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1 IL CUORE DI MARIA, MEMORIA DELLA CHIESA MISSIONARIA INDICE Documenti e abbreviazioni Introduzione: Il Cuore di Maria, memoria della Chiesa 1. Il Cuore di Maria nel cuore della Chiesa 2. Il cammino del cuore in Maria e nella Chiesa 3. Ascoltare la Parola di Dio nel cuore come Maria 4. Il processo di meditare la parola nel cuore come Maria 5. La Chiesa della Parola vissuta dal Cuore di Maria 6. Il "Magnificat" nel Cuore di Maria e della Chiesa 7. S. Giuseppe nel Cuore di Maria 8. Giovanni Battista nel Cuore di Maria 9. I pastori di Betlemme nel Cuore di Maria 10. I Magi di Oriente nel Cuore di Maria 11. I discepoli di Gesù nel Cuore di Maria 12. Il "discepolo amato" nel Cuore di Maria 13. La passione e risurrezione del Signore nel Cuore di Maria 14. L'Eucaristia nel Cuore di Maria 15. I fatti e il Messaggio di Gesù nel cuore materno di Maria e della Chiesa Conclusione: L'eco del Vangelo nel Cuore di Maria e della Chiesa Bibliografia

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IL CUORE DI MARIA, MEMORIA DELLA CHIESA MISSIONARIA

INDICE

Documenti e abbreviazioni

Introduzione: Il Cuore di Maria, memoria della Chiesa

1. Il Cuore di Maria nel cuore della Chiesa2. Il cammino del cuore in Maria e nella Chiesa3. Ascoltare la Parola di Dio nel cuore come Maria4. Il processo di meditare la parola nel cuore come Maria5. La Chiesa della Parola vissuta dal Cuore di Maria6. Il "Magnificat" nel Cuore di Maria e della Chiesa7. S. Giuseppe nel Cuore di Maria8. Giovanni Battista nel Cuore di Maria9. I pastori di Betlemme nel Cuore di Maria10. I Magi di Oriente nel Cuore di Maria11. I discepoli di Gesù nel Cuore di Maria12. Il "discepolo amato" nel Cuore di Maria13. La passione e risurrezione del Signore nel Cuore di Maria14. L'Eucaristia nel Cuore di Maria15. I fatti e il Messaggio di Gesù nel cuore materno di Maria e della Chiesa

Conclusione: L'eco del Vangelo nel Cuore di Maria e della Chiesa

Bibliografia

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DOCUMENTI E SIGLE

AA Decreto conciliare Apostolicam Actuositatem.

AG Decreto conciliare Ad Gentes.

CCC Catechismus Ecclesiae Catholicae (Caatechismo della Chiesa Cattolica).

ChL Esort. Apost. Christifideles Laici (Giovanni Paolo II, 1988).

CT Esort. Apost. Catechesi Tradendae (Giovanni Paolo II, 1979).

DM Enciclica Dives in Misericordia (Giovanni Paolo II, 1980).

DV Costituzione conciliare Dei Verbum.

EAf: Esort. Apost. Ecclesia in Africa (Giovanni Paolo II, 1995).

EAm Esort. Apost. Ecclesia in America (Giovanni Paolo II, 1999).

EAs Esort. Apost. Ecclesia in Asia (Giovanni Paolo II, 1999).

EdE Enciclica Ecclesia de Eucharistia (Giovanni Paolo II, 2003)

EEu Esort. Apost. Ecclesia in Europa (Giovanni Paolo II, 2003).

EN Esort. Apost. Evangelii Nuntiandi (Paolo VI, 1975).

EO Esort. Apost. Ecclesia in Oceania (Giovanni Paolo II, 2001).

IM Bolla Incarnationis Mysterium (Giovanni Paolo II, 1999).

LG Costituzione Apostolica Lumen Gentium.

MC Esort. Apost. Marialis Cultus (Paolo VI 1974).

NMi Lettera Apostolica Novo Millennio Inneunte (Giovanni Paolo II, 2001)

OT Decreto conciliare Optatam Totius.

PC Perfectae Caritatis (C. Vaticano II, sobre la vida religiosa).

PDV Esort. Apost. postsinodale Pastores Dabo Vobis (Giovanni Paolo II).

PO Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis.

RC Esort. Apost. Redemptoris Custos (Giovanni Paolo II, 1989).

RD Esort. Apost. Redemptoris Donum (Giovanni Paolo II, 1984).

RH Enciclica Redemptor Hominis (Giovanni Paolo II, 1979).

RMa Enciclica Redemptoris Mater (Giovanni Paolo II, 1987).

RMi Enciclica Redemptoris Missio (Giovanni Paolo II, 1990).

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RVM Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae (Giovanni Paolo II, 2002).

SC Costituzione conciliare Sacrosantum Concilium.

SD Lettera Apostolica Salvifici Doloris (Giovanni Paolo II, 1984).

TMA Lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente (Giovanni Paolo II, 1994)

UR Decreto conciliare Unitatis Redintegratio.

UUS Enciclica Ut Unum Sint (Giovanni Paolo II, 1995).

VC Esort. Apost. Vita Consecrata (Giovanni Paolo II, 1996)

VS Enciclica Veritatis Splendor (Giovanni Paolo II, 1993).

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INTRODUZIONE = Il Cuore di Maria, memoria della Chiesa.

Il Cuore della Madre di Gesù è immagine e memoria della Chiesa, che va unificando il suo cuore per un cammino di fede, di contemplazione, di sequela evangelica, di mistero pasquale di comunione ecclesiale e missione. In questo senso, "Maria è nel cuore della chiesa" (RMa 27), come "Vergine fatta chiesa" secondo l'espressione di S. Francesco di Assisi. La Chiesa vive i sentimenti di Cristo sposo, imitando i sentimenti di Maria. "Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da Lui dipende" (Mc 25).

Riflettere sull'interiorità o "cuore" di Maria, equivale ad entrare in sintonia con il "cuore" di Cristo. "La Chiesa raccogliendosi con pietà nel pensiero di Maria, che contempla alla luce del verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nel supremo mistero dell'incarnazione e si va ognor conformando col suo sposo. Maria... chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre" (LG 65). Il cuore della Chiesa imita il "Cuore puro e immacolato di Maria, che vede e anela al Dio tutto santo" (S. Giovanni Damasceno orat. In nativ. B.V. Mariae I,9: PG 96, 676C).

Quando Gesù pregò per l'unità chiese al Padre un cuore unificato per "i suoi", come partecipazione nella comunione di Dio amore: "Come tu Padre sei in me e io in te siano anch'essi in noi una cosa sola perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21). Quelle parole trovarono eco anche nel Cuore di sua Madre, lì presente come a Cana, perché "il Cuore di Maria è il luogo di appuntamento tra l'umanità e la divinità. (M. Laura Montoya).

Il Cuore di Maria deve essere il cuore della Chiesa del terzo millennio. Dentro questo cuore materno e unificato, quello di Maria e della Chiesa, trovano la propria famiglia i poveri, i più piccoli e i bisognosi. "Cuore" di Maria e della Chiesa vuole dire il suo amore, la sua misericordia, la sua tenerezza, la sua gioia, e il suo dolore, sempre solidale con l'umanità intera redenta da Cristo."Il Cuore di Maria è il trono da cui si dispensano tutte le grazie e misericordie" (S.Antonio M. Claret, EE, p.500s).

Il cuore della Madre di Gesù è la memoria della fede della Chiesa. Ogni credente in Cristo e tutta la comunità ecclesiale, trovano nella vergine Maria la "memoria" della fede. In effetti , ella "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19.51). Contemplava il messaggio e le parole di Gesù. Come Elisabetta, la Chiesa di tutti i tempi trova in codesto cuore il modello e la memoria della fede: "Beata colei che ha creduto" (Lc 1,45).La Chiesa venera Maria "la più pura realizzazione della fede" (CCC 149). Per aver creduto che si sarebbero adempiute le parole del Signore (cfr. Lc,45), Maria è la madre della speranza. Il cuore della Madre di Gesù appare unificato dalla parola accolta nel silenzio dell'ascolto umile, come chi sa sorprendersi e lodare (ammirare). "A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto" (Lc 1,29; cfr. 1,33). Maria in perfetta docilità allo Spirito sperimenta la ricchezza e l'universalità dell'amore di Dio, che le dilata il cuore e la fa capace di abbracciare l'intero genere umano" (VS 120).

I santi hanno imparato ad unificare il proprio cuore entrando nei sentimenti del cuore della Madre di Gesù. "Il cuore della santissima Vergine Maria è la fonte da cui Cristo prese il sangue con cui ci ha redenti" (Sto. Curato d'Ars). "Il Cuore di Maria non fu solo membro vivo di Gesù Cristo per la

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fede e la carità, ma anche l'origine e la sorgente da cui prese l'umanità" (S.Antonio M. Claret, EE, p. 500s).

Nell'entrare in sintonia con i suoi sentimenti verginali, come figlia prediletta del Padre, madre del Figlio e tempio dello Spirito Santo, la Chiesa sperimenta meglio il suo dinamismo trinitario: "Per mezzo di lui possiamo presentarci al padre in un solo spirito" (Ef 1,18). "Il Cuore di Maria fu tempio dello Spirito Santo" (S.Antonio M.Claret , EE, p.500s).

Maria accolse con un "sì" il Verbo anche nel suo cuore. Il credente, come Giuseppe sposo di Maria, è invitato ad orientare il cuore verso Cristo, senza anteporre nulla a Lui: "Prendi con te il bambino e sua madre" (Mt 2,13). L'orientamento del cuore verso Dio amore ha già un giusto modello: il cuore della madre di Gesù. "Dal consenso dell'ancella del Signore l'umanità inizi il ritorno a Dio" (MC 28).

Il cuore della madre di Gesù è la memoria contemplativa della Chiesa. Nel cuore della madre di Gesù trovarono accoglienza le parole del Signore: le parole dell'angelo (Lc 1,29), il messaggio di Betlemme (Lc 2,19), la profezia di Simeone (Lc 2,33), le parole di Gesù bambino (Lc 2,51). Tutto questo "meditava nel suo cuore" (Lc 2,19.51). Maria vive e realizza la propria libertà donando se stessa a Dio ed accogliendo in se il dono di Dio. Con il dono di se stessa, Maria entra pienamente nel disegno di Dio, che si dona al mondo. Accogliendo e meditando nel suo cuore avvenimenti che non sempre comprende (cf Lc 2,19), diventa il modello di tutti coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano (cf. Lc 11,28)" (VS 120).

In questo stesso cuore risuonarono le parole di Gesù moribondo: il perdono (Lc 23,34), la sete (Gv 19,28) l'abbandono (Mt 27,46) la fiducia totale (Lc 33,46). La sua "nuova maternità secondo lo spirito" (Rmc 21), proclamata da Cristo (Gv 19,26), convertirà il suo amore materno nella memoria contemplativa della Chiesa: "Ecco la tua madre" (Gv 19,27).

L'attitudine tipicamente ecclesiale è anche specificatamente mariana: ascoltare la Parola di Dio nel cuore, metterla in pratica e annunciarla (cfr. Lc 11,28). E' come accogliere il Verbo sotto l'azione dello Spirito Santo, per trasmetterlo al mondo. Per questo, Maria e la Chiesa sono una vergine che diventa madre per il fatto di essere una vergine credente, orante, offerente (cfr. MC 17-20). Tutta la persona di Maria, sottolineando il suo amore, resta simboleggiata dal suo cuore, che accoglie il progetto di Dio, così com'è, per metterlo in pratica.

Il "Magnificat" mariano si fa preghiera contemplativa della Chiesa, da cui "traspare la personale esperienza di Maria, l'estasi del suo cuore" (RMa 36). In questo modo, il magnificat continua ad essere anche per mezzo della Chiesa, "la preghiera per eccellenza di Maria, il canto dei tempi messianici nel quale confluiscono l'esultanza dell'antico e del nuovo Israele" (Mc 18). "S.Ambrogio, parlando ai fedeli, auspicava che in ognuno di essi fosse l'anima di Maria per glorificare Dio: «Dev'essere in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore, dev'essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio»" (MC 21; cfr. S. Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, II, 26).

I santi hanno incontrato nel cuore della madre di Gesù la memoria della vita di fede e della contemplazione, per associarsi a Cristo. "Libero, vuoto da tutte le cose della terra e veramente povero era il cuore della Vergine per

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darsi in totale libertà a chi veramente merita di possederlo" (S.Juan de Avila). Per questo "chi scava nel cuore della Vergine, troverà nel profondo un mare abbondantissimo di grazia e di amore" (idem).

Il cuore della Madre di Gesù è la memoria della sequela evangelica della Chiesa. Il cuore della Madre di Gesù andava guardando le parole del Signore, per trasformarle in gesti di fedeltà concreta, invitando la comunità ecclesiale ad essere fedele alla nuova alleanza rappresentata dalle nozze di Cana: "Fate quello che lui vi dirà" (Gv 2,5 cfr. Es 24,7). La sequela evangelica recupera allora il senso sponsale di seguire la sorte (=la strada) o "bere il calice" di Cristo sposo (Mc 10,38). Maria era stata la prima a dire il "sì" (Lc 1,38) e ad accettare la stessa "spada" o sorte del Signore (Lc 2,35).

I santi più mariani lo vissero così: "guardate, versate nel seno e nel Cuore di Maria tutti i vostri tesori, tutte le vostre grazie e virtù" (S.Luigi Maria Grignon di Montfort). "E' Maria, è il Cuore di Maria che contiene più carità. E' tutto carità. Maria è il cuore della Chiesa. Il Cuore di Maria è stato il centro di tutte le virtù a livelli eroici, e particolarmente della carità sia verso Dio sia verso gli uomini" (S. Antonio M. Claret, EE, p. 500s).

L'amore sponsale a Cristo si vive con e come Maria. "Il mio cuore ardente te lo do interamente, fa con esso ciò che desideri, nascondilo nel cuore purissimo di tua madre e lei lo abbellirà, mio Signore, ti amo con il cuore di tua Madre" (M. Maria Ines-Teresa Arias).

In Maria ogni vocazione cristiana incontra il modello di una risposta fedele e generosa: "In intima comunione con Cristo, Maria, la vergine Madre, è stata la creatura che più di tutte ha vissuto la piena verità della vocazione, perché nessuno come lei ha risposto con un amore così grande all'amore immenso di Dio" (PDV 35). Lei è anche l'aiuto materno in tutto il processo vocazionale, perché "continua a vigilare sullo sviluppo delle vocazioni" (PDV 82) e sollecitando a "cercare Gesù, seguirlo e rimanere con lui" (PDV 34).

Il cuore della Madre di Gesù è la memoria pasquale della Chiesa. Lì la Chiesa incontra non solo la memoria della fede, della contemplazione e della sequela evangelica, ma anche la memoria del mistero pasquale. In quel cuore, che è il cuore della Chiesa, risuonarono le parole di Gesù crocifisso e risuscitato. Lei le "meditava nel suo cuore", secondo il suo atteggiamento abituale (Lc 2,19-51), e le confrontò con le promesse di Gesù circa la sua risurrezione.

Con le parole di Gesù, entrarono anche nel suo cuore i gesti di redenzione di suo figlio. In questo modo, sotto la guida dello Spirito Santo si consacrò pienamente al mistero della redenzione dell'umanità" (PO 18); "soffrendo profondamente col suo unigenito e associandosi con animo materno al suo sacrificio, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata" (LG 58).

Maria è come il cuore pasquale della Chiesa. Le parole di Gesù, "ecco la tua madre" (Gv 19.27), indicano che è la Madre, modello e guida per associarsi al mistero pasquale di Cristo. Ella cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime (LG 61) e continua

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cooperando "con amore materno" (LG 63), come figura dell' "amore materno" che deve avere ogni apostolo. La fecondità materna messa in relazione con "le pene indicibili del Cuore di Maria, l'unica che legge e comprende i patimenti interni del suo Figlio divinissimo" (Concepción Cabrera de Armida). Per questo, la Chiesa sa "apprendere da Maria anche la propria maternità" (RMa 43).

Il mistero pasquale di Cristo, come le sue parole, si comprende solo meditandolo, come Maria, nel più profondo del cuore. Però se il cuore è disperso e impigliato in altri interessi, "il seme della parola" resta sterile perché non incontra un "cuore buono" (Lc 8, 11.15).

Il cuore della madre di Gesù è la memoria della Chiesa comunione e missione. La Chiesa si costruisce come comunità missionaria, vivendo la fraternità e la missione "con Maria la Madre di Gesù" (At 1,14). Nel Cuore di Maria, impara a costruire la comunione dei fratelli e a realizzare la missione ricevuta da Gesù.

Maria è il cuore missionario della Chiesa, per la sua presenza attiva e materna. C'è la comunione dei fratelli, quando il cuore si unifica meditando la Parola di Dio come Maria. C'è la missione evangelizzatrice quando la comunità si decide ad essere madre come Maria, annunciando e dando testimonianza di Gesù al mondo.

La "piena di grazia" è, come frutto sublime della redenzione, la Madre di misericordia, immagine della Chiesa nel suo ministero di misericordia. "Maria condivide la nostra condizione umana, ma in una totale trasparenza alla grazia di Dio. Non avendo conosciuto il peccato, ella è in grado di compatire ogni debolezza. Comprende l'uomo peccatore e lo ama con amore di Madre (VS 120).

Ci sono stati apostoli, come il santo Curato d'Ars, che nel suo lavoro apostolico ha vissuto spontaneamente e comunicato agli altri una profonda relazione con il cuore della Madre di Gesù: "Il Cuore di Maria è tanto tenero verso di noi, che tutte le madri messe insieme al suo confronto non sono che un pezzo di ghiaccio... Il cuore della Santissima Vergine è la fonte da cui Gesù prese il sangue con il quale ci riscattò" (Sto. Curato d'Ars).

Per il Cuore di Maria, come immagine della Chiesa, si manifesta a noi l'amore misericordioso di Cristo. In Maria incontriamo "il singolare tatto del suo cuore materno, la sua particolare sensibilità, la sua particolare idoneità a raggiungere tutti coloro che accettano più facilmente l'amore misericordioso da parte di una madre" (DM 9). Da lei si apprende una "speciale tenerezza materna" (VC 28). Così lo sperimentarono le persone più sensibili al tema mariano: "Questo è il sacro asilo del mio rifugio. Il Cuore Immacolato di Maria è unito a Gesù e di conseguenza abitando in questo sacro santuario siamo nello stesso centro del dolcissimo cuore del Nostro Signore" (M. Esperanza di Gesù Gonzalez).

La Chiesa impara da Maria l'atteggiamento verginale di un cuore che ascolta la parola e si unisce sponsalmente a Cristo, per farlo presente nella comunione ecclesiale e nel mondo. Con questo cuore verginale, sponsale e materno, si può sperimentare, cantare e proclamare che in Gesù si attualizza "la misericordia di generazione in generazione" come "luce per illuminare le genti" (cfr. Lc 1,50; 2,32).

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Un santuario, come quello di S. Maria Maggiore e tanti altri sparsi per tutta la geografia ecclesiale, si converte in "memoria mariana" quando la comunità dei credenti è chiamata per ascoltare la Parola, celebrare l'Eucarestia, pregare, ricevere lo Spirito Santo, condividere i beni, praticare la carità e decidersi ad annunciare Cristo a tutti i popoli "con audacia" (cfr. At 2, 42; 4, 31-33). Allora il santuario è il "cuore mariano" della Chiesa. "Da questo cuore mariano di Roma prego per quanti vivono nella nostra Città. Prego per tutti" (Giovanni Paolo II, 8 dicembre 1997, in visita a Santa Maria Maggiore).

"Oh Signore, Dio nostro, che nel Cuore Immacolato di Maria hai posto la dimora del Verbo e il tempio dello Spirito Santo, per sua intercessione concedi anche a noi, tuoi fedeli, di essere tempio vivo della tua gloria" (Preghiera Colletta, Messa del Cuore Immacolato della beata Vergine Maria, Messale Mariano n. 28).

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1. IL CUORE DI MARIA NEL CUORE DELLA CHIESA

Ci sono alcuni momenti chiave della vita di Maria nei quali si fanno evidenti i sentimenti del suo cuore. E' come se gli avvenimenti evangelici e le parole del Signore incontrassero in Lui una speciale risonanza. Basterebbe ricordare dei momenti speciali, a distanza di anni l'uno dall'altro:

(A Betlemme): "Maria da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19).

(A 12 anni): "Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc 2, 51).

Questi sentimenti del Cuore di Maria affiorano anche in altre occasioni, sebbene il testo evangelico non usi la parola "cuore". Prima dell'annuncio dell'angelo: "A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto" (Lc 1,29). Alla visitazione: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore" (Lc 1,46-47). Alla presentazione del bambino al tempio: "Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui" (Lc 2,33). Quando il bambino si perse nel tempio: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo" (Lc 2,48).

Leggendo oggi questi testi, la Chiesa è interpellata, come se le ricordassero una figura biblica (Maria), con lA quale deve identificarsi continuamente. In effetti, quando Gesù qualifica con termini familiari la "comunità familiare" (la sua "Chiesa"), che lo seguiva fedelmente, afferma: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8,21).

E' L'atteggiamento dell'"ascolto" impegnato, da parte di sua Madre e da parte della comunità "ecclesiale" (familiare) dei seguaci di Cristo, che "dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza" (Lc 8,15). E' la parabola del seminatore, che usa la similitudine del "seme" paragonandolo alla "Parola di Dio" (Lc 8,11).

L'atteggiamento interiore di Maria, dal più profondo del suo cuore, è oblativo, offerente, in unione con l'atteggiamento interiore di Gesù: "Portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore" (Lc 2,22). Il "sì" di Maria (Lc 1,38) era stato dato in relazione all'opera salvifica di Dio, perché le era stato detto che "nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37).

Però l'"opera di Dio" consisteva nel portare alla pienezza e al compimento l'Alleanza come atteggiamento di fede rispetto ai nuovi piani salvifici di Dio in Cristo: "Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato" (Gv 6,29). Dio ama il "sì" del suo popolo eletto: "Metteremo in pratica ed eseguiremo tutto ciò che ha detto Jahve" (Es 24,7).

Maria era abituata a dire questo "si": "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). E' lo stesso atteggiamento che affiorerà nelle nozze di Cana, come testo parallelo del suo "fiat" e del "sì" all'Alleanza: "Fate quello che lui vi dirà" (Gv. 2,5).

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La Chiesa, per accogliere la Parola e trasmetterla al mondo, segue lo stesso percorso del dire "sì" all'alleanza. Sotto la guida di Maria, come immagine o icona della sua maternità, si fa madre (strumento di vita nuova), nella misura in cui è fedele come Maria, facendo entrare la Parola fino al più profondo del proprio cuore. In questo contesto si comprende meglio come Maria "è nel cuore della Chiesa" (RMa 27).

Il Cuore di Maria è "memoria" per la Chiesa, perché la Chiesa si ispira al suo cuore per trovare il modo di meditare e praticare il vangelo. Nel Cuore di Maria la Chiesa incontra un'eco o una risonanza del vangelo "ruminato" e vissuto, trasformato in un "sì".

L'espressione che hanno usato alcuni santi come S. Luigi Maria Grignon de Montfort ("prestami il tuo cuore") equivale a questo desiderio millenario della Chiesa di ricevere Maria "in comunione di vita" (RMa 45) per imparare da lei ad ascoltare la Parola e ricevere il "pane di vita" fino al profondo del cuore, trasformato in un "sì" di apertura generosa e totale.

L'invito ripetuto continuamente nella lettera apostolica Rosarium Mariae Virginis (cfr. nn. 2,12), di entrare in sintonia con i sentimenti o il Cuore di Cristo, per mezzo del Cuore di Maria, è un'applicazione concreta dell'invito di S.Paolo : "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù" (Fil 2,5). Paolo vive di Cristo (cfr. Fil 1,21; Gal 2,20), per "formare Cristo" nei credenti (Gal 4,19). E' l'atteggiamento "materno" dell'apostolo, nel contesto della Chiesa "madre" (Gal 4,26), a imitazione di Maria, "la donna", dalla quale nasce Cristo grazie al quale noi riceviamo "l'adozione a figli" per grazia dello Spirito Santo (Gal 4, 4-7).

Così è il cammino della "comunione viva con Gesù attraverso il Cuore della sua Madre" (RVM 2). In questo modo, entriamo in sintonia con "i misteri della vita del Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina (RVM 12). "La santissima Madre di Dio conservava tutte queste parole meditandole nel suo cuore come fosse vaso e ricettacolo di ogni mistero" (Ps. Gregorio Taumaturgo, Homil. 2 In Annunt.)

Andare al Cuore di Maria per incontrare l'eco o la risonanza del vangelo , equivale a "cercare sempre nuovamente in Maria, tra le sue braccia e nel suo cuore, il frutto benedetto del suo grembo" (RVM 24). Così si entra in sintonia con i sentimenti di Cristo per "rimanere nel suo amore" (Gv 15,9), seguendo l'invito di Maria: "Fate quello che lui vi dirà" (Gv 2,5). Seguiamo il modello di Maria che "vive guardando a Cristo e considera ciascuna delle sue parole" (RVM 11).

Nel suo volto e nel suo cuore, incontriamo un segno molto vicino della misericordia di Dio: " Nel cuore di questa madre non c'è che amore e misericordia. Il suo unico desiderio è vederci felici. Dobbiamo solo volgerci verso di lei per essere accolti. Il Figlio che tante lacrime è costato a sua madre, è quello più amato dal suo cuore" (Santo Curato d'Ars). Maria è "il grande segno del volto materno e misericordioso, della vicinanza del Padre e del Cristo, con i quali lei ci invita ad entrare in comunione" (Puebla 282).

La preghiera mariana alla fine di "Ecclesia in Europa" riassume questo atteggiamento contemplativo della Chiesa: "Maria ci appare come figura della Chiesa che, nutrita dalla speranza , riconosce l'azione salvifica e

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misericordiosa di Dio, alla cui luce legge il proprio cammino e tutta la storia. Ella ci aiuta a interpretare anche oggi le nostre vicende in riferimento al suo Figlio Gesù. Creatura nuova plasmata dallo Spirito Santo, Maria fa crescere in noi la virtù della speranza. Maria, Madre della speranza, cammina con noi! Insegnaci a proclamare il Dio vivente; aiutaci a testimoniare Gesù l'unico salvatore" (EEu 125).

Noi ci rivolgiamo a Maria con confidenza di figli, perché ci insegna a glorificare Dio : "O Signora, che hai cuore compassionevole e grande tenerezza, cura i mali,le ferite... affinché ti glorifichiamo come si conviene" (Teofanie Grapto, Canone Paracletico alla Madre di Dio: Parakletikè, ode IX).

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2. IL CAMMINO DEL CUORE IN MARIA E NELLA CHIESA

Quando si dice nel vangelo che Maria "meditava nel suo cuore" (Lc 2,19.51), si vuole indicare il suo atteggiamento interiore, pieno di pensieri, motivazioni e disposizioni d'animo profonde. Tutta la sua persona è simboleggiata dal "cuore". Per esprimere questa apertura totale alla Parola di Dio, lei ha seguito un cammino guidato dallo Spirito Santo ossia dall'azione della grazia divina. "Conservava nel suo cuore le parole di lui, non come le parole di un fanciullo di dodici anni, ma come le parole di colui che era stato concepito da Spirito Santo, di colui che ella vedeva progredire in sapienza e in grazia agli occhi di Dio e degli uomini" (Origene, In Luc. Homil., 20,6).

Commentando questi passi neotestamentari di Luca 2,19.51, afferma Giovanni Paolo II: "Maria vive con gli occhi su Cristo e fa tesoro di ogni sua parola" (RVM 11). E' come il riassunto del suo atteggiamento interiore (EdE 53). S.Ambrogio commenta Cant. 8,6 e lo applica alla Vergine santissima con queste parole: "in mezzo al cuore resta come sigillo il Signore Gesù" (S.Ambrogio, De Isaac et anima VI, 53). "Maria conservava ogni parola dentro il suo cuore per evitare che dal suo cuore nessuna ne colasse fuori (Commento al salmo 118, 4.17).

Il "cuore" di cui parlano i testi biblici ("Kardia" in greco, "leb" in ebraico) simboleggia tutta l'interiorità umana. E' quel "luogo", più profondo dell'essere umano, in cui Dio si manifesta, lasciando "inquieto" il cuore, finché si apra totalmente ai suoi disegni divini.

Maria accoglie gli eventi e le parole di Gesù, cercando di farlo entrare senza condizionamenti nel cuore, lì dove Dio è già presente, quantunque nascosto e sempre sorprendente.

Il "cuore" è come la fonte e la sede della funzione intellettuale, emotiva e affettiva, dove si prendono le decisioni più vitali. La sede della sapienza si incontra in un cuore che si apre continuamente alla verità, alla bellezza e all'amore.

La vera esperienza spirituale affiora in un cuore che ha "sete" di Dio, "come terra arida senz'acqua" (Sal 62,2). Si cerca Dio, mossi però dallo stesso Dio, il quale ha preso l'iniziativa di questa ricerca. Nella rivelazione propriamente detta, è Dio che cerca l'uomo e suscita in lui il desiderio dell'incontro personale. Il Cuore di Maria riflette questa ansia interiore, che vuole ricevere il "Dio vivo", così come è: "Come la cerva anela ai corsi d'acqua così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?" (Sal 41,2). "Ti cerco con tutto il cuore" (Sal 118,10).

Commentando il salmo 72, il Ps. Ildefonso lo applica a Maria: "Tu sei il Dio del mio cuore" (sermone 1, De Assumptione), e aggiunge: "Il mio cuore e la mia carne esultano nel mio Dio vivente quando gli ho dato a la luce secondo la carne però ora egli è mio Re e mio Dio, in cui ho creduto per la fede e ho desiderato con il cuore" (Ps.Ildefonso, ibidem, 245).

Nel Cuore di Maria questa apertura supponeva la sofferenza di non poter capire il mistero, perché Dio è sempre più in là del nostro capire e vedere.

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Nel nostro cuore, la sofferenza si origina anche per il processo di "pentimento" e "conversione". Tanto in Maria come in noi, c'è sempre il dolore pacificatore e "gioioso" di voler incontrare il "Dio vivo", accettando la sua sorpresa.

Il Cuore di Maria era formato nell'ascolto della legge, degli insegnamenti profetici e dei salmi. E' lo stesso Dio che cerca l'amore del cuore umano, perché lo ha creato a sua immagine: "Ascolta Israele... Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente" (Deut. 6, 4-5; Mt 22,37). L'uomo cosciente della sua debolezza (e, nel nostro caso, anche del peccato), chiede a Dio la forza per aprirsi all'amore: "Tu vuoi la sincerità del cuore e nell'intimo mi insegni la sapienza... Crea in me o Dio un cuore puro" (Sal 50,8.12).

Dio ha già impresso nel cuore dell'uomo la necessità di realizzarsi amando: "Scriverò la mia legge nel suo cuore" (Ger 31,33). Però l'uomo tende a chiudersi in se stesso. Allora Dio manifesta con più forza che Lui è sempre fedele all'amor, disposto a trasformare il cuore verso un'apertura totale: "Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne" (Ez 36,26).

Dio "scruta i cuori" (Ger 17,10), per ricrearli sempre dalla radice. La sua pedagogia consiste nel far sperimentare il "silenzio", per suscitare di nuovo la sete di amore rispondendo all'amore di Dio: "L'attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore" (Os 2,16).

Nel Cuore di Maria, questa azione divina della sua parola salvifica incontrò "un cuore buono" (Lc 8,15). Il seme del seminatore è "la Parola di Dio" (Lc 8,11). Gesù, "il Verbo (la Parola) fatta carne" (Gv 1,14), trovò in Maria un cuore disponibile senza ostacoli e senza artifici. Confrontando la fede di Maria con la poca fede di Zaccaria, dice S.Agostino: "Per farci conoscere che le sue parole erano simili... il cuore però era molto differente" (Sermone 291, 5: PL 38, 1318).

Unito al Cuore di Maria, durante nove mesi, si è formato il cuore di Gesù, "mite e umile" (Mt 11,28). L'azione dello Spirito Santo in Maria (cfr. Lc 1,35) fece in modo che ella ricevesse il Verbo (la Parola personale di Dio) nel suo cuore e nel suo corpo verginale con piena autenticità.

La Chiesa guarda a Maria per seguire lo stesso cammino di un cuore che si apre totalmente all'amore, per entrare in sintonia con "i sentimenti di Cristo" (Fil 2,5). La Parola di Dio Amore reclama la verità della donazione: "Rimanete nel mio amore" (Gv 15,9).

Il cammino del cuore segue la regola delle "beatitudini": "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio" (Mt 5,8). Il Cuore di Maria "contemplava", e cioè vedeva e guardava a Cristo da cuore a cuore. Per questo, in ogni circostanza, faceva della sua vita un "amen", una donazione totale. Ella "non impresse nel cuore idoli falsi, ma divinamente saggia nell'animo, era unita a Dio nel cuore" (Teodoro di Ancira, Omelia sulla Madre di Dio, 11).

In questo cammino del cuore, Cristo è il modello del "cuore mite ed umile" (Mt 11,28). Maria è l'immagine e prototipo di una Chiesa che vuole ricevere il mistero di Cristo fino al fondo del cuore, e cioè nel modo di pensare, sentire, valutare, amare e agire per reagire sempre amando e perdonando. Lei fu sempre "tutta purissima, perché la macchia del peccato è stata sempre

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lontana dal suo cuore e dalle sue opere" (Ps Ildefonso, De corona Virginis, 10).

Il "cuore inquieto" dell'uomo (secondo l'espressione agostiniana) trova il senso della vita, solo quando impara ad ascoltare la voce di Dio, "dentro", "nella parte più intima di noi stessi". Nel cuore dell'uomo, durante il suo pellegrinaggio terreno, resta sempre una traccia della ricerca della verità e del bene. Maria è Madre, Maestra, guida e modello in questo cammino del cuore, che si apre totalmente al mistero di Cristo.

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3. ASCOLTARE LA Parola di Dio NEL CUORE COME MARIA

Quando Maria "meditava nel suo cuore" (LSD 2,19), ella assumeva un atteggiamento interno profondamente vitale. "Meditare" (sym-ballousa) era per lei accogliere il messaggio e gli eventi, come chi li introduce nel suo cuore per confrontarli uno con l'altro e così poter rispondere a Dio con maggiore coerenza e generosità. Ella aveva imparato ad armonizzare parole e fatti: "Maria nel suo cuore custodiva tutto, parole e azioni, del Signore Salvatore" (S.Ambrogio, In Psal. 118,12). "Si meravigliava delle cose che si dicevano (cfr. Lc 3,33); tuttavia, conservava anche queste cose, insieme con le precedenti nel suo cuore (Lc 2,19)" (Teodoro di Ancira, Homil. IV,13).

Maria era abituata a questa vitalità interna, come uno sciame in cui si prepara il miele, già fin da bambina, nell'ambiente dell'educazione familiare per "ascoltare" Dio e rispondere al suo invito con un amore pronto e totale. Così insegnavano i padri ai loro figli, ricordavano loro il passo più emblematico della Sacra Scrittura: "Ascolta, o Israele, Jahve è il nostro Dio, Jahve è uno solo. Ama Jahve tuo Dio con tutto il cuore" (Deut 6,4-5). Dio vuole farsi ascoltare nella sua chiamata all'amore, mostrandosi come un padre affettuoso che cerca e chiede il nostro amore.

Meditare era, dunque, in Maria, porre qualcosa "con" e "insieme" (sym) per "confrontare" (ballousa), come chi cerca una nuova luce. In questa maniera la Parola di Dio si trasformava nei suoi stessi battiti, in modo ripetitivo e sincronico come chi "rumina" o mastica qualcosa per gustare il suo vero sapore. "Che cosa significa il termine: "meditava"? Vuol dire: custodire nel proprio cuore; considerare nel proprio cuore; imprimerlo dentro di sé. Meditava nel proprio cuore perché era santa e aveva letto le Sacre Scritture e conosceva i profeti" (S.Girolamo, Homilia in Nativitate Domini, CCL 78, 527).

Era un ascolto o una lettura trasformata in preghiera, alla maniera della lettura "pregata" con un affetto profondo di chi era già innamorata di Dio. Questo assaporare la Parola era un atteggiamento sapienziale non necessariamente scientifico o tecnico. Era un cammino di fede profonda che, per essere precisamente tale, molte volte appare notte oscura.

Maria si era formata alla scuola dei salmi e degli inni dell'Antico Testamento, i quali erano il frutto dell'aver ascoltato e riletto frequentemente la legge e gli eventi della storia della salvezza. Questo atteggiamento di ascolto è la radice della fede biblica che non è una semplice speculazione, bensì un atteggiamento di chi mette in pratica la volontà divina, senza sperare compensi intellettuali né constatazioni tangibili (cfr. Giac 1,22; Rom. 2,13).

Così Maria andava penetrando nella grande sorpresa di Dio, perché è colui che prende l'iniziativa del cercare e che spera la risposta del nostro cuore, aiutandoci con la sua grazia. Contemplare la Parola come Maria è un atteggiamento vitale, esigente e impegnativo per riconoscere l'iniziativa di Dio.

La ricerca e la contemplazione costante del "volto" di Dio traccia la direzione del cammino del cuore. Si vuole "conoscere" Dio tale come è, però la vera esperienza contemplativa giunge alla convinzione che "non vedere è la vera visione perché colui che è cercato trascende ogni conoscenza" (S.

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Gregorio di Nissa, Vita di Mosè, XV). In questo senso, dice il concilio Vaticano II che "la beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede" (LG 58).

La ricerca del volto di Dio è una costante biblica che riflette un cuore assetato: "Quando verrò e vedrò il volto di Dio?" (Sal 41,2). "Di te ha detto il mio cuore: 'Cercate il suo volto'; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto" (Sal 26, 8-9). Per questo la Chiesa impara "la contemplazione del volto di Cristo in compagnia e alla scuola della sua Madre Santissima" (RVM 3).

La Chiesa impara da Maria questo atteggiamento contemplativo, per essere veramente la Chiesa della Parola e del "pane di vita". Maria "è nel cuore della Chiesa" (RMa 27) per accompagnare in questa totale apertura del cuore ai disegni di Dio. La Chiesa cerca nel Cuore di Maria l'eco del messaggio evangelico, "ruminato" nel vissuto da lei, per contemplarlo, viverlo e annunciarlo.

Maria concepì il Verbo nel suo cuore prima che nel suo seno: "Avvenne prima la venuta per la fede nel cuore della Vergine, e seguì poi la fecondità nel seno della madre" (S.Agostino Sermone 293,1). La direzione di questo atteggiamento contemplativo, resta tracciata fin dal momento dell'Annunciazione ("rifletteva" Lc 1,29), fino all'unione sponsale ai piedi della croce come "donna" o sposa (Nuova Eva) che condivide "in piedi" la medesima sorte (GV 19,25-26), con uno "sguardo" che cerca di comprendere tutto il mistero nascosto (cfr. 19,37).

E' il cammino di un "sì" generoso (Lc 1,38) e gioioso (Lc 1,46), che sa "contemplare" (Lc 2,19.51) e "lodare" (Lc 2,33), invitando la comunità ecclesiale (la nuova sposa) a intraprendere questo stesso cammino contemplativo e impegnativo: "Fate quello che lui vi dirà" (Gv 2,5). "Umile ancella accolse la tua parola e la custodì nel suo cuore; mirabilmente unita al mistero della redenzione, perseverò con gli Apostoli in preghiera nell'attesa dello Spirito Santo; ora risplende sul nostro cammino segno di consolazione e di sicura speranza" (Prefazio della beata Vergine Maria, IV).

Maria è il tabernacolo della Parola, al suo cuore si ispira la Chiesa per meditare come lei tutto il messaggio evangelico. Maria è la "memoria" evangelica di una Chiesa contemplativa, santa e missionaria, che modella continuamente il suo cuore e le sue esperienze intime per mezzo della Parola e del "pane di vita" (Gv 6,35 ss.). Al Cuore di Maria fa ricorso la Chiesa: "La santissima Madre di Dio conservava tutte queste parole meditandole nel suo cuore come fosse vaso e ricettacolo di ogni mistero (Ps. Gregorio Taumaturgo, Omelia II sull'Annunciazione).

Così lo riconosce la Chiesa nelle preghiere liturgiche: "Padre... fa che sul suo esempio custodiamo e meditiamo sempre nel cuore i tesori di grazia del tuo Figlio" (Messa del Cuore Immacolato della beata Vergine Maria, Messale Mariano, n.28, Preghiera sulle Offerte). "Padre Santo... Tu hai dato alla beata Vergine Maria un cuore sapiente e docile, pronto ad ogni cenno del tuo volere; un cuore nuovo e mite, in cui hai scolpito la legge della nuova Alleanza; un cuore semplice e puro che ha meritato di accogliere il tuo Figlio e di godere la visione del tuo volto; un cuore forte e vigilante, che ha sostenuto intrepido la spada del dolore e ha atteso con fede l'alba della resurrezione" (ibidem, Prefazio).

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4. IL PROCESSO DEL MEDITARE LA PAROLA NEL CUORE COME MARIA

La contemplazione della Parola di Dio è un processo o itinerario spirituale di apertura senza condizioni, di lasciarsi sorprendere e interrogare da Dio e decidersi a seguire il progetto o la volontà dello stesso Dio. "Chi ama il Signore ne ama la legge, come Maria che, nel suo amore verso il Figlio, ne riponeva con affetto materno nel suo cuore tutte le parole" (S.Ambrogio, Commento al Salmo 118, 13,3: PL 15, 1452).

Prima del saluto dell'angelo, Maria lascia la porta aperta all'azione divina: "A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto" (Lc 1,29). S.Pietro Crisologo commenta questo turbamento di Maria come chi entra nell'oscurità della fede contemplativa: "Si turbò la carne, il grembo sussultò, la mente tremò, l'intera profondità del cuore restò attonita: la Vergine, infatti, all'ingresso dell'angelo aveva avvertito nel suo intimo l'ingresso della divinità" (Sermone 143,8).

S.Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), quando descrive il "fiat" di Maria nell'Annunciazione, immagina tutta le creazione come sospesa che spera nel suo "sì" (Omelia 4,8-9). In questo contesto, il cuore è in relazione con il seno. S.Bernardo prega a Maria: "Apri, o Vergine Beata, il tuo Cuore alla fiducia, la tua bocca alla parola di assenso, il tuo grembo al Creatore. Ecco, l'Atteso dalle genti sta fuori e bussa la tua porta. Alzati con la tua fede, corri con la tua disponibilità, apri col tuo consenso" (Omelia 4,8).

Quando successivamente, a Betlemme, e nel tempio "meditava nel suo cuore" (Lc 2,19.51), questo è il segno che attestava un atteggiamento che andava più in là dello "stupore" dei pastori (cfr. Lc 2,9) e dei rabbini (cfr. Lc 2,47). Maria supera il primo momento di stupore (cfr. Lc. 1,29 ; 2,50), per passare ad un'apertura incondizionata del cuore ai nuovi piani di Dio.

"Contemplare" significava per Maria, confrontare, mettere in relazione, ruminare, assaporare, come chi armonizza i diversi dati della fede e della rivelazione (cfr. Lc 2,19; Lc 2,51). In questo modo può combinare alla luce della fede contemplativa, "tutte le parole", ("panta ta remata"), cioè, tutto il messaggio evangelico è inserito nell'evento. "Meditava nel suo cuore gli argomenti della fede... ci ha dato l'esempio" (S.Ambrogio, In Lucam II, 54).

La parola divina ("rhema") è creativa e rigeneratrice, proveniente da un Dio che ama, che si fa più vicino in modo sempre nuovo e sorprendente, specialmente nell'incarnazione del "Verbo" (cfr. Gv 1,14). Per questo, "nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37; cfr. Mc 10,27). Non ci sono avvenimenti irreversibili, perché tutta la vicenda umana può essere cambiata dall'amore. Maria disse di "sì" a questa azione salvifica di Dio nella storia.

S.Girolamo, commentando Lc 2,19 afferma: "Meditando nel cuore si rendeva conto che le cose lette si accordavano con le parole dell'angelo... Ciò che Gabriele aveva detto, era stato già predetto da Isaia: 'Ecco la Vergine concepirà e partorirà' (Os 7,14). Se questo l'aveva detto, quell'altro l'aveva sentito. Vedeva il bambino giacente... colui che giaceva era il Figlio di Dio... Lo vedeva giacere e lei meditava le cose che aveva udito, quelle che aveva letto e quelle che vedeva" (S.Girolamo, Homilia in Nativitate Domini: CCL 78, 527).

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Maria confrontava l'udire dell'angelo, con la lettura della Scrittura (e.g. Isaia) e la vista (il bambino neonato). Poteva mettere in relazione Is 7,14 (sulla verginità, secondo Mt 1,23) con Is 9,6 ("E' nato per noi un bambino, un figlio ci è stato donato, egli porta sulle spalle il dominio").

S. Gregorio Magno commenta Lc 2,19 con queste parole: "meditava le sue parole non in modo temporaneo, bensì mettendole in pratica" (Moralium... lib.XVI, cap.36,44.) La maternità di Maria è frutto del suo ascolto impegnato ed efficace, come immagine della maternità della Chiesa (cfr. Lc. 8,21).

Maria custodiva nel suo cuore la Parola di Dio, convinta che "nulla è impossibile a Dio" (Lc. 1,37). Il suo atteggiamento del "si" e di "contemplazione" era un atteggiamento di relazione, di chi si sa introdurre nei nuovi piani salvifici di Dio. Ella, meditando o contemplando con attenzione, tesoreggiava qualcosa che veniva ad essere centrale nella sua vita, fino ad orientare tutta la sua esistenza mettendo in pratica i disegni divini.

Con questo atteggiamento di "ascolto", Maria continuava nel suo comportamento appreso nell'Antico Testamento riassunto nello "shema" (Deut 6,4-5), per giungere a suo compimento nel Nuovo Testamento (cfr. Lc 1,38; 8,21). Per questo, Elisabetta lodava la fede di Maria, che è garanzia di compimento dell'opera messianica: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore!" (Lc 1,45).

Questo atteggiamento contemplativo di Maria è profondamente di relazione. "Gli occhi del suo cuore si concentrano in qualche modo su di Lui già nell'Annunciazione, quando lo concepisce per opera dello Spirito Santo" (RVM 10). Ella impara a contemplare il volto di Dio che risplende nel volto di suo Figlio. E' il volto del "Servo di Jahve", figlio della "ancella del Signore" (Lc 1,48), volto dolente nella passione e nella croce, volto deposto nel sepolcro, volto glorioso di risorto. Ella aveva imparato a contemplare questo volto ponendolo nella mangiatoia (cfr. Lc 2,7) e quando lo deposero nel sepolcro (cfr. Lc 23,51).

La contemplazione del volto di Cristo, da parte di Maria, è atteggiamento relazionale, è cioè, atteggiamento di fede viva, secondo "conoscenza vissuta di Cristo" (VS 88), di intimità profonda come chi è madre e "associata" ("donna") all'opera redentrice del nuovo Adamo (cfr. Gv 2,4; 19,26). Ella appartiene, nel corpo e nel cuore esclusivamente a Cristo. E' "la Vergine" che ascolta, ama e si offre per ricevere e comunicare il mistero di Cristo. La sua contemplazione la mostra come Vergine e madre per eccellenza, è cioè, l'unica madre che, per essere Vergine, ha fatto della sua concezione, gestazione e parto una donazione totale al figlio.

L'ascolto della Parola era un invito ad "amare con tutto il cuore" (Deut 6,4). In Maria, l'ascolto tendeva direttamente alla persona di Gesù, come Parola definitiva del Padre, alla quale lei restava associata con un "si" di "offerta" sacrificale insieme al Figlio (cfr. Lc 2,2). Gesù era la Parola che penetrava nel cuore come una "spada" (Lc 2,35), che taglia o supera gli schemi precedenti, per condurre alla novità di condividere la stessa vita e il destino verso il mistero pasquale.

La Chiesa impara questo itinerario di "lectio divina", realizzata alla

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scuola di Maria, aprendosi totalmente alla Parola, accettando la sorpresa del mistero, chiedendo con confidenza umile e filiale, unendosi alla volontà divina. In questo processo contemplativo della Parola, Maria, "accompagna con materno amore la Chiesa" (Prefazio della beata Vergine Maria, III). "Oh, Dio, che hai preparato una degna dimora dello Spirito Santo nel cuore della beata Vergine Maria, per sua intercessione concedi anche a noi, tuoi fedeli, di essere tempio vivo della sua gloria" (Messa del Cuore Immacolato della beata Vergine Maria, sabato dopo la solennità del Cuore di gesù, Preghiera Colletta).

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5. LA CHIESA DELLA PAROLA VISSUTA DAL CUORE DI MARIA

La Chiesa, meditando la Parola di Dio come Maria, si sente accompagnata e invitata da lei come alle nozze di Cana: "Fate quello che lui vi dirà" (Gv. 2,5). Con il cuore disposto come quello di Maria, si ascolta in ogni gesto e parola del Signore la voce del Padre: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo" (Mt 17,5).

L'atteggiamento di Maria, che ascolta, medita nel cuore e dice di "sì", è l'immagine della Chiesa, "l'icona perfetta della maternità della Chiesa" e, pertanto, della sua fedeltà (RVM 15). Questo atteggiamento equivale ad un percorso verso l'assimilazione della Parola di Dio fin nel più profondo della propria esistenza o del proprio cuore. "La Vergine Santissima è Maestra nella contemplazione del volto di Cristo" (EdE 53).

La Parola di Dio continua ad essere la Sua parola, "viva ed efficace" (Eb 4,12). E' il "Verbo" o parola definitiva del Padre, inserita nella nostra storia: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). E' parola rivelata, come un regalo o dono di Dio, per il quale "niente è impossibile" se il cuore si apre alla sua azione salvifica. A questa Parola, Maria rispose con un "sì" (Lc 1,38) pronunciato con l'amore di "tutto il suo cuore" (Deut 6,4). Questo "sì" fu un preludio del nostro, che deve germogliare anche da un cuore contemplativo: "L'assenso della Vergine fu il nome di tutta l'umanità" (S.Tommaso d'Aquino III, 30, 1c).

E' la Parola di Dio che trovò nel Cuore di Maria un atteggiamento di fede: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore!" (Lc 1,45). Maria è modello di fede per la comunità ecclesiale (cfr. Lc 8,21). E' la fede o "teologia vissuta dai santi".(NMi 27).

L'esempio e l'atteggiamento di Maria a Cana influì sulla fede dei primi discepoli di Gesù. Maria capì bene il significato profondo delle parole del Signore, malgrado l'apparenza negativa. S. Efrem spiega l'atteggiamento di Maria a Cana, come frutto del suo atteggiamento contemplativo: "Lei era cosciente del miracolo che si andava realizzando, come dice l'evangelista: 'serbava tutte queste cose nel suo cuore', 'fate quello che lui vi dirà'" (S. Efrem, Hymni de Nativitate, 5,1).

La Chiesa, fin dai suoi inizi, imparò a vivere questa fede nella Parola, come atteggiamento di preghiera e carità, alla scuola del Cenacolo, "nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (At 1,14). La predicazione apostolica (cfr. At 2-4) consisteva precisamente in questa stessa Parola, assimilata prima nella contemplazione, da parte di coloro che avevano il servizio magisteriale. La Chiesa continua a predicare il messaggio evangelico con la testimonianza di vita, come Parola che germoglia e che giunge al fondo del cuore.

Nel cammino storico della Chiesa, c'è una "presenza trasversale" di Maria (TMA 43), che è sempre "presenza attiva e materna" (RMa 1 e 45), come "salutare influsso" (LG 60). Maria "precede" in questo cammino, come modello e guida per rileggere gli avvenimenti alla luce della Parola di Dio. In effetti, "la Madre di Gesù... brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore" (LG 68; cfr. RMa 51-52).

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La sequela di Cristo, per essere suoi "testimoni" (cfr. At 1,8; 2,32; Gv 15,27), cominciò propriamente dopo le nozze di Cana: "discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli (parenti) e i suoi discepoli" (Gv 2,12). La Chiesa, come il Precursore, è la "voce" di Cristo "presente" (Gv 1,23). Nella vocazione profetica del Battista e nella vocazione apostolica dei discepoli, Maria precedette e influì con la sua fede e con il suo atteggiamento contemplativo.(cfr. Lc 1,35; Gv 2,5).

Per poter annunciare "il Verbo della vita" è necessario averlo "contemplato" prima nel cuore (cfr. 1Gv 1,1ss). Dio ha parlato e continua a farlo in molte maniere, "ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Eb 1, 1-2). Per far parte della famiglia spirituale di Gesù, bisogna ascoltare la sua parola e metterla in pratica: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 8,21; Mc 3, 35; Mt 12,50).

Maria è più beata per aver ricevuto Cristo nel suo cuore che per averlo ricevuto nel suo seno: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,28). "Ella era vergine non solo nel corpo ma anche di mente e non falsò mai, con la doppiezza, la sincerità degli affetti. Umile nel cuore... non loquace, amante dello studio divino" (S.Ambrogio, De Virginibus, 2,7). S. Agostino commenta Lc 11,27-28: "Anche per Maria: di nessun valore sarebbe stata per lei la stessa divina maternità, se non avesse portato il Cristo più felicemente nel cuore che nella carne (S.Agostino, De sancta virginitate, 3).

La Parola che risuonò nel Cuore di Maria (cfr. Lc 2,19.51) è lo stesso "pane di vita", Gesù, che si comunica come messaggio e come Eucaristia. Il messaggio evangelico, meditato nel Cuore di Maria,e il pane eucaristico ha il "sapore della Vergine Madre" (Giovanni Paolo II, Congresso Eucaristico Internazionale, 2000).

Contemplare il volto di Gesù equivale ad entrare in sintonia con la sua vita intima, e cioè con il suo cuore.Il discepolo amato, che reclinò il suo capo sopra il petto di Gesù (cfr. Gv 13,13.15; 21,20), è lo stesso che accolse Maria come Madre "in comunione di vita" (RMa 45, nota 130). Si conosce il Signore solo da cuore a cuore: "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui" (Gv 14,21). Si ha la percezione del Signore soltanto se si ha un cuore contemplativo come quello di Maria.

Si giunge alla "comunione viva con Gesù attraverso il cuore della sua Madre" (RVM 2). I testi evangelici hanno la loro risonanza in questo cuore materno: "i misteri della vita del Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina" (RVM 12). "Non si tratta solo di imparare le cose che Egli ha insegnato, ma di imparare Lui", poiché "nessuno come la Madre può introdurci a una conoscenza profonda del suo mistero" (RVM 14).

Questo è il miglior cammino per "plasmare il discepolo secondo il cuore di Cristo" (RVM 17), fino a giungere " alla profondità del suo Cuore" (RVM 19). Quando la Chiesa medita in Maria, è perché "cerca tra le sue braccia e nel suo cuore, 'il frutto benedetto del suo grembo' (cfr. Lc 1,42)" (RVM 24). "La contemplazione del volto di Cristo non può che ispirarsi a quanto di Lui ci dice la Sacra Scrittura (NMi 17), come lo fa Maria contemplando (mettendo in relazione) questi testi con quello che vedeva e ascoltava. E' la "preghiera di cuore cristologico" (RVM 1).

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La Parola di Dio è personificata in Gesù. Lui stesso è la parola viva che "cresce" e si diffonde nel cuore: "la Parola di Dio si diffondeva" (At 6,7). E' "seme immortale" (1Pt 1,23), che ci genera per essere "figli nel Figlio" (GS 22, Ef 1,5). Questa realtà di grazia cominciò nel seno e nel Cuore di Maria, come immagine della Chiesa "madre" (Gal 4,26), che riceve anche il Signore nel cuore per "formare Cristo" negli altri (Gal 4,19). La Chiesa vive gli stessi sentimenti del Cuore materno di Maria.

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6. IL "MAGNIFICAT" NEL CUORE DI MARIA E DELLA CHIESA.

Il "Magnificat" di Maria, recitato durante la visita a sua cugina Elisabetta, è "un'ispirata professione di fede", come risposta alle grazie ricevute per il bene di tutta l'umanità. Le parole di questo inno riflettono "la personale esperienza di Maria, l'estasi del suo cuore" (RMa 36). Lei è "la Madre del Signore" (Lc 1,43), la Vergine orante.

La "contemplazione" di Maria sulle parole dell'angelo, si esprime con l'inno del "Magnificat" che si ispira ai salmi e agli altri inni dell'Antico Testamento. La novità del "Magnificat" sta nel riferimento al mistero dell'incarnazione realizzato in Maria: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" (Lc 1,49).

La gioia dell'annunciazione Maria la proclama nel "Magnificat": "Tremante, immobile, stette, la mente confusa, con il cuore che batteva per l'inatteso messaggio. In seguito però ne gioì e caldo con la voce il cuore si sentì" (Oracoli Sibillini, VIII, vers. 462-468). "Il suo cuore palpitò di gioia e intonò un cantico" (S.Atanasio di Alessandria, Sermone di Maria Madre di Dio). L'Annunciazione e la visitazione, ricordano la gioia messianica annunciata dai profeti: "Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!" (Sof 3,14).

Le espressioni di lode del cantico del "Magnificat" possono essere state ispirate dall'inno di Anna, la madre di Samuele: "Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s'innalza grazie al mio Dio.. io godo del beneficio che mi hai concesso. Non c'è santo come il Signore... I sazi sono andati a giornata per un pane, mentre gli affamati han cessato di faticare.. Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta" (1 Sam 2,1 ss). Sono concetti che si incontrano frequentemente anche nel salterio e negli altri testi che ricordano i fatti salvifici dell' "esodo" (cfr. Sal 80).

L'atteggiamento abituale di Maria, di "contemplare nel suo cuore" (Lc 2,19.51), indica il mettere in relazione un avvenimento salvifico (come gli eventi dell'Annunciazione e della visitazione) con i dati della storia della salvezza. Ciò che vedeva o ascoltava, lo metteva in relazione con le profezie o i salmi, che lei stessa aveva letto, ascoltato o cantato. "Il cantico del Magnificat è la preghiera per eccellenza di Maria, il canto dei tempi messianici nel quale confluiscono l'esultanza dell'antico e del nuovo Israele" (MC 18).

La "gioia" dell'Annunciazione e del "Magnificat" è la gioia messianica che cantarono anche gli angeli a Betlemme come compimento delle profezie: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,10). Allora Maria mise di nuovo in pratica il suo atteggiamento contemplativo (cfr. Lc 2,19). Questa contemplazione era fonte di gioia: "La tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore" (Ger 15,16).

Maria esprime i sentimenti del suo cuore mosso dall'azione dello Spirito Santo, ricordando i fatti dell'Annunciazione e come compimento delle promesse messianiche, adesso già diventate realtà. Il contesto del "Magnificat" indica il significato del "sì" di Maria alla volontà salvifica di Dio (Lc 1,38) come espressione massima della fede (Lc 1,45) che si caratterizza in un servizio di carità (Lc 1,39) e, allo stesso tempo, è

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strumento della grazia dello Spirito comunicata a Elisabetta e a Giovanni Battista (Lc 1,41).

Si può apprezzare nel "Magnificat" (Lc 1,47-55) un parallelo dei temi che appaiono nell'Annunciazione: gioia, potenza della santità di Dio, salvezza universale, umiltà o povertà (biblica) della creatura, misericordia divina secondo le promesse messianiche. Nel cantico affiorano i sentimenti più profondi del Cuore di Maria: lode a Dio, gratitudine, fede, confidenza, umiltà (povertà biblica), scoperta della misericordia di Dio, unione con tutta l'umanità e con tutta la storia della salvezza.

Maria rende grazie per la storia della salvezza (Lc 1,46-48), nella quale si dimostra l'onnipotenza e la misericordia divina (Lc 1,49-53), dando inizio al regno messianico (Lc 1,54-55). "Maria loda il Padre <<per>> Gesù, ma lo loda anche <<in>> Gesù e <<con>> Gesù" (EdE 58).

La Chiesa recita il "Magnificat" imitando lo spirito di Maria: "Adorare Dio è, come Maria nel Magnificat, lodarlo, esaltarlo e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome" (CCC 2097). Il cantico, ripetuto attraverso i secoli, invocando Maria "fortunata" (beata) (Lc 1,48), ricorda la presenza attiva e materna di Maria: "La Vergine Madre è costantemente presente in questo cammino di fede del popolo di Dio verso la luce. Lo dimostra in modo speciale il cantico del 'Magnificat', che, sgorgato dal profondo della fede di Maria nella visitazione, non cessa nei secoli di vibrare nel cuore della Chiesa. Lo prova la sua recitazione quotidiana nella liturgia dei Vespri ed in tanti altri momenti di devozione sia personale che comunitaria" (RMa 35).

Gesù dice che "la bocca parla della pienezza del cuore" (lc 6,45). Il contesto di questa affermazione indica in atteggiamento di chi "ascolta le mie parole e le mette in pratica" (Lc 6,47). Il "Magnificat" è un esempio di questo atteggiamento impegnato a contemplare la Parola di Dio. Per questo continua ad essere, allo stesso tempo, "il cantico della Madre di Dio e quello della Chiesa, il cantico della Figlia di Sion e del nuovo Popolo di Dio" (CCC 2619). La Chiesa lo considera come "cantico di ringraziamento per la pienezza di grazie elargite nell'Economia della salvezza, cantico dei poveri, la cui speranza si realizza mediante il compimento delle Promesse" (ibidem).

Lo "spirito del Magnificat" è un cammino pasquale. La Chiesa impara il cammino di Pasqua, passando dall' "umiliazione" alla "esaltazione", dalla "povertà" biblica alla salvezza. "Se il Magnificat esprime la spiritualità di Maria, nulla più di questa spiritualità ci aiuta a vivere il Mistero eucaristico. L'Eucarestia ci è data perché la nostra vita, come quella di Maria, sia tutta un Magnificat!" (EdE 58).

Quando la Chiesa canta i salmi, lo fa con lo spirito di Maria: "non cantare per un uomo, bensì per Dio, e come fa Maria, meditalo nel tuo cuore" (S.Ambrogio, De Instit. Virginis, 102). "Sia in ciascuno l'anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria a esultare in Dio" (MC 21; S.Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, II, 26).

Lo spirito del "Magnificat" si concretizza nell'impegno missionario di annunciare Cristo unico Salvatore di tutta l'umanità. Questo spirito si impara nel Cuore di Maria: "Attingendo dal Cuore di Maria, dalla profondità della sua fede, espressa nelle parole del Magnificat, la Chiesa rinnova

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sempre meglio in sé la consapevolezza che non si può separare la verità su Dio che salva, su Dio che è fonte di ogni elargizione, dalla manifestazione del suo amore di preferenza per i poveri e gli umili, cantato nel Magnificat, si trova poi espresso nelle parole e nelle opere di Gesù. La Chiesa, pertanto, è consapevole... che si deve salvaguardare accuratamente l'importanza che i poveri e l'opzione in favore dei poveri hanno nella parola del Dio vivo.. E a lei che la Chiesa, di cui ella è madre e modello, deve guardare per comprendere il senso della propria missione nella sua pienezza" (RMa 37).

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7. SAN GIUSEPPE NEL CUORE DI MARIA

Diversi passi evangelici lasciano intravedere una intima unione tra la Vergine santissima e S.Giuseppe. Sono testi messi in relazione, a volte, con l'atteggiamento di Maria del "meditare nel cuore" (Lc 2,19.51). I "fatti" e le "parole" che lei meditava riguardavano anche il suo sposo Giuseppe.

Quando i pastori giunsero a Betlemme, recando il messaggio degli angeli, "trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia" (Lc 2,16). Maria "serbava queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).

Maria e Giuseppe avevano vissuto quei giorni insieme e con intensità. In effetti, camminarono uniti verso Betlemme per adempiere alle disposizioni dell'autorità civile: "Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta" (Lc 2,4-5). Per entrambi "non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7).

Quando offrirono il bambino Gesù nel tempio, il testo evangelico si esprime al plurale, sia in riferimento al viaggio, sia all'atto dell'offerta :" Portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore" (Lc 2,22). Davanti alle parole di Simeone, che profetizza una "spada" per Maria, nel contesto di un rifiuto o di uno scandalo nei confronti del Messia, entrambi gli sposi reagiscono congiuntamente: " Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui" (Lc 2,33).

La fuga in Egitto e il ritorno a Nazareth si descrivono anche all'interno di una stretta e mutua relazione, resa possibile grazie a Gesù. Per questo, l'angelo, per due volte, indica a Giuseppe :" Prendi con te il Bambino e sua Madre" (Mt 2,13.20). Giuseppe eseguì l'ordine come un qualcosa di essenziale alla sua missione: " Prese con sé il bambino e sua madre" (Mt 2,14.21). La residenza decisa "a Nazareth", indica anche questa relazione profondamente familiare (cfr. Mt 2,23).

L'atteggiamento abituale di Maria di "meditare nel cuore", ha queste connotazioni comunitarie e familiari, che includono lo spazio dell'interiorità del suo sposo Giuseppe, specialmente in quanto entrambi vivono il mistero di Betlemme, entrambi offrono il bambino al tempio, entrambi soffrono l'esilio e d entrambi si inseriscono nell'ambito familiare di Nazaret.

Quando a 12 anni il bambino Gesù si perde nel tempio, di nuovo il Cuore di Maria "meditava" il mistero dei suoi gesti e delle sue parole, avvolgendo nel suo atteggiamento contemplativo e addolorato il suo sposo Giuseppe. I due "si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua" (Lc 2,41). Entrambi restano "ammirati" nel rincontrare il bambino che stava discutendo nel tempio con i dottori (cfr. Lc 2,48). E, soprattutto, entrambi soffrono profondamente per quell'assenza, che, dalle labbra di Maria fu descritta così:" Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo" (Lc 2,48). Era il dolore vissuto insieme per l'assenza del figlio che era tutta la ragione del loro essere.

In questo contesto di esistenza armonica da parte di entrambi gli sposi, l'atteggiamento contemplativo di Maria si radica nel cammino della fede,

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doloroso e oscuro per entrambi: "Ma essi non compresero le sue parole" (Lc 2,50).

La contemplazione di Maria nel più profondo del suo cuore abbraccia, dunque, tutte queste circostanze: "Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc 2,51). Per questo l'atteggiamento redentore di Gesù si concretizza nell'obbedienza ai suoi genitori, che avevano condiviso la sua stessa sorte: "Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso" (ibidem).

I due momenti chiave, a Betlemme e nel tempio , vissuti intensamente dal Cuore di Maria, sono inquadrati in un insieme di dettagli evangelici che fanno parte della contemplazione di Maria, come "confrontando" ciò che vedeva, ciò che udiva e ciò che aveva visto e udito precedentemente. E' possibile intuire l'eco o la risonanza di questi stessi avvenimenti e parole, nel cuore contemplativo di Maria, "sposata" a Giuseppe (Mt 1,18; Lc 2,5).

A Maria e a Giuseppe, l'angelo aveva spiegato il significato del concepimento di Cristo "per opera dello Spirito Santo" (Mt 1,18.30; Lc 1,35). Lo scambio familiare delle loro esperienze sarebbe normale in tutta la convivenza successiva di lunghi anni, finché Gesù iniziò la sua vita pubblica e lasciò Nazaret: "Gesù quando incominciò il suo ministero aveva circa trent'anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe" (Lc 3,23).

Il nome di Gesù (" Salvatore") fu il nome indicato dall'angelo ad entrambi gli sposi (cfr. Lc 1,31; Mt 1,21), quantunque fu Giuseppe, come padre legale, che impose il nome al neonato. Il nome di Gesù, dato da Giuseppe a Gesù bambino, secondo le indicazioni dell'angelo, e la pronuncia affettuosa di questo stesso nome, unì gli sposi in una stessa sorte (cfr. Mt 1,25).

Da parte di Giuseppe, il fatto di prendere con sé Maria, come sposa (cfr. Mt 1,20.24), si inquadra nel contesto del suo atteggiamento di "uomo giusto" (Mt 1,19), "figlio di Davide" (Mt 1,20), in cui si fa chiaro il compimento delle promesse messianiche, perché Gesù nasce da Maria sua sposa. La lista genealogica di Gesù termina così: "Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo" (Mt 1,16).

L'atteggiamento impegnato di Giuseppe è simile all'atteggiamento contemplativo e fedele di Maria. Il "si" della Vergine santissima si inquadra nel contesto dell'accettazione da parte di Giuseppe: "Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa" (Mt 1,24). Prese Maria come sposa vergine, così come era nei disegni di Dio (cfr. Mt 1,25)

Quando noi leggiamo o ascoltiamo questi fatti evangelici, che incontrarono eco contemplativo e impegnato nel Cuore di Maria, possiamo intravedere il contenuto salvifico di altri dati che la Chiesa deve meditare nel suo cuore come Maria.

Gesù, quando "aveva circa trent'anni", era chiamato "figlio di Giuseppe" (Lc 3,23; 4,23; cfr. Gv 1,45) e anche "figlio di Maria" (Mc 6,3). Le due affermazioni si formulano anche insieme: "Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria?" (Mt 14,55). E quando Gesù si presentò come "pane di vita" nella sinagoga di Cafarnao, la gente diceva di lui che era "figlio di Giuseppe" e "di lui conosciamo il padre e la madre"

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(Gv 6,42).

La contemplazione di Maria e della Chiesa è cammino di fede oscura, dolorosa e umile, perché si tratta di condividere la stessa sorte di Gesù, rifiutato e crocifisso, perché, una volta risorto, avesse potuto mostrare "la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1,14) e attirare tutti verso di lui (cfr. Gv 12,32). Per giungere a questo obiettivo, la " spada" della Parola doveva penetrare nel Cuore di Maria, "consorte" di Giuseppe. " O Madre del Signore, nel tuo cuore è penetrata la spada che Simeone ti aveva predetto" (S.Massimo Confessore, Vita di Maria, VII,n. 78).

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8. GIOVANNI BATTISTA NEL CUORE DI MARIA

Ci sono due espressioni evangeliche, fra le altre, che rendono chiara una relazione all'interno del Cuore di Maria e la persona di Giovanni Battista. In effetti, Giovanni bambino "sussultò nel grembo" di sua madre Elisabetta (Lc 1,41.44) quando Maria "salutò" sua cugina (Lc 1,40). Il saluto di Maria si trasformò nell'espressione della "gioia" messianica: "Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore" (Lc 1,47).

L'atteggiamento interiore di Maria, simboleggiato dal suo "cuore" o dal suo "spirito", consisteva in una disponibilità o risposta immediata a una ispirazione divina: "si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda" (Lc 1,39). Fu un atteggiamento simile a quello dei pastori, che "andarono dunque senz'indugio" a Betlemme , come chi non si fa aspettare né pone ostacoli alla volontà di Dio (cfr. Lc 2,16).

La fedeltà di Maria al messaggio dell'angelo, come la sua apertura all'azione dello Spirito Santo (cfr. Lc 1,35-38), è in sintonia con l'atteggiamento di Elisabetta che portava Giovanni bambino nel suo seno: "Elisabetta fu piena di Spirito Santo" (Lc 1,41). La gioia del bambino nel seno di sua madre fa parte delle espressioni di questa nei confronti di Maria: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,42-45).

Maria fu in una "città di Giuda" (Ain Karim) per servire umilmente in quell'ambiente familiare. Il "Magnificat" è "l'estasi del suo cuore" (RMa 36). E' l'espressione "l'ancella del Signore" (Lc 1,38), che riconosce il "niente" e, allo stesso tempo, canta le "meraviglie" che Dio ha fatto in lei come dimostrazione della sua "misericordia" per tutti (cfr. Lc 1,48-50). La lode mariana, diretta a Dio, comprende anche le promesse della salvezza che si compiranno per mezzo dell'azione ministeriale del Precursore. In questo modo, Dio "ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre" (Lc 1,54-55).

Tre mesi di convivenza con Elisabetta dal " sesto mese" di gestazione di questa (Lc 1,6), fino alla nascita del piccolo Giovanni, furono sufficienti per condividere i sentimenti materni di sua cugina che viveva dipendente dal figlio che portava nel suo seno. La "gioia" del bambino ("sussultò") ebbe ripercussioni nel Cuore di Maria e in tutti i suoi sentimenti di tenerezza materna con la quale ella era unita a suo figlio Gesù ancora nel suo seno. Nel suo cuore materno rimasero per sempre le tracce delle esperienze che condivise con Elisabetta. "Giovanni" sarebbe stato chiamato con questo nome, secondo il messaggio dell'angelo perché era un insperato "dono di Dio" (cfr. Lc 1,13.63). Alla sua nascita, suo padre, Zaccaria, riassunse con un cantico (il "Benedictus") idee ed esperienze simili a quelle del "Magnificat". Si trattava anche di un'azione salvifica e misericordiosa di Dio, per "visitare" e "redimere" il suo popolo (Lc 1,68). Il nome di "Gesù" (Salvatore) ricordava la fonte originaria di questa presenza salvifica: era l' "Emmanuele, Dio con noi" (Lc 1,32; Mt 1,23-24). Nel Cuore di Maria (e per mezzo delle sue labbra) risuonarono i due nomi, quello di Gesù e quello di Giovanni , suo

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precursore, come nomi che subito sarebbero stati inseparabili anche per lei.

La "gioia" per la nascita di Giovanni (Lc 1,14) era frutto del cuore o della " bontà misericordiosa di Dio" (Lc 1,78), secondo le promesse (Lc 1,70). Era il preannuncio della "grande gioia" della nascita di Cristo "Salvatore" (Lc 2,10). Maria, che portava Gesù nel suo seno, sentì che la sua vita era rimasta intrecciata anche con la vita del precursore, come parte integrante delle preoccupazioni del suo cuore materno, specialmente quando udì recitare Zaccaria: "E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati" (Lc 1,76-77). Maria lo associò sempre come un nome inseparabile dal nome e dalla persona di Gesù.

La vita di Giovanni Battista, così come si descrive nel vangelo, trascorse attraverso delle circostanze che sembrano essere un parallelo della vita di Maria. La "gioia" di Giovanni, già espressa davanti al saluto e alla presenza di Maria (cfr. Lc 1,41.44), sarà poi "esultanza di gioia" per il fatto di annunciare Cristo (Gv 3,29). La sua gioia è simile a quella che Maria cantò nel "Magnificat" (cfr. Lc 1,47) per la venuta di Cristo al mondo.

Giovanni era solo " la voce" (Gv 1,23) che annunciava la "presenza" di Cristo (Gv 1,26) , anche come "Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo" (Gv 1,29.36). Maria, a Cana, è la voce che invita a una relazione impegnata con il Signore :"Fate quello che lui vi dirà" (Gv 2,5).

L'esperienza di Giovanni, nel vedere "lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui (Gesù)" (Gv 1,32), ricordava a Maria l'azione dello stesso Spirito Santo nell'incarnazione del Verbo (cfr. Lc 1,35; Mt 1,18). Il battesimo di Gesù nel Giordano ricordava a tutti che egli era venuto a " battezzare nello Spirito Santo " (Gv 1,35). Giovanni aveva già sperimentato questa azione "spirituale" dal seno di sua madre (cfr. Lc 1,15.41). Giovanni indicò Gesù come "Figlio di Dio " (Gv 1,34) con le stesse parole che Maria aveva udito dall'angelo (cfr. Lc 1,35).

Giovanni come "amico dello Sposo" (Gv 3,29) andava scomparendo per lasciare il passo a Gesù (cfr. Gv. 3,30). Maria era la "donna" (Gv 2,4; 19,26), che con i suoi atteggiamenti di fede e di unione sponsale a Cristo (la "nuova Eva" unita al "nuovo Adamo"), si trasformava solo in trasparenza di colui che era "la luce" che " illumina quelli che vivono nelle tenebre" (Lc 1,79). La "spada" annunciata da Simeone, indica questa unione sponsale a Cristo per lasciarla trasparire come "luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele" (Lc 2,32).

Giovanni era "più di un profeta" (Mt 11,9), come un "angelo" o " inviato" per preparare il cammino del Messia (Mt 11,10). Era " il più grande tra i nati di donna" (Mt 11,11). Maria, Madre di Gesù, era più beata per averlo portato nel suo cuore che per averlo portato nel suo seno, quantunque, in lei queste due realtà erano una cosa sola: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,28). "Ella era vergine non solo nel corpo ma anche di mente" (S.Ambrogio, De Virginibus,II,7).

Giovanni fu ucciso per aver richiamato "alla conversione", come apertura a Cristo e al suo messaggio di salvezza. Cristo fu rifiutato per essere, apparentemente, un cittadino senza importanza, " figlio di Maria" (Mc 6,3;

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cfr. Gv 6,42; cfr. Lc 4,28ss). Erode giunse a pensare che Gesù era Giovanni Battista risuscitato. Ma quelli che hanno annunciato Gesù, con il rischio di correre la sua stessa sorte, continuano a parlare dopo morti.Nel Cuore di Maria, Giovanni Battista ebbe sempre un posto di predilezione. Il fatto di stare in piedi "presso la croce di Gesù" (Gv 19,25) fece comprendere a Maria che ogni discepolo di Gesù era destinato a percorrere la stessa sorte, quella di Gesù e quella di Maria: "Donna, ecco tuo figlio" (Gv 19,26).

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9. I PASTORI DI BETLEMME NEL CUORE DI MARIA

La descrizione che fa Luca della nascita di Gesù a Betlemme, indica un atteggiamento materno e verginale di Maria. Solo una madre vergine (nel suo corpo e nel suo cuore) avrebbe potuto realizzare questo gesto quale è l'atteggiamento di relazione o di donazione totale al figlio: "Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia" (Lc 2,7).

E' un atteggiamento di relazione di un "cuore" materno, che ha ricevuto la "Parola" fin nel più profondo del suo amore: "Gli occhi del suo cuore si concentrano in qualche modo su di Lui" (RVM 10). E' lo stesso atteggiamento con il quale accoglierà il messaggio degli angeli trasmesso per mezzo dei pastori: "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).

I pastori avevano ricevuto come "segno" che quello che era nato era il "Salvatore", le stesse indicazioni che riflettevano l'atteggiamento materno di Maria nel mettere il bambino nella mangiatoria: "Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,12; cfr. Lc 2,7). Queste parole del messaggio degli angeli ai pastori, che riassumono anche il gesto materno di Maria, fecero ricordare a Maria la pace messianica annunciata dai profeti: "Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre" (Is 9,5-6).

Maria metteva in relazione il canto degli angeli ("gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra"), come anche il messaggio sul bambino, con ciò che aveva visto e ciò che ricordava delle Sacre Scritture. S.Girolamo, commentando Lc 2,19, pone in relazione la meditazione di Maria con il testo di Isaia 7,14 ("la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele") e afferma: "Vedeva il bambino giacente... colui che giaceva era il Figlio di Dio... Lo vedeva giacere e lei meditava le cose che aveva udito, quelle che aveva letto e quelle che vedeva" (S.Girolamo, Homilia de Nativitate Domini: CCL 78,527).

Il "timore" dei pastori davanti all' "angelo" e davanti alla "gloria del Signore" (Lc 2,9) è simile allo "stupore" di Maria nell'annunciazione (Lc 1,29-30). La differenza sta nell'atteggiamento contemplativo di Maria, che trasforma lo "stupore" in rispetto e accettazione del mistero nel profondo del suo cuore. L'angelo aiutò Maria e i pastori, a trasformare lo "stupore" in "gioia" (cfr. Lc 1,28: saluto di "gioia"; 2,10: "grande gioia"). E' la gioia messianica per il bene di "tutto il popolo" e specialmente dei più poveri (Lc 2,10).L'angelo indica Gesù come "Salvatore" e "Cristo Signore", per il fatto di nascere "a Betlemme, la città di David" (Lc 2,11). Maria metteva in relazione questo messaggio con quello che lei aveva ricevuto all'annunciazione: "Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,32-33;cfr. Is 9,5-6).

Ciò che i pastori trasmisero a Maria e a Giuseppe è precisamente questo

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messaggio messianico che essi compirono con premura: "I pastori dicevano fra loro:<<Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere>>" (Lc 2,15). La loro "fretta" si trasforma in incontro: "Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia" (Lc 2,16). Parte integrante del messaggio che i pastori "riferirono" a tutti (Lc 2,17), è il canto degli angeli, che fece parte della meditazione di Maria nel suo cuore: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama (di buona volontà)" (Lc 2,13).

Il vedere o il guardare dei pastori si trasforma in certezza che le parole del messaggio angelico diventano realtà, e li trasforma nei primi annunciatori di Gesù: "E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano" (Lc 2,17-18). La Parola di Dio si compie quando il cuore umano la riceve così com'è. Così fecero i pastori, i quali, per questo, entrarono a far parte dell'atteggiamento materno e contemplativo del Cuore di Maria: "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).

I pastori, i quali erano rimasti sorpresi dal messaggio evangelico "mentre vigilavano il gregge" (Lc 2,8), ora, al vedere compiuto l'annuncio, passano ad una messa in pratica, che consiste nella gratitudine e nella lode: "I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro" (Lc 2,20). E' l'atteggiamento mariano del "Magnificat", frutto dell'aver meditato la Parola di Dio senza mettere ostacoli nel cuore.

I "poveri in spirito", come i pastori, sono gli unici che sanno captare il mistero di Cristo, con l'atteggiamento delle "beatitudini" che si riflette nel "Magnificat" di Maria, frutto dell'aver visto Dio nascosto nei poveri segni di ogni essere umano, specialmente dei più deboli. Vedere Cristo nascosto e manifestato sotto poveri segni, è possibile solo con l'atteggiamento umile e generoso di un cuore simile al Cuore di Maria, che non antepone niente e nessuno alla Parola del Signore.

La Chiesa delle "beatitudini" e del "Magnificat" è chiamata a prolungare nel tempo l'atteggiamento dei pastori e, specialmente, l'atteggiamento contemplativo e fecondo di Maria: "La Chiesa è la culla in cui Maria depone Gesù e lo affida all'adorazione e alla contemplazione di tutti i popoli" (Bolla Incarnationis Mysterium,11).

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10. I MAGI DELL'ORIENTE NEL CUORE DI MARIA

Il vangelo secondo S.Matteo ci descrive l'incontro dei Magi venuti dall'Oriente, con Gesù Bambino, annotando che questo "incontro" fu "con Maria sua Madre" (Mt 2,11). L'atteggiamento interiore di Maria, nel ricevere i pastori, può servire da punto di riferimento per comprendere questo stesso atteggiamento alla venuta dei Magi: "Serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).

In entrambi i casi (quello dei pastori e quello dei Magi) l'incontro con Cristo è descritto con una realtà viva e ricca, da approfondire con un atteggiamento contemplativo come fu quello di Maria. I Magi, come i pastori, incontrano Cristo seguendo una ispirazione superiore: "Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2). Però fanno anche riferimento ad una promessa implicita sul Messia: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?" (ibidem).

Una risposta a questa domanda sul Messia viene descritta nella spiegazione scritturistica data dai rabbini di Gerusalemme: "A Betlemme di Giudea, poiché così è scritto per mezzo del profeta: E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele" (Mt 2,5-6; cfr. Mich 5,1).

Così come Maria mise in relazione nel suo cuore l'avvenimento dei pastori, con il messaggio che quelli portavano da parte dell'angelo e con le profezie che ella aveva letto o ascoltato (cfr. Lc 2,19;cfr. Is 7,14; 9,5-6), in modo simile, l'incontro dei Magi con Gesù Bambino e "con Maria sua Madre", suscitò in lei la "contemplazione", come atteggiamento interiore per confrontare un fatto concreto con un messaggio e una profezia. I pastori e i Magi andarono a "Betlemme, la città di Davide" (Lc 2,11; Mt 2,5-6); Maria poneva in relazione questa realtà con ciò che lei aveva ascoltato nell'Annunciazione: "Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre" (Lc 1,32).

La " grande gioia" dei Magi allo scoprire la stella che li conduceva all'incontro con Cristo (Mt 2,10), è simile alla "grande gioia" annunciata dagli angeli ai pastori (Lc 2,109, così come alla "gioia " del piccolo Giovanni (nel seno di Elisabetta), frutto del saluto di Maria (cfr. Lc 1,41-44). Ella cantò già questa gioia messianica nel "Magnificat" che scaturì dal suo cuore contemplativo.

La capacità contemplativa di Maria, espressa nel "Magnificat", è anche frutto dell'aver meditato il salterio e alcuni inni dell'Antico Testamento. Davanti all'arrivo dei Magi, ella poteva molto bene "mettere in relazione" questo incontro con ciò che essi dicevano e, specialmente, con le promesse messianiche: "Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi. A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni" (Sal 71,10-11).La narrazione del vangelo secondo S.Mattteo può riflettere e riassumere questa contemplazione mariana. La redazione del testo sembra un parallelo di Isaia, su una Gerusalemme piena di luce e madre di tutti i popoli: "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce... Cammineranno i popoli alla tua luce... I tuoi figli vengono da lontano" (Is 60 1-6). Maria presenta Cristo che è "luce per illuminare le genti" (Lc 2,32).

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In ogni epoca, questa narrazione evangelica riacquista un'attualità speciale. I popoli continuano ad incontrare Cristo, la luce di una Chiesa che si fa "madre" come Maria, nella misura in cui essa è "segno" o trasparenza di Cristo. L'incrocio di religioni e culture si concretizza in un incontro con la Chiesa, la cui missione materna consiste nell'essere trasparenza e strumento di Cristo, "come vessillo innalzato di fronte alle nazioni, sotto il quale i figli di Dio dispersi possano raccogliersi, finché ci sia un solo ovile e un solo pastore" (SC 2; cfr. Is 11,12).

Il cammino storico dell'umanità lascia intravedere che "il Verbo Incarnato è dunque il compimento dell'anelito presente in tutte le religioni dell'umanità: questo compimento è opera di Dio e va al di là di ogni attesa umana. E' mistero di grazia" (TMA 6). La Chiesa giungerà ad essere il "segno" o trasparenza di questa realtà salvifica, nella misura in cui sarà contemplativa come Maria. Se Maria è Madre "nella Chiesa e mediante la Chiesa" (RMa 24, LG 65), " la Chiesa apprende da Maria anche la propria maternità" (RMa 43).

La scena dei Magi e dei pastori è come un picchiare costante nel cuore della Chiesa, chiamata ad essere eco del Cuore di Maria. Oggi i diversi popoli e culture, già in contatto con le comunità ecclesiali, dicono: "Abbiamo visto la sua stella" (Mt 2,2); "vogliamo vedere Gesù" (Gv 12,21). L'incontro si realizzerà nella misura in cui la Chiesa impara l'atteggiamento materno contemplativo ed impegnato di Maria.

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11. I DISCEPOLI DI GESU' NEL CUORE DI MARIA

Leggendo i testi evangelici, alla luce dell'armonia della fede e della rivelazione, si percepisce una relazione molto profonda tra Maria e i discepoli di Gesù. Il vangelo di S. Giovanni descrive precisamente gli inizi della sequela evangelica dei discepoli con "la Madre di Gesù". Maria stava già a Cana, invitata alle nozze, prima che i discepoli del Signore fossero invitati: "Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli" (Gv 2,1-2). Il "terzo giorno" ha già l'eco dell' "ora" quando Gesù sarebbe stato glorificato. La Chiesa vive ora il "terzo giorno", e cioè, attualizza la resurrezione del Signore come invito alle nozze, anche con Maria, "la donna" immagine della Chiesa sposa (cfr. Gv 2,4).

L'episodio di Cana termina descrivendo la fede dei discepoli: "Gesù manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui " (Gv 2,11). L'atteggiamento di fede "oscura" di Maria, messo in relazione con il miracolo, ebbe una sua influenza sull'atteggiamento di fede dei primi seguaci di Gesù. La sequela apostolica, già agli inizi, si descrive in relazione con la "Madre di Gesù": "Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli (parenti) e i suoi discepoli" (Gv 2,12).

Oggettivamente, quantunque non necessariamente a livello di coscienza, in questo atteggiamento apostolico di fede e di sequela, influì colei che era associata all'"ora" di Cristo come la " donna" e cioè "la nuova Eva" (come dice S.Ireneo), immagine della comunità ecclesiale come sposa di Cristo (cfr. Gv 2,4). L'atteggiamento che manifesta Maria ricorda la sua contemplazione impegnata a compiere sempre la Parola del Signore:" Fate quello che lui vi dirà" (Gv 2,5, cfr. Lc 1,38; Es 19,8; 24,7).

Se ella era abituata a contemplare nel cuore le parole del Signore per metterle in pratica (cfr. Lc 2,19.51), nessuno meglio di lei era preparata per capire il significato profondo dell'insegnamento di Gesù alla comunità dei credenti. Ella era " beata" per aver portato nel suo seno e allattato con il suo latte il Figlio di Dio; però era "più beata" per averlo ricevuto fin nel profondo del suo cuore (cfr. Lc 11,27-28). Ella, come "sempre Vergine", appartenne sempre e totalmente al mistero di Cristo sposo. "La verginità e la fede pronta attirano Cristo nell'intimo del cuore; e così la madre lo custodisce nel nascondimento delle sue membra intatte" (Prudenzio, Apotheosis 581).

Lo stesso evangelista S.Luca, che descrive la fede di Maria (cfr. Lc 1,45) e il suo atteggiamento contemplativo (cfr. Lc 2,19.51), è colui che trasmette il significato profondo di questa fede e di questa contemplazione, che è modello della fede contemplativa e impegnata della comunità ecclesiale, come nuova famiglia stabilita da Gesù (cfr. Lc 11,27-28; cfr. 8,21).In questo stesso contesto si deve interpretare l'affermazione di Gesù: "Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre" (Mt 12,50). Nel testo parallelo, Luca precisa che si tratta dello stesso atteggiamento contemplativo di Maria: "Mia Madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8,21; cfr.Lc 11,27-28). Per questo atteggiamento contemplativo, nessuno meglio di Maria poteva comprendere il senso di molte espressioni di Gesù. Noi prestiamo piuttosto

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attenzione a delle idee; la persona che vive con fede contemplativa fissa la su attenzione piuttosto all'aspetto relazionale e affettivo: "Mia madre e i miei fratelli" (Lc 8,21); "la mia Chiesa" come comunità - famiglia (Mt 16,18), "le mie pecore" (Gv 10,14ss); "coloro che mi hai dato" (Gv 17,6ss); "a me l'avete fatto" (Mt 25,40).

Maria più di chiunque altro, guidata dallo Spirito Santo, specialmente dopo Pentecoste, poteva captare con il cuore ciò che significava per Gesù il gruppo dei suoi discepoli, " i suoi", che "amò sino alla fine" (Gv 13,1). Il Vangelo incontrava sempre eco nel suo cuore materno: "Tutte queste cose la santa Madre del Signore di tutti e vera Madre di Dio conservando nel cuore - come sta scritto - con l'aggiunta degli straordinari eventi che erano avvenuti attorno a lui, moltiplicava l'esultanza del cuore" (Basilio di Seleucia, Omelia sulla Madre di Dio,39).

Contemplando nel suo cuore questi gesti e queste parole di Gesù, intuiva che ella stessa faceva parte di una famiglia che andava più in là dei ristretti muri del focolare di Nazaret e perfino più in là del gruppo familiare dei "suoi parenti (fratelli)" (Gv 2,12).

Lo "sguardo" di Gesù a sua Madre, in piedi "presso la croce" (Gv 19,25-26), si prolunga verso il "discepolo amato" in rappresentanza degli altri. Maria, " la donna" unita all' "ora" di Gesù per percorrere la sua stessa sorte o "spada" (Lc 2,35), apriva la sua maternità verso il suo unico Figlio presente in ciascuno dei suoi seguaci: "Donna, ecco tuo figlio" (Gv 19,26).

Ella era unita a Cristo immolato "con animo (cuore) materno" (LG 58). Il suo atteggiamento materno, per il fatto di essere verginale, fu sempre di oblazione totale: "La beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr. Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al suo sacrificio, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata" (LG 58).

I discepoli, rappresentati da S.Giovanni e le pie donne, impararono da lei a stare anche in piedi "presso la croce" (Gv 19,26), vivendo in comunione di vita con lei, cioè ricevendola come Madre "nel proprio focolare" o nella casa familiare (cfr. Gv 19,27). Riceverla come Madre e come modello di maternità, equivale ad imparare da lei l'atteggiamento contemplativo, di unità e oblazione.

Lo Spirito Santo, inviato da Gesù, fece sì che la Vergine santissima potesse porre in relazione l'incarico del Signore ("ecco tuo figlio") con le sue parole di commiato pregando il Padre nell'ultima cena. I discepoli sono la sua espressione o "gloria": " Io sono glorificato in loro" (Gv 17,10), "li hai amati come hai amato me" (Gv 17,23), "io sono in loro" (Gv 17,26).

L'invito che fa S.Giovanni di "volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Gv 19,37), equivale ad un atteggiamento mariano di fede contemplativa, fatto di oblazione ai piedi della croce, unità ai sentimenti del cuore del Signore. Il "costato aperto", dal quale zampilla "sangue e acqua" , è come il riassunto di tutta la redenzione e di tutto il Vangelo concretizzato anche nelle ultime parole di Gesù, che incontrarono eco contemplativa nel cuore di sua madre. Tutto successe perché la comunità credette con la fede contemplativa di Maria e di Giovanni il "discepolo

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amato": "Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate" (Gv 19,35).

La presenza di Maria, "la Madre di Gesù", nel Cenacolo (At 1,14), con centoventi discepoli, incluse alcune donne che seguivano il Signore (At 1,15), è un segno di come i discepoli stavano nel Cuore di Maria sua Madre. " Essi furono tutti pieni di Spirito Santo" (At 2,4) per assimilare il messaggio evangelico nel cuore, farlo vita propria e trasmetterlo agli altri.

Ricevere Gesù e trasmetterlo agli altri, sempre sotto l'azione dello Spirito Santo, è il riassunto della realtà materna della Chiesa, che si ispira all'atteggiamento contemplativo e materno di Maria . "Fu dalla Pentecoste infatti che cominciarono gli <<atti degli apostoli>>, allo stesso modo che per l'opera dello Spirito Santo nella vergine Maria Cristo era stato concepito, e per la discesa ancora dello Spirito Santo sul Cristo che pregava questi era spinto a cominciare il suo ministero" (AG 4). Maria è l'"immagine" a cui si ispira la Chiesa di tutti i tempi.

Nel Cuore di Maria si incontrarono e continuano ad incontrarsi l'eco speciale, le parole di Gesù, che ripetono gli Apostoli e i loro successori nella celebrazione eucaristica: "Questo è il mio corpo... questo è il mio sangue... fate questo in memoria di me" (Lc 22,19-20). Mentre la Chiesa compie questo incarico eucaristico, Maria continua a dire:" Fate quello che lui vi dirà" (Gv 2,5).

I "fratelli" del Signore impararono a vivere "in comunione di vita" con Maria. Ella porta nel suo cuore l'espressione che aveva detto Gesù riferendosi alla sua comunità ecclesiale ("miei fratelli": Lc 8,21), relazionata continuamente con l'incarico ricevuto sotto la croce (" tuo figlio": Gv 19,26). Ella accompagnò tutti e ciascuno (non solo Giovanni), portandoli nel suo cuore, specialmente quelli che spesero la vita per il Signore e quelli, come S.Giacomo, che dettero la vita per lui (cfr. At 12,2). Il santuario mariano del Pilar (a Saragozza) è una espressione di questa realtà salvifica.

Il Cuore di Maria è modello della sequela evangelica. Nel Prefazio della Messa "Maria Madre e Maestra di vita spirituale" la Chiesa prega il Signore con queste parole: "Alla sua scuola riscopriamo il modello della vita evangelica; impariamo ad amarti sopra ogni cosa con il suo cuore e a contemplare con il suo spirito il tuo Verbo fatto uomo, per servirlo con la stessa sollecitudine nei fratelli."

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12. IL DISCEPOLO AMATO NEL CUORE DI MARIA

Esiste una interrelazione familiare tra Maria e il "discepolo amato". Ella ricevette l'incarico di assumerlo come figlio; egli ricevette l'incarico di trattarla come Madre: "Gesù vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: << Donna, ecco il tuo figlio!>>. Poi disse al discepolo: <<Ecco la tua madre!>>. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Gv 19,26-27)

Era un incarico reciproco, che si doveva vivere da cuore a cuore, ricevendo le parole di Gesù in "un cuore buono" (Lc 8,15), come Maria le aveva ricevute nel suo cuore. (cfr. Lc 2,19.51).

Il risultato di questa interrelazione tra madre e figlio, così come tra figlio e madre, viene concretizzata da S. Giovanni con questa espressione: "La prese nella sua casa". Questo equivaleva a una convivenza familiare, che si può tradurre in "comunione di vita" (RMa 45, nota 130, citando S.Agostino), cioè, la introduce " in tutto lo spazio della propria vita interiore" (ibidem).

Il fatto che S.Giovanni descrive Maria come "la donna" strettamente relazionata a Cristo, a Cana e sul Calvario (Gv 2,4ss; 19,25ss), lascia intendere una relazione contemplativa dello stesso discepolo che convisse con lei dopo la morte e la resurrezione del Signore.

Questo ricordo di Giovanni include la sua esperienza di fede in Cristo (cfr. Gv 2,11) e di sequela evangelica unito "con sua Madre" (Gv 2,12). Tutto il vangelo di Giovanni riflette l'atteggiamento contemplativo del "vedere la gloria" del Figlio di Dio attraverso i suoi gesti e le sue parole (Gv 1,14), fino a scoprire, con questo "sguardo" contemplativo, vivere profondamente il mistero di Cristo (cfr. Gv 12,21; 19,37).

Questo atteggiamento contemplativo di Giovanni equivale all'atteggiamento contemplativo del mettere in pratica ciò che dice il Signore (Gv 2,5) e di perseverare "in piedi" unito a Gesù al momento della "sua ora" (Gv 19,25ss). A Giovanni toccò anche di "stare in piedi" unito alla croce, con Maria, per imparare a "guardare" Gesù con gli occhi della fede.

Questo "sguardo" contemplativo verso Cristo, che osserviamo in Maria e nel discepolo amato, contrasta con lo scandalo di Nazaret (che ci narra anche Giovanni), quando i suoi concittadini non accettarono Cristo come Salvatore, perché come dicevano: "E' figlio di Giuseppe" e " di lui conosciamo il padre e la madre" (Gv 6,42).L'invito costante del vangelo di Giovanni consiste nell'imparare ad andare oltre o "guardare " più in là dei "segni" poveri dell'umanità di Cristo, descrivendolo come "Salvatore del mondo" (Gv 3,42), " Figlio di Dio" (Gv 6,69; 20,31). Così era la fede contemplativa di Maria, con la quale Giovanni convisse dopo la morte e resurrezione del Signore.

La fede contemplativa di Giovanni era la conoscenza di Cristo vissuto dall'amore. E' il discepolo che "reclinandosi così sul petto di Gesù" (Gv 13,23-25; 21,20), seppe conoscere Cristo amandolo, seguendo il comandamento tracciato dallo stesso Gesù: "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui" (Gv 14,21; cfr.10,14). Giovanni seppe scoprire, per mezzo di questo sguardo contemplativo e amoroso, il "Verbo

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della vita" (1 Gv 1,1ss)

Si può dire che lo sguardo contemplativo di Giovanni, incontra il suo punto culminante quando "vide" e scoprì Cristo risorto nel sepolcro vuoto: "Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette" (Gv 20,8). I segni che Cristo risorto aveva lasciato erano tanto poveri come la grotta di Betlemme: il sepolcro vuoto, i teli per terra, il sudario piegato; la mangiatoia, il bambino avvolto nelle fasce... Lo sguardo contemplativo di Maria, avvolgendo Gesù nelle fasce e ponendolo nella culla (cfr. Lc 2,7), è la rappresentazione del credente che scopre il mistero pasquale di Cristo risorto in mezzo a segni poveri. "Contemplare" è vedere Gesù come Figlio di Dio e Salvatore, dove umanamente sembra che non ci sia. Maria "contemplava nel suo cuore" (Lc 2,19) con questo atteggiamento di fede. E' lo stesso atteggiamento che riflette il discepolo amato davanti al sepolcro vuoto.

Non si può tralasciare che questa fede contemplativa di Giovanni in Cristo risorto, è in relazione con il fatto di aver convissuto con Maria, almeno durante la sera del venerdì santo e tutto il giorno del sabato prima della resurrezione: "La prese nella sua casa", e cioè, convisse con lei in famiglia, in comunione di vita (Gv 19,27).

In questa convivenza intima con Maria, poteva osservare che a lei bastava contemplare "le parole del Signore nel suo cuore" (cfr. Lc 2,19.51), per intuire il suo mistero profondo, considerato che "nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37). Cristo aveva detto che "il terzo giorno sarebbe risorto" (Mt 17,23). Meditare queste parole nel cuore, mentre, allo stesso tempo, si confrontavano con i poveri dettagli del presepe e del sepolcro vuoto, era sufficiente, con la grazia dello Spirito Santo, per credere nel mistero di Cristo, "Figlio di Dio" risorto.

Cristo si scopre da cuore a cuore (cfr. Gv 13,23, in relazione con Lc 2,19.51). Giovanni, nell'ultima cena, reclinò il suo capo sul petto di Gesù; sul Calvario invita a guardare con fede il suo costato aperto. Questo atteggiamento di fede contemplativa (descritta dopo nella redazione del vangelo), suppone un'azione dello Spirito Santo inviato da Gesù risorto. La narrazione evangelica posteriore non cambia i fatti (reclinare il capo sopra il petto, guardare il crocifisso), ma indica un atteggiamento contemplativo frutto della redenzione di Cristo e della grazia dello Spirito Santo, che aiuta ad interpretare i fatti reali nel loro significato salvifico più profondo.

Convivere con Maria, ricevendola "in famiglia" o "in casa", si trasformò per Giovanni in un atteggiamento di fedeltà contemplativa verso le parole del Signore: "Ecco tua Madre". Accogliendo Maria, imparò da lei a "vedere" Gesù dove non sembrava ci fosse, meditando le sue parole "nel cuore", in relazione con i poveri segni nei quali Gesù si nasconde e si manifesta.

Secondo i Padri della Chiesa , il Vangelo non si può comprendere, se non si adotta un atteggiamento contemplativo, che equivale a ricevere Maria come Madre, imitando la sua contemplazione: "I Vangeli sono le primizie di tutta la Scrittura e il vangelo di Giovanni è il primo dei Vangeli: nessuno può coglierne il significato, se non ha posato il capo sul petto di Gesù e non ha ricevuto da Gesù Maria come madre" (Origene, Comm. In Ioan., 1,6; cfr. S.Ambrogio, Expos. Evang. sec. Lucam, X, 129-131).

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Al descrivere nell'Apocalisse il cammino storico della Chiesa, Giovanni presenta una dinamica escatologica che tende verso "la donna vestita di sole" (Ap 1,12), trasformata dalla luce di Cristo risorto. Nella festa dell'Assunzione, i testi liturgici citano questo passaggio in relazione con l' "Arca dell'Alleanza" che è salita al cielo (Ap 11,19). Per comprendere meglio questo linguaggio simbolico, si può leggere anche il testo parallelo di Luca che descrive " la salita" di Maria " al monte" per visitare sua cugina Elisabetta.. Entrambi i testi hanno lo stesso significato biblico, che lascia intravedere il contenuto mariano spiegato dal Concilio Vaticano II : "la Madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell'anima, costituisce l'immagine e l'inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore (cfr. 2 Pt 3,10)" (LG 68).

L'atteggiamento contemplativo di Giovanni (appreso "in comunione di vita con Maria"), che ha una dimensione cristologica, mariana ed ecclesiale, presenta la Vergine Santissima come "la donna" (Ap 12,1; cfr. Gv 2,4; 19,26), immagine della Chiesa pellegrina, che cammina verso l'incontro definitivo con Cristo risorto nell'aldilà. Maria precedendo la Chiesa, è giunta a questa realtà escatologica ("finale") frutto della redenzione di Cristo.

Si può pensare che quando Giovanni descrive il Vangelo, tiene in conto l'atteggiamento contemplativo di Maria e, pertanto, cerca l'eco di tutto il vangelo nel suo cuore materno. Giovanni descrisse e annunciò ciò che aveva "visto" (contemplato) e udito... il Verbo della vita" (1 Gv 1,1ss). Maria "vide", attraverso i gesti e le parole di Gesù, contemplate nel suo cuore, molto più che il discepolo amato.

La contemplazione di Maria, in tutta la sua profondità, restò nascosta nel silenzio del suo Cuore, pieno di "qualcuno", più in là di ciò che possiamo pensare, sentire e dire.Siamo tutti invitati ad entrare in questo Cuore, che visse solo per dire " si" alla Parola personale di Dio, perché anche noi cercassimo ed incontrassimo in Lui la risonanza di tutti i contenuti evangelici meditati con fede viva, animata dall'amore e dalla speranza che non è delusa.

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13. LA PASSIONE E RESURREZIONE DEL SIGNORE NEL CUORE DI MARIA

E' molto frequente in tutta la tradizione ecclesiale e specialmente durante l'epoca patristica, fare riferimento al Cuore di Maria in relazione alla passione del Signore. Molte volte si mette in relazione il fatto mariano di "stare in piedi" unita alla croce, con la "spada" profetizzata da Simeone, per esprimere il dolore di Maria dal più profondo del suo cuore:

"Spada che trafigge non solo il cuore degli altri, ma anche quello di Maria " (Origene, Omelie su Luca, 17,66).

" O Madre del Signore, nel tuo cuore è penetrata la spada che Simeone ti aveva predetto. Allora si infissero nel tuo cuore i chiodi che perforarono le mani del Signore... le innumerevoli sofferenze e ferite del Figlio si ripercuotevano nel tuo cuore" (S.Massimo Confessore, Vita di Maria,VII,n.78).

"Il cuore della Vergine stessa fu ripieno di dolore nel segno della croce... Simeone chiama spada i molti pensieri che feriscono le viscere" (Anfiloquio di Iconio, Homilia de octava Domini,8).

Se Maria "contemplava nel suo cuore" le parole e gli avvenimenti salvifici, non poteva tralasciare il riferimento, per lo meno implicito, alla passione del Signore. In effetti, il nome di "Gesù", del quale le parlò l'angelo ("ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù": Lc 1,31), è in relazione con la redenzione dei peccati, secondo la spiegazione fatta dall'angelo a S.Giuseppe: "Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,21).

A questa contemplazione del mistero della redenzione di Cristo si aggiunge l'aspetto doloroso del percorrere la stessa sorte o del soffrire della stessa "spada", come opposizione da parte di coloro che non accetterebbero le esigenze della Parola di Dio: "perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,35).

Questi fatti salvifici si offrono in un contesto di meditazione profonda da parte di Maria, che viene descritta quando giungono i pastori ad adorare il bambino (cfr.2,19). Mettendo lei "in relazione" al messaggio dell'angelo, con ciò che lei aveva visto e con le profezie messianiche (tutto questo inserito nella "contemplazione" del suo cuore), si intravede il significato sacrificale della presentazione del neonato al tempio: "Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore" (Lc 2,22).La "vittima" che lei aveva concepito nel suo seno, doveva essere offerta al Signore come "Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo" (Gv 1,29.36). La " meraviglia" di Maria e Giuseppe (cfr. Lc 2,33) è anche una specie di intuizione del mistero profondo di chi, per redimere il mondo deve farsi carico dei nostri peccati facendosi "servo" che soffre (cfr. Is 42 e 53,3).

Quando Gesù fu ritrovato nel tempio, dopo la celebrazione della Pasqua, le sue parole lasciavano intendere che la sua vita era strettamente legata all'azione salvifica di Dio in un contesto sacrificale. Gesù apparteneva alla "casa" del Padre (Lc 2,49) da cui si realizzerà il sacrificio redentore quando giungerà " la sua ora" di " passare da questo mondo al Padre " (cfr. Gv 2,4; 13,1). La ricerca dolorosa del bambino perso nel tempio (Lc 2,48),

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si può descrivere come un'ansia del cuore: "Io e tuo padre, addolorati, con il cuore in gola, andavamo da tutte le parti cercandoti" (S.Efrem, Inni sulla natività, 4,130).

Quando Gesù, a Cana e sul Calvario si rivolge a Maria, definendola "donna", indica il senso dell'unione di sua Madre alla sua stessa opera redentrice come "Nuova Eva". Ella apparteneva all' "ora" di Gesù ed è chiamata ad unirsi con atteggiamento sacrificale, "in piedi unita alla croce". L'unione tra Gesù e Maria è indissolubile come immagine dell'amore del Signore alla sua Chiesa (cfr. Ef 5,25), sua sposa "immacolata" e suo "complemento" (cfr. Ef 1,23).

L'unione di Maria al sacrificio di Gesù avvenne con cuore materno: "La beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr. Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al suo sacrificio, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata; e finalmente dallo stesso Gesù morente in croce fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio (cfr. 19,26-27)" (LG 58).

L'inno dedicato alla Vergine Dolorosa (festa del 15 settembre) la descrive in maniera impressionante: "Addolorata, in pianto - la Madre sta presso la croce - da cui pende il Figlio - Immersa in angoscia mortale - geme nell'intimo del cuore - trafitta da spada".

Maria, come si può capire nel "Magnificat", era abituata a recitare il salterio e gli altri inni dell'Antico Testamento. I salmi 21 e 68 descrivono le sofferenze del futuro redentore: oltraggi, crocifissione, spartizione dei vestiti, sete... Soltanto al giungere di questi momenti culminanti della passione, ella poteva captare tutto il loro significato; lo stesso Spirito Santo che ispirò quei testi, operava nel Cuore di Maria facendole intuire l'intimità e l'esperienza di suo Figlio.

Le ultime parole di Gesù, morendo sulla croce, furono ascoltate direttamente da Maria e meditate nel suo cuore. Il suo gesto di stare "in piedi" indica un atteggiamento interno di "guardare" con fede contemplativa. Nel Cuore di Maria risuonarono le parole di Gesù come un riassunto di tutto il Vangelo: perdono (cfr. Lc 23,34), speranza di salvezza (cfr. Lc 23,43), funzione materna di Maria e della comunità ecclesiale (cfr. Gv 19, 26-27), l'ansia o la sete di comunicare la salvezza (cfr. Gv 19,28;Sal 68), abbandono o silenzio di Dio (Mt 25,46; Sal 21), fedeltà di Gesù alla volontà del Padre (Gv 19,30), affidamento alle mani del Padre (Lc 23,46; Sal 30). La Chiesa si appella al Cuore di Maria, per incontrare in lei l'eco delle parole del Signore.

La "tunica senza cuciture" che sorteggiarono i soldati (Gv 19,23), comportava molte ore di lavoro fatto con amore. La tunica sparì, l'amore che Maria mise nella sua lavorazione rimane inserito nella storia come "salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini" (LG 60), dato che fa parte della sua collaborazione come associata al Redentore ("associandosi con animo materno al suo sacrificio": LG 58).

Nell'inno liturgico "Stabat Mater", il credente si sente invitato a vivere in sintonia con Cristo per mezzo del cuore di sua madre: "Ferisci il mio cuore con le sue ferite, - stringimi alla sua croce, inebriami del suo

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sangue!"

E' un tema che descrissero frequentemente i Padri della Chiesa e gli autori ecclesiastici dei primi secoli: "Chi mai dunque potrebbe contare i numerosi colpi che in questa circostanza attraversarono il cuore della Madre?... l'ardente amore per il Figlio... mossa dall'amore verso il Figlio... la forza della sua bruciante fiamma interiore... con immutabile forza interiore guardava il Figlio... cocente dolore... quanto si lacerò il Cuore di Maria! Quanto restò interamente scosso!... allora una più penetrante spada si conficcò nel cuore della Vergine... mentre nella mano si piantava il chiodo, nel cuore invece si conficcava una ferita mortale!" (Giorgio di Nicomedia, Omelie, Maria ai piedi della croce).

Il "discepolo amato" che, in nome nostro, "ricevette" Maria nella sua casa ("in comunione di vita", cfr. Gv 19,27), invita a "guardare" con sguardo di fede contemplativa a quel fatto salvifico del costato aperto di Gesù, da cui sgorgò "sangue e acqua" (Gv 19,34). Lo "sguardo" contemplativo di Maria poteva cogliere più di chiunque altro che quel "sangue" (formato nel suo seno per opera dello Spirito Santo) era anche il simbolo di una vita donata per amore (Gv 10,17; 15 ,13); e che quell' "acqua" significava l' "acqua viva" o vita nuova comunicata dallo Spirito Santo grazie all'opera redentrice di Cristo (cfr. Gv 7,38-39).

Con questo "sguardo" di fede contemplativa il Cuore di Maria visse gli avvenimenti che si susseguirono alla morte del Signore: la deposizione dalla croce e la sepoltura nel sepolcro, avvolgendo il corpo di Gesù con un "lenzuolo": "Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessun era stato ancora deposto" (Lc 23,53). Maria, ancora una volta, seguendo il suo atteggiamento abituale, mise in relazione ciò che vedeva con altri fatti della vita di Gesù e con le profezie: "Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7).

Secondo un autore della tradizione orientale, la vergine profondamente addolorata chiede al Figlio di poterlo accogliere di nuovo nelle sue viscere e di seppellirlo nel suo cuore: "Ahimè, questa fredda pietra tombale, come colpita da un ferro mosso dal tuo forte braccio, quali scintille spirituali manda nel mio cuore! Perché non mi si spezza il petto? Perché non posso scolpirti un più arcano sepolcro, si da poterti accogliere di nuovo nelle mie viscere e seppellirti nel mio cuore? Io sono il mistico calice che non è stato distaccato dalla sua pietra preziosa: porto con me la mia porta, che è stata piantata in me, illuminata dal divino splendore!" (Simeone Metafraste, Vita di Maria: PG 114-224; Homologion 964-965).

La fede di Maria era fede contemplativa e "pasquale" (di "passaggio" verso il mistero più profondo della glorificazione). Tutta la vita di Gesù consisteva nel "passare da questo mondo al Padre" (Gv 13,1). La sua donazione sacrificale, della quale fa parte l'atteggiamento di Maria come immagine della Chiesa, non termina nella croce, considerato che egli aveva detto:"Io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo" (Gv 10,17). La fede contemplativa fa ricordare a Maria le volte che Gesù, all'annunciare la passione, aveva anche profetizzato la sua resurrezione: "Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà" (Mt 17,22-23; 20,17). Abituata a recitare i salmi, l'armonia della fede e della rivelazione le faceva capire qualcosa del

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mistero profondo della resurrezione, senza sapere tuttavia i dettagli della stessa: "Non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione" (Sal 15,10; cfr. At 2,27, sermone di Pietro alla Pentecoste, circondato dalla comunità primitiva nella quale si trovava Maria, At 1,14ss).

La fede di Maria si può anche intuire in modo indiretto. Effettivamente, Giovanni, il "discepolo amato", compì l'incarico di Gesù di ricevere Maria "nella sua casa" o "in comunione di vita" (Gv 19,7), almeno durante le ore che passarono tra la morte del Signore e la sua resurrezione. Quando Giovanni giunse al sepolcro e lo trovò vuoto, sepolcro in cui Gesù aveva lasciato i teli per terra e il sudario piegato, "vide e credette" (Gv 20,8). La convivenza con Maria durante quelle ore di profondo silenzio contemplativo, lo aiutò ad accettare con spirito di fede la predizione del Signore, sulla resurrezione al terzo giorno. Tra i discepoli del Signore esisteva già la convinzione di quel che "il terzo giorno" aveva come significato profondo (cfr. Lc 24,21); mancava solo di scoprire questo significato con la fede del "discepolo amato"che seppe convivere con Maria sperando nella resurrezione.

Così ella visse il mistero pasquale e ora continua a viverlo nel nostro cammino ecclesiale. Convivendo con lei, la Chiesa impara a scoprire Cristo risorto presente nei segni poveri della storia.

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14. L' EUCARISTIA NEL CUORE DI MARIA

Gesù,"pane di vita" (Gv 6,35) si formò nel seno di Maria, accanto al suo cuore, per opera dello Spirito Santo. In quel cuore incontrarono speciale risonanza contemplativa tutti i gesti e le parole di Gesù. Quando Maria udì per la prima volta le parole del Signore, "questo è il mio corpo... questo è il mio sangue" (Lc 22,19-20), le sue viscere di madre si commossero, dato che si trattava della sua stessa carne e del suo stesso sangue. Si ripetette l'esperienza dell'Incarnazione, quando, secondo S. Pietro Crisologo, "si turbò la carne, il grembo sussultò, la mente tremò, l'intera profondità del cuore restò attonita" (Sermone 143,8).

Già a Cafarnao, quando Gesù annunciò il mistero eucaristico, usò le espressioni "la mia carne", "il mio sangue": "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui... colui che mangia di me vivrà per me" (Gv 6,56-57). Lo "scandalo" rispetto all'Eucarestia, resta unito allo scandalo per non voler accettare la realtà umana di Gesù, figlio di Maria: "Mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?»" (Gv 6,41-42).

Ella andava "tutti gli anni" a Gerusalemme per celebrare la Pasqua, come risulta fin dall'infanzia di Gesù, nella vita di S.Giuseppe (cfr.Lc 2,41). Il venerdì santo stava unita alla croce (Gv 19,25). I gesti e le parole di Gesù durante l'ultima cena, lei le recepì o direttamente nello stesso momento della celebrazione della Pasqua, o immediatamente dopo. A Pentecoste, lei faceva parte della comunità riunita nel Cenacolo (cfr. At 1,14ss).

E', poi, logica questa osservazione del Papa Giovanni Paolo II nell'enciclica Ecclesia de Eucharistia: "Come immaginare i sentimenti di Maria, nell'ascoltare dalla bocca di Pietro, Giovanni e Giacomo e degli altri Apostoli le parole dell'Ultima Cena: <<Questo è il mio corpo che è dato per voi>> (Lc 22,19)? Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo! Ricevere l'Eucaristia doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all'unisono col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce" (EdE 56).

La presenza reale di Cristo nell'Eucaristia ci ricorda che il suo corpo e il suo sangue sono veramente umani per averli presi da Maria. Lei "Maria ha anticipato, nel mistero dell'Incarnazione, anche la fede eucaristica della Chiesa... ella si fa, in qualche modo, <<tabernacolo>>, il primo <<tabernacolo>> della storia" (EdE 55). L'Eucaristia ha il "sapore" della Vergine Madre, o, come diceva S.Giovanni d'Avila, "per essere lei la cuciniera, le si è attaccato il sapore migliore". Si tratta del "pane della Vergine", che noi adoriamo e riceviamo come "vero corpo nato da Maria Vergine" (EdE 62).

Il sacrificio di Gesù, fatto presente nella celebrazione eucaristica, è l'attualizzazione dell'atteggiamento e dei gesti sacrificali di Gesù, specialmente al Calvario. Lì " non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore" (EdE 57). "Maria fece sua, con tutta la vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione sacrificale

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dell'Eucaristia. Quando portò il bimbo Gesù al tempio di Gerusalemme << per offrirlo al Signore>> (Lc 2,22), si sentì annunciare dal vecchio Simeone che quel Bambino sarebbe stato «segno di contraddizione» e che «una spada» avrebbe trapassato anche l'anima di lei (cfr. Lc 2,34-35). Preparandosi giorno per giorno al Calvario, Maria vive una sorta di «Eucaristia anticipata», si direbbe una «comunione spirituale» di desiderio, che avrà il suo compimento nell'unione col Figlio nella passione" (EdE 56).

L'avvenimento sacrificale di Gesù include il suo dolore al vedere sua Madre unita alla croce e, allo stesso tempo, il fatto di volerla associare all'opera redentrice (come "la donna" modello e Madre della Chiesa) è il dono che Gesù ci fa di lei come Madre.Per questo, "vivere nell'Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi - sull'esempio di Giovanni - colei che ogni volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l'impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei. Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia. Anche per questo il ricordo di Maria nella Celebrazione eucaristica è unanime, sin dall'antichità, nelle Chiese dell'Oriente e dell'Occidente" (EdE 57).

L'"atteggiamento interiore" di Maria, simboleggiato nel suo Cuore, è l'incentivo e il modello che invita tutta la Chiesa a vivere in sintonia con questo atteggiamento contemplativo, sponsale e sacrificale: "Maria ci può guidare verso questo Santissimo Sacramento, perché ha con esso una relazione profonda... Il rapporto di Maria con l'Eucaristia si può direttamente delineare a partire dal suo atteggiamento interiore. Maria è donna «eucaristica» con l'intera sua vita. La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero santissimo" (EdE 53).

Durante la celebrazione eucaristica, la comunità ecclesiale si unisce al sacrificio di Cristo con un "si" ("amen"), che ricorda il "si" di Maria: "Per il fatto stesso di aver offerto il grembo verginale per l'incarnazione del Verbo di Dio... c'è pertanto un'analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell'Angelo, e l'amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore" (EdE 55). Per questo lei è "l'inarrivabile modello di amore a cui deve ispirarsi ogni nostra comunione eucaristica " (ibidem).

La Chiesa celebra e adora il mistero eucaristico, "facendo suo lo spirito di Maria" (EdE 58), e cioè, imitando il suo "fiat" (il suo "si") dell'Incarnazione e facendo della vita un "magnificat" come "estasi del suo cuore". Per questo si può affermare che "l'Eucaristia ci è data perché la nostra vita, come quella di Maria, sia tutta un magnificat!" (ibidem).

Il "pane di vita", che è Gesù, come Parola e come Eucaristia, incontrò il cuore di Maria pronto per una nuova trasformazione, Lei, l'Immacolata sin dal suo concepimento, era anche l'associata a Cristo (" la donna", " la Nuova Eva") nella quale, come Assunta o glorificata nel corpo e nell'anima, si dimostrerà il frutto della resurrezione del Signore. "Guardando a lei conosciamo la forza trasformante che l'Eucaristia possiede. In lei vediamo il mondo rinnovato nell'amore" (EdE 62).

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Maria è modello di fede per la Chiesa. L'azione dello Spirito Santo, che la rese Madre verginale del Signore, è la stessa azione che trasforma il pane e il vino in corpo e sangue di Gesù e ci fa partecipi della stessa vita del Signore (Gv 6,57). La preghiera dell'offertorio della quarta domenica di Avvento, è formulata così: "Accogli, o Dio, i doni che presentiamo all'altare , e consacrali con la potenza del tuo Spirito, che ha riempito con la sua potenza il grembo della Vergine Maria".

Quando la Chiesa "invoca" la venuta dello Spirito Santo nella celebrazione eucaristica ("epiclesi"), si riporta alla memoria Maria, che ricevette questo stesso Spirito per poter concepire verginalmente il Figlio di Dio (cfr. 1,35ss). S. Giovanni Damasceno spiega l'"epiclesi" in questi termini: "Domandi come il pane si converte nel corpo di Cristo?... Ti basti udire che e per l'azione dello Spirito Santo, nello stesso modo che, grazie alla Santissima Vergine e allo stesso Spirito Santo, il Signore, per sé e in se stesso, assunse la carne umana" (De fide ortodoxa IV,13).

La spiritualità mariana, concretizzata nell'imitazione della sua vita di fede, porta ad una partecipazione più profonda nella liturgia, specialmente eucaristica. In effetti "la meditazione su Cristo con Maria" (come può essere per mezzo della preghiera del Rosario), aiuta a penetrare di più "nella vita del Redentore". In questo modo, ne consegue che "quanto Egli ha operato e la Liturgia attualizza venga profondamente assimilato e plasmi l'esistenza" (RVM 13).

La relazione di Maria con il mistero eucaristico si fonda nella sua realtà di essere "Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote", perché "sotto la guida dello Spirito Santo si consacrò pienamente al mistero della redenzione dell'umanità" (PO 18). L'unzione sacerdotale di Cristo ebbe luogo nel seno di Maria. Mentre lei diceva il suo "si", il Verbo si incarnò nel suo seno. Unito al suo Cuore di Madre, Cristo sacerdote si offrì al Padre in sacrificio di redenzione: "Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Allora ho detto: Ecco , io vengo, poiché di me sta scritto nel rotolo del libro, per fare, o Dio, la tua volontà»!" (Eb 10,5-7).

Ogni battezzato è chiamato a fare della sua vita un'oblazione, unita all'oblazione di Cristo al Padre nello Spirito "un sacrificio di lode" (Eb 13,15), dato che "attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria" (2Cor 1,20). Il Cuore materno di Maria vede in ogni credente un "Gesù vivente". Ogni battezzato è chiamato a ricevere Maria come Madre, seguendo l'esempio del "discepolo amato". Specialmente i ministri sacerdoti sono chiamati a "venerare e amare con devozione e culto filiale la Madre del sommo ed eterno Sacerdote, la regina degli apostoli, il sostegno del loro ministero" (PO 18; cfr. OT 8).

Ogni vocazione cristiana incontra in lei un Cuore di Madre per modellarsi in lei, secondo l'esempio di Cristo Sacerdote: Maria è " la persona umana che più di ogni altra ha corrisposto alla vocazione di Dio, che si è fatta serva e discepola della Parola sino a concepire nel suo cuore e nella sua carne il Verbo fatto uomo per donarlo all'umanità, che è stata chiamata all'educazione dell'unico ed eterno sacerdote fattosi docile e sottomesso alla sua autorità materna. Con il suo esempio e la sua intercessione, la Vergine Santissima continua a vigilare sullo sviluppo delle vocazioni e della vita sacerdotale nella Chiesa " (PDV 82).

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15. I FATTI E IL MESSAGGIO DI GESU' NEL CUORE MATERNO DI MARIA E DELLA CHIESA.

L'atteggiamento ecclesiale di identificarsi con la vita interiore di Maria, cioè con il suo cuore contemplativo, sarà il miglior cammino per fare una rilettura del vangelo in quanto incide nella storia attuale del mondo. Non sarebbe possibile fare questa rilettura, che è anche vero discernimento dei "segni dei tempi", se non fosse alla luce del vangelo meditato nel cuore.

La "devozione" al Cuore di Maria o, se si vuole formulare con altri termini, la "spiritualità del Cuore di Maria", consiste nel lasciarsi modellare dalla Parola, come Maria, nel più profondo del cuore: criteri, convinzioni, motivazioni, scala di valori, decisioni, atteggiamenti... Si tratta della Parola, così com'è, tutta intera, nella situazione concreta, che chiama alla contemplazione, alla sequela, alla comunione e alla missione. "Contemplare" come Maria (cfr. Lc 2,19.51) suppone il mettere in relazione i contenuti della Parola di Dio, nell'armonia della fede e della rivelazione, che è la base per costruire l'armonia della creazione e della storia dell'umanità.

Questa "spiritualità" o "devozione" lascia entrare il Cuore materno di Maria nel cuore materno della Chiesa. Se Maria ha un Cuore misericordioso deve riflettersi nel cuore misericordioso della Chiesa. In questo modo, la maternità di Maria, che "nell'economia della grazia perdura senza soste" (LG 62), si realizza "attraverso la Chiesa" (RMa 24). "L'animo (cuore) materno " di Maria (LG 58) si prolunga in quello della Chiesa. Questa, al contemplare nel cuore l'incarico di Gesù ("ecco tua Madre", Gv 19,27), "apprende da Maria anche la propria maternità" (RMa 43).

La maternità verginale di Maria è un processo di ascolto della Parola nel cuore e di risposta di donazione. Per questo il Concilio Vaticano II afferma: "Anche nella sua opera apostolica la Chiesa giustamente guarda a colei che generò il Cristo, concepito appunto dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine per nascere e crescere anche nel cuore dei fedeli per mezzo della Chiesa, La Vergine infatti nella sua vita fu modello di quell'amore materno da cui devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini" (LG 65). Maria è modello e immagine della maternità ecclesiale, per collaborare affinché i credenti siano "rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla Parola di Dio viva ed eterna" (1Pt 1,23).

Questo atteggiamento ecclesiale, che si addentra nel Cuore di Maria, è una ricerca dell'eco del vangelo a cui dedicò tutta la sua vita per farlo diventare parte integrante del suo essere.Qualunque testo evangelico e della Sacra Scrittura in generale, nasconde il Verbo incarnato, che si vuole comunicare a chi apre il cuore come Maria.

Nei primi capitoli abbiamo precisato alcuni di questi testi, a partire dall'atteggiamento mariano del contemplare "nel cuore" (Lc 2,19.51). Sono stati i testi che si riferivano all'annunciazione, al Magnificat, a S.Giuseppe, a Giovanni Battista, ai pastori di Betlemme, ai Magi dell'Oriente, ai discepoli di Gesù, al "discepolo amato", al mistero pasquale e all'Eucaristia.

Quando una persona si abitua a meditare il Vangelo, cercando l'eco esperienziale nel Cuore di Maria, incontra l'armonia della rivelazione e

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della fede nei testi più semplici, senza estrapolare il loro significato. Indichiamo alcuni esempi:

*Qualunque testo del Vangelo si può meditare nella prospettiva mariana del "fiat" (Lc 1,38), del "Magnificat" (Lc 1,46), del "contemplava nel suo cuore" (Lc 2,19.51), dello "stava in piedi presso la croce" (Gv 19,25), come nella Chiesa primitiva: "assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù" (At 1,14). Allora, meditando le parole e i gesti del Signore, ella, presente nella vita di ogni persona e nella storia di ogni comunità cristiana, dice:" Fate quello che lui vi dirà" (Gv 2,5).

* Il "si" di Maria nell'Annunciazione (Lc 1,38) è un "si" che indica la donazione di ogni persona ai nuovi piani di Dio. Maria è abituata a contemplare nel suo cuore il "si" del popolo di Israele , come risposta all'Alleanza o patto di amore: "Metteremo in pratica ed eseguiremo tutto ciò che ha detto Jahve" (Es 24,7). L'eco di queste parole nel suo cuore si traduce nel "si" dell'annunciazione e nelle parole dirette ai servitori alle nozze di Cana (cfr. Gv 2,5). Era una costante della sua vita di fedeltà, di stupore e donazione generosa.

*I nove mesi di gestazione suppongono un'esperienza intima tra la Madre e il Figlio. Di fatti, il Verbo incarnato nel seno di Maria si offriva al Padre: "Un corpo mi hai preparato... Allora ho detto: Ecco, io vengo, poiché di me sta scritto nel rotolo del libro, per fare, o Dio, la tua volontà!" (Eb 10,2-7). L'atteggiamento mariano riflesso nel suo "fiat" ("avvenga in me secondo la tua Parola" Lc 1,38), è un atteggiamento simile all'oblazione. Il rapporto tra Madre e Figlio, era guidato dallo Spirito Santo. Maria recitava i salmi, ispirati dallo stesso Spirito. Nel salmo 109, v. 3, messianico, si dice: "Dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato". Maria viveva questa realtà: "E' nel suo grembo che si è plasmato, prendendo da Lei anche un'umana somiglianza che evoca un'intimità spirituale certo ancora più grande... Gli occhi del suo cuore si concentrano in qualche modo su di Lui già nell'Annunciazione, quando lo concepisce per opera dello Spirito Santo; nei mesi successivi comincia a sentirne la presenza e a presagirne i lineamenti" (RVM 10).

*Nella casa di Elisabetta, quando nacque Giovanni Battista, suo padre Zaccaria intonando l'inno del "benedictus", fece riferimento ad Abramo: Il Signore "Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre" (Lc 1,72-73). Gesù durante la sua predicazione, negli anni di vita pubblica, si riferì ad Abramo, dicendo: "Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò... prima che Abramo fosse, Io Sono" (Gv 8,56-57). Anche Maria, nel Magnificat ("l'estasi del suo Cuore"), aveva ricordato Abramo: "Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre" (Lc 1,54-55). Maria è la "credente" (cfr. Lc 1,45) come modello di fede nel Nuovo Testamento.

*Durante la presentazione di Gesù Bambino al tempio, Simeone intonò un inno di lode, indicando il Messia come la "salvezza... preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele" (Lc 2,30-32). Maria e Giuseppe erano "ammirati" (Lc 2,33); è l'atteggiamento contemplativo del ricevere l'azione salvifica di Dio fin nel più profondo del cuore. Gesù si presentava nella vita pubblica con queste

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parole: " Io sono la luce del mondo" (Gv 9,5).****Quando Gesù, a dodici anni, fu ritrovato nel tempio, disse ai suoi genitori: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49). Maria, aveva sentito dall'Angelo che suo Figlio, Gesù, "sarà santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). Maria, al "contemplare nel suo cuore", "poneva in relazione" ciò che vedeva, ascoltava e ciò che ricordava.

*Gesù, quando visitò Nazaret durante la sua vita pubblica, fu chiamato "figlio di Maria" (Mc 6,3). La gente si stupiva, come se non osasse credere in lui come Messia, affermava: "Di lui conosciamo il padre e la madre" (Gv 6,42). Maria percorre la stessa sorte di Gesù, la sua stessa "spada", come "segno di contraddizione" (Lc 2,34) e " la pietra che i costruttori hanno scartata, è diventata testata d'angolo" (Mt 21,42; 1Pt 2,7; cfr. Sal 118,22-23). L'atteggiamento interiore di Maria era quello di "oblazione" unita all'oblazione di Gesù (cfr. Lc 2,22).

*Maria ascoltò Gesù, a Cana e sul Calvario, che la chiamava "la donna" (Gv 2,4; 19,26), perché come "associata" alla persona e all'opera salvifica di Cristo, ella era la "Nuova Eva" (secondo S.Ireneo). Per questo stava unita alla croce, "soffrendo col suo Unigenito e associandosi con animo (cuore) materno al suo sacrificio, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata" (LG 58). Quando Gesù si presenta come "Sposo" (Mt 9,15), descrivendo questa realtà anche attraverso le parabole delle nozze, la Chiesa viene invitata ad adottare l'atteggiamento sponsale e materno di Maria.

* La "pace" è la caratteristica del messaggio di Gesù. L'annuncio del Vangelo di Gesù si concretizza in una "pace" che personifica lo stesso Gesù (cfr. Lc 10,5-6). Alla nascita del Signore, gli angeli cantarono questa pace e annunciarono Cristo come messaggio di "grande gioia" (cfr. Lc 2,10.14). E' la gioia con la quale l'angelo aveva salutato Maria nell'Annunciazione: "Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28). Ed è anche la "gioia" che, per mezzo di Maria, venne comunicata a Giovanni Battista nel seno di sua madre Elisabetta (Lc 1,41.44. Maria "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).

* Nell'annunciazione, l'angelo disse a Maria che Gesù "sarà chiamato Figlio dell'Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre" (Lc 1,32). Più volte, chiamano Gesù, durante la sua vita pubblica, "figlio di Davide": guarigione del cieco di Gerico (cfr. Lc 18,38) e degli altri ammalati, la domenica delle Palme (cfr. Mt 21,9), ecc. Gesù stesso fa riferimento a questo titolo (cfr. Lc 20,41-42), ricordando il salmo 110. Maria ricordava il messaggio dell'angelo, recitava con frequenza i salmi, accoglieva tutte le parole di Gesù contemplandole nel suo cuore.

* Dopo l'Ascensione, i discepoli (circa 120) si riunirono nel Cenacolo "con Maria la Madre di Gesù " (At 1,14). Tutti loro avevano ascoltato le promesse di Gesù, al momento di salire al cielo , circa la venuta dello Spirito Santo (cfr. At 1,5-8). "Essi furono tutti pieni di Spirito Santo" (At 2,4). Maria ricordava nel suo cuore le parole dell'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35).

* La fede di Maria si esprime continuamente per il fatto di ricevere le

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parole del Signore nel suo cuore e nel metterle in pratica. Elisabetta lodò questa fede di Maria: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore!" (Lc 1,45). Quando Gesù, durante la sua predicazione lodò la fede di alcune persone come l'emorroissa (Mt 9,22), la cananea (Mt 15,28) , il centurione (Mt 8,10), indicava in pratica il messaggio: "Mia Madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8,21). Gesù incontrò questa fede in Maria (cfr. Lc 1,45). E' la fede che spera trovare nella sua Chiesa: " Beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Gv 20,29).

* Tutti i testi della Scrittura, alla luce della vita e degli insegnamenti di Gesù ci introducono nel suo "cuore mite e umile", che "esultò nello Spirito Santo e disse: <<Si, Padre, perché così a te è piaciuto>>" (Lc 10,21; cfr. Mt 11,25-29). Il Cuore di Gesù si formò unito al Cuore di Maria, plasmato con il suo stesso sangue e formato secondo la sua stessa psicologia. Il Cuore di Maria è quello della "serva" del Signore, che riconosce il suo "niente", che condivise con mitezza la sua stessa sorte.

* Le ultime parole di Gesù sulla croce, trovarono eco nel Cuore di Maria. In questo Cuore, la Chiesa va a cercare il significato e, soprattutto, il modo di metterle in pratica. La spada che attraversò il suo Cuore, secondo la profezia di Simeone (cfr. Lc 2,34-35), erano tutte le sofferenze di Cristo. Però le sue parole erano per lo più "un segno di contraddizione". Ella le ricevette nel suo cuore con fede contemplativa, "in piedi", "guardando", scoprendo in esse il riassunto di tutto il Vangelo: perdono (cfr. Lc 23,34), speranza di salvezza (cfr. Lc. 23,43), funzione materna di Maria e della comunità ecclesiale (cfr. Gv 19,26-27), l'ansia o la "sete" di comunicare la salvezza (cfr. Gv 19,28; Sal 68), abbandono o silenzio di Dio (cfr. Mt 25,46; Sal 21), fedeltà di Gesù alla volontà del Padre (cfr. Gv 19,30), affidamento nelle mani del Padre (cfr. Lc 23,46; Sal 30). Nel Cuore di Gesù si sono modellati i santi, seguendo la scuola del Cuore di Maria.

* In qualunque testo della Scrittura incontriamo la voce del Padre che ci segnala il suo Figlio nascosto sotto poveri segni: " Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo" (Mt 17,5; cfr. 3,17). Maria, abituata ad aprire il suo cuore alla voce di Dio, ci aiuta a scoprire il Signore manifestato nei suoi segni, come a Cana: "Fate quello che lui vi dirà" (Gv 2,5). L'azione dello Spirito Santo manifestato sotto forma di colomba (al battesimo) o in forma di "nuvola luminosa" (al Tabor) rende possibile la fede del credente. Maria è stata coperta con la " la nube" ("l'ombra") dello Spirito Santo e seppe dire di " si" (cfr. Lc 1,35-38), inaugurando il cammino oscuro e luminoso della fede cristiana.

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CONCLUSIONE: L'eco del Vangelo nel Cuore di Maria e della Chiesa.

Nel cuore della Madre di Gesù, la Chiesa incontra la "memoria" attiva e materna, che ricorda, attualizza e rende effettiva la sua fede, la contemplazione delle parole, la sua sequela evangelica, la sua partecipazione al mistero pasquale della croce e resurrezione, la sua realtà materna di comunione e missione, la sua tensione di speranza verso l'aldilà. L'esortazione apostolica "Pastores Gregis", presenta "Maria, «memoria» dell'Incarnazione del Verbo nella prima comunità cristiana" (PG 14).

Il cuore della Madre di Gesù continua a meditare e a fare sue le parole e la vita di suo Figlio, che è presente in noi, per questo, la nostra vita in Cristo continua ad essere la sua principale preoccupazione, per fare in modo che ognuno giunga ad essere un " Gesù vivente" (S.Giovanni Eudes) per il prolungamento del cuore di Cristo nel proprio cuore e nella propria vita.

Nel Cuore di Maria continuiamo ad occupare un posto privilegiato, come qualunque delle figure evangeliche che furono oggetto della sua contemplazione. La comunità ecclesiale e ogni credente si sentono invitati a fare ricorso al Cuore di Maria, per incontrare in lei l'eco di tutto il Vangelo. Oggi questa meditazione mariana ingloba la realtà storica di ogni giorno, perché il Vangelo continua ad avvenire nel Cuore di Maria e nel cuore della Chiesa.

Gesù, che non è venuto a distruggere, ma a portare alla pienezza (cfr. Mt 5,17), chiama a sintonizzarsi con il suo pensare, sentire e volere, secondo le regole del vero amore. L'atteggiamento di un cuore unificato dall'amore che incontrò nel cuore di sua Madre (cfr. Lc 2,19.51), lo vuole incontrare nel cuore dei suoi. Maria, "accogliendo e meditando nel suo cuore avvenimenti che non sempre comprende (cfr. Lc 2,19), diventa il modello di tutti coloro che ascoltano la Parola di Dio e l'osservano (cfr. Lc 11,28)" (VS 120).

Maria è "nel cuore della Chiesa" (RMa 27), come memoria, immagine e Madre dell'unità ecclesiale universale voluta e chiesta dal Signore. L'atteggiamento di ogni credente rispetto a Maria è di dipendenza filiale. Si tratta di vivere in "comunione di vita" con lei, lasciandola entrare " in tutto lo spazio della propria vita interiore" (RMa 45). E', poi, un atteggiamento che unifica il cuore per essere relazionale: di preghiera, contemplazione; imitativo: di fedeltà alla volontà di Dio; celebrativo: intorno al mistero pasquale di Cristo; esperienziale: vivendo la sua presenza attiva e materna in tutto il processo di configurazione a Cristo e di missione.

In realtà, è una specie di infanzia spirituale, per "diventare come bambini" (Mt 18,3). Non si tratta che di vivere, in relazione affettiva ed effettiva con la maternità di Maria, la partecipazione alla filiazione divina di Gesù (cfr. Ef 1,5). Perfino i bambini lo possono vivere così, perché "di questi è il regno dei cieli" (Mt 19,14). Così lo lasciava intravedere la Beata Giacinta di Fatima: "Mi piace tanto il Cuore Immacolato di Maria! E il Cuore della nostra Madre del cielo". E così lo vissero molte anime fedeli al vangelo, chiedendo al Signore: "Il mio cuore tutto intero nascondilo nel Cuore purissimo di tua Madre ed ella lo abbellirà" (M.Maria Ines-Teresa Arias).

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La relazione dei credenti con Maria è di cuore a cuore. Il "Magnificat" si trasforma in una scuola per sintonizzarsi con i sentimenti di Maria, che sono espressione dei sentimenti di Gesù. Per questo, "attingendo dal Cuore di Maria, dalla profondità della sua fede, espressa nelle parole del Magnificat, la Chiesa rinnova sempre meglio in se la consapevolezza che non si può separare la verità su Dio che salva" (RMa 37). Nel cantico evangelico di Maria si impara a vivere la preoccupazione per la gloria di Dio e per la salvezza dell'umanità, per la misericordia e il servizio ai poveri.

Il cammino dell'unità ecclesiale universale, passa attraverso un cuore unificato, "contemplativo", dove risuona il "fiat", il "magnificat" e lo "stabat" unito alla croce. Il cuore dei credenti e di tutta la Chiesa si modella dove si modellò quello di Gesù. Ben vale la pena "arrendersi", "consacrarsi", "affidarsi" a colei che è la Madre del Cristo totale, perché il nostro consegnarci al Signore sia con e come Maria.

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