Il contratto di concessione come modello di partenariato...

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1 Il contratto di concessione come modello di partenariato pubblico-privato e il nuovo codice dei contratti di Biancamaria Raganelli 27 febbraio 2017 SOMMARIO: 1. L’istituto della concessione. – 2. Il contratto di concessione come modello di partenariato pubblico privato. – 2.1. La ricerca di una collaborazione tra pubblico e privato. – 2.2. I PPP contrattualizzati e la necessità di una disciplina europea in materia di concessioni. – 2.3. Le fondamenta della disciplina: i principi generali. – 3. Servizi pubblici nell’ordinamento comunitario e concessioni. – 3.1. La complessa materia dei servizi pubblici in Europa. 3.2. Concessioni versus appalti e contratti misti. – 4. La direttiva 2014/23/UE e la disciplina in vigore contenuta nel Codice Appalti 2016. – 4.1. I principi generali. – 4.2 Le principali novità introdotte dalla direttiva e recepite nel Codice. – 5. La tutela giurisdizionale in Europa. 1. L’istituto della concessione. L’istituto della concessione ha origini risalenti 1 . Nasce e si sviluppa principalmente per fronteggiare la carenza di risorse economiche dello Stato e per la mancanza di competenze tecniche idonee a fronteggiare l’esigenza di realizzazione e gestione di opere pubbliche e di servizi di pubblica utilità: l’amministrazione ricerca la “collaborazione” del privato per far fronte alle proprie necessità e perseguire i propri interessi. Per questo motivo la concessione rappresenta il modello tipico di PPP. Le concessioni di servizi pubblici, invece, venivano originariamente considerate come strumentali a quelle di lavori e, dunque, prive di rilevanza autonoma. 1 Tra gli altri in letteratura B. Raganelli, Il contratto di concessione, in corso di pubblicazione in I singoli contratti (a cura di G. Cassano), il Diritto Applicato, Collana diretta da G. Cassano, Cedam, Padova, 2010, pp. 3 ss.; Id., Pubblico, privato e concessioni in Europa: alcuni limiti della disciplina, in AA.VV., Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e partenariati pubblico-privati, Giuffrè, 2013, pp. 210 ss.; Id., Le Concessioni di lavori e servizi, in I contratti della pubblica amministrazione (a cura di C. Franchini), Trattato dei contratti diretto da P. RESCIGNO E E. GABRIELLI, Utet, Torino, 2007, pp. 983 ss.; L. ALLA, La concessione amministrativa nel diritto comunitario, Giuffrè, Milano, 2005, pp. 15 ss.; G. DI GASPARE, Servizi pubblici locali in trasformazione, Cedam, Padova, 2001: N. BONTEMPO, L'istituto della concessione nell'ambito dei sistemi di esecuzione di opere pubbliche, in Riv. Trim. Appalti, 1995, n. 2, pp. 276 ss.; A. CARULLO, La concessione di costruzione e gestione, in Riv. Trim. Appalti, 1993, pp. 335 ss.; M. S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, Vol. II, Giuffrè, Milano, 1993, pp. 429 ss.; P. TESAURO, L'evoluzione storico – legislativa dell'istituto della concessione e l'attribuzione nella legislazione vigente in Le concessioni di servizi:atti della giornata di studio : Roma 3 dicembre 1987 ( a cura di F. A. Roversi Monaco), Maggioli, Rimini, 1988, pp. 41 ss; A. ROMANO, Profili della concessione di pubblici servizi, in Dir. Amm., 1994, pp. 459 ss.; F. G. SCOCA, Diritto amministrativo, Giappichelli Editore, 2011, pp. 267 ss.; O. RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative, pt. I, Concetto e natura delle autorizzazioni e concessioni amministrative, in Giur.it, XVLVI, 1894, IV, pp. 7-83; pt. II, Capacità e volontà nelle autorizzazioni e concessioni amministrative , in Riv. it. sc. giur. , 1894, pp. 3-100, 315-372; pt. III, Facoltà create dalle autorizzazioni e concessioni amministrative , ivi , XIX, 1895, pp. 3-107; ivi , XX, pp. 255-337; ivi , XXI, 1896, pp. 77-172, 350-379; ivi, XXII, 1896, pp. 177-277 (ora in Scritti giuridici scelti , a cura di E. FERRARI e B. SORDI , Vol. III, Jovene, Napoli, 1992, pp. 35 ss.); F. FRACCHIA, Concessione amministrativa, in Enciclopedia del diritto, Annali , vol. I, Giuffrè, Milano 2007, pp. 250 ss.; G. F. CARTEI, Il contratto di concessione di lavori e servizi: novità e conferme a 10 anni dal Codice DeLise in Urbanistica e appalti, 2016, fasc. 8-9, pp. 939-947; M. CERUTI, Le concessioni tra contratto, accordo e provvedimento amministrativo in Urbanistica e appalti, 2016, fasc. 6, pp. 637-648; U. REALFONZO, Le concessioni nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in GiustAmm.it, 2016,fasc.4, pp.18.

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Il contratto di concessione come modello di partenariato pubblico-privato e il nuovo codice dei contratti

di Biancamaria Raganelli

27 febbraio 2017

SOMMARIO: 1. L’istituto della concessione. – 2. Il contratto di concessione come modello di

partenariato pubblico privato. – 2.1. La ricerca di una collaborazione tra pubblico e privato. – 2.2. I PPP contrattualizzati e la necessità di una disciplina europea in materia di concessioni. – 2.3. Le fondamenta della disciplina: i principi generali. – 3. Servizi pubblici nell’ordinamento comunitario e concessioni. – 3.1. La complessa materia dei servizi pubblici in Europa. 3.2. Concessioni versus appalti e contratti misti. – 4. La direttiva 2014/23/UE e la disciplina in vigore contenuta nel Codice Appalti 2016. – 4.1. I principi generali. – 4.2 Le principali novità introdotte dalla direttiva e recepite nel Codice. – 5. La tutela giurisdizionale in Europa.

1. L’istituto della concessione. L’istituto della concessione ha origini risalenti1. Nasce e si sviluppa principalmente

per fronteggiare la carenza di risorse economiche dello Stato e per la mancanza di competenze tecniche idonee a fronteggiare l’esigenza di realizzazione e gestione di opere pubbliche e di servizi di pubblica utilità: l’amministrazione ricerca la “collaborazione” del privato per far fronte alle proprie necessità e perseguire i propri interessi. Per questo motivo la concessione rappresenta il modello tipico di PPP. Le concessioni di servizi pubblici, invece, venivano originariamente considerate come strumentali a quelle di lavori e, dunque, prive di rilevanza autonoma.

1 Tra gli altri in letteratura B. Raganelli, Il contratto di concessione, in corso di pubblicazione in I singoli contratti (a cura di G. Cassano), il Diritto Applicato, Collana diretta da G. Cassano, Cedam, Padova, 2010, pp. 3 ss.; Id., Pubblico, privato e concessioni in Europa: alcuni limiti della disciplina, in AA.VV., Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e partenariati pubblico-privati, Giuffrè, 2013, pp. 210 ss.; Id., Le Concessioni di lavori e servizi, in I contratti della pubblica amministrazione (a cura di C. Franchini), Trattato dei contratti diretto da P. RESCIGNO E E. GABRIELLI, Utet, Torino, 2007, pp. 983 ss.; L. ALLA, La concessione amministrativa nel diritto comunitario, Giuffrè, Milano, 2005, pp. 15 ss.; G. DI GASPARE, Servizi pubblici locali in trasformazione, Cedam, Padova, 2001: N. BONTEMPO, L'istituto della concessione nell'ambito dei sistemi di esecuzione di opere pubbliche, in Riv. Trim. Appalti, 1995, n. 2, pp. 276 ss.; A. CARULLO, La concessione di costruzione e gestione, in Riv. Trim. Appalti, 1993, pp. 335 ss.; M. S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, Vol. II, Giuffrè, Milano, 1993, pp. 429 ss.; P. TESAURO, L'evoluzione storico – legislativa dell'istituto della concessione e l'attribuzione nella legislazione vigente in Le concessioni di servizi:atti della giornata di studio : Roma 3 dicembre 1987 ( a cura di F. A. Roversi Monaco), Maggioli, Rimini, 1988, pp. 41 ss; A. ROMANO, Profili della concessione di pubblici servizi, in Dir. Amm., 1994, pp. 459 ss.; F. G. SCOCA, Diritto amministrativo, Giappichelli Editore, 2011, pp. 267 ss.; O. RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative, pt. I, Concetto e natura delle autorizzazioni e concessioni amministrative, in Giur.it, XVLVI, 1894, IV, pp. 7-83; pt. II, Capacità e volontà nelle autorizzazioni e concessioni amministrative , in Riv. it. sc. giur. , 1894, pp. 3-100, 315-372; pt. III, Facoltà create dalle autorizzazioni e concessioni amministrative , ivi , XIX, 1895, pp. 3-107; ivi , XX, pp. 255-337; ivi , XXI, 1896, pp. 77-172, 350-379; ivi, XXII, 1896, pp. 177-277 (ora in Scritti giuridici scelti , a cura di E. FERRARI e B. SORDI , Vol. III, Jovene, Napoli, 1992, pp. 35 ss.); F. FRACCHIA, Concessione amministrativa, in Enciclopedia del diritto, Annali , vol. I, Giuffrè, Milano 2007, pp. 250 ss.; G. F. CARTEI, Il contratto di concessione di lavori e servizi: novità e conferme a 10 anni dal Codice DeLise in Urbanistica e appalti, 2016, fasc. 8-9, pp. 939-947; M. CERUTI, Le concessioni tra contratto, accordo e provvedimento amministrativo in Urbanistica e appalti, 2016, fasc. 6, pp. 637-648; U. REALFONZO, Le concessioni nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in GiustAmm.it, 2016,fasc.4, pp.18.

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Si tratta di questioni ancora oggi attuali in considerazione della forte contrazione della spesa pubblica registrata negli ultimi anni. Il Libro Verde del 1996 sugli appalti pubblici nell’Unione europea2, parla di una spesa annua per l’acquisto di beni e servizi da parte dei pubblici poteri pari all’11 per cento del prodotto interno lordo dell’Unione Europea e indagini più recenti evidenziano una crescita tra la metà degli anni ’90 del secolo scorso e il 2003 che supera il 16 per cento del Pil a livello comunitario e il 12,3 per cento del Pil in Italia3 .

La dottrina si è a lungo interrogata sulla natura giuridica della concessione, dividendosi tra i sostenitori dell’impostazione pubblicistica - concessione come atto amministrativo unilaterale (provvedimento amministrativo) - e i sostenitori dell’impostazione privatistica – concessione come contratto. Non è possibile dar conto in questa sede delle diverse tesi sostenute in materia4.

Occorre ricordare, però, che l’originaria concezione della concessione come forma privatistica di regolazione dei rapporti tra amministrazione e privati trovava fondamento nella convinzione che l’esigenza della pubblica amministrazione di incentivare la collaborazione dei privati imponeva di riconoscere loro una garanzia forte dei diritti economici, che poteva assicurare solo il diritto privato. La ricostruzione della concessione come rapporto di diritto pubblico sottoposto a principi pubblicistici, invece, si fondava sull’assunto che la concessione determinava un trasferimento di compiti e di funzioni amministrative dal concedente al concessionario, con particolare riferimento all’oggetto pubblico della prestazione a carico di quest’ultimo.

A metà strada tra le due impostazioni si pone la teoria della concessione-contratto, che trova fondamento in una nota pronuncia della Corte di Cassazione 12 gennaio 1910, che assume la concessione come fattispecie complessa costituita da due atti distinti ma connessi: uno pubblicistico, il provvedimento amministrativo di conferimento della concessione, e uno privatistico, l’accordo tra amministrazione e

2 Libro Verde Della Commissione Europea, Gli Appalti Pubblici Nell’unione Europea: Spunti Di Riflessione per Il Futuro, Del 27 Novembre 1996, Com (96), 583 Def.

3 M. CLARICH – L. FIORENTINO, Appalti e concessioni: regole e prassi per il mercato, in Appalti pubblici e concorrenza, Progetto concorrenza di Coonfindustria coordinato da I. CIPOLLETTA, S. MICOSSI, G. NARDOZZI, 2006, par. 1

4 Tra i vari, G. PERICU, Il rapporto di concessione di pubblico servizio, in La concessione di pubblico servizio G. PERICU, A. ROMANO e SPAGNOULO VIGORITA( a cura di), Giuffrè, Milano, 1995; C. FRANCHINI, I contratti con la pubblica amministrazione, in P. RESCIGNO – E. GABRIELLI (diretto da), Trattato dei contratti, Utet, Torino, 2007; N. BONTEMPO, L'istituto della concessione nell'ambito dei sistemi di esecuzione di opere pubbliche, in Riv. Trim. Appalti, 1995, pp. 267 ss.; F. PELLIZZER, Le concessioni di opera pubblica. Caratteri e principi di regime giuridico, Cedam, Padova, 1990; D. SORACE – C. MARZUOLI, “Concessioni Amministrative” in Digesto Pubbl., III, Utet, Torino, 1989, ad vocem, pp. 285 ss., F. G. SCOCA, La concessone come strumento di gestione dei servizi pubblici, in Le concessioni di servizi ( a cura di F. A. Roversi Monaco), Maggioli, Rimini, 1988, pp. 25 passim, M. D'ALBERTI, Concessioni amministrative, in Enc. Giur., VII, Treccani, Roma, 1998, ad vocem, pp. 2 ss.; V. CAIANELLO, Concessioni (diritto amministrativo), in Novissimo Digesto Italiano, Appendice, II, Utet, Torino, 1980, ad vocem, pp. 234 ss., F. GULLO, Provvedimento e contratto nelle concessioni amministrative, Cedam, Padova, 1965; G. ZANOBINI, L'esercizio privato delle funzioni e dei servizi pubblici, in Primo trattato completo di diritto amministrativo (a cura di V. E. Orlando), vol. II, parte III, Società editrice libraria, Milano, 1935; O. RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative, Fratelli Bocca Editori, Roma – Firenze, 1894; E.SILVESTRI,Concessione amministrativa, in Enc. dir., VIII, Giuffrè, Milano, 1961, ad vocem, pp. 370 ss., L. ALLA, op. cit., p. 17; B. RAGANELLI, Le concessioni di lavori e servizi, in I contratti con la pubblica amministrazione ( a cura di C. Franchini) op. cit. pp. 985 ss.; U. FORTI, Natura giuridica delle concessioni amministrative, in Giur. it., 1900, IV, c. pp. 369 ss.; Breve nota Concessione - contratto e competenza giudiziaria, in Foro it., 1942, I, c. p. 428; Sul mutamento della natura giuridica e della disciplina delle concessioni amministrative nel diritto europeo E. PICOZZA, Le concessioni nel diritto dell’Unione Europea. Profili e prospettive, in B.A. CAFAGNO MAURIZIO (a cura di), Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e partenariati pubblico-privati, Giuffrè, Milano, pp. 18 ss.

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privato destinato a regolare diritti e obblighi delle parti. Tale impostazione è stata superata da parte della letteratura successiva che, accentuando i profili di differenziazione rispetto al contratto di diritto privato, ha finito per ricondurla nell’ambito dei contratti di diritto pubblico, formalizzando peraltro il passaggio dalla concessione-contratto al contratto di concessione. Parte della dottrina ha sottolineato il profilo organizzativo della concessione (la concessione come conferimento di un ufficio), riconducendo la fattispecie alla figura del “contratto ad oggetto pubblico” nella forma di “contratti accessivi a provvedimenti” o di “convenzioni sostitutive”5. In realtà, è forse più cauto assumere quello attuale come il risultato, sia pure provvisorio, di un confronto di componenti che impediscono una caratterizzazione del contratto in senso esclusivamente privatistico o esclusivamente pubblicistico.

La stessa giurisprudenza ha oscillato tra le due posizioni. Si è osservato che “la figura della concessione-contratto è caratterizzata dalla contemporanea presenza di elementi pubblicistici e privatistici, sicché la pubblica amministrazione viene a trovarsi in una posizione particolare e privilegiata rispetto all'altra parte in quanto dispone, oltre che dei diritti e delle facoltà che nascono comunemente dal contratto, di pubblici poteri che derivano direttamente dalla necessità di assicurare il pubblico interesse in quel particolare settore cui inserisce la concessione”6. Secondo parte della dottrina, la definizione di una categoria di contratti pubblici non appare risolutiva nel nostro ordinamento: i contratti con la pubblica amministrazione si caratterizzerebbero rispetto ai contratti di diritto privato esclusivamente per il fatto che una delle parti è la pubblica amministrazione.

Nell’ordinamento giuridico italiano la concessione di lavori è stata a lungo assunta in dottrina e giurisprudenza come uno “strumento di traslazione dei pubblici poteri”, provvedimento amministrativo unilaterale escluso da qualsiasi confronto concorrenziale. Attraverso tale strumento, la pubblica amministrazione poteva trasferire ad altri un proprio diritto o potere, ovvero costituire un nuovo diritto o potere a vantaggio di altri sulla base di uno proprio, che in tal modo veniva limitato7 .

La legge 24 giugno 1929, n. 1137, distingueva due tipi di concessione: la concessione di sola costruzione e la concessione di costruzione e gestione. La prima è l’atto amministrativo con cui una pubblica amministrazione affida a un soggetto il compito di costruire un’opera pubblica entro un certo termine e dietro il pagamento di un corrispettivo predeterminato; la seconda è l’atto amministrativo con il quale la pubblica amministrazione affida a un soggetto il compito di costruire un’opera pubblica e di gestirla per un determinato periodo di tempo, al termine del quale l’opera diventa di proprietà dell’amministrazione. In particolare, ricordiamo che la legge 8 agosto 1977, n. 584 equiparava la concessione di sola costruzione all’appalto e la sottoponeva allo stesso regime procedimentale e giuridico. Il Consiglio di Stato in

5 M. S. GIANNINI, Diritto pubblico dell'economia, Il mulino, Bologna, 1995; F. TRIMARCHI, Profili

organizzativi della concessione di pubblici servizi, Giuffrè, Milano, 1967 6 T. Reg. Giust. Amm., Bolzano, 11 novembre 2002, n. 495, Foro Amm. Trib. Amm. Reg. 2002, 3571. 7 Sull’evoluzione della nozione di concessione di lavori pubblici nell’ordinamento interno, tra gli altri, G.

PASQUINI, Pubblico e privato per le infrastrutture di pubblica utilità: temi e prospettive, in M. CABIDDU (a cura di), Modernizzazione del paese. Politiche, opere, servizi pubblici, Franco Angeli, Milano, 2005; R. GALLO, Caratteristiche delle concessioni di lavori pubblici, in AA. VV. Il codice dei contratti pubblici, commento al d. l. 12 aprile 2006, n. 163 Napoli, 2007, pp. 522 ss; C. CORSI, Le concessioni di lavori e di servizi, in M. P. CHITI (a cura di) Il partenariato pubblico privato. Concessioni. Finanza di progetto. Società miste. Fondazioni, Napoli, 2009; A. BARGONE, P. S. RICHTER, Manuale del diritto del lavori pubblici. La riforma e i procedimento di attuazione, Milano, Giuffrè, 2001.

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tal senso distingueva il concetto di concessione di sola costruzione dalla concessione di costruzione e gestione, sottraendo quest’ultima alle regole dell’altra8. In questa seconda fattispecie la costruzione risulta strumentale alla gestione di un pubblico servizio. La concessione di mera costruzione ha posto questioni in dottrina, risultando di difficile inquadramento perché difficilmente distinguibile dalla figura dell’appalto di opere pubbliche e per effetto dell’art. 1, lett. d), della direttiva 89/440/Ce, è stata eliminata dal nostro ordinamento.

L’influenza del diritto comunitario è stata particolarmente evidente in questo contesto9. Tra le prime direttive comunitarie adottate per il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici e di forniture, l’art. 3, n. 1, della direttiva 71/305/Cee, recepita con l. 8 agosto 1977, n. 584, escludeva espressamente dalla propria sfera di applicazione i contratti di concessione. La direttiva del Consiglio 89/440/Cee del 18 luglio 1989, invece, ha preso in considerazione le concessioni di lavori pubblici rendendo a esse applicabili specifiche regole di pubblicità10. Successivamente, la direttiva del Consiglio 93/37/Ce, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ha menzionato espressamente la concessione di lavori pubblici tra i contratti che rientrano nella propria sfera di applicazione. L’art. 1 della dir. 93/37/Ce, infatti, definisce la concessione come il contratto che presenta le stesse caratteristiche dell’appalto di lavori pubblici, “ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo”. Le direttive 93/37/Ce e 93/38/Ce sono state recepite in Italia con la legge 11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro sui lavori pubblici , c.d. legge “Merloni”. L’art. 1, co. 3, della direttiva unificata 2004/18/Ce, in materia di appalti riproduce la definizione di concessione di lavori come contratto con caratteristiche simili all’appalto, salvo il fatto che il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera, ovvero nel diritto di gestire l’opera accompagnato da un prezzo. Questa non si discosta sostanzialmente dalla definizione originariamente fornita dall’art. 19, co. 2, della legge quadro ed è stata sostanzialmente riprodotta nel Codice dei contratti pubblici11. Il mutamento di prospettiva, da “strumento di traslazione dei pubblici poteri” a contratto, espone la concessione di lavori al confronto concorrenziale e comporta l’obbligo del ricorso alle procedure concorsuali12. É solo del 2014, però, la prima direttiva europea in materia di concessioni: 2014/23/Ce.

In Italia il processo di riforma della disciplina dei lavori pubblici ha inizio con l’emanazione della legge quadro sui lavori pubblici, legge n. 109/1994. Prosegue con legge 18 novembre 1998, n. 415, c.d. Merloni-ter, e con il successivo regolamento di attuazione, disposizioni normative emanate con l’obiettivo di stimolare il coinvolgimento di capitali privati nella realizzazione di opere pubbliche; la legge

8 Cons. St., sez. III, 30 novembre 1982, n. 703, in Arch. giur. op. pubbl., 1984, p. 1129 ss

9 Per un commento G. GARRONE, La concessione di opera pubblica negli ordinamenti italiano e comunitario, Jovene, Napoli, 1993; G. BALOCCO, Concessione di beni pubblici tra affidamento diretto e obbligo di gara, in Urb. app., 2006, n. 7, pp. 851 e ss.; M. BONINI, Progetto di comunicazione della Commissione su : “Le concessioni nel diritto comunitario degli appalti pubblici” in Riv. It. Dir. Pubbl. comun. 1999, pp. 677 ss; M. MENSI, Appalti, servizi pubblici e concessioni – Procedura di gara, tutela amministrativa e processuale a livello comunitario e nazionale, Cedam, Padova, 1998, X, pp. 354 ss. 10Dir. n. 89/440/CEE, artt. 12, nn. 3, 6, 7 e 9-13, e 15-bis.11Art. 3 co. 11.12Artt. 56-65 dir. 2004/18/CE.

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Merloni-quater nel 2002; il Codice dei contratti pubblici nel 2006 e le successive modifiche e integrazioni allo stesso; il Codice Appalti 2016.

In Italia la disciplina in vigore in materia di concessioni è contenuta nel Codice Appalti 2016, il d.lgs. 18 Aprile 2016, n. 50, attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Esso ha sostituito il precedente Codice emanato con d.lgs. 163/2006, integrato dal relativo regolamento di attuazione13, dal Codice del processo amministrativo. In questo contesto, la tutela giurisdizionale si pone come necessario completamento e garanzia dell’intero processo di selezione del contraente della pubblica amministrazione e di formalizzazione negoziale del rapporto.

Il modello concessorio resta centrale in Italia, ma anche in altri Paesi. La stessa disciplina sulla finanza di progetto, oggi disciplinata dal Codice Appalti, più volte oggetto di recenti modifiche normative, si fonda sull’istituto della concessione di costruzione e gestione. Rispetto al modello base, ambisce a caratterizzarsi essenzialmente per il fatto di originare dall’iniziativa privata, sia pure concernente un’opera inserita nella programmazione dell’amministrazione. In realtà, nonostante le diverse modifiche intervenute, l’ipotesi di un’iniziativa privata effettiva resta residuale nella normativa in vigore e le procedure oggi previste risultano, comunque, ancora lontane da quelle esigenze di flessibilità invocate dal mercato, caratteristiche tipiche della Project Finance Initiative anglosassone.

2. Il contratto di concessione come modello di Partenariato Pubblico Privato. 2.1 La ricerca di una collaborazione tra pubblico e privato La forte crescita del mercato degli appalti pubblici e concessioni registrata negli

ultimi tempi in rapporto alla riduzione della spesa pubblica è in gran parte legata alla carenza da parte delle pubbliche amministrazioni di risorse economiche e di competenze tecniche idonee a provvedere alla realizzazione e gestione di opere pubbliche e di servizi di pubblica utilità. Ciò ha alimentato la ricerca di forme di collaborazione tra pubblico e privato.

Gli interessi coinvolti nel settore sono molteplici, in parte imputabili agli operatori economici che concorrono negli affidamenti, in parte riconducibili alle pubbliche amministrazioni come stazioni appaltanti e alla generalità degli utenti. Gli stessi obiettivi della disciplina, delineati dal legislatore a livello comunitario e a livello nazionale, possono in alcuni casi risultare in tensione. Si discute delle scelte legislative adottate e degli strumenti giuridici proposti per il perseguimento degli stessi.

La generalizzata contrazione degli investimenti pubblici negli ultimi decenni, in parte dovuta alle esigenze di contenimento della spesa pubblica, ha alimentato un

13 D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, pubblicato in G.U. 10 dicembre 2010, n. 288, Suppl. Ord. n. 270, in vigore

dal 9 giugno 2011.

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interesse crescente verso modelli alternativi di finanziamento delle opere pubbliche e, in particolare, verso forme di Partenariato Pubblico-Privato (PPP)14 .

Come noto, l’espressione fa riferimento a tutte quelle «forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio». L’espressione citata include una vasta gamma di modelli di cooperazione tra il settore pubblico e quello privato, tra cui il contratto di concessione, che costituisce un modello di riferimento in Italia e in Europa, nonostante manchi ancora una direttiva che disciplini compiutamente le concessioni di servizi.

Una vasta letteratura sostiene l’esistenza di un nesso di causalità tra dotazione infrastrutturale e sviluppo economico di un paese. Si discute, invece, se il finanziamento delle infrastrutture debba avvenire con investimenti pubblici: meccanismi creativi di contabilità possono mascherare sotto forma di investimenti pubblici spese da catalogarsi come spesa corrente; inoltre, alcuni investimenti pubblici potrebbero spiazzare altri investimenti potenzialmente più produttivi. In tal senso l’adozione di partnership pubblico private potrebbe aiutare ad individuare il mix migliore.

Nel corso dell’ultimo decennio, il fenomeno dei PPP si è sviluppato in molti settori rientranti nella sfera pubblica. L’aumento del ricorso a operazioni di PPP è riconducibile a vari fattori. In presenza delle restrizioni di bilancio cui gli Stati membri devono fare fronte, esso risponde alla necessità di assicurare il contributo di finanziamenti privati al settore pubblico. Inoltre, il fenomeno è spiegabile anche con la volontà di estendere maggiormente al settore pubblico il «know-how» e i metodi di funzionamento tipici del settore privato. Lo sviluppo dei PPP può essere d’altronde inquadrato nel fenomeno dell’evoluzione più generale del ruolo dello Stato nella sfera economica, che ha registrato nel tempo il passaggio da un ruolo di operatore diretto a quello di organizzatore, regolatore e controllo.

Nel «Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto degli appalti pubblici e delle concessioni» della Commissione Europea sono dettate le linee guida del fenomeno, nel rispetto dei principi di concorrenza e parità di trattamento

14Sul tema Commissione Europea, Guidelines for successfull Public-Private Partnership, 2003; ID., Resource Book of PPP Case Studies, 2004; CORTE GIUSTIZIA CE, Decisione Eurostat sul trattamento contabile delle operazioni di PPP, 2004; COMMISSIONE EUROPEA, Green Paper on PPP’s and Community Law on Public Contracts and Concession, 2004; Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati - PPPI, Bruxelles, 5 febbraio 2008. In letteratura si rinvia tra gli altri a M.P. CHITI (a cura di), Il Partenariato Pubblico-Privato, E.S.I., Napoli, 2009; ID., Introduzione. Luci, ombre e vaghezze nella disciplina del Partenariato Pubblico-Privato, Atti Convegno SPISA, 29 luglio 2005; ID., Il partenariato pubblico privato: profili di diritto amministrativo e di scienza dell’amministrazione, Bologna, 2005; M.A. SANDULLI, Il Partenariato Pubblico Privato e il diritto europeo degli appalti e delle concessioni, Atti Convegno SPISA, 29 luglio 2005; E. IOSSA- F. RUSSO, Il Partenariato Pubblico Privato in Italia, in Riv. pol. econ., 2008; R. DI PACE, Partenariato pubblico privato e contratti atipici, Giuffrè, Milano, 2006; B. RAGANELLI- G. FIDONE, Public Private Partnerships and Public Works: reducing moral hazard in a competitive market, in Riv. merc. fin. e scienza fin., n. 1, 2008; G. F. CARTEI, Le varie forme di partenariato pubblico-privato. Il quadro generale, in Giustamm.it, pubblicato il 17/12/2010; G. CERRONI FERONI, F. CARINGELLA, Il partenariato pubblico-privato : modelli e strumenti, Torino, Giappichelli, 2011; B. RAGANELLI, Partenariato pubblico privato ed opere pubbliche in Europa. La ricerca di un equilibrio tra regole e discrezionalità, Osservatorio I.com sulle Infrastrutture, Pubblicazione I.com, 2008; B. RAGANELLI, Principi, disposizioni e giurisprudenza comunitaria in materia di partenariato pubblico privato: un quadro generale, in Giustamm.it, 11/06/2010; M. LOMBARDO, G. FORTUNATO, Concessioni e Partenariato Pubblico e Privato in Appalti e contratti, 2016, fasc. 7 - 8, pp. 26 – 44.

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imposti dal Trattato e dalle Direttive comunitarie in materia di appalti e si tenta di «illustrare la portata delle norme comunitarie applicabili alla fase di selezione del partner privato ed alla fase successiva, allo scopo di individuare eventuali incertezze e di valutare se il quadro comunitario è adeguato alle sfide ed alle caratteristiche specifiche del PPP». Tra i principali elementi caratterizzanti il fenomeno ricordiamo: a) la lunga durata del rapporto, che implica una cooperazione tra i due partner sui vari aspetti del progetto da realizzare; b) il finanziamento del progetto garantito in tutto o in parte dal settore privato; c) il ruolo strategico degli operatori economici, che partecipano a tutte le fasi del progetto; d) la distribuzione dei rischi tra il partner pubblico e quello privato. Il riparto dei rischi tra partner pubblico e privato si effettua caso per caso, in funzione della capacità delle parti di valutare, controllare e gestire gli stessi. Come noto, da un punto di vista giuridico, il PPP si articola in due forme principali: il PPP di tipo contrattuale e il PPP di tipo istituzionalizzato. Nel primo caso, il rapporto tra soggetto pubblico e privato si fonda su legami esclusivamente convenzionali. Un esempio sono gli appalti e le concessioni. Il rapporto di collaborazione tra amministrazione e impresa che risulta emblematicamente nel contratto di concessione, si presenta caratterizzato da asimmetrie informative e interessi potenzialmente in contrasto. Ciò deriverebbe dalla strutturale incompletezza del contratto, dovuta alla costruzione di un rapporto contrattuale complesso e di lunga durata e dalla necessità, per la parte pubblica, di dover rinegoziare con il privato il suo comportamento, con alti costi di transazione e rischio per il soggetto pubblico di perdita di controllo. In tale contesto, parte della letteratura si è anche occupata di studiare i diversi interessi che emergono nelle gare pubbliche e le asimmetrie informative, gli interessi potenzialmente in contrasto tra pubblica amministrazione e privati, sia nella fase precedente di selezione del contraente che precede la stipulazione del contratto, sia nella fase successiva e i conseguenti effetti distorsivi che ne derivano15.

Nei PPP di tipo istituzionalizzato, invece, la cooperazione tra il soggetto pubblico e privato avviene in seno ad un’entità distinta, dotata di personalità giuridica propria, e che permette al partner pubblico di conservare un livello di controllo relativamente elevato sulla struttura, compatibilmente ad «un’applicazione normale del diritto societario». Un esempio sono le società miste. La seconda tipologia può realizzarsi sia attraverso la creazione di un’entità distinta ad hoc, detenuta congiuntamente tra il settore pubblico e quello privato, sia attraverso il passaggio a controllo privato di un’impresa pubblica preesistente. In entrambi i casi, il profilo rilevante è quello della scelta del soggetto privato, che deve avvenire nel rispetto dei principi concorrenziali della trasparenza e della parità di trattamento. Sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai PPP Istituzionalizzati è stata emanata una Comunicazione interpretativa della Commissione Europea del 5 febbraio 200816 , che chiarisce alcuni aspetti dibattuti.

15 Sui diversi interessi che emergono nelle gare pubbliche M. CAFAGNO Lo Stato banditore. Gare e servizi

locali, Giuffrè, Milano, 2001; B. RAGANELLI, Pubblico, privato e concessioni in Europa: alcuni limiti della disciplina, in AA.VV., Negoziazioni pubbliche. Scritti su concessioni e partenariati pubblico-privati, Giuffrè, Milano, 2013, pp. 210-248. Sulle asimmetrie informative, gli interessi potenzialmente in contrasto tra pubblica amministrazione e privati sia nella fase precedente di selezione del contraente che precede la stipulazione del contratto sia nella fase successiva e i conseguenti effetti discorsivi che ne derivano B. RAGANELLI, Finanza di progetto e opere pubbliche quali incentivi?, cit.; B. RAGANELLI, G. FIDONE, Public Private Partnership and Public Works: Reducing Moral Hazard in a Competitive Market, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1, 2008, p. 23 ss.

16 C(2007)6661.

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Diversi sono i potenziali settori di intervento dei PPP, che vanno dai progetti capaci di produrre autonomamente un reddito sufficiente a ripagare l’investimento e gli oneri finanziari connessi e in cui il ruolo dell’amministrazione si limita alla regolamentazione e al controllo delle procedure, a quelli per la cui attivazione il settore pubblico deve erogare, secondo diverse modalità, una componente di contribuzione pubblica. Secondo uno studio svolto dall’Unità tecnica Finanza di progetto, i progetti realizzabili attraverso interventi di PPP possono essere classificati, in base alla loro capacità di ripagarsi, in tre principali tipologie: 1) progetti dotati di una intrinseca capacità di generare reddito mediante ricavi da utenza (c.d. “opera calda”): il flusso prospettico dei ricavi commerciali generati dal progetto consente un’adeguata remunerazione del capitale investito; 2) progetti nei quali il concessionario privato fornisce direttamente servizi alla pubblica amministrazione (c.d. “opera fredda”): il riferimento è a tutte quelle opere pubbliche (carceri, ospedali, ecc.) per le quali il soggetto privato, che si occupa della realizzazione e della successiva gestione, trae la propria remunerazione principalmente dai pagamenti della pubblica amministrazione su base commerciale; 3) progetti richiedenti una componente di contribuzione pubblica (c.d. opera tiepida): è il caso di quelle iniziative che non sono in grado di assicurare adeguati ritorni economici, ma dalla cui realizzazione derivano rilevanti esternalità positive in termini di benefici socio-economici indotti dalla infrastruttura stessa.

In linea generale, le opere pubbliche possono essere fatte rientrare tra quei progetti che richiedono una componente di contribuzione pubblica (c.d. opere tiepide), in quanto solitamente richiedono l’applicazione di un prezzo amministrato dove il Governo è fortemente coinvolto. Il contratto di concessione rappresenta, ad oggi, il modello di PPP più diffuso al mondo. Di regola, nel nostro Paese, l’imposizione di prezzi amministrati per la fruizione dell’opera o del servizio, impongono all’amministrazione di partecipare attraverso un contributo pubblico, sotto forma di prezzo.

L’auspicata collaborazione tra pubblico e privato costituisce espressione dell’evoluzione del ruolo del soggetto pubblico nella vita economica del Paese, da operatore diretto nel mercato a organizzatore, regolatore e supervisore dello stesso, nel rispetto dei principi di concorrenza e parità di trattamento imposti dal Trattato e dalle direttive comunitarie in materia di appalti. Il PPP in tal senso rappresenta una delle manifestazioni più evidenti del principio della sussidiarietà orizzontale17 , quale riconoscimento da parte dei pubblici poteri del ruolo sussidiario della società civile nell’esplicazione di attività di interesse generale e, quindi, anche nell’esercizio di

17 La letteratura in materia è assai vasta. Tra gli altri, cfr. L. VIOLINI, Il principio di sussidiarietà, in G. Vittadini, (a cura di), Sussidiarietà: La riforma possibile, Etas Libri, Milano 1998, pp. 54 ss.; I. MASSA PINTO, Il principio di sussidiarietà: profili storici e costituzionali, Jovene, Napoli, 2003, pp. 4 ss.; A. D’ATENA, Costituzione e principio di sussidiarietà, in Quad. cost., 2001, pp. 14 ss.; ID., L’Italia verso il federalismo, Milano, 2001, p. 319 s.; P. DE CARLI, Sussidiarietà e governo economico, Giuffrè, Milano, 2002, pp. 11 ss..; S. CASSESE, L’aquila e le mosche. Principio di sussidiarietà e diritti amministrativi nell’area europea, in Foro it., 1995, V, c. 373, il quale lo definisce principio ambiguo con almeno trenta diversi significati, programma, formula magica, alibi, mito e epitome della confusione; E. PICOZZA, Introduzione al diritto amministrativo, Cedam, Padova, 2006; A. D’ATENA, Forma Stato dalla piramide all’arcipelago (relazione al convegno su “Le autonomie funzionali: le Camere di Commercio, problemi e prospettive”, CNEL, 20.3.1996), in Impresa & Stato, n. 33; G. U. RESCIGNO, Principio di sussidiarietà orizzontale e diritti sociali, in Dir. pubbl., 1/2002, 5 e ss.; ROVERSI MONACO (a cura di) , Sussidiarietà e pubbliche amministrazioni, Rimini, 2003; V. CERULLI IRELLI Sussidiarietà Dir. amm.vo agg. Enc. Trecc. 2004; A. D’ATENA, Il principio di sussidiarietà nella costituzione italiana,Riv. It. Dir. pubbl. Com., 2/1997, 603 e ss.; P. DURET, Sussidiarietà orizzontale radici e suggestioni di un concetto, Ius, 1/2000, 95 e ss.

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funzioni e servizi pubblici e sociali. Inteso in senso “positivo”, tale principio non impone alcun arretramento dello Stato, ma suggerisce una diversa modalità di intervento pubblico che promuova e sostenga l’autonoma capacità di azione dei singoli e delle formazioni sociali. Il fenomeno del PPP risulta connesso anche con quello della c.d. «privatizzazione del diritto amministrativo», cioè della diffusione all’interno dell’amministrazione della res publica, di una dimensione lato sensu privatistica, tanto sotto il profilo degli strumenti che dei principi, sia da un punto di vista economico che più strettamente giuridico.

Con particolare riferimento ai PPP contrattuali la Commissione Europea ha svolto alcune interessanti considerazioni in tema di concessioni e di finanza di progetto, istituti giuridici che corrispondono al modello tipo di PPP per durata del rapporto, impegno finanziario dei privati, ripartizione dei rischi.

2.2. PPP contrattualizzati e la necessità di una disciplina europea in materia di concessioni.

Per le concessioni, la mancanza per anni di una completa disciplina comunitaria, analoga a quella degli appalti pubblici, sarebbe dipesa dalla diversità delle discipline nazionali e dalla perdurante volontà degli Stati di mantenere un rilevante ruolo in materia. Tale apparente self-restraint della Commissione, sarebbe motivato, secondo alcuni, dalla pervasività delle prescrizioni che la Corte di giustizia ha posto per l’affidamento delle concessioni, simili alle regole che presiedono agli appalti, sulla scorta di un’applicazione estensiva dei principi di cui agli artt. 20 e 49 del Trattato sull’Unione Europea18.

La necessità di una disciplina europea in materia di concessioni è stata evidenziata dalla letteratura anche al fine di armonizzare gli ordinamenti dei diversi Stati membri e fornire delle linee guida uniformi di un modello chiave di partenariato pubblico privato19. Il processo di armonizzazione regolamentare in materia di contratti pubblici

18 Cfr. M.P. CHITI, Introduzione. Luci, ombre e vaghezze, op. cit.; Per un rinvio alla letteratura europea, tra gli altri, C. BOVIS, EU Public Procurement Law, Cheltenham/Northampton, 2008; ID., EC Public Procurement Law: Case Law and Regulation, Oxford, 2006; J. M. HEBLY, European Public Procurement: Legislative History of the Utilities Directive 2004/17 EC, London, 2008; T. RONSE - C. DE KONINCK, European Public Procurement Law: the European Public Procurement Directives and 25 Years of Jurisprudence by the Court of Justice of the European Communities: Texts and Analysis, Alphen aan den Rijn, 2008; S. E. HJELMBORG – P. JAKOBSEN – S. T. POULSEN, Public Procurement Law: the EU Directive on Public Contracts, Copenhagen, 2006; S. ARROWSMITH, The Law of Public and Utilities Procurement, London, 2005; G. GRUBER, T. GRUBER, A. MILE, A. SACHS, Public Procurement in the European Union, Mortsel, 2006; R. NIELSEN, S. TREUMER, The New EU Public Procure-ment Directives, Copenhagen, 2005.

19 Tra le principali opere monografiche e commentari, C. FRANCHINI, I contratti di appalto privato e pubblico, in P. RESCIGNO, E. GABRIELLI (diretto da), op. cit.; R. GAROFOLI, G. FERRARI, Codice degli appalti pubblici, Nel diritto editore, Roma, 2009; M. BALDI, R. TOMEI (a cura di), La disciplina dei contratti pubblici. Commentario al codice dei contratti, Ipsoa, Milano, 2009; R. DE NICTOLIS, I riti speciali degli appalti pubblici: alla luce dell’art. 20, commi 8 e 8-bis, d.l. 29 novembre 2008 n. 185, conv. in l. 28 gennaio 2009 n. 2, Dike, Roma, 2009; A. CARULLO, G. IUDICA, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Cedam, Padova, 2009; G. F. CARTEI, Responsabilità e concorrenza nel Codice dei contratti pubblici, Editoriale Scientifica, Napoli, 2008; A. CANCRINI, V. CAPUZZA, Lezioni di legislazione delle opere pubbliche, Aracne, Roma, 2009; A. M. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Giuffrè, Milano, 2008; M. SANINO (a cura di), Il nuovo codice dei contratti di lavori, servizi e forniture. Commentario sistematico, Cedam, Padova, 2008; M. SANINO (a cura di), Commento al codice dei contratti pubblici relativo a lavori, servizi e forniture, Utet, Torino, 2008; F. SAITTA, Il nuovo codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Cedam, Padova, 2008; S. BUSCEMA, A. BUSCEMA, I contratti della pubblica amministrazione, Cedam, Padova, 2008; P. URBANI, L. PASSERI, Guida al Codice dei contratti pubblici,

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ha, infatti, seguito un percorso in fasi di progressivo adattamento, che coinvolgono profili sostanziali e processuali, non sempre pienamente perfezionate.

Le procedure di scelta del contraente, quali procedimenti a evidenza pubblica, rappresentano uno dei modelli di valutazione comparativa finalizzati all’individuazione dell’offerta migliore sul mercato, nel rispetto del meccanismo concorrenziale e dei principi generali di parità di trattamento e di trasparenza. Una garanzia giurisdizionale effettiva ne costituisce il corollario. La disciplina di derivazione comunitaria è finalizzata a contenere la discrezionalità della pubblica amministrazione appaltante e a canalizzarla entro procedure tipizzate. L’evidenza pubblica è intesa, nella dottrina tradizionale del diritto amministrativo, come un insieme di accorgimenti (procedimenti, controlli) volti ad assicurare la conoscibilità e la controllabilità delle ragioni di interesse pubblico perseguite dalle amministrazioni20. La dottrina si è occupata di evidenza pubblica anche in relazione all’attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni21. La mancanza di una disciplina europea efficace, garanzia per i cittadini e gli operatori economici del mercato europeo degli appalti e concessioni della possibilità di ricorrere a mezzi di tutela effettivi, ha privato per anni del necessario completamento il processo di selezione e ha finito per disincentivare la stessa partecipazione “diligente” dei potenziali contraenti, incidendo, in questo modo, sulla stessa efficacia delle procedure di ricorso in materia di contratti pubblici.

Per questo motivo l’approvazione della direttiva 2014/23/UE sulle concessioni ha rappresentato un importante passo avanti in tal senso. 2.3. Le fondamenta della disciplina: i principi generali.

Come noto, la disciplina sulle concessioni poggia le sue basi sui principi generali del diritto uniformemente riconosciuti e di portata globale22 e, a livello di diritto europeo primario e secondario, sui principi generali contenuti nel Trattato, desumibili dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e disciplina dettata dalle principali direttive comunitarie in materia.

Nonostante oggi esista una disciplina armonizzata di diritto europeo derivato di coordinamento delle procedure di aggiudicazione delle concessioni di lavori, di

Giappichelli,Torino, 2008; C. FRANCHINI (a cura di), I contratti con la pubblica amministrazione, op. cit.; C. GIURDANELLA, Commentario al codice dei contratti pubblici, Simone, Napoli, 2007; A. MASSARI, M. GRECO, Il nuovo codice dei contratti pubblici, Maggioli, Rimini, 2007; M. GENTILE, A. VARLARO SINISI, Il codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Maggioli, Rimini, 2007. G. FARIO, L'attivita` contrattuale della pubblica amministrazione, vol. II, Uti, 1989.

20 M.S. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1981, pp. 459 ss. 21 Tra gli altri, F.G. SCOCA, I principi dell’evidenza pubblica, in C. FRANCHINI (a cura di), I contratti di

appalto privato e pubblico, op. cit., pp. 289 ss.; S. VINTI, L’evidenza pubblica, in C. FRANCHINI (a cura di), I contratti con la pubblica amministrazione, op. cit., pp. 257 ss.; G. DELLA CANANEA, Le alternative all’evidenza pubblica, in C. FRANCHINI (a cura di), I contratti con la pubblica amministrazione, op. cit., pp. 381 ss.; A. MASSERA, I contratti, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2003, pp. 1571 ss.; C. FRANCHINI, Pubblico e privato nei contratti della pubblica amministrazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1962, pp. 35 ss.; O. SEPE, Contratto della pubblica amministrazione, in Enc. dir., IX, Giuffrè, Milano, 1958; G. ROEHRSSEN DI CAMMERATA, I contratti della pubblica amministrazione, Zannichelli, Bologna, 1961; G. CASSANO, L’attività contrattuale della pubblica amministrazione, Padova, Cedam, 2005. Per un’analisi accurata della disciplina comunitaria si rinvia a S. ARROWSMITH, op. cit.

22 Government Procurement Agreement, GPA, del 1994, del World Trade Organization, WTO.

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servizi e forniture dettata dalla direttiva 2014/23/UE, i principi citati continuano a costituire le fondamenta della disciplina.

In passato, la Corte di Giustizia UE ha più volte chiarito che la normativa interna in materia eventualmente in contrasto con i suddetti principi, sia pure dopo un tentativo di interpretazione conforme, è comunque contraria al diritto comunitario e il giudice nazionale è tenuto a disapplicarla23.

Si tratta dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, mutuo riconoscimento.

Il principio di parità di trattamento risulta connesso con quello di non discriminazione ed entrambi costituiscono valori su cui si fonda la disciplina comunitaria. Secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia, il divieto di discriminazione in base alla cittadinanza costituisce un’espressione specifica del principio generale di uguaglianza e uno dei principi fondamentali del diritto comunitario: esso “impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo la differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata” 24.

Il principio di parità di trattamento vieta non soltanto le discriminazioni palesi per ragioni di cittadinanza, ma anche “qualsiasi forma di discriminazione dissimulata che, mediante il ricorso ad altri criteri distintivi, abbia in pratica le stesse conseguenze25. Tale principio, dunque, ha portata più vasta, in quanto consente la valutazione della discriminazione in base a criteri diversi. La sua definizione, comunque, non è soltanto in negativo, in quanto divieto di discriminazione, ma anche in positivo, come obbligo di definizione di “regole del gioco” chiare ed eque, definite e rese pubbliche con modalità tali da porre i potenziali concorrenti di una gara nella stessa condizione di partenza e applicabili in modo uniforme, al fine di rendere effettivo il mercato della concorrenza. Ciò implica non solo la fissazione di condizioni di accesso non discriminatorie all’attività economica, ma anche l’adozione da parte delle autorità pubbliche di ogni misura adatta a garantire l’esercizio di tale attività26. Le amministrazioni, pur essendo libere di scegliere la procedura di aggiudicazione più appropriata alle caratteristiche del settore interessato e di stabilire i requisiti che i candidati devono soddisfare durante le varie fasi della procedura, sono tenute a garantire che la scelta del candidato avvenga in base a criteri obiettivi e che la procedura si svolga nel rispetto delle regole e dei requisiti stabiliti inizialmente27. Questo implica che le regole di partecipazione alla procedura per l’affidamento della concessione siano conosciute da tutti i contendenti e si applichino a tutti allo stesso modo. Tutti i concorrenti devono poter formulare le loro offerte in condizioni di parità e il raffronto delle stesse deve avvenire in base a criteri obbiettivi. Può essere ritenuta un’applicazione di questo assunto il principio, consolidato nella Giurisprudenza del Consiglio di Stato, della “vincolatività della lex specialis fissata con gli atti di gara, ancorché non coerente con lo ius superveniens eventualmente intervenuto dopo la loro emanazione”, secondo cui il procedimento deve essere assoggettato alla

23 Corte di Giustizia CE, sentenza Van Gend & Loos c. Amministrazione olandese delle imposte del 1963;

Sentenza Costa c. Enel del 1964; sentenza Le Verts c. Parlamento europeo del 1986 e la sentenza Amministrazione delle finanze dello Stato c. Simmenthal SpA del 1978.

24 Corte Giust., 8 ottobre 1980, causa 810/79 – caso Uberschar. 25 Corte di Giust., 13 luglio 1993, causa 330/91 – caso Commezbank. Nello stesso senso si era espressa anche

precedentemente in Corte Giust., 3 febbraio 1982, cause riunite 62 e 63/81 – caso Seco e Desquenne. 26 Corte Giust., 26 febbraio 1992, causa 357/89 – caso Raulin, e 7 luglio 1992, causa 295/90, Parlamento c.

Consiglio 27 Corte Giust., 25 aprile 1996, causa 87/94 – caso Bus Wallons.

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disciplina vigente all’epoca di pubblicazione del bando, momento iniziale del procedimento stesso, e le modifiche normative intervenute successivamente a tale data, per quel procedimento, devono considerarsi irrilevanti28. La ratio è quella di non modificare le “regole del gioco” in corso di svolgimento della gara.

Secondo la Corte di giustizia i criteri che conducono all’individuazione dell’aggiudicatario non possono essere modificati nel corso della procedura e devono essere applicati in maniera oggettiva e uniforme a tutti i partecipanti: “gli offerenti devono trovarsi su un piano di parità sia nel momento in cui preparano le loro offerte, sia al momento in cui queste sono valutate dall’amministrazione aggiudicatrice”29. Può affermarsi che il procedimento concorrenziale svolge la funzione di garantire l’imparzialità delle scelte dell’amministrazione e la selezione dell’offerta “migliore” per la pubblica amministrazione e per l’interesse pubblico che l’amministrazione è tenuta a perseguire, in quanto si assume che con la messa in concorrenza di tutte le offerte potenziali su un dato progetto e il rispetto del principio di parità di trattamento, il sistema selezioni quella migliore. Ulteriori effetti delle concorrenza, poi, sono la riduzione del margine di profitto dell’aggiudicatario finale, sia in termini di prezzo corrisposto dall’amministrazione, sia in termini di proventi della gestione, anche con riferimento alla durata della stessa. In tal senso, l’esperibilità di procedure a evidenza pubblica risulta finalizzata anche a selezionare “l’offerta economicamente più vantaggiosa” per la pubblica amministrazione.

Con particolare riferimento alla procedura di selezione del partner privato si è evidenziato che il raffronto delle offerte deve rispettare, in tutte le fasi della procedura, sia il principio di parità di trattamento, sia quello di trasparenza, “affinché tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle offerte” 30. Il principio di trasparenza mira ad assicurare l’effetto utile del principio di parità di trattamento garantendo effettive condizioni di concorrenza ed esige, altresì, che le amministrazioni concedenti rendano pubblica, con appropriati mezzi di pubblicità, la loro intenzione di ricorrere a una concessione. Come evidenziato dalla Corte di giustizia, l’obbligo di trasparenza cui sono tenute le pubbliche amministrazioni è finalizzato a garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che garantisca la concorrenza e il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione31. Il principio di proporzionalità esige che ogni provvedimento adottato sia adeguato agli scopi perseguiti. La centralità del suddetto principio nel diritto comunitario è ribadita in diverse pronunce dalla Corte di Giustizia tra le quali, Corte di giustizia 11 luglio 1989, causa 265/87, Schrader, punto 21; e 27ottobre 1993, causa C-127/92, punto 2732.

L’applicazione alle concessioni comporta, tra l’altro, che le amministrazioni concedenti devono adottare provvedimenti necessari e adeguati in relazione all'obiettivo evitando di fissare requisiti professionali o finanziari sproporzionati rispetto all'oggetto della concessione. L’applicazione del principio di proporzionalità alla durata della concessione comporta che la concessione non può eccedere il periodo

28 In tal senso, Cons. St., V, 11 maggio 1998, n. 226; Cons. St., V, 14 aprile 2000, n. 2237; Cons. St., V, 22 settembre 2001, n. 4989.

29 Corte Giust., 18 ottobre 2001, in causa 19/00 – caso SIAC Construction Ltd. 30 Corte di Giustizia, 25 aprile 1996, causa 87/94 – caso Bus Wallons. 31 Corte Giust., 7 dicembre 2000, causa 324/98 – caso Telaustria; Corte Giust. 21 luglio 2005, causa 231/03 –

caso Corame; Corte Giust. 13 ottobre 2005, causa 458/03 – caso Parking Brixen. 32 Trib. primo grado, 8 luglio 1999, causa 266/97 – caso Vlaamse Televisie Maatschappij.

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necessario per ammortizzare gli investimenti e remunerare i capitali, ferma restando la permanenza del rischio di gestione sul concessionario.

In base al principio del mutuo riconoscimento, ciascuno Stato membro accetta i prodotti e i servizi forniti da altri operatori economici di altri Stati membri, nella misura in cui gli stessi rispondano in modo equivalente alle esigenze legittimamente perseguite dallo Stato membro destinatario33. L’applicazione al settore delle concessioni implica che lo Stato nel cui territorio la prestazione è fornita riconosca le specifiche tecniche, i controlli, i titoli e i certificati prescritti in un altro Stato nella misura in cui questi siano riconosciuti equivalenti a quelli richiesti dallo Stato membro destinatario della prestazione.

Ulteriore principio comunitario che viene in considerazione con riferimento al tema delle concessioni è quello della tutela dei diritti fondamentali, rientrante nelle tradizioni comuni agli Stati membri: esso esige che eventuali provvedimenti di diniego adottati dalle amministrazioni in sede di rilascio delle concessioni o di gestione delle procedure all'uopo finalizzate debbano essere motivati e possano essere oggetto di ricorsi giurisdizionali da parte di loro destinatari. 3. Servizi pubblici nell’ordinamento comunitario e concessioni. 3.1. La complessa materia dei servizi pubblici in Europa.

Prima dell’emanazione della direttiva 2004/18/Ce34, la direttiva 92/50/Cee di

coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di servizi non prevedeva una definizione di concessione di servizi. Un tentativo di prima definizione a livello normativo di concessione di servizi era contenuto nella proposta della direttiva servizi presentata dalla Commissione al Consiglio in data 28 agosto 199135: “contratto diverso dalla concessione di lavori pubblici (...) concluso tra un’amministrazione e un altro ente a sua scelta in forza del quale l’amministrazione trasferisce all’ente l’esecuzione di un servizio pubblico di sua competenza e l’ente accetta di svolgere tale attività avendo come corrispettivo il diritto di sfruttare il servizio oppure tale diritto accompagnato da una controprestazione pecuniaria”. Il riferimento in questo caso era espressamente ai servizi pubblici.36 Si riteneva, comunque, che gli elementi distintivi della nozione di concessione di lavori potessero ritenersi propri anche della concessione di servizi: il criterio della gestione costituisce pertanto una caratteristica essenziale in entrambi i casi. Nelle concessioni di servizi, infatti, l’imprenditore assume il rischio di gestione del servizio remunerandosi

33 Corte Giust., 7 maggio 1991, causa 340/89 – caso Vlassopoulou; Corte Giust., 25 luglio 1991, causa 76/90

– caso Dennemeyer. 34 Tra gli altri M. MENSI, Appalti, servizi pubblici e concessioni, Padova, Cedam, 1999; G. GRECO, Le

concessioni di pubblici servizi tra provvedimento e contratto, in Dir. amm., 1999, nn. 3-4, p. 381 ss.; F. MASTRAGOSTINO, Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico, Padova, Cedam, 1998; PICOZZA E., Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizi pubblici, in E. PICOZZA (a cura di), Gli appalti pubblici di servizi, Maggioli, Rimini, 1995; B. MAMELI, Concessioni e pubblici servizi, in Riv. It. Dir. Pubbl. comun., I, 2001.

35 GUCE 25 settembre 1991, N.C. 250/4. 36 Sull’assimilazione della concessione di servizi alla concessione di committenza tra gli altri N.

BONTEMPO, op. cit., pp. 292 ss.

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principalmente attraverso i ricavi da utenza37. Tale orientamento trova conferma nella Comunicazione interpretativa della Commissione europea sulle concessioni del 12 aprile 2000 e nella circolare del Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri 1 marzo 2002, n. 3944.

La direttiva 2004/18/Ce introduceva per la prima volta formalmente una definizione di concessione di servizi38, ma ne escludeva l’assoggettamento alla normativa comunitaria39. Una disciplina comunitaria di diritto derivato in materia di concessioni di servizi è stata tuttavia emanata solo con la direttiva 2014/23/Ue.

In precedenza, con riferimento all’applicabilità delle direttive sugli appalti alle concessioni di servizi, l’impostazione dominante40 propendeva per l’impostazione negativa, salvo il caso di concessioni di diritti speciali o esclusivi. Le direttive in materia di appalti, dunque, non disciplinavano il “segmento” concedente-concessionario nella concessione di servizi. Lo stesso Consiglio di Stato aveva sostenuto che la pubblica amministrazione, pur richiamando nel bando e nel capitolato i principi della normativa in materia di appalti di servizi, avrebbe mantenuto “un’area di regolamentazione discrezionale del rapporto”, che le consente di discostarsi dai precetti puntuali della normativa suddetta senza incorrere in alcuna illegittimità41. Veniva, inoltre, chiarito che la pubblica amministrazione deve agire nel rispetto dei principi di imparzialità, buona amministrazione ed economicità, sanciti dall’art. 97 della Costituzione e dall’art. 1 della legge n. 241/1990: non le si può riconoscere, dunque, un potere puramente discrezionale nella scelta del concessionario.

La definizione di una disciplina sulla concessione di servizi è risultata da sempre complicata in considerazione del nesso con la complessa materia dei servizi pubblici, oggetto di diverse interpretazioni in dottrina42, favorite in passato dall’assenza di una

37 COMMISSIONE EUROPEA, Direzione Generale XV-Mercato interno e servizi finanziari, Politica degli

appalti pubblici, Progetto di comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario degli appalti pubblici, 24 febbraio 1999.

38 Art. 1, par. 4 direttiva 2004/18/CE. 39 Art. 17 direttiva 2004/18/CE. 40 Avallata dalla sentenza 7 dicembre 2000 della Corte di giustizia, dal parere del Comitato economico e

sociale del 19 ottobre 2000, dalla Comunicazione della Commissione europea del 2 aprile 2000 e, successivamente, confermata dal Libro Verde sui partenariati pubblico-privati del 2004, dall’art. 17 della direttiva 2004/18/CE e dalla Comunicazione della Commissione del 15 novembre 2005

41 Cons. St., sez. V, 7 febbraio 2003, n. 645 42 Per una definizione F. MERUSI, voce Servizio pubblico, in Novissimo Dig.It., XVII, Torino, 1976, 217; U.

POTOTSCHNIG, I servizi pubblici, Cedam, Padova, 1964; R. ALESSI, Le prestazioni amministrative rese ai privati, Giuffrè, Milano, 1956; S. CATTANEO, voce Servizi Pubblici, in Enc. dir., XLII, 1990, 372 ss. Più recentemente si segnala tra gli altri M. CLARICH, Le società miste a capitale pubblico e privato tra affidamenti in house e concorrenza per il mercato, in Corr. giur., 2007, 1; più recentemente M. CLARICH E L. ZANETTINI, Servizi pubblici, in Il diritto amministrativo dopo le riforme costituzionali,a cura di G. Corso e V. Lopilato, Giuffrè, Milano, 2006; G. NAPOLITANO, Regole e mercato nei servizi pubblici, Il Mulino, 2005; R. VILLATA, Pubblica amministrazione e servizi pubblici, in Dir. amm., 2003, 493; AA.VV., I servizi pubblici, in Trattato di diritto amministrativo a cura di S. Cassese, Milano, 2000; S. CASSESE, Dalla vecchia alla nuova disciplina dei servizi pubblici, in Studi in onore di F. Capotorti, Giuffrè, Milano, 1999; M.S. GIANNINI, Il pubblico potere, Il mulino, Bologna, 1989, pp. 69 e ss. Per una disamina sulla nozione di servizio pubblico, tra i tanti, F. MERUSI, Servizio pubblico, in Novissimo Digesto, Vol. XVII, Unione Tipografico, Torino, 1976, pp. 217 ss., S. CATTANEO, Servizi pubblici, voce in Enciclopedia del diritto, XLII, Milano, Giuffrè, 1990,p 372, R. GIOVAGNOLI, M. FRATINI, Le nuove regole dell'azione amministrativa al vaglio della giurisprudenza, Milano, Giuffrè, 2007, pp. 28 ss., U. POTOTSCHNIG, I servizi pubblici, Padova, CEDAM, 1964; E. MICHETTI, In house providing: modalità̀, requisiti, limiti : evoluzione legislativa e giurisprudenza interna ed europea anche alla luce del referendum del 12-13 giugno 2011, Milano, Giuffrè, 2011, p. 1; G. RIZZO, La concessione di servizi, op. cit., p. 16., A. DE VALLES, I servizi pubblici in Trattato Orlando, VI, Milano, 1923, p. 379: “La trattazione dei pubblici servizi presenta una difficoltà

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definizione normativa espressa e di una disciplina organica. L’indirizzo di servizio pubblico originariamente prevalente43 entra in crisi con il progressivo passaggio da un sistema di intervento pubblico dell’economia ad un sistema di mercato in cui la pubblica amministrazione “concede” anche la titolarità, oltre che la gestione, dei servizi, mantenendo poteri di regolamentazione, indirizzo e controllo.

L’entrata in vigore della Costituzione - l’art. 43 fa riferimento ai servizi pubblici essenziali con carattere di preminente interesse generale - ha posto le premesse per il passaggio a un’impostazione diversa, che comprende nella nozione di servizio pubblico qualsiasi prestazione di interesse collettivo, svolta da qualsivoglia soggetto, indipendentemente da un ruolo organizzativo, gestorio o discrezionale del soggetto pubblico (c.d. teoria oggettiva). Un argomento a favore della sussidiarietà orizzontale, come parametro organizzativo dei rapporti tra pubblica amministrazione e privati, in cui la prima interviene solo nei casi in cui il mercato non è in grado di soddisfare le esigenze della comunità. Il passaggio dal principio di integrazione della politica al principio di sussidiarietà (orizzontale), coincide sostanzialmente con il più volte discusso passaggio dallo Stato gestore allo Stato regolatore.

Dal punto di vista comunitario, le concessioni di pubblici servizi si inquadrano nel concetto di servizi di interesse generale (economico o non economico)44. La disposizione comunitaria vieta misure nazionali contrarie ai principi generali di concorrenza e non discriminazione a favore di “imprese pubbliche e imprese cui si riconoscono diritti speciali o esclusivi”, ma riconosce possibili deroghe in favore di “imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale”, nei limiti in cui l’applicazione delle disposizioni del Trattato risulti di ostacolo all’adempimento, di fatto o di diritto, della specifica missione loro affidata. La deroga, che si giustifica in considerazione dell’esigenza di garantire quella “coesione sociale e territoriale” introdotta dal Trattato di Amsterdam, implica il riconoscimento di una discrezionalità in capo alle amministrazioni nazionali nell’organizzazione e gestione dei servizi pubblici, che deve comunque essere orientata al rispetto dei principi comunitari.

La questione attiene sostanzialmente al privilegio per i soggetti nazionali di provvedere all’affidamento diretto di servizi a società miste, su cui si attende un intervento chiarificatore della Corte di giustizia. La compresenza di una duplice fonte, comunitaria e costituzionale, sul tema dei servizi pubblici di carattere o interesse generale rende la materia particolarmente delicata.

Nel tempo si assiste, peraltro, a una progressiva erosione dell’area riservata al “pubblico”, come dimostra la liberalizzazione di molti settori come i trasporti, le telecomunicazioni, l’energia. La configurazione negoziale assunta più di recente sembra rispondere meglio a una logica di risultati in chiave di efficienza, economicità iniziale, di definizione e di limite, che di pubblico servizio manca della letteratura giuridica un concetto, non dico preciso, ma per lo meno generico”.

43 Inteso come attività non autoritativa della pubblica amministrazione, la cui titolarità fa capo all’amministrazione, mentre la gestione può essere concessa al privato, c.d. teoria soggettiva.

44 P. MENGOZZI, La tendenza del diritto comunitario a evolversi in senso sempre più personalistico e la disciplina generale dei servizi di interesse economico generale., in Contratto e impresa, Europa, 2009, p. 304; F. COSTAMAGNA, Direttiva 'servizi' e servizi di interesse economico generale: analisi di un rapporto difficile., in Il Dir. comun. e degli scambi intern., 2009, p. 111; M. CAPANTINI, Attività amministrative private nei servizi di interesse economico generale e principi dell'azione amministrativa., in Riv. it. dir. pubb. com., 2008, p. 71; L. CERASO, Il finanziamento dei servizi di interesse economico generale in un sistema di mercato concorrenziale., in Riv. it. dir. pubb.com., 2008, p. 97; V. CERULLI IRELLI, Impresa pubblica, fini sociali, servizi di interesse generale, in “ Rivista italiana di diritto pubblico comunitario”, 2006, 5.

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ed efficacia, peraltro in linea con la tendenza ad un dialogo più aperto e “paritario” tra amministrazione e privati, sia pure con le necessarie cautele che la delicatezza della materia richiede.

In ambito nazionale la disciplina di riferimento sui pubblici servizi trova il suo principale riferente nella disciplina contenuta nell’art. 113, comma 545 del Testo unico degli enti locali (t.u.e.l.), d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, secondo cui l’espletamento della gara ad evidenza pubblica non è sempre previsto per l’affidamento del servizio pubblico. Non lo è, in particolare, per il c.d. in house providing o delegazione interorganica o intersoggettiva.

3.2. Concessione versus appalto e contratti misti.

La letteratura e la giurisprudenza si sono a lungo occupate di chiarire la distinzione tra appalto e concessione, sia con riferimento ai lavori che ai servizi. L’elemento distintivo tra appalti pubblici di servizi e concessione di servizi pubblici era già stato individuato dalla Corte di Giustizia nel c.d. rischio di gestione. Solo nella concessione, e non anche nell’appalto di servizi pubblici, il rischio di gestione graverebbe sull’aggiudicatario. Infatti, a differenza dell’appalto pubblico di servizi (nel quale l’impresa con la sottoscrizione del contratto si assume l’impegno verso la pubblica amministrazione dietro remunerazione, ma senza alcuna responsabilità verso gli utenti finali), con la stipulazione del contratto di concessione di servizi pubblici l’impresa assumerebbe l’impegno di erogare le prestazioni al pubblico con connesso rischio di gestione economica relativo, per tutta la durata della concessione.

La distinzione tra appalto di servizi e concessione di servizi veniva spiegata dalla dottrina giuspubblicistica tradizionale in base a molteplici criteri distintivi: la natura unilaterale del titolo concessorio di affidamento del servizio pubblico rispetto al carattere negoziale dell’appalto; il carattere surrogatorio dell’attività del concessionario di pubblico servizio, chiamato a realizzare i compiti istituzionali dell’ente pubblico concedente, rispetto all’appaltatore che compie attività di mera rilevanza economica nell’interesse del committente pubblico; il trasferimento di potestà pubbliche al concessionario, rispetto all’appaltatore che esercita solo prerogative proprie di qualsiasi soggetto economico. La dottrina più recente, invece, si è concentrata sulla differenza di oggetto tra i due istituti, che si sostanzia in prestazioni rese a favore della pubblica amministrazione nell’appalto di servizi, mentre nella concessione di servizi si traduce in un rapporto necessariamente trilaterale tra pubblica amministrazione, concessionario e utenti del servizio, su cui grava il costo del servizio e ne fa uno dei più importanti strumenti di cooperazione tra pubblico e privato. Diverso il destinatario della prestazione, che nell’appalto è la sola pubblica amministrazione, mentre nel contratto di concessione, o genericamente servizio pubblico, è la collettività degli utenti; nonché la remunerazione, che nella concessione deriva principalmente dalla prestazione del servizio verso il pubblico46. Parte della giurisprudenza ha sostenuto che nella concessione permarrebbe una prevalenza del profilo pubblicistico del rapporto47. La giurisprudenza nazionale sul

45 Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici di rilevanza economica 46 Sul punto, Corte giust., 24 settembre 1998, causa 76/97 Togel c. Niederosterreichische

Gebietskrankenkasse 47 TRGA Bolzano, 11 novembre 2002, n. 495

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tema è intervenuta con l’obiettivo di evitare il ripetersi di tentativi di elusione delle regole della concorrenza rispetto ai contratti di concessione o di affidamento di servizi pubblici48.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato chiarisce che le concessioni di servizi si distinguono dagli appalti di servizi per il “fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato” e non, piuttosto, per il carattere provvedimentale dell’attività, né quale vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato, né per la natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto. È sostanzialmente la modalità di remunerazione il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi. Secondo il Consiglio di Stato, un “servizio pubblico si rivela quale appalto di servizi, quando il suo onere sia interamente a carico dell’amministrazione, mentre se il servizio venga reso non a favore dell’amministrazione ma di una collettività indifferenziata di utenti, e venga almeno in parte pagato dagli utenti all’operatore del servizio, allora si è in ambito concessorio”49. Si è, inoltre, sostenuto che nella concessione di pubblici servizi l’amministrazione non gestisce direttamente le operazioni tramite contratti di appalto, ma si “spoglia della gestione commettendola ad un altro soggetto”; tale differenza giustificherebbe il permanere in capo all’amministrazione di un margine di discrezionalità nella regolazione del rapporto rispetto alla normativa in tema di appalto di servizi50.

Quanto alla differenza tra concessione di lavori e concessione di servizi essa risiederebbe sostanzialmente nel trasferimento del rischio di gestione del servizio, come evidenziato dalla giurisprudenza sopra richiamata51. Nel caso di un affidamento che preveda l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione di un servizio, la giurisprudenza ha cercato di fare chiarezza sostenendo che l’attenzione vada riposta nella direzione del nesso di strumentalità che lega la gestione del servizio e l’esecuzione di lavori. Ne consegue che solo se la gestione del servizio è strumentale alla costruzione dell’opera, in quanto consente il reperimento dei mezzi finanziari necessari, è configurabile una concessione di lavori pubblici. Se, invece, l’espletamento dei lavori è strumentale, sotto i profili della manutenzione, alla gestione di un servizio pubblico il cui funzionamento è già assicurato da un’opera esistente, si tratterà di una concessione di servizi52.

Sui c.d. contratti misti, il nuovo Codice Appalti 2016 prevede una nuova disciplina sui contratti misti di concessioni all’art. 169. É stabilito che le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi sono aggiudicate secondo le disposizioni applicabili al tipo di concessione che caratterizza l'oggetto principale del contratto. Nel caso di concessioni miste che consistono in parte in servizi sociali, e altri servizi specifici elencati nell'allegato IX, l'oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi. Se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente separabili, gli enti aggiudicatori possono scegliere di

48 Cons. St., sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294; Tar Puglia-Bari, sez. II, 22 aprile 1998, n. 37, in Tar, 1998, I, p.

2753 ss; Tar Puglia, sez. I, 20 marzo 2000, n. 1067, in Tar, 2000, I, pp. 2790 ss; Tar Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 16 luglio 1998, n. 281, in Tar, I, pp. 3735 ss., Tar Lombardia, Milano, sez. III, 4 agosto 2004, n. 3242, in Urb. app., 2005, n. 2, pp. 211 ss

49 Cons. St., sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2634 50 Cons. St., sez. V, 7 febbraio 2003, n. 645 51 Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008, n. 4265; Cons. St. 6 dicembre 2007, n. 6276; Tar Lazio, Roma, 11

maggio 2007, n. 4315; Cons. St., sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369 52 Cons. St., sez. V, 14 aprile 2008, n. 1600

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aggiudicare concessioni distinte per le parti distinte o di aggiudicare un'unica concessione. Se gli enti aggiudicatori scelgono di aggiudicare concessioni separate, la decisione che determina quale regime giuridico si applica a ciascuna di tali concessioni è adottata in base alle caratteristiche della attività distinta.

Nel caso di contratti aventi ad oggetto sia elementi disciplinati dal codice che altri elementi, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori possono scegliere di aggiudicare concessioni distinte per le parti distinte o di aggiudicare una concessione unica. Se le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori scelgono di aggiudicare concessioni separate, la decisione che determina quale regime giuridico si applica a ciascuno di tali concessioni distinte è adottata in base alle caratteristiche della parte distinta. Se le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori scelgono di aggiudicare una concessione unica, il codice si applica alla concessione mista che ne deriva, a prescindere dal valore delle parti cui si applicherebbe un diverso regime giuridico e dal regime giuridico cui tali parti sarebbero state altrimenti soggette. Naturalmente, la scelta tra l'aggiudicazione di un'unica concessione o di più concessioni distinte non può essere effettuata al fine di eludere l'applicazione del codice.

Se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente non separabili, il regime giuridico applicabile è determinato in base all'oggetto principale del contratto in questione.

Nel caso di contratti misti che contengono elementi di concessioni nonché appalti nei settori ordinari o speciali il contratto misto è aggiudicato in conformità con le disposizioni che disciplinano gli appalti nei settori ordinari o nei settori speciali. Nel caso in cui il contratto misto concerna elementi sia di una concessione di servizi che di un contratto di forniture, l'oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi o forniture. Ad una concessione destinata all'esercizio di più attività si applicano le norme relative alla principale attività cui è destinata.

Nel caso di concessioni per cui è oggettivamente impossibile stabilire a quale attività siano principalmente destinate, la concessione è aggiudicata secondo le disposizioni che disciplinano le concessioni aggiudicate dalle amministrazioni aggiudicatrici se una delle attività cui è destinata la concessione è soggetta alle disposizioni applicabili alle concessioni aggiudicate dalle amministrazioni aggiudicatrici e l'altra attività è soggetta alle disposizioni relative alle concessioni aggiudicate dagli enti aggiudicatori. La concessione è aggiudicata secondo le disposizioni che disciplinano gli appalti nei settori ordinari se una delle attività è disciplinata dalle disposizioni relative all'aggiudicazione delle concessioni e l'altra dalle disposizioni relative all'aggiudicazione degli appalti nei settori ordinari. La concessione è aggiudicata secondo le disposizioni che disciplinano le concessioni se una delle attività cui è destinata la concessione è disciplinata dalle disposizioni relative all'aggiudicazione delle concessioni e l'altra non è soggetta né alla disciplina delle concessioni né a quella relativa all'aggiudicazione degli appalti nei settori ordinari o speciali.

Quanto ai servizi pubblici locali, che sono quelli correlati allo sviluppo e alla promozione delle comunità locali, parte della dottrina ha osservato che l’art. 112 TUEL fa riferimento all’attività oltre che al bene . Ne consegue che può essere ritenuto servizio ogni attività in grado di garantire una maggiore fruibilità del bene

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anche se si tratti di bene che soggiace al regime demaniale. In tal senso risulta difficile definire a priori i servizi pubblici53.

In tema di riparto di giurisdizione, la stessa sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, pur avendo riscritto l’art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “tutte le controversie in materia di pubblici servizi”, non ha contribuito a fare chiarezza. La disciplina di riferimento sul riparto di giurisdizione nei servizi pubblici era originariamente contenuta nell’art. 5 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, poi sostituito dall’art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, a sua volta modificato dall’art. 7, comma 1, lett. a) l. 205/2000, a seguito di dichiarazione di incostituzionalità della Corte Costituzionale, sentenza 17 luglio 2000, n. 262. Nella pronuncia la Corte Costituzionale sosteneva che la cognizione del giudice amministrativo dovesse estendersi alle più moderne forme di gestione dei servizi pubblici, derivanti dall’attuazione o comunque dell’influenza del diritto comunitario. La tutela cautelare c.d. "innominata", operata dalla l. n. 205/2000, avrebbe consentito al giudice amministrativo di assicurare in modo pieno e adeguato la tutela in via d’urgenza anche dei diritti soggettivi, senza l’esigenza di un intervento suppletivo del giudice ordinario, o dell’applicazione analogica di norme processual-civilistiche da parte dello stesso Giudice amministrativo. Si è sostenuto che la sentenza della Corte Costituzionale “appare sorprendentemente in linea di controtendenza”, proponendo di fondare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul rapporto autorità-libertà, anziché sulla contrattualizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione e privati54. Secondo alcuni, ad eccezione della concessione di pubblici servizi, tutte le controversie sull’esecuzione contrattuale in materia dovrebbero essere devolute al giudice ordinario o al giudice amministrativo sulla base delle situazioni giuridiche soggettive, quasi sempre di diritto soggettivo e, quindi, di competenza del primo55.

4. La direttiva 2014/23/UE e il recepimento nel Codice Appalti 2016.

4.1. I principi generali. Con l'entrata in vigore della Direttiva 2014/23/Ue, gli Stati Membri e gli operatori

economici sul mercato unico possono godere di una normativa armonizzata sull'aggiudicazione delle concessioni. La nuova direttiva europea interviene per eliminare le ambiguità legate alla frantumazione delle singole normative nazionali, intervenendo con una disciplina organica la quale non si limita a fornire agli operatori una mera definizione degli istituti giuridici, ma impone ai paesi membri linee guida

53 C. ROSSANO, I contratti misti, relazione al Convegno IGI, Concessione di servizi, concessione di lavori

pubblici e contratti misti: alla ricerca delle differenze, Roma 27 giugno 2007. 54 E. PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunitario, Giappichelli, Torino, 2004, p. 345 55 C. VOLPE, Servizi pubblici, concessione, risoluzione e giurisdizione: certezze e incertezze del sistema, in

Urb. e app., 2005, p. 564; F. CARINGELLA et al, Il riparto di giurisdizione, Milano, Giuffrè, 2008; F. G. SCOCA, Riflessioni sui criteri di riparto delle giurisdizioni ( ordinaria e amministrativa), in Studi per il centenario della quarta sezione, Roma, Ist. Pol. e Zecca dello Stato, 1989, II, pp. 433 ss., A. POLICE, La tutela giurisdizione, in I contratti della pubblica amministrazione, a cura di C. FRANCHINI, Vol. I, Torino, Giappichelli, pp. 749; A. PAJNO, Il riparto della giurisdizione, in Trattato di diritto amministrativo, a cura diS. CASSESE, II edizione, Diritto amministrativo speciale, V, Milano, Giuffrè, 2003.

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chiare e precise. L’idea è di garantire maggiore concorrenzialità tra operatori economici, anche al fine di favore le piccole-medie imprese.

I principi generali in materia di concessioni sono disciplinati agli artt. 164 e ss. del nuovo Codice. La disciplina ricalca in grandi linee i contenuti della direttiva 2014, ma molto dovrà essere integrato per effetto dell’attività di rulemaking richiesta all’ANAC (che sostituisce il regolamento), da esercitarsi tramite emanazione delle linee guida.

La nuova disciplina riconosce il principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche, per cui le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri lavori e la prestazione dei propri servizi in conformità al diritto nazionale e dell’Unione (art. 2). L’ordinamento europeo resta indifferente all’adozione di una particolare modalità gestionale (esternalizzazione rispetto ad autoproduzione), riconoscendo al principio della piena libertà di autorganizzazione, che consente di garantire la migliore esecuzione dei lavori e prestazione dei servizi, la stessa dignità del principio della piena apertura concorrenziale dei mercati degli appalti e delle concessioni.

Alle amministrazioni spetta il compito di operare discrezionalmente la scelta tra il regime di autoproduzione e quello di esternalizzazione e, solo nell’ipotesi in cui la scelta ricada sull’esternalizzazione, incomberà sull’amministrazione l’obbligo di operare nel pieno rispetto dell’ulteriore principio della massima concorrenzialità fra gli operatori di mercato. Lo stesso principio si trova anticipato nel quinto considerando della direttiva, dove si specifica che la stessa riconosce e riafferma il diritto degli Stati membri e delle autorità pubbliche di decidere le modalità di gestione ritenute più appropriate per l’esecuzione di lavori e la fornitura di servizi. In particolare, la presente direttiva non dovrebbe in alcun modo incidere sulla libertà degli Stati membri e delle autorità pubbliche di eseguire lavori o fornire servizi direttamente al pubblico o di esternalizzare tale fornitura delegandola a terzi. Gli Stati membri o le autorità pubbliche dovrebbero rimanere liberi di definire e specificare le caratteristiche dei servizi da fornire, comprese le condizioni relative alla qualità o al prezzo dei servizi, conformemente al diritto dell’Unione, al fine di perseguire i loro obiettivi di interesse pubblico.

L’art. 3 richiama i principi fondamentali riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, innanzitutto quelli di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, applicabili all’agire contrattuale delle amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori in veste di soggetti concedenti. Viene ribadito che l’assenza di una chiara normativa che disciplini a livello dell’Unione l’aggiudicazione dei contratti di concessione dà luogo a incertezza giuridica, ostacola la libera fornitura di servizi e provoca distorsioni nel funzionamento del mercato interno. Di conseguenza, gli operatori economici, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), vengono privati dei loro diritti nell’ambito del mercato interno e perdono importanti opportunità commerciali, mentre le autorità pubbliche, talvolta, non riescono a utilizzare il denaro pubblico nella maniera migliore, in modo da offrire ai cittadini dell’Unione servizi di qualità ai prezzi migliori. Un quadro giuridico idoneo, equilibrato e flessibile per l’aggiudicazione di concessioni garantirebbe un accesso effettivo e non discriminatorio al mercato a tutti gli operatori economici dell’Unione assicurando, altresì, la certezza giuridica e favorendo quindi gli investimenti pubblici in infrastrutture e servizi strategici per i cittadini. Tale quadro giuridico consentirebbe, inoltre, di fornire maggiore certezza giuridica agli operatori economici e potrebbe

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costituire una base e uno strumento per aprire maggiormente i mercati internazionali degli appalti pubblici e rafforzare gli scambi commerciali mondiali. Particolare importanza dovrebbe essere attribuita al miglioramento delle possibilità di accesso delle PMI a tutti i mercati delle concessioni dell’Unione.

Un’applicazione uniforme dei principi del TFUE in tutti gli Stati membri può contribuire ad eliminare le persistenti distorsioni del mercato interno, favorendo altresì l’efficienza della spesa pubblica, una più facile parità di accesso ed un’equa partecipazione di tutte le imprese all’aggiudicazione dei contratti di concessione, sia a livello locale che a livello dell’Unione.

Gli Stati membri sono liberi di decidere, in conformità ai principi del TFUE in materia di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e libera circolazione delle persone, di organizzare la prestazione di servizi come servizi di interesse economico generale o come servizi non economici di interesse generale, ovvero come una combinazione di tali servizi. La direttiva lascia impregiudicata la libertà delle autorità nazionali, regionali e locali di definire, in conformità del diritto dell’Unione, i servizi d’interesse economico generale, il relativo ambito e le caratteristiche del servizio da prestare, comprese le eventuali condizioni relative alla qualità del servizio, al fine di perseguire gli obiettivi delle politiche pubbliche. Anche la facoltà delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, affidare e finanziare i servizi di interesse economico generale, conformemente all’articolo 14 TFUE e al protocollo n. 26 allegato al TFUE e al trattato sul l’Unione europea (TUE), dovrebbe restare impregiudicata. Inoltre, la direttiva non riguarda il finanziamento dei servizi di interesse economico generale o le sovvenzioni concesse dagli Stati membri, in particolare nel settore sociale, in conformità delle norme dell’Unione sulla concorrenza. La presente direttiva non dovrebbe comportare la liberalizzazione di servizi di interesse economico generale, riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi. 4.2. Le principali novità introdotte dalla direttiva e recepite nel Codice.

La Direttiva, forte dell’evoluzione comunitaria avviata con la Comunicazione

interpretativa della Commissione sulle concessioni del 2000, approda a una definizione di concessione che coglie l’ubi consistam nella permanenza del rischio operativo in capo al soggetto privato56 .

56 Per un primo commento M. RICCHI, La nuova Direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti, 7, 2014; M. CAFAGNO, A. BOTTO, G. FIDONE, G. BOTTINO, E. PICOZZA, Le concessioni nel diritto dell’Unione Europea. Profili e prospettive, Giuffrè, Milano, 2013; S. LEVSTIK, La proposta di Direttiva sulle concessioni: una prima analisi ricognitiva; B. RAGANELLI, Pubblico, Privato e Concessioni in Europa: alcuni limiti della disciplina, op. cit.; M. COZZIO, Prime considerazioni sulle proposte di direttive europee in tema di Public Procurement, E. D’ALEO, La revisione delle direttive sui contratti pubblici: criticità e prospettive; C. RANGONE, La proposta di direttiva concessioni: un passo in avanti, ma insufficiente, Convegno IGI, Nuovi scenari comunitari: direttive-appalti e meccanismi di finanziamento innovativi, Roma 22 marzo 2012; M. CERUTI, Le concessioni riscoprono le proprie origini nel rischio operativo: riflessioni su presente, passato e futuro dell'istituto in Appalti e contratti, 2016, fasc. 11, pp. 22-32; L. TORCHIA, La nuova direttiva europea in materia di appalti servizi e forniture nei settori ordinari (The new EU directive on procurement services and supplies in the ordinary sectors). Relazione per il LXI Convegno di Studi Amministrativi "La nuova disciplina dei contratti pubblici fra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione", Varenna,17-19settembre2015 in Diritto amministrativo, 2015, fasc. 2-3, pp. 291-344; G. FIDONE, Le concessioni di lavori e servizi alla vigilia del recepimento della direttiva 2014/23/UE (Works and services concessions just before

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Essa unifica le concessioni di lavori e di servizi, indicando il metodo di stima del valore e una sola soglia per la pubblicazione del bando di gara sulla GUCE.

Le definizioni della concessione di lavori e di servizi, fornite dall’art. 5, comma 1, lett. a) e b) della Direttiva 2014, non differiscono sostanzialmente dalle definizioni riportate nelle direttive 2004 e nell’art. 3, commi 11 e 12 del d.lgs. n. 163/2006, Codice dei contratti pubblici precedente. Infatti le concessioni sono contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto, in virtù dei quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione dei lavori e dei servizi o dei soli servizi ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.

Le concessione di lavori e di servizi vengono assoggettate alla stessa disciplina normativa. E’ prevista una soglia unica per la pubblicazione del bando di gara sulla GUCE di 5.186.000 Euro. Viene rafforzata la tutela giuridica degli offerenti nel mercato delle concessioni, prevedendo la piena applicazione delle norme relative ai mezzi di ricorso previste per il settore degli appalti pubblici dalla direttiva 2007/66/CE (direttiva Remedies).

Tra le principali novità introdotte dalla direttiva 2014, vale la pena evidenziare la prospettazione di una pluralità di soggetti dal lato della domanda pubblica (amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori), ammettendo una possibile pratica di accorpamento delle amministrazioni per soddisfare la domanda complessiva proveniente da bacini più ampi di utenti; e dal lato dell’offerta, ribadendo l’ammissibilità dell’affidamento della concessione a raggruppamenti di imprese, circostanza tipica delle concessioni dove gli imprenditori devono strutturare offerte complesse. Come è stato chiarito, ai fini della qualifica di concessione non ha rilevanza la titolarità dell’opera realizzata, che può rimanere privata durante e al termine della concessione, quanto piuttosto è determinante che l’amministrazione sia beneficiaria, direttamente o tramite la collettività, dell’attività della gestione privata. La gestione dell’opera pubblica o del servizio tramite l’opera pubblica, temporaneamente affidata al privato, è una prerogativa stabile dell’amministrazione che al termine della concessione potrà essere nuovamente esercitata, optando per la gestione diretta o disponendo un nuovo affidamento.

La Direttiva supera la dicotomia tra l’affidamento della concessione di lavori, disciplinata sino ad ora dalla direttiva 2004/18/Ce e quella dei servizi. Come sopra ricordato, fino al 2014, le concessioni di servizi, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale, erano sottoposte unicamente ai principi generali. La constatazione delle caratteristiche comuni dei due contratti di concessione (lavori e servizi) ha concorso a unificare la disciplina di affidamento: infatti, i contratti differiscono principalmente per il fatto che nella concessione di lavori l’aspetto realizzativo costituisce l’oggetto principale, mentre l’aspetto gestionale è comune.

Novità significativa è la puntualizzazione di cosa comporta l’aggiudicazione di una concessione: il trasferimento al concessionario del rischio operativo legato alla

the transposing of the directive 2014/23/UE) in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2015, fasc. 1, pp. 101-193; G. GUIDO, La direttiva in materia di"concessioni", Relazione al Convegno "La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell'economia e contrasto alla corruzione", Varenna, 17-18 settembre 2015 in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2015, fasc. 5, pp. 1095-1126; M. SAUL, Il trasferimento al privato del rischio economico di gestione quale tratto distintivo della concessione rispetto all'appalto di servizi e le conseguenze in tema di normativa applicabile, Nota a Cons. Stato sez. VI 4 settembre2012, n. 4682 in Il Foro Amministrativo C.d.S., 2013, fasc. 1, pp. 243-253.

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gestione dei lavori o dei servizi. L’art. 165 del Codice disciplina il rischio e l’equilibrio economico finanziario delle concessioni. Con la Direttiva 2014 viene colmato il vuoto sulla previsione sostanziale di rischio a livello europeo attraverso una formulazione che non consente ai concessionari e agli istituti finanziatori di introdurre “di nascosto” forme di attenuazione o eliminazione del proprio rischio, restituendolo all’amministrazione. Innanzitutto, viene identificato il rischio operativo che deve sostenere il concessionario, sgombrando il campo dai tentativi di assimilazione del rischio operativo alle conseguenze derivanti dalla cattiva gestione, inadempimenti o cause di forza maggiore. Si tratta di evenienze comuni anche ai contratti di appalto e non possono valere a qualificare il rischio operativo nei contratti di concessione. Ai sensi dell’art. 5, comma 1 della Direttiva, il rischio operativo, che deve essere trattenuto dal concessionario, ha natura economica e implica la possibilità “che non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione”. L’intenzione del legislatore comunitario di quantificare la possibile entità del rischio è testimoniata dal fatto che il rischio operativo, nelle versioni precedenti del testo della Direttiva, era definito “sostanziale”; poi l’aggettivo sostanziale è stato espunto, proprio perché avrebbe consentito interpretazioni quantitative non univoche57. La Direttiva precisa, dunque, il valore potenziale della perdita economica associata al rischio operativo: fino ad oggi l’indeterminatezza di questo valore ha consentito nella prassi l’elusione delle prescrizioni comunitarie.

Il rischio operativo cui il privato deve essere esposto può riguardare il lato della domanda e il lato dell’offerta. Il rischio di domanda può consistere nel fatto che la fruizione del servizio abbia un calo per l’insorgere nel mercato di un’offerta competitiva di altri operatori, come per mancanza di capacità di gestione del concessionario, o può essere legato a fattori diversi come quello di una contrazione dei consumi generata da una crisi economica. Il rischio sul lato dell’offerta, invece, può riguardare, ad esempio, i contratti in cui i privati vengono remunerati esclusivamente dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore qualora il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore per eseguire il lavoro o fornire il servizio dipenda dalla loro fornitura; e ancora, per il rischio dal lato dell’offerta si intende il rischio associato all’offerta di lavori e servizi che sono oggetto del contratto, in particolare che la fornitura non corrisponda alla domanda58.

Vale la pena, tuttavia, evidenziare l’inciso contenuto all’art. 5, comma 1, “in condizioni operative normali”, che inserisce una clausola di salvezza per il concessionario privato all’assunzione del rischio operativo. La clausola farebbe riferimento a casi eccezionali legati al c.d. rischio finanziario sistemico a fronte del quale, per entità e forza d’urto, nulla può l’operatore privato59 e servirebbe principalmente a tutelare gli istituti di credito per evitare che le depressioni critiche dei cicli economici possano ricadere sul sistema creditizio. Non è chiaro, tuttavia, perché in tali casi dovrebbe essere considerata una soluzione preferibile per i cittadini una traslazione del rischio operativo sull’amministrazione.

57 M. RICCHI, La nuova direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei contratti pubblici,

op. cit. p. 745. 58 Considerando nn. 18, 19 e 20 della Direttiva. 59 M. RICCHI, La nuova direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei contratti pubblici,

op. cit. p. 747.

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Altra questione attiene al riconoscimento delle c.d. concessioni di servizi fredde. La struttura è riferita a un rapporto bilaterale in cui l’amministrazione riveste il ruolo del soggetto che paga il concessionario e su quest’ultimo grava il rischio operativo dal lato dell’offerta per i servizi resi direttamente alla stessa amministrazione o alla collettività. Le pronunce prevalenti della Corte di giustizia60, del Consiglio di Stato61 e dei TAR62 ricostruiscono le concessioni di servizi come un rapporto trilatero tra la PA - concessionario e utenti, che sono i destinatari dei servizi e sono coloro che remunerano il concessionario con la tariffa corrispondente. Come è stato chiarito, la distinzione attiene alla struttura del rapporto, che nell’appalto di servizi intercorre tra due soggetti (la prestazione è a favore del- l’amministrazione), mentre nella concessione di servizi pubblici intercorre tra tre soggetti, nel senso che la prestazione è diretta al pubblico o agli utenti63.

Secondo alcuni, poiché la direttiva ha uniformato la definizione di concessioni di lavori e di servizi, sarebbe possibile configurare la concessione di servizi fredda, in cui il privato trattenga in modo pieno e verificabile il rischio operativo dal lato dell’offerta64. La natura di una concessione dipende dalla strutturazione delle clausole contrattuali e da come il rischio operativo dal lato domanda o dell’offerta è posto a carico del privato, piuttosto che dalla ricostruzione bilaterale o trilaterale del rapporto concessorio e/o da chi paghi per il servizio65.

Quanto alla disciplina sugli affidamenti, è prevista una maggiore discrezionalità delle amministrazioni, unitamente al possibile maggiore ricorso agli strumenti di negoziazione nell’ambito delle procedure di aggiudicazione.

Un’altra importante novità riguarda la previsione di una maggiore enfasi sull’adeguata limitazione della durata delle concessioni66. Come noto, fondamentale per la determinazione della durata di una concessione è il perseguimento dell’equilibrio del PEF; è precisato che le concessioni devono avere una durata limitata, sono vietate le concessioni con durata illimitata o che potrebbero esserlo attraverso clausole di rinnovo. Quando alla concessione è imposta una durata inferiore a quella che consentirebbe il recupero degli investimenti, è necessario riconoscere al concessionario un valore residuo finale (terminal value) per mantenere la sinallagmaticità contrattuale. L’obiettivo è di evitare che durate temporali sovradimensionate, rispetto alle esigenze di equilibrio economico-finanziario, generino dei benefici impropri per il concessionario, in quanto l’eccessiva estensione della durata di una concessione limita la contendibilità dei servizi connessi alla gestione dell’opera oggetto della concessione e la convenienza dell’amministrazione al raggiungimento dell’equilibrio del PEF.

L’art. 18, comma 2, pone implicitamente un limite massimo quinquennale di durata, oltre il quale il tempo della concessione è determinato esclusivamente dal periodo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli

60 Corte giust., 10 settembre 2009; 15 ottobre 2009, causa C-196/08; 10 marzo 2011, causa C-274/09; 10 novembre 2011, causa C-348/10.

61 Cons. Stato, 14 aprile 2008, n. 1600; Cons. Stato, 23 maggio 2011, n. 3086; Cons. Stato, 20 giugno 2011, n. 36; Cons. Stato, Ad. Plen., 7 maggio 2013, n. 13; Cons. Stato, sez. V, 6 giugno 2011, n. 3377.

62 T.A.R. Basilicata, 12 maggio 2007, n. 366; T.R.G.A. Trentino Alto-Adige, 28 luglio 2007, n. 140. 63 Cons. Stato, 7 maggio 2013, n. 13; Corte giust. CE, 20 novembre 2011, causa C- 348/10. 64 M. RICCHI, La nuova direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei contratti pubblici,

op. cit. p. 746. 65 Nel senso dell’indifferenza di chi paga il corrispettivo, TAR Lombardia, Brescia n. 1689/2008; Corte di

giustizia CE, sentenza del 10 marzo 2011, in causa C-274/09. 66 Cfr. art. 18 della direttiva e 168 del Codice.

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investimenti effettuati nell’esecuzione dei lavori o dei servizi (e delle forniture), insieme con il ritorno sul capitale investito tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici. Tale precisazione non esclude meccanismi regolatori di determinazione della durata sotto i cinque anni, ma piuttosto enfatizza la necessità di motivare tutte le volte in cui il limite dei cinque anni sia superato.

Merita, infine, fare un breve cenno agli elementi costitutivi del contratto di concessione: contratto, progetto e piano economico finanziario (PEF), che costituiscono un unicum inscindibile e, al momento della stipulazione contrattuale, devono essere coerenti tra loro. Il PEF è il documento che rappresenta quantitativamente lo sviluppo del progetto, la realizzazione dell’opera, la gestione del servizio e la sostenibilità economico-finanziaria per la durata dell’intera concessione. Al momento della stipulazione e a ogni eventuale rinegoziazione questo deve rispettare gli assunti statuiti nelle condizioni iniziali con riferimento, in particolare, alla distribuzione dei rischi e al rispetto del perseguimento dell’equilibrio economico finanziario. La distribuzione dei rischi tra le parti deve essere fatta considerando attentamente la capacità delle stesse di gestirlo al meglio. Il privato deve trattenere e gestire il rischio costruzione e il rischio domanda di mercato o quello di disponibilità nel caso in cui il main payer sia un’amministrazione pubblica. Di regola, invece, l’amministrazione trattiene i rischi connessi agli adempimenti della parte pubblica sul rilascio di autorizzazioni, pareri, approvazioni, ai pagamenti, alla forza maggiore. Al contratto è demandato il compito di disciplinare i casi specifici dove vi siano interferenze tra le parti nella gestione del rischio o nella presenza di fattori riconducibili ad eventi imprevedibili. Come noto, la distribuzione dei rischi tra le parti e la relativa matrice, sono un paradigma valutativo utilizzato dagli istituti di credito per il merito dell’erogazione del finanziamento. Infatti, la c.d. bancabilità della concessione, è legata al rispetto del principio dell’equilibrio economico finanziario del PEF, quale condizione essenziale per la stipulazione della concessione e per le operazioni di rinegoziazione del contratto, data la stretta correlazione tra equilibrio del PEF, distribuzione dei rischi, investimenti e durata.

5. La tutela giurisdizionale in Europa e i recenti sviluppi. La disciplina delle procedure di ricorso sui contratti pubblici in Europa è stata

oggetto di una importante opera di riforma introdotta a livello comunitario dalla direttiva 2007/66/Ce, finalizzata a garantire una tutela processuale effettiva e a migliorare, conseguentemente, l’efficacia complessiva delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione. Come evidenziato dalla Commissione europea, un motivo d’intervento a livello di legislazione europea è legato all’attuale insufficiente tutela giuridica degli offerenti, poiché le norme concernenti i mezzi di ricorso nel settore degli appalti pubblici non si applicano alle concessioni di servizi e, in una certa misura, anche alle concessioni di lavori. Solo alcuni Stati membri hanno esteso l’applicazione delle disposizioni in materia di tutela giurisdizionale alle concessioni di servizi, mentre per gli altri non vi sono norme che consentano un adeguato ricorso contro eventuali violazioni dei principi del Trattato UE. L’approvazione del pacchetto

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appalti 2014 consente di estendere l’ambito di applicazione delle direttive ricorsi67 a tutti i contratti di concessione che superano la soglia, così da garantire l’effettiva possibilità di adire il giudice per ricorrere contro una decisione di aggiudicazione, e stabilisce alcune norme minime in materia giurisdizionale che le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori devono rispettare. In Italia, la parte VI delle disposizioni transitorie e finali del Codice 2016, art. 204 introduce alcune modifiche al Codice del Processo Amministrativo in tema di ricorsi giurisdizionali nel settore degli appalti e delle concessioni. Il capo II disciplina, inoltre, i c.d. rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale, quali l’accordo bonario, transazione, arbitrato, pareri di precontenzioso dell’ANAC. La normativa di recepimento della direttiva ricorsi è oggi contenuta, in gran parte, nel Codice del Processo Amministrativo68. É stato introdotto un rito speciale per tutte le controversie in materia di appalti pubblici, intesi in senso lato, che sostituisce quello previsto precedentemente69, recependo la direttiva ricorsi. In questo modo si cerca di dare risposta ad alcune questioni poste in giurisprudenza e in dottrina nel perseguimento dell’obiettivo prioritario di una tutela giurisdizionale celere ed effettiva. Il rito è “speciale”, in quanto distinto da quello ordinario applicabile a tutte le altre controversie soggette al giudice amministrativo; “abbreviato”, perché contiene significative accelerazioni rispetto a quello ordinario e allo stesso rito sugli appalti precedentemente in vigore70; “esclusivo”, perché il ricorso al giudice amministrativo è divenuto l’unico rimedio esperibile per ottenere l’annullamento a opera di un soggetto terzo degli atti di una gara pubblica. Non è più previsto, infatti, il ricorso straordinario al Capo dello Stato. La direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. “direttiva ricorsi”, emanata l’11 dicembre 2007)71, ha apportato modifiche alle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE rispettivamente per i c.d. “settori ordinari e speciali”, finalizzata al miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici.

Obiettivo prioritario del legislatore comunitario è di approntare mezzi processuali efficaci e rapidi, che garantiscano l’effettività della tutela e il rispetto della disciplina comunitaria sostanziale. Anche la giurisprudenza della Corte di giustizia ha precisato che gli Stati membri dovrebbero garantire l’accesso a mezzi di ricorso efficaci e rapidi avverso le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori relativamente alla questione se un determinato appalto rientri o meno nel campo di applicazione, ratione personae e ratione materiae, delle direttive

67 Direttive 89/665/CEE e 92/13/CE, modificate dalla direttiva 2007/66/CE. 68 D.lgs. n. 53/2010. 69 Art. 23-bis della legge n. 1034/1971. 70 Per un’analisi dei profili problematici indotti dall’applicazione delle diverse discipline sui termini in sede

amministrativa e giurisdizionale, M. LIPARI, Rito speciale accelerato: profili generali, in MORBIDELLI (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Giuffrè, Milano, 2008, pp. 823 ss.

71 Tra i primi commenti alla direttiva, A. BARTOLINI, S. FANTINI, La nuova direttiva ricorsi, in Urb. app., 2008, 10, pp. 1093 ss.; G. GRECO, La direttiva 2007/66/Ce: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in www.giustamm.it; P. SANTORO, La nuova direttiva ricorsi 2007/66/Ce e l’impatto con il sistema di giustizia nazionale, in Riv. trim. app., 2008, 3, pp. 676 ss.; M. LIPARI, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, in www.federalismi.it, 2008.; S. RUSCICA, La “rivoluzione” attuata dalla Direttiva n. 66/2007, in Riv. Strumentario Enti Locali, n. 11, 2009; P. M. ZERMAN, Annullamento dell’aggiudicazione illegittima ed effettività della tutela giurisdizionale: la sorte del contratto medio tempore stipulato (commento alla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 19 maggio 2009, n. 3070), in www.giustamm.it, 2009; R. GAROFOLI, G. FERRARI, Codice degli appalti pubblici e nuova direttiva ricorsi. Annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, Roma, 2009; C. FRANCHINI, I contratti di appalto pubblici, op. cit., pp. 802 ss.

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citate72. Come evidenziato nei “considerando” della direttiva, la disciplina precedente mirava a garantire l’effettiva applicazione delle direttive del 2004, riferendosi unicamente alle procedure di aggiudicazione degli appalti ivi disciplinate, come interpretate dalla Corte di giustizia a prescindere dalla procedura di evidenza pubblica utilizzata e dai mezzi con cui si indicevano le gare. Tuttavia, le consultazioni delle parti interessate e la giurisprudenza comunitaria hanno evidenziato una serie di lacune nei meccanismi di ricorso esistenti nei diversi Stati membri, che in alcuni casi impediscono di garantire il rispetto delle disposizioni comunitarie.

La direttiva ricorsi tenta di porre rimedio alle criticità e alle lacune evidenziate, intervenendo sulla disciplina delle procedure di ricorso avverso le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori negli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, appalti degli enti erogatori di acqua e di energia, e degli enti che forniscono servizi di trasporto e postali. Le modifiche proposte alla disciplina sono quelle ritenute necessarie a rafforzare le garanzie di trasparenza e di non discriminazione che costituiscono l’obiettivo delle direttive sui contratti pubblici, al fine di garantire che l’Unione nel suo complesso benefici pienamente degli effetti positivi dovuti alla modernizzazione e alla semplificazione delle norme sull’aggiudicazione degli appalti pubblici73.

Tra le principali carenze della normativa oggetto di contestazione, il legislatore comunitario evidenzia l’assenza di un termine che consenta un ricorso efficace tra la decisione di aggiudicazione di un appalto e la stipula del relativo contratto. Quale effetto distorsivo prodotto dalla lacuna normativa, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori, desiderosi di rendere irreversibili le conseguenze di una decisione di aggiudicazione oggetto di contestazione sono indotti a procedere molto rapidamente alla firma del contratto.

Ciò può costituire un serio ostacolo a un’effettiva tutela giurisdizionale degli offerenti interessati, che non sono stati ancora definitivamente esclusi. Inoltre, come evidenziato nell’Impact assesment report allegato alla proposta di modifica delle direttive, una volta stipulato il contratto, la valutazione dei contrapposti interessi induce spesso i giudici nazionali al rigetto del ricorso in tutti i casi in cui venga invocato un superiore interesse della stazione appaltante. Il legislatore comunitario, pertanto, evidenzia l’assenza di meccanismi che consentano agli operatori di contestare efficacemente, anche in sede giurisdizionale, l’operato della stazione appaltante ottenendo una pronuncia sui profili oggetto di censura in tempo utile a evitare che la stazione appaltante proceda alla stipula del contratto, rendendo in tal modo irreversibile l’esito della procedura.

Ci si concentra, tuttavia, principalmente sulla previsione di un termine dilatorio tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, tralasciando di intervenire in modo sostanziale sul tema della tutela risarcitoria. La direttiva tenta di far fronte a questa criticità prevedendo un termine sospensivo minimo, durante il quale la stipula del contratto in questione è sospesa, indipendentemente dal fatto che quest’ultima avvenga o meno al momento della sottoscrizione dello stesso. Si distingue un termine sospensivo “sostanziale” – di dieci o quindici giorni in base alle modalità di comunicazione dell’aggiudicazione – e uno “processuale” – finché l’organo giurisdizionale adito non si sia pronunciato sulla domanda di provvedimenti cautelari

72 Considerando n. 2. 73 Considerando n. 3. Considerando n. 4.

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o sul merito del ricorso. Ne deriva che la conclusione di un contratto in seguito alla decisione di aggiudicazione di un appalto non può avvenire prima dello scadere di un termine minimo di dieci giorni, decorrenti da quello successivo alla data in cui la decisione di aggiudicazione dell’appalto è stata comunicata agli interessati. Inoltre, la direttiva prevede che, qualora un organo di prima istanza, indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice, riceva un ricorso relativo a una decisione di aggiudicazione di un appalto, gli Stati membri assicurino che l’amministrazione aggiudicatrice non possa stipulare il contratto prima che l’organo di ricorso abbia preso una decisione sulla domanda di provvedimenti cautelari o sul merito del ricorso.

La fissazione di un termine sospensivo minimo dovrebbe concedere agli offerenti un lasso di tempo sufficiente per esaminare la decisione di aggiudicazione dell’appalto e valutare se sia opportuno avviare una procedura di ricorso. Le norme relative sono da considerarsi a recepimento obbligatorio, pertanto self executing, in quanto sufficientemente dettagliate e incondizionate. Tuttavia, sono previste deroghe ed eccezioni al termine sospensivo sostanziale, il cui recepimento è rimesso alla facoltà dei singoli Stati membri, come pure la possibilità di condizionare il ricorso giurisdizionale a una espressa informativa da parte del potenziale ricorrente alla stazione appaltante o a un previo ricorso amministrativo. Un secondo punto affrontato dal legislatore comunitario riguarda la disciplina degli affidamenti diretti, su cui esiste una vasta giurisprudenza comunitaria. L’obiettivo è quello di contrastare gli affidamenti diretti illegittimi attraverso la previsione di “sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive”74. In questi casi il contratto può essere considerato privo di effetto, in conseguenza dell’accertamento operato da un organo di ricorso indipendente o quale risultato di una sua decisione75.

In alternativa alla sanzione della privazione di effetti, gli Stati membri hanno la possibilità di prevedere sanzioni pecuniarie. Il legislatore muove dalla convinzione che la privazione di effetti è il modo più sicuro per ripristinare la concorrenza e creare nuove opportunità commerciali per gli operatori economici illegittimamente privati delle possibilità di competere76. La previsione mira a ottenere che i diritti e gli obblighi dei contraenti derivanti dal contratto cessino di essere esercitati ed eseguiti. Le conseguenze che derivano dalla privazione di effetti di un contratto sono rimesse alla determinazione del diritto nazionale, che può stabilire la soppressione con effetto retroattivo di tutti gli obblighi contrattuali con effetti ex tunc o, viceversa, limitare la portata della soppressione agli obblighi che rimangono da adempiere con effetti ex nunc. Nel caso in cui la privazione di effetti del contratto sia ritenuta una sanzione non proporzionata, gli Stati membri possono consentire all’organo responsabile delle procedure di ricorso di non rimettere in discussione il contratto. In alternativa possono riconoscerne in tutto o in parte gli effetti nel tempo quando l’organo di ricorso, dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti, rileva che il rispetto di esigenze imperative connesse a un interesse generale impone che gli effetti del contratto siano mantenuti. Tra queste non rientrano gli interessi economici legati direttamente all’appalto.

74 Direttiva 2007/66/CE, Considerando n. 13 75 Direttiva 89/655/Cee, art. 2-sexies e direttiva 92/13/Cee, art. 2-sexies 76 Sul rapporto tra tutela della concorrenza e pubblici poteri, tra gli altri, A. POLICE, Tutela della concorrenza

e pubblici poteri. Profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust, in F. G. SCOCA, G. MORBIDELLI, F. ROVERSI MONACO (diretto da), Sistema del diritto amministrativo italiano, Giappichellim, Torino, 2007, B. RAGANELLI, L’efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, Torino, Giappichelli, 2012 pp. 185 ss.; C. PINELLI, La tutela della concorrenza come principio e come materia. La giurisprudenza costituzionale 2004-2013, Rassegna di giurisprudenza in Rivista AIC, 2014, fasc. 1, pp. 16

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Nel caso in cui il contratto non venga privato di effetti per le ragioni esposte, gli Stati membri devono prevedere l’applicazione di sanzioni alternative. Al fine di garantire nel tempo la certezza giuridica delle decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori, la direttiva ricorsi fissa un termine minimo ragionevole di prescrizione o decadenza dei ricorsi allo scopo di far stabilire che il contratto è privo di effetti. Vengono aboliti il meccanismo di conciliazione e il sistema volontario di attestazione, che permetteva agli enti aggiudicatori di far constatare la conformità delle loro procedure di aggiudicazione degli appalti in occasione di esami periodici.

La Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’art. 5 del Trattato sul funzionamento Unione Europea, sulla base del presupposto che l’obiettivo della direttiva di migliorare l’efficacia delle procedure di ricorso concernenti l’aggiudicazione di appalti pubblici che rientrano nell’ambito di applicazione delle direttive citate non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può invece esserlo meglio a livello comunitario. La direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in particolare rispettando il principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso art. 5.

Nonostante gli sforzi profusi dal legislatore europeo, permangono dei dubbi sulla coerenza delle scelte adottate a livello europeo e a livello nazionale di recepimento, rispetto agli obiettivi fissati dal legislatore comunitario, a quelli formalizzati nell’analisi di impatto della regolazione, nonché ai diversi interessi pubblici e privati coinvolti.

Si discute della validità degli strumenti giuridici adottati per garantire l’auspicata efficacia delle procedure di ricorso in materia, anche alla luce dei potenziali effetti distorsivi che la disciplina è in grado di produrre. Le scelte operate dal legislatore comunitario, prima, e da quello nazionale di recepimento, sono suscettibili di incidere fortemente sul perseguimento dell’obiettivo di migliorare l’efficacia delle procedure di affidamento dei contratti pubblici e sulla tutela giurisdizionale degli operatori economici coinvolti.

La previsione di un termine dilatorio per la stipula del contratto, ad esempio, può determinare un allungamento della durata dei giudizi, ma anche delle procedure di affidamento, con l’effetto di tradursi, potenzialmente, in un ostacolo ulteriore al processo di selezione del contraente e, di conseguenza, al soddisfacimento delle esigenze della pubblica amministrazione e della collettività di riferimento, cui la selezione è finalizzata.

Il risultato, dunque, potrebbe essere quello di rallentare le procedure e i processi senza reali effetti positivi in termini di effettività di tutela giurisdizionale. D’altro canto, il dibattito su questi temi coinvolge in modo ineludibile quello sul rapporto tra i diversi interessi in gioco e gli obiettivi al cui perseguimento dovrebbe essere preposta la legge, anche al fine di orientare l’attività amministrativa, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 241/1990.

Vale la pena domandarsi, in particolare, se l’aumento dei ricorsi giurisdizionali per affidamenti, eventualmente alimentato dalla nuova disciplina, possa essere interpretato come una misura della maggiore facilità di accesso alla tutela giurisdizionale. L’aumento del numero dei ricorsi di per sé è un indice di incremento della domanda di giustizia e, quindi, di inflazione del contenzioso, effetto non

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desiderabile, perché suscettibile di pregiudicare la ragionevole durata dei giudizi77 e, in generale, la pienezza della tutela, unitamente all’efficienza e all’efficacia del servizio giustizia. Solo ove i ricorsi diano luogo a giudizi di accoglimento, può essere ritenuto un indicatore di maggiore effettività di tutela. D’altro canto, poiché la direttiva ricorsi è relativamente recente, non esistono ancora dati che consentano di verificare tale effetto sul sistema giudiziario dei singoli Stati membri. Ne esistono, tuttavia, in Svezia, paese nel quale l’istituto dello stand still tra aggiudicazione e stipula del contratto esiste dal 2002. Da allora, si è registrato un incremento dall’1 al 6,9% del numero di ricorsi giurisdizionali per affidamenti, che non ha dato luogo a un’uguale percentuale di pronunce positive. Tali informazioni suggeriscono cautela di giudizio, in attesa di essere in grado di verificare empiricamente gli effetti delle scelte adottate dal legislatore comunitario e da quello nazionale di recepimento.

La nuova disciplina introdotta dalle direttive 2014 va senza dubbio nella direzione di creare un moderno quadro legislativo sostanziale e processuale in grado di garantire al meglio lo sviluppo economico all’interno del mercato europeo nel rispetto dei principi generali di libera concorrenza e trasparenza. Il recepimento in Italia nel 2016 ha costituito l’occasione per assorbire nel nuovo Codice molte esigenze di modifica e adeguamento della disciplina di settore, ma ha già sollevato molte perplessità e qualche critica.

In attesa di poter verificare gli effetti prodotti dal recepimento delle nuove direttive e dall’adeguamento alla stessa direttiva ricorsi, sarebbe particolarmente utile se si tenesse conto delle riflessione della dottrina in una prospettiva aperta alla valutazione di esigenze diverse, per migliorare l’accesso dei cittadini alla tutela giurisdizionale, ma anche di garantire una maggiore celerità di giudizio e la deflazione del contenzioso.

77 Art. 6 Cedu.