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Il COORDINATORE DELLEPROFESSIONI SANITARIE

Ferrara, 14 ottobre 2011

Annalisa [email protected]

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Un dibattito storico: specialista o manager?

A. Pennini - 2011

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Un dibattito storico: specialista o manager?

“Fino a ieri suonavi il flauto o facevi il chirurgo; oggi ti trovi a gestire persone che fanno queste cose”

H. Mintzberg, 2010

A. Pennini - 2011

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Competenze cliniche versus competenze manageriali

Quanto deve essere presente la competenza clinica specialistica nell’attività professionale di un coordinatore?

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Competenze cliniche versus competenze manageriali

E' utile, addirittura indispensabile in diverse occasioni, possedere e mantenere in una certa misura conoscenze cliniche distintive della professione al fine di orientare le pratiche, le tecniche, le procedure dell’unità operativa coordinata.

Tali conoscenze dovrebbero essere strumentali a influenzare, supervisionare, rappresentare istanze professionali, ma non così specifiche e approfondite come si richiede a un professionista specialista.

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Competenze cliniche versus competenze manageriali

Le competenze non sono da quantificare e misurare, ma da vedere come “contaminate” e quindi da agire in modo flessibile e situazionale eliminando inutili stereotipi.

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Competenze cliniche versus competenze manageriali

Il livello di competenze specialistiche richiesto al coordinatore è quello che consente il “collegamento” fra le attività, le persone, le risorse; cioè quello che consente di “leggere” i contesti e i loro cambiamenti.

La coniugazione della matrice specialistica con quella gestionale rende unica la figura.

Non vi è pertanto una misura, perché la differenza fra le professioni e fra i contesti organizzativi è così ampia da non permettere di poter quantificare l’una o l’altra competenza.

Di sicuro il possesso di un mix di competenze clinico-gestionali è la base per poter affrontare la complessità organizzativa dei servizi sanitari odierni.

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Livello possibile di conoscenze specialistiche

da parte del coordinatoreSapere che quel problema/situazione clinica esiste e

che impatto ha sulle persone assistite e sull’organizzazione.

Sapere come si è evoluta/modificata una attrezzatura, strumento o presidio.

Conoscere le principali evidenze scientifiche sui problemi clinici prevalenti nell’unità operativa di riferimento.

Conoscere i principi generali delle linee guida cliniche che possono essere utilizzate nell’unità operativa di riferimento.

Conoscere gli approcci, i metodi, gli strumenti propri dell’esercizio della professione di riferimento.A. Pennini - 2011

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Ancora competenze ...

Un manager che ne sa di clinica … (ex specialista)Gestione manageriale con una esperienza distintiva

Un clinico che ne sa di management … (oggi specialista)

Gestione manageriale dei non manager

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Che cos'è oggi l'attività di coordinamento

Attività reattive e attività proattive

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L'attività di un coordinatore

[…] Quel giorno Fabienne aveva alcune attività sull’agenda, ma per lo più sembravaoccuparsi di quello che accadeva in reparto, riempiendo i momenti di pausa con

questioni amministrative come la pianificazione dei turni. Lo schema, il ritmo e lo stile mi apparvero con evidenza fin dal momento in cui arrivai. Fabienne si ergeva – ma direi quasi si “librava” – al centro di tutto, per lo più all’interno del reparto, mentre le persone e le attività vorticavano intorno a lei. Era quasi impossibile anche solo registrare tutte le interazioni, perché per la maggior parte, almeno nella prima parte della giornata, duravano pochi secondi – un’osservazione su questo, una domanda su quello, una richiesta su quell’altro.

(Tratto da: Mintzberg H., Il lavoro manageriale, Franco Angeli, Milano 2010, pp. 258-261. La gestione manageriale come cura diffusa. Fabienne Lavoie, infermiera caposala.

Northwest, Jewish General Hospital [Montreal, 24 febbraio 1993]).

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L'attività di un coordinatore

Tutto sembrava fluire insieme, via via che le domande da una parte si trasformavano in risposte dall’altra – a proposito del personale, delle medicazioni di un paziente, della pianificazione degli interventi e delle dimissioni e così via. […] Un momento Fabienne discuteva con un chirurgo di un problema relativo a una fasciatura; il momento dopo, stava registrando i dati della tessera sanitaria di un paziente; poi riorganizzava i turni sulla lavagna e recuperava in casella le note delle infermiere; dopo usciva dalla stanza per parlare con qualcuno in accettazione; quindi andava in corsia da un paziente che aveva la febbre, e intanto faceva diverse telefonate alle infermiere del turno serale per sapere se qualcuno quel giorno potesse sostituire una collega assente. […] Come diceva lei stessa, parlando di sé, il reparto aveva bisogno “di qualcuno che conosca il traffico e sappia come dirigerlo”.

(Tratto da: Mintzberg H., Il lavoro manageriale, Franco Angeli, Milano 2010, pp. 258-261. La gestione manageriale come cura diffusa. Fabienne Lavoie, infermiera caposala.

Northwest, Jewish General Hospital [Montreal, 24 febbraio 1993]).

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Attività di coordinamento caratteristiche

Attività caratterizzata da:

- brevità, varietà, frammentazione e discontinuità

- „mescolamento“ di azioni importanti con quelle banali senza un ordine riconoscibile

- flusso continuo di informazioni per scelta e per imposizione

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Attività reattive e proattive

Reattive: - Risposte a stimoli e sollecitazioni esterni, quasi sempre non programmati- Piccole azioni parcellizzate, interruzioni- Informazioni scambiate in modo informale od orale

Proattive: - Propone di innovazione - Progettazione e gestione di cambiamenti e miglioramenti

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Tre fronti di attività

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Tre fronti di attività

La gestione delle informazioni:

- da vicino, da lontano, verso l'esterno, verso l'interno

- funzione strategica perchè è la base delle decisioni, dei progetti, delle strategie, delle valutazioni

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Tre fronti di attività

La gestione delle persone e con le persone:

- guidare i collaboratori- esercitare la leadership- agire bilanciando autorità formale e autorevolezza- aiutare la crescita- facilitare il cambiamento- gestione del gruppo e dei conflitti - definizione e potenziamento della cultura di

riferimento

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Tre fronti di attività

La gestione dell'azione:

Il fare del coordinatore è un FAR FARE, muovendo risorse, coinvolgendo persone, elaborando dati e informazioni

Vicino alla realtà, ma non troppo per evitare di essere sommersi dai micro-problemi

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Tre fronti di attività

Equilibrio dei tre livelli:

La gestione dei tre livelli deve essere in equilibrio dinamico

L'azione è indispensabile quanto la riflessione

Operare verso l'interno è utile quanto farlo all'esterno

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Cosa significa "creare condizioni organizzative"

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Creare condizioni organizzative

Creare condizioni organizzative vuol dire innanzitutto staccarsi dal “fare” per “far fare”.

Questo significa esercitare una forma di potere.

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Creare condizioni organizzative

L’assunzione della responsabilità è decisiva nell’esercizio dell’autorità e nella sceltadelle forme di pratica del potere. Voler coordinare senza assumersi la responsabilitàdi esercitare il potere è un compito impossibile. Voler negare la propria influenzaderivante dalla posizione asimmetrica e il potere necessario per coordinare, perquanto partecipativa sia la forma di esercizio del potere prescelta, vuol dire preten-dere di eliminare l’ambiguità presente in ogni relazione asimmetrica e, quindi, volernegare i conflitti in essa connaturati. Vuol dire negare che l’autorità sia necessaria,perché richiesta in ogni relazione asimmetrica in cui viga il gioco autonomiadipendenza. Non si può coordinare senza affrontare ed elaborare la possibilità e ilvincolo (ecco l’ambiguità) connaturati a ogni forma di esercizio del potere.

Morelli U., De Togni M.G., (a cura di)Coordinatori infermieristici – Competenze e qualità nelle

relazioni di cura, Edizioni Guerini, Milano 2010, p. 24

A. Pennini - 2011

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Creare condizioni organizzative

Al di là di “cosa il coordinatore fa”, l’organizzazione nasce e cresce da ciò che il coordinatore è.

È la sua impronta, è l’applicazione di talenti, è il suo stile personale di direzione e di leadership, collegato strettamente con le competenze.

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Creare condizioni organizzative

- staccarsi dal “fare”, per andare verso il “far fare” o il “fare attraverso gli altri”, senza perdere di vista la specificità professionale

- essere consapevoli delle proprie potenzialità e competenze ed esercitare una forma di potere

- fare delle cose per “organizzare”

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Creare condizioni organizzative

Attenzione a:

- evidenze scientifiche

- sicurezza dei pazienti

- sicurezza dei collaboratori

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Creare condizioni organizzative

Tre traiettorie di esercizio dinamico del potere:

- in alto

- in basso

- di lato

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Creare condizioni organizzative

Staccarsi dalla posizione originaria:

In questa appartenenza necessaria e allo stesso tempo distaccata sta forse lo spazio in cui cercare le condizioni organizzative, ma soprattutto le competenze e i contenuti distintivi della posizione del coordinatore

A. Pennini - 2011

Morelli U., De Togni M.G., (a cura di)Coordinatori infermieristici – Competenze e qualità

nellerelazioni di cura, Edizioni Guerini, Milano 2010, p. 23

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Creare condizioni organizzative

Il manager compie la sua opera lavorando con, per e tramite le persone

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Delli Poggi A., Lazzarini S., Talucci M.,Dirigere le professioni sanitarie, Carocci, Roma,

2007, p. 36

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Cosa fanno i coordinatori per “organizzare”

Le funzioni del management sonoquelle espresse dal cosidetto quadroPOLC:

1. planning (pianificare)2. organizing (organizzare)3. leading (guidare)4. controlling (controllare)

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Cosa fanno i coordinatori per “organizzare”

L'uso del tempo:

Il tempo è una risorsa unica. Giorno dopo giorno ognuno di noi ne ha a disposizione la stessa quantità.È impossibile accumularlo. Non si può farlo scorrerepiù rapido o fermare. Non è possibile sostituirlo. Deveessere fatto trascorrere alla velocità disessanta secondi al minuto.

Haynes M.E.Time management – Come organizzare al meglio la propria settimana di

lavoroFranco Angeli, Milano 2010, p. 11

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Cosa fanno i coordinatori per “organizzare”

L'uso del tempo:

• necessità: valutazione delle attività in un’ottica di necessità, cioè ponendosi la domanda “è necessaria?” – non solo piacevole o abitudinaria.

• appropriatezza: selezione delle attività essenziali per valutare chi le deve effettuare, con riferimento al quadro normativo, alle responsabilità, alle competenze, alle attitudini ecc.

• efficienza: analisi sulle modalità con cui svolgere un’attività. Dopo avere stabilito che un’attività è necessaria, e che è appropriata la persona o posizione che la svolge, quest’ultimo aspetto permette di evidenziare se il modo in cui la si sta facendo è quello migliore. Risponde alla domanda: c’è un modo migliore per farlo?

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Cosa fanno i coordinatori per “organizzare”

L'uso del tempo:

Ci sono solo 3 modi per migliorare il vostro uso deltempo:

1. interrompere lavori e attività non prioritari2. trovare qualcuno che possa fare parte del vostro

lavoro3. essere più efficienti in ciò che si fa

Haynes M.E.Time management – Come organizzare al meglio la propria settimana di

lavoroFranco Angeli, Milano 2010, p. 11

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Cosa fanno i coordinatori per “organizzare”

L'uso del tempo – metodo ABC:

Il metodo ABC consiste nel suddividere le priorità in tre livelli:

• priorità A: “Devo farlo”; sono attività critiche, come scadenze significative, direttive che non possono essere tralasciate o la risoluzione di problemi che, se non affrontati, ne porterebbero altri;

• priorità B: “Dovrei farlo”; sono attività di media importanza, che contribuiscono a migliorare il contesto, ma non sono determinanti e non hanno scadenze critiche;

• priorità C: “Piacevole a farsi”; sono attività interessanti o piacevoli, ma meno importanti delle altre. Possono essere eliminate, rimandate o programmate per altri momenti.

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Uso del tempo – Matrice di Eisenhower

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Uso del tempo

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Attività urgenti - importanti

Hanno la priorità, sono essenziali e da affrontare immediatamente, spesso in prima persona.

Un possibile segnale che qualcosa non va nell'organizzazione è la preponderanza di attività urgenti-importanti.

Un'appropriata pianificazione può ridurre notevolmente questo tipo di attività.

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Attività non urgenti - importanti

Rientrano fra le attività proattive, riguardano il miglioramento del servizio e la realizzazione degli obiettivi prefissati.

Possono essere rimandate in quanto non urgenti.

E' necessario trovare una mediazione con il tempo dedicato a quelle urgenti per poterle portare avanti.

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Attività urgenti - non importanti

Provengono da pressioni od ordini esterni o di superiori.

Il carattere dell'urgenza è eterdodeterminato.

Per chi le esegue non hanno importanza, ma vengono fatte per evitare discussioni o conflitti.

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Attività non urgenti - non importanti

Non hanno alcun tipo di priorità.

Possono essere attribuite ad altri o addiritura eliminate.

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Priorità per tipologia di attività

La priorità va fissata sulle attività importanti, sia urgenti che no, con precedenza alle prime.

Gli altri due tipi di attività non urgenti dovrebbero essere ridotti o eliminati.

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Bibliografia essenziale Barbieri G., Pennini A., Le responsabilità del coordinatore delle professioni sanitarie, McGraw-Hill, Milano, 2011Barbieri G., Pennini A., Le responsabilità dell'infermiere. Dalla normativa alla pratica, Carocci Faber, Roma, 2007Calamandrei C., Orlandi C., La dirigenza infermieristica, Milano, McGraw-Hill, 2009, 3a ed.Calamandrei C., Pennini A., La leadership in campo infermieristico, McGraw-Hill, 2006Mintzberg H., Il lavoro manageriale, FrancoAngeli, Milano, 2010Santullo A, L’infermiere e le innovazioni in sanità, McGraw-Hill, 2^ edizione 2004, MilanoLavalle T., Dirigere le risorse umane, Carocci Faber, Roma, 2003Marra F., Le funzioni di coordinamento delle professioni sanitarie – Aspetti contrattuali e management, FrancoAngeli, Milano, 2010La Rosa M., Grandi S., a cura di, La formazione manageriale del personale sanitario, FrancoAngeli, Milano, 2004Vanzetta M., Vallicella F., Caldana P., La gestione delle risorse umane – strumenti operativi per le professioni sanitarie, McGraw-Hill, 2008

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