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Il comparto ortofrutticolo lombardo di fronte alle sfide del mercato e della nuova OCM Quaderni della Ricerca N° 115 - giugno 2010 www.regione.lombardia.it

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Il comparto ortofrutticolo lombardodi fronte alle sfide del mercato

e della nuova OCM

Quaderni della RicercaN° 115 - giugno 2010

www.regione.lombardia.it

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Per informazioni:Regione Lombardia - Direzione Generale AgricolturaUnità organizzativa Innovazione cooperazione e valorizzazione delle produzioniStruttura ricerca e innovazione tecnologica e servizi alle imprese per lo sviluppoVia Pola 12/14 - 20124 MilanoTel 02 67652537 Fax 02 67652576Referente: Luisa Bonomi - tel. 02 6765 [email protected]

© Copyright Regione Lombardia

Autore del testo:Prof. Gabriele CanaliSMEA – Alta Scuola in Economia AgroalimentareUniversità Cattolica del Sacro Cuore, sede di Cremona e Piacenza

Hanno realizzato le attività di indagine e analisi dei dati:SMEA – Alta Scuola in Economia AgroalimentareUniversità Cattolica del Sacro Cuore, sede di Cremona e PiacenzaVia Milano, 24 – 26100 CremonaTel. 0372/499110 - Fax: 0372/499191Responsabile scientifico e referente: Prof. Gabriele Canalie-mail: [email protected]://smea.unicatt.it

Custodia s.r.l.Via Paglia, 27 – 24100 Bergamo035/222772 – Fax: 035/226574Referente: Barbara Pitocchie-mail: [email protected]

Hanno collaborato alle attività di indagine sul campo e realizzazione di seminari (in ordine alfabetico):– AOP UNOLombardia– Associazione RES Ricerche e Studi– Federazione Provinciale Coldiretti Bergamo– Federazione Provinciale Coldiretti Milano-Lodi– OP Agronomia – OP Ortonatura– Solana S.p.A.

Ulteriori riferimenti su:www.progetto-oeop.comwww.progetto-percorso.com

Attività condotta nell’ambito dei progetti n.1145 “Impatto delle Organizzazioni di Produttori (OP)

e della IV gamma sul reddito dei produttori ortofrutticoli lombardi” e n. 1208 “Effetti della riforma OCM

sul comparto ortofrutticolo lombardo e strategie operative”

Piani per la ricerca e lo sviluppo 2007 e 2008

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Il comparto ortofrutticolo lombardodi fronte alle sfide del mercato

e della nuova OCM

Quaderni della Ricercan. 115

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INDICE

PRESENTAZIONE.................................................................................................................................................................................................................................................3

1. IL COMPARTO ORTOFRUTTICOLO IN LOMBARDIA: I DATI ESSENZIALI.......................................41.1. Il comparto orticolo..................................................................................................................................................................................................41.2. Il comparto frutticolo.............................................................................................................................................................................................91.3. Il commercio con l’estero regionale................................................................................................................................111.4. La IV gamma.....................................................................................................................................................................................................................16

2. UN’ANALISI DEL MARGINE DETTAGLIO-INGROSSO..................................................................................................34

3. LA NUOVA OCM ORTOFRUTTA..........................................................................................................................................................................44

4. L’INDAGINE SULLE OP..........................................................................................................................................................................................................504.1. I risultati dell’indagine presso gli aderenti alle OP................................................................................504.2. I risultati dell’indagine presso i non aderenti ad OP.........................................................................58

5. ALCUNE INDICAZIONI..............................................................................................................................................................................................................77

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PRESENTAZIONE

Il comparto ortofrutticolo lombardo, in tutti i suoisegmenti, è caratterizzato da un elevato livello dispecializzazione e, nell’ultimo quinquennio, si è rivelatoun vero e proprio modello di aggregazione per lacompetitività.

L’aggregazione ha reso possibile la concentrazione dirisorse da destinare a politiche di innovazione diprocesso, di prodotto e di commercializzazione, cometestimonia il notevole sviluppo della produzione di IVgamma per la quasi totalità delle varietà di prodottiortofrutticoli.

Oggi, a tre anni dall’ultima riforma OCM, è opportuno avviare un’accuratariflessione sul sistema ortofrutticolo lombardo e sulla sua struttura, a partire dalleOrganizzazioni di Produttori fino alle nuove strategie di mercato.

Con questo intento, Regione Lombardia ha finanziato, nell’ambito delProgramma della Ricerca 2007/2009, due progetti - “Impatto delle Organizzazionidi Produttori e della IV gamma sul reddito dei produttori ortofrutticoli lombardi”ed “Effetti della Riforma OCM sul comparto ortofrutticolo lombardo e strategieoperative” – che hanno tracciato un primo bilancio del comparto, alla luce deirisultati ottenuti con l’istituzione delle OP in Lombardia.

I dati raccolti in questa pubblicazione forniscono a tutti i produttori della filieragli elementi per valutare la propria posizione all’interno del comparto e i vantaggiche possono derivare alla propria azienda dall’aggregazione a una OP.

Il coinvolgimento di tutti gli attori del comparto potrà certamente favorire ilprocesso di rinnovamento che l’ortofrutticoltura lombarda deve perseguire perpoter affrontare, con passo deciso, le sfide del prossimo futuro.

Giulio De CapitaniAssessore all’Agricoltura

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1. IL COMPARTO ORTOFRUTTICOLO IN LOMBARDIA: ALCUNI DATI ESSENZIALI

Scopo di questa analisi dei principali dati produttivi del comparto ortofrutticoloregionale, e quello di fornire un quadro di riferimento per le analisi successive.

I dati utilizzati in questa parte del lavoro arrivano fino al 2008, ultimo annodisponibile al momento della chiusura del rapporto di ricerca e del presenteQuaderno. Tali dati sono ovviamente destinati a cambiare negli anni successivi,ma ciò che interessa in questa sede non è tanto una analisi congiunturale quantopiuttosto una fotografica che permetta di apprezzare le dimensioni del compartoortofrutticolo regionale e la sua distribuzione relativa sul territorio.

1.1. Il comparto orticolo

Gli ultimi dati forniti dall’Istat confermano uno scenario che vede la Lombardiaconcorrere in maniera relativamente marginale alla formazione della produzioneorticola nazionale.

Importante è però indicare che la Lombardia mantiene la sua leadership nelcampo dei prodotti di IV gamma, considerando sia le superfici investite per lacoltivazione della materia prima, che in termini di industria di trasformazione conle provincie di Brescia e Bergamo che rappresentano le realtà maggiori perquesto comparto.

I dati Istat rivelano che nel 2008 il valore della produzione ortofrutticolalombarda, a prezzi correnti, è stato pari a circa 246,5 milioni di euro costituendoil 3,5% del valore della produzione agricola regionale.

Analizzando i dati forniti dall’Istat relativi al 2008 si nota come siano in aumentosia le produzioni che le superfici; in particolare per le superfici delle colture inpiena aria si è registrato un aumento all’incirca dell’9% (+ 1023 ettari) e per quelleprotette +31% ovvero un aumento di ben 471 ettari.

In entrambi i casi non è stato inserito il dato relativo alla coltivazione della patata,per le coltivazioni orticole in serra non è necessario, non presentando quest’ultimecoltivazioni del prodotto in questione; mentre per le coltivazioni in piena aria tra il2007 ed il 2008, come si vedrà in seguito, si è avuto un calo consistente in termini disuperficie coltivate di questo prodotto, fatto che, ovviamente, bilancia il valoretotale delle superfici, contenenti il prodotto in questione, che presenteranno unavariazione meno marcata tra i due anni considerati.

Come già accennato in precedenza, in questo capitolo si proverà a valutarela variazione, sia in termini di superfici che di produzioni, avvenuta tra gli anni 2007e 2008.

Nel 2008 la superficie complessiva che è stata destinata alle orticole è stataall’incirca di 15.276 ettari, dato che risulta essere maggiore di quello fattoregistrare l’anno precedente (circa 14.579 ettari). Come era prevedibile, lecolture in pieno campo rappresentano la maggioranza delle coltivazioni con13.305 ettari, con un aumento dal 2007 del 2% (considerando il dato complessivocontenete anche le patate); in aumento anche la superficie destinata alle

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coltivazioni in serra che vede un +31% ed una superficie complessiva stimata in1.971 ettari; le coltivazioni in serra rappresentano quindi circa il 13% dellasuperficie orticola regionale con un aumento rispetto all’anno 2007 (10,3%) diquasi 3 punti percentuale.

Da questi primi dati si può dedurre che l’aumento globale della superficieorticola in Lombardia è da imputarsi principalmente all’incremento dellecoltivazioni in serra.

E’ anche interessante notare come i dati delle superfici del 2008 si riavvicininoa quelli rilevati nel 2006 (in particolare le produzioni in piena aria sonoleggermente superiori, discorso contrario invece per quelle in serra che sipresentano leggermente inferiori), quindi la diminuzione di superfici verificatasinel 2007 è stata quasi completamente colmata nel 2008.

In particolare l’andamento delle coltivazioni in serra si mostra inverso rispettoa quello che avviene a livello nazionale si assiste ad una diminuzione dellesuperfici in serra; identico discorso per le colture in piena aria, che in Lombardiapresentano un leggero aumento quando, a livello nazionale, se ne registra uncalo di tre punti percentuali.

Sicuramente, il recupero delle coltivazioni in serra rispetto all’anno passato èimputabile al notevole aumento delle superfici ad esse destinate; mentre nel casodelle colture in piena aria il consistente calo della superficie coltivata a patata èil responsabile della variazione minima che si è avuta tra il 2007 ed il 2008.

La situazione a livello nazionale, mostra che la Lombardia occupa il 2,6% dellasuperficie italiana di colture orticole in pieno campo, dato in linea con quellodegli anni 2006 e 2007 (2,50%); in aumento si presenta invece quello sullecoltivazioni in serra con la Lombardia che rappresenta il 6,5% sul totale nazionale,mentre nel 2007 il dato registrato era del 4,7%; anche in questo caso il dato è inlinea con quanto verificatosi nell’anno 2006.

Come si era verificato nel 2007 le cinque colture più importanti, in termini disuperficie coltivata, in Lombardia risultano essere nell’ordine: pomodoro daindustria, melone, patate, insalata e cocomero, per una quota di superficiecomplessiva che rappresenta l’81% di quella regionale; il dato si presentaleggermente inferiore rispetto a quello dell’anno precedente che era dell’83% ela causa principale è il consistente calo subito dalla superficie destinata a patatea fronte di aumenti inferiori delle altre.

Il pomodoro da industria, con 6.561 ettari complessivi è sicuramente la colturapredominante e che ha recuperato in pieno la perdita registrata nel 2007; seguepoi il melone con circa 2.593 ettari dedicati con un incremento rispetto al 2007del 12% circa nel comparto ortaggi in piena aria mentre si è mantenutopressoché stabile la superficie in serra che è aumentata circa dello 0,4%; lepatate (1.139 ettari) segnano un calo veramente consistente rispetto all’annoprecedente infatti vedono ridursi la propria superficie ben del 41%; con 1107 ettaricomplessivi si presenta l’insalata che mantiene sostanzialmente il suo trend chevede la superficie diminuire tra il 2006 ed il 2007, mentre nel 2008 si mantiene sulivelli precedenti nel caso di coltivazioni in pieno campo mentre aumenta del10% la superficie in serra.

Infine si ha il cocomero (855 ettari complessivi) che vede in aumento del 4% lasuperficie delle colture in serra ma dall’altro lato presenta un calo del 18% per

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quella in campo, quindi sostanzialmente un saldo negativo rispetto all’annopassato. Le altre orticole presentano mano a mano valori minori rispetto allecolture indicate in precedenza.

In termini generali comunque i cali si concentrano sulle superfici in pienocampo, infatti nessun prodotto vede calare le superfici destinate alla coltivazionein serra, fatto che in parte bilancia le perdite subite.

Per quanto riguarda la superficie destinata alle coltivazioni in serra, questa è inaumento per tutti i prodotti; in particolare, il prodotto che fa segnare il maggioreincremento rispetto all’anno passato è la fragola che passa da una superficie di17 ettari nel 2007 a 25 nel 2008 con un aumento percentuale del 49%. Con unincremento simile è o spinacio che sale del 47% e compensa cosi la riduzione del33% della superficie in piena aria. Fagiolo e fagiolino aumentano di 6 ettari lasuperficie in serra, rendendo cosi meno negativo il dato complessivo dellasuperficie destinata a questo prodotto data la perdita subita in pieno campo.Infine il cetriolo da mensa vede salire la superficie in serra del 24%. Gli altri prodottipresenti aumentano tutti la superficie destinata alle coltivazioni in serra. Ad unaumento delle superfici corrisponde anche un aumento delle produzioni. Duesono i fattori che si devono tenere in considerazione per spiegare questoandamento: le superfici, che sono già state analizzate in precedenza; e le resead ettaro di ciascun prodotto.

Nel 2008 la Lombardia ha contribuito per circa il 7% alla produzione nazionaledi orticole in pieno campo e per il 6% a quella in serra; quindi una leggera ripresarispetto all’anno passato ma che, nel caso della produzione in serra non pareggiaancora i livelli che si erano ottenuti nel 2006 (6,9%).

Complessivamente nel 2008 la produzione in pieno campo delle orticole èstata di 913.403 tonnellate, dato che si presenta notevolmente superiore rispettoa quello dell’anno precedente (+49%); considerando solamente le orticole,l’aumento registrato è addirittura nell’ordine del 60%, quindi la riduzione dellesuperfici e delle produzioni delle patate ha portato al ribasso l’aumentoproduttivo complessivo del 2008.

Infatti, il calo produttivo delle patate è stato del 45% passando da 63.000tonnellate a circa 34.643, con un calo sia delle rese produttive che delle superfici,con quest’ultima che si può reputare responsabile principale del calo produttivo.

In direzione positiva invece vi è il pisello che aumenta la sua produzione del40% nonostante la resa ad ettaro sia diminuita ben del 5% rispetto all’annoprecedente, situazione che si verifica perché le superfici hanno subito un buonincremento rispetto all’anno passato. Ad una certa distanza si colloca il melonecon un aumento produttivo del 16,6% circa, ed anche in questo caso l’aumentonon è seguito da un incremento delle rese produttive che comunque calanomolto poco (-0,7%), ma piuttosto da una superficie destinata maggiore passandodai 1601 ettari del 2007 ai 1880 ettari del 2008.

Gli altri due prodotti che presentano aumenti rilevanti, rispetto agli altri, sono ilpomodoro da industria ed il cavolfiore che aumentano rispettivamente del 16%e del 17%; per il pomodoro da industria l’aumento è di circa 62.668 tonnellate,dato determinato sia dall’aumento delle superfici ad esso destinate che dellerese ad ettaro. Gli altri prodotti presentano variazioni poco significative.

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Passando alle produzioni in serra il dato mostra che nel 2008 sono stati prodottioltre 85.000 tonnellate di prodotti con un aumento di più del 6%; dato cherispecchia l’andamento di questo anno che vede incrementare le superficidestinate a questa tipologia.

Le superfici destinate alle produzioni in serra sono aumentate per tutti i prodottisalvo tre (carota, asparago e finocchio) per i quali comunque era rimasta costante.

Di contro si deve anche prendere atto del fatto che nel caso delle rese, chesaranno poi analizzate nei particolari, le variazioni sono nella maggior parte deicasi negative.

Nello specifico la fragola registra il maggior incremento ( +49,6%) che la portada un valore di produzione del 2007 pari a 383 tonnellate a quello attuale di 573tonnellate, anche in questo caso supportata da rese e superfici che aumentano.

Subito dopo si colloca lo spinacio con una variazione in positivo di più del 43%ed in questo caso maggiore importanza assume l’aumento delle superfici ad essodestinate dato che la resa produttiva è in calo rispetto al 2007.

Queste colture sono seguite ad una certa distanza da: fagiolo, cetriolo damensa e valeriana che presentano incrementi che vanno dal 24% al 22%, dovutiprincipalmente all’aumento delle superfici e meno alle rese, dato che la resa delfagiolo cala quasi dell’8%, la valeriana aumenta in maniera insignificante (+0,5%)ed il cetriolo vede, al pari del fagiolo, la resa ridursi (-0,9%).

L’analisi del valore delle produzioni deve essere svolta considerando che i datipresentati provengono da stime differenti da quelle utilizzate per il calcolo disuperfici e produzioni; questo può portare ad alcune discordanze che nonsempre rendono possibile un commento univoco.

Come già accennato in precedenza il valore della produzione orticolalombarda nel 2008 è di circa 246,5 milioni di euro se consideriamo i valori correnti,subendo una flessione, rispetto al 2007 quando era di 269,9 milioni di euro. Nel2008 si verifica una diminuzione della produzione in termini quantitativi dell’8,7%;questo dato mostra un andamento in controcorrente con quello dell’annoprecedente dove si era registrato un aumento dell’8,5%. L’aumento dellaquantità prodotta è stato seguito da una aumento leggerissimo dei prezzi mediche sono saliti dello 0,1%.

Nel 2008 la regione Lombardia incide per il 3,5%, in termini di valore, sul totaledell’Italia, dato che risulta essere il più basso degli ultimi anni. Riferendoci inveceai prezzi di base la produzione orticola ha contribuito per il 3,7% circa nellaproduzione agricola regionale.

Valutando invece la dinamica dei valori delle principali coltivazioni orticole, ilvalore della produzione del pomodoro è stata di 60,1 milioni di euro a prezzicorrenti e di 58 milioni a prezzi concatenati; questo prodotto ha visto dal 2008 al2007 aumentare la sua produzione circa del 16% in termini quantitativi; e del 10%i prezzi, dato in ripresa rispetto all’anno precedente dove a causa del crollo deiprezzi si era registrata una perdita del 18,4%. Andamento inverso invece per ilmelone che mostra una diminuzione del valore scendendo a 35 milioni di euro.

Questa coltivazione assume notevole importanza anche considerando che laproduzione di Melone della regione Lombardia rappresenta il 17% di quellanazionale e contribuisce per il 14,2% alla formazione della Produzione a Prezzi di

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Base (PPB) agricolo regionale.Le insalate si presentano invece con un andamento negativo in termini

quantitativi e positivo sul prezzo; con l’Invidia che perde addirittura il 61% dellaproduzione rispetto al 2007 e guadagna il 9,6% in termini di prezzo.

Il radicchio e la lattuga si presentano con la medesima situazione ma con valoriminori ( - 35% quantità e +2,4% circa sul prezzo per il radicchio e -9,9% e +5,7.

Scendendo ulteriormente nei particolari, si può effettuare un’analisi dellesuperfici utilizzate a livello provinciale.

Mantova si conferma la provincia con la maggiore vocazione orticola con unasuperficie, utilizzata, di 6.517 ettari: le coltivazioni in piena aria contano 5.741 ettariche corrispondono all’88% circa della superficie orticola totale ed il maggiorapporto viene sicuramente dal pomodoro industriale con ben 2.775 ettari che sipresenta in continuo sviluppo grazie anche al fatto di avere attorno a se zonecon elevata presenza di industrie di trasformazione. La seconda coltivazione perimportanza è il melone con 1.690 ettari; più distanziato troviamo il cocomero e lepiante da tubero. La quasi totalità della superficie in serra è invece coltivata amelone che ne rappresenta infatti circa l’84%, mentre le altre colture presentanovalori molto più distanti.

Anche a Cremona, per gli stessi motivi già elencati per Mantova, il prodottoprincipe risulta essere il pomodoro da industria con 2.056 ha destinati alla suaproduzione; seguono poi i legumi freschi (294 ettari) e le piante da tubero (180 ettari).Solo 59 ettari (il 2% circa della superficie orticola cremonese) sono destinati allaproduzione in serra con il maggior contributo assicurato dal melone con 23 ettari.

Con valori decisamente inferiori troviamo la provincia di Pavia e di Brescia. Nelprimo caso la superficie orticola totale ammonta a 1.471 ettari, tutta rivolta allecolture in pieno campo. Il 51% è rappresentato dal pomodoro da industria,seguito ad una certa distanza dalla voce radici e bulbi (412 ettari); con valoriminori compaiono anche le piante da tubero (220 ettari).

La provincia di Brescia, invece, è la terza per superfici destinate alle coltivazioniin serra con un valore di 300 ettari che corrisponde al 28% circa del totale dellearee coltivate in questa provincia. Le colture più diffuse in serra, sono lattuga emelone, con una superficie di 40 ettari per entrambi; segue il radicchio. Lecoltivazioni in pieno campo invece hanno una dimensione pari a 783 ettari conil pomodoro da industria che ne è il maggiore rappresentante (346 ettari); poi sitrovano le piante da tubero e poco dopo, in rapida successione, fusti foglie edinfiorescenze, insalata e melone.

La provincia di Milano colloca la maggior parte delle coltivazioni in pienocampo, con una rilevanza particolare di fusti, foglie ed infiorescenze (590 ettari);con l’insalata che presenta una superficie di 417 ettari.

Stesso discorso vale anche per Lodi che vede poco significativa la propriasuperficie in serra, con quella in piena aria che rappresenta il 99% sul totale; lacoltura più presente è il pomodoro da industria.

Un caso interessante è quello rappresentato dalla provincia di Bergamo chevede la superficie totale, destinata alle orticole. In serra troviamo la valerianache raggiunge quota 172 ettari nel 2008 e più in generale ad altri ortaggi chehanno visto un incremento molto significativo.

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Le provincie di Sondrio, Varese, Lecco e Como presentano valori abbastanzacontenuti; l’unico valore degno di nota è quello legato alla coltivazione dellapatata.

1.2. Il comparto frutticolo

Secondo i dati contenuti nel Siarl le aziende che presentano colture arboreeda frutto nell’anno 2008 sono circa 8.628. La maggioranza concentra la suaproduzione nelle mele (più di 2000 aziende produttrici); un terzo coltiva invece inmodo generico piante arboree da frutto a cui destina una percentuale residuadi superficie (0,4ha/azienda). Le pere vengono prodotte in circa 558 aziende,seguono le pesche (432 aziende) ed infine l’actinidia con un dato di 321 aziende.

Le dimensioni dei frutteti delle aziende della Lombardia sono abbastanzacontenute con un valore che si assesta intorno a 1,44 ha/azienda e con unanotevole varietà delle colture. Tra le principali colture, la più presente risulta esserela pera con una superficie media destinata di 1,66 ha/azienda, passando per lapesca 1,24 ha/azienda ed arrivando alle meno rappresentate albicocche esusine con circa 0,28 e 0,24 ha/azienda.

Nel 2008 poco più di 16.600 azienda hanno coltivato la vite in Lombardia, conuna superficie media destinata di circa 1,39 ha/azienda. La maggioranza (75%),produce vini di qualità che presentano la denominazione DOC e DOCG e condimensioni medie, in termini di superfici, molto più elevate rispetto alle altreaziende viticole che producono uva destinata alla tavola o per vini IGT.

Le aziende facenti parte del primo gruppo sono circa 12.419 e presentano unasuperficie media di 1,74 ha/azienda; seguono le realtà che producono uva pervino IGT ( 2456), ed infine quelle per vino da tavola (892); per entrambe le ultimedue tipologie di aziende indicate la superficie media è inferiore all’ettaro.

Infine abbiamo la coltivazione dell’olivo, pratica che viene espletata da circa1831 aziende, con superfici medie circa dello 0,7%. La quasi totalità delle aziende(98%), destina il prodotto finale alla trasformazione in olio.

Secondo i dati forniti dall’Istat, la superficie Lombarda destinata allacoltivazione di frutta fresca, vite ed olive è composta da poco più di 28.700 ettari.In particolare, nel 2008, la frutta fresca ha visto la superficie ad essa destinatadiminuire del 4%; dato che mantiene il trend avvenuto gli anni precedenti in cuila superficie era diminuita, anche se nel 2007 il calo della superficie è stato moltolimitato (-0,5%).

La tipologia di coltivazione più presente è rappresentata dal melo con 1.853ettari pari al 46% della produzione di frutta fresca totale; questa coltura rimanela maggiore, anche se la sua superficie continua ad essere in calo negli ultimianni. Con 949 ha troviamo il pero, che al pari del melo presenta una superficie incalo; anche se in questo caso va detto che mentre nel 2007 la perdita era stataben di 57ettari, tra il 2007 ed il 2008 la diminuzione si è contenuta in 23 ettari pariad una diminuzione percentuale del 2,4%. La terza coltura in termini di superficiecoltivata è il pesco con 476 ettari che vede aumentare il proprio spazio dai 464ettari del 2007 ai 476 del 2008, recuperando in parte la perdita subita nell’annoprecedente ( -11%) e rappresentando quasi il 12% della superficie a frutta fresca.

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Più distante troviamo l’actinidia con una superficie coltivata di 252 ettari, circa34 ettari in più rispetto all’anno precedente; con una percentuale stimata attornoal 5% di superficie riservata vi sono le colture del ciliegio e del nettarino ed infinecon valori molto più distanti quelle dell’albicocco e del susino.

Rispetto all’anno 2007 si assiste sostanzialmente ad un calo generale dellasuperficie destinata a frutta fresca; sono ben 4 le colture che vedono diminuirela propria coltivazione: melo, pero, albicocco e susino. Mentre kiwi, nettarine,pesche e ciliegie vedono aumentare la superficie ad essi destinata, con il Kiwiche presenta l’incremento maggiore (+16%).

A fronte del calo delle superfici, le produzioni si presentano invece in aumentorispetto all’anno precedente, supportate dalle rese che mediamente aumentano;in termini generali rileviamo che la frutta fresca ha aumentato la sua produzionedel 1,8% passando dalle 92.753 tonnellate prodotte nel 2007 alle 94.450 del 2008,con valori che si riavvicinano, ma no raggiungono, i livelli dell’anno 2006 erecuperano in parte la perdita subita tra 2006 e 2007.

La Lombardia, dai dati emersi nell’anno 2008, rappresenta circa l’1,6% dellaproduzione di frutta fresca dell’ Italia. Nel comparto frutta fresca, il prodotto chesubisce la maggiore variazione in termini positivi è il Kiwi che vede aumentare laproduzione del 21% con una resa ad ettaro che aumenta del 5%. A breve distanzasi trova il nettarino che passa dalle 3416 tonnellate prodotte nel 2007 alle 4031 del2008 corrispondenti ad un aumento percentuale del 18%; anche in questo casol’aumento produttivo è favorito dall’aumento della superficie ad esso destinato (+3%) e di quello delle rese (+15%). Con una percentuale maggiore del 12%, ilpesco vede la sua produzione aumentare di 1153 tonnellate, aumentano anchele rese nonché le superfici. Infine con valori inferiori si trova il melo, il cui aumentoproduttivo è da ricercarsi principalmente nell’aumento delle rese produttive, datoche le superfici ad essi destinate, tra il 2007 ed il 2008 sono diminuite.

Se si considera come, queste colture, si suddividono tra le varie provincie,vediamo che la provincia con la maggior produzione di frutta fresca è Mantovacon 30.222 tonnellate prodotte nel 2008, seguita da Sondrio con 39.263 t e piùdistaccata Brescia con 8.666.

Sondrio si conferma, anche nel 2008, la maggior produttrice di mele dellaLombardia con una percentuale che si assesta intorno al 73 % del totale dellemele prodotte in questa regione.

Le altre due provincie che contribuiscono in maniera consistente, anche senettamente inferiore rispetto a quanto visto per Sondrio, alla produzione di melelombarda sono Mantova con 6270 tonnellate prodotte e Pavia con 5412.

Per quanto riguarda le pere invece la maggiore produzione si verifica nellaprovincia di Mantova con 13.772 tonnellate; molto staccata troviamo Cremonache ne produce 1.518 t. e che presenta una certa diminuzione, portando cosi lasua produzione vicino a quella di altre provincie come Pavia e Brescia.

La produzione di pesche si concentra invece tra le provincie di Mantova e diBrescia, con rispettivamente 4.650 tonnellate per la prima e 3.845 per la seconda.

L’ultimo prodotto preso in considerazione è l’actinidia che vede nella provinciadi Mantova la sua maggiore espressione con una produzione di 2.880 tonnellate,

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mentre le altre provincie presentano valori molto inferiori.In conclusione, dalla situazione che si è delineata, in precedenza, la

frutticoltura in Lombardia occupa una superficie abbastanza ridotta e la maggiorparte di questa è dedicata sostanzialmente alla produzione di due tipologie diprodotti: le mele e le pere.

Per le mele le provincie con maggiore produzione sono Sondrio (38.512tonnellate), Mantova (6.270 t) e Pavia (5.412 t). Le pere invece vedono laprovincia di Mantova come prima produttrice con 13.772 tonnellate nel 2008seguita da Cremona con 1.518 tonnellate e Pavia 1.342 (t).

Nella provincia di Sondrio la produzione di mele è concentrata principalmentenell’area della Valtellina dove operano tre cooperative: Ortofrutticola di Pontein Valtellina, Frutticoltori Villa di Tirano e Ortofrutticola Alta Valtellina, che sonoriunite nella OP Consorzio Tutela Mele di Valtellina, che a sua volta opera sotto ilmarchio Melavì.

I produttori che aderiscono a questa OP sono ben 889 rappresentando cosi il62% della superficie coltivata a mele nella provincia considerata.

Nel 2007 sono state conferite dai soci più di 31200 tonnellate di prodotto checorrispondono circa all’85% della produzione provinciale totale; sempre nel 2007Melavì ha commercializzato oltre 27.700 (t) di prodotto fresco ( 75% di quelloimmesso sul mercato).

I principali canali di commercializzazione del prodotto fresco sono da ricercarsinella grande distribuzione e dalla GDO che ha assorbito il 60% circa del totalecommercializzato fresco.

La commercializzazione dei prodotti destinati all’industria avviene solo sulterritorio nazionale dove si producono succhi di frutta e purea.

Per le pere invece la filiera produttiva si avvale delle OP C.or.ma e Bellaguardanonché della cooperativa Sicopom.

Le prime due Op hanno commercializzato più di 7.000 tonnellate di prodottonell’anno 2007 (corrispondente al 52% circa del totale delle pere che sono stateprodotte in provincia di Mantova. Anche in questo caso il principale canale perla commercializzazione è formato dalla grande distribuzione e dalla distribuzioneorganizzata che assorbono ben l’89% del prodotto fresco; il 7% viene invecedestinato all’esportazione.

I principali mercati, per la frutta lombarda, risultano essere quelli di Milano eMantova, dove vengono quotate mele e pere di produzione regionale; anche seè interessante far notare che poi solo pochi prodotti, sul totale, vengono vendutiin questi mercati dove rivestono un’importanza modesta (soprattutto a Milano).

1.3. Il commercio con l’estero regionale

Riferendoci al comparto ortofrutta la Lombardia, nel 2008, rappresenta il 22%delle importazioni italiane in termini quantitativi ed il 21% in termini di valore;mentre per le esportazioni, il peso della Lombardia è del 7% sulle quantità e del6,7% sul valore.

La Lombardia è anche la regione che, in termini generali, presenta il maggiorgrado di apertura agli scambi internazionali ed il 70% di questi scambi vienerealizzato principalmente in Europa, che rappresenta il principale mercato di

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sbocco della produzione lombarda, ed allo stesso tempo il suo principale fornitore.La diversa proporzione che si nota tra import ed export, può essere facilmente

spiegata considerando che da un lato la Lombardia è una regione prettamentetrasformatrice, che quindi importa materie prime e semi-lavorati e riesportaprodotti finiti e a maggiore valore aggiunto; inoltre essa rappresenta uno deiprincipali mercati di consumo in ambito europeo.

Nell’anno 2008, le quantità totali di prodotti importati dalla regione Lombardia(frutta, legumi ed ortaggi e agrumi) sono state pari a circa 693 migliaia ditonnellate con un aumento rispetto all’anno precedente circa del 4%; in aumentosi presenta anche il valore delle importazioni ( + 4%) con un dato che supera, nel2008, i 542 milioni di euro.

Le quantità esportate nel 2008 di ortofrutta sono state invece pari a 253,5migliaia di tonnellate per un valore corrispondente a 246,6 milioni di euro; inentrambi i casi si nota un calo rispetto all’anno precedente, -5% nel primo casoe -1,16% nel secondo.

Prima di addentrarsi nell’analisi specifica dei reparti è interessante esaminarel’evoluzione delle importazioni ed esportazioni dei diversi comparti in relazionead alcuni bienni presi in considerazione ed anche verificando il diverso peso cherivestono le categorie prese in esame.

Partendo dalle importazioni ciò che si nota maggiormente è che il trend sipresenta in crescita e nel 2008 le quantità importate sono aumentate del 22%rispetto alla media del biennio 2003-2004; la componente che presenta il pesomaggiore si conferma essere la frutta fresca, che è anche quella che ha fattoregistrare il maggior incremento rispetto alla media dell’ultimo biennio considerato(+ 48,2%); seguono poi i legumi e gli ortaggi freschi che nel 2008 vedono salire lequantità importate fino ad un valore di quasi 166 migliaia di tonnellate; con unaumento percentuale rispetto alla media del biennio 2003-2004 del 2% circa.

Con una quota inferiore si trovano gli agrumi che vedono calare di poco il lorovalore rispetto al biennio indicato in precedenza, che è anche quello chepresenta il valore più elevato della serie considerata.

Seguono poi con valori decisamente inferiori la frutta secca ed i legumi edortaggi secchi; in quest’ultimo caso si nota un calo sensibile delle quantitàimportate rispetto alla media del biennio 2003-2004 con un valore che scendeben del 68% e che contribuisce a rendere negativo anche il valore totale delcomparto.

Il valore delle importazioni si mostra invece in costante crescita ed il dato fattoregistrare nell’anno 2008 si presenta superiore rispetto a quello di ciascuno dei trebienni presi in considerazione; con il peso dei diversi comparti che rimane ugualea quello indicato in precedenza.

In particolare per la frutta fresca il valore si aggira intorno ai 309 milioni di eurocon un aumento del 21% circa.

La categoria che vede invece aumentare il suo valore in maniera maggiore,rispetto alle altre, è quella della frutta secca che incrementa del 31% rispetto albiennio 2003-2004 e raggiunge cosi il valore di 32,6 milioni di euro.

In termini generale tutti i comparti, nel 2008, vedono aumentare il proprio valoredelle importazioni ad eccezione dei legumi ed ortaggi secchi che si presentano

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in controtendenza perdendo più del 4%, perdita che risulta inferiore rispetto aquelle che si registrano confrontando il valore dell’anno 2008 con quello mediodei bienni 1998-1999 e 2000-2001.

Le esportazioni, in termini quantitativi, presentano un trend altalenante con ilbiennio 2000-2001 che presenta una quantità di prodotti ortofrutticoli esportatimaggiore rispetto al biennio 1998-1999, il biennio 2003-2004 vede diminuire lequantità esportate del 13% rispetto al biennio precedente e del 6% rispetto aquello del 1998-1999; infine l’anno 2008 vede un aumento delle quantitàesportate con un valore registrato di 253,5 migliaia di tonnellate ed un aumentorispetto al biennio 2003-2004 di circa 18 punti percentuali.

L’anno 2008 si presenta però con valori inferiori rispetto all’anno 2007 con i soliagrumi che aumentano, anche se di poco, le proprie esportazioni. I diversicomparti si distribuiscono in modo identico a quanto visto per le importazioni.

Il comparto frutta fresca è il principale con 147 migliaia di tonnellate esportate,seguono i legumi ed ortaggi freschi con 97,5 migliaia di tonnellate ed infine gliagrumi (7,4 migliaia di tonnellate); quasi insignificante le quantità esportate dilegumi ed ortaggi secchi e di frutta secca.

Ragionando invece sul valore delle esportazioni, si assiste ad un suo aumentorispetto al biennio 2003-2004 con valori abbastanza elevati per tutti i reparti, inparticolare la frutta secca mostra un incremento ben del 41% arrivando ad unvalore di 2,1 milioni di euro e recuperando in parte le perdite fatte registrare neidiversi anni, la frutta fresca incrementa invece del 37% con un valore 2008 di 119,2milioni di euro.

La frutta fresca rimane sempre il comparto con il valore più elevato, ma ladistanza con i legumi ed ortaggi freschi si assottiglia notevolmente; gli agrumi con5,7 milioni di euro nell’anno 2008 si collocano al terzo posto seguono frutta seccaed infine legumi ed ortaggi secchi.

Tra gi anni 2004, 2005 e 2006 si assiste ad una leggera flessione del valore delleesportazioni, che tornano poi a crescere nell’anno 2007; l’anno 2008 vedeancora una leggere diminuzione rispetto al 2007 ma con valori comunquesuperiori a quelli fatti registrare nei tre anni precedenti.

La breve illustrazione della situazione generale esposta in precedenza mostrala bilancia commerciale della Lombardia in deficit per 439 migliaia di tonnellateper un valore corrispondente di 296 milioni di euro.

Dal lato delle esportazioni, le quantità totali di legumi ed ortaggi esportatedalla regione Lombardia sono, nel 2008, pari a 98,4 migliaia di tonnellate, di cuila quasi totalità costituita da legumi ed ortaggi freschi; il valore di tale esportazionisi aggira sui 119,6 milioni di euro, con un calo rispetto all’anno precedente del3,5%. Il trend mostra il valore massimo nell’anno 2001 (114 migliaia di tonnellate)segue una fase di diminuzione delle quantità esportate fino all’anno 2006, l’anno2007 presenta un dato in crescita (+ 23%) e l’anno 2008 presenta una diminuzionedel -11,4% rispetto all’anno 2007. Considerando invece il valore delle esportazioni,il dato maggiore lo si trova nell’anno 2007 con 123,9 milioni di euro.

Le quantità esportate dalla Lombardia di legumi ed ortaggi pesano quasi peril 10% sul totale delle esportazioni italiane del medesimo comparto e per il 12,4%sul dato in valore.

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Per i legumi ed ortaggi freschi le quantità esportate registrano il valoremaggiore nell’anno 2001 con quasi 113 migliaia di tonnellate, in seguito si assistead una fase di declino delle esportazioni fino all’anno 2005 dove con 69,9 migliaiadi tonnellate si presenta il valore più basso del periodo considerato; i due annisuccessivi vedono una crescita delle quantità esportate e poi nel 2008 vi è unaulteriore diminuzione (-11%).

Oltre alla categoria altri legumi ed ortaggi che vede nel 2008, 53 migliaia ditonnellate esportate, il prodotto maggiormente esportato dalla Lombardiarisultano essere i cavoli e cavolfiori con 26 migliaia di tonnellate, con un dato chesi presenta in diminuzione rispetto al 2007, ma che costituisce comunque il 27%del totale delle importazioni della Lombardia ed il 18% di quelle italiane di legumied ortaggi freschi; anche in termini di valore questo prodotto è quello piùesportato con 26,3 milioni di euro, ma con un valore che perde quasi il 18%rispetto all’anno passato quando si era registrato il valore più alto della serie; ilpeso sull’Italia è del 23,5%.

Un valore decisamente inferiore presentano i pomodori di cui ne vengonoesportati quasi 7 migliaia di tonnellate ed un valore che si presenta in crescitarispetto a quello dei cinque anni precedenti. Il valore del suddetto prodotto è di9,2 milioni di euro e conferma il trend di crescita degli ultimi anni.

Con un dato di poco inferiore ai pomodori si trovano le carote (5,5 migliaia ditonnellate esportate nell’anno 2008), con un trend che vede le quantitàesportate diminuire negli ultimi due anni considerati; nel 2008 fanno inoltreregistrare il valore più basso di sempre con 3,3 milioni di euro di esportazioni.

Per i legumi ed ortaggi secchi, le quantità esportate sono molto basse con unaquantità complessiva nel 2008 di 0,8 migliaia di tonnellate e che si presentainferiore del 36% rispetto all’anno 2007 quando era di 1,3 migliaia di tonnellate,ed un valore di 1,3 milioni di euro.

Nell’anno 2008 le importazioni di frutta della regione Lombardia sono state paria 433 migliaia di tonnellate, queste contribuiscono per circa il 28% alla quantitàtotale delle importazioni di frutta italiane; il valore di tale importazioni è nel 2008di 342 milioni di euro con un aumento, rispetto all’anno precedente del 5,2% econ l’ultimo dato registrato che risulta essere il più elevato dal 1998.

Il settore frutta fresca occupa il 97% del valore totale del comparto la restanteparte è composta dalla frutta secca. Le quantità importate di frutta fresca nel2008 sono state pari a 421 migliaia di tonnellate con una aumento rispetto al2007 di circa 8 punti percentuali e con il valore 2008 che si presenta come il piùalto di sempre escluso l’anno 2006 quando era pari a 425 migliaia di tonnellate,medesima analisi può essere svolta dal lato del valore con un dato 2008 di 309,4milioni di euro.

Nella frutta fresca il prodotto che riveste il ruolo maggiore sono le banane con232 migliaia di tonnellate importate ed un valore di 123 milioni di euro. In terminiquantitativi il dato 2008 si presenta come il più elevato degli ultimi dieci anni esubisce un incremento, rispetto al 2007, circa dell’11%; mentre in termini di valorenel 2008 troviamo il dato che si avvicina in maniera maggiore al massimo valoredelle importazioni che si era verificato nell’anno 1998.

Questo prodotto costituisce da solo il 55% delle quantità totali di importazioni

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di frutta fresca e contribuisce per il 33% alla formazione del valore nazionale delleimportazioni di banane.

Seguono gli ananassi che vedono le quantità maggiori registrate nel’anno 2006e poi negli anni successivi un trend in calo che mostra nel 2008 una quantità diimportazioni pari a 69,3 migliaia di tonnellate, di poco inferiore al dato 2007,anche per il valore il trend degli ultimi anni si presenta in calo e nel 2008 il valoredegli ananassi è di 44 milioni di euro. Notevole è il peso di questo prodotto sul datonazionale delle importazioni di ananassi (46,4% sulle quantità e 45% sul valore).

Considerando le quantità, gli ananassi sono seguiti dalla categoria cocomerie meloni con circa 32 mila tonnellate, dato che si presenta in crescita dopo i caliavvenuti negli anni 2006 e 2007. In termini di valore invece la categoria inquestione si classifica al 7° posto con un valore di 15,5 milioni di euro, in aumentorispetto all’anno precedente. Anche per questa categoria le importazioni dellaLombardia rivestono un peso importante sul dato italiano costituendone circa il41% sulle quantità ed il 39% sul valore.

Con 21 migliaia di tonnellate di prodotti importati si trovano le pere con untrend, simile a quello degli ananassi e che vede nel 2008 un dato di pocosuperiore a quello del 2007; assistiamo invece ad un valore nel 2008 di 18 milionidi euro che aumenta rispetto a quelli dei tre anni precedenti.

Poi vi sono le pesche con un dato di 15,7 migliaia di tonnellate, poco inferiorea quello del 2007 e con un peso sul dato nazionale del 24% circa, il valore di taleimportazioni è di 20,4 milioni di euro e si presenta in linea con quello dell’annoprecedente; il peso sul dato totale del valore è del 28% circa. Infine si trovanofragole e piccoli frutti con un quantità di circa 9,7 migliaia di tonnellate importatenel 2008, ma un valore corrispondente di ben 26 milioni di euro ed un trend increscita costante; l’aumento rispetto al 2007 è del 7%.

La frutta secca vede nel 2008 una quantità quasi identica a quella del 2007(12 migliaia di tonnellate), ed in calo rispetto al 2006 dove si colloca il valoremassimo dei dieci anni considerati. Il peso delle importazioni di frutta secca dellaLombardia sulle importazioni di frutta secca italiane è dell’8% in quantità e del6,6% in valore.

La Lombardia, nel 2008, costituisce il 6% delle quantità di frutta esportatedall’Italia, dato che segnala un buon aumento del peso della Lombardia sul datoitaliano e che risulta essere il più elevato degli ultimi dieci anni; in termini di valorela quota è del 4,8%, in calo rispetto all’anno precedente.

Le esportazioni di frutta fresca del 2008 sono state pari a quasi 148 migliaia ditonnellate per un valore di 119,2 milioni di euro, dato di poco inferiore a quellodel 2007; la frutta secca si ferma a circa 0,6 migliaia di tonnellate ed un valorecorrispondente a 2,1 milioni di euro.

Nel comparto frutta fresca le banane risultano essere il prodotto maggiormente(ri)esportato con un dato di quasi 76 migliaia di tonnellate, il valore si aggiraintorno ai 53 milioni di euro ed un dato che è il più elevato dal 1998; sia in terminiquantitativi che di valore la Lombardia contribuisce al dato delle esportazioniitaliane per ben il 71%.

Gli altri prodotti principali, spiegati in seguito, presentano valori abbastanzasimili tra loro ma che si distanziano notevolmente da quelli indicati in precedenza.

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Il secondo prodotto maggiormente esportato sono i cocomeri ed i meloni chevedono con 19 migliaia di tonnellate esportate il loro trend in salita, nonché ilvalore più alto fatto registrare nei dieci anni considerati, anche in valore il 2008presenta il dato più elevato ( 11,2 milioni di euro), pesando per il 21% circa suldato italiano. Con 11 migliaia di tonnellate esportate si trova l’uva da tavola conun dato che perde, rispetto all’anno 2007, circa il 41% di quantità esportate, ilvalore del 2008 cala ben del 40,5% rispetto all’anno precedente scendendo a14,3 milioni di euro.

Con una quantità di poco inferiore (10,9 migliaia di tonnellate), ed un valore di7,4 milioni di euro, troviamo gli ananassi che confermano il trend, in continuoaumento, degli ultimi anni e che vedono nell’ultimo anno registrarsi il valore piùelevato. Notevole è anche il peso delle esportazioni di questo prodotto su quelleitaliane con un dato di poco più del 59%.

La graduatoria dei prodotti maggiormente esportati si chiude con le mele chevedono nell’anno 2008 diminuire la quantità esportata di circa 29 puntipercentuali arrivando ad un dato di 10,2 migliaia di quantità esportate; il valoredi 6,6 milioni di euro che perde più del 44% rispetto all’anno precedente.

Le quantità di frutta secca, come indicato in precedenza, sono veramenteesigue; il trend vede sostanzialmente un calo delle esportazioni rispetto al datomassimo dell’anno 1998 ed un peso sul dato totale italiano che scende all’1%, invalore vi è una piccola ripresa nell’anno 2008 con 2,1 milioni di euro registrati.

Il saldo del comparto frutta della regione Lombardia si presenta negativo. Nel2008, la differenza tra export ed import, raggiunge una quantità di 285,3 migliaiadi tonnellate ed un valore di 220,7 milioni di euro. Questi dati fanno si che ilcomparto frutta sia quello che contribuisce in maniera preponderante al saldofinale negativo della regione Lombardia sia in termini quantitativi che di valore.

1.4. La IV gamma

Il comparto della IV gamma, cioè quello delle insalate e degli ortaggi preparatie pronti per il consumo fresco, è forse uno dei più chiari ed evidenti esempi dicome, anche in un settore sostanzialmente maturo come quello alimentare vipossano essere casi di innovazione che aprono spazi di mercato completamentenuovi e con forti potenziali di crescita.

Così, mentre il comparto ortofrutticolo tradizionale registra consumi intendenziale diminuzione, tanto che anche l’Unione Europea ha previsto lapossibilità di cofinanziare, nell’Ocm ortofrutta, iniziative volte a sostenere iconsumi, i prodotti di IV e V gamma continuano a far registrare una crescitaparticolarmente significativa.

Anche se i dati in questo caso sono difficili da ottenere o da stimare, sia a causadelle tecnologie utilizzate a livello di produzione agricola che prevedono lapossibilità di numerosi raccolti per anno, sia per la differente e variabilecomposizione dei mix di prodotti confezionati e venduti, negli ultimi dieci anni (trail 1998 ed il 2008) le quantità acquistate dei prodotti di IV gamma sarebberoaumentate ben del 200% in decisa controtendenza con i consumi di ortofruttafresca. Il nostro Paese rappresenta ormai il secondo mercato europeo dopoquello del Regno Unito ma, sembra, prima di quello francese.

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Il punto di partenza, come accennato, è stato l’incontro tra innovazionetecnologica e identificazione, con gli strumenti del marketing strategico, diun’area di business completamente nuova e con grande potenziale. Non v’èdubbio, infatti, che da un lato la domanda potenziale di prodotti ortofrutticolifosse importante e andasse ben al di là di quella effettivamente espressa,soprattutto sui mercati del prodotto tradizionale. La crescente attenzione agliaspetti salutistici e dietetici, infatti, in questo caso si è incontrata con tecnologieche hanno permesso di superare il vincolo principale alla crescita dei consumi:quello del fabbisogno di tempo per la preparazione.

La possibilità di acquistare un prodotto che riesce a rispondere bene alle nuoveesigenze dei consumatori sia in termini di qualità elevata che di grande praticitàdi impiego, ha fatto letteralmente “esplodere” i consumi.

Nella fasi di forte crescita sperimentate da questo comparto negli ultimi anni,come spesso avviene specie nel settore alimentare, si assiste anche ad unaumento del numero di produttori, attratti dalle nuove opportunità di business ereso possibile dal fatto che le tecnologie sono rese disponibili sul mercato e sipossono diffondere facilmente, anche se inizialmente soprattutto ad un livelloterritoriale definito.

Il comparto della IV gamma si è sviluppato in Italia, e soprattutto in Lombardia,trainato soprattutto da un forte sviluppo della domanda interna. Progressivamentei prodotti hanno conquistato spazi crescenti, anzitutto nella GDO e successivamenteanche nel dettaglio tradizionale, per giungere ormai anche ai discount in misuraimportante. Ma il mercato ha visto un forte sviluppo anche nell’area del catering ein generale dell’HoReCa (cioè della ristorazione e dei pasti fuori casa).

Più recentemente, la crescita dei consumi, dopo aver interessato soprattutto ilnord del Paese, si sta ora spostando nelle regioni del sud, fatto che si può legareanche alla crescente e più recente diffusione della distribuzione moderna, oltreche alle notevoli performance fatte registrare dai prodotti a marchio, sia delproduttore che dell’insegna, che dall’inserimento dei primi prezzi.

Tuttavia, anche se con talune eccezioni importanti, il mercato sembra ormaiavvicinarsi alla maturità: gli aumenti vorticosi della domanda in terminiquantitativi sembrano ormai alle spalle, mentre la concorrenza tra le impresetende ad aumentare sensibilmente e le aree geografiche inizialmente “scoperte”come quelle dell’Italia centro-meridionale, sono state raggiunte sia da nuoviproduttori locali che da produzioni provenienti da altre parti del Paese.

Gli elementi fin qui ricordati consentono di comprendere la ragioni della forteconcentrazione territoriale delle imprese, sia agricole che di lavorazione,trasformazione e commercializzazione in aree geograficamente limitate, inparticolare proprio nell’area lombarda compresa tra Milano, Bergamo e Brescia.

Il più facile accesso alle tecnologie innovative, un tessuto produttivo giàfortemente industrializzato, la disponibilità dei capitali necessari per far decollarenuove iniziative imprenditoriali relativamente intensive di capitali, soprattutto dalpunto di vista agricolo (serre), contribuiscono a spiegare la nascita e lecaratteristiche delle prime fasi di vita di questo “nuovo” comparto.

Un altro aspetto di particolare rilevanza per queste filiere è, appunto, lacapacità di strutturarsi come tali, dalla produzione agricola organizzata alla fasedella trasformazione, privata o cooperativa che sia. Una filiera della IV gamma

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forte e competitiva richiede infatti sia aziende agricole impegnate in questocomparto con buone capacità professionali e disponibilità di risorse, che impresedi trasformazione altrettanto forti e dinamiche.

Nonostante i cambiamenti verificatisi nel corso dell’ultimo anno, il settorepresenta ancora una forte differenza tra l’andamento dei prezzi ex-fabbrica e diquelli al consumo, la cui causa è da ricercare principalmente negli elevatimargini applicati dalla distribuzione su questi prodotti, giustificati, almeno in partedagli elevati costi di gestione dei prodotti dovuti principalmente al rispetto dellacatena del freddo e dalle basse rotazioni.

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Tab. 1.1. Le principali produzioni ortofrutticole in Italia

Prodotti ANNO 2007 � ANNO 2008Var %prod.

Sup. (h5a) Prod. (t) Sup. (ha) Prod. (t) 08/07

Agrumi 166.299 3.892.624 164.790 3.548.440 -8,84Arance 102.301 2.527.453 99.965 2.223.800 -12,01Limoni 27.398 556.417 27.724 532.193 -4,35Mandarini 9.440 142.759 9.029 140.437 -1,63Clementine 25.320 643.360 28.072 652.010 1,34Altri agrumi 1.840 22.635 - - -

Frutta Fresca 505.089 7.413.746 492.301 7.243.120 -2,30Mele 56.129 2.224.111 52.609 2.164.030 -2,70Pesche e nettarine 86.017 1.630.436 86.062 1.589.118 -2,53Uva da tavola 68.250 1.354.363 70.871 1.368.255 1,03Pere 37.940 855.413 39.011 811.439 -5,14Kiwi 21.736 417.106 21.924 451.608 8,27Albicocche 16.308 214.573 17.370 205.493 -4,23Susine 12.596 184.833 13.081 183.955 -0,48Mandorle 79.621 112.645 79.094 118.723 5,40Ciliegie 28.868 106.189 28.900 134.387 26,55Nocciole 70.730 128.231 69.403 111.841 -12,78Altra frutta fresca 26.894 185.846 13.976 104.271 -43,89

Ortaggi 555.022 15.555.195 537.699 15.177.295 -2,43Pomodoro da industria 94.346 5.260.753 88.389 4.870.203 -7,42Patata (piante da tubero) 69.943 1.789.629 70.984 1.611.986 -9,93Pomodori 30.954 1.269.409 27.087 1.106.709 -12,82Popone o Melone 25.947 616.664 28.200 655.951 6,37Carote 12.852 565.302 12.799 594.851 5,23Finocchi 23.457 551.537 21.229 523.443 -5,09Zucchine 17.026 531.905 16.582 518.964 -2,43Lattuga 22.032 485.636 20.825 468.080 -3,62Cocomeri 11.068 434.464 11.091 434.602 0,03Carciofi 50.120 474.283 49.952 483.561 1,96Broccoli 18.352 410.571 17.924 416.257 1,38Cipolle 12.959 371.452 13.045 390.019 5,00Melanzane 12.991 334.966 11.307 332.814 -0,64Cavoli 17.626 330.524 18.110 344.721 4,30Radicchio 15.452 241.861 13.584 217.156 -10,21Invidia ( riccia e scarola) 11.222 221.871 10.832 230.920 4,08Fagioli e fagiolini 22.130 205.729 21.041 197.427 -4,04Broccoletti di rapa 9.674 135.158 9.213 139.762 3,41Fragole 6.033 160.558 6.409 155.583 -3,10Piselli 11.805 77.449 12.843 82.047 5,94Cetrioli da mensa 1.801 64.352 1.718 66.791 3,79Fave fresche 9.792 59.137 9.547 57.735 -2,37Asparagi 6.588 45.202 5.615 37.363 -17,34Altri ortaggi 40.852 916.783 39.373 1.240.350 35,29Totale legumi secchi 6.957 153.719 78.064 154.219 0,33Ortofrutta 1.303.367 27.015.284 1.272.854 26.123.074 -3,30

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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20

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Tab. 1.3. Superficie delle colture orticole in Lombardia (ha)

2007 2008 Var. % 2008/2007In piena In In piena In In piena In

aria serra aria serra aria serra

Lombardia:Patate 1.936 - 1.139 - -41 -Altri ortaggi 27 29 28 387 4 1.240Asparago - 3 28 3 - 0Basilico - 15 - 17 - 18Bietole 54 20 54 21 0 3Broccoletto di rapa 2 - 2 - 0 -Carota e pastinaca 17 0 17 0 0 0Cavolfiore e cavolo broc. 56 - 65 - 16 -Cavoli 155 - 145 - -6 -Cetriolo da mensa 5 11 6 14 20 24Cipolla 459 - 500 - 9 -Cocomero 924 98 754 101 -18 4Fagiuolo e fagiolino 204 18 106 24 -48 34Finocchio 15 2 15 2 0 0Fragola 1 17 - 25 - 49Insalata 854 219 856 241 0 10Melanzana 42 10 41 11 -2 17Peperone 28 17 27 19 -4 8Pisello 215 - 318 - 48 -Pomodoro 138 61 152 67 10 9Pomodoro da industria 5.751 - 6.561 - 14 -Popone o Melone 1.601 711 1.880 714 17 0,4Prezzemolo 18 25 17 26 -6 2Rapa 3 - 3 - 0 -Ravanello 2 14 2 15 0 4Sedano 38 8 34 8 -11 3Spinacio 67 37 45 54 -33 47Valeriana - 158 - 192 - 22Zucchina 467 28 510 30 9 7Totale orticole 11.143 1.500 12.166 1.971 9 31Totale patate e ortaggi 13.079 1.500 13.305 1.971 2 31

Italia:Totale patate e ortaggi 522.997 31.586 507.597 30.103 -2,94 -4,70Lombardia/Italia % 2,5% 5,1% 2,6% 6,5%

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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Tab. 1.4. Produzioni raccolte delle colture orticole in Lombardia (in tonnellate)

2007 2008 Var. % 2008/2007In piena In In piena In In piena In

aria serra aria serra aria serra

Lombardia:Patate 63.044 - 34.673 - -45,00 -Altri ortaggi 675 1.426 264.905 19.298 39.145,19 1.253,30Asparago - 108 125 108 - 0,00Basilico - 462 - 471 - 1,99Bietole 1.924 902 1.991 934 3,48 3,55Broccoletto di rapa 62 - 62 - 0,00 -Carota e pastinaca 404 5 404 5 0,00 0,00Cavolfiore e cavolo broc. 1.166 - 1.365 - 17,07 -Cavoli 4.920 - 4.675 - -4,98 -Cetriolo da mensa 91 953 104 1.174 14,29 23,20Cipolla 17.141 - 18.534 - 8,13 -Cocomero 40.875 4.256 33.126 4.403 -18,96 3,44Fagiuolo e fagiolino 1.127 547 592 677 -47,46 23,77Finocchio 311 60 311 60 0,00 0,00Fragola - 383 - 573 - 49,63Insalata 19.835 10.293 20.051 10.843 1,09 5,35Melanzana 1.378 286 1.400 329 1,60 15,24Peperone 650 649 628 705 -3,38 8,63Pisello 1.473 - 2.063 - 40,02 -Pomodoro 7.903 5.474 8.646 5.921 9,40 8,18Pomodoro da indus. 389.006 - 451.674 - 16,11 -Popone o melone 45.677 24.643 53.275 24.717 16,63 0,30Prezzemolo 705 630 735 645 4,26 2,33Rapa 84 - 84 - 0,00 -Ravanello 54 487 54 502 0,00 3,08Sedano 756 310 669 315 -11,51 1,61Spinacio 980 1.591 838 2.283 -14,52 43,49Valeriana - 7.461 - 9.127 - 22,32Zucchina 11.244 2.127 12.210 2.291 8,59 7,70Totale orticole 548.440 63.050 878.521 85.378 60,19 35,41Totale patate e ortaggi 611.484 63.050 913.194 85.378 49,34 35,41

Italia:Totale patate e ortaggi 14.064.410 1.490.573 13.671.107 1.506.189 -2,80 1,05Lombardia/Italia % 4,3% 4,2% 7% 6%

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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Tab. 1.5. Rese delle colture orticole in Lombardia (in t/ha)

2007 2008 Var. % 2008/2007In piena In In piena In In piena In

aria serra aria serra aria serra

Lombardia:Patate 32,6 - 30,4 - -6,5 -Altri ortaggi - - - - - -Asparago - 40,0 4,5 40,0 - 0,0Basilico - 31,4 - 27,2 - -13,6Bietola da costa 35,6 45,1 36,9 45,3 3,5 0,6Broccoletto di rapa 31,0 - 31,0 - 0,0 -Carota e pastinaca 23,8 50,0 23,8 50,0 0,0 0,0Cavolfiore e cavolo broc. 20,8 - 21,0 - 0,9 -Cavoli 31,7 - 32,2 - 1,6 -Cetriolo da mensa 18,2 84,3 17,3 83,5 -4,8 -0,9Cipolla 37,3 - 37,1 - -0,7 -Cocomero 44,2 43,7 43,9 43,6 -0,7 -0,1Fagiuolo e fagiolino 5,5 30,1 5,6 27,7 1,1 -7,9Finocchio 20,7 24,8 20,7 24,8 0,0 0,0Fragola - 22,7 - 22,7 - 0,3Insalata 23,2 47,1 23,4 45,1 0,9 -4,3Melanzana 32,8 29,4 34,1 28,9 4,1 -1,8Peperone 23,2 37,7 23,3 37,8 0,2 0,3Pisello 6,9 - 6,5 - -5,3 -Pomodoro 57,3 89,3 56,9 88,8 -0,7 -0,5Pomodoro da industria 67,6 - 68,8 - 1,8 -Popone o melone 28,5 34,7 28,3 34,6 -0,7 -0,1Prezzemolo 39,2 25,0 43,2 25,0 10,4 0,0Rapa 28,0 - 28,0 - 0,0 -Ravanello 27,0 34,3 27,0 33,8 0,0 -1,3Sedano 19,9 39,2 19,7 38,8 -1,1 -0,9Spinacio 14,6 43,5 18,6 42,4 27,3 -2,5Valeriana - 47,3 - 47,5 - 0,5Zucchina 24,1 76,0 23,9 76,2 -0,6 0,3

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat.

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Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

Tab. 1.6. Superfici delle colture orticole nelle provincie lombarde nel 2008 (in Ha)

Coltura BG BS CO CR LC LO MN MI PV SO VAIn piena aria 321,0 783,0 112,0 3.066,0 19,0 696,0 5.741,0 878,0 1.471,0 168,0 50,0 - Frutti 71,0 494,0 - 2.413,0 - 592,0 5.326,0 193,0 839,0 - 3,0

di cui: Cocomero - - - 124,0 - - 628,0 2,0 - - -Pomodoro - 346,0 - 2.056,0 - 570,0 2.775,0 58,0 756,0 - -da industriaMelone 4,0 100,0 - 80,0 - 5,0 1.690,0 1,0 - - -

- Fusti foglie e 152,0 126,0 - 168,0 16,0 88,0 130,0 590,0 - 7,0 14,0infiorescenzedi cui: Insalata 46,0 116,0 - 93,0 16,0 61,0 107,0 417,0 - - -

- Legumi freschi 55,0 3,0 - 294,0 - - 19,0 53,0 - - -- Piante da tubero 23,0 151,0 112,0 180,0 3,0 - 230,0 26,0 220,0 161,0 33,0- Radici e bulbi 20,0 9,0 - 11,0 - 16,0 36,0 16,0 412,0 - -

Ortaggi in serra di cui: 717,0 300,0 5,0 58,8 17,5 8,5 776,1 81,0 0,0 0,07,1- Lattuga 81,0 40,0 - 6,0 5,7 0,2 14,0 9,5 - - 1,0- Radicchio 31,0 22,0 - 5,0 - - - 9,5 - - 0,6- Indivia - - - 1,0 - - 12,0 2,2 - - -- Valeriana 172,0 18,0 - - - - 1,8 - - 0,3- Popone o Melone - 40,0 - 23,0 - - 650,0 0,5 - - -

- Zucchine 6,0 16,0 - - 0,7 0,2 0,7 6,0 - - 0,6- Altri ortaggi 427,0 164,0 5,0 23,8 11,1 8,1 99,4 51,5 - - 4,6

Totale 1.038,0 1.083,0 117,0 3.124,8 36,5 704,5 6.517,1 959,0 1.471,0 168,0 57,1

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Tab. 1.7. Dinamiche del valore delle coltivazioni orticole prodotte in Lombardia (milioni di euro)

Valori a Valori Var. % su anno Peso relativoprezzi concatenati precedente su

correnti (base 2000) quantità prezzo ortaggi PPB Italia Lomb.

2000 242,0 242,0 1,9% 2,1% 3,9% 4,2%2001 238,0 223,7 -7,6% 6,4% 3,9% 3,8%2002 273,8 231,6 3,5% 11,2% 4,2% 4,3%2003 269,9 210,0 -9,3% 8,7% 3,7% 4,3%2004 249,5 235,4 12,1% -17,5% 3,6% 3,9%2005 251,4 229,0 -2,7% 3,6% 3,6% 4,3%2006 265,6 216,6 -5,4% 11,7% 3,7% 4,4%2007 269,9 235,0 8,5% -6,4% 3,8% 4,3%2008 246,5 214,5 -8,7% 0,1% 3,5% 3,7%

Tab. 1.8. Caratteristiche strutturali aziende agricole Lombarde con coltivazioni legnose agrarie (anno 2008)

Aziende Superficie Superficie media

Arboree da frutta 8.628 5.723 0,66Melo 2.073 1.669 0,80Pero 558 927 1,66Pesco 432 550 1,27Albicocco 155 44 0,28Ciliegio 261 73 0,28Susino 216 52 0,24Actinidia (Kiwi) 321 538 1,68Altre piante arboree da frutto 4.612 1.871 0,41Vite 16.602 22.998 1,39Uva per vini DOC e DOCG 12.419 21.608 1,74Uva per vini IGT 2.456 1.076 0,44Uva per vini da tavola 892 244 0,27Olivo 1.831 1.332 0,73Per la produzione di olio 1.801 1.323 0,73

Fonte: DEPAAA su dati Siarl

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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Tab. 1.9. Produzioni colture arboree da frutta Lombardia

Produzione (t) Var % 2008/20072007 2008�

LOMBARDIA:Frutta Fresca 92.753 94.450 1,8Melo 52.804 53.523 1,4Pero 20.052 18.822 -6,1Pesco 9.129 10.282 12,6Albicocco 752 731 -2,8Ciliegio 1.499 1.474 -1,7Nettarino 3.416 4.031 18,0Susino 1.116 1.081 -3,1Ribes rosso 12 - -Ribes nero 14 - -Lampone 131 - -Altre bacche 106 - -Actinidia (Kiwi) 3.722 4.507 21,1Vite 159.938 159.248 -0,4Uva da tavola 13 0 -100,0Uva da vino 159.925 159.248 -0,4Olivo 5.416 4.976 -8,1

LOMBARDIA/ITALIA %Frutta fresca 1,5 1,6Vite 2,2 2,0Uva da vino 2,6 2,5Olivo 0,2 0,1

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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Tab. 1.11. Mercato prodotti ortofrutticoli IV gamma in Italia.

IV gamma Italia 2008

Produzione 90.000 tonnellateFatturato a prezzi al consumo 700 (milioni di euro)Acquisti delle famiglie 3,7 Kg per famiglia per annoIncidenza sul settore ortofrutticolo 1,1% volume; 5% valoreSuperficie agricola interessata 52.000 ettari

Fonte: Osservatorio Agri&Food.

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

Tab. 1.10. Produzioni (in t) delle principali colture arboree per provincia.

Coltura BG BS CO CR LC LO MN MI PV SO VAFrutta fresca 1.139 8.666 360 2.570 0 45 30.222 530 11.055 39.263 600Melo 645 1.794 220 204 - 30 6.270 220 5.412 38.512 216Pero 162 1.338 60 1.518 - 15 13.772 180 1.342 391 44Pesco 171 3.845 - 162 - - 4.650 56 1.080 - 317Albicocco - 51 - 76 - - - 24 580 - -Ciliegio 25 216 - 36 - - - 20 1.177 - -Nettarino - 738 - 37 - - 2.650 12 594 - -Susino - 173 - 38 - - - - 870 - -Actinidia o Kiwi 136 511 80 499 - - 2.880 18 - 360 23Uva da Vino 5.426 37.275 81 588 448 272 22.645 1.631 83.699 7.081 104Olivo 189 4.513 125 - 114 - 35 - - - -Totale 6.754 50.455 565 3.158 562 317 52.902 2.161 94.754 46.344 704

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Grafico 1.1. PLV ortofrutticola italiana periodo 2000-2008

Fonte: Elaborazioni SMEA su dati Istat

Grafico 1.2: Incidenza PLV ortofrutticola sulla PLV agricola per regione (media anni 2007_2008)

Fonte: Elaborazioni SMEA su dati Istat

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Grafico 1.3: Valore PLV ortofrutticola regioni (media anni 2000_2008)

FFonte: Elaborazioni SMEA su dati Istat

Grafico 1.4. Andamento delle importazioni ortofrutticole nazionali in quantità

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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Grafico 1.5. Andamento delle importazioni ortofrutticole nazionali in valore

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

Grafico 1.6. Andamento delle esportazioni ortofrutticole nazionali in quantità

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

Grafico 1.7: Andamento delle esportazioni ortofrutticole nazionali in valore.

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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Grafico 1.8. Acquisti al dettaglio ortofrutta-Prezzi e quantità (NORD-OVEST)

Fonte: elaborazioni SMEA su dati CSO

Grafico 1.9. Acquisti al dettaglio ortofrutta- Distribuzione per canale (NORD-OVEST)

Fonte: elaborazioni SMEA su dati CSO

Grafico 1.10. Acquisti al dettaglio ortofrutta-Prezzi e quantità (NORD-EST)

Fonte: elaborazioni SMEA su dati CSO

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Grafico 1.11. Acquisti al dettaglio ortofrutta- Distribuzione per canale (NORD-EST)

Fonte: elaborazioni SMEA su dati CSO

Grafico 1.12. Acquisti al dettaglio di ortofrutta-Prezzi e quantità (CENTRO)

Fonte: elaborazioni SMEA su dati CSO

Grafico 1.13. Acquisti al dettaglio di ortofrutta-Distribuzione per canale (CENTRO)

Fonte: elaborazioni SMEA su dati CSO

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Grafico 1.14. Acquisti al dettaglio di ortofrutta-Prezzi e quantità (SUD e ISOLE)

Fonte: elaborazioni SMEA su dati CSO

Grafico 1.15. Acquisti al dettaglio di ortofrutta-Distribuzione per canale (SUD e ISOLE)

Fonte: elaborazioni SMEA su dati CSO

Grafico 1.16. Andamento quantità importate di ortofrutticoli in Lombardia

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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Grafico 1.17. Andamento valore importazioni ortofrutticole in Lombardia

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

Grafico 1.18. Andamento quantità esportate di ortofrutticoli dalla Lombardia

Fonte: Elaborazioni SMEA su dati Istat

Grafico 1.19. Andamento valore esportazioni ortofrutticole della Lombardia

Fonte: elaborazioni SMEA su dati Istat

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2. UN’ANALISI DEL MARGINE DETTAGLIO-INGROSSO

Uno dei temi centrali dell’attuale dibattito relativo all’economia e alla politicaagraria del nostro Paese e dell’intera Unione Europea, è quello relativo allatrasmissione dei prezzi e alla loro formazione lungo la filiera.

Per questa ragione, in questo contesto si è cercato di verificare, con i (pochi)dati disponibili, come si trasmettessero i prezzi di alcuni selezionati prodottiortofrutticoli freschi, lungo la filiera.

Di seguito sono presentati i principali risultati emersi soprattutto con riferimentoai prezzi della piazza di Milano. Nella ricerca nel suo complesso sono stati studiatianche i pressi della piazza di Bologna e sono stati fatti confronti.

Obiettivo principale del lavoro consiste nel verificare se le variazioni del marginesiano in un ambito fisiologico o, al contrario, mostrino chiaramente un’evoluzioneche conferma la presenza di comportamenti speculativi in particolare momentio condizioni di mercato.

Tutti i dati utilizzati per questo studio provengono dal sito www.osservaprezzi.it,un sito realizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione conaltri enti. In particolare l’osservatorio prezzi, al suo interno, riporta una serie di datirelativi ai prezzi di alcune tipologie di prodotti, tra cui quelli ortofrutticoli, in alcunimercati di riferimento. Nello specifico per il nostro studio sono stati utilizzati i datiforniti dal consorzio Infomercati, che riunisce i principali mercati all’ingrosso delcomparto ortofrutticolo ed altri segmenti merceologici.

Questo consorzio rileva quotidianamente i dati relativi ai prezzi all’ingrosso ed iquantitativi commercializzati. Ogni settimana viene selezionata una serie diprodotti rappresentativi dell’offerta in quel periodo e per ognuno di essi sispecificano le caratteristiche commerciali secondo la codifica Infomercati.

Per quanto riguarda i prezzi al dettaglio, le rilevazioni hanno interessato leseguenti tipologie di punti di vendita: Esercizi di vicinato; Discount; Ipermercati;Aree pubbliche e Supermercati.

In particolare le definizioni utilizzate per i diversi tipi di punti vendita sono leseguenti. Esercizi di vicinato: esercizi con superfici di vendita non superiori a mq.250; Supermercati: esercizi con superfici di vendita comprese tra mq. 500 e 2500;Ipermercati: esercizi con superfici di vendita superiori a mq. 2500; Aree pubbliche:Mercati ambulanti in sede fissa su aree di proprietà comunale; Discount: Puntivendita con caratteristiche assimilabili a supermercati o ipermercati, e connotatida assenza di prodotti a marchio e da una politica dei prezzi al ribasso.”

La scelta dei prodotti da monitorare è invece ricaduta su quelli ortofrutticoli di uncerto valore e con una certa frequenza nelle diverse rilevazioni. I dati utilizzati sonoa cadenza mensile ed il periodo di tempo preso in considerazione, dove disponibile,va dal mese di Ottobre dell’anno 2007 a quello di Settembre dell’anno 2009.

Lo studio presenta però alcuni problemi, legati principalmente alla reperibilitàcostante del prodotto nei diversi mercati, infatti molte volte le tipologie diprodotto a disposizione si riducono oppure non sono presenti in alcuni periodi;quindi per cercare di ottenere un periodo di tempo relativamente lungo, inpresenza di diverse tipologie dello stesso prodotto si è scelta quella che si ripeteva

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in maniera maggiore; e nei casi in cui questa mancava la scelta è caduta su unadelle altre già presenti nei mesi precedenti con la principale, cercando diprendere quella più vicino ad essa.

I prodotti soggetti alle diverse prove sono i seguenti. - Carote N.C. vassoi filmati 1° P.V.N: quasi tutto il periodo presenta rilevazioni per

questa tipologia di prodotto; solamente nei mesi di Agosto, Settembre edOttobre 2008, per rendere la serie più completa, si è utilizzata la rilevazione dellastessa tipologia di prodotto ma “alla rinfusa” anziché vassoi filmati.

- Lattuga Cappuccio 6 PZ monostrato 1° P.V.N: nei mesi di Agosto e Settembre2008, a causa della mancanza della rilevazione per il prodotto sopra indicato siè preso quella della Lattuga Cappuccio 6 PZ monostrato 30x50 in plastica 1° P.V.N.

- Lattuga Gentile 6 PZ doppio strato 1° P.V.N: la lattuga gentile si presenta pococostante in termini di rilevazioni, per cui per riuscire ad avere un periodo ditempo abbastanza lungo, dal mese di Ottobre 2007 a quello di Luglio 2008 latipologia di prodotto è stata Lattuga Gentile 6 PZ monostrato 1° P.V.N.; per imesi di Agosto e Settembre 2008 Lattuga Gentile 6 PZ monostrato 30x50 inplastica 1° P.V.N.; ed infine per il restante periodo la denominazione è LattugaGentile 6 PZ doppio strato 1° P.V.N.

- Lattuga Romana 8 PZ doppio strato 30x50 in plastica 1° P.V.N: questaclassificazione copre il periodo cha va da Agosto 2008 a Settembre 2009, peril periodo iniziale (Ottobre 2007-Giugno 2008), si è utilizzato Lattuga RomanaN.C. monostrato 1° P.V.N.

- Zucchine scure lunghe 14-21 cm a più strati 1° P.V.N: il prodotto è presente pertutto il periodo considerato ad eccezione del mese di Agosto 2008 dove erapresente Zucchine scure lunghe 14-21 cm monostrato 1° P.V.N.

- Zucchine scure lunghe 14-21 cm a più strati 2° P.V.N: vale esattamente quantodetto per il prodotto precedente, l’unica differenza risiede nel fatto che sulmercato di Milano, pur essendo presente il prodotto le rilevazioni nei vari puntidi vendita sono molto scostanti e quindi si è ritenuto opportuno non utilizzarloper il suddetto mercato.

- Zucche tonde Delica medie monostrato 1° P.V.N: questo prodotto presentarilevazioni solamente nel periodo da Settembre 2008 a Marzo 2009, più unarilevazione a Settembre 2009.

- Pere Abate Fetel 70-75 monostrato 16 PZ 1° Emilia Romagna: il periodo utilizzatova da Ottobre 2007 ad Aprile 2008; da Settembre 2008 a Maggio 2009 ed unrilevazione a Settembre 2009.

- Meloni gialli invernali 1250-1600 gr monostrato 1° Sicilia: il periodo utilizzato vada Agosto 2008 a Novembre 2008 e da Maggio 2009 a Settembre 2009.

Nei grafici allegati, ai quali si rimanda, i punti con colorazione verde identificanoappunto un cambiamento della tipologia. L’analisi ha permesso di verificare, siapure in modo descrittivo, l’esistenza di forti e scarsamente giustificate variazionidel margine ingrosso-dettaglio per quasi tutti i prodotti analizzati.

E’ importante ricordare che il margine tra i due prezzi analizzati, è anzituttogiustificato dai costi relativi alle diverse operazioni che gli intermediari e ladistribuzione deve svolgere tra il momento dell’acquisto del prodotto e la sua

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vendita. Tra l’altro anche l’entità degli scarti di prodotto assumono un rilievonotevole nel giustificare il “margine”. Ciò che qui si è voluto verificare, quindi, nonè tanto l’entità in senso assoluto del margine, quanto piuttosto la sua variabilità,spesso molto rilevante. Infatti, se un margine elevato può essere giustificato in talunicasi a causa di scarti e entità delle lavorazioni e dei costi di commercializzazioneconnessi, una sua forte variabilità è segnale piuttosto chiaro di una attivitàspeculativa da parte degli intermediari.

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Grafico 2.1. Carote mercato di Milano: prezzi al dettaglio ed all’ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.2. Carote mercato di Milano: margine dettaglio-ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.3. Lattuga Cappuccio mercato di Milano: prezzi al dettaglio ed all’ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 2.4. Lattuga Cappuccio mercato di Milano: margine dettaglio-ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.5. Lattuga Gentile mercato di Milano: prezzi al dettaglio ed all’ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.6. Lattuga Gentile mercato di Milano: margine dettaglio-ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 2.7. Lattuga Romana mercato di Milano: prezzi al dettaglio ed all’ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.8. Lattuga Romana mercato di Milano: margine dettaglio-ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.9. Zucchine scure lunghe 1° mercato di Milano: prezzi al dettaglio ed all’ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 2.10. Zucchine scure lunghe 1° mercato di Milano: margine dettaglio-ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.11. Zucche tonde Delica mercato di Milano: prezzi al dettaglio ed all’ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.12. Zucche tonde Delica mercato di Milano: margine dettaglio-ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 2.13. Pere Abate Fetel mercato di Milano: prezzi al dettaglio ed all’ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.14. Pere Abate Fetel mercato di Milano: margine dettaglio-ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 2.15. Meloni gialli invernali mercato di Milano: prezzi al dettaglio ed all’ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 2.16. Meloni gialli invernali mercato di Milano: margine dettaglio-ingrosso

Fonte dati: Nostra elaborazione

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3. LA NUOVA OCM ORTOFRUTTA

Data l’enorme importanza che il settore ortofrutticolo riveste nel panoramaagricolo, esso è stato uno dei primi ad essere interessato dalla politica della PACper cercare di salvaguardare i produttori, in particolare il loro reddito, ottimizzandola produzione e favorendo cosi un maggiore equilibrio tra domanda ed offertacon lo scopo finale di incrementare la redditività delle imprese agricole.

La primissima versione dell’OCM ortofrutta è stata emanata con il regolamentoCEE n. 1035/72 che conteneva tutte le disposizioni presenti fino a quel momento;in particolare vi è stata l’introduzione, per la prima volta, del termine OP(organizzazione di produttori) come forma associativa di produttori volta arafforzare il potere contrattuale dei produttori ortofrutticoli.

Successivamente nel 1996 si è assistito ad una completa riforma del reparto conl’introduzione dei regolamenti n. 2200/1996, 2201/1996 e 2202/1996, che contenevanoindicazioni riguardanti gli ortofrutticoli freschi, trasformati e per gli agrumi.

I principali strumenti di intervento introdotti dai regolamenti appena citati siconcentravano prevalentemente su tre aspetti: sostegno economico alle OP cheoperavano nel contesto dei prodotti freschi ed anche trasformati, in modo daporre un controllo sull’offerta; veniva fornito un aiuto alla trasformazione, condiverse modalità di attuazione ed infine è stata introdotta la misura dei ritiri dalmercato per far fronte ad eventuali crisi congiunturali.

In particolare, il ruolo principale delle OP è quello di riuscire a raggruppare l’offertain modo cosi da contrastare la crescente concentrazione della grande distribuzioneed evitare ulteriori squilibri nel processo di contrattazione che vede attualmente ilsecondo attore della filiera occupare un ruolo predominante; l’obiettivo è peròstato raggiunto solo in parte ed il freno principale a questo scopo è statodeterminato proprio dalla normativa stessa che non ha previsto al suo interno unaparte recante le dimensioni minime che una OP dovrebbe avere, sia in relazione almercato di riferimento, che agli operatori con cui si deve confrontare.

Gli obiettivi che le OP dovevano raggiungere, in base a quanto stabiliva ilregolamento OCM, erano perseguibili attraverso il cofinanziamento, nella misuradel 50% del loro fondo di esercizio, che rappresenta lo strumento finanziario perla gestione dei programmi operativi, intesi a contenere l’insieme delle attivitàpreviste dalla OP al fine di perseguire i suoi obiettivi.

Da notare però che il cofinanziamento poteva raggiungere al massimo il 4,1%del valore dei prodotti commercializzati dalla OP.

Con l’emanazione del Regolamento (CE) n.1182/2007 è stata varata la nuovaOCM ortofrutta, andando a modificare il regime precedentemente in vigore nelsettore degli ortofrutticoli.

Le modalità di applicazione del settore, presenti in un gran numero diregolamenti, molti dei quali più volte modificati, hanno comportato la necessità dirivedere le stesse tenendo conto delle variazioni apportate al regime degliortofrutticoli dal Regolamento (CE) 1182/2007 andando cosi ad adottare ilRegolamento (CE) n.1580/2007 e sue successive modifiche ed integrazioni. Lanuova OCM ortofrutta è stata quindi resa attuativa con l’ultimo Regolamento citato.

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In precedenza, il 22 Ottobre del 2007, al fine di definire un regolamento unicosulle OCM, il Consiglio Europeo ha approvato il Reg. (CE) n.1234/2007 recanteappunto Organizzazione Comune dei Mercati agricoli e disposizioni specificheper taluni prodotti agricoli, nel quale sono state inserite le norme del Reg. (CE)1182/2007 e successivamente recepite le modalità di applicazione contenutenel regolamento 1580/2007 del 21 Dicembre 2007.

Dopo questa breve panoramica si presentano sinteticamente gli elementi piùimportanti del Regolamento 1182/2007. Il regolamento in questione è formato da6 titoli e 56 articoli; i titoli vertono su: disposizioni introduttive, norme dicommercializzazione, organizzazioni di produttori, organizzazioni ed accordiinterprofessionali, scambi con i paesi terzi, disposizioni attuative, modificative e finali.

Gli obiettivi generali sono quelli di rafforzare l’orientamento al mercato e lacompetitività del comparto ortofrutticolo; ridurre le fluttuazioni del reddito deiproduttori causate dalle crisi di mercato; aumentare il consumo di frutta everdura nell’Unione Europea; sostenere gli sforzi degli agricoltori per la protezionedell’ambiente.

In questo caso rispetto alla situazione pre-riforma notiamo una maggiore enfasisul tema ambientale e viene enunciato esplicitamente l’incremento del consumodi ortofrutta nella Unione Europea.

Le novità incominciano a vedersi partendo dal titolo 3 che tratta delleorganizzazioni di produttori, infatti in questo caso viene assolutamente confermatoe rafforzato il ruolo centrale delle Op nella gestione e soluzione delle problematichelegate al mercato; in questo senso le organizzazioni di produttori sono ancora piùriconosciute a livello comunitario per il conseguimento degli obiettivi dirafforzamento del potere contrattuale dei produttori e quindi dei loro redditi.

Sono sostanzialmente 4 gli scopi specifici delle OP indicati dall’articolo 3:- assicurare la programmazione della produzione e l’adeguamento della stessa

alla domanda, specie in termini quantitativi e qualitativi;- aumentare la concentrazione dell’offerta e l’immissione sul mercato della

produzione degli aderenti;- ottimizzare i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione;- promuovere pratiche colturali e tecniche di gestione dei rifiuti che rispettino

l’ambiente.

Un elemento di distinzione rispetto al passato è rappresentato dall’attenzioneche il Regolamento pone sull’ultimo degli obiettivi elencati in precedenza, conlo scopo di tutelare la qualità delle acque, del suolo e del paesaggio; attenzioneche aumenta sempre di più anche grazie al cambiamento culturale in atto chevede un maggiore focus non solo sul prodotto in se ma anche a ciò che locirconda; infatti nell’articolo 9 viene citato che gli Stati membri devonoprovvedere affinché i programmi operativi comprendano due o più azioniambientali ed almeno il 10% della spesa prevista dai programmi operativi deveriguardare queste azioni.

Con questo si considerano anche gli aspetti relativi non solo alla produzione diortofrutta, ma anche al trasporto ed alla commercializzazione di questi prodotti,in particolare i gas serra, la qualità dell’aria e la riduzione di rifiuti in imballaggi.

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Inoltre il Regolamento in questione non prevede più la costituzione di OP percategoria di prodotto, ma indica che i prodotti ortofrutticoli interessati sono siaquelli freschi che quelli trasformati.

L’articolo successivo mantiene sostanzialmente le indicazioni già presenti nellaprima OCM demandando agli Sati membri la decisione dei limiti numerici e difatturato da applicare alle OP; e visto il risultato ottenuto con la pre-riforma inquesto caso ci si aspettava forse indicazioni più specifiche da parte dellaComunità Europea.

Nell’articolo 5 vengono invece definite le Associazioni di Produttori e vi è unulteriore chiarimento sul fatto che esse possono svolgere tutte le attività, e diconseguenza raggiungere tutti gli obiettivi, delle OP; inoltre continuando a scorrereil documento viene specificato che entrambe le forme organizzative (AOP ed OP)possono costituire un fondo di esercizio (art.8) e predisporre dei programmioperativi finalizzati agli obiettivi contenuti nell’articolo 9 comma 1 del Regolamento.

Nell’articolo 10 la novità introdotta è la possibilità di portare la quota dicofinanziamento al 60%, purché il programma soddisfi una delle seguenticondizioni:- è presentato da più OP di diversi Stati membri che partecipano ad una azione

transnazionale;- è presentato da una o più OP che partecipano ad azioni a livello

interprofessionale;- riguarda esclusivamente il sostegno alla produzione biologica;- è presentato da una OP di uno Stato membro entrato nell’UE dal 1° maggio

2004, per azioni da realizzarsi entro il 2013;- è il primo programma presentato da una OP che si è fusa con altre o con

un’associazione di OP che non abbiano già presentato un programma;- è presentato da un’OP di un paese membro dove le OP complessiva-

mente commercializzano meno del 20% della produzione ortofrutticola;- è presentato da OP di una delle regioni ultraperiferiche della Comunità;

copre unicamente un aiuto specifico per azioni di promozione del consumo difrutta e verdura indirizzate ai bambini nelle scuole.

Vengono quindi introdotti elementi di novità sia al riguardo dei prodotti biologiciche per il maggiore sostegno riconosciuto alle fusioni tra OP ed il lorocoordinamento in AOP e quindi ai processi di aumento dimensionale.

Sempre l’articolo 10 introduce una novità, consentendo l’innalzamento dell’aiutofinanziario comunitario per i programmi operativi delle OP, al 4,6% della produzionecommercializzabile (il dato precedente era del 4,1%); a patto che questaeccedenza venga utilizzata per misure di prevenzione e gestione delle crisi.

Proprio sul tema della gestione delle crisi viene posta particolare enfasi e lemisure ammesse sono: ritiri dal mercato, raccolta prima della maturazione e lamancata raccolta, attività di promozione e comunicazione, iniziative diformazione, assicurazione del raccolto, sostegno alle spese amministrativerelative alla costituzione di fondi comuni di investimento.

Per finanziare queste operazioni le OP possono anche ricorrere a prestiti acondizioni di mercato i cui costi possono poi essere inseriti nel programmaoperativo; la novità sta però nel fatto che il cofinanziamento dell’UE può arrivare

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massimo nella misura del 50%, mentre con la situazione pre-riforma le stesse misureerano sempre realizzate dalle OP ma finanziate interamente dall’Unione Europea( con la nuova riforma questo può accadere solo nel caso in cui i ritiri sianodestinati allo smaltimento tramite distribuzione gratuita).

L’inclusione nei programmi operativi della prevenzione e gestione delle crisi ela definizione di strategie nazionali alle quali i programmi operativi devonoadeguarsi dovrebbe far si che le procedure vengano anche applicate aisoggetti non aderenti alle OP, situazione prevista da questo regolamentonell’articolo 14; questo a fronte del fatto che dato che i programmi operativisaranno compatibili con la strategia nazionale, le azioni che da essi derivanoavranno una ricaduta non soli sugli aderenti, ma sull’intero comparto.

Tra le attività che la nuova OCM attribuisce alle OP vi è anche quella dellapromozione dei consumi; questa misura ha l’evidente scopo di aumentare ilconsumo di prodotti ortofrutticoli da parte della popolazione, soprattutto perragioni connesse con la tutela della salute; in questo caso le OP possono trovarele risorse all’interno della dotazione finanziaria dei programmi operativi; ilcofinanziamento della UE è fissato al 50% che può salire fino al 60% se lapromozione è indirizzata ai bambini nelle scuole.

Gli articoli relativi alle organizzazioni ed agli accordi interprofessionali (20,21,22)non hanno subito modifiche sostanziali, si deve solamente darne attuazione alivello nazionale, anche se ciò dipenderà dal ruolo che le OP riusciranno asvolgere nell’organizzazione dell’offerta.

Una profonda innovazione si trova invece nell’introduzione, anche nell’OCMortofrutta, della misura del disaccoppiamento con riferimento ai compartiinteressati dalla erogazione di aiuti diretti, come quelli per esempio dei prodottitrasformati, a cui si è aggiunto la modifica dell’articolo 51 del Regolamento1782/2003 che ha portato ad un ampliamento delle superfici ammissibili al PUA,includendo tra le altre cose anche la coltivazione di ortofrutticoli; ma lasciandocomunque la possibilità agli Stati Membri di decidere se applicare un periodotransitorio per mantenere l’attuale situazione per un periodo massimo fino al 31dicembre 2010.

Queste misure hanno fatto sorgere tra gli stati membri alcune resistenze, inparticolare in Italia dove per il pomodoro si riceveva ben il 50% del ricavo unitariodell’aiuto comunitario.

Per questo nel regolamento è stato deciso di inserire un periodo transitorio (finoal 2011 per il pomodoro e fino al 2012 per gli altri prodotti) per l’applicazione deldisaccoppiamento totale per i prodotti destinati alla trasformazione.

Infatti il nuovo regolamento imponeva agli Stati membri di decidere entroNovembre 2007 se mantenere un aiuto accoppiato, purché non eccedente il50% del corrispondente massimale nazionale; per gli altri prodotti invece, entrola stessa data, gli Stati membri potevano decidere di mantenere l’aiutototalmente accoppiato fino al 31 Dicembre 2010 a patto che dopo, nel 2011 e2012, non si superasse il 75% della corrispondete quota del massimale nazionale.

Per quanto riguarda l’Italia il Ministero dell’agricoltura ha dato attuazione a talidisposizioni con il D.M. n.1540 del 22/10/2007 che ha stabilito che alla produzionedi pomodoro degli anni 2008,2009,2010 venga corrisposto un aiuto fissato nellamisura del 50% del massimale nazionale, con la riserva che dopo il primo anno il

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Ministero, potrà verificarne l’efficacia per apportarvi eventualmente dellemodifiche che potrebbero portare a delle riduzioni. Il criterio adottato perl’assegnazione dei titoli è quello storico calcolato sulla base di un periodorappresentativo che comprende le campagne di commercializzazione 2004/2005,2005/2006 e 2006/2007.

Per gli agrumi invece il D.M. n.3635 del 21 Dicembre 2007 ha stabilito che aiproduttori di tali prodotti , con effetto dal 1° Gennaio 2008, venga applicato ildisaccoppiamento totale e che i relativi titoli dell’aiuto per ettaro venganoassegnati sulla base della superficie agrumicola delle aziende nell’anno 2006; leragioni di questo sono che l’aiuto accoppiato sosterebbe soprattutto laproduzione di minore qualità non destinata alla commercializzazione comefresco, mentre lo scopo è quello di incentivare il settore a confrontarsi con lerealtà del mercato.

Per le pere e le pesche da industria l’aiuto resta invece accoppiato per gli anni2008,2009,2010 ed erogato solo a produttori associati in OP, mentre nel 2011 e2012 l’aiuto sarà totalmente disaccoppiato ed i relativi titoli per ettaro calcolatiin base alla media delle produzioni destinate alla trasformazione nelle campagne2004/2005, 2005/2006 e 2006/2007.

Per queste produzioni, il decreto ministeriale n.1537 del 22/10/2007 sostiene cheil mantenimento degli aiuti accoppiati per ettaro, nei primi tre anni, è giustificatodal fatto che l’Italia svolge un ruolo primario nella produzione comunitaria di fruttaallo sciroppo e che è necessario consentire un passaggio graduale al regime diaiuti non più collegati alla produzione.

Infine il D.M. n. 1539 del 22/10/2009 indica che anche per le prugne è possibileun passaggio graduale al disaccoppiamento e stabilisce che nei primi tre annil’aiuto resti totalmente accoppiato e negli anni 2011 e 2012 venga ridotto al 75%del massimale nazionale.

Il calcolo dei titoli per ettaro è effettuato sulla base di un periodo rappresentativoche comprende le campagne 2004/2005, 2005/2006 e 2006/2007.

Quindi come si può notare, tranne che nel caso degli agrumi, il ministero hadeciso di adottare un periodo transitorio prima di passare al disaccoppiamento,in modo da favorire un passaggio graduale della filiera verso il regime delpagamento unico aziendale.

Infine nella riforma sono anche stati previsti pagamenti transitori per i frutti rossi(fragole e lamponi) e alcuni PECO (Polonia, Bulgaria, Ungheria e Lituania), per lesuperfici la cui produzione è disciplinata da un contratto di trasformazione.

La normativa italiana relativa all’applicazione delle nuova OCMortofrutta

In seguito all’intesa emersa nella conferenza Stato Regioni, il Ministero dellepolitiche agricole alimentari e forestali, ha adottato in data 28 marzo 2008 idecreti di attuazione della nuova OCM ortofrutta; con riferimento ai requisiti peril riconoscimento delle organizzazioni di produttori ed alle misure di prevenzionee gestione delle crisi all’interno dei programmi operativi delle OP e delle AOP delsettore preso in considerazione. I primi due decreti da prendere in considerazionesono: i DM 166 e 167 del 28 marzo 2008.

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Il Decreto ministeriale n.166 disciplina il settore delle OP ortofrutticole, conriferimento agli aspetti legati alle procedure per il riconoscimento da parte delleRegioni delle OP per prodotto o per gruppi di prodotto, come previsto dall’art.47del regolamento 1182/2007; viene indicato il numero minimo di produttori ed ilvalore minimo di produzione commercializzata; vengono inoltre previste procedureper verificare il funzionamento delle OP e delle AOP; viene affrontato il temadell’adesione di membri non produttori ad una OP e la percentuale dei diritti divoto degli aderenti alla OP. Il tema più interessante ai fini del raggiungimentodell’obiettivo di concentrazione dell’offerta e di commercializzazione del prodottosul mercato e sicuramente quello legato ai limiti dimensionali imposti alle OP, inmodo da prevenire la formazione di organizzazioni di produttori di dimensioni nonidonee a concorrere poi sul mercato finale.

Il Decreto ministeriale n.167 ha invece definito, per l’anno 2008, le modalità diapplicazione delle misure di prevenzione e gestione delle crisi di mercato; cherisultano particolarmente importanti dato che la nuova OCM ha previsto deifinanziamenti comunitari supplementari per queste specifiche misure.

Rispetto al tema della definizione dei criteri dimensionali per le OP, a livellonazionale il numero minimo di produttori al fine del riconoscimento di una OP èfissato a cinque; mentre i valore minimo di produzione commercializzata perprodotto o per gruppi di prodotti, è quello fissato in una apposita tabella e variaper le diverse colture.

Per la costituzione di una AOP (Associazione Organizzazione Produttori), sonoinvece necessarie almeno due OP riconosciute secondo i canoni stabiliti dalregolamento 1580/2007.

L’applicazione della tabella 1 tiene però conto di alcune considerazioni:- Per i prodotti destinati alla trasformazione si utilizza lo stesso parametro previsto

per i prodotto od i gruppi di prodotti. In caso di richiesta di riconoscimento perpiù prodotti appartenenti alla categoria ortaggi (CN code 70), o frutta (CNcode 80), si applica il parametro complessivo di Euro 2.000.000.

- In caso di richiesta di riconoscimento per più prodotti appartenenti allacategoria (CN code 091 e 121), si applica il parametro complessivo di Euro2.500.000;

- Infine in caso di richiesta di riconoscimento per più prodotti appartenenti allediverse categorie (CN code: 70, 80, 091, 121), si applica il parametrocomplessivo di Euro 3.000.000.

- Entro il 31 Dicembre 2010 le OP che presentano requisiti inferiori a quelli indicatiin precedenza devono provvedere ad adeguarsi.

In seguito nello stesso allegato vengono indicate le procedure inerenti alriconoscimento delle OP, ed alle modalità di calcolo del valore della produzionecommercializzata;nonché l’accertamento del rispetto dei limiti e la verifica delloro funzionamento.

In ogni caso viene riportato nel decreto che le Regioni possono stabilire valoriminimi della produzione commercializzata differenti da quelli presentati inprecedenza; purché questi nuovi limiti siano superiori a quelli definiti dalla tabella.

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4. L’INDAGINE SULLE OP

Il seguente testo ha lo scopo di presentare i risultati emersi da una specificaindagine svolta nell’ambito di questa ricerca presso su un campione di circa 100produttori, in gran parte aderenti ad una OP e in parte minore non aderenti anessuna OP.

L’indagine si è basata sulla somministrazione di un questionario strutturato edè stata possibile grazie alla collaborazione di AOP UNOLombardia e di 6 OP adessa associate. Le interviste nella maggior parte dei casi sono state svoltetelefonicamente, anche se vi sono casi in cui è stata effettuata di persona. Ilquestionario proposto agli agricoltori, può essere suddiviso sostanzialmente inquattro parti: caratteristiche economico-produttive dell’azienda, valutazione diservizi ed azioni delle OP, domande aperte, informazioni aziendali generali.

4.1. I risultati dell’indagine presso gli aderenti alle OP

La prima parte del questionario è volta a capire la situazione in termini diproduzione e fatturati delle differenti aziende. In particolare viene chiesto diindicare quali siano le principali produzioni ortofrutticole dell’anno 2008, nonché irelativi fatturati specifici e per quelle produzioni che vengono commercializzatetramite la OP di appartenenza, si richiede anche la quantità che è stata conferita.

Per completare il quadro aziendale si richiedeva anche una indicazione sulfatturato totale dell’anno 2008 e sull’ammontare totale dei contributi PAC ricevuti;infine è stato domandato il numero di OP di appartenenza.

La seconda parte si concentra invece sulla conoscenza e soddisfazione chegli associati hanno della propria OP. La prima domanda riporta un elenco di serviziche dovrebbero essere forniti dalle OP (l’elenco è stato creato partendo dalprogramma operativo 2009 fornito da AOP UNOLombardia; non tutte le OPpresentano però gli stessi servizi); da questo viene chiesto agli interessati diindicare, in ordine di importanza, i tre servizi ritenuti indispensabili per le proprieaziende. In questo modo, prima di chiedere una valutazione vera e propria suiservizi, si cerca di capire quali siano le necessità degli associati. La secondadomanda riporta esattamente lo stesso elenco visto in precedenza, ma in questocaso per ognuno dei servizi presentati si chiede il grado di soddisfazione tramiteuna scala numerica che va da 1 (scarsa soddisfazione) a 5 (massimasoddisfazione); ovviamente nei casi in cui il servizio non è attivo non si richiedealcuna risposta. Infine al pari della domanda precedente abbiamo l’ultimarichiesta della sezione che sostituisce i servizi con una serie di azioni e chiede unavalutazione da 1 a 3.

In particolare si deve segnalare che in tutte le OP oggetto di studio non sonopresenti i seguenti servizi ed azioni: iniziative di vendita diretta; consulenze nelcampo commerciale; ricerca e produzione sperimentale ed assicurazione delraccolto.

La terza parte del questionario è composta da cinque domande aperte, treinerenti le OP e due le aziende agricole e riguardano sostanzialmente lapercezione dei principali punti di forza e di debolezza. L’ultima parte delle

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interviste ha lo scopo di raccogliere una serie di informazioni generali sulleaziende e sulla tipologia di intervistati, come per esempio la superficie aziendale,l’età ed il titolo di studio dei conduttori.

LE OP COINVOLTE NELL’INDAGINE

P.O.A. L’OP si occupa principalmente di pomodoro e pisello da industria dadestinare alle industrie di lavorazione. Il numero totale degli associati è di 75,suddivisi tra le provincie di: Milano, Lodi, Pavia; Cremona, Parma, Piacenza eL’Aquila. Dei servizi e delle azioni presenti nel questionario OP P.O.A. non effettua:consulenze nel campo commerciale, informazione ai consumatori, ricerca eproduzione sperimentale e promozione dei prodotti freschi; tutte azioni rivolteprevalentemente al mercato finale e che quindi l’OP non ritiene necessarie datola natura dei prodotti in questione.

C.OR.MA. Situata nel mantovano, questa organizzazione di produttoricommercializza esclusivamente pere da destinare al mercato del fresco ed inalcuni casi ritira anche piccole quantità di mele. Gli associati sono circa 150 erappresentati da aziende di piccole-medie dimensioni.

Sole e Rugiada L’organizzazione di produttori è di recente formazione (2008)e si occupa prevalentemente della commercializzazione di prodotti di IV gamma.Conta un numero di associati pari a 66 disseminati tra: Lombardia, Campagna,Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana ed Abruzzo.

Bellaguarda Con sede a Bellaguarda di Viadana (MN), questa organizzazionedi produttori commercializza una serie di prodotti destinati in parte al mercatodel fresco ed in parte a quello dei prodotti di IV gamma. Le principali referenzeritirate dalla Op sono: angurie, zucche, meloni, pere, peperoni e pomodoro daindustria. Le aree di coltivazione si suddividono tra Mantova, Cremona, Parma eReggio-Emilia ed il numero di aziende conferenti è pari a 130.

Agronomia Si occupa prevalentemente di prodotti orticoli (valeriana, rucola,invidia, iceberg, lattughino, cicorino, rucola, spinacino, radicchio, carote e crauti)destinati alle produzioni di IV gamma, con un numero di associati pari a 15. Lasede dell’organizzazione è in provincia di Bergamo, mentre le aree produttive sisnodano tra: Lombardia, Campagna, Puglia e Marche. I servizi e le azioni chenon risultano presenti sono: assicurazioni, iniziative di vendita diretta, consulenzenel campo commerciale, ricerca e produzione sperimentale ed assicurazione delraccolto.

Melavì L’organizzazione di produttori Melavì si trova in provincia di Sondrio. Ilnumero di associati è di 1200 anch’essi tutti situati in Valtellina e l’unico prodottocommercializzato dalla OP è la mela. Tutte le aziende sono situate in montagna,nella provincia di Sondrio. La superficie agricola media è di 3 ettari per aziendacon un massimo registrato di 11 ettari ed un minimo di 0,6 ettari.

I principali risultati dell’analisi relativa agli aderenti alle OP possono essere cosìriassunti. Il conduttore di aziende più giovane ha un’età di 21 anni, mentre quellopiù anziano di 84 anni; l’età media del campione risulta essere di 45 anni. Lamaggioranza degli intervistati si colloca nella fascia di età che va dai 41 ai 50

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anni; mentre le altre due classi di un certo interesse, dal punto di vista numerico,sono quella precedente (dai 31 ai 40) che racchiude il 24% degli intervistati; equella successiva (dai 51 ai 60) che contiene invece il 23% del totale.

Il titolo di studio prevalente risulta essere la licenza elementare o media, inpossesso da parte del 47% dei conduttori di aziende, seguito a breve distanzacon il 45% dalla licenza superiore.

Le aziende oggetto di studio presentano una superficie media di circa 48Ha. Ilcampione si presenta comunque molto vario con una superficie minima registratadi poco meno di un ettaro, ad una superficie massima di cinquecento ettari.

Se passiamo ad analizzare la superficie agricola utilizzata (SAU), si nota comepur mantenendo le stesse classi la situazione cambia leggermente; infatti nellaprima classe notiamo una maggiore presenza di aziende rispetto alla situazioneprecedente e stesso discorso può valere per la classe che va da più di 15 ettarifino a 30.

Le aziende con superficie minore siano quelle dedicate alla frutticoltura (inparticolare coltivazioni di mele e pere); ed in questo caso considerando ancheil territorio si capisce come la superficie utilizzata sia minore rispetto ad aziendeper esempio a carattere prettamente orticolo ( si ponga per esempio il caso diaziende con sulla propri superficie un bosco).

Le aziende oggetto di intervista si suddividono geograficamente tra 16 provincie.Vi sono tre provincie che assieme racchiudono ben il 63% del totale delle aziendeintervistate: Mantova con il 26%; Sondrio con il 22% e Bergamo con il 15%.

Il fatturato totale delle aziende prese in considerazione nell’anno 2008,ammonta a 28.020.019 euro, con un fatturato medio per azienda che risultaessere di 383.836 euro.

Il valore più basso di fatturato fatto registrare nel campione, è di 3.500 euro,mentre l’azienda con il valore più elevato presenta un fatturato di 3.500.000 euro.La classe con frequenza maggiore è quella che va da 50.001 euro ad 80.000euro, che racchiude il 14% delle aziende.

La classe che segue è quella che va da 100.001 a 150.000 euro che costituiscecirca l’11% del campione.

La somma totale dei contributi PAC ricevuti dalle aziende intervistate, nel corsodel 2008, si aggira su un valore che supera gli 1,4 milioni di euro; con valori minimipari a zero, fino a valori massimi di 160.000 euro. In media il contributo PACricevuto dalle aziende è risultato essere pari a 19.570 euro. Il valore dellamediana, ovvero il valore assunto da quelle variabili che si trovano nel mezzodella distribuzione, è risultato essere di 3.000 euro.

Significativo è poi il calcolo della moda, ovvero del valore che si presenta confrequenza maggiore, che è risultata essere pari a zero, segnalando quindi chenel 2008 un numero significativo di aziende (38%) non ha ricevuto alcuncontributo comunitario; segue la classe che va da valori maggiori di zero fino a5.000 euro di contributi ricevuti, che racchiude in se il 18% del campione. Dai datiemerge che in media il contributo PAC contribuisce alla formazione del fatturatototale delle aziende per una percentuale pari al 9%.

La parte centrale del questionari ha permesso di ottenere una valutazione deiservizi offerti della OP di appartenenza.

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E’ importante considerare, come già detto in precedenza, che non tutte le OPpresentano attivi gli stessi servizi ed azioni, a causa delle differenti situazioni chesi presentano; in generale possiamo però dire che in nessuna Organizzazione diProduttori si riscontrano servizi inerenti: iniziative di vendita diretta; consulenze nelcampo commerciale; ricerca e produzione sperimentale ed assicurazione delraccolto.

La domanda numero cinque del questionario chiedeva agli intervistati discegliere, da un elenco di servizi proposto, quali fossero i tre servizi maggiormenteimportanti per la propria azienda, con lo scopo di avere una panoramica sulleesigenze delle differenti aziende ed avere in seguito un’idea del livello dicopertura di tali esigenze.

L’elenco dei servizi è composto dalle seguenti voci: servizi di naturaamministrativa, disciplinari di produzione integrata, lotta alle avversità, varietà,assicurazioni, assistenza tecnico – economica, acquisto dei fattori di produzione,migliore accesso ai mercati, iniziative di vendita diretta, capacità di ottenereprezzi di vendita più elevati, consulenze nel campo commerciale, divulgazionedi attività di ricerca e sviluppo, programmazione delle produzioni, informazioni aiconsumatori, maggiore trasparenza sui prezzi, altro.

Come si può notare, la lista dei servizi spazia da tipologia di servizi a carattereprettamente tecnico, a servizi inerenti l’aspetto commerciale ed economico.

Sono due i servizi posti al primo posto dagli intervistati: lotta alle avversità evarietà (scelta varietale). L’acquisto dei fattori di produzione si colloca invecenella zona intermedia con il 19% di preferenze; dato che si discosta abbastanzada quello degli altri servizi.

Infine in terza posizione nella graduatoria, troviamo il servizio diprogrammazione delle produzioni che viene però seguito a breve distanza daaltri due servizi: migliore accesso ai mercati e ottenere prezzi di vendita più elevati.

Infatti se si considerano nel complesso i tre servizi che con maggiore frequenzavengono classificati nelle prime tre posizioni, notiamo delle piccole differenzerispetto ai dati precedenti. Il servizio che con maggiore frequenza si presenta neiprimi tre posti è quello relativo al miglior accesso ai mercati che entra ingraduatoria il 45% delle volte. Segue con il 44% la programmazione delleproduzioni e con il 42% la capacità di ottenere prezzi di vendita più elevati. Lapanoramica mostra come in questo caso ben due servizi su tre siano relativi adaspetti legati al mercato; ed il terzo, pur essendo relativo all’attività produttiva,abbia notevoli risvolti anche sul mercato.

Infine sono quattro i servizi che ricevono meno del 5% dei voti: - iniziative di vendita diretta e consulenze nel campo commerciale: non

vengono votati da nessun intervistato dato che non sono presenti come servizioin nessuna delle OP prese in esame;

- assicurazioni: è presente in pochissimi casi e quindi poco considerata dagliagricoltori;

- informazioni ai consumatori: è un tema poco sentito dagli agricoltori.

La medesima lista dei servizi vista in precedenza compare anche nelladomanda successiva, ma in questo caso viene chiesto di valutare ogni servizio

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con una scala numerica che va da 1 a 5, dove uno indica un servizio di livelloscarso mentre cinque di livello ottimo.

Sono in totale sette i servizi in cui si registrano percentuali più o meno elevatedi persone che non rispondono, perché non informate sulla tipologia di servizio,oppure non in grado di fornirne un’adeguata valutazione, perché non utilizzati;per esempio l’utilizzo di un proprio servizio tecnico nella scelta varietale, l’acquistoin proprio dei fattori di produzione; oppure perché gli si chiede unainterpretazione del servizio piuttosto che una valutazione reale, vedi per esempioil caso del migliore accesso ai mercati.

Nella maggior parte dei casi l’attributo che ha ricevuto la maggior parte deivoti è quello “buono”: ben dieci servizi su sedici si collocano in questa classe.Nella metà dei casi appena indicati la valutazione Buono è seguita da quellaOttimo, mentre nell’altra metà da quella Medio; di entità minore risultano esserele risposte inerenti gli altri attributi. Quindi in ogni caso vediamo che le risposte sicollocano su di un asse medio - alto.

Fanno eccezione a questo andamento quattro servizi. Tre di questi servizi sonogià stati presi in considerazione, quello delle assicurazioni, quello dell’acquisto deifattori di produzione e quello dell’informazione ai consumatori.

Nel primo caso tralasciando i casi in cui non è presente, che prevalgono suglialtri, le valutazioni più frequenti le si riscontrano negli attributi scarso e sufficiente(11% ciascuno), mentre solo una piccola parte, degli intervistati, definisce ilservizio medio (5%), Ottimo (5%) e buono(3%).

Per l’acquisto dei fattori di produzione, come per le assicurazioni, il valore piùelevato lo si presenta nella valutazione non presente; ma dove è presente questoservizio viene valutato nella maggior parte dei casi buono (25%), seguito dallavalutazione ottima (18%) e poi sufficiente (14%).

L’informazione ai consumatori, vede nella valutazione media il valore piùelevato (30%), il 22% del campione non lo valuta perché non presente comeiniziativa nella propria OP; segue la valutazione sufficiente con il 21% e buonocon un valore pari al 18%; solo il 7% la definisce ottima.

Infine l’ultimo servizio che non segue l’andamento generale è quello relativoal migliore acceso ai mercati che l’organizzazione di produttori dovrebbegarantire rispetto al singolo agricoltore; la maggior parte delle persone (33%) hafornito una valutazione media, il 29% la definito buono, il 21% lo ha classificatosufficiente e solo l’11% lo ha riconosciuto ottimo.

Infine, per concludere la panoramica relativa ai servizi ed alle azioni svolte dalleOP, abbiamo la domanda numero7 che riporta un elenco contenente le azionisvolte dalle diverse OP e dove, al pari della domanda precedente, è statochiesto ad ogni intervistato di esprimere una valutazione da 1 (sufficiente) a 3(ottimo).

In una sola OP non è presente in alcun modo la promozione dei prodotti freschio trasformati, ed il motivo è da ricercarsi nella tipologia di prodotti specifica dellaOP che destina tutte le sue produzioni all’industria di trasformazione e quindi nonvede la necessità di eseguire questa azione, anche se in questo caso abbiamoconsiderato attività divulgative la partecipazione a fiere, di diversa entità, lapromozione svolta dai soci in particolari attività ed eventuali volanti pubblicitaricollocati in stand; e non una vera e propria attività divulgativa cosi come intesa

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dal programma operativo che prevede la presenza di una vera e propriastruttura di marketing, non presente in nessuna delle OP oggetto di studio.

Per quanto riguarda la valutazione delle azioni, in generale la situazione sipresenta simile a quella della domanda precedente; infatti su un totale di 11azioni proposte, ben 8 mostrano la maggior parte delle valutazioni collocarsinell’attributo centrale buono. In sei di questi nove casi la valutazione Buono èseguita da quella Ottimo, nei restanti casi invece è seguita da quella sufficiente.Differisce da questo andamento la Disciplina ambientale, dove il 59% degliintervistati la classifica ottima, seguito da chi la classifica buona(36%); solo il 5%la considera sufficiente. Quindi anche in questo caso le valutazioni si rivelanopositive.

In termini generali gli intervistati riconoscono nelle Organizzazioni di Produttoriun centro di aggregazione dell’offerta, da sfruttare e sostenere per arrivare adavere più potere nella contrattazione sul mercato finale.

La valutazione dei servizi mostra una situazione che potremmo definire rosea,ma in realtà se si incrociano queste risposte con quelle aperte relative ai punti diforza e di debolezza delle OP, si notano alcune discordanze con quanto appenaaffermato.

In primis gli agricoltori mostrano di orientarsi prevalentemente su servizi inerentiquasi esclusivamente l’aspetto tecnico, preoccupandosi poco o niente per ciòche riguarda la collocazione successiva del prodotto sul mercato.

Se però si chiede agli agricoltori quale sia il motivo principale per cui hannodeciso di aderire ad una OP le risposte convergono tutte verso questo aspetto,infatti è fondamentale il ruolo che l’OP svolge in termini di aggregazionedell’offerta e di successiva entrata del prodotto sul mercato; il problema risiedenel fatto che l’OP ritira tutto il prodotto che gli viene conferito e questa certezza,porta l’agricoltore a preoccuparsi meno di temi come la programmazione o lacollocazione del suo prodotto sul mercato finale.

Secondo gli agricoltori i punti di forza maggiori delle OP risiedono appunto nellacapacità di aggregazione dell’offerta, nel servizio tecnico e nella trasparenzapresente tra chi cura gli interessi della OP ed i loro associati.

D’altro canto questi vantaggi vengono anche, in alcuni casi, riconosciuti comesvantaggi dato che una struttura di questo tipo porta alle volte poca tempestivitànelle decisioni causa la presenza di numerosi soci, ognuno con lo stesso poteredecisionale e le proprie idee.

In secondo luogo la criticità maggiore riscontrata dai soci è la poca efficaciadella OP nella contrattazione dei prezzi sui mercati finali; criticità che non vieneattribuita ad una sorta di incapacità degli organi della OP preposti a questocompito, ma piuttosto ad una sempre maggiore disparità in termini di forzacontrattuale rispetto agli altri attori della filiera (specialmente a favore della GDO)che porta l’organizzazione a dover accettare i prezzi imposti piuttosto che adiscuterli.

Si può quindi concludere che la valutazione complessiva degli aderenti alleOP è buona ma vi sono spazi di miglioramento importanti soprattutto nel campodei servizi volti a promuovere il miglioramento della fase di commercializzazione.

In seguito è stato chiesto agli intervistati di indicare altre eventuali possibili azionida includere nel piano operativo rispetto a quelle presenti attualmente.

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La maggioranza degli intervistati non sente la necessità di aggiungere al pianooperativo, ulteriori azioni rispetto a quanto già presente. Nei casi in cui vengonosuggerite alcune azioni in realtà non si trovano sostanziali novità rispetto a quantoriportato nel questionario, ma piuttosto abbiamo un desiderio di incremento dialcune azioni già esistenti ed in particolare di quelle relative alla formazione degliassociati, alla vendita diretta da parte della OP ed una presenza di maggioricertificazioni volontarie per distinguere meglio il proprio prodotto da quello deiconcorrenti.

Rispetto alla richiesta circa i principali punti di forza e di debolezza della propriaorganizzazione di produttori sono emerse le seguenti considerazioni.

Tralasciando gli intervistati che non hanno fornito alcuna risposta, vediamo chei principali punti di forza della OP, individuati dagli associati, sono la gestioneorganizzativa e quindi dei servizi rivolti agli associati ed il tema dellaprogrammazione delle produzioni.

In questo senso si nota chiaramente come l’attenzione degli appartenenti allaOP è rivolta a quelle tipologie di servizio che permettano una maggiorerazionalizzazione ed un miglior sfruttamento delle proprie risorse, in modo daridurre gli sprechi ed allinearsi con quanto richiesto dal mercato. Riconoscendocosì nella OP, un sistema efficiente dal punto di vista della gestione degli associati,in termini soprattutto di servizi offerti; e una sorta di collettore e regolatore delleproprie produzioni.

Al contrario per quanto riguarda i punti di debolezza riscontrati nella OP, laprima cosa che risalta è sicuramente l’elevata percentuale di persone che nonforniscono alcuna risposta (54%); mentre per quanto riguarda le criticitàriscontrate, la maggiore risulta essere quella relativa all’organizzazione e gestionedella struttura. Importante anche la percentuale di chi indica il livellodimensionale e quindi di aggregazione raggiunto.

Questa risposta non deve però trarre in inganno, infatti non ci riferisce almedesimo ambito descritto in precedenza nei punti di forza; ma piuttosto altimore che all’aumentare della dimensione dell’organizzazione incrementi anchein maniera esponenziale la burocrazia e che di conseguenza le decisioni nonvengano prese in modo tempestivo.

Gli altri servizi riguardavano in parte i servizi tecnici, dove ogni agricoltoreaspirerebbe ad avere un consulenze personale sempre a sua disposizione ed inparte il lato economico dove ci si lamenta del poco guadagno generale.

Con le stesse modalità viste in precedenza è stato poi chiesto agli agricoltoriquali fossero i punti di forza e di debolezza non della organizzazione ma bensìdelle proprie aziende agricole. Anche in questo caso, abbiamo un’altapercentuale di intervistati che non risponde.

I punti di forza principali individuati dagli agricoltori sono la conduzione ancoraa livello familiare e il livello qualitativo e di tipicità dei propri prodotti. La rimanenteparte si suddivide soprattutto tra la gestione delle pratiche agricole e l’esperienzaelevata, due ambiti che sono ancora fortemente legati alla tipologia diconduzione.

I punti di debolezza maggiori riscontrati dagli agricoltori nelle proprie aziendesiano prevalentemente inerenti alle dimensioni stesse dell’azienda, ai costi elevati

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dei fattori di produzione e della manodopera e di conseguenza all’autonomiafinanziaria.

Notiamo quindi come queste debolezze si interfaccino in modo abbastanzaimportante con i punti di forza delle riscontrati nelle OP che erano appunto unbuon livello di gestione dei servizi offerti agli associati (quindi sia servizi tecnici maanche economici e di mercato); ed in generale il livello di aggregazione che siraggiunge e che è sicuramente più elevato di quello della singola azienda

In conclusione, si vede come interfacciando i punti di forza e di debolezzariscontrati nelle aziende e nello OP questi siano strettamente legati; infatti bastipensare che molti dei punti di forza individuati nelle aziende agricole, sono talisolamente a patto che vi siano certe condizioni , perché altrimenti si potrebberotramutare rapidamente in punti di debolezza; per esempio nel momento in cui lastruttura familiare così composta non è in grado di reagire ai cambiamenti propostidal mercato, l’azienda rischia il fallimento ed allo stesso modo nell’istante in cui illivello qualitativo dei prodotti non viene valorizzato in maniera adeguata e quindinon rappresenta carattere distintivo sul mercato questi non verranno venduti.

In questo senso l’OP potrebbe rappresentare la soluzione per consentire agliagricoltori di mantenere la loro tipicità, non solo sui prodotti ma anche in terministrutturali, ed allo stesso tempo subentrare nei punti critici con una struttura fortee reattiva. E’ stata svolta anche un’analisi volta ad “incrociare” le informazionirelative alla specializzazione produttiva con la valutazione fornita circa i servizipiù importanti.

Sono state create quattro classi di prodotto: la prima contiene quelle aziendeche producono prevalentemente pomodoro da industria; la secondadenominata frutticoli contiene le tipologie di prodotto mele e pere; la terzachiamata orticole in campo racchiude quelle aziende con produzioni inerentiangurie, meloni e zucche; infine l’ultima classe contiene quelle aziende le cuiproduzioni sono destinate alla quarta gamma.

Dall’analisi svolta si possono notare sostanzialmente due gruppi omogenei diaziende. Le aziende che producono le prime due classi di prodotto (pomodoroda industria e frutticoli), si orientano prevalentemente sui servizi inerenti la lottaalle avversità, l’acquisto dei fattori di produzione e la capacità di ottenere prezzidi vendita più elevati; mentre il secondo gruppo, ovvero quello contenenteaziende con produzioni orticole in campo oppure destinate alla quarta gamma,indicano come servizi più importanti per le loro aziende il migliore accesso aimercati in termini di volume e la programmazione delle produzioni.

Quindi in entrambi i casi si nota l’accoppiata di due tipologie di servizi, unoprettamente tecnico e relativo alla produzione; l’altro orientato invece allosbocco sul mercato finale.

Nel primo caso la scelta di questa tipologia di servizi può essere giustificatadall’elevato investimento iniziale richiesto, se consideriamo soprattutto la classedei prodotti frutticoli, che in caso di situazione problematica del prodottoaggrava ancora di più le cose e dalla necessità quindi di ottenere un prezzo delprodotto che permetta la remunerazione dell’agricoltore stesso.

Infatti, la categoria dei prodotti frutticoli è anche quella in cui, come si vedrànell’incrocio seguente, i contributi PAC arrivano in maniera inferiore rispetto aquanto avviene per le altre categorie.

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Nel secondo caso invece siamo di fronte ad aziende con grandi volumi diproduzione e che necessitano quindi che tali quantitativi siano, oltre che ritiratidall’OP, anche accettati e ben remunerati sul mercato finale.

Quindi, in questo caso, la tipologia di prodotto sembra essere una discriminanteper la scelta dei servizi più importanti per le aziende.

4.2. I risultati dell’indagine presso i non aderenti ad OP

L’indagine prevedeva la somministrazione di un questionario con lo scopo dicapire meglio la situazione economico/produttiva ed organizzativa di mercatodelle aziende.

Il questionario proposto agli agricoltori, può essere suddiviso sostanzialmente inquattro parti: situazione economico-produttiva dell’azienda, domande aperteinerenti l’azienda e gli sbocchi sul mercato, valutazione importanza di alcuniservizi per l’azienda ed infine informazioni aziendali generali:1) la situazione economico-produttiva delle aziende (le principali produzioni

ortofrutticole dell’anno 2008, nonché i relativi fatturati specifici, fatturato totaledell’anno 2008 e sull’ammontare totale dei contributi PAC ricevuti);

2) analisi dei punti di forza e di debolezza percepiti, analisi dei comportamenticommerciali (domande aperte che hanno lo scopo di tracciare un quadrodella situazione delle aziende in termini di punti di forza e di debolezza, dicanali di vendita, eventuali contratti ecc.);

3) percezione dell’importanza di taluni servizi per le aziende (si è chiesto agliintervistati di esprimere, per ogni servizio potenzialmente proposto oproponibile da una OP, una valutazione in merito all’importanza che questiservizi assumono o potrebbero assumere nelle loro aziende, con un valorenumerico da 1 a 5);

4) informazioni generali relative all’azienda e all’imprenditore.Iniziando proprio dai dati relativi all’ultimo punto, dal punto di vista dell’età dei

conduttori, il più giovane tra gli intervistati ha un’età di 22 anni, mentre quello piùanziano di 71 anni; l’età media del campione risulta essere di 44 anni.

Due classi di età si suddividono in maniera esattamente identica al quota piùimportante del campione: quella dai 31 ai 40 anni e quella che va dai 41 ai 50anni; insieme queste due classi racchiudono ben il 74% del campione. Il titolo distudio prevalente risulta essere quello di scuola secondaria (licenza superiore),seguito da chi possiede una laurea con il 21% e quello di scuola primaria con il 16%.

La superficie media del campione risulta essere di 19 Ha ed il campione presentaal suo interno una notevole variabilità passando da aziende con superficie pari ad1 ettaro ad altre con dimensioni di 150 ettari. Quasi la metà del campione presentauna superficie tra 0 e 5 ettari; questa classe è seguita in ugual modo da quelleaziende con superficie compresa tra 5 e 10 ettari e tra 10 e 20 ettari.

Le aziende oggetto di intervista si suddividono geograficamente tra 9 province,anche se province assieme racchiudono più della metà del campione: Milanocon il 31%; Pavia con il 21%.

Il campione oggetto di studio si suddivide tra aziende monoprodotto (26%) edaziende multi prodotto (74%). Per facilitare la comprensione di quanto emerso

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dai questionari si è cercato di raggruppare le produzioni in gruppi omogenei, inmodo da ridurre leggermente la variabilità e permettere così una maggiorechiarezza di esposizione dei dati.

Con riferimento ad alcuni degli indicatori economici relativi alle aziende. Ilfatturato medio delle produzioni ortofrutticole degli intervistati, nell’anno 2008 èstato di poco superiore agli 85.500 euro; mentre complessivamente tutto ilcampione ha coltivato prodotti ortofrutticoli per un valore pari a 1.626.500 euro;dato che non comprende i fatturati di due aziende che non hanno fornito i dati.

Se si valuta il peso che il fatturato dei prodotti ortofrutticoli riveste sul fatturatototale dell’azienda, ci si rende ancora più conto come il campione siarappresentato da aziende specializzate in questo tipo di produzioni, dato cheben il 32% dichiara che il fatturato specifico incide su quello totale per unapercentuale maggiore del 70%.

Spostandosi sul fatturato totale aziendale, si nota una distribuzione quasiomogenea delle aziende nelle differenti classi create. Per quanto riguarda inveceil contributo PAC, in questo caso il dato mostra che solamente tre aziende su 19hanno ricevuto un contributo PAC nell’anno 2008.

Di particolare rilievo sono le risposte fornite dagli intervistati in merito all’importanzache alcuni servizi proposti rivestono o potrebbero rivestire nella gestione della propriaazienda agricola; la valutazione prevedeva una scala numerica da uno cinque,dove il numero più basso indica l’attributo “scarsamente o per nulla importate” edil più alto l’attributo “assolutamente necessario/importante”.

L’elenco dei servizi proposto è composto dalle seguenti voci: disciplinari diproduzione integrata (assistenza tecnica per la loro applicazione); lotta alleavversità; scelta delle varietà; assicurazioni; assistenza tecnico-economica;acquisto dei fattori di produzione; migliore accesso ai mercati; vendita diretta;prezzi di vendita più elevati; consulenze nel campo commerciale; attività diricerca e sviluppo; programmazione delle produzioni; informazioni ai consumatori;maggiore trasparenza sui prezzi; servizi amministrativi; altro (da specificare).

I primi tre servizi in termini di importanza per queste aziende sono risultati essere:prezzi di vendita più elevati; vendita diretta; programmazione delle produzioni.

Quelli che invece rivestono un ruolo medio-alto sono: migliore accesso aimercati; maggiore trasparenza sui prezzi e servizi amministrativi. Seguono, conun’importanza media: varietà; informazioni ai consumatori; disciplinari diproduzione integrata e lotta alle avversità.

Questa panoramica sui risultati mostra una situazione molto interessante.Ovvero quello che gli agricoltori mostrano di desiderare è un sostanzialeaccorciamento della filiera che porti ad una minore dispersione di risorse ed unamaggiore trasparenza e chiarezza dei meccanismi che avvengono al suointerno; allo stesso tempo mostrano però la necessità di avere dimensioni tali chepermettano di entrare nel mercato ed ottenere prezzi adeguati ai loro costi edal livello qualitativo dei propri prodotti. Infine, la crescente situazione di instabilitàeconomica fa emergere la necessità di accordi chiari e precisi con i diversi attoridella filiera, volti ad un minor spreco di risorse e prezzi in generale più vantaggiosi.

Tutti questi fattori, se confrontati con la missione affidata alle OP mostra comequesti agricoltori riconoscano la necessità quanto meno dei servizi che questotipo di struttura può offrire, pur non facendone parte al momento.

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E’ stato anche chiesto agli agricoltori quali fossero i punti di forza e didebolezza riscontrati nelle proprie aziende agricole. Come già visto per le rispostedate dagli agricoltori aderenti ad una OP, anche nel caso dei non aderenti laqualità dei prodotti viene individuato frequentemente (47%), come punto di forzadelle aziende agricole; seguono con il 16% la tipicità dei prodotti e la filiera corta.

Le difficoltà maggiori risultano invece essere quelle legate sostanzialmente allagestione delle produzioni sia in termini quantitativi che di stoccaggio; il tuttoovviamente riferito poi alla difficoltà di portare il prodotto sul mercato, sia dalpunto di vista dei quantitativi (sovrapproduzione o sottoproduzione), che delrispetto degli standard qualitativi richiesti; sempre riferito all’ingresso sul mercatoun’altra criticità riscontrata è quella relativa alla scarsa aggregazione delleaziende agricole

I punti di forza e di debolezza riscontrati ci mostrano già un primo quadro delpensiero degli agricoltori che non appartengono ad organizzazioni di produttori;infatti quello che emerge è soprattutto una lacuna dal punto di vista gestionalee di organizzazione, che comportano poi gravi problemi nell’ingresso sul mercato.

Tutte le criticità individuate si interfacciano perfettamente con gli obiettivi tipicidi una OP, che sono appunto quelli di supporto dal punto di vista tecnico eamministrativo, ma soprattutto di aggregazione e programmazione dell’offertaper poter meglio operare sul mercato finale.

L’analisi preliminare mostra che solo il 26% degli intervistati utilizza più di uncanale di vendita, mentre la rimanente parte si focalizza su di uno solo. Il canaledi vendita principale risulta essere quello del mercato all’ingrosso, utilizzato dallamaggioranza degli intervistati; seguono con il 18% il commerciante intermediarioe la vendita diretta ai consumatori finali.

Circa i criteri di scelta dei canali commerciali, nella maggior parte dei casi essimantengono il canale di vendita della precedente gestione. Questa modalitàdi scelta, se da un lato permette di mantenere i rapporti e le conoscenze createin precedenza, dall’altro forse porta gli agricoltori a non vedere altri possibilisbocchi di mercato magari più convenienti.

Il mercato di riferimento nella maggior parte dei casi risulta essere quello diMilano, mentre la restante parte del campione non fa riferimento a nessunparticolare mercato. I risultati delle interviste mostrano che ben il 26% delcampione non attua alcuna strategia di programmazione; e questo lo porta poiad avere come punto di debolezza l’errata gestione della propria capacità dirispondere alle richieste del mercato.

Per chi invece attua un’azione di programmazione, la modalità prevalente èquella basata semplicisticamente sullo storico delle annate precedenti; mentrein un altro 26% dei casi essi si basano semplicemente sulle necessità imposte dallerotazioni agricole o, genericamente, in base alle richieste di vendita.

Certamente queste risposte lasciano trasparire rilevanti problemi di gestione:non solo in molti casi non vi è alcuna programmazione (con il rischio di non esserein grado di reagire ai cambiamenti del mercato), ma anche dove vieneeffettuata, le modalità appaiono incerte e non fondate su dati di mercato solidi.

Una serie di temi di particolare interesse concerne le modalità di relazione egestione dei clienti e gli eventuali problemi riscontrati nella filiera dei propriprodotti.

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Ben il 74% degli intervistati dichiara di non aver alcun contratto formalizzatocon i clienti; mentre solo il 5% presenta un contratto stabile con una catena disupermercati. I dati mostrano una situazione molto precaria, con gli agricoltoriche sostanzialmente non hanno la certezza di vedere la loro merce ritirata; essi,inoltre non sono in grado di prevedere quali saranno le richieste del loro prodottoe il range di prezzo possibile.

I problemi di relazione con i clienti sono di varia natura, ma due tendono aprevalere: il mancato riconoscimento da parte degli acquirenti del giustorapporto qualità/prezzo (ovvero il problema del potere contrattuale sbilanciatotra venditori e acquirenti), e la programmazione delle produzioni. Altri problemifrequenti, peraltro correlati ai precedenti, sono quelli legati ai prezzi troppo pocoremunerativi e della gestione della stagionalità.

Infine si è cercato di identificare gli eventuali problemi presenti lungo la filieradelle produzioni agricole delle aziende. Tolta la parte del campione che nonfornisce alcuna risposta alla domanda (74%), gli altri problemi riscontrati sisuddividono in maniera abbastanza equa e si riferiscono principalmente aiproblemi di stagionalità e più in generale di gestione e programmazione delleproduzioni, oltre che alla scarsa visibilità dei prodotti locali.

Rispetto al tema delle fonti informative sull’andamento e sulle opportunità dimercato, dall’analisi emerge che più della metà degli intervistati ottieneinformazioni sui prezzi direttamente dai mercati di riferimento; seguono con lastessa percentuale (11%), il controllo dei prezzi al supermercato e lo scambio diinformazioni tra esperti del settore (grossisti e dettaglianti). Anche in questo casola sensazione è di una certa imprecisione e precarietà delle informazioni, chenon aiutano a superare l’incertezza tipica del settore.

Le novità relative agli aspetti tecnologici vengono invece principalmenteapprese attraverso riviste specializzate, fiere e convegni ed infine tramite ivenditori o fornitori di fiducia.

In conclusione tutte le risposte ottenute ed il quadro che si delinea dai risultatisopra presentati mostra come gli agricoltori singoli, non abbiano un approccioorganico e soddisfacente alla ricerca delle informazioni cruciali per la loro attivitàeconomica. Questo crea notevoli problemi, peraltro riconosciuti anche dagliagricoltori stessi, soprattutto nella gestione del prodotto nelle fasi successive allacoltivazione, vuoi per mancanza di adeguate conoscenze delle dinamiche dimercato che per mancanza di strutture adeguate (stoccaggio e logistica).

In questo senso tutti questi fattori si ricollegano in maniera molto precisa allefunzioni e servizi offerti dalle OP che per loro natura provvedono all’erogazionedi servizi specifici e soprattutto all’aggregazione dell’offerta per poter megliocompetere sul mercato finale.

Quindi se da un lato le OP regionali hanno già mostrato una notevole capacitàdi attrazione dei singoli produttori, con riferimento al comparto ortofrutticolo,dall’altro sembra emergere una chiara percezione, anche da parte di chi èancora fuori da questo sistema, dell’importanza dei servizi delle OP stesse chepotrebbe anche aiutarli a superare una naturale e diffusa ritrosia a superarel’individualismo e a partecipare a forme di collaborazione tra produttori.

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Grafico 4.1. Età degli intervistati

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.2. Sesso degli intervistati

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.3. Titolo di studio degli intervistati

Fonte Dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.4. Superficie delle aziende

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.5: Superficie agricola utilizzata (SAU)

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.6. Distribuzione per province

Fonte Dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.7: Zona altimetrica delle aziende degli intervistati

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.8. Ripartizione in classi di fatturato totale aziendale.

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.9. Suddivisione aziende in classi di contributo PAC

Fonte Dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.10. Influenza del contributo PAC sul fatturato totale

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.11. Servizi più importanti per le aziende

Fonte Dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.12. Valutazione dei servizi offerti dalle OP

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.13. Valutazione delle diverse azioni svolte dalle OP da parte degli intervistati

Fonte Dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.14. Risposte aperte degli aderenti: azioni da aggiungere al piano operativo.

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.15. Risposte aperte degli aderenti: punti di forza delle OP.

Fonte Dati: Nostra elaborazioneGrafico 4.16. Risposte alle domande aperte degli aderenti: punti di debolezza delle OP

Fonte Dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.17. Risposte alle domande aperte degli aderenti: punti di forza delle aziende agricole

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.18. Risposte domande aperte aderenti: punti di debolezza delle aziende agricole

Fonte Dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.19. Età degli intervistati non aderenti ad OP

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.20. Titolo di studio dei non aderenti ad OP

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.21. Superficie delle aziende dei non aderenti ad OP

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.22. Superficie agricola utilizzata dei non aderenti ad OP

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.23. Zona altimetrica delle aziende degli intervistati non aderenti ad alcuna OP.

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.24. Categorie di prodotti presenti nel campione (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.25. Ripartizione fatturato specifico prodotti ortofrutticoli (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.26. Peso fatturato specifico prodotti ortofrutticoli su fatturato totale aziendale (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.27. Ripartizione fatturato totale aziende in classi (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.28. Ripartizione delle aziende in classi di contributo PAC (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.29. Valutazione dell’importanza dei servizi (potenzialmente offerti dalle Op) per la propria azienda (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.30. Punti di forza delle aziende agricole (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.31. Punti di debolezza delle aziende agricole (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.32. Canali di vendita delle aziende (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.33. Criteri di scelta canali di vendita (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.34. Mercato di riferimento (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.35. Modalità di programmazione delle produzioni (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.36. Presenza di contratti con i clienti (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.37. Problemi di relazione con i clienti (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

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Grafico 4.38. Problemi nella filiera dei prodotti aziendali (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.39. Modalità di informazione sui prezzi (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

Grafico 4.40. Modalità di informazione sulle novità tecnologiche (non aderenti)

Fonte dati: Nostra elaborazione

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5. ALCUNE INDICAZIONI

Le due ricerche svolte e i risultati di sintesi presentati in questo quaderno hannopermesso di individuare alcune possibili linee di intervento in termini di politiche,sia da parte delle amministrazioni – regionali, nazionale ed europee – che daparte degli stessi agricoltori e delle OP (e AOP).

Con riferimento alle istituzioni, sembrano rivestire un’importanza decisivasoprattutto i seguenti aspetti:1. sostegno alla ulteriore adesione dei produttori alle stesse;2. azione finalizzata alla crescita dimensionale delle OP, agendo sui criteri minimi,

finalizzata a favorire una azione delle OP più efficace sulle dinamiche dimercato,

3. promozione di programmi operativi delle OP sempre più completi e coerenticon le maggiori criticità, soprattutto di mercato;

4. semplificazione degli aspetti amministrativi soprattutto rispetto alle misurepromosse e sostenute nell’ambito dei PSR e quelle previste nei PO delle OP;

5. sono necessarie iniziative atte a garantire il migliore e più trasparentefunzionamento dei mercati all’ingrosso, in particolare per i prodotti ortofrutticolifreschi;

6. valutare nuove iniziative nel campo della regolazione dei contratti e dellemodalità di vendita della GDO al fine di impedire l’emergere o il rafforzarsi dielementi di squilibrio nel potere contrattuale nelle filiere agroalimentari, e inparticolare nel caso degli ortofrutticoli freschi.

L’indagine, nel contempo, ha anche permesso di identificare alcuneimportanti linee di intervento per le OP e le AOP.

Da un lato è positivo rilevare che in generale l’attività delle OP è percepita inmodo positivo dagli aderenti e in modo potenzialmente rispondente ai bisognidagli agricoltori che ancora non aderiscono a nessuna OP.

D’altro canto è soprattutto sulle principali problematiche economiche che le OPdovranno affrontare le prossime sfide e a questo fine sarà certamente importanteagire ancora con crescente determinazione, pur nella consapevolezza delledifficoltà.

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Il sito della ricerca in agricoltura

www.agricoltura.regione.lombardia.it