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1 XXXII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI IL CONTRIBUTO DELL’AGRITURISMO DOP-IGP E CIVILTÀ DEL CASTAGNO PER LA VALORIZZAZIONE DELLA MONTAGNA Mario ADUA 1 SOMMARIO L’apposita elaborazione e l’analisi dei dati statistici ufficiali diffusi dall’ISTAT (Istituto nazionale di statistica) e dall’IFNC (Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio) consentono di evidenziare il contributo, e l’evoluzione nel corso del decennio 2000-2010, che l’agriturismo, le DOP-IGP e la civiltà del castagno forniscono alla valorizzazione della montagna italiana. La ricerca evidenzia come l’agriturismo, i prodotti agroalimentari di qualità e la civiltà del castagno costituiscono, ciascuno con le sue caratteristiche e specificità, dei patrimoni importanti della montagna da conservare, proteggere e valorizzare meglio. Complessivamente si tratta di circa 50 mila aziende agricole montane (escluse quelle unicamente forestali con boschi di castagno) che scommettono sulla montagna e che guardano con attenzione e apprensione al futuro. 1 Istituto nazionale di statistica, Viale Oceano Pacifico 171, 00144, Roma, e-mail: [email protected]

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XXXII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI

IL CONTRIBUTO DELL’AGRITURISMO DOP-IGP E CIVILTÀ DEL CASTAGNO PER

LA VALORIZZAZIONE DELLA MONTAGNA

Mario ADUA1

SOMMARIO

L’apposita elaborazione e l’analisi dei dati statistici ufficiali diffusi dall’ISTAT (Istituto

nazionale di statistica) e dall’IFNC (Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali

di carbonio) consentono di evidenziare il contributo, e l’evoluzione nel corso del decennio

2000-2010, che l’agriturismo, le DOP-IGP e la civiltà del castagno forniscono alla

valorizzazione della montagna italiana.

La ricerca evidenzia come l’agriturismo, i prodotti agroalimentari di qualità e la civiltà del

castagno costituiscono, ciascuno con le sue caratteristiche e specificità, dei patrimoni

importanti della montagna da conservare, proteggere e valorizzare meglio.

Complessivamente si tratta di circa 50 mila aziende agricole montane (escluse quelle

unicamente forestali con boschi di castagno) che scommettono sulla montagna e che guardano

con attenzione e apprensione al futuro.

1 Istituto nazionale di statistica, Viale Oceano Pacifico 171, 00144, Roma, e-mail: [email protected]

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1 Introduzione

Lo studio si basa sull’analisi di apposite elaborazioni dei microdati aziendali riferiti agli anni

2004-2010 e relativi alla zona altimetrica montagna, rilevati in occasione delle ultime edizioni

di talune specifiche indagini agricole realizzate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e dal

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MiPAAF).

Le rilevazioni prese in esame sono le seguenti:

- Indagine sulla struttura e sulle produzioni delle aziende agricole (SPA), anni 2003 e 2007;

- Rilevazione sull’agriturismo (Agritur), anni 2005 e 2010;

- Rilevazione sui prodotti agroalimentari di qualità DOP, IGP e STG, anni 2004 e 2010;

- Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (IFNC), anno 2005.

Nella scelta degli anni di riferimento dei dati di ogni singola indagine si tiene conto sia delle

caratteristiche della rilevazione esaminata sia della loro disponibilità, nonché degli ultimi

risultati pubblicati.

Si sottolinea che le rilevazioni esaminate costituiscono, per unanime riconoscimento rispetto

alle specifiche tematiche analizzate, il meglio di cui si dispone per metodologia impiegata,

controllo e correzione dei dati, tempestività di diffusione dei risultati, completezza delle

informazioni, livello territoriale dei risultati (regionali per l’indagine SPA e l’IFNC e

provinciale per agriturismo e prodotti agroalimentari di qualità)

In base alla classificazione ufficiale utilizzata dall’Istat per montagna si intende il “territorio

caratterizzato dalla presenza di notevoli masse rilevate aventi altitudini, di norma, non

inferiori a 600 metri nell’Italia settentrionale e 700 metri nell’Italia centro-meridionale e

insulare. Le aree intercluse fra le masse rilevate, costituite da valli, altipiani ed analoghe

configurazioni del suolo, sono comprese nella zona di montagna”. Per l’IFNC si considera

montagna le classi di altitudine sopra i 500 metri.

2 Il quadro di riferimento

In attesa della prossima pubblicazione dei dati censuari, le informazioni disponibili più recenti per

zona altimetrica sono quelle relative alla SPA 2007. L’Indagine rileva per il 2007 la presenza in

Italia di 1,7 milioni di aziende agricole con Superficie agricola totale (SAT) e Superficie agricola

utilizzata (SAU) pari, rispettivamente, a 17,8 e 12,7 milioni di ettari “(Istat, 2009)” (Tab. 1). Il

70,0% delle aziende viene condotto da uomini e il restante 30,0% da donne. Le aziende con

allevamenti sono complessivamente 309 mila.

Rispetto al 2003, a livello nazionale, si registrano le seguenti variazioni “(Istat, 2005,2009)”:

- le aziende calano di 284 mila unità (-14,5%);

- percentualmente le aziende a conduzione maschile (-16,9%) calano maggiormente di

quelle a gestione femminile (-8,8%);

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- le aziende con allevamenti si riducono di 49 mila unità (-13,7%);

- la SAT diminuisce di 391 mila ettari (-2,1%);

- la SAU si riduce di 372 mila ettari (-2,8%).

Tabella 1 – Caratteristiche delle aziende agricole – Anni 2003-2007 (superficie in ettari)

A – Italia in complesso

Aziende

Superficie

Anni Variazioni 2007 / 2003

2003 2007 Assolute Percentuali

Aziende

Conduzione maschile 1.375.208 1.142.739 -232.469 -16,9

Conduzione femminile 588.609 536.700 -51.909 -8,8

Con allevamenti 358.571 309.468 -49.103 -13,7

Totale aziende 1.963.817 1.679.439 -284.378 -14,5

Superficie

SAT 18.232.573 17.841.544 -391.029 -2,1

SAU 13.115.811 12.744.196 -371.615 -2,8

B – Montagna

Aziende

Superficie

Anni Variazioni 2007 / 2003

2003 2007 Assolute Percentuali

Aziende

Conduzione maschile 248.075 214.087 -33.988 -13,7

Conduzione femminile 119.210 106.732 -12.478 -10,5

Totale aziende 367.285 320.819 -46.466 -12,7

Superficie

SAT 5.694.213 5.876.573 182.360 3,2

SAU 3.038.013 3.107.848 69.835 2,3

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Indagine sulla struttura e produzione delle aziende agricole – Anni 2003 e 2007

Analizzando le sole aziende montane si rileva, sempre nel 2007, una consistenza di 321 mila

aziende con 5,9 milioni di SAT e 3,1 milioni di SAU; tra il 2007 e il 2003 si evidenziano le

seguenti evoluzioni:

- le aziende diminuiscono di 47 mila unità (-12,7%);

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- percentualmente le aziende a conduzione maschile (-13,7%) calano maggiormente di

quelle a gestione femminile (-10,5%);

- la SAT si incrementa di 182 mila ettari (+3,2%);

- la SAU aumenta di 70 mila ettari (+2,3%).

In sintesi, a livello nazionale si registra sia un calo significativo di aziende sia una

diminuzione meno consistente della superficie agricola. In montagna si rileva, anche se in

misura meno elevata rispetto a quella riscontrata a livello nazionale, una diminuzione delle

aziende a fronte di un incremento contenuto della superficie agricola sia totale sia utilizzata.

3 L’Agriturismo

L’agriturismo costituisce una realtà tipicamente italiana presente in tutte le regioni, sia pur

con caratteristiche differenti per tipologia e consistenza nelle diverse aree del Paese.

3.1 L’agriturismo in Italia

Al 31 dicembre 2010 le aziende agricole autorizzate all’esercizio dell’agriturismo ammontano

a circa 20 mila, con un incremento di mille unità (+5,0%) rispetto alla stessa data dell’anno

precedente “(Adua, 2012)”. In particolare si registrano i seguenti aumenti: +5,2% (0,8 mila

unità) per le aziende autorizzate all’alloggio, +6,2% (0,6 mila unità) per i ristori agrituristici,

+12,8% (0,4 mila unità) per quelle di degustazione e +7,9% (0,8 mila unità) per le aziende con

altre attività (equitazione, escursionismo, osservazioni naturalistiche, trekking, mountain bike,

fattorie didattiche, corsi, sport, varie) “(Adua, 2012)”.

Oltre la metà delle aziende è localizzata in collina (51,8%), un terzo in montagna (33,2%) e

appena il 15,0% in pianura. Il 45,3% delle aziende agrituristiche si concentra nel Nord del

Paese, il 34,1% nel Centro e il restante 20,6% nel Mezzogiorno.

In particolare, nelle regioni settentrionali e nel Mezzogiorno si concentra la percentuale più

alta delle aziende con ristorazione (rispettivamente il 45,5% e il 31,9% del totale), nell’Italia

centrale è presente il 50,6% degli agriturismi con degustazione.

Complessivamente, si evidenzia una presenza agrituristica capillarmente diffusa e

storicamente radicata in Toscana e in Alto Adige, dove sono localizzate, rispettivamente, 4,1 e

3,0 mila aziende. L’attività agrituristica presenta dimensioni significative anche in Lombardia,

Veneto, Umbria, Piemonte e Emilia-Romagna (con oltre mille aziende), Campania, Lazio,

Sardegna e Marche (con oltre 700 aziende).

Si conferma una presenza femminile significativa nella conduzione delle aziende

agrituristiche, con una quota del 34,3% (6,8 mila unità). La conduzione femminile è

particolarmente significativa in Toscana, dove le donne gestiscono 1,7 mila agriturismi, pari

al 24,2% del totale nazionale.

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Nel corso del 2010, sono 1,7 mila le nuove aziende autorizzate all’attività agrituristica e 0,7

mila quelle cessate; rispetto al 2009, si registra un aumento delle nuove autorizzazioni (+0,4

mila unità) e un contenuto calo delle cessazioni (-0,1 mila unità) “(Adua 2010/4)”.

In cinque anni, cioè tra il 2005 e il 2010, le aziende agrituristiche aumentano del 30,3% (da

15,3 a 20,0 mila unità), gli alloggi del 31,1% (da 12,6 a 16,5 mila unità), i ristori del 37,7%

(da 7,2 a 9,9 mila unità), mentre le aziende con degustazione e quelle con altre attività

agrituristiche crescono con un ritmo pari, rispettivamente a +50,9% e a +30,5% “(Adua,

2007/1, 2012)” (Tab. 2).

Tabella 2 – Aziende agrituristiche italiane per tipologia – Anni 2005 e 2010

TIPOLOGIE Anni Variazioni 2010/2005 AGRITURISTICHE 2005 2010 Assolute % ALLOGGIO - Aziende 12.593 16.504 3.911 31,1 - Posti letto 150.856 206.145 55.289 36,7 - Piazzole di sosta 5.826 8.759 2.933 50,3 RISTORAZIONE - Aziende 7.201 9.914 2.713 37,7 - Posti a sedere 277.866 385.470 107.604 38,7 DEGUSTAZIONE - Aziende 2.542 3.836 1.294 50,9 ALTRE ATTIVITA' - Aziende 8.755 11.421 2.666 30,5 di cui con: - Equitazione 1.478 1.638 160 10,8

- Escursionismo 2.981 3.190 209 7,0

- Osservazioni naturalistiche 575 784 209 36,3

- Trekking 1.426 1.950 524 36,7

- Mountain bike 2.258 2.800 542 24,0

- Fattorie didattiche (a) 752 - -

- Corsi 942 1.967 1.025 108,8

- Sport 3.474 4.152 678 19,5

- Varie 4.288 6.312 2.024 47,2

AGRITURISMO - Aziende in complesso 15.327 19.973 4.646 30,3 Fonte: Elaborazione su dati Istat, Rilevazione sull’agriturismo - Anni 2005 e 2010 (a) - Dato non rilevato

L’evoluzione del settore fa sì che, nel 2010, l’alloggio e la ristorazione si confermano come

le principali attività agrituristiche, spesso arricchite dalla degustazione o dalle altre attività

(equitazione, escursionismo, osservazioni naturalistiche, trekking, mountain bike, fattorie

didattiche, corsi, sport e varie) “(Adua, 2011/2)”.

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L’agriturismo si conferma come una realtà tipicamente italiana, diversa dal turismo rurale2

diffuso negli altri Paesi europei “(Adua, 2009/1)”.

Peraltro, lo stretto legame fra l’attività agrituristica e la gestione complessiva delle aziende

agricole qualifica il settore come una risorsa fondamentale della realtà agricola del Paese

“(Adua, 2009/3)”.

3.2 L’Agriturismo in montagna

Nel 2010 vengono rilevati 6,6 mila agriturismi montani; rispetto agli analoghi dati relativi al

2005, si registra un incremento complessivo di 1,2 mila unità (+21,3%) (Tab. 3). Globalmente

il parco agrituristico montano comprende 5,5 mila alloggi, con 57 mila posti letto e 1,9 mila

piazzole di sosta, 2,7 mila ristori con 87,2 mila posti a sedere, 0,8 mila aziende con

degustazione di prodotti locali e 3,3 mila aziende che svolgono complessivamente 6,1 mila

altre attività agrituristiche.

Analizzando le singole tipologie agrituristiche è possibile evidenziare, sempre fra il 2005 e il

2010, le seguenti principali evoluzioni:

- per l’alloggio, risultano in aumento sia le aziende ospitanti (+21,1%) sia i posti letto

disponibili (+21,6%) e le piazzole di sosta (+64,6%);

- per la ristorazione, crescono sia i ristori (+26,3%) sia i posti a sedere (+34,1%);

- per la degustazione, le aziende con tale servizio crescono del 53,9%);

- per le altre attività agrituristiche, aumentano sia il numero delle aziende (+13,7%) sia i

singoli servizi offerti.

Appare evidente come in montagna, a fronte di un calo consistente delle aziende agricole

registrato negli ultimi anni, gli agriturismi risultano in netta controtendenza, aumentando in

maniera generalizzata e significativa, fra il 2005 e il 2010, a livello sia di aziende autorizzate

sia di singole tipologie di servizi disponibili per la clientela.

L’analisi territoriale dei dati e il loro confronto nel quinquennio considerato è molto

interessante e consente di determinare sia la localizzazione e la concentrazione del fenomeno

esaminato nei territori montani a maggior vocazione agrituristica, sia le regioni ove, nel

periodo considerato, si registrano le dinamiche più significative (Tab. 4).

L’agriturismo montano italiano risulta caratterizzato da una radicata e consistente presenza,

storicamente concentrata, prevalentemente in Alto Adige; infatti, nel 2005, risultano presenti

in provincia di Bolzano ben 2,6 mila aziende agricole autorizzate allo svolgimento delle

attività agrituristiche che costituiscono il 69,0% di quelle settentrionali e il 48,3% del totale

nazionale.

2 Per l'Unione Europea il turismo rurale é una nozione molto ampia comprendente qualsiasi attività turistica svolta in ambiente rurale compreso il turismo nelle aziende agricole o agriturismo . In Italia invece, è necessario distinguere fra i due settori; infatti solo l'agriturismo viene considerato come una vera e propria attività agricola, accessoria alla coltivazione o all'allevamento.

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Sempre in base ai dati relativi al 2005, nel Nord seguono l’Alto Adige, sia pure a grande

distanza, la Lombardia e il Trentino con, rispettivamente, 0,3 e 0,2 mila agriturismi. Nel

Centro sono localizzate circa 0,9 mila aziende, di cui 0,5 mila in Toscana; nel Mezzogiorno si

contano 0,8 mila unità, di cui 0,2 mila sia in Campania che in Abruzzo.

Fra il 2005 e il 2010 gli agriturismi montani si incrementano complessivamente di 1,2 mila

unità (+21,3%). L’aumento più consistente, per altro sempre concentrato in Alto Adige, si

registra nel Nord (+0,7 mila unità, pari a +19,0%), mentre aumenti meno consistenti si

rilevano nel Mezzogiorno (+0,3 mila unità, pari a +34,8%) e nel Centro (+0,2 mila unità, pari

a +19,3%).

Tabella 3 – Aziende agrituristiche montane per tipologia – Anni 2005 e 2010

TIPOLOGIE Anni Variazioni 2005/2010 AGRITURISTICHE 2005 2010 Assolute %

ALLOGGIO - Aziende 4.557 5.519 962 21,1 - Posti letto 46.890 57.025 10.135 21,6 - Piazzole di sosta 1.128 1.857 729 64,6 RISTORAZIONE - Aziende 2.104 2.658 554 26,3 - Posti a sedere 65.015 87.185 22.170 34,1 DEGUSTAZIONE - Aziende 492 757 265 53,9 ALTRE ATTIVITA' - Aziende 2.886 3.281 395 13,7 di cui con: - Equitazione 504 520 16 3,2 - Escursionismo 1.515 1.391 -124 -8,2 - Osservazioni naturalistiche 159 206 47 29,6 - Trekking 364 447 83 22,8 - Mountain bike 351 423 72 20,5 - Fattorie didattiche (a) 137 137 - - Corsi 205 348 143 69,8 - Sport 1.172 1.233 61 5,2 - Varie 890 1.360 470 52,8 AGRITURISMO - Aziende in complesso 5.463 6.628 1.165 21,3 Fonte: Elaborazione su dati Istat, Rilevazione sull’agriturismo - Anni 2005 e 2010 (a) - Dato non rilevato

In assoluto, l’incremento più forte si registra in Trentino-Alto Adige, con un aumento di 0,5

mila unità, di cui ben 0,4 mila in Alto Adige e le restanti 0,1 mila in Trentino.

Nel quinquennio esaminato, gli altri aumenti più rilevanti si registrano in Calabria e Sicilia,

entrambe con 0,1 mila aziende; nel Centro il dato più elevato riguarda l’Umbria (+0,1 mila

unità).

La Tab. 4 consente una analisi anche per singole tipologie agrituristiche a livello regionale.

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Tabella 4 – Aziende agrituristiche montane per tipo di attività e regione (a) – Anni 2005 e 2010

Totale Alloggio

REGIONI 2005

2010

Variazioni 2005

2010

Variazioni assol. % assol. % Piemonte 150 186 36 24,0 108 124 16 14,8 Valle d'Aosta 56 51 -5 -8,9 44 40 -4 -9,1 Lombardia 278 357 79 28,4 158 196 38 24,1 Trentino-A.A. 2.865 3.339 474 16,5 2.509 2.931 422 16,8 Bolzano-Bozen 2.639 2.990 351 13,3 2.349 2.666 317 13,5 Trento 226 349 123 54,4 160 265 105 65,6 Veneto 167 207 40 24,0 80 103 23 28,8 Friuli-Venezia 59 74 15 25,4 41 49 8 19,5 Liguria 119 164 45 37,8 94 127 33 35,1 Emilia-Romagna 129 172 43 33,3 104 137 33 31,7 Toscana 501 539 38 7,6 495 536 41 8,3 Umbria 146 212 66 45,2 146 212 66 45,2 Marche 120 150 30 25,0 98 135 37 37,8 Lazio 88 119 31 35,2 63 86 23 36,5 Abruzzo 175 249 74 42,3 155 207 52 33,5 Molise 40 46 6 15,0 24 27 3 12,5 Campania 205 240 35 17,1 125 149 24 19,2 Puglia 1 1 0 0,0 1 1 0 0,0 Basilicata 120 118 -2 -1,7 102 100 -2 -2,0 Calabria 104 188 84 80,8 93 180 87 93,5 Sicilia 91 129 38 41,8 87 121 34 39,1 Sardegna 49 87 38 77,6 30 58 28 93,3 ITALIA 5.463 6.628 1.165 21,3 4.557 5.519 962 21,1 Nord 3.823 4.550 727 19,0 3.138 3.707 569 18,1 Centro 855 1.020 165 19,3 802 969 167 20,8 Mezzogiorno 785 1.058 273 34,8 617 843 226 36,6 Sud 645 842 197 30,5 500 664 164 32,8 Isole 140 216 76 54,3 117 179 62 53,0 Ristorazione Degustazione Altre attivita’ REGIONI

2005

2010 Variazioni

2005

2010 Variazioni

2005

2010 Variazioni

assol. % assol. % assol. % Piemonte 94 123 29 30,9 40 67 27 67,5 103 129 26 25,2 Valle d'Aosta 26 36 10 38,5 26 35 9 34,6 2 4 2 100,0 Lombardia 238 298 60 25,2 6 15 9 150,0 99 122 23 23,2 Trentino-A.A. 494 555 61 12,3 27 82 55 203,7 1.417 1.325 -92 -6,5 Bolzano-Bozen 389 424 35 9,0 - - - - 1.391 1.277 -114 -8,2 Trento 105 131 26 24,8 27 82 55 203,7 26 48 22 84,6 Veneto 115 142 27 23,5 72 123 51 70,8 31 51 20 64,5 Friuli-Venezia 45 59 14 31,1 - 1 1 - 27 35 8 29,6 Liguria 90 123 33 36,7 - - - - 31 78 47 151,6 Emilia-Romagna 102 133 31 30,4 - - - - 111 148 37 33,3 Toscana 156 175 19 12,2 167 181 14 8,4 366 387 21 5,7 Umbria 47 84 37 78,7 43 16 -27 -62,8 129 177 48 37,2 Marche 64 79 15 23,4 - 70 70 - 51 57 6 11,8 Lazio 68 90 22 32,4 - 20 20 - 69 93 24 34,8 Abruzzo 108 130 22 20,4 2 6 4 200,0 68 132 64 94,1 Molise 38 42 4 10,5 11 17 6 54,5 28 29 1 3,6 Campania 134 162 28 20,9 45 47 2 4,4 131 138 7 5,3 Puglia - - - - - 1 1 - - 1 1 - Basilicata 67 64 -3 -4,5 33 34 1 3,0 88 80 -8 -9,1 Calabria 93 180 87 93,5 12 11 -1 -8,3 37 150 113 305,4 Sicilia 78 105 27 34,6 8 31 23 287,5 82 122 40 48,8 Sardegna 47 78 31 66,0 - - - - 16 23 7 43,8 ITALIA 2.104 2.658 554 26,3 492 757 265 53,9 2.886 3.281 395 13,7 Nord 1.204 1.469 265 22,0 171 323 152 88,9 1.821 1.892 71 3,9 Centro 335 428 93 27,8 210 287 77 36,7 615 714 99 16,1 Mezzogiorno 565 761 196 34,7 111 147 36 32,4 450 675 225 50,0 Sud 440 578 138 31,4 103 116 13 12,6 352 530 178 50,6 Isole 125 183 58 46,4 8 31 23 287,5 98 145 47 48,0

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Rilevazione sull’agriturismo - Anni 2005 e 2010 (a) – Un’azienda può essere autorizzata all’esercizio di una o più tipologie di attività agrituristiche

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9

Per l’alloggio si evidenzia un incremento totale di circa mille aziende (+21,1%) che ricalca da

vicino la situazione già esaminata per gli agriturismi in complesso.

Per la ristorazione la situazione è diversa rispetto a quella rilevata per l’alloggio; tale diversità

si deve al fatto che in Alto Adige la ristorazione risulta da sempre una attività minoritaria

rispetto all’alloggio.

L’aumento complessivo registrato fra il 2005 e 2010 è di 0,6 mila ristori (+26,3%); in tal caso

l’aumento registrato in Trentino-Alto Adige (+0,1 mila unità) è simile a quello conseguito in

Calabria. Generalmente gli incrementi sono distribuiti in modo relativamente uniforme fra le

diverse regioni.

Le aziende con degustazione salgono a 0,8 mila (+0,3 mila unità, pari a +53,9%). La

degustazione risulta assente in Alto Adige, Liguria, Emilia-Romagna e Sardegna. Gli

incrementi maggiori si realizzano in Trentino e Veneto con, rispettivamente, 55 e 51 aziende.

Per altre attività agrituristiche si registra un incremento nazionale di 0,4 mila unità (+13,7%).

Come per la ristorazione, anche l’aumento delle aziende con altre attività è ripartita

abbastanza equamente fra le diverse regioni. Gli incrementi maggiori si riscontano in Calabria

e in Abruzzo (entrambe con 0,1 mila unità); l’unico calo consistente si riscontra in Alto Adige

(-0,1 mila unità).

4 I prodotti agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg

L’Italia si conferma primo Paese europeo per numero di riconoscimenti conseguiti dai

prodotti DOP, IGP e STG; tali specialità costituiscono oramai stabilmente una componente

sempre più significativa della produzione agroalimentare nazionale e un fattore di identità e

competitività delle realtà agricole locali, specie di quelle montane.

4.1 I prodotti agroalimentari di qualità in Italia

I prodotti DOP, IGP e STG italiani riconosciuti dall’UE al 31 dicembre 2011 sono 239 (20 in

più rispetto all’anno precedente); i settori maggiormente rappresentati sono gli ortofrutticoli e

cereali (94 prodotti), i formaggi (43), gli oli extravergine di oliva (42) e le preparazioni di carni

(36), mentre le carni fresche e gli altri settori (altri prodotti di origine animale, aceti diversi dagli

aceti di vino, prodotti di panetteria, spezie, olii essenziali e prodotti ittici) comprendono 24

specialità.

Complessivamente nel 2010, gli operatori (produttori e trasformatori) risultano 84,6 mila

unità; di questi il 92,2% sono esclusivamente produttori e il 6,0% solo trasformatori, mentre il

restante 1,8% svolge contemporaneamente entrambe le attività “(Adua, 2011/1)”.

Pertanto, i produttori e i trasformatori complessivi che operano nell’ambito della filiera dei

prodotti di qualità, DOP, IGP e STG sono, rispettivamente, pari a 79,5 e a 6,6 mila unità (Tab. 5).

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Nel confronto con l’anno precedente si registra un aumento sia dei produttori (+2,1 mila aziende

agricole, pari a +2,7%) sia dei trasformatori (+0,5 mila unità, pari a +8,4%) “(Adua, 2011/1 e

2010/1)”.

Le aziende coltivano una superficie di 147,5 mila ettari (+6,2%, rispetto al 2009), le cui

produzioni vegetali formano, tal quali o trasformate, 128 specialità DOP e IGP attive; esse

gestiscono inoltre 47,1 mila allevamenti (-0,4%) le cui produzioni animali conseguite

costituiscono, sempre tal quali o trasformate, altri 74 prodotti di qualità attivi.

I produttori sono più numerosi nei settori dei formaggi (32,4 mila aziende, che gestiscono

35,5 mila allevamenti), degli oli extravergine di oliva (20,9 mila unità, che coltivano 98,1

mila ettari) e degli ortofrutticoli e cereali (16,5 mila aziende, che coltivano 47,6 mila ettari).

I trasformatori sono presenti in prevalenza nella lavorazione dei formaggi, degli oli extravergine

di oliva e delle carni fresche, settori che registrano, rispettivamente, 1,7 , 1,6 e 0,9 imprese di

trasformazione.

Dal punto di vista territoriale, gli operatori sono equamente ripartiti fra Nord e Centro-sud;

infatti, nelle regioni settentrionali sono localizzati il 47,9% dei produttori e il 47,1% dei

trasformatori. Sempre nel Nord è ubicato anche il 54,1% degli allevamenti, mentre il 45,5%

della superficie nazionale coltivata si trova nelle regioni centrali.

Rispetto al 2009 gli incrementi maggiori si verificano nel Mezzogiorno, dove aumentano sia i

produttori (+0,9 mila aziende, pari a +4,2%) sia gli allevamenti (+0,1 mila strutture, pari a

+0,4%) e la superficie (+5,4 mila ettari, pari a +15,4%). Se da un lato gli operatori e le

strutture produttive risultano storicamente radicati nel Nord del Paese, dall’altro emergono

segnali di un progressivo rafforzamento dei prodotti di qualità nelle regioni meridionali,

specialmente nelle Isole.

Tra il 2004 e il 2010 il comparto dei prodotti di qualità DOP, IGP e STG registra nel

complesso un consistente incremento sia del numero delle specialità riconosciute e attive sia

dei produttori, delle strutture produttive (allevamenti e superfici coltivate) e dei trasformatori

(Tab. 5) “(Adua, 2007/2, 2011/1)”.

In particolare, le DOP, IGP e STG riconosciute e attive salgono da 129 a 213 (+84 prodotti,

pari a +65,4%). I produttori aumentano da 54,2 a 79,5 mila aziende (+25,3 mila unità, pari a

+46,8%), mentre gli allevamenti crescono da 28,6 a 47,1 mila (+18,5 mila strutture, pari a

+64,9%).

La superficie aumenta di 34,1 mila ettari (+30,1%), passando da 113,4 a 147,5 mila ettari, e i

trasformatori salgono da 5,7 a 6,6 mila (+0,9 mila operatori, pari a +14,4%).

Il quadro che emerge è quindi quello di un rilevante sviluppo del comparto dei prodotti

agroalimentari di qualità che, pur mantenendo alcuni connotati tipici dei prodotti di nicchia,

va assumendo dimensioni sempre più significative “(Adua, 2008, 2009/2, 2011/1)”.

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Tabella 5 – I prodotti DOP, IGP e STG per settore in Italia – Anni 2004 e 2010

(superficie in ettari e are)

Prodotti DOP, IGP e STG attivi SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Carni fresche 1 3 2 200,0 Preparazioni di carni 27 33 6 22,2 Formaggi 32 40 8 25,0 Altri prodotti di origine animale 1 3 2 200,0 Ortofrutticoli e cereali 36 79 43 119,4 Olii extravergine di oliva 29 40 11 37,9 Aceti diversi dagli aceti di vino 2 3 1 50,0 Prodotti di panetteria 1 6 5 500,0 Spezie - 3 3 - Olii essenziali - 1 1 - Prodotti ittici - 2 2 - TOTALE 129 213 84 65,1 Produttori (a) SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Carni fresche 2.385 6.287 3.902 163,6 Preparazioni di carni 4.659 3.917 -742 -15,9 Formaggi 18.025 32.432 14.407 79,9 Altri prodotti di origine animale 23 193 170 739,1 Ortofrutticoli e cereali 7.912 16.499 8.587 108,5 Olii extravergine di oliva 20.941 19.891 -1.050 -5,0 Aceti diversi dagli aceti di vino 133 157 24 18,0 Prodotti di panetteria 115 47 -68 -59,1 Spezie - 77 77 - Olii essenziali - 30 30 - Prodotti ittici - 6 6 - TOTALE 54.193 79.536 25.343 46,8 Allevamenti SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Carni fresche 2.398 6.333 3.935 164,1 Preparazioni di carni 5.651 5.048 -603 -10,7 Formaggi 20.487 35.496 15.009 73,3 Altri prodotti di origine animale 23 196 173 752,2 Prodotti ittici - 12 12 - TOTALE 28.559 47.085 18.526 64,9 Superficie SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Ortofrutticoli e cereali 23.589,73 47.636,54 24.046,81 101,9 Olii extravergine di oliva 86.872,69 98.091,87 11.219,18 12,9 Aceti diversi dagli aceti di vino 173,81 207,16 33,35 19,2 Prodotti di panetteria 2.774,27 1.368,70 -1.405,57 -50,7 Spezie - 9,65 9,65 - Olii essenziali - 223,16 223,16 - TOTALE 113.410,50 147.537,08 34.126,58 30,1

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Segue Tabella 5 – I prodotti DOP, IGP e STG per settore in Italia – Anni 2004 e 2010

(superficie in ettari e are) Trasformatori (b) SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Carni fresche 610 949 339 55,6 Preparazioni di carni 618 691 73 11,8 Formaggi 1.883 1.699 -184 -9,8 Altri prodotti di origine animale 11 28 17 154,5 Ortofrutticoli e cereali 584 949 365 62,5 Olii extravergine di oliva 1.850 1.641 -209 -11,3 Aceti diversi dagli aceti di vino 173 493 320 185,0 Prodotti di panetteria 16 34 18 112,5 Spezie - 79 79 - Olii essenziali - 6 6 - Prodotti ittici - 5 5 - TOTALE 5.745 6.574 829 14,4

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Rilevazione sui prodotti agroalimentari di qualità - Anni 2004 e 2010 (a) – Una azienda agricola può condurre uno o più allevamenti.

(b) – Un trasformatore può svolgere una o più attività di trasformazione.

4.2 I prodotti agroalimentari di qualità in montagna

Nel 2010 vengono rilevate 22,1 mila aziende agricole montane, controllate e certificate dagli

appositi Organismi di controllo, produttrici di derrate agricole, vegetali e animali, che tal quali

o trasformate costituiscono prodotti agroalimentari di qualità DOP e IGP3. Rispetto alle

analoghe informazione statistiche relative al 2004, si registra un incremento complessivo di

10,1 mila unità (+84,3%) (Tab. 6).

Tali aziende gestiscono 8,9 mila allevamenti (+3,6 mila unità, pari a +68,8% rispetto al 2004)

e 34,3 mila ettari (+16,3 mila ettari, pari a +90,1%); risultano attivi anche 1,3 mila

trasformatori (+0,2 mila unità, pari a +17,0%).

Analizzando più in dettaglio il comparto, è possibile enucleare, sempre fra il 2004 e il 2010, le

seguenti principali evoluzioni:

- i produttori (aziende agricole produttrici) che conseguono gli incrementi più consistenti,

appartengono al settore ortofrutticoli e cereali (+7,2 mila unità, pari a +141,2%) e a quello

dei formaggi (+2,5 mila unità, pari a +64,7%);

- i produttori dei settori carni fresche e spezie aumentano in misura più contenuta,

rispettivamente, di 0,8 e 0,1 mila unità;

- gli unici settori in calo sono quelli degli oli extravergine di oliva (-0,5 mila unità, pari a -

24,8%) e delle preparazioni di carne (-0,1 mila unità, pari a -25,9%);

3 Dalla presente analisi sono escluse le STG in quanto rappresentano solo prodotti ottenuti mediante delle ricette che si possono elaborare in tutta Italia per l’ottenimento di specifiche specialità alimentari.

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- per gli allevamenti, si registra un forte incremento nel settore dei formaggi (+3,0 mila

unità, pari a +74,9%); tale aumento è più forte di quello rilevato per le aziende agricole

zootecniche, produttrici di latte destinato ai formaggi Dop;

- per gli allevamenti del settore carni fresche, l’incremento è di 0,8 mila unità (+99,8%) e

segue l’evoluzione delle aziende agricole zootecniche che li gestiscono; praticamente il

settore raddoppia la sua consistenza;

- diversamente per gli allevamenti del settore preparazioni di carni si riscontra un calo di 0,2

mila unità (-50,2%) che causa il dimezzamento delle strutture produttive del comparto;

- per la superficie, si registra più del raddoppio per le coltivazioni ortofrutticole e cerealicole

(+17,2 mila ettari, pari a +143,1%) a fronte di un calo degli oliveti (-1,0 mila ettari, pari a -

16,4%);

- per i trasformatori, la situazione è alquanto stabile; l’aumento maggiore riguarda i settori

formaggi, spezie e carni fresche (ciascuno con +0,1 mila unità) a fronte di piccoli cali

registrati per gli ortofrutticoli e gli oli extravergine.

Relativamente ai prodotti di qualità appare ancora più evidente, rispetto a quanto registrato

per l’agriturismo, come, a fronte di una contrazione complessiva delle aziende agricole

montane, si registri un forte incremento sia delle aziende, sia degli allevamenti e delle

superfici rientranti nel circuito delle DOP e IGP.

L’esame territoriale dei dati e il loro confronto negli anni esaminati risulta molto esplicativo e

permette di evidenziare sia l’ubicazione e la consistenza del settore nelle aree montane

maggiormente vocate sia le regioni ove, si registrano le dinamiche più significative (Tab. 7).

Oltre la metà dei produttori montani sono concentrati in Trentino-Alto Adige facendo

registrare un incremento di 7,1 mila unità (+125,4%). Tale scenario è la risultante positiva di

due distinte situazioni:

- nel Trentino, già dal 2004, è attiva una specifica DOP frutticola “Mela Val di Non” che, sia

pur in calo fra il 2004 e il 2010, costituisce una realtà molto importante del ruolo dei prodotti

di qualità al servizio dell’identità e competitività della montagna italiana;

- in Alto Adige, diventa operante l’IGP frutticola “Mela Alto Adige o Sudtiroler Apfel” che,

grazie alla forza numerica dei suoi coltivatori, consente alla provincia di Bolzano di

raggiungere nel 2010 la quota di ben 7,3 mila aziende produttrici;

- un caso interessante si rileva anche in Sardegna ove l’IGP “Agnello di Sardegna”

diventando attivo, raggruppa nella montagna sarda 0,5 mila aziende agricole zootecniche

con altrettanti allevamenti;

- altro caso virtuoso è quello della Valle d’Aosta ove si concentrano 1,0 mila allevamenti

(+0,9 mila unità, pari a +569,4%); ciò si deve al forte incremento degli allevamenti bovini

specializzati nella produzione di latte destinata alla trasformazione in formaggi Dop.

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Tabella 6 – I prodotti DOP, IGP e STG per settore in montagna – Anni 2004 e 2010 -

(superficie in ettari e are)

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Rilevazione sui prodotti agroalimentari di qualità - Anni 2004 e 2010 (a) – Una azienda agricola può condurre uno o più allevamenti.

(b) – Un trasformatore può svolgere una o più attività di trasformazione.

Produttori (a) SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Carni fresche 820 1.632 812 99,0 Preparazioni di carni 259 192 -67 -25,9 Formaggi 3.936 6.484 2.548 64,7 Altri prodotti di origine animale 16 35 19 118,8 Ortofrutticoli e cereali 5.083 12.258 7.175 141,2 Olii extravergine di oliva 1.857 1.397 -460 -24,8 Aceti diversi dagli aceti di vino - - - - Prodotti di panetteria - - - - Spezie - 66 66 - Olii essenziali - - - - TOTALE 11.971 22.064 10.093 84,3

Allevamenti SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Carni fresche 822 1.642 820 99,8 Preparazioni di carni 426 212 -214 -50,2 Formaggi 3.998 6.991 2.993 74,9 Altri prodotti di origine animale 16 35 19 118,8 TOTALE 5.262 8.880 3.618 68,8

Superficie SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Ortofrutticoli e cereali 12.045,64 29.284,25 17.238,61 143,1 Olii extravergine di oliva 5.996,30 5.012,88 -983,42 -16,4 Aceti diversi dagli aceti di vino - - - - Prodotti di panetteria - - - - Spezie - 5,11 5,11 - Olii essenziali - - - - TOTALE 18.041,94 34.302,24 16.260,30 90,1

Trasformatori (b) SETTORI Anni Variazioni 2004 2010 Assolute % Carni fresche 62 115 53 85,5 Preparazioni di carni 135 160 25 18,5 Formaggi 444 538 94 21,2 Altri prodotti di origine animale 9 8 -1 -11,1 Ortofrutticoli e cereali 272 250 -22 -8,1 Olii extravergine di oliva 159 122 -37 -23,3 Aceti diversi dagli aceti di vino 1 4 3 300,0 Prodotti di panetteria - - - - Spezie - 69 69 - Olii essenziali - - - - TOTALE 1.082 1.266 184 17,0

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Tabella 7 – Prodotti DOP, IGP e STG in montagna per regione - al 31 dicembre 2004 e 2010 Produttori (a) (c) Allevamenti REGIONI 2004 2010 Variazioni 2004 2010 Variazioni Numero Numero Compo assol % Numero Numero Compo assol. % zione zione Piemonte 58 235 1,1 177 305,2 74 215 2,4 141 190,5 Valle d'Aosta 136 890 4,0 754 554,4 138 961 10,8 823 596,4 Lombardia 465 1.016 4,6 551 118,5 483 606 6,8 123 25,5 Trentino-Alto A. 5.635 12.702 57,6 7.067 125,4 1.114 1.630 18,4 516 46,3 Bolzano-Bozen 169 7.992 36,2 7.823 4.629,0 169 659 7,4 490 289,9 Trento 5.466 4.710 21,3 -756 -13,8 945 971 10,9 26 2,8 Veneto 1.221 1.102 5,0 -119 -9,7 870 1.047 11,8 177 20,3 Friuli-Venezia 3 83 0,4 80 2.666,7 3 83 0,9 80 2.666,7 Liguria 78 127 0,6 49 62,8 - - - - - Emilia-Romagna 1.545 1.068 4,8 -477 -30,9 1.644 1.075 12,1 -569 -34,6 Toscana 1.177 1.357 6,2 180 15,3 285 322 3,6 37 13,0 Umbria 863 380 1,7 -483 -56,0 124 203 2,3 79 63,7 Marche 156 151 0,7 -5 -3,2 153 150 1,7 -3 -2,0 Lazio 60 230 1,0 170 283,3 56 199 2,2 143 255,4 Abruzzo 74 226 1,0 152 205,4 67 122 1,4 55 82,1 Molise 14 40 0,2 26 185,7 12 36 0,4 24 200,0 Campania 392 306 1,4 -86 -21,9 216 205 2,3 -11 -5,1 Puglia - - - - - - - - - - Basilicata 34 23 0,1 -11 -32,4 - 9 0,1 9 - Calabria 17 52 0,2 35 205,9 7 13 0,1 6 85,7 Sicilia 43 109 0,5 66 153,5 16 2 .. -14 -87,5 Sardegna - 1.967 8,9 1.967 - - 2.002 22,5 2.002 - Nord 9.141 17.223 78,1 8.082 88,4 4.326 5.617 63,3 1.291 29,8 Centro 2.256 2.118 9,6 -138 -6,1 618 874 9,8 256 41,4 Mezzogiorno 574 2.723 12,3 2.149 374,4 318 2.389 26,9 2.071 651,3 TOTALE 11.971 22.064 100,0 10.093 84,3 5.262 8.880 100,0 3.618 68,8 Superficie Trasformatori (b) (c) REGIONI 2004 2010 Variazioni 2004 2010 Variazioni Numero Numero Compo assol. Numer

o

Numero Numero Compo assol. % zione zione Piemonte - 88,98 0,3 88,98 - 39 41 3,2 2 5,1 Valle d'Aosta - - - - - 180 208 16,4 28 15,6 Lombardia - 759,37 2,2 759,37 - 88 178 14,1 90 102,3 Trentino-Alto 6.039,55 22.721,4 66,2 16.681,85 276,2 67 102 8,1 35 52,2 Bolzano-Bozen - 16.600,8 48,4 16.600,83 - 23 56 4,4 33 143,5 Trento 6.039,55 6.120,57 17,8 81,02 1,3 44 46 3,6 2 4,5 Veneto 229,59 189,44 0,6 -40,15 -17,5 166 150 11,8 -16 -9,6 Friuli-Venezia - - - - - 2 8 0,6 6 300,0 Liguria 109,54 189,27 0,6 79,73 72,8 6 26 2,1 20 333,3 Emilia-Romagna 4.529,30 3.356,68 9,8 -1.172,62 -25,9 137 117 9,2 -20 -14,6 Toscana 3.282,86 4.276,51 12,5 993,65 30,3 172 126 10,0 -46 -26,7 Umbria 2.754,58 1.244,62 3,6 -1.509,96 -54,8 72 53 4,2 -19 -26,4 Marche 41,76 67,36 0,2 25,60 61,3 21 32 2,5 11 52,4 Lazio 70,07 139,55 0,4 69,48 99,2 7 12 0,9 5 71,4 Abruzzo 40,51 45,77 0,1 5,26 13,0 5 92 7,3 87 1.740,0 Molise 20,34 23,68 0,1 3,34 16,4 5 9 0,7 4 80,0 Campania 682,59 259,21 0,8 -423,38 -62,0 64 25 2,0 -39 -60,9 Puglia - - - - - - - - - - Basilicata 53,93 15,32 .. -38,61 -71,6 10 15 1,2 5 50,0 Calabria 42,08 282,14 0,8 240,06 570,5 17 15 1,2 -2 -11,8 Sicilia 145,24 642,94 1,9 497,70 342,7 14 31 2,4 17 121,4 Sardegna - - - - - 10 26 2,1 16 160,0 Nord 10.907,9 27.305,1 79,6 16.397,16 150,3 685 830 65,6 145 21,2 Centro 6.149,27 5.728,04 16,7 -421,23 -6,9 272 223 17,6 -49 -18,0 Mezzogiorno 984,69 1.269,06 3,7 284,37 28,9 125 213 16,8 88 70,4 TOTALE 18.041,9 34.302,2 100,0 16.260,30 90,1 1.082 1.266 100,0 184 17,0

Fonte: Elaborazione su dati Istat, Rilevazione sui prodotti agroalimentari di qualità - Anni 2004 e 2010 (a) – Una azienda agricola può condurre uno o più allevamenti.

(b) – Un trasformatore può svolgere una o più attività di trasformazione.

(c) - I produttori e i trasformatori sono ripartiti per provincia, regione e zona altimetrica ove sono ubicati gli

allevamenti, le superfici e/o gli impianti; pertanto la somma dei dati per provincia e zona altimetrica possono

non corrispondere ai totali regionali e nazionali delle variabili medesime.

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Fra i produttori si registrano anche alcune situazioni di contrazione:

- in Trentino, il calo di 0,8 mila unità è prevalentemente la conseguenza della diminuzione

delle aziende melicole iscritte alla Mela Val di Non;

- in Umbria, il dimezzamento dei produttori (-0,5 mila unità, pari a -56,0%) si deve

principalmente alla particolare situazione vissuta dall’olio extravergine “Umbria”;

- in Emilia-Romagna, la contrazione di 0,5 mila unità (-30,9%), è la conseguenza delle

difficoltà che attraversano gli allevamenti, specie quelli suini.

Per gli allevamenti si rilevano alcune realtà significative:

- in Sardegna, l’aumento di 2,0 mila strutture zootecniche si determina grazie sia all’entrata

in attività della Dop “Agnello di Sardegna” sia all’incremento degli allevamenti da latte per

la produzione dei classici formaggi Dop sardi;

- in Valle d’Aosta, la crescita di 0,8 mila allevamenti è frutto del rafforzamento della

produzione di latte destinato alla produzione di formaggi Dop;

- in Alto Adige, l’aumento di 0,5 mila allevamenti da latte riguarda la produzione casearia;

- l’unico calo consistente di allevamenti si registra in Emilia-Romagna (-0,6 mila unità, pari

a -34,6%) ed è dovuto alla contrazione degli allevamenti suini operanti nelle preparazioni

di carne.

Per l’andamento della superficie coltivata, si segnalano i seguenti casi:

- in Alto Adige, si passa dall’assenza di superficie alla coltivazione di ben 16,6 mila ettari di

meleto;

- in Lombardia, l’aumento di 0,8 mila ettari è la conseguenza della maggiore attività delle

Dop e Igp vegetali nel loro complesso;

- in Emilia-Romagna, si rileva un calo di 1,2 mila ettari a causa delle difficoltà del comparto

frutticolo;

- in Umbria, la superficie coltivata si riduce di 1,5 mila ettari in relazione delle vicende della

Dop “Umbria”.

La situazione dei trasformatori è alquanto stabile; gli aumenti più rilevanti si riscontrano in

Abruzzo e Lombardia con, rispettivamente, 90 e 87 imprese; i cali maggiori riguardano la

Toscana e la Campania, con 46 e 39 unità.

5 Civiltà del castagno

Il castagno rappresenta il “gigante buono” che da sempre accompagna i montanari

dell’Europa centro-meridionale nell’avventura della vita e della storia.

Il castagno è diffuso e radicato principalmente nelle aree montane. Ancor oggi le piante di

castagno (castagneti da frutti, arboreti da legno, boschi misti di castagno e cedui castanili puri

e misti) insieme ai manufatti castanili (metati, mulini, depositi, musei e strade del castagno)

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costituiscono le strutture fisiche della “civiltà del castagno” che rappresenta l’insiemi di usi,

tradizioni, costumi, lavorazione del frutto e del legname, gastronomia, dolceria e prodotti di

qualità.

La civiltà del castagno, superato lo stadio della povertà e della scarsa alimentazione,

rappresenta una delle caratteristiche più significative della montagna e insieme uno dei punti

di forza per uno sviluppo integrato delle “terre alte”.

5.1 Lo scenario storico

Il “gigante buono” è presente fortemente già nella preistoria; il suo corpo vigoroso e longevo

percorre tutte le ere storiche, i suoi rami protesi al cielo rappresentano ancora la sua voglia di

futuro e di amicizia con l’uomo, nonché il suo contributo al miglioramento dell’ambiente e

del paesaggio agrario e forestale “(Adua, 2010/5)”.

Nel corso dei secoli la presenza dell’albero del pane e della vita caratterizza due importanti e

diverse situazioni storiche che si sono prodotte, alternate e ripetute in varie regioni d’Europa:

- “l’internazionale della povertà e del castagno” rappresenta il contributo fondamentale del

gigante buono per la sopravvivenza di milioni di poveri uomini, di generazioni e

generazioni di montanari che trovano nelle castagne la base principale della loro

sussistenza;

- “la civiltà del castagno” costituisce l’epopea dell’albero della vita, quando sotto la sua

grande chioma si sviluppa un insieme di usi, costumi, tradizioni, leggi, statuti comunali e

disposizioni agroforestali che migliorano la qualità della vita delle popolazioni montane

dell’Italia alpina e appenninica, dal Piemonte al Veneto, dalla Lombardia alla Campania,

compresi areali più limitati in altre regioni “(Adua, 2010/5)”.

Nel corso del ‘900 il castagno attraversa tre fasi ben distinte:

- “l’autunno del patriarca” nella prima metà del XX secolo, caratterizzato, dopo il record dal

1911 con 830 mila tonnellate raccolte su 650 mila ettari, da una generale diminuzione della

coltivazione che, però, mantiene un ruolo sostanzialmente stabile nel complesso

agroforestale della montagna italiana;

- “il lungo inverno” dal 1951 al 1980, identificato come il tempo della grande decadenza e

del regresso vero e proprio della specie legata al progressivo abbandono della montagna;

- “il risveglio del gigante buono”, dal 1981 al 2000 in cui si delineano i primi segni di

riscoperta del castagno, seguiti da una limitata, ma promettente ripresa produttiva e dalla

valorizzazione complessiva della plurifunzionalità della Castanea Sativa nel paesaggio

agrario “(Adua, 2011/3)”.

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5.2 L’areale castanicolo

L’inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (IFNC) curato dal

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MiPAAF) è aggiornato al 2005 e

fornisce la “carta d’identità più dettagliata sulla diffusione del castagno nel paesaggio agrario

italiano (Tab. 8) “(MiPAAF, 2008)”.

E’ interessante sottolineare che il castagno risulta:

molto diffuso, generalmente in formazioni pure, prevalentemente da legno e con un grado di

copertura della superficie forestale molto elevato;

per oltre il 90% di origine semi-naturale, di proprietà privata, sottoposto a pianificazione

forestale e con disponibilità di prelievo legnoso;

- situato per oltre il 70% sopra i 500 metri di quota;

- rientra per giacitura prevalentemente nelle classi medio e alto versate;

- la superficie accidentata è pari a circa un quarto di quella totale.

E’ evidente come il castagno si confermi quale essenza forestale prevalentemente montana,

pura, antropica, principalmente come ceduo da legno ma anche come fustaia da frutto e selva

castanile.

5.3 La castanicoltura da frutto in Italia

I dati rilevati e pubblicati dall’Istat consentono di seguire l’evoluzione della castanicoltura da

frutto nel periodo 2000-2008.

In attesa della diffusione dei dati del Censimento agricolo 2010 il precedente Censimento

agricolo del 2000 fotografa la castanicoltura da frutto (aziende e superficie) in Italia (Tab. 9).

Vengono infatti rilevate 66,2 mila aziende con 76,0 mila ettari investiti a castagno da frutto.

Nei primi anni del XXI secolo, esattamente fra il 2000 e il 2003, si registra un fenomeno di

ristrutturazione dei castagneti coltivati: le aziende si dimezzano riducendosi a 33,2 mila unità

mentre la superficie scende a 68,8 mila ettari (Tab. 9) “(Istat, 2005)”.

Nonostante la forte contrazione della consistenza aziendale si compatta uno zoccolo duro di

castanicoltori che nel 2005 risale a 36,3 e nel 2007 si posiziona a 34,2 mila unità; nel contempo

la superficie castanicola cala a 59,8 e poi a 54,9 mila ettari (Tab. 9) “(Istat, 2007, 2009)”.

Va però sottolineato che la superficie rilevata nel 2007 comprende ben 5,5 mila ettari, pari al

10,1% della superficie investita ancora non in produzione (si tratta di castagneti costituiti da

piante ancora molto giovani). Nonostante la forte contrazione della consistenza aziendale si

compatta uno zoccolo duro di castanicoltori che nel 2005 risale a 36,3 e nel 2007 si posiziona a

34,2 mila unità; nel contempo la superficie castanicola cala a 59,8 e poi a 54,9 mila ettari (Tab.

9) “(Istat, 2007, 2009)”.

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Va però sottolineato che la superficie rilevata nel 2007 comprende ben 5,5 mila ettari, pari al

10,1% della superficie investita ancora non in produzione (si tratta di castagneti costituiti da

piante ancora molto giovani). Tabella 8 – Carta d’identità del castagno – Anno 2005

� Superficie 788.408 ettari pari al 9,0% dei boschi e al 7,5% della superficie forestale totale

� Purezza 89,6% puro, 10,4% misto � Allevamento 75,2% ceduo, 17,7% fustaia e 7,1% non classificata � Composizione 76,9% da legno, 8,4% da frutto � Proprietà 10,3% selve castanili e 4,4% non classificata � Pianificazione forestale 91,1% privata, 8,9% pubblica � Rispetto di prescrizioni 98,1% presente, 1,9% assente � Vincolo idrogeologico 97,2% si, 2,8% no � Vincolo naturalistico 94,1% si, 5,9% no � Disponibilità di prelievo legnoso 19,0% si, 81,0% no � Grado di copertura totale della

superficie forestale 94,1% disponibile, 5,3% non disponibile e 0,6% non classificato

� Origine dei soprassuoli 2,6% < 50%, 15,9% 51 - 80% � Presenza di danni 76,0% > 80% e 5,5% non classificato � Classi di altitudine 1,6% naturale, 90,8% seminaturale, 2,8 % artificiale e

4,5% non classificata � Classi di pendenza del terreno 52,2% parassiti, 0,0% inquinamento, 1,5% selvaggina e

pascoli, 3,3% eventi climatici, 7,3% incendi, 29,2% assenza di danni e 4,7% non classificata

� Classi di giacitura 27,9% fra 0 -:-500 mt./sl., 66,6% 501 -:-1000 mt./sl. � Superficie accidentata 5,5% 1001 -:- 1500 mt./sl. � Fenomeni di dissesto 12,0% < 20%, 28,9% 21-40%, 32,1% 41-60%, 15,5%

61-80% e 5,5% > 80% Fonte: Elaborazione su Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio

Tabella 9 - Aziende con castagneti da frutto e relativa superficie investita - Anni 1970, 1982,

1990 e 2000 (Censimento) - Anni 2003, 2005 e 2007 (SPA) - superficie in ettari

Ripartizioni 1970 1982 1990 2000 2003 2005 2007

AZIENDE ITALIA 136.068 119.554 97.696 66.213 33.207 36.296 34.157

Nord 52.030 44.393 30.658 15.864 7.482 8.398 7.942

Centro 29.950 27.535 22.788 17.054 8.312 7.920 7.723

Mezzogiorno 54.088 47.626 44.250 33.295 17.413 19.978 18.492

SUPERFICIE ITALIA 144.857,32 140.133,20 107.607,94 75.984,69 68.767,30 59.766,74 54.908,18

Nord 45.167,44 40.538,97 28.527,49 16.979,74 10.171,67 9.533,84 10.359,52

Centro 40.725,95 45.222,54 30.455,28 24.627,74 22.539,67 20.386,88 16.710,84

Mezzogiorno 58.963,93 54.371,69 48.625,17 34.377,21 36.055,96 29.846,02 27.837,82

Fonte: Istat – Elaborazione su Censimenti dell'agricoltura e Indagine sulla struttura delle aziende agricole (SPA).

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I dati ISTAT relativi al 2007 evidenziano che la superficie coltivata a castagneto è concentrata

principalmente nelle regioni centro-meridionali; particolarmente in Campania (13,7 mila

ettari), Calabria (11,5 mila ettari), Toscana (9,0 mila ettari) e Lazio (5,8 mila ettari); nel Nord

la regione più interessata è il Piemonte (5,9 mila ettari), seguita a distanza dall’Emilia-

Romagna (2,2 mila ettari) (Tab. 10).

5.4 La castanicoltura da frutto in montagna

I dati più recenti e disponibili sulle aziende e superficie a castagneto da frutto in montagna

sono quelli elaborati dall’Indagine SPA 2007 (Tab. 10) “(Istat, 2009)”.

Si evince così che in montagna sono concentrate 19,9 mila aziende castanicole (pari al 58,3%

del totale nazionale) con una superficie di 30,4 mila ettari (pari al 55,4% di quella totale).

La castanicoltura da frutto montana è localizzata prevalentemente in quattro regioni: Calabria

(5,5 mila aziende e 7,9 mila ettari), Piemonte (3,1 mila aziende e 4,7 mila ettari), Campania

(2,9 mila aziende e 5,7 mila aziende) e Toscana (2,6 mila aziende e 5,1 mila ettari); queste

quattro regioni detengono complessivamente il 70,5% delle aziende e il 76,7% della

superficie. Segue a distanza il Lazio (oltre mille aziende e 0,8 mila ettari). Nelle Marche,

Sardegna e Lombardia sono presenti meno di 0,7 mila aziende ma oltre mille ettari per

regione.

La castanicoltura da frutto montana è localizzata prevalentemente in quattro regioni: Calabria

(5,5 mila aziende e 7,9 mila ettari), Piemonte (3,1 mila aziende e 4,7 mila ettari), Campania

(2,9 mila aziende e 5,7 mila aziende) e Toscana (2,6 mila aziende e 5,1 mila ettari); queste

quattro regioni detengono complessivamente il 70,5% delle aziende e il 76,7% della

superficie. Segue a distanza il Lazio (oltre mille aziende e 0,8 mila ettari). Nelle Marche,

Sardegna e Lombardia sono presenti meno di 0,7 mila aziende ma oltre mille ettari per

regione.

In dieci regioni la presenza dei castagneti montani è notevolmente ridotta mentre in altre tre

(Umbria, Molise e Puglia) è assente.

I dati indicano la permanenza di uno “zoccolo duro” di castanicoltori montani che nonostante

molteplici difficoltà (coltivazione, conferimento della produzione, ecc.) ed avversità (cancro

corticale, mal dell’inchiostro, vespa cinese, ecc.) continuano a gestire i castagnetiIn dieci

regioni la presenza dei castagneti montani è notevolmente ridotta mentre in altre tre (Umbria,

Molise e Puglia) è assente.

I dati indicano la permanenza di uno “zoccolo duro” di castanicoltori montani che nonostante

molteplici difficoltà (coltivazione, conferimento della produzione, ecc.) ed avversità (cancro

corticale, mal dell’inchiostro, vespa cinese, ecc.) continuano a gestire i castagneti.

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Tabella 10 – Aziende e superficie a castagneti da frutto - Anno 2007 (superficie in ettari)

Aziende Superficie REGIONI Totale Montagna Totale Montagna assoluta % assoluta % assoluta % assoluta % Piemonte 3.917 11,5 3.053 15,3 5.899,42 10,7 4.656,96 15,3 Valle d'Aosta 502 1,5 502 2,5 234,37 0,4 234,37 0,8 Lombardia 806 2,4 582 2,9 1.213,51 2,2 1.069,36 3,5 Trentino Alto Adige 216 0,6 216 1,1 70,05 0,1 70,05 0,2 Bolzano-Bozen 149 0,4 149 0,8 43,06 0,1 43,06 0,1

Trento 67 0,2 67 0,3 26,99 .. 26,99 0,1

Veneto 345 1,0 153 0,8 219,77 0,4 112,10 0,4 Friuli Venezia G. 22 0,1 7 .. 4,49 .. 0,82 .. Liguria 506 1,5 482 2,4 475,7 0,9 460,18 1,5 Emilia-Romagna 1.628 4,8 629 3,2 2.242,21 4,1 824,48 2,7 Toscana 4.308 12,6 2.622 13,2 8.952,11 16,3 5.092,63 16,7 Umbria 360 1,1 - - 373,62 0,7 - - Marche 888 2,6 633 3,2 1.621,75 3,0 1.472,27 4,8 Lazio 2.167 6,3 1.046 5,3 5.763,36 10,5 755,09 2,5 Abruzzo 18 0,1 17 0,1 21,18 .. 17,78 0,1 Molise - - - - - - - - Campania 8.215 24,1 2.895 14,5 13.658,18 24,9 5.701,26 18,7 Puglia 18 0,1 - - 10,76 .. - - Basilicata 815 2,4 444 2,2 815 1,5 478,49 1,6 Calabria 8.050 23,6 5.457 27,4 11.517,24 21,0 7.908,17 26,0 Sicilia 706 2,1 518 2,6 368,36 0,7 166,37 0,5 Sardegna 670 2,0 644 3,2 1.447,10 2,6 1.420,12 4,7 ITALIA 34.157 100,0 19.900 100,0 54.908,18 100,0 30.440,50 100,0

Nord 7.942 23,3 5.624 28,3 10.359,52 18,9 7.428,32 24,4

Centro 7.723 22,6 4.301 21,6 16.710,84 30,4 7.319,99 24,0

Mezzogiorno 18.492 54,1 9.975 50,1 27.837,82 50,7 15.692,19 51,6

Fonte: Istat – Indagine sulla struttura delle aziende agricole (SPA)

5.5 Prodotti castanicoli di qualità

Le recenti disposizioni comunitarie e nazionali consentono di rilevare anche la presenza delle

castagne fra i prodotti agroalimentari di qualità. Nel comparto dei prodotti tradizionali

garantiti troviamo (con l’indicazione di castagne, marroni e loro derivati nella denominazione

del prodotto) oltre 100 specialità costituite da prodotti castanicoli (frutti freschi, frutti

elaborati, preparazioni gastronomiche, liquori e miele).

Nel campo delle Denominazioni di origine protetta (DOP) e delle Indicazioni geografiche

protette (IGP) ci sono 16 prodotti riconosciuti (7 DOP e 9 IGP) comprendenti 12 varietà

frutticole, 2 mieli e 2 farine. Tali prodotti di qualità, sommati agli oltre 100 prodotti

tradizionali garantiti rappresentano un grande patrimonio, essenzialmente montano che, pur

non essendo ancora adeguatamente valorizzato, costituisce un rilevante giacimento colturale e

culturale che può contribuire notevolmente allo sviluppo della montagna italiana.

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6 Considerazioni conclusive e prospettive

Il presente lavoro evidenzia tre realtà significative che costituiscono altrettanti patrimoni della

montagna da conservare, proteggere e valorizzare.

L’agriturismo, i prodotti agroalimentri di qualità e la civiltà del castagno formano sempre più

settori socio-economici ricchi di valore aggiunto (storia, cultura, tradizioni, usi, costumi,

gastronomia, rapporto con la natura, salubrità e sicurezza degli alimenti, rapporto con

l’ambiente, etc.) che incontrano in montagna grandi possibilità di ulteriore sviluppo “(Adua,

2010/3)”.

L’agriturismo montano, con 6,6 mila aziende e una crescita del 21,3% nel quinquennio 2005-

2010, costituisce un settore in espansione ma resta ancora una “nicchia”.

I prodotti agroalimentari di qualità realizzati in montagna, con 22,1 mila aziende agricole e un

aumento dell’84,3% fra il 2004 e il 2010, sono una realtà più consistente e raggruppano un

numero considerevole di produttori montani.

La civiltà del castagno in montagna, mantenuta viva da circa 20 mila castanicoltori-guardiani

di un patrimonio colturale e culturale, rappresenta un giacimento immenso a disposizione del

Paese e di un rinnovato sviluppo di vaste aree montane.

In particolare, l’esame dei dati evidenzia come l’agriturismo montano ha non solo retto

rispetto alla diminuzione complessiva delle aziende agricole verificatosi negli ultimi anni

nelle aree montane, bensì ha rafforzato la propria presenza diversificando la tipica ospitalità

agrituristica in un pacchetto integrato di offerte comprendente diverse tipologie di attività

(ristorazione, degustazione, altre attività) in modo da migliorare la propria competitività e

identità territoriale “(Adua, 2010/3)”.

La metà degli agriturismi montani risulta concentrata in Trentino-Alto Adige; tale

concentrazione rappresenta indubbiamente, unico caso in Italia, un forte elemento di identità e

un patrimonio da preservare e sviluppare ulteriormente; l’altra metà delle aziende è

equamente ripartita fra le diverse regioni.

Escludendo il Trentino-Alto Adige, va sottolineato che la tendenza a sviluppare nuove attività

agrituristiche montane non ha ancora sfondato nonostante le buone prospettive previste il

breve-medio periodo “(Adua, 2011/2)”.

Il settore dei prodotti agroalimentari di qualità si conferma una realtà molto incoraggiante che

evidenzia alcuni casi di forte successo in aree tipicamente montane (Alto Adige, Sardegna,

Valle d’Aosta e Lombardia) a fronte di altre realtà regionali che possono ulteriormente

migliorare le proprie posizioni mentre talune regioni (Trentino, Umbria e Emilia-Romagna)

mostrano segni di arretramento.

Alcune DOP e IGP hanno veramente “sfondato” nelle aree montane; tali situazioni

rappresentano il segno di un substrato colturale e culturale ben radicato che i riconoscimenti

europei hanno rivalutato e rinverdito “(Adua, 2010/3)”.

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I produttori agricoli delle DOP e IGP, diversamente dagli operatori agrituristici, non formano

una nicchia, bensì una discreta minoranza di aziende montane con tutte le carte in regola per

espandersi ulteriormente “(Adua, 2010/2)”.

La carta di identità del castagno elaborata in base ai dati dell’IFNC mostra tutte le

problematiche e le potenzialità dell’albero del pane; è chiaro che non si tratta di una specie

arborea qualunque ma di una delle principali essenze forestali diffusa in tutte le Regioni

italiane in cui svolge un rilevante ruolo nell’equilibrio del paesaggio.

Per quanto riguarda il castagno da frutto, i dati statistici ufficiali disponibili e l’elaborazione

di apposite serie storiche evidenziano molti aspetti interessanti e consentono sia di delineare

l’attuale consistenza della civiltà del castagno sia di svolgere alcune considerazioni.

Le cure colturali dedicate ai castagneti da frutto sono in riduzione; ciò nonostante si registra la

compattezza di un minoritario “zoccolo duro” di aziende castanicole montane che preservano

la presenza del castagno quale “gigante buono” della montagna.

La rivalutazione delle produzioni agroalimentari di qualità mette le castagne, tal quali o

trasformate, fra le principali produzioni vegetali utilizzate. Si tratta di un tesoro gastronomico

formidabile che rappresenta una delle più alte espressioni della civiltà del castagno e che può

agire da volano per la riqualificazione della produzione frutticola montana.

Il panorama castanicolo attuale è pieno di chiari e scuri; i forti attacchi della vespa cinese e la

conseguente grave perdita di produzione frutticola non inducono certo a un facile ottimismo.

Il recente “Piano settoriale del castagno 2010-2013” predisposto presso il MiPAAF da oltre

200 esperti e poi approvato dalla Conferenza Stato-Regioni “(MiPAAF, 2010)” rappresenta lo

strumento normativo, conoscitivo e operativo per un nuovo approccio, anche statistico, al

mondo castanile “(Adua, 2011/3)”.

Il grande valore del castagno è legato alle sue radici e alla comune storia. E’ solo rivalutando

la funzione del castagno nelle diverse ere storiche, il suo contributo alla qualità della vita

dell’uomo e il suo apporto fondamentale nella dieta e nella cultura gastronomica che risiede la

chiave per un rinnovato sviluppo della filiera che deve partire dal recupero del patrimonio

esistente e puntare alla riqualificazione complessiva della filiera castanicola “(Adua, 2010/5)”.

E’ il “valore aggiunto” (storia, cultura, tradizioni, usi, costumi, gastronomia, arte, letteratura,

turismo, ecc.) che rappresenta la peculiarità del castagno, così come è il valore aggiunto

dell’agriturismo e dei prodotti DOP e IGP che costituisce la forza di questi due settori.

In conclusione, il compito della statistica ufficiale è quello di seguire con attenzione e

correttezza l’evoluzione dell’agriturismo, dei prodotti di qualità e della civiltà del castagno

che presentano forti elementi di qualità che rappresenta la direzione di marcia dell’agricoltura

italiana e, in particolare, di quella montana.

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