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IL DIBATTITO DELLE IDEE NUOVI LINGUAGGI ARTE INCHIESTE RACCONTI
laLettura #29Domenica
3 giugno 2012
Aurelio Amendolaper il Corriere della Sera
Perché i sensi vedano
della crisi iconoclastica di Bisanzio, «con tuttele implicazioni che ne conseguono — scriveNobili —, sia di storia dell’arte (se le pitture sia-no da considerarsi "ancora" o "di nuovo" elleni-stiche), sia di storia politica, sociale e religiosa(ossia i motivi e il significato dell’eccezionalepresenza di questo ciclo di affreschi in territo-rio lombardo)». E, infatti, poiché molti sonostati gli artisti bizantini che in tempi di icono-clastia sono scappati verso l’Italia, ci si chiedeperché, così come hanno lasciato testimonian-ze meravigliose a Roma e a Ravenna, non pos-sano aver fatto lo stesso altrove. A Cividale delFriuli, per esempio, o a Castelseprio.
Eccoci allora all’interrogativo fondamentale:cosa ci fa «una chiesa orientale nel cuore delSeprio longobardo»? Perché mai affreschi dimano indiscutibilmente bizantina, che raccon-tano episodi dell’infanzia di Gesù tratti dai Van-geli apocrifi, decorano la chiesetta di Sibrium,come si chiamava allora Castelseprio? Un luo-go che per giunta «non era un pacifico borgodi collina, ma un fortilizio, anzi un nodo e uncentro di carattere schiettamente militare»?Uno di quei «luoghi del potere» della Lango-bardia Maior (dichiarati dall’Unesco patrimo-nio dell’umanità) che aveva un ruolo di control-lo strategico, sia economico-commerciale, siamilitare, nel fronteggiare le invasioni dei Fran-chi dalla Rezia (le attuali Alpi centro-orientali)?
Una prima e convincente risposta a questedomande l’aveva data proprio Bognetti, quan-do aveva intuìto — e documentalmente dimo-strato — che per risolvere l’enigma degli affre-schi di Santa Maria foris portas la strada giusta
era più quella della storia che non quella dellacritica artistica e della storia dell’arte. È statograzie alle armi dello studio storico, infatti, sesi è riusciti a capire che Castelseprio va conside-rato uno degli esempi più efficaci di come ilmondo longobardo, e cioè una cultura germani-ca, si sia adattato a un contesto romano e bizan-tino. Di come l’influenza dell’impero bizantino— non solo Costantinopoli, ma anche la Grecia,l’Egitto, la Siria-Palestina — sia giunta fino aqueste colline lombarde. E di come, infine, lagrande Bisanzio da un milione di abitanti e isuoi imperatori abbiano affascinato i primi relongobardi, fino a diventare per loro un model-lo da imitare.
Se a questo si aggiunge il conflitto intestinoche a un certo punto esplode tra longobardi cat-tolici e longobardi seguaci dell’eresia ariana (el’«alternanza» tra sovrani cattolici e ariani ne èla testimonianza più eloquente), con i primiche si fanno aiutare e assistere nelle dispute daesperti teologi orientali, si riesce a capire me-glio perché gli affreschi di Castelseprio sianostrettamente legati alla vicenda confessionaledel popolo longobardo e perché quel «trapian-to artistico di alta classe realizzato in Lombar-dia dai missionari d’Oltremare», come lo defini-sce Nobili, sia stato una mossa fondamentalenel processo di conversione al cattolicesimodel popolo longobardo. Processo che è statolento rispetto a quello di altri popoli germanici— che invece si convertivano in massa se si con-vertiva il loro re —, anche perché per oltre unsecolo i Longobardi sono stati nemici dei Bizan-tini, mentre Roma, la Chiesa di Roma, a cui iLongobardi avrebbero voluto guardare come aun punto di riferimento certo, era sotto il domi-nio di Bisanzio.
L’insediamento di Castelseprio — all’inizioun castrum romano costruito nel V secolo dopoCristo per sbarrare il passo ai barbari — è oggiun parco archeologico di 250 mila metri quadra-ti, in cui, tra le altre testimonianze, spicca il belmonastero benedettino di Torba, anch’esso inorigine una costruzione militare, che è stato«adottato» e restaurato dal Fai, il Fondo am-biente italiano.
Ma sono gli affreschi della chiesetta che sitrova al di fuori della cinta muraria la meravi-glia di cui godere. Insolitamente dipinti nell’ab-side e sul rovescio dell’arco trionfale, anzichésulle pareti, si rifanno ai Vangeli apocrifi, in par-ticolare al Protoevangelo o Vangelo di San Gia-como, il più antico, che era stato scritto in Egit-to e poi tradotto in latino.
Disposte su due ordini, le scene degli affre-schi si succedono come in un rotolo miniato eraccontano l’Annunciazione e la Visitazione, laProva delle acque amare superata da Maria —un episodio raramente raffigurato —, il Sognodi Giuseppe che viene rassicurato dall’Angelosulla maternità divina di Maria, il Viaggio a Bet-lemme, la Natività e l’Annuncio ai pastori,l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tem-pio.
Questi affreschi hanno entusiasmato chiun-que li abbia visti, anche quando le dispute sul-l’enigma rischiavano di farne scivolare in secon-do piano la bellezza. A un certo punto le diversetesi sul loro stile si sono in qualche modo stem-perate in una sorta di compromesso, che ha in-dividuato negli affreschi di Castelseprio la com-presenza di due correnti «parallele» — ellenisti-ca e orientale —, proprio come i diversi stili pre-senti negli strati degli affreschi di Santa MariaAntiqua a Roma.
Nella memoria di ognuno però il giudizioche resta maggiormente impresso e che accom-pagna la fama degli affreschi di Santa Maria fo-ris portas è quello di Primo Casalini. «Sono unmiracolo di pittura in assoluto — ha scritto Ca-salini —, che non si vedrà per molti secoli a ve-nire. Per fare un esempio azzardato, solo al tem-po della grande pittura senese di Simone Marti-ni e dei Lorenzetti si vedrà qualcosa di simile.Ma a Castelseprio c’è anche una elegantissimamaniera, ricca di tutti i più raffinati espedientidel mestiere, compreso l’uso di colori singolari,ad esempio il raro blu egiziano».
Bisognava convertire un intero popolo, e i so-vrani longobardi non si risparmiarono nell’ap-poggiare lo sforzo missionario cattolico nei pro-pri territori. Anche attraverso l’arte di più altolivello. Ma non era soltanto questa la finalità.L’altro obiettivo era fronteggiare l’assalto dell’I-slam, dal momento che l’Occidente era stato la-sciato solo da Bisanzio. Se oggi abbiamo capitoanche questo, lo dobbiamo soprattutto a GianPiero Bognetti, che riposa meritatamente pro-prio nella chiesetta di Santa Maria foris portas.
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Il Duomo e l’azienda Ritratto di famiglia
RRR
«Le nostre esperienzevisive sono semprepiù universali dellecircostanze», raccontaJohn Berger sul tema delvedere. Lo sguardo diAurelio Amendola (Pistoia,1938), uno dei massimi
fotografi italiani, risponde perfettamente alleparole dello scrittore e critico inglese: le sueimmagini regalano sempre il senso di unarivelazione, di una sorprendente epifania, diuno sguardo inaspettato che costantementestupisce, soprattutto quando il tema dellasua ricerca, come in questo caso, è la riletturadi una scultura molto conosciuta, in qualchemodo, già consumata dallo sguardo.Amendola offre alla Lettura la sua visionesulle «Grazie» di Canova. E lo fa conil suo stile rigoroso, sofisticato. Se fotografareè scrivere con la luce, Amendola è unoscrittore raffinatissimo con un controllototale degli strumenti del suo racconto:la composizione, l’attenzione per il dettaglioe, infine, la luce. In questo Amendolaè un vero maestro. Un uomo che ha dedicatola sua vita alla rappresentazione del mondodell’arte: ha fotografato, come nessun altro,(oltre a Canova) tutte le sculturedi Michelangelo, ma ha anche ritrattoi momenti fondamentali della vita di tantiartisti: da De Chirico a Burri, da Schifanoa Warhol. Amendola con i suoi occhi fermanel tempo qualcosa di unico: l’enigmainsolubile della creazione. (gianluigi colin)
FondazioneCorriere della Sera
Martedì 5 giugno, in Sala Buzzati,alle ore 17.30 (via San Marco 21):«Una grande storia. Milano, il Duomoe il suo popolo». IntervengonoMarco Rossi, Luca Doninelli.
Mercoledì 6 giugno, in Sala Buzzati, alle 18:«Ritratto di famiglia». Tra affetti e impresa:lavorare nell’azienda di famiglia. Con GuidoCorbetta, Enrico Drago, Ernesto Gismondi,Matteo Marzotto. Coordina Maria Silvia Sacchi.
Una copertinaun artista
L’universo di Amendola
Soltanto al tempo dei grandi senesi come SimoneMartini e Lorenzetti si vedrà qualcosa di simile. Ma aCastelseprio c’è anche un’elegantissima maniera, riccadi tutti i più raffinati espedienti del mestiere, compresol’uso di colori singolari come il raro blu egiziano
Dall’alto, un particolare degli affreschi di SantaMaria foris portas, che con una soluzioneinconsueta sono dipinti soltanto nell’abside esull’arco trionfale; e l’angelo che appare a Giuseppeper dissipare i dubbi sulla divina maternità
RRR
Supplemento della testata Corriere della Seradel 3 giugno 2012 - Anno 2 - N. 22 ( #29 )
Direttore responsabile Ferruccio de Bortoli
CondirettoreVicedirettori
Luciano FontanaAntonio MacalusoDaniele MancaGiangiacomo SchiaviBarbara Stefanelli
Supplemento a curadella Redazione cultura Antonio Troiano
Pierenrico RattoPaolo BeltraminStefano BucciAntonio CariotiSerena DannaDario FertilioCinzia FioriLuca MastrantonioPierluigi PanzaCristina Taglietti
Art director Gianluigi Colin
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35LA LETTURACORRIERE DELLA SERADOMENICA 3 GIUGNO 2012