo del batte-simo televisivo a Lugano con l’indi-menticabile Grytzko Mascioni, equello dell’eterna domanda “Macome fate a scrivere in due?” (a cuinon viene naturalmente data rispo-sta), il paragone fatto dagli scherzosiamici con Bouvard e Pécuchet diflaubertiana memoria.Insomma, caldamente consigliato perpassare un assai piacevole momento.

CARLO FRUTTERO

Mutandine di chiffon (memorie retribuite)

Mondadori

Per chi si aspettasse rivelazioni osées, sexy o a luci rosse dal maestro delgiallo, anticipiamo che Mutandine di chiffon è solo il titolo di una canzonettabirichina, sentita dal giovane Fruttero in un concerto di Gino Franzi (vec-chia gloria della canzonetta che fu celebre per la sua interpretazione strap-palacrime di Balocchi e Profumi, sì quella che fa Mamma, mormora la bambina,

mentre pieni di pianto ha gli occhi…).

CARLO FRUTTERO

Donne informate sui fatti (romanzo) Mondadori

La bidella, la giornalista, la carabinie-ra, la figlia, la cameriera, la miglioreamica, la volontaria, la barista, la vec-chia contessa raccontano, a modoloro - e dal loro punto di vista - quel-lo che sanno, quello che hanno visto,quello che pensano, quello che cre-dono, quello che si immaginano,quello che si inventano, quello cheavrebbero voluto vedere, sentire.Ognuna col suo linguaggio particola-re: la compunta, la scurrile, la diretta,la contorta, la sincera, l’ingenua, lametaforica, la senza-peli-sulla-lingua,la liberata e la stilée. L’unica che nonparla (e non parlerà mai più) è lei. Lavittima. Milena. Uniforme da profes-sionista del mestiere più vecchio delmodo, sicuramente strangolata, conun buchetto nell’incavo del braccio.Trovata morta stecchita da una vani-tosa bidella che cercava insalatinaselvatica.Ma chi sarà mai questa Milena? Una rumena. Ex prostituta. Recente-mente redenta e rimessa in carreggia-ta in un centro ad hoc, gestito da unsacerdote e da qualche anima piavolonterosa, bravissima e bellissima(secondo i giornali), poi assai benpiazzata in una famiglia (più chebene) in quel della Torino più chebene (magari perfino un tantinosnob): villa faraonica dell’800, scalo-ni, ritratti di antenati, statue, riccogiardino, telecamere e tutto quanto.Stordita, drogata, rapita? Chissà.Restano per terra petali di papaveriappassiti. Ma i papaveri, si sa, appenacolti sono già morti. Non come lerose di Ronsard, che almeno quelleduravano dalla mattina alla sera.Una vera delizia di romanzo.

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Mig l iorare e crescere cul tura lmente

di Anna Fracasso

Tutto ciò che ci circonda parla stra-niero: dall’ambito medico a quellofinanziario, da Internet alle nuovetecnologie. Nei paesi che sono metedi flussi migratori, come la Svizzera,la comunicazione è l’elemento pri-mario e basilare per un efficace pro-cesso di integrazione. A vari livelli,nei contesti lavorativi, le conoscenzedi più lingue sono una prerogativafondamentale per trovare un impie-go soddisfacente e per mantenersicompetitivi. A livello personale taleconoscenza, diventa un successo eun arricchimento culturale. È perquesto che ENAIP offrirà quest’an-no una scelta sempre più ampia dicorsi di lingua tedesca per stranieri.La novità introdotta in questi mesi èla proposta di corsi intensivi che si

Se un tempo la conoscenza di unao più lingue straniere veniva consi-derata un’abilità secondaria, algiorno d’oggi è un requisito essen-ziale sia da un punto di vista per-sonale che professionale; vivendo emuovendosi in una società semprepiù multietnica e globalizzata, infat-ti, si entra sempre più frequente-mente in contatto con idiomidiversi.

svolgeranno per tutto il periodo esti-vo e si protrarranno fino a settembrein coincidenza con il nuovo annoaccademico, nel quale offriremo nonsolo corsi mattutini ma anche serali epomeridiani per poter venire incon-tro alle esigenze personali e lavorati-ve degli iscritti. I nostri corsi sono suddivisi perlivelli di conoscenza così da indiriz-zare il corsista - che effettuerà untest iniziale per conoscere il propriogrado di preparazione - ad inserirsinell’ambiente di apprendimento a luipiù adeguato. I nostri docenti, alta-mente qualificati, sono attenti alle

ENAIP

esigenze di ogni sin-golo individuo esono sempre prontiad affinarne le abilitàe farne emergere ipunti di forza, rafforzandone cosìl’autostima e la sensazione di auto-efficacia. La nostra segreteria sarà a disposi-zione per qualsiasi domanda o delu-cidazione (tel. 043 322 10 80).

L’ENAIP approfitta di questo spa-zio per augurare ai lettori e alle let-trici della rivista una buona estate.3

Sul nuovo sito dell’ENAIP Svizzeratrovate tutte le informazioni cheriguardano l’ampia l’offerta forma-tiva nelle diverse sedi dislocate sulterritorio svizzero (Zurigo, Lucer-na, Lenzburg, Lugano e Basilea): daicorsi di lingua e di informatica didiverso grado (dal livello base aquelli avanzati), ai corsi di forma-zione e specializzazione professio-nale (muratore, saldatore, gessato-re, custode di immobili, caposqua-dra, corsi per il conseguimento delcertificato d’insegnamento Sveb).

www.enaip.ch

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Inps: dimezzati i termini per la richiesta di arretratiScende da 10 a 5 anni il termine entro cui il pensionato può rivendicare ildiritto all’erogazione di ratei arretrati, anche in seguito a una ricostruzionedel proprio trattamento pensionistico, dopo una pronunzia giudiziale.

La novità, prevista dalla manovraestiva del 2011, è applicata dal 6luglio dello stesso anno, ma nontocca le prestazioni d’invalidità civi-le. Pertanto, per effetto della nuovanorma legislativa, il termine di pre-scrizione dei ratei di pensione arre-trati si è dimezzato, scendendo da 10a 5 anni. L’Inps (con messaggio220/2013) ha stabilito, dal punto divista operativo, una particolare pro-cedura nelle ipotesi in cui l’arretratosia maturato entro il 6 luglio 2011(data di entrata in vigore del nuovotermine di prescrizione, o successi-vamente), prevedendo uno specifico“meccanismo di riduzione” del vec-chio termine decennale. Vediamonei dettagli.La situazione interessa tutti gli arre-trati di pensione entro il 6 luglio2011, anche se non liquidati e dovu-ti a seguito di pronunzia giudizialedichiarativa del relativo diritto, eriguarda anche le eventuali differen-ze di pensione dovute a seguito diriliquidazioni, anche nei casi di giu-dizi pendenti in primo grado allamedesima data citata. Il meccanismodi riduzione dal vecchio periododecennale al nuovo quinquennaleprevede queste due regole:- se alla data del 6 luglio 2011 rima-ne un periodo del vecchio terminedecennale di prescrizione superiorea cinque anni, detto periodo deveessere ridotto a cinque anni;- se alla data del 6 luglio 2011 rima-ne un periodo del vecchio terminedecennale di prescrizione inferiore acinque anni, detto periodo non deveessere ridotto e potrà essere fruitoper intero.L’Inps per chiarire meglio ha focaliz-zato questo esempio: Diritto acquisi-to in data 6 luglio 2008. In base alla

di Domenico Valentino, Patronato Acli Basilea

PATRONATO

previgente normativa la prescrizioneavrebbe avuto termine il 6 luglio2018. Alla data del 6 luglio 2011sono trascorsi 3 anni e il restanteperiodo di 7 anni non potrà esserefruito per intero, ma sarà ridottofino al previsto nuovo limite di 5anni. La prescrizione maturerà, per-tanto, il 6 luglio 2016.

Nel caso in cui sia stata presentatadomanda di rateo arretrato, per veri-ficare l’intervenuta prescrizione diquanto maturato entro il 6 luglio2011 occorre procedere in questomodo:a) considerare la data di presentazio-ne della domanda di rateo (ad es. 6luglio 2010);b) considerare il decennio preceden-te la data di presentazione delladomanda (nell’esempio, il 6 luglio2000);c) verificare il termine decennale diprescrizione che resta alla data del 6luglio 2011 (nell’esempio 9 anni,essendo decorso 1 anno dal 6 luglio2010 al 6 luglio 2011);d) ridurre a cinque anni il residuotermine decennale di prescrizione dafar decorrere dal 6 luglio 2011 (nel-l’esempio il rateo del 6 luglio 2000 siprescrive il 6 luglio 2016).

Secondo caso: al 6 luglio 2011 restaun periodo di prescrizione inferiorea cinque anni. In tal caso, il periodoresiduante di prescrizione non deveessere ridotto a cinque anni. L’Inpspresenta questo esempio: dirittoacquisito in data 6 luglio 2004. Inbase alla previgente normativa laprescrizione avrebbe avuto termineil 6 luglio 2014. Alla data del 6 luglio2011 sono trascorsi 7 anni e ilrestante periodo di 3 anni potrà

essere fruito per intero perché entroil limite dei 5 anni previsti dallanuova normativa. La prescrizionematurerà, pertanto, il 6 luglio 2014. Nel caso in cui sia stata presentatadomanda di rateo arretrato, per veri-ficare l’intervenuta prescrizione diquanto maturato entro il 6 luglio2011, occorre procedere in questomodo:a) considerare la data di presentazio-ne della domanda di rateo (peresempio 6 luglio 2012);b) considerare il decennio preceden-te la data di presentazione delladomanda (nell’esempio 6 luglio2002); c) verificare il termine decennale diprescrizione che resta alla data del 6luglio 2011 (nell’esempio 1 anno,essendo trascorsi 9 anni dal 6 luglio2002 al 6 luglio 2011);d) verificare che la domanda sia statapresentata entro il termine residualedella prescrizione decennale da fardecorrere dal 6 luglio 2011 (nell’e-sempio domanda presentata il 6luglio 2012 entro 1 anno dal 6 luglio2011, pertanto, il rateo di luglio 2002non è prescritto).Per i ratei arretrati maturati dopo il 6luglio 2011 la situazione è abbastan-za semplice ed il diritto si prescrivein cinque anni, anche nei casi di giu-dizi pendenti in primo grado allapredetta data. Per esempio, il rateomaturato il 7 luglio 2011 si prescriveil 7 luglio 2016.La nuova disciplina, infine, nontrova applicazione in materia direcupero di indebiti pensionistici,per i quali il diritto dell’Inps allarichiesta di rimborso si prescrive nelconsueto termine decennale daquando è avvenuta l’indebita eroga-zione.3

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PATRONATO

Obbligo di pagare i contributi AVS dopo il pensionamento e calcolo della rendita

P e r c h é p e r c h é

Lo scorso anno ho smesso di lavorare perché ho com-piuto i 65 anni e da allora ricevo la pensione. Mia moglie,nata a gennaio del 1951, ha preferito andare in pensionedue anni prima con una riduzione. Non capisco comemai da quel momento anche la mia pensione è stataridotta e inoltre, ci è stato detto, che essa è obbligata apagare i contributi AVS fino al compimento dei 64 anni,anche se non lavora più.

G.O.

In Svizzera, la legge sull’assicurazione vecchiaia e supersti-ti (AVS) prevede che a pagare i contributi previdenzialisiano indistintamente tutti i cittadini residenti, indipenden-temente se svolgono o no un’attività lavorativa. In pratica,pagano i contributi coloro che lavorano ma anche coloro chenon lavorano. Nel suo caso, però, essendo lei già pensionatoe di età superiore ai 65 anni, sua moglie ha l’obbligo dipagare i contributi fino al raggiungimento dell’età regolare,prevista con il compimento dei 64 anni. La rendita dellasignora, essendo già assegnata, non cambierà anche se nelfrattempo sta pagando ulteriormente contribuiti all’AVS. Chi ha raggiunto l’età pensionabile regolare e intende svol-gere un’attività lavorativa, come detto, dovrà pagare i con-tributi previdenziali AVS. Ma a questi lavoratori pensio-

nati viene applicata una franchigia di fr. 1'400 al mese o16'800 l’anno. Chi invece non svolge alcuna attività lavorativa, deve annun-ciarsi presso l’agenzia comunale AVS del luogo di domici-lio al fine di regolarizzare la propria posizione e pagaredirettamente i contributi previdenziali che vengono calcolatitenendo conto della tassazione dell’imposta federale diretta.Veniamo infine ai motivi per cui l’importo della sua rendi-ta è stato abbassato dopo il pensionamento della moglie. Ladecima revisione dell’AVS, in vigore dal 1997, fra le tanteregole introdotte ha previsto la rendita individuale per mari-to e moglie ma con l’applicazione del cosiddetto “splitting”,ovvero la ripartizione dei salari realizzati dai due coniugidurante gli anni del matrimonio fino al pensionamento. Lasua rendita, calcolata l’anno scorso, si è basata sul periodoassicurativo fatto valere ma non appena i due coniugi matu-rano entrambi il diritto alla pensione, la rendita viene calco-lata applicando il citato “splitting” al coniuge che chiede laper ultimo la pensione ma nello stesso tempo viene ricalcola-ta anche all’altro coniuge che era già in pensione. Sulla base di questi nuovi criteri è stata calcolata la renditadella moglie e di conseguenza è stata ricalcolata e ridotta lasua rendita.

Nuovi orari alla sede di Locarno

La sede di Locarno del Patronato Acli è ora aperta tutti i giorni, tranne ilvenerdì, con possibilità di chiedere un appuntamento negli orari pomeridianitra le 14 e le 17, oppure anche durante la pausa pranzo (tel. 091 752 23 09).I nuovi orari:- lunedì, mercoledì e giovedì: 9.00-12.00 e 14.00-17.00- martedì: 8.00-13.00 e nel pomeriggio su appuntamento.

di Anna Cardella

Nuova sede del PatronatoACLI di AarauDallo scorso giugno l’ufficio del Patronato ACLI Aarau sitrova in Rohrerstrasse 20, 5000 Aarau.

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VITA DELLE ACLI

I nostri giovani, accolti con entusia-smo dal responsabile dei Giovanidelle ACLI bresciane, Davide Bellini,hanno avuto l’occasione di ampliare leproprie conoscenze sulla struttura esulle attività delle ACLI e dei Giovanidelle ACLI in Italia (nella foto sonopresenti esponenti dei due gruppi inun momento conviviale). Un interofine settimana per conoscere e farciun’idea del sistema ACLI italiano ecercare di apprendere il più possibile

Gemellaggio: Giovani aclisti con i colleghi brescianiCome preannunciato nell’edizione di giugno del “Dialogo”, dopo i primicontatti, frutto dell’incontro tenutosi a Basilea nel mese di maggio, è statopossibile organizzare un incontro con la Gioventù Aclista Bresciana pressola loro sede, durante l’ultimo weekend del mese giugno.

per la crescita delle ACLI in Svizzera.L’incontro ha perciò reso possibile loscambio di idee ed opinioni delle duerealtà acliste e l’allacciamento di rap-porti personali. Il tutto ha portato allanascita di una stretta collaborazionecon la GA Bresciana per progettifuturi come la creazione di una rete dicomunicazione dei Giovani delleACLI in Europa ed in ogni caso ulte-riori incontri di formazione e scambiotra le due realtà acliste.

di Simone Dimasi, coordinatore nazionale Gioventù Aclista CH

Gioventù Aclista ha iniziato il propriocammino all’interno dei Circoli dellaSvizzera Centro Orientale attraversomusica e animazione. Un gruppo diragazzi costituitosi da poco e contanta voglia di divertirsi e di parteci-pare alla vita e alle attività dei Circoliha deciso di offrire a tutti i Circoliinteressati un supporto musicale e dianimazione alle feste organizzate dalleACLI. Si tratta di giovani simpatici,creativi e con tanta voglia di trascor-rere e di far trascorrere serate all'inse-gna del divertimento.

Musica e an imazione Acl iIl gruppo “Musica e animazione

Acli” (così lo abbiamo voluto chia-mare) dispone di tutto il materialenecessario per trasformare una sem-plice sala di ritrovo in un luogo didivertimento per tutte le età. MoltiCircoli spendono denaro e tempoprezioso per cercare persone che pos-sano animare un evento. Oggi con uncontributo spese in accordo con igiovani, è molto più facile e meno dis-pendioso. Oltre al vastissimo reperto-rio per tutte le età, abbiamo animato-ri e animatrici di ballo che cercheran-no di rendere l’evento più interessan-te agli occhi di tutti.

di Simone Dimasi

Il fine settimana ci ha anche riservatomomenti di svago. Come ad esempioalcune visite alla città di Brescia,accompagnati da alcuni ragazzi espo-nenti di spicco delle organizzazioni divolontariato bresciane, e la partecipa-zione nelle sere del venerdì e del saba-to alla manifestazione “Futurando”organizzata dalla GA Bresciana festaall’insegna dello sport per i più picco-li, dell’integrazione di alcuni ragazziextracomunitari, della musica, con l’e-sibizione di un giovane gruppo musi-cale bresciano e ovviamente di tantobuon cibo. Ringraziamo l’amicoDavide della GA bresciana per averciaccolto con tanto affetto e di avercifatto trascorrere un fine settimana diformazione, di crescita e di diverti-mento. La Gioventù Aclista Svizzera ha tantavoglia di crescere e di lavorare su fon-damenta solide. Allo stesso tempo sipone però l'obiettivo di aprirsi allediverse realtà acliste presenti inEuropa, poiché parte dal presuppostoche solo attraverso lo scambio reci-proco di esperienze internazionali siapossibile intraprendere un effettivo eavvincente percorso di crescita delleACLI.3

Per informazioni basta scrivere a:

[email protected]

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VITA DELLE ACLI

U s t e rPomeriggio a teatrodomenica 20 ottobreore 15.30presso la Stadthofsaal.La compagnia teatrale “Primosole” di Basilea presenterà lacommedia in tre atti Pensaci, Giacomino

di Luigi Pirandello.

Le ACLI della Svizzera partecipano

al cordoglio dellafamiglia Narducci

per la morte della mamma

di Franco.

Circolo ACLI di Bodio

Commossi e riconoscenti peril lavoro a favore della comuni-tà di Personico e della nostraassociazione, il Consiglio diPresidenza del Circolo ACLI diBodio esprime vicinanza e cor-doglio alla famiglia e ai fratelli diSeverino Fontebasso, decedutolo scorso 29 giugno in un tragi-co incidente aviatorio aLodrino.

FestAcli in Ticino

VIVERE BENE VIVERE INSIEME

domenica 15 settembre

con inizio alle ore 11.00

Sala multiuso di Sant’Antonino

Giornata di festa delle ACLI delTicino aperta a tutti.Il programma prevede alle 12.00un aperitivo offerto, alle 12.30maccheroni gratis per bambini ealle 13.00 grigliata mista (fr. 16.–).Alle 14.30 si esibirà il Coro cantopopolare delle Acli di Lugano;segue il balletto delle Ragazze S.A,musica e ballo, lotteria a premi.

Iscrizione presso i Circoli oppureal tel. 079 263 95 50.

L u g a n oFinesettimana in Toscana con il Coro Acli28-29 settembreCosto fr. 250.Per le iscrizioni: Circolo 091923 66 46, A. Cartolano 077423 77 90, 091 923 97 16 o M. Tommasini 079 534 84 42.

È il 27 agosto mentre scrivo e non sappiamo cosa sarà accaduto in Italiafintanto che questo giornale sarà consegnato. Più volte avevamo credutosi fosse toccato il fondo ma la politica e l’informazione in Italia continuanoa battere primati per mandare a picco un Paese esausto per un ventenniodi spoliazioni e degrado, in ostaggio e sotto continuo ricatto.Le fabbriche chiudono, le imprese vanno all’estero, la fascia di povertà siallarga, la disoccupazione dilaga, i giovani riprendono ad emigrare, Paesi delMediterraneo nostri vicini sono in fiamme e non si parla d’altro che dicome salvare l’evasore Berlusconi dopo la condanna definitiva dellaCassazione, di cosa dicono o fanno la Santanché, Capezzone, Cicchitto oBrunetta… Tutti i giorni, tutte le ore, i telegiornali e la carta stampata cifanno sciroppare questa desolazione. Non ne possiamo più!E il governo Letta stesso, costituito da partiti in guerra feroce soltantopochi mesi prima, ha la testa sotto la mannaia.All'estero (e anche molti in Italia) ci si vergogna non soltanto per il piffe-raio ma per i tanti che gli danno corda, magari sotto i vessilli della nazio-ne, della famiglia e della croce. Tutto strumentalizzato a proprio uso e con-sumo, in barba ai problemi degli italiani. Ci hanno rubato anche terminicome “popolo”, “libertà”, “Italia” che sembrano aver perso i significati ori-ginali e sono oggi addirittura impronunciabili.E intanto non facciamo che parlare di loro (anch’io) e le TV non fanno cheparlare di loro.... è ora di smettere. È ora finalmente di ignorarli. Vogliamomandare a casa tanti nani e ballerine (con rispetto per quelli veri) chehanno occupato le Istituzioni ed il salotto buono del nostro Paese?Vogliamo finalmente dare voce alle tante persone perbene che stannoremando controcorrente nei vari settori della vita civile e stanno tenendoa galla una nazione distrutta nell'immagine e nella realtà quotidiana oltreche nelle relazioni internazionali? Non vogliamo pifferai di alcun genere evogliamo essere un Paese finalmente “normale”.Altro che "grazia" o "condono".... Nuova legge elettorale con urgenza quindi, legge sul conflitto d'interessi,legge sui mass-media e voto al più presto possibile. E poi ricominciamocome in un dopoguerra: con la formazione e la scuola, il lavoro, la civica, ivalori e la linea dura verso i papponi, i furbi, il giornalismo servile e prez-zolato. E la Chiesa non faccia finta di niente.

Basta! Italia, gira pagina!di Franco Plutino

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Siamo persone normali. Siamo persone normali. Insieme a voi facciamo cose specialiInsieme a voi facciamo cose speciali

Le idee sono Le idee sono importanti per fare importanti per fare di più e meglio: di più e meglio:

- per crescere - per crescere e formarci insieme e formarci insieme

- per coinvolgere - per coinvolgere e sensibilizzare e sensibilizzare alla democrazia alla democrazia partecipatapartecipata

- per impegnarci - per impegnarci a sostegno dei a sostegno dei bisogni della gente.bisogni della gente.

Ci impegniamo Ci impegniamo contro le nuovecontro le nuovepovertà, povertà, l'emarginazione l'emarginazione e la discriminazione.e la discriminazione.

Dai forza alle idee. Iscriviti anche tu alle ACLI.Dai forza alle idee. Iscriviti anche tu alle ACLI.

Presso il Circolo o il Patronato più vicino a te! Presso il Circolo o il Patronato più vicino a te!

Per informazioni chiama lo 091 921 47 94 Per informazioni chiama lo 091 921 47 94 o scrivi a: [email protected] scrivi a: [email protected]

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