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Informazione del Circolo Creo - Azienda Ospedaliera di Pordenone Via Montereale, 24 - Dicembre 2012 - Autorizzazione del Reg. Trib. di PN n. 283 del 2.3.88 Redazione: Circolo Creo Pordenone - Dir. Responsabile: Alberto Rossi - Comitato di Redazione: dr. G. De Piero, Umberto Moras, L. Martin, Franco Peruzzi, G. Costella, E. Cervesato, N. Catellani, R. M. Tedeschi. Sped. Abb. Post. Gr. IV - Pubbl. inf. 70% - Realizzazione: Studio 7 srl Fiume Veneto (Pn) - Stampa: Tipografia Sartor Srl Pordenone Era il lontano 1972 quando un grup- po di dipendenti ospedalieri, animati da tanta buona volontà, si riunì per co- stituire un circolo all’interno dell’ospe- dale. Così, con entusiasmo, nacque il nostro Circolo Ricreativo Educati- vo Ospedaliero o più semplicemente CREO. Il pensiero trainante, l’intento da per- seguire, era, ed è, l’offrire a tutti i di- pendenti ospedalieri (ed oggi non solo a loro) la possibilità di trascorrere il tempo libero in amicizia coagulando attorno a iniziative sociali e culturali le aspirazioni e i desideri dei singoli iscritti. Lo Statuto, all’articolo 2, sancisce questo pensiero: “Il Circolo persegue i seguenti scopi: attuare iniziative dirette a promuovere la formazione sociale del personale ospedaliero mediante un sano impiego del tempo libero, interpretare e realizzare le istanze e le aspirazioni dei soci offrendo loro l’opportunità di frui- re le iniziative artistiche, assistenziali, culturali, educative, sportive, turistiche e altre simili di interesse sociale e ricreati- vo. Il Circolo è apolitico e rimane al di fuori di qualsiasi azione politica e sinda- cale. Per il raggiungimento di specifiche finalità di interesse sociale possono essere costituiti, nell’ambito del Circolo, gruppi particolari o sezioni particolari specia- lizzate con compiti di natura tecnico or- ganizzativa ciascuna delle quali riunisce soci che hanno in comune uno specifico interesse o peculiare predisposizione per IL CREO COMPIE 40 ANNI discipline artistiche, culturali, sportive. Le attività dei singoli gruppi o sezioni devono essere svolte nell’ambito del pro- gramma del Circolo”. Questa è la Missione per noi del Con- siglio Direttivo in carica, questa è stata la Missione per tutti quelli che prima di noi hanno guidato il nostro Circolo. Dal primo Presidente, sig. Gian Pao- lo Benedetti, che ebbe l’onore di ini- ziare questa bella avventura e guidare il Circolo fino al 1975 al sig. Narciso Corazza che ricoprì la carica sino al 1987 consolidando, anche grazie ai contributi delle varie Amministrazioni Ospedaliere, i risultati sino a quel mo- mento raggiunti. Dalla sig.ra Loredana Mucignat, innovatrice e sempre pro- positiva, che in tre anni da Presidente ha dato nuova linfa al Circolo a chi vi sta scrivendo. E sì… quest’anno sono 22. Sono pas- sati tanti anni dalla mia elezione (era il 1990) ma vi assicuro che la voglia di far parte del CREO è ancora forte. Negli anni la famiglia CREO si è al- largata complici anche le varie riforme organizzative che hanno interessato la Sanità provinciale. Il Circolo, come una bella pianta colorata, ha messo radici e cresce presso l’Azienda per i Servizi Sanitari n°6, il CRO di Aviano, l’ARPA e la Casa di Cura S. Giorgio; le locandine riportanti le iniziative sociali si possono leggere anche nei Distretti, negli ospedali di Sacile, di Spilimbero e Maniago. Il merito, però, va diviso tra tutti i Soci che si sono succeduti, dedicando il loro tempo, nel Consiglio Direttivo. Persone, amici, eccezionali animati da un forte volontà di collaborare in www.creopordenone.it e-mail: [email protected] segue a pagina 2

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Informazione del Circolo Creo - Azienda Ospedaliera di Pordenone Via Montereale, 24 - Dicembre 2012 - Autorizzazione del Reg. Trib. di PN n. 283 del 2.3.88Redazione: Circolo Creo Pordenone - Dir. Responsabile: Alberto Rossi - Comitato di Redazione: dr. G. De Piero, Umberto Moras, L. Martin, Franco Peruzzi, G. Costella, E. Cervesato, N. Catellani, R. M. Tedeschi. Sped. Abb. Post. Gr. IV - Pubbl. inf. 70% - Realizzazione: Studio 7 srl Fiume Veneto (Pn) - Stampa: Tipografia Sartor Srl Pordenone

Era il lontano 1972 quando un grup-po di dipendenti ospedalieri, animati da tanta buona volontà, si riunì per co-stituire un circolo all’interno dell’ospe-dale. Così, con entusiasmo, nacque il nostro Circolo Ricreativo Educati-vo Ospedaliero o più semplicemente CREO.Il pensiero trainante, l’intento da per-seguire, era, ed è, l’offrire a tutti i di-pendenti ospedalieri (ed oggi non solo a loro) la possibilità di trascorrere il tempo libero in amicizia coagulando attorno a iniziative sociali e culturali le aspirazioni e i desideri dei singoli iscritti.Lo Statuto, all’articolo 2, sancisce questo pensiero: “Il Circolo persegue i seguenti scopi: attuare iniziative dirette a promuovere la formazione sociale del personale ospedaliero mediante un sano impiego del tempo libero, interpretare e realizzare le istanze e le aspirazioni dei soci offrendo loro l’opportunità di frui-re le iniziative artistiche, assistenziali, culturali, educative, sportive, turistiche e altre simili di interesse sociale e ricreati-vo. Il Circolo è apolitico e rimane al di fuori di qualsiasi azione politica e sinda-cale. Per il raggiungimento di specifiche finalità di interesse sociale possono essere costituiti, nell’ambito del Circolo, gruppi particolari o sezioni particolari specia-lizzate con compiti di natura tecnico or-ganizzativa ciascuna delle quali riunisce soci che hanno in comune uno specifico interesse o peculiare predisposizione per

Il CREO COmpIE 40 annIdiscipline artistiche, culturali, sportive. Le attività dei singoli gruppi o sezioni devono essere svolte nell’ambito del pro-gramma del Circolo”.Questa è la Missione per noi del Con-siglio Direttivo in carica, questa è stata la Missione per tutti quelli che prima di noi hanno guidato il nostro Circolo.Dal primo Presidente, sig. Gian Pao-lo Benedetti, che ebbe l’onore di ini-ziare questa bella avventura e guidare il Circolo fino al 1975 al sig. Narciso Corazza che ricoprì la carica sino al 1987 consolidando, anche grazie ai contributi delle varie Amministrazioni Ospedaliere, i risultati sino a quel mo-mento raggiunti. Dalla sig.ra Loredana Mucignat, innovatrice e sempre pro-positiva, che in tre anni da Presidente ha dato nuova linfa al Circolo a chi vi sta scrivendo.

E sì… quest’anno sono 22. Sono pas-sati tanti anni dalla mia elezione (era il 1990) ma vi assicuro che la voglia di far parte del CREO è ancora forte.Negli anni la famiglia CREO si è al-largata complici anche le varie riforme organizzative che hanno interessato la Sanità provinciale. Il Circolo, come una bella pianta colorata, ha messo radici e cresce presso l’Azienda per i Servizi Sanitari n°6, il CRO di Aviano, l’ARPA e la Casa di Cura S. Giorgio; le locandine riportanti le iniziative sociali si possono leggere anche nei Distretti, negli ospedali di Sacile, di Spilimbero e Maniago.Il merito, però, va diviso tra tutti i Soci che si sono succeduti, dedicando il loro tempo, nel Consiglio Direttivo. Persone, amici, eccezionali animati da un forte volontà di collaborare in

www.creopordenone.it • e-mail: [email protected]

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L’uscita del nostro periodico è l’occa-sione per riparlare del nostro Ospeda-le e per aggiornare i nostri iscritti su quanto sta emergendo in merito alle prospettive del nuovo nosocomio citta-dino. Occorre innanzitutto sottolinea-re che su questo tema così importante per i cittadini della nostra provincia, si stia perdendo tempo prezioso e che la politica locale e regionale non abbia dimostrato in questi anni una capacità reale di salvaguardare gli interessi del-la gente, ma siano prevalsi interessi e convenienze di parte.Nei numeri passati di questo nostro giornale, abbiamo espresso fiducia e speranza che questo cammino verso il nuovo ospedale fosse definitivamente segnato e che presto avremmo visto aprirsi il cantiere e realizzarsi l’opera. Ma ad oggi, siamo ancora nel pieno di un difficile confronto politico, senza comprendere quali potranno essere gli

esiti conclusivi di tutta questa intricata vicenda.Purtroppo siamo alla vigilia di una campagna elettorale che anziché favo-rire positive e fruttuose soluzioni, en-fatizza le divisioni e le polemiche tra le forze politiche, quando invece, su questioni così importanti, dovrebbero emergere senso di responsabilità e ca-pacità di guardare oltre le convenienze di parte.Noi formuliamo l’auspicio che alla fine prevalga il senso di responsabilità e la capacità di camminare nella stessa di-rezione solo ed esclusivamente nell’in-teresse del nostro territorio. Non basta, infatti, soltanto lamentarsi del fatto che Pordenone sia sempre stata pena-lizzata nel trasferimento delle risorse regionali, bisogna anche dimostrare di sapersi meritare ciò che giustamente si pretende. Mentre assistiamo da molti, troppi anni ormai ad un dibattito infi-

nito, in cui si fa e si disfa come la tela di Penelope.Non vogliamo entrare nel merito del-le scelte che si sono fatte, né vogliamo commentarle. Vogliamo solo esprime-re un augurio e lanciare un’esortazione affinché sul nuovo ospedale di Porde-none si scriva finalmente una parola di verità e di certezza.Può darsi che mentre questo giorna-le andrà in stampa, qualche novità dell’ultima ora apra uno spiraglio po-sitivo. Ce lo auguriamo di cuore. Ma soprattutto ce lo auguriamo per i cit-tadini di Pordenone che giustamente pretendono di continuare ad avere un ospedale all’altezza dei suoi compiti. E anche per difendere un patrimonio di esperienze umane, di competenze e di conoscenze sanitarie che costituiscono un tesoro prezioso del nostro territorio.

La redazione

nUOVO OSpEDalE DI pORDEnOnE BaTTI Un COlpOTroppe divisioni politiche e poca unità d’intenti. Per dare un futuro

al nostro ospedale serve la capacità di guardare oltre gli interessi di parte

armonia per portare a compimento gli impegni assunti a favore di tutti i soci. Mi sento orgoglioso di far parte di questa squadra!In quarant’anni il Circolo, con le mol-teplici iniziative, ha coinvolto diverse generazioni di soci, familiari, simpa-tizzanti.Il Coro Stella Alpina, i gruppi Pesca, Calcio, Bocce, Briscola, Ciclismo, Sci di Fondo, Slalom Gigante, Ping Pong, Escursionismo alpino, Cultura e Turi-smo, Ginnastica…i fiori di questa bel-la pianta che è il CREO.Nati un po’ timidi, il Gruppo Escur-sionismo Alpino e il Gruppo e il Grup-po Culturale, ma già esuberanti, che richiamano prepotentemente l’atten-zione di tutti i soci.Anche l’ultimo dei nati in casa CREO, il gruppo Ginnastica con lo Yoga e Pi-

lates, non poteva che seguire questo naturale percorso che contraddistingue la nostra famiglia riscuotendo apprez-zamenti e sempre maggiori iscritti.Il CREO, lo dico con orgoglio, oramai è diventata una solidissima realtà asso-ciativa ma le prove lungo il cammino non ci sono mancate…Un anno senza sede, senza telefono, le corse tra Reparti e sedi varie per te-nere uniti tutti i soci, una bastonata dall’Enel che per un proprio disservi-zio ci ha fatto pagare un arretrato da sceicchi e per concludere i Carabinieri dei NAS… Prove, dicevo. Superate grazie all’im-pegno, compattezza e volontà di tutto il Consiglio. Il CREO vive! …e aiuta. Con la vendita delle Stelle di Natale per la ricerca contro la leucemia e de-gli Ulivi a favore dell’ Unitalsi, il no-

stro contributo alle Associazioni Luce e Vita, Funima International onlus, Caritas Baby Hospital di Betlemme e, grazie al gruppo Escursionismo alpino, ai bambini dell’UNICEF…anche que-sto è CREO.Anche quest’anno il nostro giornalino è arrivato curato con la solita certosina attenzione dal nostro Direttore respon-sabile dott. Alberto Rossi. Qui trove-rete, come sempre, notizie, racconti, cronache e poesie raccolte in questo quarantesimo anno di associazione. Nel concludere questo mio lungo artico-lo che ha ripercorso a grandi balzi otto lustri del nostro Circolo, come al solito, voglio augurare a tutti i Soci, ai loro fa-miliari e amici il più sincero augurio per un lieto Natale e un 2013 migliore.

Umberto Moras

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FORTaIaDa 2012Anche quest’anno la gara sociale di pesca e la fortaiada hanno avuto grande successo. Tante persone hanno potuto passare una giornata in allegria.Cominciando dalla gara di pesca alla pa-stasciutta per tutti, dalla gara di briscola alla lotteria, a Piero che ha intrattenuto tutti i bambini con vari giochi.

Infine alla grande fornaia per tutti, con le varie specialità. Una giornata trascorsa con gioia e amicizia da parte di tutti. Colgo l’occasione per ringraziare tutti quanti hanno lavorato e collaborato per-ché la festa riuscisse così bene.

U.M.

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Ogni anno nuovo, l’intenzione delle persone è di portare sempre un rinno-vamento. Quindi in qualsiasi settore c’è la tendenza di innovare, di migliorare, di crescere. Così anche per noi pescato-ri, il proposito è quello di rinnovare, di portare gente nuova per migliorare un po’ le nostre attività sportive. Da anni siamo stati alla ricerca per rimpinguare il gruppo con qualche soggetto e magari nel contesto ci portava anche una ven-tata di aria nuova. Nonostante tutti gli sforzi, non ci siamo riusciti nell’intento, questo significa che se vogliamo conti-nuare a pescare assieme ancora per tanto tempo, dobbiamo metterci in lista per la clonazione, ma credo che il risultato sia scadente. Il CREO, ha aperto un sito web consultabile da chiunque con molte informazioni utili, ma credo che questo sito, sia poco visitato specialmente dai pescatori nel settore pesca. Oramai ci siamo rassegnati a proseguire come sia-mo stati capaci fino ad oggi, poi vada come vada, oppure se il presidente vuol

provare a contattare il Signore del pia-no di sopra, è libero di farlo e, se sarà fortunato (non si sa mai) otterrà pure dei consigli. Poi oltretutto, se in passato avevamo molta difficoltà a reperire delle persone, oggi è ancora più complicato per non dire impossibile data la reces-sione nazionale. Poi la spendig review introdotta dal governo, ha economica-mente spremuto le persone, perciò si spenderà solo per lo stretto necessario, conseguentemente per forza maggiore sono venute meno quelle piccole e im-portanti metodiche scelte da ogni perso-na per socializzare o per soddisfare delle esigenze culturali. Dunque il control-lo della spesa si è materializzato in un malessere sociale documentato dai max media che per qualcuno non si ripren-derà più, per altri sarà difficile se non gli sarà dato e in breve tempo quanto tolto a sostegno della persona e della famiglia. Perciò per i pensionati e non del gruppo pesca è come dire addio anticipatamente all’attività di pesca agonistica, pertanto i

sigg. Moras Giuseppe e Pillot Gianni ri-spettivamente presidente il primo e tut-tofare il secondo, spero si impegneran-no sfruttando le proprie capacità a farci divertire un altro anno insieme presso i laghetti pescasportivi e principalmente dopo ogni gara, continuando col vizio ereditato dai predecessori di terminare la serata affondando delicatamente la forchetta in pietanze gastronomiche che possono soddisfare le esigenze di tutti. Per terminare, un ricordo va a Morassut Costante che ci ha lasciato per sempre. Pescatore scrupoloso sempre in primo piano con i suoi due figli, pescatori an-che loro e militanti nelle file del creo pesca per molti anni, assieme sono stati sempre presenti per qualsiasi manife-stazione sportiva del creo. Morassut, è stato un fondatore del CREO pesca e, oltretutto ha contribuito a farlo crescere ideologicamente sfruttando la sua intel-ligenza e contribuendo a farlo emergere nei confronti di altre società partecipan-do come garista. Va attribuito come ide-atore assieme ad altri la manifestazione di pesca denominata: “trofeo d’inverno” gara che si svolgeva nei laghi in due do-meniche consecutive di gennaio. Poi ancora è stato ideatore ed esecutore del trofeo denominato: “cinque cantoni”. Due manifestazioni molto ambite dai pescatori sportivi del triveneto e oltre. Ciao Costante. Un altro anno se n’è an-dato per alcuni è stato un anno buono, per altri no, comunque nella speranza che il 2013 sia migliore per tutti del 2012, il creo pesca augura buon anno a tutti, principalmente al direttivo del Creo, sperando che ci tengano in consi-derazione anche se vecchietti.

L.M.

CREOpESCa

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Ebbene sì, un altro anno è passato. Lentamente e faticosamente, anche que-sto 2012 ci ha lasciato. Un po’ con l’ama-ro in bocca, un po’ disillusi, ma sempre tenaci, siamo transitati in questo 2013 nuovo di zecca. E così come confidiamo nell’arrivo della soluzione di tanti problemi, anche dalla nostra piccola palestra ci aspettiamo gran-di risultati. Risultati che fino ad ora non sono mai stati disattesi e che sicuramente non verranno a mancare neanche questa volta.Quest’anno la nostra palestra compirà 7 anni. Per niente in crisi, perennemente rinnovata, continua gioiosamente ad an-dare avanti.I corsi tenuti dalla nostra insegnante Mar-ta e dal nostro maestro Sanjay riscuotono un successo progressivo e rappresenta-no dei veri e propri rapporti consolidati. L’arrivo della nuova insegnante Daniela ha completato con una ventata di vivace energia il terzetto.Devo dire che grazie alla loro capacità tecnica, alla professionalità, e al sempre rinnovato impegno nell’insegnamento, i nostri allievi possono veramente conside-rarsi dentro una “botte di ferro”.Allieve/i che sono i veri protagonisti del-le nostre lezioni, con la loro immancabile presenza unita ad una voglia di fare che oserei dire sorprendente. Impegnatissime signore (e anche qualche maschietto), che non si tirano indietro per niente, diligenti e attentissime ad ogni piccolo particolare. Sono tutte delle vere “prime della classe”.

È una vera soddisfazione averle viste mi-gliorare così, i risultati sono stati evidenti e sono diventate ogni giorno più belle!Ma siccome nella vita nulla ti viene rega-lato e nulla arriva per caso, grande merito va riconosciuto ai nostri Maestri, così at-tenti a correggere ogni allievo, a spronarlo a fare sempre di meglio per gratificarlo.Questa impresa non avrebbe potuto con-tinuare ad esistere se non ci avessimo cre-duto tutti insieme! Come ci ha creduto il nostro caro Presi-dente, che ci ha sempre sostenuto e aiuta-to con ottimismo e fiducia, prodigandosi in ogni modo per sostenere ogni nostra iniziativa. Anche a lui va un meritatissimo GRAZIE!

E grazie anche alla Direzione della nostra Azienda Ospedaliera, che continua a per-metterci di utilizzare i locali a noi destina-ti, senza i quali tutto questo non sarebbe mai stato possibile. Dal canto mio, posso orgogliosamente dire, che in tutti questi anni non ho mai smesso di crederci, nemmeno per un at-timo. Anche nei momenti più difficili ho sempre pensato alla positività di questa iniziativa e al modo di poterla portare avanti.Mi sembra che “le carte in regola”ci siano tutte, pertanto non mi resta che augurar-vi: buon 2013 e buon proseguimento a tutti!

Mara Cordazzo

CREOpalESTRa

pranzo pensionati OspedalieriCome ogni anno la fine di ottobre i pensionati ospedalieri, fa-miliari ed amici, si ritrovano per il pranzo sociale al Ristorante “Da Bepo” a Fiume Veneto, assistendo prima alla S. Messa sem-pre nella chiesa di Fiume Veneto, dove il parroco, nell’omelia, ha ricordato questa categoria che si è dedicata per tanto tempo al servizio dell’ammalato, operando con turni stressanti ma sempre con serenità e amore verso chi aveva bisogno.

Tanti colleghi si sono ritrovati ricordando i bei tempi passati, così la festa è continuata con la lotteria e un po’ di musica che ha al-lietato la compagnia.

Si è conclusa la festa con un arrivederci al prossimo anno.

U.M.

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Una levataccia. La corriera parte alle 4 e 15 del mattino. Si va a Malpensa per l’ae-reo che ci porta ad Helsinky e poi con un volo interno a Kittila, minuscolo aeropor-to nella Lapponia finlandese. Da qui in

corriera, oramai al crepuscolo si arriva ad Akaslompolo.L’albergo in Lapponia di quattro anni fa era spartano e in mezzo al nulla, ora qui siamo in paese e l’hotel è un pò più ri-

cercato, forse con meno fascino ma più comodo. C’è anche la sauna in ogni ca-mera. I giorni seguenti si formano gruppi a seconda delle capacità atletiche e delle inclinazioni di ciascuno.I fondisti più preparati macinano decine di chilometri su una serie infinita di piste, i meno capaci sciano su piste più facili ma che comunque attraversano paesaggi sel-vaggi ed affascinanti e c’è chi, con egual soddisfazione, va a camminare. Sulle som-mità delle basse colline circostanti (i “tun-turi”) il paesaggio è affascinante, il vento costante accumula la neve sui pochi albe-ri presenti ricoprendoli completamente. Sembrano fantasmi bianchi sparsi su un deserto gelato.

La sera uciamo alla scoperta dei locali del posto. In uno di questi dove fanno il ka-raoke, in un’altra sala, c’è una chitarra e poichè c’è anche Fabio, ne approfittiamo per cantare le nostre canzoni.Ritorneremo anche un’altra volta. Duran-te una gita in motoslitta alcuni dei nostri vengono fermati in mezzo al bosco da po-liziotti, anch’essi in motoslitta, e vengono sottoposti alla prova del palloncino. Supe-rata la sorpresa superano anche la prova palloncino. Un’attrazione speciale di queste terre al di là del Circolo Polare è l’aurora boreale. Bisogna, quando fa notte, uscire e trova-re un zona senza luci e aspettare, perchè l’aurora boreale viene e va quando le pare, senza regole. Ma quando compare, ed è la maggioranza delle notti, è uno spettaco-lo che affascina e un pò inquieta. Queste strisce luminose che si accendono, poi pian piano si spengono, ricompaiono in

un’altra porzione di cielo, che spesso somigliano a degli enormi tedaggi lu-minosi, lasciano lo spettatore incan-tato e vale certo la pena di affrontare la gelida notte ar-tica per godersi uno spettacolo unico.Non è mancata una gita sulle slitte trainate dalle ren-ne. Ognuno, dopo una breve istruzio-

ne sul come manovrare questi animali, doveva guidare la propria renna. Credo però che le renne conoscessero bene il percorso e nessuna slitta si è persa nella tundra.Anche quest’anno abbiamo ovviato alla mancanza della pastasciutta nel menù fin-landese occupando, finita la cena per gli altri ospiti, la cucina dell’albergo e prepa-rando, sotto la oramai esperta supervisio-ne di Silvestro, un’amatriciana, sotto lo sguardo perplesso dei cuochi locali. La settimana è volata e il sabato 17 siamo volati via anche noi, ma credo che, magari fra qualche anno, ci ritorneremo.

Mario Bortoluzzi

Settimana bianca in lapponia

FRAMMENTO n. 31,Suomi 17/11/2012

Lo spazio coperto di neve la curva lontana delle antiche colline bianche in alto in basso brune di alberi radi, la luce del nord dura a lungo e rimane azzurrina, solo un fruscio il momimento sul binario, intorno il silenzio di un orizzonte spalancato all’estremità della terra, un freddo allegro respira tra i rami e il vento.Solitudine, semplicità.Poterlo fare ancora questo viaggio, innumerevoli volte, me lo consenta il cuore, lo sostengano le ginocchia le braccia, le caviglie, lo promuova la parola e la sua onda inarrestabile, lo protegga il cavo sottile del rischio, dove danza sicuro il funambolo.

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la CURa DEI FERITI

Non sono una giornalista, ma cerco di fare un reportage sui tre giorni trascorsi a Vienna.1° giorno: Si comincia con l’alzataccia alle 4 o giù di lì, perché il pullman parte alle 5.30 e bisogna essere puntuali! Sonno, sa-luti e sorrisi sono le tre parole che descri-vono la partenza. Germano il nostro buon conducente, guida con sicurezza e le pri-me luci dell’alba ci mostrano un bellissimo paesaggio innevato. Il sig. Battel, il nostro ”super” accompagnatore ci racconta con parole appropriate ciò che ci aspetta e sia-mo tutti pieni di attese. Siamo già oltre il confine, ma i chilometri sono tanti… La pausa pranzo ci permette di assaggiare le specialità austriache. Arriviamo a Vienna, abbiamo il nostro primo incontro con il Prater, il ring e i palazzi che lo profilano, i mercatini di Natale. In città ce ne sono di diversi, uno in ogni importante piazza. Alle 14 ci dividiamo in 2 gruppi per vi-sitare rispettivamente: il Kunsthistorische Museum e il Leopold Museum un gruppo; l’Hofburg con gli Appartamenti imperia-li e la Camera del tesoro l’altro. Domani mattina i gruppi si invertiranno, e poi nel pomeriggio ci sarà tempo per i mercatini. Alla sera cena e sorpresa… ma anche la poca educazione di chi ci ospita nel suo locale fa riflettere e imparare qualcosa.2° giorno: Piove…. ma piano, e allora la giornata può avere inizio! Il programma è intenso, il signor Battel formidabile, le cose da vedere tantissime! Ma lui è un pro-fondo conoscitore dei musei, delle opere, degli autori, e della lingua italiana; oltre

che un ottimo comunicatore. Le sue paro-le aiutano ad apprezzare ciò che gli occhi vedono, e anche chi non sa di arte alla fine è soddisfatto del “bello” che ha ammirato. Inoltre conosce la città e ci accompagna in tour tra palazzi bellissimi, architetture asburgiche contrapposte a lampi di mo-dernità e luci natalizie che fanno sognare! La piazza del Municipio, il Rathaus, acco-glie il Mercatino di Natale sicuramente più grande. L’atmosfera è magica, … le donne sono attirate, i maschi un po’ meno: le bancarelle offrono svariate specialità culi-narie viennesi del Natale e non, dal dolce al salato, c’è né per tutti! Cioccolatini e go-loserie; addobbi, palline, candele per chi vuole, … e ore libere per chi lo desidera, poi tutti insieme visitiamo il Belvedere su-periore e la mostra su Klimt. Alla sera cena e sorpresa… un locale tipico e musica dal vivo a volontà che ci coinvolge, ci unisce e che ci ripaga ampiamente rispetto alla sera precedente. Cantiamo in coro, gustiamo buon cibo e ammiriamo i balli di “Berto”, un ragazzino di 80 anni!3° giorno: Dopo la colazione, carichiamo i bagagli sul pullman e ci trasferiamo verso la periferia di Vienna per visitare il comples-so abitativo popolare, meglio noto come Hundertwasser. Ci arriviamo con un bel ghirigori di sensi unici. È colorato, vivace, carinissimo, ricorda nell’architettura l’ope-ra di Gaudi. Sembra strano che la gente ci viva, pare un gioco piuttosto che una abi-tazione. Di fronte all’edificio si trova una galleria di negozi della stessa architettu-ra. Ci spostiamo successivamente verso il

centro e giungiamo nella piazza di Santo Stefano, dove fa bella mostra di se l’incan-tevole, imponente e omonima cattedrale, una armonica costruzione che assomma stili diversi, il cui tetto è foderato comple-tamente di maioliche colorate. Chi lo de-sidera partecipa alla Santa Messa. Accanto alla cattedrale, in completa opposizione allo stile, troviamo l’edifico moderno Haas Haus, realizzato integralmente in metallo, che riflette i palazzi che lo attorniano. Bello l’effetto complessivo. Il pranzo in un locale tipico, dopo una passeggiata nel centro sto-rico, conclude la nostra permanenza.Nel pomeriggio, purtroppo si torna a casa. Sono le 23 e sono nel mio letto. Penso: Bravi con la B maiuscola gli organizzatori Umberto e Clara ( discreta e sempre pre-sente, come una sorella maggiore). Bravo Angelo Battel, un insostituibile e pratico condottiero culturale; bravi i partecipanti che hanno unito lo star bene insieme con la curiosità del conoscere.

Elena Busato

VIEnna ImpERIalE nElla magICaaTmOSFERa naTalIzIa

E mò ch’avemo fatt’er parapija,ciavemo da curà pur’ i feriti, belli sanguinanti o abbrustoliti,quelli che nessuno se li pija

‘na specie d’ospedale ormai c’è a bordo,ma, prima d’inizià l’operazzione,devi daje ogni informazzionee chiaramente fatte dì si so’ d’accordo.

Hai da sapè se la moje l’ha lassato, quanno la mamma j’ha dato li natalie se la casa de Venezia ha abbandonato.

ma mentre lo prepari cor lenzuolo,e, da regolamento, te metti li stivali,“grazie” dice “faccio prima a fà da solo!”

Brano tratto da “ER CRISTIANO E L’OTTOMANO”di Massimo Neri Disegno di Ugo Sugo

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Dal 2001 questa villa fa parte del patrimo-nio del FAI che l’ha aperta al pubblico nel 2008.La dimora è restaurata ma intatta, con le sue librerie, arredi ed accessori originali dà la possibilità con la visita di gettare un oc-chio indiscreto nella vita dell’alta borghe-sia lombarda. I coniugi Angelo Campigli e Gigina Necchi, ricchi imprenditori della provincia pavese, si trasferirono in questa casa, fatta costruire nel centro di Milano a metà degli anni trenta. Il mondo dei Necchi è quello dell’alta borghesia indu-striale lombarda, classe agiata, ma anche tenace lavoratrice ed al passo con i tempi. Ospitavano frequentemente importanti personalità: è in bella vista una loro foto assieme ad alcuni Savoia ma anche con il professor Veronesi, a quanto pare ospite abituale della casa assieme ad altri insigni professionisti. Con grosse disponibilità economiche, mossi probabilmente da fat-tori culturali o da avidità di bellezze di-ventano dei collezionisti d’arte e poi per la mancanza di eredi o per la paura della dispersione delle raccolte affidano tutto ad un ente pubblico. Ciò che importa e che tutti, Noi compresi del Creo, possiamo godere di questo patrimonio artistico in precedenza appannaggio esclusivo di po-chi privilegiati. La progettazione dell’intero edificio, de-gli spazi interni ed esterni e persino degli arredi fu affidata all’architetto Piero Porta-luppi. Il linguaggio architettonico risente di suggestioni razionaliste. Un movimen-to che trae ispirazione dalla Bauhaus di Walter Gropius. Questo stile definisce con rigore le forme e gli spazi e poco è con-cesso alla decorazione. Scelte ragionate, nella ricerca di armonia tra la forma di un edificio e la sua funzione pratica. Una sobria eleganza. Fanno eccezione i soffitti del fumoir e della sala da pranzo caratte-rizzati da temi astronomici e i motivi ge-ometrici che abbelliscono i termosifoni. A Portaluppi subentrerà Tomaso Brizzi che conferirà alle sale un aspetto più classico e tradizionale. L’arredamento perfettamente conservato è di una sobria raffinatezzaLa villa ospita la collezione De Micheli e Ferrari di opere italiane del XX° secolo.Siamo pronti per il ritorno.

Giovanni Galofaro

Certamente un grande sacrificio alzarsi nel buio della notte, alle 5 ½ con una tempe-ratura di 0 gradi. Si arriva come previsto a Milano: passiamo per Gessate e Lambrate, da lontano si intravede la cupola del San Raffaele, Ospedale rinomato e di eccel-lenza, che ci ricorda la triste situazione politica-amministrativa attuale dovuta ad incaute scelte compiute da noi cittadini. Arriviamo a Porta Vittoria e Palazzo di Giustizia, dove è già presente l’onorevole Niccolò Ghedini mattiniero e pensieroso con grosse borse piene di processi. Noi, del CREO, certamente più rilassati di lui, an-diamo a goderci la mostra di Cezanne al-lestita al Palazzo Reale di Milano, in cerca del segreto delle composizioni cromatiche e formali delle sue opere. La nostra guida è preparata: documenta l’evoluzione nel tempo dello stile di Cezanne in rapporto con la sua continua e coerente ricerca nel campo pittorico ed intreccia la descrizione delle opere in mostra con le notizie del-la vita del pittore, a Parigi ed in Proven-za. Sono 40 opere, provenienti da tutto il mondo che toccano tutte le sue tematiche principali: i paesaggi, i ritratti di amici e di madame Cezanne, i giocatori di carte, le bagnanti, le celebri nature morte. Una panoramica della sua pittura: dalle prime opere, realizzate attorno al 1860, con una tavolozza cromatica cupa e forti contrasti di chiaro-scuro, fino agli ultimi, straordi-nari dipinti degli inizi del Novecento, che hanno anticipato tutta l’attività pittorica successiva. La trasformazione decisiva del-la sua pittura avviene nell’incontro di Ce-zanne con l’impressionismo. Conosce gli impressionisti e soprattutto Pissarro negli anni tra il 1860 ed il 1870. Realizza il desi-derio di lavorare all’aria aperta. Impara un metodo di lenta e paziente pittura eseguita direttamente dal vero. Una disciplina che lo porta a sostituire con freschi colori tutte le gradazioni di luce ed ombra delle sue prime opere. Degli impressionisti coglie soprattutto l’aspetto tecnico che gli per-mette di esprimere la potenza cromatica nei suoi massimi livelli. Utilizza colori puri non mescolati, pennellate a tasselli, tocchi di colore con molteplici gradi di variazione cromatica. La sua arte continua ad evolversi: gli im-pressionisti sono interessati agli aspetti percettivi mutevoli della natura, mentre Cezanne è interessato sempre alla solidità

dei volumi e a qualcosa di più personale di cui si rende conto e che perseguirà in tutta la sua opera: “Dipingere dalla natura non è copiare la natura ma realizzare delle sensazioni”. Personalità originale, chiusa, con pochi amici, Cezanne ama la solitudine, il con-tatto diretto empatico con la natura. La Provenza intera diventa il suo atelier perso-nale, il luogo della sua creazione con il suo paesaggio selvaggio, le sue rocce e soprat-tutto la montagna Saint Victoire, dipinta 40 volte in una continua incessante ricerca tecnica di essenzialità, di sintesi tra volu-me e colore. Le nature morte comprendo-no opere di impressionante complessità e ricchezza: Cezanne trova nuove soluzioni come nel dipinto “Natura morta con ta-volo da cucina” in cui si moltiplicano i punti di vista all’interno del quadro, l’in-clinazione degli oggetti è più accentuata, lo sfondo si riempie di panneggi riccamen-te ornati. Un quadro che piacerà molto a Braque e Picasso ed ai Cubisti. Ma nello stesso periodo dipinge “I giocatori di car-te” e “Le bagnanti” opere di stile classico, di ideale compattezza e stabilità. Il nobile ritratto del suo giardiniere Vallier è una delle sue ultime opere. Una imponente immagine di uomo, una figura grandiosa che trasmette una idea di semplicità e for-za interiore: una concezione aristocratica dell’uomo che si è avuta solo con Tiziano o Rembrandt.Dopo l’intenso piacere che ci ha procu-rato l’opera di Cezanne e dopo un rapido pranzo affrontiamo la seconda tappa della nostra gita. Scoprire una casa museo, nel centro di Milano, a due passi da piazza San Babila è certamente una sorpresa. La casa Necchi Campigli lo è anche per altri motivi. Varcati i cancelli della casa in una strada meneghina tipica, la via Mozart, con colore grigio predominante di palaz-zi ottocenteschi e macchine parcheggiate dappertutto, si percepisce l’impressione di entrare in una ricca tenuta di campagna, con parco, in cui predomina il verde, ed annessa piscina riscaldata. Il giardino, tranquillo e discreto, conserva tracce del recente freddo siberiano con la neve ancora presente negli angoli in om-bra. In una serra al riparo dai rigori inver-nali, una coltivazione di limoni con il gial-lo e gli odori che ricordano la magnifica terra di Sicilia.

gITa a mIlanO - 18 FEBBRaIO 2012

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SIamO anCORa nOI CREOCalCIO“Il tempo ci costringe a fare misurazionidi calendari, pendoli, cronometri.C’è chi lo sfida, chi lo teme e chi lo negae c’è chi francamente se ne frega…”.Questo è l’inizio di una canzone, forse poco conosciuta, di Max Gaz-zè dal titolo “Siamo come siamo”.Prendo spunto da questi pochi versi per urlare al mondo quanto bel-la sia l’amicizia, il legame che unisce le persone che hanno condiviso la passione per la palla ad esagoni e pentagoni.Il tempo è passato. Per molti di noi le scarpette appese al “famoso” chiodo hanno accumulato uno spesso strato di polvere ma, come dice il testo della canzone…”chi se ne frega”!La foto blocca l’immagine, il momento; ferma le lancette dell’oro-logio ma, a ben vedere (vi chiedo uno sforzo…di entrare nella foto) non riesce a stoppare anche il cuore.L’armonia, la gioia, la serenità escono dall’istantanea… La foto parla! Racconta quanto sia bello stare insieme. Incontrarci con la scusa di una cena e riportare in pareggio i vari percorsi che ognuno di noi ha intrapreso in questi dieci anni di vita senza la calda comunione di spogliatoio, per poi salutarci e riparti-re lungo nuove strade, verso nuove mete, che, al prossimo ritrovo, saranno ripercorse, raccontate, per condividere i piaceri, i colori e i suoni che rendono speciale la parola VITA.

Pierangelo Candido

gIORnO InEVITaBIlE

O giorni difficili della continuazione!Venite fuori da dietro gli istanti!O giorno solare,O tu che sei blu come gli occhi divini!O giorno della venuta!Oh come la tua venuta è chiaracome il giorno!Questi giorni che passano, ogni giorno io aspetto la tua venuta!Peròdimmi una cosa: sarò anch’io vivente nel giorno della tua venuta?

Don Bernardino

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Le gite a Venezia, costituiscono l’evento atteso ed immancabile delle escursioni CREO. Il Doge Battel, con l’assenso della dogaressa Clara ha indirizzato quest’an-no le nostre esplorazioni nei quartieri di San Polo e di Santa Croce, all’interno del-la ampia ansa del Canal Grande. Queste le tappe della nostra passeggiata: Palazzo Mocenigo, Chiesa di Santa Maria Mater Domini, Chiesa di San Polo, Chiesa di Santa Maria dei Frari, Museo di storia na-turale.Palazzo Mocenigo è una imponente co-struzione seicentesca lungo la Salizzada S. Stae abitato fino al 1954 da una importan-te famiglia che ha dato a Venezia 7 Dogi, tra cui Pietro Mocenigo, settantesimo doge della Repubblica di Venezia; uno dei più grandi ammiragli della Serenissima. Alvise Mocenigo, un altro membro del-la famiglia fonda ad inizio 800 una città ideale, Alvisopoli, su un vasto latifondo a Fossalta di Portogruaro. Palazzo Mocenigo è ampio e poco pro-fondo; il pianterreno presenta un ampio portico. Sulla destra uno scalone monu-mentale sale al piano nobile. Dal salone si passa direttamente nell’appartamento detto “della contessa” che conserva il ricco arredo originale, compreso il letto a bal-dacchino. Nell’edificio è stato sistemato il Museo e Centro Studi di Storia del tessuto e del costume. In mostra vestiti di gran-dissimo artigianato dei nostri più grandi stilisti (Capucci, Valentino, Versace, Guc-ci, Cavalli, Fendi, Ferretti ecc.). In esposi-zione anche i costumi usati in grandi film italiani. I costumi di Alida Valli in “Senso” di Visconti del 1954 ( costumi di Marcel Escoffier e Piero Tosi). I costumi di Silvana Mangano ( l’attrice italiana più enigmati-ca ed elegante) in “Morte a Venezia” dove interpreta la madre di Tadzio. I costumi nel Casanova di Fellini creati da Danilo Donati scenografo e costumista (2 premi Oscar per la scenografia)Visitiamo la Chiesa rinascimentale di San-ta Maria Mater Domini, Chiesa a croce greca, a tre navate, con una facciata armo-niosa in pietra d’Istria attribuita al Sanso-vino. All’interno ammiriamo un dipinto giovanile di Iacopo Tintoretto ed un Ca-polavoro di Vincenzo Catena la celebre Pala di Santa Cristina di una delicatezza e dolcezza incantevole (gli angioletti sereni giocano con una corda).Lungo il cammino Palazzo Viaro-Zane con tetto sporgente, tra le case più antiche di Venezia, con lo stemma scalpellato in seguito alla rivolta dei Baiamonte-Tiepolo

(una delle due rivolte di Venezia) cui la fa-miglia aveva partecipato.Di fronte all’ampio Campo S. Polo la omonima Chiesa di San Polo fondata nel IX secolo; il campanile è del 1362; alla base 2 leoni stilofori con un serpente ed una testa umana tra gli artigli. La Chie-sa originariamente di impianto bizantino venne modificata nell’ottocento con un anomalo stile neoclassico. Ha una pianta basilicale divisa in tre navate. All’interno è ricchissima di opere d’arte: importantis-sime una “Ultima cena” di Jacopo Tinto-retto, un quadro che sovverte l’iconografia classica delle “cene” ponendo l’accento per la prima volta sul Sacramento dell’eucare-stia: Cristo spezza il pane e lo distribuisce; le figure in primo piano fanno l’elemosina; è un quadro religioso partecipato, ben lon-tano dall’eleganza e raffinatezza distaccata del Veronese. Nel presbiterio varie tele di Palma il Giovane, ed una pala di Paolo Ve-ronese; nel soffitto “Gloria degli Angeli” e “Resurrezione di Cristo” di Giandome-nico Tiepolo. Del padre Giambattista è la Pala “La Vergine appare a San Giovanni Nepumiceno” commissionata dal re di Po-lonia Augusto III.Dove in origine si trovava il Nartece è sta-to ricavato il settecentesco Oratorio del Crocefisso. Vi sono conservate opere di Giandomenico Tiepolo: la splendida “Via Crucis” ed altri Lavori. Quando dipinge queste opere Giandomenico ha 20 anni. Noi del CREO che l’anno scorso abbiamo visitato, in raccoglimento, l’isola di San Francesco del deserto, sappiamo che il no-stro Santo di ritorno dall’Egitto, giunse a Venezia. Frutto del suo soggiorno in città fu nel 1222 l’insediamento dei frati mino-ri osservanti, il cui nome venne ben presto storpiato in Frari. Le chiese degli ordini minori legati alla predicazione erano mol-to ampie per contenere vaste assemblee di fedeli. La Chiesa è infatti immensa con i suoi 102 metri di lunghezza ma conserva uno stile francescano; priva di decorazio-ni esterne, fatta di mattoni e pietra (dice poeticamente Battel “terra impreziosita da pietra!”). La facciata della chiesa è tripar-tita da tre pilastri e su ogni sezione è pre-sente un rosone in pietra d’Istria. Rosoni bellissimi in marmo rosa e grigio. Il por-tale archiacuto con una ricca strombatura è decorato dalle statue del Cristo Risorto, tra la Vergine e San Francesco. Gotico ve-neziano, rappresenta una architettura sen-za vertigini o esasperazioni. Il campanile romanico raggiunge i 70 metri.L’insieme della Basilica all’interno è mae-

stoso: l’impianto architettonico è a croce latina. I dodici possenti pilastri interni dai quali si dipartono le volte a crociera ogiva-li, rappresentano i dodici Apostoli proto pilastri sui quali poggia la Chiesa cristiana. Il tono caldo della basilica è dato dalle pa-reti a mattoni scoperti e dal pavimento a riquadri bianchi e rossi in pietra di Verona. Lo spazio interno, veramente notevole, è in parte occupato da uno splendido coro ligneo, il vecchio coro dei frari conservato-si in tutta la sua bellezza,che guarda verso l’altare maggiore. L’“Assunta” del Tiziano si inquadra perfettamente nell’arco del coro ed occupa in tutta la sua maestosità ampia parte dell’abside. L’abside è struttu-rata in modo da circondare di luce l’altare e gli smaglianti colori della Pala che noi non vediamo perché ricoperta da teli per la ripulitura dell’opera.Ma la Chiesa è piena di capolavori: la “Pala Pesaro” di Tiziano “un miracolo del-la pittura” nata come ringraziamento di Iacopo Pesaro per la vittoria nella battaglia di Santa Maura contro i turchi nel 1503. La composizione è originale e si svolge su un piano obliquo e nel vertice della pi-ramide, formata da tutti i personaggi del dipinto, sta la Vergine, vero punto centra-le del quadro. Il giovanetto Leonardo in basso a destra è girato verso l’osservatore e stabilisce, per la sua estrema naturalezza e lo sguardo incuriosito, un contatto imme-diato con chi guarda l’opera. Il Trittico di Giovanni Bellini nell’abside della sagrestia è un capolavoro assoluto (1488). La Vergi-ne seduta su un trono tiene tra le mani il Bambin Gesù. Lo sguardo è dolcissimo e la prospettiva perfetta tanto che la Vergine sembra staccata dal fondo. Bellini senza rotture con la tradizione bizantina crea qualcosa di nuovo. Ciò che lui ottiene è una pittura in cui il colore e la luce cre-ano un effetto di spazialità nuovo, senza far ricorso alle architetture in prospettiva né alle sfumature. I piani si staccano tra di loro perché hanno un diverso grado di luminosità.I capolavori Presenti dai Frari sono in-numerevoli: Il San Giovanni Battista di Donatello. Il monumento al Canova e a Tiziano, il San Giovanni Battista del San-sovino; il Crocefisso duecentesco.Sulla via del ritorno, un po’ estraniati dal miracolo dell’arte e della bellezza, visitia-mo nel fondaco dei Turchi il Museo di Storia naturale immergendoci in una di-versa realtà, nel mistero del tempo e della evoluzione che ci ha creati.

Giovanni Galofaro

VEnEzIa - 20 OTTOBRE 2012

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gITa a pEDaVEna - 22 nOVEmBREÈ l’occasione del trentennale dell’agenzia viaggi “Grizzly”, alla quale il CREO si appoggia per le sue uscite, quindi parte-cipiamo di buon grado. Siamo in 52 con partenza all’alba da Pordenone; troveremo a Feltre e Pedavena altri gruppi provenien-ti da tutto il triveneto per superare i 300 partecipanti totali. La sala del banchetto è spaziosa ed accogliente; altri gruppi sono sistemati in sale più piccole; si segnala qualche disagio nel disporsi sulle tavolate. Ma facciamo un salto indietro alla matti-nata passata a Feltre con l’ausilio della gui-da locale, molto brava e preparata a svelarci i segreti di Feltre e della Serenissima. Ab-biamo così appreso della distruzione della città all’inizio del 1500 per mano degli au-striaci e della successiva ricostruzione con il passaggio dei territori sotto Venezia. Ab-biamo imparato la differenza tra “monte dei pegni” e “monte della pietà” e di come Fra Bernardino da Feltre aveva bypassato il divieto della Chiesa a praticare l’usura, che infatti fino a quel momento era consenti-ta solo agli ebrei. I quali ebrei vivevano a Venezia in una grande comunità in preva-lenza di lingua tedesca in un quartiere che in dialetto veneto si pronuncia “getto”. La lingua tedesca pronuncia “ge” come “ghe” da qui il nome intraducibile in tutte le lingue di “ghetto”. Sorpresa... veramente tutto è nato in Italia!

Ma torniamo agli aspetti veniali. Il menù è stato all’altezza delle aspettative, il vino buono ma soprattutto la birra straordi-naria. Bionda, fresca, leggera, priva di conservanti e altre diavolerie del nostro tempo, andava giù a caraffe che era un pia-cere... Peccato non aver potuto visitare la birreria, sarà per un’altra volta!

Ci hanno allietato i nostri amici Eros & Oscar con musica dal vivo e in parte im-provvisata. La festa si è conclusa con una ricca lotteria pro Emergency e quindi il rientro a Pordenone.

Eugenio & Maria Luisa

DOnO

Ogni giornoun dono per accogliereil bacio del sole,per udire il sussurrodel mare, per godereuna notte stellata,per scoprireche ogni creatura è amata.ogni giorno un dono per celebrare la vitanella sua pienezzae assaporarnetutta la bellezza.

Flavia Franceschini

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Viaggio eno-gastronomico e culturale di fine settembre, tempo di vendemmia, ver-so Ovest nel perimetro del Piemonte, nelle valli del medio Tanaro, dalle tinte nebbiose, nelle terre del Barolo e di sua maestà il Tar-tufo. In queste terre una accorta politica di difesa del territorio e la valorizzazione delle sue risorse tipiche ha creato ricchezza e la-voro. Viaggio fortemente voluto dalla Cla-ra, vertice aristocratico della nostra associa-zione, ideatrice delle più riuscite iniziative turistico-culturali della nostra piccola co-munità, convinta che sia da promuovere l’attenzione al buon cibo ed al buon bere, ma anche alla custodia del nostro straor-dinario patrimonio culturale e paesaggi-stico. Arriviamo a Moncalvo, in provincia di Asti nell’azienda vitivinicola di Carlo Brignolio, nell’ora canonica per degustare delle ottime specialità locali. Visitiamo la cantina in cui matura uno spumante di qualità superiore ottenuto, con il metodo classico, da uve Pinot nero e Chardonnais. Il risultato è notevole e, dopo l’assaggio, il bagagliaio del nostro autobus comincia a trasformarsi sapientemente, sotto l’occhio vigile di Germano, il nostro autista, in una piccola cantina. Ristorati ed allegri prose-guiamo per Asti, che ci accoglie con il suo volto più dolce e gustoso, all’interno della storica azienda Barbero, che produce tor-rone friabile (miele, albume d’uovo e frutta secca tostata, di vario tipo, mandorle tosta-te, nocciole sbucciate ) e gianduiotti con metodi tradizionali. Visitiamo l’azienda, possiamo assistere al processo di lavora-zione e confezionamento del torrone e dei cioccolatini. I gianduiotti ci spiega il pro-prietario nascono in periodo napoleonico per via delle alte tasse che avevano colpito l’importazione del cacao. Si rimediò allora producendo cioccolatini con cacao e pasta

di nocciole ( fino al 25%). Incontriamo Paolo, che ci accompagnerà nei prossimi giorni: guida, molto competente ed inna-morato della sua terra.La visita della città di Asti è piuttosto ve-loce quasi una lunga piacevole passeggiata. Città romana, Hasta Pompeia, compresa nella IX regione dell’Italia augustea. Du-cato longobardo nel 569 e Contea con i Franchi nel 774. Il suo periodo d’oro è la metà del XII secolo. Il libero Comune, con il diritto di battere moneta, si arricchisce grazie ai proventi dei suoi banchieri. Asti è terra di vino, una identità economica e cul-turale che l’ha resa famosa nel mondo per il vino Moscato d’asti e per lo spumante. Nella nostra visita abbiamo modo di vede-re il campo del Palio, un vasto slargo cin-to da alberi dove una settimana prima (la terza domenica di settembre ) si era svolto il famoso Palio durante i festeggiamenti in onore del Patrono della città San Secondo. I fantini corrono questa corsa “a pelo” cioè senza sella. Visitiamo la collegiata di San Secondo nel-la omonima piazza, bellissimo tempio goti-co con antico campanile romanico.Attraversiamo l’elegante corso Vittorio Alfieri, arteria principale della Città, la-stricato e cinto da palazzi settecenteschi. La Cattedrale, dedicata a Maria Assunta, è una grandiosa costruzione in cotto tra le più importanti del Gotico Piemontese, affiancata da un monumentale campanile romanico. Da Asti ci dirigiamo verso le Langhe attra-verso le colline del Monferrato e del Roe-ro. Questa terra è composta da tre catene di colline che dal Piemonte meridionale digradano verso la pianura padana, lungo colli “come incatenati tra loro a spina di pesce”. Dentro questo perimetro, lungo

circa 200 chilometri, il tipo di paesaggio è particolare e vario dovuto alla conforma-zione naturale del territorio fatto di colline e rilievi, valli, fiumi, torrenti, una natura dolce, ariosa e colorata; un corredo natura-le su cui i longaroli operosi hanno sovrap-posto la loro opera: lunghi e ordinati filari di vigneti cui si associano macchie boschi-ve, prati, frutteti e noccioleti.Il Roero e le Langhe sono emerse dalle ac-que che ricoprivano la pianura Padana per un processo di deposito di materiali orga-nici marini e di materiali alluvionali tra-sportati dal Tanaro. Da un punto di vista agricolo le attività più redditizie della zona, nelle piane alluvionali, sono costituite dalla produzione di ortaggi e dalla coltivazione di frutteti in particolare dalle pesche; le colline danno ottimi vini rossi (Barbera, Nebbiolo, Freisa Barbaresco) ma anche Bianchi (Arneis, Moscato, nonché Pinot e Chardonnay da spumante). Il Barolo, re di questi vini viene ottenuto dal vitigno Neb-biolo, invecchiato almeno tre anni, meglio se cinque. Nelle medie Langhe la produ-zione vinicola è frammista a coltivazione di piante da frutta ma soprattutto nocciole, note come “tonda gentile” molto richieste dalle industrie dolciarie. Il fascino di questo paesaggio, ha ispirato scrittori come Cesare Pavese che lo ha para-gonato al corpo di una donna ed ad una grande mammella: “Mi metto dunque, sta-mattina, per le strade della mia infanzia e mi riguardo con cautela le grandi colline - tutte, quella enorme e ubertosa come una grande mammella, quella scoscesa e acuta dove si facevano i grandi falò, quelle inin-terrotte e strapiombanti come se sotto ci fosse il mare - e sotto c’era invece la strada, la strada che gira intorno alle mie vecchie vigne e scompare, alla svolta, con un salto

TOUR DEllE langHE (28-30 SETTEmBRE 2012)

vignette del dr Guido Carretta

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nel vuoto. Anche in questo territorio, seb-bene in misura minore, la natura è assedia-ta, dalla capillare diffusione di ipermercati, magazzini, centri espositivi e capannoni che ha investito non solo le periferie urba-ne delle grandi città, ma anche il sistema dei piccoli centri in tutto il territorio. Il ri-schio è che in breve tempo si appiattisca tutto il territorio, cancellando per sempre, in una ordinaria uniformità, la varietà dei segni depositati nei secoli dalla natura e dalla storia.. Si può lasciare al mercato il disegno complessivo di una città, di un ter-ritorio? Sempre più necessaria una pianifi-cazione territoriale che sia attenta ai valori paesaggistici e anche noi del CREO, aman-ti dei viaggi, della natura e del paesaggio, della storia siamo tra i portatori di questa esigenza culturale. Arriviamo alla nostra meta alberghiera l’Hotel Holliday-Inn di Cherasco in tempo per una rapida doccia (purtroppo fredda!) e per una cena calda di accoglienza, in cui passiamo gustare una prima golosità piemontese “plin al

barolo”(il nome plin deriva dal pizzicotto dato alla pasta fresca per richiudere il ripie-no).Il sabato è dedicato al Territorio del Roero: Bra è una sorpresa felice. Ci acco-glie una pioggerella discontinua, non insi-stente. Cittadina situata tra le colline del Roero, di origine antiche, controlla il pas-saggio della valle del Tanaro. Prima piace-vole scoperta il suo centro storico, un pic-colo gioiello del barocco piemontese raccolto attorno a Piazza dei Caduti per la libertà con edifici del 700 come il Munici-pio, i palazzi Valfrè, Mathis e Garrone e la chiesa di Sant’Andrea. Raggiungiamo Cor-so Cottolengo che decorre parallelo e so-vrapposto a Corso Garibaldi, e visitiamo la Chiesa SS. Trinità (stile barocco-Rococò, un tripudio di stucchi) della confraternita dei Battuti bianchi. Troviamo veramente particolare la Chiesa di Santa Chiara con una pianta a quadrifoglio. Un sistema a doppia cupola dà una luminosità particola-re agli affreschi sulla volta visibili dal basso attraverso delle aperture sulla cupola inter-

na, ma illuminate da finestre non visibili poste sulla cupola esterna. Punto di forza della cittadina cuneese, patria del movi-mento slow food, è l’eccellenza della sua gastronomia a partire dalla salsiccia di Bra l’unica prodotta con carni di vitello. Altra eccellenza è il formaggio di Bra (tenero, stagionato e Bra ciuc, stagionato nel vino). Un quarto d’ora di libertà, prima della par-tenza per Pollenzo ci permette, passeggian-do in via Vittorio Emanuele, una pausa dolce al caffè Converso. L’attuale borgo di Pollenzo a pochi chilometri da Bra sorge sui resti della romana Pollentia. Della città romana non resta molto: nei resti dell’anfi-teatro romano sono presenti orti e nelle cantine e nei cortili delle case appaiono re-sti delle mura antiche. Passata al patrimo-nio dei Savoia nel 1838 Carlo Alberto av-via imponenti lavori di restauro affidati agli architetti di corte. Oltre al restauro del ca-stello, fu realizzato il borgo con la chiesa di San Vittore. Nella chiesa ammiriamo il prezioso coro ligneo cinquecentesco scolpi-to da maestri di scuola borgognona. Nell’ampia piazza antistante ammiriamo un massiccio torrione d’angolo tutto archi e merlature ed una fontana centrale che si rivela ideale per le nostre foto di gruppo. Di fianco l’Agenzia, un grande complesso di corte, dove aveva sede l’amministrazione delle tenute sabaude. Oggi l’agenzia è stata completamente restaurata e ospita la prima Università degli studi di Scienze Gastrono-miche per iniziativa di Slow food e della regione Piemonte. Questa associazione, slow food e terra madre, fondata da Carlo Petrini, nasce a Bra nel 1986 e viene pensa-ta per dedicare ai temi dell’agricoltura, dell’alimentazione e della biodiversità l’at-tenzione che meritano. È la promozione del diritto a vivere il pasto ed il mondo del-la eno-gastronomia come un piacere. Ed è ciò che facciamo nella vicina trattoria Savo-ia dove ci aspetta un ricco menu Piemonte-se che apprezziamo molto. Ristorati nello spirito dal food, molto ricco e slow, ripar-

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tiamo per Grinzane. La pioggia a dirotto accompagna la nostra visita a Grinzane Ca-vour, un piccolo centro intorno al profilo austero del Castello che fu residenza di Ca-millo Benso Conte di Cavour, una delle poche figure della storia italiana, per quel che riguarda il suo ruolo nel Risorgimento Italiano, con il fascino del vincitore. Dal 1832 al 1849, da giovane, fu sindaco del comune di Grinzane, dedicandosi inoltre a studi di agronomia e alla sperimentazione di tecniche di vinificazione assieme ad illu-stri collaboratori come Paolo Francesco Staglieno; il quale si dedicò agli esperimen-ti che hanno generato i grandi vini rossi che gustiamo oggi. Ora il castello è sede della enoteca regionale piemontese. Ospita da anni il museo delle Langhe, il premio letterario Grinzane Cavour e l’asta interna-zionale del tartufo D’alba. Nei locali che un tempo furono le famose cantine sono ora in mostra gli imponenti torchi che ser-vivano per la pigiatura del vino. Attraverso strette scale saliamo nel Salone delle Ma-schere con un magnifico soffitto a cassetto-ni cinquecentesco con stemmi araldici, animali, allegorie. Un all’allestimento per-manente è dedicato alla “Verità sul Vino”: strumento efficace per il bere consapevole. Nel castello sono conservati i mobili del conte, la sua fascia di sindaco, i suoi mano-

scritti. Prossima tappa del Roero è la Morra posta in collina, la più ampia superficie col-tivata a vite per la produzione del Barolo. Dal belvedere sul lato di levante si può am-mirare uno splendido panorama che spazia sulle colline circostanti: il paesaggio agra-rio, costruito con il paziente ed intelligente lavoro dell’uomo, è una vera opera d’arte. Ceniamo in un paese vicino a Verduno. Abbondante cena, tipica piemontese. Do-menica mattina visitiamo Cherasco in una giornata coperta ma finalmente senza piog-gia. La struttura di questa città è quella del castrum romano: una pianta quadrata con due grandi contrade che si intersecano per-pendicolarmente. Una bella passeggiata li-bera ci permette di ammirare il centro della città sull’asse viario principale posto tra due archi di trionfo: Arco porta Nazionale- ArcoBelvedere. In questa via sono gli edifi-ci più importanti. Al centro il Palazzo Co-munale con arconi gotici e la torre civica con un prezioso lunario. Non manchiamo di gustare assieme alla Clara “i baci di Che-rasco” ottimi cioccolatini con cacao di otti-ma qualità e nocciole delle Langhe. Lungo il suggestivo Viale dei platani (pluricente-nari) domina il castello, costruito da Lu-chino Visconti nel 1348. La capitale delle Langhe, Alba, ci accoglie con un aroma particolare, un po’ pungente, testimonian-

za dell’attività industriale della Ferrero, una delle industrie dolciarie più grandi del mondo. L’economia di questa fiorente città è molto ricca ed oltre che per i suoi vini, è rinomata per la sua cucina tipica tradizio-nale e soprattutto per i suoi tartufi bianchi. La grande fortuna di Alba è il commercio del Tartufo. Sorge su una vasta conca pia-neggiante circondata da splendide colline; il centro storico si trova sulla riva destra del fiume Tanaro. Poco prima di Piazza Risor-gimento ammiriamo una delle poche torri sopravvissute delle cento presenti nel me-dioevo. In questa piazza si erge il Duomo, dedicato a San Lorenzo, con un imponente campanile Lombardo Gotico e all’interno un bel coro ligneo intarsiato del cinquecen-to. Visitiamo la chiesa di San Domenico, la facciata romanico-gotica è molto elegante con un magnifico portale a forte stromba-tura. All’interno splendidi affreschi del 300 e 400. Notevoli i fregi medioevali in cotto che si trovano nelle fasce marcapiano della Casa Do nella via Vittorio Emanuele II. Nel pomeriggio, lungo questa via, si svolge la festa del vino con numerosi stand di de-gustazione degli eccellenti vini della zona. Ritorniamo, sobri, a Pordenone.

Giovanni Galofaro

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Girovagando per la “rete” mi sono reim-battuto in questo breve scritto che descrive una grave e frequente patologia di cui già anni fa avevo avuto notizia. Ora che l’ho ritrovata voglio farne partecipi tutti gli Amici del CREO perchè, essendone infor-mati, possano riconoscerne prontamente i sintomi e, se del caso, provare a prendere delle contromisure adeguate se lo ritengo-no opportuno.

- “L’affezione, come si usa in medicina, prende il nome dall’ammalato in cui ven-ne riscontrata per la prima volta. I primi sintomi della malattia si manifestano con inquietudine conti-nua, apatia al lavoro, insonnia quando il cielo è sereno e acca-sciamento di tutti gli organi quando il tem-po si intorbida. Il pa-ziente non tollera che abiti leggeri e di forma ampia, ad eccezio-ne dei piedi che non si trovano bene che entro forte calzatura provvista di chiodi. Il buon padre di famiglia ammutolisce, diventa apatico, indifferente alle più serie faccende domestiche; l’uomo d’affari fugge il lavo-ro appena vede il cie-lo rasserenarsi; nelle osterie gli infermi si mettono in orgasmo quando uno più gra-vemente colpito favoleggia monti e valli.

L’infermo ha l’occhio attonito, fisso sopra le alture; nel parossismo minaccia di dare l’assalto a ogni montagna. L’uomo vi è più soggetto della donna, ma quando essa è colpita diventa più smaniosa dell’uomo ammalato. Il male procede di consueto in modo cronico, negli ammalati già alquan-to attempati si manifesta con uno straor-dinario vigore e ardimento che fa singolare contrasto col peso degli anni. Le rovine morali cagionate da questo malore sono terribili: il figlio abbandona i genitori, il padre di famiglia respinge moglie e figli, quando, essi, rimasti immuni dal male che lo travaglia, lo contraddicono; i più

potenti vincoli della natura sono infranti senza rimorso. Uomini gravi, impiegati in-canutiti nei loro uffici, ministri di stato si

abbandonano ai più pazzi tripudi. La sede del male non è ancora ben constatata; si ri-tiene che risieda principalmente nei piedi, perché a un paziente, essendo stata tagliata una gamba, ne fu liberato. Però questo fat-to isolato non basta, perché essendo morto l’individuo poco dopo l’operazione, può benissimo essere morto in conseguenza del male.Di rado gli ammalati muoiono nel loro letto, è incontestabile che questa febbre è contagiosa, un individuo solo che ne era affetto ammorbò in un mese 40 sani. Al fine di porre un rimedio alla malattia si propose di fondare ospedali appositi, chia-

mati Club o Verein, ove fossero ricovera-ti gli infermi, ma il rimedio fu peggiore del male e il numero degli infelici invece di scemare aumentò enormemente”. -

*** Tratto dal men-sile “ALP” (novem-bre 1999). In ricor-do del prof. Tito Berti, illustre clinico e alpinista veneto, ideatore e primo direttore del corso universitario di spe-cializzazione in me-dicina in montagna. Il testo sopra infatti,

fa parte di alcuni suoi appunti su questa patologia descritta già nel bollettino del Cai del 1879. ***Come si vede, pare essere un morbo assai pericoloso e può diventare davvero inva-sivo. A tutt’ora non sembra esservi alcun rimedio certo e risolutivo. Risulta sia pos-sibile solamente cercare di contenerlo.Infatti, chi ne viene contagiato può solo sperare di trovare una “via” per placarlo un poco, per addolcire la sua virulenza; ...anzi, ...più che una via...un “sentiero”! Si, è stato appurato che i risultati migliori, si ottengono sicuramente su per i sentie-ri di montagna,...è l’unica terapia. Io, lo confesso, ci convivo oramai da anni e, sep-pur con qualche piccola difficoltà, più che altro logistica, la cosa è più che accettabi-le...oserei dire quasi gradevole, soprattutto durante il trattamento terapeutico. E mi sa che siamo in tanti che dovremo spendere, in tal senso, cioè alla ricerca di una cura, anche il 2013! Che poi, se così è, di guari-re, a noi più di tanto...che ce frega?! O no?!

Gabriele Costella

Il mORBO DI HECk

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STagIOnE ESCURSIOnISTICa

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aDORazIOnE

Entrammo nella fioca luce: il bimborespirava sommesso, l’aria freddacarezzava il suo viso luminoso.

Rimanemmo sospesi, come in sogno, vedendo rosseggiare le sue fasce:dalla culla nel buio, ci giungeva un sospiro nel sonno, quasi un rantolo.

Piansi senza ritegno, corsi fuori:la notte era stellata, da ogni partepastori con i greggi silenziosi:l’aria era nuova, ignota la mia terra.

Un sorriso è sbocciato sul suo volto, quasi un cantoho singhiozzato:sono tornato per un’altra via

Don Bernardino

Sempre un grazie pEDUS

Alla Ditta di ristorazione del nostro ospedale

vada la nostra riconoscenza dimostrata nelle varie manifestazionidel Circolo CREO durante l’anno.

Con l’auspicio che questo possa continuare anche in futuro

il Consiglio Direttivo ringrazia

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L’angolo della Dietistala FRUTTa SECCa…

proprietà e virtù; un alimento per tutte le stagioniNonostante si trovi in commercio tutto l’anno, la frutta sec-ca viene consumata soprattutto in quel periodo dell’anno che va da novem-bre a gennaio (feb-

braio), ma specialmente durante le feste di Natale e Capodanno. Questa usanza probabilmente deriva dal fat-to che in passato era considerata più uno sfizio, o da qualcuno un bene di lusso, da concedersi solo in occasioni particolari.Ora, che se ne conosce la ricchezza in sostanze nutritive delle quali ne è accertata la singolare utilità, ne viene consigliato il consumo in tutte le sta-gioni. Ricca di sali minerali, di vita-mine e di grassi che combattono l’ac-cumulo di colesterolo, è un alimento ideale per gli spuntini tra un pasto e l’altro come fonte di energia di pronto utilizzo. Attenzione pero! Ogni 100 grammi di noci apportano circa 660 Kcal.; 625 le nocciole; 542 le mandor-le; 600 le arachidi (dalle quali si rica-va anche l’olio); 590 i pistacchi; 567 i pinoli; elemento questo, da tenere presente, al fine di non eccedere con il consumo per non “appesantire” la die-ta quotidiana di un eccessivo apporto calorico. Il suo contenuto in fibre poi, ne fa un alimento di prim’ordine, a condizione ripeto che non si esageri nel consumo; ( 3-5 noci al dì o 8-10 mandorle). Nel parlare di frutta secca, ci si rife-risce genericamente a quella a guscio, che comprende appunto le noci, le nocciole, le mandorle, i pinoli, le ara-chidi, i pistacchi.Viene definita frutta oleosa, in virtù del suo alto contenuto in grassi che però, sottoforma di acidi grassi insa-turi e polinsaturi (vedi ultimo Artic. Creo) svolgono un’azione benefica nel contrastare le cosiddette malattie del benessere, contribuendo ad abbassare i livelli di colesterolo nel sangue e ridu-cendo il rischio di aterosclerosi e di car-diopatie. La frutta secca è infatti priva di colesterolo; la sua povertà d’acqua la rende un cibo “concentrato” estre-

mamente ricco di energie (e di calorie). Molto importante è la frazione protei-ca che và dal 13 al 18 % per ogni cento grammi di alimento; è ricca di vitami-ne B ed E di cui sono note le proprietà antiossidanti, (purchè la frutta (man-dorle) non venga sottoposta a proces-si di tostatura), vitamine importanti nella lotta contro l’invecchiamento e le malattie cardiovascolari; ricchissima di sali minerali come magnesio, potassio, fosforo, ferro, calcio.

In definitiva la frutta secca è un ali-mento sano, amico del cuore, come da un po’ di anni reclamizzata nelle piazze, utile nel combattere lo stress, la fatica e la stanchezza. In seguito a vari studi effettuati, và sottolineato che l’ottimale sinergia tra i grassi po-linsaturi contenuti nelle noci, ha di-mostrato la loro proprietà di ridurre i livelli di trigliceridi e colesterolo LDL (quello “cattivo”), senza incidere signi-ficativamente sui livelli di HDL o ad-

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Ivo piduttiRicordiamo il caro Ivo Pidutti scom-parso prematuramente quest’estate. Ci manca certo la persona, il caro collega ma abbiamo anche nostalgia della sua grande allegria delle sue grandi qualità personali, ci vengono in mente le sue proverbiali barzellet-te, le sue poesie in friulano che non mancavano mai in questo giornali-no. Nell’ultimo periodo ha dato il suo contributo lavorativo nel Dipar-

timento di Medicina di Laboratorio, sempre pronto ad eseguire con spirito di collaborazione il suo lavoro andando anche oltre a ciò che gli veniva richiesto con grande abnegazione. Salutiamo quindi con grande affetto i familiari sperando che i nostri sen-timenti per Ivo possano contribuire a lenire in qualche modo il dolore per la perdita del loro caro.

Graziano Bruschetta

Ciao CostanteÈ mancato quest’anno un vero amico e collaboratore del Circolo CREO. Pescatore fin dalla nascita del Gruppo Pesca ha saputo con la sua modestia farsi voler bene da tutti; sempre pronto a collaborare alle nostre feste dando il suo aiu-to a tutte le nostre manifestazioni. Caro Costante, non sarai mai di-menticato da tutti noi del Consi-glio Direttivo.

Umberto Moras

dirittura aumentandoli leggermente. Quest’ultimo effetto è supportato an-che dal buon contenuto di acido oleico (acido grasso monoinsaturo). Un altro prezioso nutriente che abbonda nelle noci è l’aminoacido arginina, buon vasodilatatore che contribuisce alla salute delle arterie mantenendole più flessibili e prevenendo la formazione di coaguli. Inoltre, sempre nell’ottica di una riduzione dei livelli di coleste-rolo, risulta importante il contenuto nelle noci di steroli vegetali (fitostero-li) e delle fibre, poiché entrambi con-tribuiscono a ridurre l’assorbimento intestinale dei lipidi alimentari. Le fibre, come per altro già visto, favori-scono l’insorgenza del senso di sazietà.Anche le mandorle, come detto sopra,

non mancano di calorie, ma l’aggiunta di qualche mandorla alla dieta non fa aumentare di peso nel tempo, poiché chi entra in quest’ottica, ed in maniera sana ed equilibrata mangia mandorle, può così evitare di consumare altri snack ricchi di zuccheri (e di grassi saturi, “pericolosi”) che sono invece causa del deposito di grasso addomi-nale. Qualche mandorla, (così come qualche noce), sazia e gratifica, sono energizzanti e blandamente lassative. Fanno bene alla pelle per il contenuto di Vitamina E; sono pure ricchissime in potassio, in fosforo, calcio. Il ma-gnesio in esse contenuto esercita un effetto rilassante, utile per i muscoli ed il sistema nervoso. Come per le noci, un loro costante consumo nel tempo

-(in piccole quantità)- è in grado di ri-durre la pressione arteriosa, di miglio-rare il rapporto tra colesterolo buono HDL e quello cattivo LDL.Un’altra proprietà delle mandorle è quella di ridurre la proteina C reat-tiva, responsabile di infiammazioni e correlata al rischio cardiovascolare. Allora 8-10 mandorle (e/o 3-5 noci) possono sostituire lo spuntino di metà mattino, o valere da rompi fame nel pomeriggio o come gratificante “lec-cornia” dopo cena. A Natale e nelle Festività, …gustia-mocene qualcuna in più!…Buone Festività Natalizie!

Nella CatellaniDietista AOSMA

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FEBBRaIO 26 Visistadellamostradi“De Nittis”aPadova

maRzO GaradiBocce

apRIlE 25 FortaiadaallagoOrzaie

maggIO 14-19 ViaggioinPROVENZAeCAMARGUE

SETTEmBRE GitaaVenezia

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