IL CONTROLLO DELL’URBANIZZAZIONE IN AREE A RISCHIO DI INCIDENTE INDUSTRIALE RILEVANTE

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IL CONTROLLO DELL’URBANIZZAZIONE IN AREE A RISCHIO DI INCIDENTE INDUSTRIALE RILEVANTE Attività di ricerca svolta dal Politecnico di Torino a supporto dell’elaborazione e per la sperimentazione dell’applicazione del D.M. 9 maggio 2001 n°151 Politecnico di Torino Agata Spaziante Dipartimento Interateneo Territorio Andrea Carpignano Dipartimento di Energetica Giulio Pignatta Ingegnere per l’Ambiente ed il Territorio Ministero dei Lavori Pubblici Rosario Manzo Di. Co. Ter.

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IL CONTROLLO DELL’URBANIZZAZIONE IN AREE A RISCHIO DI INCIDENTE INDUSTRIALE RILEVANTE Attività di ricerca svolta dal Politecnico di Torino a supporto dell’elaborazione e per la sperimentazione dell’applicazione del D.M. 9 maggio 2001 n°151. Politecnico di Torino - PowerPoint PPT Presentation

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Il controllo dell’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante 1

IL CONTROLLO DELL’URBANIZZAZIONEIN AREE A RISCHIO

DI INCIDENTE INDUSTRIALE RILEVANTEAttività di ricerca svolta dal Politecnico di Torino

a supporto dell’elaborazione e per la sperimentazione dell’applicazionedel D.M. 9 maggio 2001 n°151

Politecnico di Torino

Agata Spaziante Dipartimento Interateneo Territorio

Andrea Carpignano Dipartimento di Energetica

Giulio Pignatta Ingegnere per l’Ambiente ed il Territorio

Ministero dei Lavori Pubblici

Rosario Manzo Di. Co. Ter.

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Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici

n°151 del 9 maggio 2001

 

REQUISITI MINIMI DI SICUREZZA IN MATERIA

DI PIANIFICAZIONE URBANISTICA E TERRITORIALE

PER LE ZONE INTERESSATE DA STABILIMENTI

A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE

Questa presentazione si articola in tre sezioni:

1. Introduzione alla normativa Seveso e genesi del decreto2. Descrizione del decreto ed analisi dei criteri guida di

applicazione contenuti nell’Allegato Tecnico3. Applicazione della nuova normativa

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NORMATIVA SEVESO

• Per normativa Seveso si intende una specifica normativa emanata in ambito comunitario per regolare la gestione della sicurezza relativa ad alcune attività industriali che possono, per loro natura, costituire una rilevante fonte di pericolo sia per gli operatori impiegati che per la popolazione ed il territorio circostante

• Questa normativa prende avvio con l’emanazione della Direttiva CEE/82/501, denominata Seveso con riferimento alla cittadina italiana in cui il 10 giugno 1976 si verificò il catastrofico rilascio di una grande quantità di diossina nell’ambiente

•  La normativa si è ora evoluta con l’emanazione della Direttiva Comunitaria 96/82/CE relativa al controllo di pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, denominata Seveso II.

• Questa Direttiva è stata recepita nella legislazione italiana con il D.lgs. n°334 del 17 agosto 1999

Parte I

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APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SEVESO

• LA NORMATIVA SEVESO SI APPLICA

agli stabilimenti

in cui determinate sostanze pericolose

sono presenti in quantità superiori a certe soglie

• INCIDENTE RILEVANTE E’

un evento (emissione, incendio o esplosione di grande entità)

dovuto a sviluppi incontrollati dell’attività di uno stabilimento

soggetto alla normativa Seveso

che dia luogo ad un pericolo grave per la salute umana o per l’ambiente

Parte I

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DIRETTIVA SEVESO II

• La Direttiva Seveso II: fornisce gli elenchi delle sostante e delle quantità che rendono uno stabilimento soggetto

alla normativa Seveso sancisce le peculiari responsabilità del gestore di uno stabilimento a rischio di incidente

rilevante ne regola gli adempimenti, indicando il contenuto dei documenti da presentare e definendo

le competenze e le procedure stabilisce gli organi competenti per l’applicazione della normativa

• Essa riprende le esigenze di sicurezza alla base della prima Direttiva Seveso e vi affianca numerose innovazioni

• Una delle maggiori innovazioni è la presenza di disposizioni relative al controllo del territorio nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante e la richiesta di realizzarne l’integrazione con gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica preesistenti

Parte I

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CONTROLLO DELL’URBANIZZAZIONE

• L’articolo 14 del D.lgs. 334/99 prevede che, nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, venga svolta un’attività di controllo dell’urbanizzazione, tramite:

• la definizione di requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale, che tengano conto della necessità di mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali, nonché degli obiettivi di prevenire gli incidenti rilevanti o di limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente e in relazione alla necessità di mantenere opportune distanze di sicurezza tra gli stabilimenti e le zone residenziali per:

• a) insediamenti di stabilimenti nuovi;

• b) modifiche degli stabilimenti di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

• c) nuovi insediamenti o infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti, quali ad esempio, vie di comunicazione, luoghi frequentati dal pubblico, zone residenziali, qualora l'ubicazione o l'insediamento o l'infrastruttura possano aggravare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante

Parte I

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Il controllo dell’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante 7

APPROVAZIONE DEL DM 151

• Il D.lgs. 334/99 demandava la definizione di tali requisiti minimi ad un apposito decreto ministeriale

• A tale scopo è stato emanato il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n°151 del 9 maggio 2001, recante requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante

Parte I

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Il controllo dell’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante 8

GRUPPO TECNICO DI LAVORO

• L’elaborazione del Decreto è avvenuta all’interno di un Gruppo Tecnico istituto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Conferenza Stato Regioni su richiesta del Dipartimento Coordinamento Territorio del Ministero dei Lavori Pubblici

•  

• Alla formazione del Gruppo Tecnico hanno partecipato:

 Ministero dei Lavori PubbliciMinistero dell‘AmbienteMinistero dell‘Interno

Ministero dell‘Industria, Commercio e ArtigianatoRegione PiemonteRegione Basilicata

Regione LazioRegione Lombardia

Parte I

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VERIFICA PRELIMINARE DI APPLICAZIONE

• A supporto dell’elaborazione del Decreto il Ministero dei Lavori Pubblici, in collaborazione con il Politecnico di Torino, ha svolto delle attività di sperimentazione e ricerca per la definizione di criteri guida per la pianificazione territoriale nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante

• Con questa iniziativa si è inteso sperimentare un orientamento innovativo e cooperativo, ovvero la verifica preliminare dei problemi di applicabilità di un decreto attraverso una approfondita attività tecnico-scientifica in collaborazione con il mondo accademico, da sottoporre al successivo confronto con tutti i soggetti coinvolti (altri Ministeri, Regioni, associazioni di categoria, Sindacati, ecc.)

• Tale attività di ricerca è stata integrata dai risultati di una tesi dal titolo: Il controllo dell'urbanizzazione nei pressi di stabilimenti a rischio di incidente rilevante Autore: Giulio Pignatta - Relatori: Prof.ssa Agata Spaziante e Prof. Andrea Carpignano)

Parte I

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OBIETTIVI DEL DM 151 DEL 9/5/2001

• Il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici n°151 del 9 maggio 2001 si pone come obiettivo la limitazione delle conseguenze di incidenti rilevanti attraverso la definizione di requisiti minimi di sicurezza da rispettare nella pianificazione del territorio circostante gli stabilimenti Seveso

• In concreto in Decreto indica le DISTANZE MINIME DI SICUREZZA tra i vari tipi di stabilimento Seveso ed i vari elementi territoriali

• Il Decreto si applica a: l’insediamento di nuovi stabilimenti l’apporto di modifiche agli stabilimenti esistenti che comportino un aggravio del

rischio di incidente rilevante l’insediamento di nuovi insediamenti o infrastrutture attorno a stabilimenti

esistenti

•  Il Decreto stabilisce che i requisiti minimi di sicurezza vengano recepiti: nella pianificazione in ambito locale (art. 3) nella pianificazione di area vasta (art. 4)

Parte II

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PIANIFICAZIONE URBANISTICA

• Le Amministrazioni Comunali devono: verificare la presenza sul loro territorio di aree soggette al decreto (in

base all’esistenza di Stabilimenti Seveso) integrare gli strumenti urbanistici in vigore con uno specifico Elaborato

Tecnico che illustri, secondo le modalità illustrate nel Decreto, l’ubicazione degli stabilimenti Seveso e le aree interessate dagli scenari incidentali

aggiornare gli strumenti urbanistici in modo da ottenere in tali aree il rispetto dei requisiti minimi di sicurezza

trasmettere agli altri enti locali territoriali interessati dagli scenari incidentali le informazioni raccolte affinché possano a loro volta attivare le procedure di adeguamento degli strumenti di pianificazione

Parte II

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PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

• Le Amministrazioni Provinciali devono: integrare i propri strumenti di pianificazione territoriale con le

informazioni relative alle aree soggette al decreto in base alle informazioni fornite dai comuni

disciplinare attraverso il Piano Territoriale di Coordinamento la relazione degli stabilimento esistenti o proposti con gli elementi territoriali ed ambientali vulnerabili

Parte II

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CONTENUTO DELL’ALLEGATO TECNICO

• L’Allegato Tecnico al D.M. n°151 del 9 maggio 2001 contiene una serie di CRITERI GUIDA per l’applicazione, ovvero una proposta di criteri di sicurezza per la pianificazione del territorio attorno agli stabilimenti Seveso

• In base alla legislazione italiana la pianificazione del territorio è una materia di competenza regionale ma, nell’attesa del recepimento del decreto nelle legislazioni regionali, le indicazioni contenute nell’Allegato costituiscono un valido riferimento per l’attività di pianificazione degli Enti Locali territoriali

• Inoltre occorre considerare che il rispetto dei criteri forniti nell’Allegato rappresenta un requisito minimo di sicurezza, per cui le singole legislazioni regionali potranno discostarsi da essi solamente con l’adozione di criteri più restrittivi

Parte II

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STRUTTURA DELL’ALLEGATO TECNICO

• L’approccio proposto dall’Allegato Tecnico alla pianificazione del territorio si struttura in tre fasi: classificazione del territorio in base alla vulnerabilità definizione del rischio associato ad un determinato stabilimento determinazione del massimo livello di rischio compatibile con

l’esistenza di elementi territoriali appartenenti ad una determinata classe

• A sua volta la definizione del rischio associato si articola in: definizione degli scenari incidentali più gravi attendibili per un

determinato stabilimento stima della probabilità di accadimento degli incidenti (classificazione

degli stabilimenti in base al livello intrinseco di sicurezza)

Parte II

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CLASSIFICAZIONE DEL TERRITORIO

• L’Allegato contiene una classificazione (Tabella 1) del territorio in base alla sua vulnerabilità in caso di incidente rilevante. Il parametro scelto per la classificazione degli insediamenti estesi è

l’indice fondiario di edificazione, reale o previsto dallo strumento urbanistico.

Altri specifici elementi vulnerabili di natura puntuale sono elencati singolarmente all’interno delle singole categorie di vulnerabilità

• La Tabella 1 nasce da un lavoro di verifica e aggiornamento di quella analoga contenuta nel Decreto del Ministero dell’Ambiente del 15 maggio 1996, recante Criteri di analisi e valutazione dei Rapporti di Sicurezza relativi a depositi di gas di petrolio liquefatto (GPL)

Parte II

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CATEGORIE TERRITORIALI - 1

Parte II

Categoria A

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali l’indice fondiario di edificazione sia superiore a 4,5 m3/m2.

2. Luoghi di concentrazione di persone con limitata capacità di mobilità - ad esempio ospedali, case di cura, ospizi, asili, scuole inferiori, ecc. (oltre 25 posti letto o 100 persone presenti).

3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all’aperto - ad esempio mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (oltre 500 persone presenti).

Categoria B

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali l’indice fondiario di edificazione sia compreso tra 4,5 e 1,5 m3/m2.

2. Luoghi di concentrazione di persone con limitata capacità di mobilità - ad esempio ospedali, case di cura, ospizi, asili, scuole inferiori, ecc. (fino a 25 posti letto o 100 persone presenti).

3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all’aperto - ad esempio mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (fino a 500 persone presenti).

4. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante al chiuso - ad esempio centri commerciali, terziari, per servizi, uffici, scuole superiori, università, ecc. (oltre 500 persone presenti).

5. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante con limitati periodi di esposizione al rischio - ad esempio luoghi di pubblico spettacolo, destinati ad attività ricreative, sportive, culturali, religiose, ecc. (oltre 100 persone presenti se si tratta di luogo all’aperto, oltre 1000 al chiuso).

6. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto (movimento passeggeri superiore a 1000 persone/giorno).

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CATEGORIE TERRITORIALI - 2

Categoria C

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali l’indice fondiario di edificazione sia compreso tra 1,5 e 1 m3/m2.

2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante al chiuso - ad esempio centri commerciali, terziari e direzionali, per servizi, strutture ricettive, scuole superiori, università, ecc. (fino a 500 persone presenti).

3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante con limitati periodi di esposizione al rischio - ad esempio luoghi di pubblico spettacolo, destinati ad attività ricreative, sportive, culturali, religiose, ecc. (fino a 100 persone presenti se si tratta di luogo all’aperto, fino a 1000 al chiuso; di qualunque dimensione se la frequentazione è al massimo settimanale).

4. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto (movimento passeggeri fino a 1000 persone/giorno).

Categoria D

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali l’indice fondiario di edificazione sia compreso tra 1 e 0,5 m3/m2.

2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante, con frequentazione al massimo mensile - ad esempio fiere, mercatini o altri eventi periodici, cimiteri, ecc..

Categoria E

1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali l’indice fondiario di edificazione sia inferiore a 0,5 m3/m2.

2. Insediamenti industriali, artigianali, agricoli, e zootecnici.

Categoria F

1. Area entro i confini dello stabilimento.

2. Area limitrofa allo stabilimento, entro la quale non sono presenti manufatti o strutture in cui sia prevista l’ordinaria presenza di gruppi di persone.

Parte II

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DEFINIZIONE DEL RISCHIO ASSOCIATO

• La determinazione del livello di rischio associato ad uno stabilimento si basa su un approccio che tiene conto: delle conseguenze degli incidenti rilevanti della loro probabilità di accadimento

• La stima delle conseguenze previste in caso di incidente è ricondotta, in linea con la normativa vigente: alla determinazione di distanze di danno tramite la scelta di scenari incidentali di riferimento standard e di livelli di soglia per i fenomeni fisici ad essi associati (irraggiamento

termico istantaneo o continuo, onda d'urto, dispersione)

• La probabilità di accadimento dei vari incidenti viene calcolata durante le analisi di sicurezza che devono essere obbligatoriamente effettuate sugli impianti in base alla normativa Seveso

Parte II

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DISTANZE DI DANNO

• Per distanze di danno si intendono le distanze dal punto in cui si ipotizza il verificarsi dell’incidente di riferimento entro le quali il parametro associato rimane al di sopra della soglia corrispondente

• Nell’Allegato al Decreto (tabella 2): si elencano le tipologie generali di fenomeni, cui si possono ricondurre tutti gli

incidenti possibili si individua il parametro fisico caratteristico di ogni tipologia si stabiliscono i valori di soglia per il parametro in corrispondenza dei quali si

attende un cambiamento qualitativo del danno

• Il decreto stabilisce 5 valori di soglia corrispondenti ad altrettante distanze di danno

Parte II

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VALORI DI SOGLIA

Parte II

Elevata letalità

Inizio letalità

Lesioni irreversibili

Lesioni reversibili

Effetti domino

Incendio (radiazione termica stazionaria)

12,5 kW/m2 7 kW/m2 5 kW/m2 3 kW/m2 12,5

kW/m2

BLEVE/Fireball (Radiazione termica variabile)

raggio fireball

350 KJ/m2 200 kJ/m2 125 kJ/m2 200-800 m

Flash fire (radiazione termica istantane)

LFL   ½ LFL    

UVE (sovrapressione di picco)

0,3 bar 0,14 bar 0,07 bar 0,03 bar 0,3 bar

Rilascio tossico (dose assorbita)

LC50

(30’,hmn)  IDLH    

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CRITERIO DI COMPATIBILITA’ TERRITORIALE - 1

• Il decreto stabilisce la compatibilità tra stabilimenti ed insediamenti precisando:

1. PER LE AREE COMPRESE ALL’INTERNO DI OGNUNA DELLE DISTANZE DI DANNO DEFINITE

2. IN BASE ALLA PROBABILITA’ DI ACCADIMENTO DELL’INCIDENTE DI RIFERIMENTO

3. QUALI CATEGORIE TERRITORIALI RISULTANO COMPATIBILI CON LO STABILIMENTO IN ESAME

Parte II

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CRITERIO DI COMPATIBILITA’ TERRITORIALE - 2

• Vengono fornite due tabelle:

• la Tabella 3a contiene i criteri da utilizzare per la predisposizione e per la modifica degli strumenti urbanistici

• la Tabella 3b contiene i criteri – più rigidi – da utilizzare per il rilascio di concessioni o autorizzazioni in mancanza della variante urbanistica

• In assenza di variante urbanistica, il rilascio di concessioni e autorizzazioni è subordinato al parere favorevole dell’Autorità Competente (definita dall’art. 21 del D.lgs. 334/99)

Parte II

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Il controllo dell’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante 23

CATEGORIE TERRITORIALI COMPATIBILI

Le categorie tra parentesi compaiono solo nella Tabella 3a, quindi non sono da utilizzarsi per il rilascio di concessioni o autorizzazioni edilizie in assenza di variante urbanistica

Parte II

Classe di probabilità degli eventi

Categorie di effetti

Elevata letalità Inizio letalità Lesioni irreversibili Lesioni reversibili

< 10-6 (D) EF (C) DEF (B) CDEF (A) BCDEF

10-4 – 10-6 (E) F (D) EF (C) DEF (B) CDEF

10-3 – 10-4 F (E) F (D) EF (C) DEF

> 10-3 F F (E) F (D) EF

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COMPETENZE

• Amministrazioni comunali:

• devono effettuare la classificazione delle aree soggette al decreto in base alla Tabella 1

• L’Amministrazione Pubblica utilizza direttamente le informazioni fornite nel caso degli stabilimenti meno pericolosi (soggetti agli artt. 6 e 7 del D.lgs. 334/99), mentre si basa sul parere dell’Autorità Competente nel caso dei di quelli maggiormente pericolosi (soggetti all’art. 8 del D.lgs. 334/99)

• Gestori degli stabilimenti:

• devono determinare la probabilità di accadimento degli incidenti di riferimento ed il calcolo delle distanze di danno in base ai valori di soglia forniti dal Decreto

• Si tratta di informazioni già fornite all’Amministrazione Pubblica in ottemperanza agli obblighi di legge per la redazione dei Piani di Emergenza

Parte II

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Il controllo dell’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante 25

CONSIDERAZIONI SULLE DISTANZE DI DANNO - 1

• La definizione delle distanze di danno non è un operazione semplice ed univoca: i risultati variano a seconda che si utilizzino metodi semplificati o analitici di

calcolo, ed in questo secondo caso in base agli scenari incidentali considerati ed ai modelli matematici utilizzati

• Una variabile importante sono le misure di sicurezza adottate nei singoli stabilimenti per ridurre le conseguenze di un eventuale incidente: per questo motivo, con il migliorare delle tecnologie a disposizione e degli

interventi dei gestori degli stabilimenti orientati a ridurre le probabilità di incidente, si assiste in generale ad una riduzione dei cerchi di danno ipotizzati

• I risultati più accurati si ottengono con studi analitici impegnativi e costosi, condotti tenendo conto delle peculiarità dei singoli impianti per questo motivo si è scelto di fare riferimento alle informazioni fornite dai

gestori e di assegnare all’Amministrazione Pubblica un ruolo di consulenza e controllo

Parte II

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CONSIDERAZIONI SULLE DISTANZE DI DANNO - 2

• Un esempio analizzato in fase di elaborazione del decreto è rappresentato dai depositi di gas GPL esistenti nel Comune di Volpiano (TO)

• Il confronto tra le aree di danno ipotizzate nell’ultima decade per uno dei depositi in riferimento ad uno stesso valore di soglia (corrispondente ad una situazione di elevata letalità in caso di incidente) evidenzia una generale tendenza alla riduzione della loro ampiezza

• Questo grazie al miglioramento delle tecnologie e della modellistica a disposizione, nonché dell’evoluzione della normativa, che hanno inciso sulla scelta degli incidenti di riferimento, sulla loro probabilità di accadimento e sul modo con cui essa viene stimata

Parte II

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CONSIDERAZIONI SULLE DISTANZE DI DANNO - 3

Parte II

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APPLICAZIONE DELLA NUOVA NORMATIVA

• Nell’applicazione della nuova normativa si delineano tre fattispecie principali:

• Richiesta di insediamento di stabilimenti nuovi e modifiche di stabilimenti esistenti costituenti aggravante per il livello di rischio: l’azione di controllo dell’urbanizzazione è attivata da una richiesta del gestore il rispetto dei requisiti minimi deve essere garantito

• Incompatibilità ai sensi della nuova normativa legate a realtà preesistenti: l’autorità pubblica valuta di sua iniziativa le condizioni di rischio esistenti e

prevedibili il rispetto dei requisiti minimi non sempre è possibile

• Richiesta di concessione per nuovi insediamenti o infrastrutture nei dintorni di stabilimenti esistenti: l’autorità pubblica valuta di sua iniziativa le condizioni di rischio esistenti e

prevedibili il rispetto dei requisiti minimi deve essere garantito

Parte III

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NUOVI STABILIMENTI

• Il controllo della compatibilità con il territorio avviene nell’ambito del procedimento autorizzativo coordinato dallo Sportello Unico per le Attività Produttive

• Le prescrizioni di limitazione all’edificazione o all’uso di determinate aree vanno recepite nello strumento urbanistico in un apposito Elaborato Tecnico

• Nel caso di incompatibilità del progetto con le previsioni dello strumento urbanistico è possibile, in taluni casi, attivare una Procedura Speciale di Variante

• La maggior parte degli stabilimenti soggetti al D.lgs. 334/99 devono essere sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale

Parte III

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STABILIMENTI ESISTENTI

• L’esistenza di stabilimenti a rischio di incidente rilevante comporta l’imposizione di distanze di rispetto:

• i suoli interessati non perdono i diritti edificatori preesistenti, ma tali diritti non possono essere esercitati entro le distanze di sicurezza

• Nella pratica risulta spesso indispensabile per garantire i diritti reali della popolazione sanare le situazioni di incompatibilità

• A tale scopo l’Amministrazione comunale può promuovere, anche su proposta del gestore, un Programma Integrato di Intervento che preveda, ad esempio: permute di diritti edificatori e misure compensative una variante allo strumento urbanistico l’imposizione di limitazioni all’esercizio dell’impianto la realizzazione di specifiche opere di protezione in casi estremi, la modifica o rilocalizzazione degli insediamenti esistenti

Parte III

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INSEDIAMENTI ATTORNO STABILIMENTI ESISTENTI

• Durante il periodo transitorio, la necessità di ottenere il parere positivo dell’Autorità Competente per le concessioni edilizie e le altre autorizzazioni nelle aree soggette al Decreto garantisce il rispetto dei requisiti minimi di sicurezza

• Successivamente, in seguito all’adozione delle varianti allo strumento urbanistico necessario al rispetto della nuova normativa, non sarà più necessario ricorrere ad una procedura differenziata

Parte III

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Il controllo dell’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante 32

SPERIMENTAZIONE SU SCENARI IPOTETICI - 1

• Durante l’elaborazione del Decreto, attraverso la collaborazione con il Politecnico di Torino, lo schema di valutazione è stato applicato ad una casistica completa di scenari incidentali ipotetici

• Tali applicazioni sono descritte nell’ambito della Tesi: Il controllo dell'urbanizzazione nei pressi di stabilimenti a rischio di incidente rilevante

• Gli esempi sono stati ottenuti ipotizzando la localizzazione di stabilimenti fittizi su un territorio reale ed analizzando le prevedibili conseguenze della nuova normativa

Parte III

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Il controllo dell’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante 33

SPERIMENTAZIONE SU SCENARI IPOTETICI - 2

La carta illustra l’ipotetica localizzazione di un deposito di bombole di acetilene.

I cerchi individuano le aree di danno associate ad un eventuale incidente catastrofico

 

Parte III

Page 34: IL CONTROLLO DELL’URBANIZZAZIONE IN AREE A RISCHIO DI INCIDENTE INDUSTRIALE RILEVANTE

Il controllo dell’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante 34

SPERIMENTAZIONE SU SCENARI IPOTETICI - 3

• Lo stabilimento non è ritenuto in prima istanza compatibile con il territorio, tuttavia lo potrebbe diventare con un incremento del livello di sicurezza, che farebbe aumentare le categorie territoriali compatibili con le zone di danno

• Interventi tali da portare all’esclusione degli scenari incidentali peggiori permetterebbero invece di ridurre l’ampiezza delle zone di danno, eliminando il problema di incompatibilità

• In alternativa la situazione di incompatibilità potrebbe venire risolta con l’acquisizione da parte della proprietà dello stabilimento dei lotti compresi nella prima area di danno e con la compensazione economica dei i proprietari dei lotti compresi nella seconda area di danno per la riduzione dell’indice di edificabilità

• Infine l’Amministrazione Pubblica potrebbe autorizzare l’insediamento dello stabilimento prevedendo lo spostamento dei diritti edificatori lesi in altre parti del territorio comunale, salvaguardando i diritti dei proprietari

Parte III