IL CORPO CERTO O IL LUOGO DI UNA PERDITA IL ......Magdalo ha tessuto lungo tutta una vita: dalle...

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CENTRO ARTI VISIVE PESCHERIA Istituzione comunale ASSESSORATO ALLA CULTURA BIBLIOTECA SAN GIOVANNI MAGDALO MUSSIO: IL FILO D’UN DISCORSO PITTORICO di Gillo Dorfles L’esile, incorporeo tracciato delle lettere, della stesura compositiva, ma anche delle parole che accompagnano i segni e che sono le vere matrici - mentali e insieme visive - di quel “visual thinking” [… (Arnheim)]: dunque un pensiero figurato: ecco il vero embrione da cui si svilupperà buona parte della produzione artistica di Magdalo Mussio. Una produzione prevalentemente cartacea dove la parola si sposa sempre con il gesto; ma dove il segno della matita o del pennello ha sempre bisogno d’un aggancio con il ricordo visivo del passato o con la visione mentale dell’avvenire. Certo - per un inizio di millennio come l’attuale - dominato dall’ingordigia del consumismo (frenato solo dalle crisi economiche), da una stolta globalizzazione che vale solo ad appiattire la fantasia, l’opera così rarefatta di Magdalo rimane quasi “offesa” dall’atmosfera che la circonda : troppa violenza, troppa grossolanità nelle tendenze odierne - dai balordi assemblaggi, ai masochismi della Body art, dalle computerizzazioni virtuali, perché quest’opera - così cauta, così criptica - possa emergere con vigore. Eppure mi piacerebbe assistere, in un domani non lontano, al crollo di tante voci attuali, urlanti e fasulle, e alla riscoperta del filo sottile che Magdalo ha tessuto lungo tutta una vita: dalle prime poesie visive (ancora legate alle tendenze di allora), attraverso l’intenso e geniale lavoro editoriale e grafico del Marcatrè e delle Edizioni Lerici - fino alle infinite composizioni, alle pazienti ricerche, alle occulte meditazioni. Oggi - questa affascinante rassegna alla Galleria Milano - ci pone di fronte non solo ad opere minute, a fascicoli, a composizioni grafiche, ecc. ma anche a una serie di dipinti più vasti, più strutturati, che tuttavia continuano a presentare quelle ineffabili filastrocche di segni e di parole il cui linguaggio parla direttamente alla nostra percezione attraverso lo sguardo; e non abbisogna mai di una pedantesca “traduzione”. Ecco una delle ragioni per cui questi pannelli - a differenza di molte delle più note “poesie visive” che negli anni ‘70, 80, dilagarono anche in Italia (sulle tracce dei “Noigandres” brasiliani Pignatari e Haroldo de Compos, della portoghese Salette Tavares, del tedesco Gomringer, dei nostri Pignotti, Miccini, Ori, Isgrò e tanti altri) hanno conservato una forza espressiva al di là della loro primitiva giustificazione grafica o letteraria. E questo perché il loro autore ha saputo porsi al riparo delle “secche” nelle quali si arenarono tante invenzioni visivo-verbali, prede della parola, che hanno finito, per l’appunto a rimanere troppo legate alla stessa, non abbastanza “robuste” per risultare autonome. Magdalo, invece, ha saputo sfruttare l’elemento grafico-verbale per giungere a vere e proprie “opere pittoriche” (si vedano, proprio solo a mo’ d’esempio: “Le parole sopravvissute” del ‘60; i “Presupposti” del 2000; le “Ombre” del…; “Il tempo bruciato” del ‘90; ecc.) dove i segni possono essere lettere o filastrocche, ma anche tratti del tutto asemantici e proprio per questo “caricabili” d’un significato più misterioso: quello che ogni singolo spettatore gli vorrà attribuire, così da rendere ogni “poema visivo” - come sempre dovrebbe essere per tutte le opere d’arte - l’incontro tra l’immaginario dell’artista e quello del suo fruitore. In questa scrittura circolare (assolutamente priva di centro) il lettore deve abbandonare ogni convenzione di lettura, disponendosi alla massima ricettività: i piani di scrittura quindi di lettura- si spostano continuamente come bolle che s’intersecano, rimbalzano, si ritrovano in altre pagine, nella contemporaneità della propria memoria – tra lettore e testo si determina una sorta di partita a ping-pong, con conseguenti reazioni a catena, condizionamenti reciproci, spostamenti di tiro, angoli di rimando, colpi a vuoto: tavolo da gioco, il denso fluire del testo, in cui si muore, si brucia, si ritorna attraverso uno specchio, o seguendo un’impronta (capovolta) sulla neve – solo componendo e ricomponendo questo teatro praticamente velato da continui understatements si potrà determinare quella reazione che comporta lo shock of recognition e rintracciare sentieri luminanti – azioni/luoghi/oggetti si mostreranno allora personaggi comprimari con ammascherate personae, in un Teatro di parole/gesti ove un prima / un dopo / un poi sono un adesso attraversato da una Storia di numeri e rovine, di fili spinati ed oscurate aurore: come in quel Teatro di gesti/segni che ha caratterizzato il percorso artistico di Magdalo Mussio Giovanna Sandri 1996 il corpo certo o il luogo di una perdita a cura di Alessandro Pitrè Roberto Vecchiarelli 6 - 27 maggio 2007 chiesa della Maddalena Pesaro orario: 16,00 - 19,00 In collaborazione con CONTEMPORANEAMENTE ARTE Civitanova Marche Si ringraziano Emma Bellavita Mussio Carlotta Mussio Camilla Mussio il corpo certo o il luogo di una perdita IL CORPO CERTO O IL LUOGO DI UNA PERDITA a cura di Roberto Vecchiarelli Alcuni anni fa quando visitai la bella casa che Magdalo Mussio aveva nella campagna maceratese, rimasi colpito da un ‘libro non stampato’ dove, sulle pagine vuote, erano disegnati a pennino alcuni personaggi di sapore picaresco e teatrale. Un bestiario con circa ottanta disegni dove esseri, spesso vagamente antropomorfi, si muovevano su palcoscenici di vario genere muniti da un attrezzeria desunta dal teatro o da una forca piantata nel bel mezzo di una piazza dai tetti sagomati come un segaccio. Tavole di palcoscenico, pavimenti a scacchi, scale, telai da scenografie, quinte, carrelli,leggii, candele, seggiole, parrucche, tabarri, feluche, barbe, automi, campanellini, forche, chiodi, calici ... Un repertorio che all’ occasione sembra potersi riunire sotto la traccia di un canovaccio. E’ così che ho scoperto il lavoro di Magdalo, in un ‘libro non stampato’ ma ricco di tutti gli elementi che caratterizzano la sua opera. Artista poliedrico che nella scrittura, nel segno, nella traccia di racconti o meditazioni sfilacciate, tesse una trama intricata che si rincorre nei quadri, nei disegni, nelle incisioni, negli schizzi, nei bozzetti teatrali, negli scritti, nei disegni animati, fino alle impaginazioni degli innumerevoli libri curati per le case editrici di cui era redattore. Ora questa mostra su Magdalo Mussio ( 1925 - 2006 ) ci offre l’occasione per ripercorrere l’ impressione di quei primi momenti. Attraverso la possibilità di ‘sfogliare’ quelle carte, non ci soffermeremo soltanto sulle opere più riconosciute ma anche su quelle meno note che arricchiscono e rendono ancora più comprensibile il lavoro instancabile di questo ‘poligrafo’. La mostra allestita nella vanvitelliana Chiesa della Maddalena, sarà l’ occasione per vedere riunita l’ attività del Centro per le Arti Visive - Pescheria - e dell’ Assessorato alla Cultura, con quella dei Musei Civici, Servizi Educativi dei Musei Civici, Biblioteca San Giovanni. Infatti le opere di Magdalo Mussio saranno esposte anche a fianco di opere antiche esposte nel Museo e tra i libri della Biblioteca San Giovanni. La tradizione e i libri sono infatti tra gli elementi più ricorrenti che rincorreremo nelle opere esposte. Alla mostre si affiancheranno due giornate di Laboratorio didattico a cura dei Servizi Educativi dei Musei Civici con itinerari attraverso la Biblioteca Oliveriana, Palazzo Antaldi e la Mostra (La quadreria di carta) delle Stampe di riproduzione delle collezioni dei Musei Civici. IL LABORATORIO DI CARTA Itinerari e laboratori sulla mostra (per soli adulti) a cura dei servizi Educativi dei Musei Civici prog. e conduzione di Valentina Alario venerdì 18 maggio ore 17,30 percorso dalla Chiesa della Maddalena, a Palazzo Antaldi e alla Biblioteca Oliveriana venerdì 25 maggio ore 17,30 appuntamento ai Musei Civici: visita alla Mostra “La quadreria di cartainformazioni 0721 387271-714 materiale informativo nella sede della mostra “il corpo certo o il luogo di una perdita” Azione di video-danza ispirata ai disegni di Magdalo Mussio di Roberto Vecchiarelli Mariangela Malvaso Luca Vagni (Quatermass&Co.) danza Francesca Gironi supervisione coreografica Monica Gironi esecuzione all’ organo Giovanni Maria Perrucci DELLO SVELAMENTO,IL LUOGO DELLA PERDITA di Alessandro Pitrè In questa scrittura circolare (assolutamente priva di centro) il lettore deve abbandonare ogni convenzione di lettura, disponendosi alla massima ricettività: i piani di scrittura –quindi di lettura- si spostano continuamente come bolle che s’intersecano, rimbalzano, si ritrovano in altre pagine, nella contemporaneità della propria memoria – tra lettore e testo si determina una sorta di partita a ping-pong, con conseguenti reazioni a catena, condizionamenti reciproci, spostamenti di tiro, angoli di rimando, colpi a vuoto: tavolo da gioco, il denso fluire del testo, in cui si muore, si brucia, si ritorna attraverso uno specchio, o seguendo un’impronta (capovolta) sulla neve – solo componendo e ricomponendo questo teatro praticamente velato da continui understatements si potrà determinare quella reazione che comporta lo shock of recognition e rintracciare sentieri luminanti –azioni/luoghi/oggetti si mostreranno allora personaggi comprimari con ammascherate personae, in un Teatro di parole/gesti ove un prima / un dopo / un poi sono un adesso attraversato da una Storia di numeri e rovine, di fili spinati ed oscurate aurore: come in quel Teatro di gesti/segni che ha caratterizzato il percorso artistico di Magdalo Mussio” - Giovanna Sandri, pres. In copertina di Magdalo Mussio, appunto per un effimero, Ampezzo, le parole gelate - quaderni d’invenzione n.17, collana diretta da Luciano Martinis, 1996) (*) Le Parole e Segni. 7 agosto. … il linguaggio, (…), definisce le caratteristiche specifiche del soggetto che lo genera, determinandone la posizione in ragione della relazione che, (…), si innesca (…). Allora i modi specificano le identità e definiscono le posizioni nel rapporto, localizzano il soggetto al centro dell’atto; (…) proposizione e costruzione del sé (…) identificazione opera (…) occupazione fisica dello spazio (…) realizzazione di nuclei costitutivi della realtà qualificata come oggettiva. (…) lo stesso contesto determina, ma è determinato dall’opera e lo stesso soggetto, dalle opere in termini di possibilità di lettura. … dinamiche di integrazione e le ragioni delle differenze, collegate dalla natura di doppia appartenenza dei confini; se prima si svolgevano, per quanto riguardava l’interno e l’esterno dell’opera, in moti che potremmo definire orizzontali, o comunque relativi ad uno spazio unico ed omogeneo, vengono qui a svolgersi in profondità fra soggetto e contesto con l’opera giocata in termini di confine (…) una posizione al tempo stesso di ricerca di unità e di recupero di individualità più alta, riassuntiva dell’eterogeneizzazione in corso, che individuo come obiettivo finale e a volte verificatosi di comprensione di possibile leggibilità degli spazi vuoti e collegabilità ed integrazione di elementi differenti, risolti in mutare dinamico di uno stesso elemento eterogeneamente costituitosi. (…) “… Abbiamo scritto l’Anti-Edipo a due mani.Dato che ciascuno di noi era parecchi, già faceva molta gente” (J.Deleuze – F.Guattari, Rhizome, 1976). … sono tutto questo (tutto quello che c’è). Penso alla costruzione (al percorso) dello spezzone di cartone animato di Magdalo Mussio la scivolata dei personaggi sul corrimano della scala: il percorso corre lungo la parete della rampa, i gradini sembrano segnati da graffi (“i graffi del demonio” diceva Magdalo “sugli altari: la scrittura è questo per me”). E due personaggi, lungo il percorso, cadono. L’altro scivola fino al volo nello spazio nero, oltre la scala (regola, grammatica, … ?) Senso - frammenti di mostrato, sentieri attraversati. Ora in questo ritorno, il nuovo, che si vuole, si annuncia, esclamativo. Suono di tromba o punteggiatura sotterranea, che scandisce ritmi, fino a modificare il già. Io ora, sospeso fra i due livelli. Incuneato fra Memoria ed accenni ancora incerti [grazie Magdalo]. Ma la memoria è passato statico, impressione solidificatasi nel Tempo. Ora (grazie Marga) non ricordo. Tempo non è sequenza, come nel ricordo – “in memoria di”. E’ accadimento, intensità. E’ un “non si può dire”, non per suo difetto ma per mancanza di queste parole. E allora Superamento di un sé (di un suo luogo) chiuso che può rendersi, invece, reciproca determinazione. Ambito concreto di Confine. Io come Luogo, molteplice appartenenza. Si consentono, così, moltiplicazioni, mutazioni. E’ allora questo, Magdalo, il senso dell’esplicita inesplicabilità della scrittura? Scatto positivo –di poter dire- della scrittura che, in ogni caso, si fa Visione. La traccia di detto, che si àncora all’accenno del fare per non cadere in un paralizzante svolgimento nel sintattico concluso della Costruzione – del Dire. proprio l’imbarazzo della individuazione del limite, accompagna lo sguardo nell’incorporeo fuoriluogo (v. ad es. l’Ombra o il Dire - il Nominare). Qui, fra gli affioramenti dal cuore delle materie ed il gioco di risacca fra Luce ed Ombra, si compone la complessa articolazione delle risonanze, lineari, avvolte, calligrafiche; ancora legate all’occhio, -ma che è- più variabile corpo costruttivo che stanco accessorio di pensiero. In Arte (in Scultura/Installazione, in Scrittura), la tendenziale interazione fra i lavori (e di questi con lo spazio), riporta al centro del, così determinato, itinerario: fra soffusi bagliori, segni d’ombra proiettata o ritrovata in forma, appunto, di Scrittura o in minuzioso lavorio sulla materia, fino ad una scansione (anche luminescente) di piani - monocromie e trasparenze o drammaticità di rimandi ad ombre culturali. Un appannamento di appartenenza, propone il problema di rapporto fra interno ed esterno - della cercata identità fra corpo e spazio - che si rende via via in decidibile nella pratica dell’Installazione. Proiezioni che si fondono in un territorio (che è il confine) di germinazione di luoghi d’ombre. La superficie (la pagina), dunque, come lo svolgersi di un fenomeno percepibile d’incontro; fa da schermo alla convivenza spaziale fra percezione (non più, solo, lettura) e coscienza. “L’Estetica del silenzio” di Susan Sontag si può collegare ad uno schema che si pone fra: Complessità - Codice - Opera - emergenza - Significante - Testo - Significato - Contesto da cui: * Volontà di negazione - Rigidità e silenzio- ... intervenendo quando i giochi sono già stati fatti (il nome diviene, di fatto, sinonimo di quello stile), la presa di distanza diventa mascheramento che, in quanto tale, aumenta l’ansia attributiva e la volontà di svelamento: è il rafforzamento del legame attraverso il superamento di una prova. In ragione di questo legame che abbiamo rintracciato e definito come inscindibile e, da un altro punto di vista, inevitabile, rimane, come ultima analisi necessaria, da verificare se il soggetto possa sopravvivere ad esperienze che sembrano negarlo attraverso la negazione stessa dell’opera o, almeno, dei suoi valori interpretativi rispetto alle istituzioni normative. Non si tratta di esaminare l’eventualità che il soggetto, non occupandosi d’arte o di pittura, non si dia come pittore, quanto, piuttosto, che un soggetto, consolidatosi come tale nel suo ruolo, tenda a negarsi attraverso la progressiva soppressione, il tendenziale silenzio, della sua opera (quindi, conseguentemente, attraverso la soppressione di sè).”...Una tale esemplare motivazione può essere presa solo quando egli abbia dimostrato di avere genio e di esercitarlo con autorità ...”(Irigaray); questo, appunto, perché, se di negazione deve trattarsi, ci sarà bisogno di un termine (riconosciuto come tale) che deve/vuole essere negato, altrinmenti il problema “non si pone”. Pertanto, grosso modo, dalla constatazione, di massima, che c’è dell’indicibile o dell’impresentabile, concentrando l’attenzione sull’illusorietà o meglio sull’impotenza referenziale del mezzo, ci troviamo di fronte ad una serie di approcci differenziati. Possiamo rilevare un’impostazione di fondo, generalmente classificabile come arte per l’arte, riportabile, direbbe Argan, al criticismo settecentesco, che comunque si propone (ricordando, ad esempio, il parlare per parlare di Novalis) come la cosa più originale e veritiera che qualcuno possa dire. (siamo, a questo proposito giunti, a lezione, alla considerazione di simili conclusioni di Marshall Mc Luhan, in Understanding Media / trad. it. Gli strumenti del comunicare -, quando arriva a sostenere che “ ...Il medium è il messaggio...”). Tale impostazione autoriflessiva, sembra corrispondere ad un momento di ridefinizione normativa. * Rigidità oggettivante Due tendenze parallele: - tendenza al silenzio dell’opera [conchiusa nella sua perfezione]- relegazione delle istanze soggettive, come contaminazioni. Se ciò vale per certi aspetti de “La linea analitica dell’arte moderna” (To, Einaudi, 1975), trova riscontro nella fase di sistematizzazione della pittura, non a caso, definitasi Metafisica e, più in generale, nella tendenziale chiusura dell’opera, in un’ottica di silenzio aggiunto, inteso, quindi, come limite, come tendenza al silenzio per esaurimento; nel campo specifico, una figurazione che si intenda come metafora del detto tutto nel modo migliore, riportabile ad un’idea di perfe(ttibilità)zione. Saccheggiando la Termodinamica del termine entropia, come tendenza ad un massimo estremo di equilibrio dopo il quale non potrebbe avvenire alcuna trasformazione reale, possiamo per estensione attestarci sul concetto di stabilità strutturale che, nel caso di opere in equilibrio, possiamo considerare come spazializzazione di fulcri interattivi. Abbiamo già considerato le difficoltà di individuazione di tali unità. In particolare, è da notare il rischio, individuato da Garroni per cui la suddivisione per tale individuazione procede attraverso un approccio pseudo-semiotico, materiale e non formale; ciò porterebbe, come risultato, a segmenti materiali più che entità linguistiche pertinenti. * Nulla, Trascendenza, Immanenza. Il nulla è per me il limite di un essere. Al di là dei limiti definiti - nel tempo, nello spazio - un essere non esiste più. Questo non-essere è per noi carico di senso: so che è possibile annientarmi, ma la totalità dell’essere (intesa come una somma di esseri) esiste davvero ? ... rido del nulla. Il riso è dalla parte dell’immanenza per il fatto che il nulla è l’oggetto del riso, ma esso è anche una distruzione. ... devo ridere ! Ecco che ne rido: e allora scompare l’esigenza ! Se si << dovesse >> morir di ridere, questa morale sarebbe il moto d’un irrefrenabile riso. (F.Nietzche). l’assunzione di valore ‘significativo’ , anche , degli spazi considerati ‘vuoti’ tra una lettera e l’ altra . Quanto detto è, in definitiva, un ‘raggiunto palesarsi’ di ciò che J.Derrida nota, ne ‘La scrittura e la differenza’, proprio a proposito del ‘valore di significazione’ attribuibile agli spazi ‘vuoti/bianchi’, nella scrittura, tra una lettera e l’altra: la possibile figura progettata da si potrebbe ‘modellare’ attraverso posizioni nello spazio che assume così , lo spazio , valore di possibile significazione nella totalità dell’ area . Barilli: “se ... ci si ostina rimanere dentro la sfera consueta della frase, intesa questa come l’unità minima di senso compiuto ... lavorare al di sotto della frase, vuol dire rivolgersi al suo ingrediente essenziale, la parola, ... sottoponendola a fratture e segmentazioni successive ... interventi via via più selvaggi, nello scandirne le sillabe, o nell’isolarne i singoli fonemi, e infine mnel superare la soglia della pertinenza linguistica”. l’intento del dire. Può darsi non precipitato, relazione non risolta in sintesi, può dirsi senza sintassi. Ma i grumi scritturali si posizionano su un piano intermedio di attesa, sospeso prima dello scioglimento in linguaggio, che riesce poi, nell’evidenza del permanere, a dimenticarsi l’esito (“venir meno” M.M.). Attesa, respiro sospeso, espirazione elusa. Cerchi e archi, anch’essi, come delimitazioni di vuoto. Come ha potuto l’aria chiudersi in cerchio? “Quale mediazione psichica era già in gioco presso i Greci, per spiegare la libertà di questo fluido in forma sferica? Per irrigidirla in guscio solido per l’abitazione - futura - dei mortali? Per supporre un’immediatezza dell’incontro con le cose, una fenomenalità delle cose”. Figura, segno, respiro, soffio. “La celebrazione del Vento” - Monodico (M.M.). L’architettura, allora, (di cerchi o di archi) scolora: vivente su un piano di spazialità strutturata, detta, definita, di restringimento dei possibili nell’evidenza della forma, si appanna per lontananza e cercata miopia, con esiti di scollamento di superfici parallele e trasparenti (stratificazioni). Ma anche le impalcature-proiettanti, a sostegno di stanze di parole, sulle pagine trasparenti di “Scritture”, come non ancora o non più architetture, negate o ricordate, nello spazio sospeso (sfogliato) di aree di assenza. D’altra parte lo scollamento ha identità di recupero: “Determinare quel che si è perduto nell’opera propria del pensiero. Quel che si è dimenticato in questa ‘rotondità perfetta’ nella quale essere e pensiero sono lo stesso”. Partirei con i problemi sollevati , secondo la nostra prospettiva , dallo stesso concetto e dalla pratica di ricerca della ‘messa a fuoco’, che determina una sorta di perdita della ‘visione d’insieme’; ad esempio se in un ambiente mi chiedo : cosa c’è ? L’ enu-merazione degli oggetti , la loro ‘messa a fuoco’ , la loro nominazione, mi fa ‘perdere di vista’ le luci, ombre, etc. ..., (il poter ‘dire’ ciò che è ) . per affrontare tale problematica , lo faccio cercando di non basarmi solo su parole consequenziali (e non rimanere, così, ‘confinato’ dentro tale ‘frontiera/limite’ della parola), adottando, nella scrittura di questo testo, una forma che definirei di ‘frammenti’, e proponendo la ‘significatività’ degli ‘spazi’ tra l’uno e l’altro, interpretandoli (v. Derrida) non come ‘vuoti’ ma come ‘aree di relazione’ dove prende corpo l’’Altro’ e tentando, così, una sorta di risposta (o proposta) ad Irigaray, che pone questioni d’ambito. “... Ma che cos’è la filosofia? Nessun sistema filosofico dura molto tempo. Ma la filosofia ha per me il valore supremo di organizzare il mondo in una visione. ...”. L’ opera, di quest’ ambito, è, proprio, lussuosa, appunto, nella dimenticanza dell’adempimento, liberandosi nella dispersione. ‘Fantasmi’ (Derrida) ? Solo per chi guarda(sse) dal centro della scrittura (e allora ‘non ancora’ o ‘non più’). I ruggiti e sussurri teatrali di Artaud, tra corpo e verbo, grumi di lingua esplosa, coaguli di suono, dispersi nel campo vuoto della scena. Cenci (Artaud). “...Canovacci, vissuti come - ombre testamentali per prepararsi alla morte - destino di operare - destino di farsi...” (M.Mussio). un uomo con tre cappelli sovrapposti giocava a dadi in una nave tracciata con il gesso sul mare scuro naturalmente i tre cappelli sono quelli del magician : il primo contiene l’immaginazione il secondo la coazione il terzo la trasparenza controllati gli strumenti, li mise in una bisaccia e incominciò ad errare (…) si svegliò solo in un deserto bianco quando avanzava nero quando incontrava la sua ombra (senza aurora o tramonto) la memoria non cresce la radice (vuota) non realizza l’ape non spicca il volo nel mezzo non c’era la parola che interpreta (a sua volta interpretata) BIBLIOGRAFIA a cura di Roberto Vecchiarelli Pubblicazioni/ Edizioni numerate e libri d’ artista Il fastidio delle parole, Edition d’ écriture, Paris, 1968; In pratica, Marcalibri, Lerici, Roma, 1968; Praticabile per memoria concreta, Lerici, Roma, 1970; Il corpo certo e il luogo di una perdita, La Nuovo Foglio, Macerata, 1975; Scritture, La Nuovo Foglio, Macerata, 1977; Memoria artificiale, Piano Inclinato, La nuovo Foglio, Macerata, 1978; Il numero dimenticato; Piano inclinato/ La Nuovo Foglio, Macerata, 1978; L’ immagine dell’ immagine, Piano inclinato/Falconiere, Macerata-Ancona, 1978; Rottura dell’ identico, copia unica, 1977/81 Elogio alle desolate rassegnazioni, Le Parole gelate, Roma, 1980; Le parole rampanti, n. 0 della rivista, Le Parole Gelate, Roma, 1984; Chiarevalli/Monodico (1963-1986), Le Parole Gelate/Liberilibri, Roma-Macerata, 1986; Il numero dimenticato/Delle memorie ortogonali, Magdalo Mussio/Giovanna Sandri, Le Parole Gelate, Roma, 1988; Chiarevalli/Monodico (1963-1986), Edizione del Falconiere, Ancona, 1992; Appunto per un effimero, Le Parole Gelate, Roma, 19996; Le trame delle parole, Incursioni poetiche n. 5, le Parole Gelate, Ampezzo, 1997; Visioni altere, erratica, Edizioni Anterem, Verona, 2000; Appunto, in transito, Appunto, sperimento. Appunto, l’ indifferenziato. Appunto, l’ ombre che attraversa, Edizioni Una Luna, Ancona, 2001; Appunto ..., ombre di pensiero figurato per un effimero, Tecniche del ragno, Ancona, 2004. Attività editoriale 1963 redattore della C.M. Lerici Editore, Milano; 1966 responsabile della rivista ‘’Marcatre‘’, Lerici Editore, Milano; 1968 curatore della collana ‘’Marcalibri‘’, Lerici Editore, Roma; 1969 redattore della rivista ‘’Senza Margine‘’, Lerici Editore, Roma; 1969 redattore della rivista ‘’Città Spazio‘’, Lerigraf, Roma; 1969 redattore della rivista diretta da E. Villa ‘’Ex n° 4‘’; 1970 redattore responsabile della rivista ‘’Marcatre UTT‘’; 1973 responsabile della rivista ‘’Hark‘’, Roma; 1975 redattore responsabile della collana ‘’Altro-Altrouno‘’, La Nuovo Foglio, Macerata; 1978 curatore responsabile della rivista ‘’La città di Riga‘’, La Nuovo Foglio, Macerata; 1978 responsabile delle edizioni Piano inclinato/Galleria del Falconiere, Ancona. Filmografia I ragazzi di Terezin, C. M. Lerici Editore, Milano, 1962; The golden Kidney Bean, Corona cinematografica, Roma, 1968; Il potere del drago, Corona cinematografica, Roma, 1971; Il reale dissoluto, Pegaso Audiovisiva, Roma, 1973; Unanomeno, Corona cinematografica, Roma, 1973; animazione per il lungometraggio di A, M. Tatò, Doppio sogno del Signor x. Cineteam, Roma, 1978. BIOGRAFIA a cura di Roberto Vecchiarelli L’ autore Nato a Volterra nel 1925, si iscrive al corso di scenografia dell’ Accademia di Belle Arti di Firenze dove si diploma con una tesi dal titolo I canovacci e la scenografia della commedia dell’ arte. Alla fine degli anni ‘40 orienta i suoi interessi nel mondo dello spettacolo maturando esperienze come regista e scenografo presso il Centro sperimentale di Cinematografia a Roma con Antonio Rubino. Parallelamente esordisce nelle arti visive alla Galleria l’ Indiano di Firenze con la sua prima mostra, nel 1955, patrocinata da Giuseppe Ungaretti, che successivamente verrà affiancata al Premio Viareggio e quindi trasferita a Parigi. Nella seconda metà degli anni cinquanta, si trasferisce in Canada ove collabora con Norman MecLaren per la National Film Bording di Montreal alle ricerche sperimentali per cartoni di animazione, esperienza che gli consente di svolgere un’ intensa attività negli U.S.A., in Francia e in Inghilterra. Al ritorno in Italia nei primi anni sessanta, è tra i protagonisti del Gruppo ‘63. Chiamato alla Fondazione Lerici per realizzare dei documentari tra cui ‘’ I ragazzi di Terezin ‘’, diventa redattore della C.M. Lerici Editore, e, nel 1966, responsabile di redazione della rivista ‘’ Marcatre ‘’ e della collana ‘’ Marcalibri ‘’; inoltre pubblicavolumi di scrittura visuale come Il Fastidio delle parole, Edition d’ écriture, Paris, 1968, In pratica, Lerici Editore, Milano, 1968, Praticabile per memoria concreta, Lerici Editore, Roma, 1970. Cura le scenografie per Majakovskij & C. alla rivoluzione d’ Ottobre per la regia di C. Quartucci e prosegue nelle sperimentazioni sul film d’ animazione realizzando una serie di corti, tra cui ‘’ Reale assoluto ‘’, ‘’ Il potere del Drago ‘’, che nel 1972 viene premiato con il Nastro d’ argento, e ‘’ Umanomeno ‘’. Nel 1972 è responsabile editoriale della rivista ‘’ Harch ‘’. Nei primi anni settanta si trasferisce nelle Marche dove assume la direzione artistica della casa editrice Nuovo Foglio, curando le edizioni di Altro-Altrouno e la rivista ‘’ La città di Riga ‘’ ( 1978 ), mentre, come autore pubblica altri libri di scrittura visiva. A questa attività alterna l’ insegnamento presso l’ Accademia di Belle Arti di Macerata. Espone a New York, Tokio, Parigi, Milano, Roma, Genova, Bologna, presso gallerie, musei e istituti culturali ( Finch Museum di New York, National Gallery of Victoria di Melburne, Università di Sidney, ... ). Dopo aver vissuto per circa un trentennio nella campagna maceratese, nel 2005 si stabilisce a Civitanova Alta ( MC ) dove continua a portare avanti la sua ricerca artistica. Muore il 12 agosto 2006.

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BIBLIOTECA SAN GIOVANNI

MAGDALO MUSSIO: IL FILO D’UN DISCORSO PITTORICO di Gillo Dorfl es

L’esile, incorporeo tracciato delle lettere, della stesura compositiva, ma anche delle parole che accompagnano i segni e che sono le vere matrici - mentali e insieme visive - di quel “visual thinking” [… (Arnheim)]: dunque un pensiero fi gurato: ecco il vero embrione da cui si svilupperà buona parte della produzione artistica di Magdalo Mussio. Una produzione prevalentemente cartacea dove la parola si sposa sempre con il gesto; ma dove il segno della matita o del pennello ha sempre bisogno d’un aggancio con il ricordo visivo del passato o con la visione mentale dell’avvenire. Certo - per un inizio di millennio come l’attuale - dominato dall’ingordigia del consumismo (frenato solo dalle crisi economiche), da una stolta globalizzazione che vale solo ad appiattire la fantasia, l’opera così rarefatta di Magdalo rimane quasi “offesa” dall’atmosfera che la circonda : troppa violenza, troppa grossolanità nelle tendenze odierne - dai balordi assemblaggi, ai masochismi della Body art, dalle computerizzazioni virtuali, perché quest’opera - così cauta, così criptica - possa emergere con vigore. Eppure mi piacerebbe assistere, in un domani non lontano, al crollo di tante voci attuali, urlanti e fasulle, e alla riscoperta del fi lo sottile che Magdalo ha tessuto lungo tutta una vita: dalle prime poesie visive (ancora legate alle tendenze di allora), attraverso l’intenso e geniale lavoro editoriale e grafi co del Marcatrè e delle Edizioni Lerici - fi no alle infi nite composizioni, alle pazienti ricerche, alle occulte meditazioni. Oggi - questa affascinante rassegna alla Galleria Milano - ci pone di fronte non solo ad opere minute, a fascicoli, a composizioni grafi che, ecc. ma anche a una serie di dipinti più vasti, più strutturati, che tuttavia continuano a presentare quelle ineffabili fi lastrocche di segni e di parole il cui linguaggio parla direttamente alla nostra percezione attraverso lo sguardo; e non abbisogna mai di una pedantesca “traduzione”. Ecco una delle ragioni per cui questi pannelli - a differenza di molte delle più note “poesie visive” che negli anni ‘70, 80, dilagarono anche in Italia (sulle tracce dei “Noigandres” brasiliani Pignatari e Haroldo de Compos, della portoghese Salette Tavares, del tedesco Gomringer, dei nostri Pignotti, Miccini, Ori, Isgrò e tanti altri) hanno conservato una forza espressiva al di là della loro primitiva giustifi cazione grafi ca o letteraria. E questo perché il loro autore ha saputo porsi al riparo delle “secche” nelle quali si arenarono tante invenzioni visivo-verbali, prede della parola, che hanno fi nito, per l’appunto a rimanere troppo legate alla stessa, non abbastanza “robuste” per risultare autonome. Magdalo, invece, ha saputo sfruttare l’elemento grafi co-verbale per giungere a vere e proprie “opere pittoriche” (si vedano, proprio solo a mo’ d’esempio: “Le parole sopravvissute” del ‘60; i “Presupposti” del 2000; le “Ombre” del…; “Il tempo bruciato” del ‘90; ecc.) dove i segni possono essere lettere o fi lastrocche, ma anche tratti del tutto asemantici e proprio per questo “caricabili” d’un signifi cato più misterioso: quello che ogni singolo spettatore gli vorrà attribuire, così da rendere ogni “poema visivo” - come sempre dovrebbe essere per tutte le opere d’arte - l’incontro tra l’immaginario dell’artista e quello del suo fruitore.

In questa scrittura circolare (assolutamente priva di centro) il lettore deve abbandonare ogni convenzione di lettura, disponendosi alla massima ricettività: i piani di scrittura –quindi di lettura- si spostano continuamente come bolle che s’intersecano, rimbalzano, si ritrovano in altre pagine, nella contemporaneità della propria memoria – tra lettore e testo si determina una sorta di partita a ping-pong, con conseguenti reazioni a catena, condizionamenti reciproci, spostamenti di tiro, angoli di rimando, colpi a vuoto: tavolo da gioco, il denso fl uire del testo, in cui si muore, si brucia, si ritorna attraverso uno specchio, o seguendo un’impronta (capovolta) sulla neve – solo componendo e ricomponendo questo teatro praticamente velato da continui understatements si potrà determinare quella reazione che comporta lo shock of recognition e rintracciare sentieri luminanti – azioni/luoghi/oggetti si mostreranno allora personaggi comprimari con ammascherate personae, in un Teatro di parole/gesti ove un prima / un dopo / un poi sono un adesso attraversato da una Storia di numeri e rovine, di fi li spinati ed oscurate aurore: come in quel Teatro di gesti/segni che ha caratterizzato il percorso artistico di Magdalo Mussio

Giovanna Sandri 1996

il corpo certo o il luogo di una perdita

a cura di Alessandro PitrèRoberto Vecchiarelli

6 - 27 maggio 2007chiesa della MaddalenaPesaro

orario:

16,00 - 19,00

In collaborazione conCONTEMPORANEAMENTE ARTECivitanova Marche

Si ringrazianoEmma Bellavita MussioCarlotta MussioCamilla Mussio

il corpo certo o illuogo di una perdita

IL CORPO CERTO O IL LUOGO DI UNA PERDITA a cura di Roberto Vecchiarelli

Alcuni anni fa quando visitai la bella casa che Magdalo Mussio aveva nella campagna maceratese, rimasi colpito da un ‘libro non stampato’ dove, sulle pagine vuote, erano disegnati a pennino alcuni personaggi di sapore picaresco e teatrale.Un bestiario con circa ottanta disegni dove esseri, spesso vagamente antropomorfi , si muovevano su palcoscenici di vario genere muniti da un attrezzeria desunta dal teatro o da una forca piantata nel bel mezzo di una piazza dai tetti sagomati come un segaccio.Tavole di palcoscenico, pavimenti a scacchi, scale, telai da scenografi e, quinte, carrelli,leggii, candele, seggiole, parrucche, tabarri, feluche, barbe, automi, campanellini, forche, chiodi, calici ...Un repertorio che all’ occasione sembra potersi riunire sotto la traccia di un canovaccio.E’ così che ho scoperto il lavoro di Magdalo, in un ‘libro non stampato’ ma ricco di tutti gli elementi che caratterizzano la sua opera. Artista poliedrico che nella scrittura, nel segno, nella traccia di racconti o meditazioni sfi lacciate, tesse una trama intricata che si rincorre nei quadri, nei disegni, nelle incisioni, negli schizzi, nei bozzetti teatrali, negli scritti, nei disegni animati, fi no alle impaginazioni degli innumerevoli libri curati per le case editrici di cui era redattore.

Ora questa mostra su Magdalo Mussio ( 1925 - 2006 ) ci offre l’occasione per ripercorrere l’ impressione di quei primi momenti. Attraverso la possibilità di ‘sfogliare’ quelle carte, non ci soffermeremo soltanto sulle opere più riconosciute ma anche su quelle meno note che arricchiscono e rendono ancora più comprensibile il lavoro instancabile di questo ‘poligrafo’.La mostra allestita nella vanvitelliana Chiesa della Maddalena, sarà l’ occasione per vedere riunita l’ attività del Centro per le Arti Visive - Pescheria - e dell’ Assessorato alla Cultura, con quella dei Musei Civici, Servizi Educativi dei Musei Civici, Biblioteca San Giovanni. Infatti le opere di Magdalo Mussio saranno esposte anche a fi anco di opere antiche esposte nel Museo e tra i libri della Biblioteca San Giovanni. La tradizione e i libri sono infatti tra gli elementi più ricorrenti che rincorreremo nelle opere esposte.Alla mostre si affi ancheranno due giornate di Laboratorio didattico a cura dei Servizi Educativi dei Musei Civici con itinerari attraverso la Biblioteca Oliveriana, Palazzo Antaldi e la Mostra (La quadreria di carta) delle Stampe di riproduzione delle collezioni dei Musei Civici.

IL LABORATORIO DI CARTA

Itinerari e laboratori sulla mostra (per soli adulti)

a cura dei servizi Educativi dei Musei Civiciprog. e conduzione di Valentina Alario

venerdì 18 maggio ore 17,30 percorso dalla Chiesa della Maddalena, a Palazzo Antaldi e alla Biblioteca Oliveriana

venerdì 25 maggio ore 17,30 appuntamento ai Musei Civici: visita alla Mostra “La quadreria di carta”

informazioni 0721 387271-714materiale informativo nella sede della mostra

“il corpo certo o il luogo di una perdita”

Azione di video-danza ispirata ai disegni di Magdalo Mussiodi Roberto Vecchiarelli Mariangela Malvaso Luca Vagni (Quatermass&Co.)

danzaFrancesca Gironisupervisione coreografi caMonica Gironiesecuzione all’ organoGiovanni Maria Perrucci

DELLO SVELAMENTO,IL LUOGO DELLA PERDITA

di Alessandro Pitrè

In questa scrittura circolare (assolutamente priva di centro) il lettore deve abbandonare ogni convenzione di lettura, disponendosi alla massima ricettività: i piani di scrittura –quindi di lettura- si spostano continuamente come bolle che s’intersecano, rimbalzano, si ritrovano in altre pagine, nella contemporaneità della propria memoria – tra lettore e testo si determina una sorta di partita a ping-pong, con conseguenti reazioni a catena, condizionamenti reciproci, spostamenti di tiro, angoli di rimando, colpi a vuoto: tavolo da gioco, il denso fl uire del testo, in cui si muore, si brucia, si ritorna attraverso uno specchio, o seguendo un’impronta (capovolta) sulla neve – solo componendo e ricomponendo questo teatro praticamente velato da continui understatements si potrà determinare quella reazione che comporta lo shock of recognition e rintracciare sentieri luminanti –azioni/luoghi/oggetti si mostreranno allora personaggi comprimari con ammascherate personae, in un Teatro di parole/gesti ove un prima / un dopo / un poi sono un adesso attraversato da una Storia di numeri e rovine, di fi li spinati ed oscurate aurore: come in quel Teatro di gesti/segni che ha caratterizzato il percorso artistico di Magdalo Mussio” - Giovanna Sandri, pres. In copertina di Magdalo Mussio, appunto per un effi mero, Ampezzo, le parole gelate - quaderni d’invenzione n.17, collana diretta da Luciano Martinis, 1996)

(*) Le Parole e Segni. 7 agosto. … il linguaggio, (…), defi nisce le caratteristiche specifi che del soggetto che lo genera, determinandone la posizione in ragione della relazione che, (…), si innesca (…). Allora i modi specifi cano le identità e defi niscono le posizioni nel rapporto, localizzano il soggetto al centro dell’atto; (…) proposizione e costruzione del sé (…) identifi cazione opera (…) occupazione fi sica dello spazio (…) realizzazione di nuclei costitutivi della realtà qualifi cata come oggettiva. (…) lo stesso contesto determina, ma è determinato dall’opera e lo stesso soggetto, dalle opere in termini di possibilità di lettura. … dinamiche di integrazione e le ragioni delle differenze, collegate dalla natura di doppia appartenenza dei confi ni; se prima si svolgevano, per quanto riguardava l’interno e l’esterno dell’opera, in moti che potremmo defi nire orizzontali, o comunque relativi ad uno spazio unico ed omogeneo, vengono qui a svolgersi in profondità fra soggetto e contesto con l’opera giocata in termini di confi ne (…) una posizione al tempo stesso di ricerca di unità e di recupero di individualità più alta, riassuntiva dell’eterogeneizzazione in corso, che individuo come obiettivo fi nale e a volte verifi catosi di comprensione di possibile leggibilità degli spazi vuoti e collegabilità ed integrazione di elementi differenti, risolti in mutare dinamico di uno stesso elemento eterogeneamente costituitosi. (…) “… Abbiamo scritto l’Anti-Edipo a due mani.Dato che ciascuno di noi era parecchi, già faceva molta gente” (J.Deleuze – F.Guattari, Rhizome, 1976).

… sono tutto questo (tutto quello che c’è).Penso alla costruzione (al percorso) dello spezzone di cartone animato di Magdalo Mussiola scivolata dei personaggi sul corrimano della scala: il percorso corre lungo la parete della rampa, i gradini sembrano segnati da graffi (“i graffi del demonio” diceva Magdalo “sugli altari: la scrittura è questo per me”).

E due personaggi, lungo il percorso, cadono. L’altro scivola fi no al volo nello spazio nero, oltre la scala (regola, grammatica, … ?)

Senso - frammenti di mostrato, sentieri attraversati. Ora in questo ritorno, il nuovo, che si vuole, si annuncia, esclamativo. Suono di tromba o punteggiatura sotterranea, che scandisce ritmi, fi no a modifi care il già.

Io ora, sospeso fra i due livelli. Incuneato fra Memoria ed accenni ancora incerti [grazie Magdalo].Ma la memoria è passato statico, impressione solidifi catasi nel Tempo.Ora (grazie Marga) non ricordo.

Tempo non è sequenza, come nel ricordo – “in memoria di”. E’ accadimento, intensità. E’ un “non si può dire”, non per suo difetto ma per mancanza di queste parole.

E alloraSuperamento di un sé (di un suo luogo) chiuso che può rendersi, invece, reciproca determinazione. Ambito concreto di Confi ne. Io come Luogo, molteplice appartenenza. Si consentono, così, moltiplicazioni, mutazioni. E’ allora questo, Magdalo, il senso dell’esplicita inesplicabilità della scrittura? Scatto positivo –di poter dire- della scrittura che, in ogni caso, si fa Visione.

La traccia di detto, che si àncora all’accenno del fare per non cadere in un paralizzante svolgimento nel sintattico concluso della Costruzione – del Dire.

proprio l’imbarazzo della individuazione del limite, accompagna lo sguardo nell’incorporeo fuoriluogo (v. ad es. l’Ombra o il Dire - il Nominare). Qui, fra gli affi oramenti dal cuore delle materie ed il gioco di risacca fra Luce ed Ombra, si compone la complessa articolazione delle risonanze, lineari, avvolte, calligrafi che; ancora legate all’occhio, -ma che è- più variabile corpo costruttivo che stanco accessorio di pensiero. In Arte (in Scultura/Installazione, in Scrittura), la tendenziale interazione fra i lavori (e di questi con lo spazio), riporta al centro del, così determinato, itinerario: fra soffusi bagliori, segni d’ombra proiettata o ritrovata in forma, appunto, di Scrittura o in minuzioso lavorio sulla materia, fi no ad una scansione (anche luminescente) di piani - monocromie e trasparenze o drammaticità di rimandi ad ombre culturali. Un appannamento di appartenenza, propone il problema di rapporto fra interno ed esterno - della cercata identità fra corpo e spazio - che si rende via via in decidibile nella pratica dell’Installazione. Proiezioni che si fondono in un territorio (che è il confi ne) di germinazione di luoghi d’ombre.La superfi cie (la pagina), dunque, come lo svolgersi di un fenomeno percepibile d’incontro; fa da schermo alla convivenza spaziale fra percezione (non più, solo, lettura) e coscienza.

“L’Estetica del silenzio” di Susan Sontag si può collegare ad uno schema che si pone fra:Complessità - Codice - Opera - emergenza - Signifi cante - Testo - Signifi cato - Contestoda cui:*Volontà di negazione - Rigidità e silenzio-... intervenendo quando i giochi sono già stati fatti (il nome diviene, di fatto, sinonimo di quello stile), la presa di distanza diventa mascheramento che, in quanto tale, aumenta l’ansia attributiva e la volontà di svelamento: è il rafforzamento del legame attraverso il superamento di una prova.

In ragione di questo legame che abbiamo rintracciato e defi nito come inscindibile e, da un altro punto di vista, inevitabile, rimane, come ultima analisi necessaria, da verifi care se il soggetto possa sopravvivere ad esperienze che sembrano negarlo attraverso la negazione stessa dell’opera o, almeno, dei suoi valori interpretativi rispetto alle istituzioni normative.Non si tratta di esaminare l’eventualità che il soggetto, non occupandosi d’arte o di pittura, non si dia come pittore, quanto, piuttosto, che un soggetto, consolidatosi come tale nel suo ruolo, tenda a negarsi attraverso la progressiva soppressione, il tendenziale silenzio, della sua opera (quindi, conseguentemente, attraverso la soppressione di sè).”...Una tale esemplare motivazione può essere presa solo quando egli abbia dimostrato di avere genio e di esercitarlo con autorità ...”(Irigaray); questo, appunto, perché, se di negazione deve trattarsi, ci sarà bisogno di un termine (riconosciuto come tale) che deve/vuole essere negato, altrinmenti il problema “non si pone”.Pertanto, grosso modo, dalla constatazione, di massima, che c’è dell’indicibile o dell’impresentabile, concentrando l’attenzione sull’illusorietà o meglio sull’impotenza referenziale del mezzo, ci troviamo di fronte ad una serie di approcci differenziati.Possiamo rilevare un’impostazione di fondo, generalmente classifi cabile come arte per l’arte, riportabile, direbbe Argan, al criticismo settecentesco, che comunque si propone (ricordando, ad esempio, il parlare per parlare di Novalis) come la cosa più originale e veritiera che qualcuno possa dire. (siamo, a questo proposito giunti, a lezione, alla considerazione di simili conclusioni di Marshall Mc Luhan, in Understanding Media / trad. it. Gli strumenti del comunicare -, quando arriva a sostenere che “ ...Il medium è il messaggio...”).Tale impostazione autorifl essiva, sembra corrispondere ad un momento di ridefi nizione normativa.* Rigidità oggettivanteDue tendenze parallele: - tendenza al silenzio dell’opera [conchiusa nella sua perfezione]- relegazione delle istanze soggettive, come contaminazioni.Se ciò vale per certi aspetti de “La linea analitica dell’arte moderna” (To, Einaudi, 1975), trova riscontro nella fase di sistematizzazione della pittura, non a caso, defi nitasi Metafi sica e, più in generale, nella tendenziale chiusura dell’opera, in un’ottica di silenzio aggiunto, inteso, quindi, come limite, come tendenza al silenzio per esaurimento; nel campo specifi co, una fi gurazione che si intenda come metafora del detto tutto nel modo migliore, riportabile ad un’idea di perfe(ttibilità)zione. Saccheggiando la Termodinamica del termine entropia, come tendenza ad un massimo estremo di equilibrio dopo il quale non potrebbe avvenire alcuna trasformazione reale, possiamo per estensione attestarci sul concetto di stabilità strutturale che, nel caso di opere in equilibrio, possiamo considerare come spazializzazione di fulcri interattivi. Abbiamo già considerato le diffi coltà di individuazione di tali unità. In particolare, è da notare il rischio, individuato da Garroni per cui la suddivisione per tale individuazione procede attraverso un approccio pseudo-semiotico, materiale e non formale; ciò porterebbe, come risultato, a segmenti materiali più che entità linguistiche pertinenti.

* Nulla, Trascendenza, Immanenza.

Il nulla è per me il limite di un essere. Al di là dei limiti defi niti - nel tempo, nello spazio - un essere non esiste più. Questo non-essere è per noi carico di senso: so che è possibile annientarmi, ma la totalità dell’essere (intesa come una somma di esseri) esiste davvero ?

... rido del nulla. Il riso è dalla parte dell’immanenza per il fatto che il nulla è l’oggetto del riso, ma esso è anche una distruzione.... devo ridere ! Ecco che ne rido: e allora scompare l’esigenza ! Se si << dovesse >> morir di ridere, questa morale sarebbe il moto d’un irrefrenabile riso. (F.Nietzche).l’assunzione di valore ‘signifi cativo’ , anche , degli spazi considerati ‘vuoti’ tra una lettera e l’ altra . Quanto detto è, in defi nitiva, un ‘raggiunto palesarsi’ di ciò che J.Derrida nota, ne ‘La scrittura e la differenza’, proprio a proposito del ‘valore di signifi cazione’ attribuibile agli spazi ‘vuoti/bianchi’, nella scrittura, tra una lettera e l’altra: la possibile fi gura progettata da si potrebbe ‘modellare’ attraverso posizioni nello spazio che assume così , lo spazio , valore di possibile signifi cazione nella totalità dell’ area .Barilli:“se ... ci si ostina rimanere dentro la sfera consueta della frase, intesa questa come l’unità minima di senso compiuto ... lavorare al di sotto della frase, vuol dire rivolgersi al suo ingrediente essenziale, la parola, ... sottoponendola a fratture e segmentazioni successive ... interventi via via più selvaggi, nello scandirne le sillabe, o nell’isolarne i singoli fonemi, e infi ne mnel superare la soglia della pertinenza linguistica”.

l’intento del dire.Può darsi non precipitato, relazione non risolta in sintesi, può dirsi senza sintassi.

Ma i grumi scritturali si posizionano su un piano intermedio di attesa, sospeso prima dello scioglimento in linguaggio, che riesce poi, nell’evidenza del permanere, a dimenticarsi l’esito (“venir meno” M.M.).Attesa, respiro sospeso, espirazione elusa.Cerchi e archi, anch’essi, come delimitazioni di vuoto.Come ha potuto l’aria chiudersi in cerchio?“Quale mediazione psichica era già in gioco presso i Greci, per spiegare la libertà di questo fl uido in forma sferica? Per irrigidirla in guscio solido per l’abitazione - futura - dei mortali? Per supporre un’immediatezza dell’incontro con le cose, una fenomenalità delle cose”.Figura, segno, respiro, soffi o. “La celebrazione del Vento” - Monodico (M.M.).L’architettura, allora, (di cerchi o di archi) scolora: vivente su un piano di spazialità strutturata, detta, defi nita, di restringimento dei possibili nell’evidenza della forma, si appanna per lontananza e cercata miopia, con esiti di scollamento di superfi ci parallele e trasparenti (stratifi cazioni). Ma anche le impalcature-proiettanti, a sostegno di stanze di parole, sulle pagine trasparenti di “Scritture”, come non ancora o non più architetture, negate o ricordate, nello spazio sospeso (sfogliato) di aree di assenza.D’altra parte lo scollamento ha identità di recupero: “Determinare quel che si è perduto nell’opera propria del pensiero. Quel che si è dimenticato in questa ‘rotondità perfetta’ nella quale essere e pensiero sono lo stesso”.

Partirei con i problemi sollevati , secondo la nostra prospettiva , dallo stesso concetto e dalla pratica di ricerca della ‘messa a fuoco’, che determina una sorta di perdita della ‘visione d’insieme’; ad esempio se in un ambiente mi chiedo : cosa c’è ? L’ enu-merazione degli oggetti , la loro ‘messa a fuoco’ , la loro nominazione, mi fa ‘perdere di vista’ le luci, ombre, etc. ..., (il poter ‘dire’ ciò che è ) .

per affrontare tale problematica , lo faccio cercando di non basarmi solo su parole consequenziali (e non rimanere, così, ‘confi nato’ dentro tale ‘frontiera/limite’ della parola), adottando, nella scrittura di questo testo, una forma che defi nirei di ‘frammenti’, e proponendo la ‘signifi catività’ degli ‘spazi’ tra l’uno e l’altro, interpretandoli (v. Derrida) non come ‘vuoti’ ma come ‘aree di relazione’ dove prende corpo l’’Altro’ e tentando, così, una sorta di risposta (o proposta) ad Irigaray, che pone questioni d’ambito.

“... Ma che cos’è la fi losofi a? Nessun sistema fi losofi co dura molto tempo. Ma la fi losofi a ha per me il valore supremo di organizzare il mondo in una visione. ...”.L’ opera, di quest’ ambito, è, proprio, lussuosa, appunto, nella dimenticanza dell’adempimento, liberandosi nella dispersione.‘Fantasmi’ (Derrida) ? Solo per chi guarda(sse) dal centro della scrittura (e allora ‘non ancora’ o ‘non più’).I ruggiti e sussurri teatrali di Artaud, tra corpo e verbo, grumi di lingua esplosa, coaguli di suono, dispersi nel campo vuoto della scena. Cenci (Artaud). “...Canovacci, vissuti come - ombre testamentali per prepararsi alla morte - destino di operare - destino di farsi...” (M.Mussio).

un uomo

con tre cappelli sovrappostigiocava a dadiin una navetracciata con il gessosulmare scuro

naturalmente i tre cappelli sono quelli del magician: il primo contiene l’immaginazioneil secondo la coazioneil terzo la trasparenza

controllati gli strumenti, li mise in una bisacciae incominciò ad errare(…)si svegliò solo in un desertobianco quando avanzavanero quando incontrava la sua ombra (senza aurora o tramonto)

la memoria noncrescela radice (vuota) nonrealizzal’ape nonspicca il volo

nel mezzo nonc’erala parola che interpreta(a sua volta interpretata)

BIBLIOGRAFIA

a cura di Roberto Vecchiarelli

Pubblicazioni/ Edizioni numerate e libri d’ artistaIl fastidio delle parole, Edition d’ écriture, Paris, 1968;In pratica, Marcalibri, Lerici, Roma, 1968;Praticabile per memoria concreta, Lerici, Roma, 1970;Il corpo certo e il luogo di una perdita, La Nuovo Foglio, Macerata, 1975;Scritture, La Nuovo Foglio, Macerata, 1977;Memoria artifi ciale, Piano Inclinato, La nuovo Foglio, Macerata, 1978;Il numero dimenticato; Piano inclinato/ La Nuovo Foglio, Macerata, 1978;L’ immagine dell’ immagine, Piano inclinato/Falconiere, Macerata-Ancona, 1978;Rottura dell’ identico, copia unica, 1977/81Elogio alle desolate rassegnazioni, Le Parole gelate, Roma, 1980;Le parole rampanti, n. 0 della rivista, Le Parole Gelate, Roma, 1984;Chiarevalli/Monodico (1963-1986), Le Parole Gelate/Liberilibri, Roma-Macerata, 1986;Il numero dimenticato/Delle memorie ortogonali, Magdalo Mussio/Giovanna Sandri, Le Parole Gelate, Roma, 1988;Chiarevalli/Monodico (1963-1986), Edizione del Falconiere, Ancona, 1992;Appunto per un effi mero, Le Parole Gelate, Roma, 19996;Le trame delle parole, Incursioni poetiche n. 5, le Parole Gelate, Ampezzo, 1997;Visioni altere, erratica, Edizioni Anterem, Verona, 2000;Appunto, in transito, Appunto, sperimento. Appunto, l’ indifferenziato. Appunto, l’ ombre che attraversa, Edizioni Una Luna, Ancona, 2001;Appunto ..., ombre di pensiero fi gurato per un effi mero, Tecniche del ragno, Ancona, 2004.

Attività editoriale1963 redattore della C.M. Lerici Editore, Milano;1966 responsabile della rivista ‘’Marcatre‘’, Lerici Editore, Milano;1968 curatore della collana ‘’Marcalibri‘’, Lerici Editore, Roma;1969 redattore della rivista ‘’Senza Margine‘’, Lerici Editore, Roma;1969 redattore della rivista ‘’Città Spazio‘’, Lerigraf, Roma;1969 redattore della rivista diretta da E. Villa ‘’Ex n° 4‘’;1970 redattore responsabile della rivista ‘’Marcatre UTT‘’;1973 responsabile della rivista ‘’Hark‘’, Roma;1975 redattore responsabile della collana ‘’Altro-Altrouno‘’, La Nuovo Foglio, Macerata;1978 curatore responsabile della rivista ‘’La città di Riga‘’, La Nuovo Foglio, Macerata;1978 responsabile delle edizioni Piano inclinato/Galleria del Falconiere, Ancona.

Filmografi aI ragazzi di Terezin, C. M. Lerici Editore, Milano, 1962;The golden Kidney Bean, Corona cinematografi ca, Roma, 1968;Il potere del drago, Corona cinematografi ca, Roma, 1971;Il reale dissoluto, Pegaso Audiovisiva, Roma, 1973;Unanomeno, Corona cinematografi ca, Roma, 1973;animazione per il lungometraggio di A, M. Tatò, Doppio sogno del Signor x. Cineteam, Roma, 1978.

BIOGRAFIA

a cura di Roberto Vecchiarelli

L’ autore Nato a Volterra nel 1925, si iscrive al corso di scenografi a dell’ Accademia di Belle Arti di Firenze dove si diploma con una tesi dal titolo I canovacci e la scenografi a della commedia dell’ arte.

Alla fi ne degli anni ‘40 orienta i suoi interessi nel mondo dello spettacolo maturando esperienze come regista e scenografo presso il Centro sperimentale di Cinematografi a a Roma con Antonio Rubino. Parallelamente esordisce nelle arti visive alla Galleria l’ Indiano di Firenze con la sua prima mostra, nel 1955, patrocinata da Giuseppe Ungaretti, che successivamente verrà affi ancata al Premio Viareggio e quindi trasferita a Parigi.

Nella seconda metà degli anni cinquanta, si trasferisce in Canada ove collabora con Norman MecLaren per la National Film Bording di Montreal alle ricerche sperimentali per cartoni di animazione, esperienza che gli consente di svolgere un’ intensa attività negli U.S.A., in Francia e in Inghilterra.

Al ritorno in Italia nei primi anni sessanta, è tra i protagonisti del Gruppo ‘63.

Chiamato alla Fondazione Lerici per realizzare dei documentari tra cui ‘’ I ragazzi di Terezin ‘’, diventa redattore della C.M. Lerici Editore, e, nel 1966, responsabiledi redazione della rivista ‘’ Marcatre ‘’ e della collana ‘’ Marcalibri ‘’; inoltre pubblicavolumi di scrittura visuale come Il Fastidio delle parole, Edition d’ écriture, Paris, 1968, In pratica, Lerici Editore, Milano, 1968, Praticabile per memoria concreta, Lerici Editore, Roma, 1970.

Cura le scenografi e per Majakovskij & C. alla rivoluzione d’ Ottobre per la regia di C. Quartucci e prosegue nelle sperimentazioni sul fi lm d’ animazione realizzando una serie di corti, tra cui ‘’ Reale assoluto ‘’, ‘’ Il potere del Drago ‘’, che nel 1972 viene premiato con il Nastro d’ argento, e ‘’ Umanomeno ‘’.

Nel 1972 è responsabile editoriale della rivista ‘’ Harch ‘’.Nei primi anni settanta si trasferisce nelle Marche dove assume la direzione artistica della casa editrice Nuovo Foglio, curando le edizioni di Altro-Altrouno e la rivista ‘’ La città di Riga ‘’ ( 1978 ), mentre, come autore pubblica altri libri di scrittura visiva. A questa attività alterna l’ insegnamento presso l’ Accademia di Belle Arti di Macerata.

Espone a New York, Tokio, Parigi, Milano, Roma, Genova, Bologna, presso gallerie, musei e istituti culturali ( Finch Museum di New York, National Gallery of Victoria di Melburne, Università di Sidney, ... ).Dopo aver vissuto per circa un trentennio nella campagna maceratese, nel 2005 si stabilisce a Civitanova Alta ( MC ) dove continua a portare avanti la sua ricerca artistica. Muore il 12 agosto 2006.