Il Calderone - Samhain 2014

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Samhain 2014 n 01

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Magazine dell’OBOD (www.druidry.org), in lingua italiana, per tutti gli iscritti e non. Il Calderone è il luogo della Creatività, l’insondabile origine dell’Awen, il ‘magico’ contenitore archetipale in cui da sempre gli Elementi si mischiano con l’Esperienza, con lo spirito del Tempo e del Luogo e, unendosi in proporzioni continuamente diverse … creano! Chiunque abbia voglia di versare nel Calderone una piccola goccia della propria creatività sarà più che ben accetto, basterà scrivere a: [email protected] CHIUNQUE SIA INTERESSATO A RICEVERE GRATUITAMENTE VIA EMAIL I NUMERI SUCCESSIVI, POTRA' RICHIEDERLI ALLO STESSO INDIRIZZO comunicando la propria email.

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Samhain 2014n 01

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Il Calderone

Magazine dell’OBOD, in lingua ita-liana, per tutti gli iscritti.Il Calderone è il luogo della Creati-vità, l’insondabile origine dell’Awen, il ‘magico’ contenitore archetipale in cui da sempre gli Elementi si mi-schiano con l’Esperienza, con lo spi-rito del Tempo e del Luogo e, unen-dosi in proporzioni continuamente diverse … creano!Quello che sentiamo, osservandolo dall’esterno, è un atavico senso di calore, la voglia di andare a sbirciar-ne il contenuto per rifletterci nello specchio della sua misteriosa super-ficie ed osservare le potenzialità che la nostra stessa immagine rimanda: le nostre infinite possibilità di essere. Ed è di queste nostre possibilità che ci arricchiamo anche solo osservan-dole perché l’Ispirazione creativa, l’Awen, è il primo passo per tutte le cose, sia nella nostra vita interiore che in quella materiale.Potremmo aspettare magari che “tre gocce” bollenti ci tocchino, spingen-doci a portare alla labbra la mano colpita e risvegliare così involon-tariamente Taliesin, ma possiamo anche consapevolmente avvicinarci al Calderone ed aggiungere in esso qualcosa, e qualcosa volontariamen-te e liberamente prendere, in un mo-vimento continuo che arricchisca il

suo contenuto e noi stessi: questo è quello che vuole essere questo nostro magazine… un modo per condivide-re la ricchezza delle singole esistenze, accrescendola in uno scambievole flusso di Creatività, informazioni, interessi, poesie, immagini, espe-rienze personali e quant’altro possa essere ben ‘amalgamato’! Abbiamo scelto il formato elettronico per evitare ogni tipo di spesa ed inutili sprechi di carta.Chiunque abbia voglia di versare nel Calderone una piccola goccia della propria creatività sarà più che ben accetto, basterà scrivere alla redazio-ne, all’indirizzo sottostante.Chiunque sia interessato a ricevere tutti e quattro i numeri annuali del Calderone, non deve far altro che scrivere alla redazione per comuni-care il proprio indirizzo email.

Daniela F.P.

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interviste

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Intervista a Philip Carr GommCiao Philip, innanzitutto grazie per averci donato il tuo tempo per questa intervista.Grazie a te Bran, sono contento che sia nata questa bella iniziativa che coinvolge così tante persone e che sperò diventerà presto una realtà so-lida e vibrante in Italia

Cosa rappresenta per te il Druidi-smo?Il druidismo per me rappresenta un modo sano di vivere in un mondo che non è sano!

pi, sia individualmente. Abbiamo ovviamente dei leader: Io, ad esempio, sono il leader dell’ Or-dine, I gruppi hanno al loro interno dei leader e cosi via. Questi però sono solo posizioni ne-cessarie – in realtà lavoriamo con la grande forza rappresentata dal no-stro tempo di adesso: il movimento dalla natura ego-centrata alla natura eco-centrata. Da ‘me’ a ‘noi’.

Cosa ti auguri per il Druidismo in Italia?Io spero e mi auguro che le persone trovino che esso offra la possibilità di esplorare la loro natura interna e allo stesso tempo il mondo della natura che ci circonda Puoi spiegarci in poche parole la circolarità del nostro Ordine e l’assenza di una vera e propria ge-rarchia?L’ OBOD è una comunità. Lavoria-mo sia in cerchi, in squadre, in grup-

Capo scelto dell’Order of Bards Ovates an Druids

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Come vivi nella vita di tutti i gior-

ni gli insegnamenti dell’ OBOD?

La filosofia è più che altro una posi-

zione, una linea, un comportamento

verso la vita – e in questo senso è in-

visibile. Essa è la somma del modo in cui ti

comporti con te stesso e con il mon-

do. Però in un senso più dettagliato,

medito, faccio l’esercizio fisico tutti

I giorni, leggo filosofie ispiranti, mi

approccio ad idee spirituali da tante

fonti diverse, questo mi è necessario

per nutrirmi quotidianamente.

Questa filosofia ti aiuta negli

aspetti quotidiani della tua vita?

Si, mi aiuta molto, riesco ad essere

più calmo, più in pace con me stesso

e con qualsiasi cosa mi accada intor-

no.

Infine, Puoi provare a sintetizzare

la tua visione del Druidismo come

se questa fosse una Triade, utiliz-

zando tre semplici frasi o parole?

Non è semplice:

Druidismo, un sussurro nel vento –

è li?La solida antica pietra – è li!

Relazioni più profonde – infatti è li!

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divinita - leggende

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CAILLEACHL‘ANTICHISSIMA

on il lento avvici-narsi del Tempo della discesa nella Terra, tempo di Samhain, tempo

d’Inverno, tempo di passaggio ad un nuovo Ciclo di Morte e Rinascita, una figura, potente ed eterna prende lentamente forma. E’ la Cailleach. La parola cailleach deriva dall’antico irlandese caillech (“[colei che] si cela con un velo”, “la velata”… da Cail-le , mantello o velo ) e proprio nel-la mitologia irlandese, così come in quella scozzese, la Cailleach (“Vec-chia Donna”), anche nota come la Cailleach Bheur, è una strega divina, una divinità creatrice, la più anti-ca delle divinità. Quello che questa potente figura attualmente evoca alle nostre emozioni è il residuo di tutte queste sensazioni archetipali: la Cailleach è SIGNORA DEL-LA MORTE, di quello che è stato prima, dell’Inverno, del gelo, del passaggio… E DELLA VITA, della Terra, della creazione, della pietra, dell’acqua, dell’ultima mietitura, del bestiame, dei cervi. Rees la chiama “ la figura più straordinaria nel mito gaelico oggi”. La Cailleach ha qualità universali

sue origini si perdono nel tempo, in molti casi “creatrice” delle stesse terre in cui poi era onorata come madre di tutte le dee e di tutti gli dei. “Lei esisteva dalla lunga eternità del mondo. Una donna di Tiree una volta chiese alla Cailleach quanti anni avesse . Lei rispose che ricorda-va quando le rocce Skerryvore erano i campi in cui l’orzo è stato allevato e quando i laghi erano piccoli poz-zi. La sua grande età era un segno di potenza, veramente venerabile e proverbiale : “ vecchio come il Cail-leach Bhéarra . “[ MacKenzie , 162-3 ]. Si diceva che ella si recasse alle Mountain Springs per rinnovare la propria forza vitale o per compiere i riti che portano al passaggio del-le stagioni. Una tradizione scozzese racconta che la Cailleach era venuta nel cuore della notte per il bene del-la gioventù ( nei pressi di Loch Ba di Mull ) e bevuto “prima che alcun uccello avesse assaggiato l’acqua o che un cane fosse stato sentito abba-iare. “ La sua longevità incredibile è tratta quindi dall’Acqua della vita . Nel corso dei secoli in una versione di questa storia , un cane aveva abba-iato prima che la Cailleach si fosse piegata verso l’acqua, e lei lo aveva in

quindi: non è una dea della fertilità o di morte o di una qualsiasi cosa , ma una divinità che è al tempo stes-so trascendente e immanente. Al di là degli aspetti attuali e spirituali che questo momento della Ruota ci ispira e di tutti gli approfondimenti, anche solo pensati ed ‘istintivi’, che la potenza di un simile personaggio evoca immediatamente, può essere interessante dare un breve sguardo ad alcune delle mille leggende, miti e racconti popolari, che riguardano l’Antichissima Dea per meglio com-prenderne inizialmente la profondi-tà e l’importanza… La Cailleach, essere primordiale e potentissimo, si chiamava anche Sentainne, “ Anziana “, in irlandese, cioè: “che ha superato sette periodi di giovani “. L’appellativo di “anzia-na “ pare essere inizialmente dovuto sia alla sua origine antichissima, per la quale nuove popolazioni in arrivo nelle terre in cui era già conosciuta la chiamarono Dea Antica.. e poi Anziana, Vecchia Saggia, ed anche per la sua caratteristica di emerge-re, nella Ruota dell’ Anno, dal luogo opposto alla “giovane” primavera, come dea dell’Inverno. E’comun-que una dea talmente antica che le

C

Leggende e racconti

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polverizzato. [MacKenzie ]Collegata in tutta la mitologia nor-dica con fiumi, laghi, pozzi, paludi, il mare e le tempeste, con le rocce , le montagne, i massi ,i templi me-galitici e le “standing stones” a que-sta Dea fu riconosciuto un enorme potere, il potere femminile dell’ac-cudire, del guidare, del sostenere durante la Vita… così come anche dopo di essa; non solo Dea del pas-saggio quindi, ma anche del prima e dopo, del passato e del futuro intesi però come momento presente, come ‘cammino attraverso’ durante il qua-le questa confortevole e materna figura ci protegge ed accudisce con i suoi doni e la sua guida. Gli scozzesi la chiamarono: la vecchia moglie del Tuono. La Cailleach, in quanto creatrice della Terra, è anche Signora degli Animali e in particolare è collega-ta ad alcuni di essi: a volte assume la forma di gabbiani, aquile, aironi (l’airone è anche collegato al dio del mare Manannan che in alcune leg-gende è considerato il marito della Cailleach.) e cormorani. Vola sulle colline seguita da truppe di cervi e cinghiali. Si diceva che durante la stagione invernale la dea si spostasse cavalcando un enorme lupo e saltas-se dalla collina a collina. In Scozia, secondo le leggende, la Dea era pro-tettrice dei cervi, animali magici per i celti, li accudiva e li difendeva dai cacciatori. A volte dettava delle net-te condizioni ai cacciatori indicando loro quando e come cacciarli se era necessario. Esistono leggende scoz-zesi che parlano di streghe protettri-ci dei cervi che vivevano nelle fore-ste. Esse trattavano con i cacciatori per assicurarsi che cacciassero solo

- L’associazione con la stagione in-vernale. - La sua mole gigantesca. - La sua antichissima età, essendo fatta risalire a uno dei primi esseri presenti sulla terra. - La sua funzione di guardiana di particolari animali come il cervo, la mucca e l’airone.- La sua capacità di trasformarsi ed assumere diverse forme come quella di fanciulla, airone e pietra.

- La ‘bacchetta magica’ (SLACH-DAN) della Cailleach -La Cailleach porta un slachdan ( bacchetta di potenza) con cui plasma la terra e controlla il tempo. In una fiaba dell’isola di Skye ella colpisce il terreno con la bacchetta, indurendo la terra con il gelo. Ovunque la Cail-leach scagli il potere dello slachdan non cresce più nulla. In primavera invece la Cailleach pone il suo sla-chdan nella radice dell’ agrifoglio e delle ginestre, piante simboliche dell’inverno ed a lei sacre. Durante il “grande sole” , la metà luminosa dell’anno, la dea si trasforma in un masso grigio che trasuda umidità.”[ MacKenzie ] . Narrano le leggende che la bacchetta della Cailleach ab-bia potere sia di guarigione che di Morte: colui il quale non sia gradito alla dea, viene colpito da lei con la sua Slachdan e per sempre resta im-mobile (pietrificato , gelato… mor-to)La Slachdan della Cailleach è come la bacchetta degli sciamani celtici. E’ di legno pioppo, a volte intagliata con caratteri Ogham. IL Glossario di Cormac la chiama una ‘bacchet-ta magica’. Un manoscritto di 1509 raccomanda il taglio del nome sulla

quando necessario ed elargivano loro benedizioni e amuleti per aiu-tarli. Secondo alcuni studiosi queste streghe sono ciò che resta di un’an-tichissima tradizione di sacerdotesse devote alla dea Cailleach. La figura della Cailleach è stata ripresa anche in numerosi altri personaggi della mitologia irlandese (le Cailleacha), della mitologia scozzese (le Caillea-chan) e dell’Isola di Man (la Cail-leagh). Il termine ricorre in parole composte gaeliche come cailleach-dhubh (“vecchia nutrice”) o cail-leach-oidhche (“vecchia civetta”) da cui poi nell’irlandese cailleach feasa (“veggenti”) e cailleach phiseogach (“maghe”).Nella sua veste di pro-tettrice delle fonti di nutrimento e quindi della vita, in Irlanda la dea ha come animale sacro la mucca. La dea stessa si occupava del suo bestiame e mungeva le sue mucche fatate rica-vandone del latte magico che usava per ridare la vita ai morti. La Dea appare quindi sia come Signora del-la Morte che della Vita. La Cailleach Bhéara è stata anche la Vecchia Dea d’Irlanda, o Hag di Beare, chiama-ta appunto Boi, “ mucca”, un titolo che condivideva con altre antiche dee irlandesi.Numerose sono ovviamente le leg-gende che ci parlano di questa Dea e analizzandole possiamo evidenziare delle caratteristiche ricorrenti: - La Cailleach dà forma alla terra sia in modo volontario che involonta-rio (il suo grembiule carico di pietre ritorna in moltissime leggende cel-tiche) creando laghi, colline, isole e costruzioni megalitiche.- Una costante associazione con l’ac-qua attraverso pozzi, laghi e fiumi di cui è spesso guardiana.

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lapide di un uomo ucciso dalla ma-gia sulla bacchetta con l’ Ogham. .. ed i sacerdoti proibivano di seppel-lire tali i morti in cimiteri cristiani [Wood- Martin , 305 ] . In molti luoghi le pietre (“standing stones”) in piedi si dice siano persone e ani-mali che la dea ha trasformato . [O Hogain , 68 ]. Ma la slachdan della Cailleach assomiglia anche alle bac-chette magiche dei Celti e dei norve-gesi perché, oltre alla pietrificazione/glaciazione ed alla morte, detiene anche un significato cosmologico: il Potere del freddo, della stasi, del buio e dell’inverno ma anche, para-dossalmente, la “forza attiva” della Vecchia Dea che ne attiva il Potere ad ogni Giro di Ruota ricreando la potenzialità del movimento e della Vita. - La Cailleach: racconti delle origini, potere e materia -Sarebbe stata La Cailleach, essere primordiale e gigante ( mito che si ricollega alla cosmogonia vichinga), a creare molte montagne e colline camminando a grandi passi e fa-cendo cadere accidentalmente roc-ce dal suo grembiule. In altre leg-gende avrebbe creato le montagne intenzionalmente così come ha creato colline e vallate col suo ma-glio. Secondo altre leggende invece la Cailleach giunse in Scozia dalla Norvegia. Durante il suo viaggio la gigantessa trasportava delle enormi pietre all’interno del suo grembiule. I legacci del grembiule si ruppero e le rocce precipitarono sulla Scozia creando montagne, colline, laghi e fiumi. Il culto di questa dea si perde nella notte dei tempi, era considera-ta antica già quando i celti giunsero nelle terre in cui lei regnava.

Vaichaird [ MacKenzie ]. “La Cailleach ha creato il Solco del-la Hag… mentre arava e durante l’aratura sul monte Schiehallion for-mò la collina fatata Caledoniana ( Il suo nome gaelico , Sìdh Chaillean , significa “ Bocca del tempo “. [Ma-cKenzie ]In Altagore, contea di Antrim, c’e-ra una pietra verticale chiamata la Shanven , “ vecchia “: gli abitanti del luogo la consideravano sacra e lasciavano lì pane e offerte di burro . Una storia dice che un tale, igno-rante del potere della pietra, un gior-no la spostò per usarla come ferma porta. La mattina dopo la pietra era tornata al suo vecchio posto . [ Wood- Martin] La storia di Shanven assomiglia ai racconti francesi di ri-mozione delle “ Vergini nere “ e del loro miracoloso ritorno ai rispettivi santuari montani. La memoria po-polare irlandese si riferisce anche alla pratica medievale di prendere statue e pietre sacre da pozzi e campi e di inserirli nei portoni e pareti di chiese , monasteri e castelli.- Cailleach: Regina dell’Inverno -Come “ figlia del piccolo sole “ ( per-ché riprende potere appena le gior-nate si accorciano e il sole corre, ap-punto, basso nel cielo) la Cailleach è un potere elementale dell’ Inverno e porta con sé freddo, vento e tem-peste.La Cailleach infatti ha molti tratti di una personificazione dell’Inverno. In Scozia, per esempio, la Cailleach è anche nota come Beira, Regina dell’Inverno: pascola cervi, combat-te la primavera e il suo bastone gela il suolo. E’ dotata della famosa bac-chetta magica che è in grado anche di ricoprire tutto di neve e ghiaccio,

La Cailleach è strettamente legata all’acqua sia come creatrice di laghi e fiumi sia come guardiana di poz-zi e corsi d’acqua. Si credeva infat-ti che avesse il compito di mettere e togliere un’enorme pietra a mo’ di coperchio su pozzi e laghi in modo da sbloccare e bloccare la discesa di acqua nelle valli e nei villaggi. Se-condo una leggenda scozzese, una sera la Dea, stanca per aver fatto pa-scolare le sue mucche magiche per le valli tutto il giorno, si addormentò esausta e si dimenticò di chiudere il pozzo di cui era guardiana. L’acqua sgorgò potente e fece affogare gli abitanti del villaggio e tutto il be-stiame fino a fermarsi in una cavità nella terra, formando così il lago Lo-chAwe. La Dea, distrutta dal rimor-so e dal dispiacere per il suo errore fatale, si trasformò in pietra in segno di lutto. Nelle tante leggende sulla Cailleach ritroviamo spesso infatti la sua identificazione con pietre e massi considerati una sua vera incar-nazione. Si diceva che queste giganti pietre potessero parlare, muoversi e influenzare il tempo per cui veni-vano riverite e accudite con grande cura e rispetto. Innumerevoli miti irlandesi raccon-tano anche di come la Cailleach ab-bia costruito enormi cumuli, mega-liti, e torri in una sola notte. Alcuni di loro sono conosciuti infatti con nomi come “one - night’s - work”. [ Wood- Martin ] Nei miti scozze-si spesso la Cailleach è vista come “formatrice”del paesaggio, della Ter-ra . Portava terra e pietre sulla schie-na per fare le colline. A volte il cesto o il suo cinturino rotto facevano ver-sare esageratamente il contenuto in modo da formare monti come il Ben

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e in oltre è in grado di scatenare tempeste usando la tecnica magica ‘dei nodi e delle corde’. La Cailleach ha un grande potere sui cambiamen-ti climatici e sugli elementi, in parti-colare sulle forze atmosferiche legate all’acqua e all’inverno come la piog-gia, la neve, i fulmini e i tuoni. In Scozia le Cailleachan, sacerdotesse della Dea, sono note anche come le Streghe delle Tempeste e sono viste come la personificazione degli ele-menti della Natura specialmente nel loro aspetto distruttivo. Si dice che siano particolarmente attive nell’al-zare le tempeste di vento primaverili durante il periodo detto A’ Chail-leach. Sulla costa ovest della Scozia la Cailleach esce d’inverno per la-vare il suo grande plaid nel Gorgo di Corryvreckan (scozzese: Coire bhreacain, “Calderone del plaid”). Il lavaggio durerebbe tre giorni, du-rante i quali il rumore della tempesta imminente viene sentito fino a 32 km nell’entroterra. Quando finisce, il plaid è bianco e la terra è coperta di neve. Assieme alla dea Brìghde la Cail-leach è vista quindi anche come una divinità o uno spirito delle sta-gioni: Cailleach governa la stagione invernale, tra Samhain (1º novem-bre) e Beltane (1º maggio), mentre Brìghde governa la stagione estiva, tra Beltane e Samhain. Alcune ver-sioni le mostrano entrambe come due aspetti della stessa dea. In alcune leggende la Cailleach si trasforma in roccia a Beltane e riacquista forma umana a Samhain. A seconda delle condizioni climatiche locali, l’avvi-cendamento tra la dea dell’inverno e la dea dell’estate è festeggiato tra Là Fhèill Brìghde (“Santa Brigida

bastoni nel suo becco. Si diceva an-che che il clima riflettesse l’umore della Cailleach. Secondo alcune tradizioni la Cail-leach regnava da Samhain a Beltane per poi trasformarsi in roccia nella stagione estiva e riacquistare forma umana con l’arrivo della stagione fredda. Il tema ricorrente dell’antagonismo fra due divinità, caldo e luce/freddo e buio, di cui una è ‘imprigionata’ in qualche modo fino all’arrivo del giusto Tempo della propria rinascita è presente in quasi tutti i miti. Per esempio anche Il Uragaig Cailleach , dell’Isola di Colonsay , in Scozia , è uno spirito dell’Inverno che tie-ne una giovane donna prigioniera all’interno di una montagna : al rila-scio della sposa , la primavera viene al mondo. Secondo altre leggende la Cailleach stessa teneva prigioniera la giovane Dea Bride (che incarna lo spirito della primavera e della giovi-nezza) nei mesi invernali in cui lei re-gnava sovrana finché la giovane Dea non veniva salvata da un eroe che la liberava e permetteva alla primavera di sbocciare. Secondo altre leggende ancora la Cailleach stessa si trasfor-merebbe in Bride a Imbolc o a Belta-ne bevendo da un pozzo magico, che dona la giovinezza, e determinando così l’arrivo della primavera. Queste leggende ci raccontano l’eter-no alternarsi delle stagioni in questa danza-lotta tra l’anziana Dea dell’In-verno e la giovane Dea dell’Estate. La trasformazione della Cailleach in giovane fanciulla la ricollega,in alcu-ne leggende, alla Dama Ripugnante presente nei racconti arturiani ( in essi La Dea simboleggia la Sovranità che l’eroe saggio e meritevole deve

d’Irlanda”, 1º febbraio), Latha na Cailliche (25 marzo) o Beltane. Le feste locali prendono nome o dalla Cailleach o da Brìghde/Brigit.In Scozia e in Irlanda il primo col-tivatore che termina il raccolto del grano ricava dall’ultimo covone un pupazzo detto Carlin o Carline che rappresenta la Cailleach. La figura viene poi gettata di volta in volta nel campo del vicino che non ha ancora finito il raccolto. L’ultimo coltivato-re che finisce il raccolto si prende la figura che deve conservare con cura per un anno e sfamare ed ospitare la strega per tutto l’inverno. I coltiva-tori fanno a gara per evitare di man-tenere la Cailleach… che in pratica è rappresentata da una anziana donna del paese la quale, abbandonata a se stessa, non riuscirebbe a sorpassare l’inverno. Nelle leggende la Cail-leach ha insegnato gli irlandesi come trebbiare: utilizzando un flagello di bacchette di agrifoglio ( a lei sacro) ed attaccandoci un legno di noccio-lo.Là Fhèill Brìghde è anche il giorno in cui la Cailleach raccoglie la legna per il resto dell’inverno. Secondo la leggenda se vuole far durare an-cora a lungo l’inverno, renderà il 1º febbraio una giornata soleggiata per poter raccogliere legna sufficiente per i freddi mesi successivi. Quindi se il 1º febbraio il tempo è pessi-mo, significa che la Cailleach dor-me e quindi l’inverno sta per finire. Nell’Isola di Man, dove è nota come Caillagh ny Groamagh ( “ Gloomy Old Woman “ , chiamata anche il Caillagh ny Gueshag , “Vecchia delle Magie” ) si dice che appaia nel gior-no di Santa Brigida sotto forma di un uccello gigantesco che trasporta

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saper guadagnare vedendo al di là dell’aspetto esteriore e rispettando la donna in quanto incarnazione della Terra stessa. Anche la Dama Ripu-gnante è legata all’inverno e in parti-colare al Solstizio). Questo “passaggio” fondamentale fra le stagioni ha fatto della Cailleach anche la Custode del Portale: da fuo-ri a dentro. Dall’attività all’immobi-lità, alla Morte. Dalla Luce all’Oscu-rità. Dal Presente all’Eterno passato della Terra: ciò che c’era all’inizio e che solo Lei può raccontarci ed inse-gnarci. Per alcuni aspetti ci ricorda la dea germanica e dell’arco alpinoPer-chta/Berchta/Holle/Holda per il suo aspetto che cambia da anziana a fan-ciulla e il suo legame con le streghe, la tessitura, l’inverno e l’acquaCon l’avvento delle società patriar-cali e le influenze religiose cristia-ne, la Cailleach è stata man mano descritta, lontano dalle sue origini, come una vecchia triste e portatrice di morte dimenticando, o tentando di far dimenticare, quello che invece

un riparo dalla tempesta e la gente del villaggio fu subito disponibile ad aiutarli. La coppia si trovò così bene che decise di stabilirsi nel villaggio. Gli abitanti della valle gli costruì una casa e nel corso degli anni la donna-gigante ebbe una bambina. Durante quegli anni il tempo fu sempre cle-mente con gli abitanti del villaggio, i raccolti erano abbondanti e il bestia-me prosperava. Un giorno la famiglia di giganti de-cise che era il momento di andare via ma promise ai buoni vicini che avrebbero sempre avuto inverni miti ed estati calde se nella valle avessero sempre mantenuto vivo il loro ricor-do. Ci sarebbero sempre state pace ed abbondanza se le persone del vil-laggio si fossero sempre occupate di tenere in ordine il piccolo tempietto e se avessero portato fuori all’aperto le tre pietre in estate a Bealltainn e le avessero riportate al caldo nella ca-setta a Samhainn.

Daniela F.P.

rappresentava: un essere di grande antichità che è in grado di rinnovare la sua vitalità nei pozzi e nelle sor-genti e che sopravvive a generazioni di discendenti, la cui età non è ver-gognosa, ma riverita, e che gioiosa-mente crea i massi e le forme della Terra . [ Kuno Meyer] –

Un’ultima breve Storia… -Esiste una bellissima storia che ha origine in Scozia, a Glen Lyon. Lì si trova “TighnaCailliche”, la casa della Cailleach, una piccola casetta o tempietto coperto di paglia e giun-chi. Al suo interno vi sono tre grandi pietre lisce, rozzamente modellate a ricordare delle figure umane. La più grande è chiamata Cailleach , men-tre l’altra più grande è conosciuta come Bodach (Vecchio Uomo), e la terza pietra più piccola è la Nighean (‘Figlia’). La leggenda racconta che un gior-no di neve e tempesta, una coppia di persone dalle proporzioni enormi si presentò nella valle. Cercavano

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Gli scozzesi avevano molte canzoni fatate da canticchiare per la Cailleach:

Cailleach Beinne Bric, horó!Bric horó! Bric horó!

Cailleach Beinne Bric, horó!Hag of the fountain high!

I ne’er would let my troop of deer,Troop of deer, troop of deer;

I ne’er would let my troop of deer, A-gathering shellfish to the tide.Better liked they cooling cress,Cooling cress, cooling cress;

Better liked they cooling cress,That grows beside the fountain high.

Cailleach Beinne Bric, Horo! Horo Bric! Horo Bric!

Cailleach Beinne Bric, Horo! TRAD:

Cailleach Beinne Bric, Horo! Horo Bric! Horo Bric!

Cailleach Beinne Bric, Horo! Strega della fonte alta!

Io non lascerei mai la mia truppa di cervi, Truppa di cervi, branco di cervi;

Io non lascerei mai la mia truppa di cervi, per la raccolta dei frutti di mare alla marea. Di più è piaciuta loro la rinfrescante erbaLa rinfrescante erba, la rinfrescante erbaDi più è piaciuta loro la rinfrescante erba

Che cresce accanto alla fontana alta.Cailleach Beinne Bric, Horo!

Horo Bric! Horo Bric! Cailleach Beinne Bric, Horo!

Fonti:http://www.suppressedhistories.net/secrethistory/crones.html http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dee_Cailleach.htmhttp://www.thaliatook.com/AMGG/cailleach.phphttp://it.wikipedia.org/wiki/Cailleach

MacKenzie, Donald, Scottish Folk Lore and Folk Life, Blackie, London, 1935Ogain, Daithi, Myth, Legend, and Romance: An Encyclopedia of the Irish Tradition, Prentice Hall, New York, 1991Wood-Martin, W.G., Pagan Ireland: An Archaeological Sketch, Longmans, Green & Co, London, 1895

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CAILLEACHL‘ANTICHISSIMA

“Temimi ma impara ad Amarmi disprezzami ma prova ad abbracciarmi perchè io sono questo eterno contrasto

e poi sono… molto altro ancora.... Accettami come la voce della fine

l’ultima nota sussurrata dall’eco della vita io sono il salto, io sono le fede,

l’espressione del regno oltre il confine prima che tutto ritorni all’Aria che respiri...

Odiami pure ma accarezzami... perche’ io sono Colei che dovrai amare e abbracciare

per intessere d’emozioni le tue azioni e farne un Canto in questa vita....

Fai l’amore con me mentre credi che tutto sia finito...

perchè in realtà è solo un nuovo inizio Io sono e sarò l’aspetto oscuro della vita

la forza e l’istinto che muove l’andata e il ritorno.... Io sono in te turbamento e rabbia

ma posso essere per te...Pace e Amore perchè è con l’amore che io nutro la partenza... e con l’amore ti accompagno nel tuo Viaggio…

Amami infine con le lacrime lacrime d’addio,

lacrime d’arresa, Lacrime di ritrovo.. una sfumatura di Pace, Compassione e Amore

... Amami....Affidati....”

Stefano Alessi / Aeothin

Poesia

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salute e benessere

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Torta di mele

arlare di ali-mentazione non è così

semplice come si potrebbe pensare. Dietro al cibo si nascondono stati emotivi, blocchi, consuetudini, tra-dizioni e molto altro. Spesso quando facciamo notare a qualcuno che non sta mangiando proprio così bene la prima reazione è di chiusura, di di-scussione, e spesso otteniamo l’effet-to contrario di quello che avremmo sperato. Per questo motivo per parla-re di cibo ho deciso di partire da una ricetta. Non un pomposo articolo su come sia corretto alimentarsi, cosa mangiare e cosa no, ma un momen-

mangiare. Per armonizzare anche il nostro palato con questo momento della ruota dell’anno ho deciso di presentarvi una ricetta di una tor-ta di mele, frutto per eccellenza di Samhuinn. Ma non la solita torta, nel descrivervi la ricetta cercherò di insinuare in voi qualche piccolo dubbio per cercare di realizzare un dolce che sia il più genuino possi-bile, perché anche in cucina si può essere “naturali”, ricercando gusti semplici che esaltino il sapore degli ottimi prodotti. Rimbocchiamoci allora le maniche e mettiamoci ai fornelli!

to piacevole in cui ci si incontra in cucina e si mettono le “mani in pa-sta”. Il druidismo è una via pratica, una via della Terra, e così si può es-sere druidi anche in cucina.Uno dei principali aspetti sul quale si lavora quando si inizia un percor-so spirituale è la ruota dell’anno, tor-nare a danzare con il fluire del tem-po. Però può succedere, ad esempio, di continuare a mangiare le fragole a dicembre, e i pomodori in inverno!! Atteggiamento abbastanza ipocrito celebrare spiritualmente le festività e poi non radicare la nostra pratica in uno dei gesti più semplici e quo-tidiani che compiamo tutti i giorni:

P

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a fare la spesaanalmente credia-mo che una ricet-ta inizi quando ci mettiamo ai for-

nelli, invece prende avvio dal mo-mento in cui facciamo la spesa, cioè quando scegliamo i nostri ingredien-ti. Questa società ci ha fatto creder per troppo tempo che siamo sempli-cemente dei consumatori, in realtà

glieremo le mele per la nostra torta possiamo accontentarci di una mela qualsiasi, o preferirne una biologica o magari di un’antica varietà colti-vata un produttore che abiti vicino a noi che possiamo andare a vistare nel fine settimana approfittando così della situazione per immergerci nella natura.

noi, come dice bene Carlin Petrini, siamo dei Co-produttori. Possiamo, attraverso le nostre scelte, orientare il mercato. Scegliere quindi prodotti biologici non fa bene solo a noi, per la mancanza di trattamenti chimici o l’utilizzo di ogm, ma anche al piane-ta vista l’attenzione che viene messa nella loro produzione e coltivazione. Quindi nel momento in cui sce-

B

Solitamente la base di una frolla prevede quattro in-gredienti canonici: farina, uova, burro e zucchero. È possibile fare un’impasto altrettanto buono, ma più leggero, naturale e salutare attraverso una scelta dif-ferente degli ingredienti. Il primo cambiamento lo si può fare sulla farina: anziché la solita bianco 00, estremamente raffinata un prodotto “morto”, possia-mo scegliere un’altro cereale. Nelle ricetta vi propon-go l’Enkir, un antichissimo cereale molto gustoso e ideale per le crostate, ma può andare bene anche il farro. Ovviamente le migliori sono le farine biologi-che e soprattutto integrali e macinate a pietra, così che mantengano tutte le parti del chicco, tutti i nu-trienti. Provare una farina di questo tipo ci fa assapo-rare gusti che stanno scomparendo, genuini, il vero gusto dei frutti della terra. Come potrete vedere non ho utilizzato zucchero nella ricetta. Lo zucchero bianco è uno dei grandi proble-mi di oggi legato a molte delle attuali malattie e il consumo che se ne fa è sempre maggiore. Se pensia-mo al passato per moltissimo tempo l’unico dolcifi-cante utilizzato dall’uomo era il miele o la frattura secca. Scoprire l’uso di dolcificanti alternativi è un’e-sperienza davvero profonda. È anzitutto un percorso di riscoperta e rieducazione del proprio gusto. Se non si è già abituati il primo passo che si può fare è il pas-

Preparazione della base

- 300 gr di farina biologica

macinata a pietra di Enkir

- 60 gr di malto di riso biologico

- 150 ml di olio di germe di mais

biologico

- 60 ml di succo di uva biologico

- cannella e vaniglia bio in

polvere a piacere

tempo: 30 min. preparazione | 40 min. cottura | dose Per 6 persone

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saggio dalla zucchero bianco a quello di canna, per poi lentamente arriva-re a scoprire altri dolcificanti come il malto. Io per i dolci consiglio quello di riso dal sapore più delicato. Lo stesso discorso vale per il burro. Di certo un burro di qualità usato ra-ramente non è un grande problema, soprattutto se si è in salute. Il vero problema è che oggi consumiamo moltissimi grassi di origine animale e oltretutto di pessima qualità. I dol-

solidi: le farine, il sale e le spezie (io ho utilizzato vaniglia e cannella, ma ognuno può scegliere ciò che preferisce, come scorza di agrumi, chiodi di garo-fano o altro). In un’altro contenitore i liquidi: olio, succo di uva e malto, mi-scelandoli con cura. Dopodiché si pro-cede a mischiare lentamente i liquidi alle farine, impastando velocemente. Una volta realizzata la palla dell’im-pasto la si lascia riposare in frigo per almeno una mezz’ora.

ci non sono più un momento raro di celebrazione, ma un’abitudine insa-na. Quindi per i dolci si può usare l’olio di mais che in questo caso la-scerà un gusto più neutro alla vostra crostata rispetto, ad un migliore, ma più inteso olio extravergine di oliva.

Una volta scelti con cura i nostri ingre-dienti possiamo procedere alla prepa-razione del nostro impasto. Mischiere-mo in una ciotola tutti gli ingredienti

Preparazione della TortaIntanto che il nostro impasto ripo-sa in frigo noi possiamo iniziare a sbucciare le mele. Per far si che non anneriscano una volta tagliate a fet-tine, non troppo spesse, le lasceremo in acqua fredda. Si prende poi l’impasto e si stende su carta da forno, aiutandosi con un matterello, formando un disco della grandezza di una tortiera a cerniera del diametro di circa 24 cm. Una volta posizionato il disco di pasta nella tortiera si può versare la com-posta di mele, che a piacere può esse-re aromatizzata con spezie o aggiun-te di frutta secca (pinoli, mandorle, nocciole, uvetta). Si procede poi a disporre le fette di mela, preceden-temente scolate con cura dall’ac-qua, realizzando cerchi concentrici. A questo punto si può infornare la nostra torta in forno caldo, anche ventilato, a 180 gradi per un quaran-

tina di minuti circa. Una volta cot-ta possiamo lucidare la nostra torta, appena sfornata, mischiando due cucchiai di malto con uno di acqua calda, aiutandoci poi con un pennel-lo da cucina. La nostra torta è pronta da gustare, magari insieme ai nostri amici, accompagnata ad una buona tisana o un bicchiere di idromele.

Alessio Cotena

- 4 mele biologiche di media grandezza- 1 barattolo di composta al 100% mela bio

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Labradorite

l tempo di Samhuinn ci avvicina ad una delle grandi ed anti-che cerimonie della Ruota dell’ anno.

Questo è un tempo di passaggio, di divinazione e di riconnessione con i nostri avi e di conseguenza con le nostre radici.Questa rubrica è nata con l’intento di trovare un collegamento tra le varie festività della Ruota dell’ anno e, per ciascuna di esse, individuare il cristallo che, al meglio, possa rap-presentare le caratteristiche proprie di ognuna di esse.L’ associazione tra la labradorite, un feldspato che si forma nelle pegma-titi o nei magmi basici e il periodo di Samhuinn è giunta quasi inevitabile.Essa infatti funge da potente alleato, adatto a riconnetterci con i poteri più profondi e radicati della terra e,

turalmente con il ciclo della Ruota dell’ anno.Secondo la tradizione, la labradori-te ci mette in sintonia e ci apre alle nostre capacità d’intuizione e di me-dianicità, permettendoci quindi di sviluppare la nostra sensitività, ri-guardo ai vari aspetti del sacro che ci circonda e che, nel contempo, è presente dentro ciascuno di noi.Essa facilità la riemersione dei ri-cordi più profondi e ancestrali, pro-muove una naturale profondità di sentimenti, stimola la fantasia ed inoltre, aiuta a renderci contempla-tivi e centrati, risvegliandoci al po-tere del raccoglimento e dell’ intro-spezione, spingendoci dolcemente a rivolgere lo sguardo alla nostra inte-riorità.Per un uso più efficace di questo cristallo sarebbe necessario, come scritto in precedenza, abbinarlo ad una pratica meditativa che ne ampli-fichi le naturali intrinseche capacità. In alternativa può semplicemente essere indossato o portato con noi. Ricordiamoci però che è l’ intento e la piena consapevolezza a rendere si-gnificativo e “carico” un oggetto che portiamo addosso o un azione che ci apprestiamo a compiere.

Tuo nella Pace della Radura

Bran Paolo Veneziani

di conseguenza, con i talenti insiti in ognuno di noi.La labradorite ci riconnette con le nostre radici più profonde, con i no-stri avi, siano essi appartenenti alla nostra linea di sangue che al nostro lignaggio spirituale. Il suo aiuto ci porta ad entrare in profondità den-tro di noi e, con delicatezza ci spinge a prendere coscienza del nostro sco-po sulla terra.E’ un potente mezzo di riconnessio-ne che, soprattutto se abbinato alla meditazione, può indicarci la via da seguire per realizzare noi stessi ma, anche e soprattutto, ci spinge a rico-noscere i tempi più adatti per agire o per fermarsi. La capacità di indi-viduare, in modo intuitivo il tempo del raccoglimento, sapendolo distin-guere da quello dell’azione è una di quelle caratteristiche che, in maggior misura, ci possono armonizzare na-

I

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luoghi

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Cornovaglia Insolita

uesta mia ru-brica nasce per consiglia-re itinerari di

Viaggio che comprendano percorsi alla ricerca dei luoghi del Mito, con tutto il carico di mistero, di magico e di fascino che essi rappresentano. Spesso si tratta di itinerari in terre sicuramente già note per le loro bel-lezze naturali ma qui vorrei raccon-

percorso in quattro parti, una per ogni notte. Riporto l’intero itinera-rio per dare comunque un’idea della sua totalità, ma lo scoprirete giorno per giorno…Poiché organizzare viaggi è il mio lavoro da oltre vent’anni, il mio schema di viaggio sarà forse un po’ professionale ma sicuramente mol-to pratico…ed è esattamente quello che io ho già vissuto!

tarvi dei particolari di viaggio che ri-guardano anche ‘altro’al di fuori dei normali circuiti turistici per scoprire da vicino, a volte nascosto dietro la facciata di viaggio culturale classico, l’antico Spirito di questi luoghi.Il primo itinerario che vi propon-go è una “Cornovaglia insolita: sulla Via di Merlino ”. Per meglio assaporare i luoghi pro-posti, ho pensato di dividere questo

Q

LONDRA - STONEHENGE (143 km) - GLASTONBURY (70 km circa)

GLASTONBURY - TINTAGEL (240 km)

TINTAGEL - DARTMOOR FOREST (70 km circa)

DARTMOOR FOREST - LONDRA (330 km circa)

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Un itinerario breve ma ricco di fasci-no, natura e famose leggende.Quattro notti per assaporare questa terra meravigliosa che mi ha sorpre-so a catturato, circondandomi dei suoi colori forti e della magia e in-tensità delle sue leggende: il verde

nebuloso di località e siti misterio-si….Il tutto condito da un buon bicchie-re di birra che mai dovrà mancare durante il vostro viaggio!Bene.. si parte!

brillante delle colline e dei boschi, il blu intenso del mare che a tratti si incontra con il nero delle rocce che a strapiombo vi si tuffano, il rosa, il rosso, il bianco dei fiori affacciati ad ogni finestra di deliziose casette di altrettanti deliziosi villaggi, il grigio

Sulla via di Merlino

Arrivo a Londra mattina abbastanza presto e ritiro dell’auto a noleggio. Suggerisco di arrivare in aeroporti fuori Londra, per evitare di trovarsi bloccati nel traffico della metropoli e poter, invece, iniziare subito il viag-gio alla scoperta della Cornovaglia. Nulla vieta, ovviamente, di fermarsi a Londra per qualche giorno, all’i-nizio o alla fine del viaggio..è sem-pre così affascinante passeggiare a Oxford Street, guardare il Cambio della Guardia a Buckingham Pala-

STONEHENGE è il più noto mo-numento megalitico del mondo, probabilmente il più visitato e sicu-ramente il più misterioso. Si trova nel cuore dell’Inghilterra meridio-nale, immerso nella campagna del Wiltshire, una zona particolarmente ricca di siti megalitici. Ma che cosa sono i megaliti? Si tratta di enormi pietre a volte informi, a volte squa-drate, che le antiche culture nord europee erigevano per scopi non an-cora del tutto chiari. Questi antichi

ce, passeggiare lungo la “Serpentina” di Hyde Park o tra gli alberi di Re-gent Park, dopo aver fatto un salto da Madame Tussauds (si consiglia di prenotare in precedenza per evitare file interminabili…).Inizio dell’itinerario con sosta (e come non si potrebbe!) a Stonehen-ge (pietra sospesa, da “stone”, pietra, ed “henge”, che deriva da hang, so-spendere: in riferimento agli archi-travi).

1°. giorno

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monumenti (forse i più antichi del mondo) si trovano isolati nella cam-pagna, allineati in interminabili file, come a Carnac in Bretagna o dispo-sti a cerchio come a Stonehenge. I popoli che li hanno eretti migliaia di anni fa non hanno lasciato testi-monianze scritte e solo l’archeologia moderna consente in parte di far luce su questo mistero.I Druidi, per secoli, hanno utilizza-to luoghi sacri come Stonehenge per armonizzare gli elementi e quindi il corpo, la mente e lo spirito. L’energia particolare di questi luoghi e la co-noscenza del ruolo che gli elementi ricoprono nella composizione della nostra coscienza individuale, fanno si che il nostro benessere interiore ne riceva giovamento.

la Bretagna, mettendole in seguito sulla piana di Salysbury. È stata sup-posto che questa storia abbia delle radici in una teoria sulla costruzio-ne di Stonehenge. Secondo questa teoria le rocce scavate dal Prescelly Mountains furono portate dal mare e attraverso il Fiume Avon portate nell’entroterra. Dalla riva poi venne-ro trasportate su un grande rullo di legno fino all’attuale sito. Numerose teorie sostengono che Stonehenge può essere definito un antico osser-vatorio o un tempio dei Driudi ma in realtà si sa molto poco sulla sua vera origine e lo scopo di questo im-ponente e caratteristico cerchio di rocce.

Tra le numerose leggende associate a questo famosissimo luogo, ce ne una che racconta la sua costruzione per opera di Merlino. Egli aveva chiesto al padre di Artù, Re Uther Pendra-gon, di costruire un giusto memo-riale per suo fratello Ambrosius e i “Signori della Guerra” di Bretagna, tutti sconfitti a causa del tradimento dei Sassoni nel massacro conosciuto come “ La Notte dei Lunghi Coltel-li”. Merlino viaggiò verso l’Irlanda in cerca della leggenda del “Giant’s Dance”, un cerchio di rocce che si credeva avesse proprietà curative se l’acqua in cui erano state lavate fosse stata usata per curare il malato.Dopo una grande battaglia, Merlino portò le pietre magiche sulla spiaggia e le trasportò sulla zattera attraverso

Si prosegue alla volta di Glastonbury, dove ci si fermerà 1 notte (consiglio di pernottare presso l’ Hawthorns Hotel, in pieno centro http://www.hawthornshotel.com ). A Glastonbury è difficile dire cosa sia storia e cosa leggenda: certo è che una magica atmosfera aleggia nell’a-ria, e tutto appare un po’ speciale.In questo suggestivo contesto non potevano mancare fate e folletti a popolare le vetrine di negozietti spesso bellissimi del piccolo centro storico insieme a pietre, minerali e cristalli, simboli magici e una vasta quantità di piccolo artigianato.

GLASTONBURY- a poco più di 200 km da Londra storia e leggenda si fondono nella piccola cittadina di Glastonbury: le sorgenti miracolose, l’Isola di Avalon ed il sepolcro di Re Artù, Giuseppe D’Arimatea ed il Sa-cro Graal.

ro: solo visitandola ci si può rendere conto di quanto sia percepibile l’at-mosfera di magia e antichi misteri, e di quanto siano evidenti gli indizi che ricollegano non solo al mito di re Artù ma anche ad altre storie e leggende che proprio a Glastonbury sono ambientate.La collina Glastonbury Tor rimane

Un luogo incantato e antico, tra i più misteriosi del mondo. Naturalmente tutti conosciamo la storia della miti-ca Isola di Avalon, l’isola leggendaria di Re Artù: Avalon è spesso identifi-cata con Glastonbury.Ancora oggi Glastonbury rimane uno dei luoghi più misteriosi del Re-gno Unito e forse del mondo inte-

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esattamente sulla Michael Ley Line, la linea di energia che nel Regno Unito passa anche da Avebury. Se-condo la leggenda Giuseppe d’Ari-matea visitò Glastonbury insieme a Gesù quando questi era ancora un fanciullo, e a Glastombury lo stesso Giuseppe d’Arimatea fece ritorno

sto ibrido cresce ancora oggi solo nella zona intorno a Glastonbury e fiorisce due volte l’anno, in prima-vera e nel periodo di Natale. E’ la storia a raccontare di come la Spina Santa sia stata mèta di imponenti pellegrinaggi in tutto il medioevo.

dopo la morte di Cristo fondando la prima chiesa cristiana sull’isola britannica, chiesa dove era custodito il Graal. Sempre secondo la leggen-da, giunto a Glastonbury Giuseppe piantò a terra il suo bastone che fiorì miracolosamente nel Biancospino di Glastonbury (“Spina Santa”). Que-

GLASTONBURY TORLa prima cosa che, come tutti, ho notato, all’arrivo a Glastonbury è la figura della Glastonbury Tor che in celtico significa “collina conica” e su cui ancora sorge la St. Michael’s To-wer, ciò che rimane dell’antica chiesa distrutta da un terremoto nel 1275.La Glastonbury Tor è l’epicentro di molte leggende, ed è proprio qui che si dice si trovasse la mitica Avalon, e sempre qui si narra che venne na-scosto il Sacro Graal.La visita a Glastonbury può iniziare proprio con la salita a piedi della col-lina lungo gli stessi itinerari percorsi dall’uomo già in epoca preistorica. Glastonbury Tor, che svetta visibile per miglia e miglia sul piatto paesag-

dovevano prestargli fede. I popolani però gli consigliarono di stare mol-to attento a quello che diceva, per-chè Gwynn ap Nudd non era soli-to lasciar correre un simile insulto. Più tardi infatti, un messaggero di Gwynn si recò dal santo, riferendo che il Re delle Fate voleva incon-trarlo nel suo palazzo. Per tre volte Collen rifiutò l’invito, ma alla quar-ta decise di seguire il messo armato solo di una fiala di acqua santa. Gli venne mostrato un ingresso nascosto sul tor, che conduceva nelle viscere della terra, fino ad un salone maesto-so dove Gwynn stava seduto su suo trono dorato. Gwynn offrì a Collen un po’ di cibo, ma egli rifiutò saggia-mente, visto che il cibo delle Fate ha il potere di imprigionare un mortale per sempre. Dopo un breve collo-quio il santo, spazientito, decise di averne abbastanza e cosparse Gwynn di acqua santa. Immediatamente il salone e tutto il resto sparirono ma-gicamente e San Collen si ritrovò da solo sulla cima della collina.Dalle profondità della collina scor-rono le due sorgenti, ovviamente miracolose per i cristiani e comun-que innegabilmente piene di un’an-tica Energia, palese per chiunque si accosti ad esse, bagnandosi o be-vendone l’acqua: la sorgente rossa e quella bianca (White Spring e Red Spring).

gio del Somerset, è stato da sempre considerato come un ingresso per l’ Altromondo (Otherworld) e, nei racconti del folklore, dimora delle Fate. Gwynn ap Nudd, Signore del Popolo Fatato (e più tardi anche de-gli Inferi) della tradizione Gallese, si dice dimori sotto la collina. La sua leggenda nel corso dei secoli si è spesso amalgamata con i racconti riguardanti San Collen, che pare si fosse ritirato come eremita sul Tor. La storia racconta che San Collen abbia sentito alcuni popolani parlare di Gwynn e del suo palazzo sulla col-lina. Il santo rimproverò i popolani perché, secondo lui, si trattava solo di sciocche superstizioni e ingan-ni diabolici, e i buoni cristiani non

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WHITE SPRINGOggi per poter accedere alla sorgen-te bianca, che un tempo scorreva all’aperto, è necessario entrare nel tempio dedicato a Brigid, dea celtica del fuoco. Da questo punto in poi il mix tra simbologia cristiana e paga-na diventa sempre più evidente e ci si trova immersi in una straordinaria

delle candele che appena illumina le immagini di alcune divinità poste nelle piccole cappelle, riflettendosi nelle vasche in cui scorre l’acqua del-la sorgente.Il nome White Spring è dovuto al calcio di cui la sorgente è ricca, e che lascia una scia di bianco lungo il suo passaggio.

atmosfera, resa ancora più suggestiva dai canti e dai mantra che spesso vi vengono intonati.L’apertura del tempio, gestita da vo-lontari, avviene solitamente nei gior-ni del fine settimana o in presenza di particolari ricorrenze: è bene in-formarsi prima di partire. Il buio del tempio è rotto solo dalla tenua luce

GLASTONBURY ABBEYL’abbazia di Glastonbury risale al-meno al 7 ° secolo ma la leggenda vuole che fosse stata fondata da Giuseppe d’Arimatea nel 1 ° secolo. Del ricco e potente monastero resta ben poco in quanto l’abbazia venne soppressa e distrutta per responsabi-lità del solito Enrico VIII intorno al 1530 e l’ultimo abate, che resistette alla sua spogliazione, venne impicca-to e squartato come un traditore.L’area occupata dalla struttura è molto vasta e le rovine sono ancora visitabili. Girando tra le mura rima-ste in piedi ci si imbatte nel pun-to dove si dice fu sepolto Re Artù: dopo il 1100, a 5 mt di profondità, venne trovato un tronco di quer-cia contenente due scheletri e sulla croce di piombo la scritta ‘Hic jacet sepultus Arthurus rex inclitus in in-sula Avalonia’, ‘Qui giace sepolto il famoso re Artù sull’ Isola di Avalon’. Gli stessi monaci dell’abbazia hanno sempre riconosciuto Glastonbury come la mitica Avalon.

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Dopo una meravigliosa ed abbon-dante colazione inglese ( consiglio il bar in piazza che fa angolo), si lascia la cittadina di Glastonbury alla volta di Tintagel, ma senza abbandonare l’alone di fascino di questo luogo e di tutti i suoi antichi misteri… Tap-pa obbligatoria lungo il percorso è sicuramente Nectan’ s Glen (Cascata St Nectan), descritto come tra i dieci più importanti siti spirituali del pae-se, un luogo di straordinaria bellezza naturale. E’ raggiungibile con una bellissima passeggiata in mezzo al bosco, con ruscelli e ponticelli, dove l’armonia con la natura è vibrante e tangibile. Una buona tazza di cioc-colata calda, al piccolo luogo di ri-stori in mezzo al bosco, ha accompa-gnato il mio cammino.

2. giorno

ST NECTAN’S GLENLa cascata a St Nectan Glen, o Kieve di San Nectan, è una delle gemme nascoste di Tintagel. Sperduto nella Rocky Valley, a pochi passi da Tintagel, si estende il bosco di Trethevy, luogo di enorme interes-se naturalistico, e di antico pellegri-naggio religioso. Addentrandosi nel fitto bosco, attraversato dal fiume Trevillet, si raggiunge la San Nec-tan’s Glen, uno tra i posti di maggio-re spiritualità della Gran Bretagna.Questa meraviglia naturale è asso-lutamente incantevole e magica. Un flusso di acqua cade sulla roccia e scende verticalmente in un bacino di pietra (la ‘Kieve’). Il bacino si è formato nel corso dei millenni con le rocce erose dall’acqua, acqua che ha creato delle cascate che, attraver-so un arco, si riversano nella piscina sottostante. L’effetto è così bello e

meraviglioso che i quasi ci si sente ipnotizzati …. . Per molte persone, la cascata è un luogo spirituale. Non si può stare alla base di quel getto e non sentire nulla, mentre goccioline di umidità riempiono l’aria e la vege-tazione verde scuro aggiunge misti-cità e sacralità a questo luogo.Secondo la tradizione celtica, Nec-tan, di origini irlandesi, era il Dio dell’acqua e il guardiano del pozzo sacro, fonte di infinita conoscenza. La sacra fonte era conosciuta solo a lui, e si dice che chiunque fosse riu-scito a vedere l’acqua sacra scorrere avrebbe istantaneamente perso la vi-sta. Per questo motivo il pozzo era protetto da un arco di pietra e due pesanti porte di legno chiuse con un lucchetto. Un giorno nove nocciole caddero dall’albero magico che sor-ge in prossimità del pozzo, e Fintan, un mutaforme sopravvissuto all’in-cantesimo grazie alla sua capacità di tramutarsi in falco, mangiò una di queste nocciole, mentre era sotto-forma di salmone. Fintan divenne il Salmone della Sapienza e acquisì la conoscenza di ogni cosa, ma il caso volle che fosse catturato da Finn

Lasciando questo luogo così intenso e magico si prosegue alla volta di Tintagel ...

MacCool il Gigante a pesca di sal-mone. Non appena il gigante ebbe toccato il pesce acquisì il dono della chiaroveggenza e della guarigione. Secondo la leggenda cristiana, inve-ce, Nectan partì nel V secolo DC dal sud del Galles e giunse nella foresta dell’Hartland dove rimase come ere-mita. Un giorno fu decapitato da alcuni fuggiaschi che si erano ad-dentrati nel bosco per trovar rifugio dopo aver saccheggiato il castello. Secondo il racconto, Nectan avrebbe raccolto il capo e si sarebbe incam-minato in direzione di un pozzo, che oggi porta il suo nome, dove avreb-be deposto il capo prima di morire e poi sepolto da due sorelle che vi-vevano in quei luoghi, donne che le leggende locali credono potessero essere streghe o sagge…. gocce di sangue scuro (depositi ferrosi) sono visibili oggi su molte delle pietre in acqua…. Un’altra leggenda narra che i cavalieri di Re Artù, prima di partire alla ricerca del Santo Graal, si dovessero prima purificare a Glen St Nectan per preparare il loro cammi-no spirituale.

Luisa Lovari

foto di Luisa Lovari

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il calderone

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Casa dell‘Awen

i muovo s i l enz iosa -mente tra i

miei pensieri, cercando di non in-ciampare su vecchie idee accantona-te da tempo, in fatto di Awen. Mi riprometto sempre di svuotare quel-la parte del cervello che è convinta di sapere...eppure rimane sempre un angolino oscuro, dove ho mes-so quegli scatoloni su cui ho scritto “DA BUTTARE”! Mai procrastinare nessun tipo di re-pulisti! Ed oggi è proprio il giorno giusto per concludere questo genere di faccende!

La prima volta che sentii la parola Awen, ebbi una reazione di rifiuto, perché mi ricordava “Amen”. Non tanto la versione cattolica, ma quella del parlar comune veneto, che suo-na in modo ambivalente sia come “arrangiati” che “abbiamo finito di parlare”. Passarono alcuni anni, e anche se cantavo l’Awen ogni tanto, avendo-ne compreso il significato dal Galle-se, non mi convinceva del tutto.Cambiai notevolmente idea quando praticando yoga e meditazione, ebbi la possibilità di seguire una lezio-ne sul significato e sulla tecnica di pronuncia del suono sacro “OM”. Lavorando in particolar modo sulla respirazione e sull’impostazione dei

E non ci sono mezzi termini o paro-line auliche, per addolcire la pillola. L’Awen è legato ad Abred, questa fettina di multiverso su ci siamo se-duti, è un mondo di necessità. Ed è proprio quando abbiamo bi-sogno che scatta il programma ” mi predispongo all’Awen “, o più sem-plicemente siamo maggiormente disposti all’ascolto di noi stessi e dei messaggi che ci vengono dal mondo.Questa considerazione apre molte valutazioni, per esempio che anche la miglior disciplina “Peacemaker” non causa un flusso di idee innova-tive e non è la soluzione ai problemi che abbiamo. È uno strumento fa-cilitatore, che aiuta e favorisce, ma non è e non sarà mai la causa per cui l’Awen si manifesta in noi.

Un’altro punto interessante riguarda la volontà e il riconoscimento dei bisogni. Se Awen è quell’energia che scaturisce dall’unità tra i piani del nostro essere ( spirito, mente, emo-zioni e corpo ) un momento di pura esistenza senza se e senza ma, allora è anche la visione chiara di quello che siamo. Come i figli gemelli di Ceridwen, Creidwy e Afagddu, luce ed oscu-rità, bellezza e orrore. Proprio ad Afagddu, era destinata la pozione dell’Awen, come dire, che la natura ( la Dea Ceridwen ) segue sempre

muscoli addominali e della lingua. Ovviamente non appena arrivai a casa provai a ripetere l’esperimento, “druidicizzandolo” ed ottenni l’effet-to di una dolce e prolungata vibra-zione che si espandeva lungo tutto il corpo. Mi piacque molto ed ancora oggi, questo crossover indoeuropeo, accompagna la mia vita.Ma quali sono gli effetti reali, e che differenza fa, nella vita di tut-ti i giorni cercare l’Awen? I druidi antichi lo conoscevano o è un’in-venzione utile solo a noi sclerati del 21º secolo?

L’Awen è una parola, ma il suo si-gnificato va ben oltre i suoni ed i simboli. Racconta di come la vita accade, di come nessuna predisposi-zione mentale può prepararci com-pletamente alle emozioni, e ancora meno alle esperienze del corpo. Tre gocce di Awen sul dito del piccolo Gwion, lo fanno morire e rinascere tre volte. Mentre come bambini, ci perdiamo nelle meraviglie del suo racconto, come adulti, cominciamo a soffermarci sui singoli eventi. Tre morti, prima di tre rinascite, signi-fica proprio tre morti...separazione quindi, senso di distacco e caduta. Vuoto, perdita di volontà e zero con-trollo. È da qui che parte l’Awen, per dirla con un francesesismo, proprio quando siamo nella merda.

M

Ovvero la cerca benedetta.

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un percorso ottimizzante, migliora-tivo in termini di miglior uso delle risorse disponibili nel suo contesto complessivo. Quindi Afagddu non era un proble-ma per sua madre, ma era distonico per la comunità degli Dei ( anche se nei miti Gallesi, non usano proprio il termine di Dei o semidei come in quelli Irlandesi, sembrano più che altro una compagnia di nobili coin-volti in avventure prodigiose, perché hanno una taglio narrativo decisa-mente più medioevale e cristianiz-zato). Insomma nonostante tutta la buona volontà della natura, questo Awen, non è andato a sistemare l’orribile faccia di Afagddu e nemmeno a dar-gli la conoscenza per compensazio-ne, è andato ad uno sfigatissimo ra-gazzino che se ne stava in compagnia di quel pezzentone di Morda, quindi è andato all’umanità, o meglio alla Tribù, per citare il buon Kondratiev. Ma guardiamola bene sta umanità, troppo Giovane o troppo Vecchia, per sapere dove andare. Per avere una chiara volontà e per riuscire a man-tenerla nel tempo. Gironzola a caso per la foresta ( che potremmo para-

scoperta, un continuo micro adatta-mento al presente. Infiniti tentativi per ricordare forse cosa significano per noi quelle tre gocce benedette.

Bernardino Del Boca, un Teoso-fo del ‘900, padre spirituale del ramo Valdostano del Druidismo Italiano, parlando delle ere dell’uo-mo, sostiene che i Druidi vivevano nell’Età dell’Ariete in cui l’esigenza per l’umanità era quella di vivere il conflitto per imparare a manifesta-re la propria volontà. Il conflitto era esteriore e di gruppo in quell’epoca, migrando attraverso l’Età dei Pesci, è diventato personale, incarnando il Mito del Sacrificio Volontario, fino all’attuale Età dell’Acquario, in cui è soprattutto interiore e con lo scopo di rivelare una volontà suprema e liberatrice. Trovo interessante questa teoria, perché presuppone che ci sia una relazione tra il tempo e la cono-scenza che la razza umana raggiunge, che in termini simbolici potrebbe ancora trattarsi della relazione tra Dea e Awen. Ma questo, a tutti gli effetti è quello che accade dopo, che l’Awen ci co-glie, e quindi è un’altra storia, intan-to vi lascio con questo pensiero: Essere una creatura ispirata, si-gnifica essere prima di tutto e permettere che la Vita accada con noi e con la nostra volontà. Ogni conflitto genererà separazione, ci riporterà nella foresta, ma non è un problema, basta non perdersi troppo a lungo!

Briga delle Colline

gonarla all’inconscio ), fa qualche lavoretto, ma stenta a sopravvivere e soprattutto ha un casino di problemi sulle spalle, soprattutto fisici. La Dea/Natura, se li trova davanti e ingaggia sti poveracci, senza chiedere loro se sono predisposti, senza fare un concorso pubblico e nemmeno con tanto preavviso, li molla nella capanna a rimestare il calderone e a tenere il fuoco acceso. Apparentemente da loro un compito umile, da donne, ma in realtà... gli mette in mano il frutto del suo lavo-ro. Vi ricordate la storia, mica c’ave-va la pozione dell’Awen nel ricettario di casa, tra gli Arrostici di agnello e i Brownies al triplo cioccolato...anche Ceridwen fatica per ottenere l’Awen. Ma per lei è più facile arrivarci, per-ché la sua volontà è chiara, ed il suo bisogno, quello del figlio.Per noi arrivarci, è abbondantemen-te una questione di culo. Ma essen-do che per me la fortuna non esiste, perché non esiste il caso, il perché ed il percome si arriva a quel momento di incredibile serendipità, è un mi-stero, inteso come la meravigliosa combinazione di un indefinito nu-mero di condizioni favorevoli.E la cosa pazzesca la volete sapere, è che tutti a modo loro prima o poi sperimentano l’Awen, come un mo-mento di comprensione profonda, di chi si è, e non di chi si vorrebbe essere. Di cosa si vuole realmente e di come raggiungerlo.È qui che comincia la vera caccia. La caccia a se stessi, con una sola regola, non è finita, finché non è finita vera-mente. Fino all’ultimo espiro, ed io sospetto anche ben oltre. Questa cerca della vera volontà è una

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LE VOCIDEI QUATTRO

a musica (dal greco “moysa”- musa) è l’arte più effimera praticata dall’essere umano

e, al tempo stesso, la più connes-sa all’aspetto spirituale e meditati-vo. Mentre abbiamo testimonianze scritte o tramandate oralmente di tutte le altre arti, è quasi impossibi-le ricostruire con esattezza la storia della musica a partire dall’età prei-storica: abbiamo solo la possibilità di ipotizzare un percorso grazie ai reperti archeologici relativi ai primi strumenti musicali, cioè ad oggetti costruiti con materiali di uso quoti-diano, quali ossa, conchiglie e pezzi di legno o pietra, destinati a produr-re suoni specifici. Perché, così indietro nel tempo, na-sce il bisogno di fare musica?Possiamo supporre che le popolazio-ni primitive tentassero di riprodurre i suoni della natura, cioè degli spi-riti che per loro erano il perno su cui ruotava l’intera esistenza, e che l’esecuzione di tali suoni fosse riser-vata ad occasioni sociali importan-ti quali rituali e preghiere: il ciclo dell’anno influenzava fortemente la

non appariva semplice; poi ho deci-so che non c’era nulla di più adatto del connettere ogni strumento ad uno dei quattro elementi legati ai punti cardinali e alle festività mag-giori della Ruota dell’Anno... la ma-tassa si è dipanata velocemente. Per rendere tutto più chiaro propongo nell’immagine a seguire la ripartizio-ne sulla quale mi sono basataSiamo a Samhain, la fine dell’anno, nasce il primo numero de “Il Cal-derone” che rappresenta il nostro ultimo raccolto ed il nostro viaggio comincia nel Nord, con i piedi ben saldi sulla terra di questa fine del ci-clo.

La terrà parla con la voce del...

sopravvivenza dell’essere umano e ne decretava la vita e la morte, perciò è semplice intuire l’importanza che i popoli davano al susseguirsi delle stagioni ed è altrettanto facile com-prende perché e per cosa pregavano.

E’ ovvio che gli strumenti musicali fabbricati derivassero da materia-li naturali facilmente reperibili che assumevano, una volta trasformati, valenze magiche e poteri psicotropi durante i rituali: in questo articolo, che sarà ripartito in quattro brani, desidero presentare altrettanti stru-menti che ci riporteranno indietro nel tempo. La scelta, da operare fra vasta gamma di oggetti che la creati-vità dell’uomo è riuscita a generare,

L

un breve viaggio fra antichi strumenti musicali

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i tratta di uno stru-mento musicale a percussione, cioè che produce suono quan-

do colpito con le mani o con appositi attrezzi (con una stecca nel bodhràn irlandese, ad esempio): è costituito da un’unica pelle fissata su un anello di legno e, per amore della precisio-ne, possiamo dire che ogni tamburo che possieda una profondità minore del suo stesso diametro viene defini-to “a cornice”. La traccia più antica che abbiamo, relativa all’esistenza di questo stru-mento, ci conduce fra le civiltà me-sopotamiche che abitavano la zona della mezzaluna fertile del 6000 a.c: si diffuse ampiamente in tutto il ba-cino del mediterraneo e nei millenni è cambiato ben poco per tecniche di costruzione.La cornice del tamburo veniva rea-lizzata sottoponendo una fascia di legno (molto spesso si trattava di legno di rosa) a fasi di lavorazione che la rendevano deformabile gra-zie a umidità e calore, sulla quale si fissava una pelle conciata e bagna-ta che, seccandosi, raggiungeva un livello di tensione tale da produrre il suono ricercato. Se oggi alcuni costruttori prediligono, per varie ragioni, l’utilizzo di pelli sintetiche, nell’antichità quasi ogni animale ser-viva allo scopo: mucche,asini, capre, pecore, cani, gatti, cammelli, cavalli, rettili e addirittura pesci! Più la pel-le era spessa e grezza, più il suono prodotto risultava grave e cupo: di conseguenza, pelli più fini e lavorate permettevano di ottenere suoni acu-

cerdotessa) officiante era così forte e speciale che, alla morte dell’uomo di fede, la pelle dello strumento veniva tagliata!La semplicità e il potere evocativo che questo tipo di strumento eserci-ta sulla spiritualità umana ha fatto si che l’uso del tamburo non si perdes-se nei secoli, ma si sviluppasse in tut-te le culture e si legasse a tutte le tra-dizioni musicali popolari: parlando della nostra terra, l’Italia, possiamo dire che non esisterebbero Tarantella o Tamurriata senza tamburello. No-nostante i tamburi a cornice siano composti da una singola pelle, in alcune zone geografiche abbiamo la possibilità di ascoltare frame drums dotati di doppia pelle, cioè chiusi da entrambi i lati: è questo il caso del pandeiro galiziano. In Irlanda i balli tradizionali sono sempre accompa-gnati dalle forti e potenti pulsazioni dei bodhràn e i dervisci persiani ese-guono la loro ipnotica danza rotean-te accompagnati dai daf, ancora oggi come nei secoli indietro.La Voce della Terra ha parlato...

Alessia Mosca Proietti

ti e chiari. Non di rado, erano i sa-cerdoti e le sacerdotesse a consacrare gli alberi dai quali trarre il legno per la cornice e a scegliere l’animale che avrebbero apportato poteri specifici allo strumento che essi stessi avreb-bero utilizzato in molte cerimonie. Nella Grecia e nella Roma antiche, ad esempio, il culto misterico delle Melisse, sacerdotesse protettrici del-le api e delle nascite, si serviva di nu-merosi tamburi a cornice per mezzo dei quali riproducevano il battito del cuore dell’Ape Regina e il ronzio dell’alveare durante le danze celebra-tive.Ma perché il tamburo può essere rappresentativo della terra?La Terra è elemento “madre” per ec-cellenza perché nel proprio ventre oscuro e protettivo ospita il seme che potrà riposare nel lungo inver-no e germinare per ritrovare il sole a primavera. E’ l’essenza e il teatro del Cerchio della Vita e possiamo im-maginarla dotata di un cuore caldo, forte e pulsante.Ecco che il tamburo diviene voce di questo cuore, voce che riconduce l’uomo alle proprie radici!Non a caso i tamburi a cornice ve-nivano usati come strumenti fon-damentali dei rituali dall’uomo dell’antichità: venivano spesso deco-rati con sonagli metallici, di legno o di conchiglia per aggiungere suono al suono. Anche le pelli potevano essere dipinte con raffigurazioni im-portanti per le celebrazioni ed i riti di passaggio. Per alcune popolazioni, il legame che si creava tra la voce del tamburo e quella del sacerdote (o sa-

STAMBURO A CORNICE

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UNA GITAIN MONTAGNA

una giornata cal-da. Mia madre si-stema le borse in macchina. Mio padre è già

al posto di guida. Stiamo andando al paese di zia Mariuccia, quella che non vedo mai perché abita troppo lontano. Lasciamo la città e in poco tempo ci troviamo sull’autostrada. Mi anno-io, il tempo sembra non finire mai, poi finalmente qualcosa cambia. Ci troviamo in una stradina piccola e senza pavimento. Non ci sono altre macchine, non ci sono altre voci.Mio padre è completamente immer-so nel suo satellitare e mia madre prova a chiamare qualcuno per farsi indicare la strada. Poi, terrorizzati all’idea di essersi persi, decidono di fermarsi.Esco dalla macchina. Mi guardo in-torno e penso che l’aria sembra esse-re diversa ma non saprei dire in che modo. Per qualche minuto resto attaccato alla macchina. Penso che se mamma e papà hanno paura dovrei averla anche io. Invece, non mi sento im-paurito, solo più leggero. Sì, come un palloncino. Guardo il cielo e mi sembra di non averlo mai visto così grande. Dicono che posti come questo sono

chiedo perché mai mia madre voglia vedere questa statua della Madon-na. In fondo a Napoli ce ne sono a centinaia. Ogni due palazzi c’è una chiesa, più o meno.Respiro forte e glielo domando. - Come dici? Che domande fai? E’ importante perché… perché è una cosa sacra. Ecco, adesso hai capito? Bisogna che tu impari a vedere la differenza tra ciò che è sacro e ciò che non lo è.- E che cosa vuol dire sacro? Le dico io.- Vabbè, adesso te lo spiego. Tanto pare che qui non ci sia niente altro da fare. Sacro è qualcosa che rende la vita più leggera e importante.Qualcosa che non appartiene al no-stro mondo. Qualcosa che non possiamo vede-re nella nostra vita di tutti i giorni. Per questo facciamo cose che non si spiegano facilmente. Proprio come la gita di oggi. - Quindi siamo venuti qui per vede-re il sacro? Rispondo io sempre più confuso.- Certamente. Era proprio questo quello che volevo fare. Farti fare una esperienza sacra. Purtroppo però…Mio padre la interrompe e lei im-mediatamente mi lascia per andargli incontro. Allora la seguo speran-do di ascoltarla ancora ma non c’è niente da fare. Mio padre ha fame.

belli perché silenziosi. Qui, però, non c’è silenzio ma tanti suoni che messi insieme fanno una musica. Un cane in lontananza, il vento che fa cantare le foglie, un vocio soffuso di uccelli, lo strisciare e lo sgambettare di animali che non conosco. E una pioggia di ghiande che, cadendo, dettano il ritmo a tutto il resto. Guardo i miei genitori, ancora liti-gano. Allora vado a sedermi sotto un gros-so albero. A guardarlo per intero, piegando la testa all’indietro, mi accorgo che i rami non sono esat-tamente come sembrano. Sì, hanno proprio l’aria di essere braccia. Forti abbastanza da afferrare i miei pensie-ri e sorreggerli. Le foglie sono mani delicate che, in pochi minuti, hanno raccolto ogni mia paura. Hanno pre-so la mia tristezza e l’hanno portata altrove. Immagino, forse, in un po-sto lontano. Un posto che non tutti possono conoscere. Tutto d’un tratto mia madre, che pare essere sempre più arrabbiata, ci fa sapere che il gruppo è partito già da tempo. Siamo in ritardo per la processione della Madonna e sicco-me il tutto si svolge attraversando un bosco non c’è modo di comunicare con nessuno dei partecipanti. Quando iniziano a litigare, cercan-do di capire di chi fosse la colpa del ritardo, io li guardo silenzioso e mi

E’

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E quando il suo stomaco bronto-la tutto deve fermarsi. Mia madre cerca in rete il ristorante più vicino ma, siccome non riesce a trovare una connessione internet, dice che dob-biamo spostarci. Io, veramente, non vorrei andare via. Mi pare sia durata troppo poco questa esperienza del sacro. Anche se a dire il vero ancora non ho ca-pito bene di cosa si tratti. Dunque, ricapitolando, deve essere qualcosa che non appartiene al nostro mon-do, che non possiamo vedere tutti i giorni e che rende la vita più leggera e importante allo stesso tempo. Ma certo come ho fatto a non ca-pirlo prima. E’ per questo che siamo venuti qua. Certo che se mamma non mi avesse spiegato la faccenda del sacro non avrei mai immaginato che per lei quest’albero gigante fosse così im-portante. Perché deve essere questa la cosa sacra che voleva farmi cono-scere, non ci sono dubbi. Quello che ancora non mi è chiaro è la faccen-da della Madonna. In fondo, però, a mia madre piace tanto andare in chiesa. Forse aveva voglia di un’al-tra chiesa, di statue diverse. Del re-sto anche io amo moltissimo il mio parco giochi ma ho sempre voglia di vederne di nuovi.- Tesoro andiamo. Dobbiamo asso-lutamente metterci in cerca di un ristorante. E’ tardissimo.- Vengo mamma. Saluto l’albero e vengo.- Saluti cosa? Va bene, va bene ma cerca di fare in fretta.Mi avvicino al tronco e lo tocco con la mano aperta. Gli parlo. Mi pre-paro a lasciare il suo mondo pieno di foglie colorate e torno nel mio.

Certo dal mio balcone non potrei mai vederlo ma la distanza poco im-porta. Io non avevo mai conosciuto la parola “sacro” ma adesso che lo so posso finalmente dare un nome a quello che sento. Del resto è proprio a questo servono le parole, a dare un nome a ogni cosa. Anche a quelle difficili da capire.

Monica Zunica

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triadiche cosa e‘ il druidismo

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Il druidismo e:“Il Calderone, l’Albero e l’Awen “

Il Calderone ci collega al nutrimento spirituale ed al nostro passato mitico; L’Albero ci connette all’energia del mondo naturale ed al rapporto di tutti gli esseri viventi; e l’Awen scintilla e si accende nei nostri esseri attraverso il nostro servizio e la comprensione dei primi due - Insieme, questi rapporti creano un Druidismo ‘vivo’.

Benedizioni, Penny

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Il druidismo e:

“Amare gli spiriti Rispettare la terra Onorare gli antenati”

Caitlín Matthews

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Il druidismo è: “Consapevolezza, Creatività e Condivisione. ”

La Consapevolezza è la base: è sentire sempre di più “quello che tu sei”, la tua unicità, conoscere i tuoi mutamenti e, di conseguenza cosa vuoi sperimentare o evitare per vivere quanto più “felicemente” ti sia possibile. La Creatività è l’idea, la spinta, l’entusiasmo che ti illumina la Via, sono le vibrazioni dell’Awen in tutta la sua potenza, l’Energia, quella forza vitale che riusciamo ad attingere da noi stessi quando il “contatto” fra il nostro mondo dentro ed il nostro mondo fuori è sereno ed aperto. La Condivisione con il Tutto è la Realtà fisica e spirituale dentro cui questo si svolge.

Daniela F.P.

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eistedfodd

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Il Calderone

Alza il coperchio la mano sapienteControlla vigile l’occhio saggioLa mano che stringe il mestolo nodosoUn pizzico di unione,una manciata d’umiltàLa ricetta e’ antica,i commensali moderniPossa il passato indicare la viaPossa il presente tracciare il futuroL’antro fumoso accolga i progettiDai vapori colorati nasca l’ispirazioneOgni bolla sia idea,ogni scoppio energiaIl calore della fiamma inondi le coscienzeIl sorriso beffardo plachi gli eccessiGiovani,vegliardi,donne uomini specchino il loro animo sulla superficie misteriosaNessuno impugni la mannaia che recideChe il filo dell’insieme possa intessere le trameIl percorso e’ lungo,il bosco e’ misterioso,la strada e’ maestra percor-sa in armonia...Unire,costruire amare e rispettareUn nuovo orizzonte si dispiegaL’infinito può essere luminosoGli artefici non possiamo che essere noiLa mano sapiente ha aggiunto le dosiL’occhio ha vigilato e la via e’ stata tracciataIl calderone e’ pronto a gorgogliare...

Emiliano Duir Savoia

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Ai confini del mondo ho trovato un varcoHo guardato oltre abbandonando il mio arcoAl di la di quello c’era un piccolo ruscelloE io l’ho raggiunto per essere parte del suo animo belloNell’acqua limpida era sommerso un calderoneE io l’ho afferrato come un marinaio con il suo timoneL’ho riempito di acqua che scorreE della mia anima chiusa in una torrePassato, presente e futuro sono caduti nel calderoneE il mio silenzio è riemerso da un profondo burroneQuando la mistura ha iniziato a bollireLa mia anima segreta ha provato a fiorire.

Monica Zunica

Ai confini del mondo

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Foreste avvolte nell’abbraccio della nebbiala porta tra i mondi inizia ad estende il suo canto… il Tempo di Samhain….è giunto!

Il coro delle Anime s’intreccia al nostro…uniti con Noi in questo tempo di confinein questo giorno non giorno….sospesi nel tempo..il Tempo di Samhain….è arrivato!

La morte del Vecchio e la nascita del Nuovol’eterna Verità da ricordare in questa lunga notte…Come una foglia che cade coprendo tutto ciò che è..custodendo il ritmo segreto di tutto ciò che ancora sarà…Samhain… raccontaci il tuo segreto!

Sotto la Luce dorata del sole d’autunnoraccolgo i frutti del pensiero e dell’azioneCanto le trame di un destino, tra le pieghe del tempo…Avanzando e retrocedendo, fluendo e tornando ad essere…Samhain… portaci la Visione!

La Promessa di Samhain…

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Stefano Alessi/ Aeothin

E mentre i giorni cedono luce alle stellele notti si fan lunghe e il freddo inverno canta nelle mie ossa..Nel focolare lavoro per costruire un Io migliorePer ogni anima che incontrerò e per quelle che già ho salutato…Samhain… il viaggio è iniziato!

Soffia..soffia forte il Vento del Nordche freddo taglia il mio pensiero..Ascolto il grido della Vecchia Oscura l’urlo nei cieli sconfinati dell’essere Selvaggio..Soffia saggezza e giunge la Fine,in una mano la mia scelta e nell’altra il dono di Samhain… la Vita della Terra riposa adesso sicura…

Nell’eco del cielo in tempesta, nel silenzio del temporale all’orizzontenella stella più luminosa del freddo invernoscorgo i presagi di una promessa…

La promessa di Samhain!

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Niente dura per sempre nel tempo, ma ciò che esiste è al di fuori del tempo. In eterno adesso esistiamo come più di una semplice idea?

Non è quello che sai, ma che cosa porti della tua conoscenza che segna il nostro viaggio dell’anima e dirige il nostro percorso

Nella fiamma più dolce e nella polla più silenziosa Si trova la porta della pace

Mi trovo di fronte alla QuerciaMi trovo di fronte alla Quercia E divento la foresta

Muovo un passo nel fuoco Le mie scintille sono le stelle

Io salto E divento il vento sacro

Niente dura per sempre

Shaun

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appuntamenti

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Appuntamenti

enk e Marjorie ci invitano ad

unirci a loro per un fine settimana residenziale in cui ci offriranno la loro conoscenza delle celebrazioni dell’ OBOD e delle sue attività. Sarà un meeting esperienziale, un labo-ratorio pratico che ci aiuterà ad ac-compagnare ed approfondire il ma-teriale offerto dai gwersu. Durante questo fine settimana ci sa-ranno dati gli strumenti e le tecniche che ci consentiranno di viaggiare in modo sicuro nel mondo interiore, di metterci in contatto e in dialogo con gli esseri interiori e nel contempo ci aiuteranno a praticare in modo più efficace sia le celebrazioni che il no-stro spazio rituale.L’obiettivo di questo primo wor-kshop è quello di consentire di av-vicinarsi sia alla Meditazione che al Rituale con maggiore fiducia, chia-rezza e creatività.Il workshop è accessibile e aperto a tutti gli Obodies, Bardi, Ovati e Druidi.

stro potenziale.Lavoreremo con il cerchio, il centro, la voce, i quattro quarti, l’ apertura, la chiusura, e la creazione del rito stessoIl gruppo si riunirà il Venerdì sera, e il workshop si concluderà nel pome-riggio di Domenica. Sabato sera festeggeremo con un Ei-stedfodd, quindi, se avete qualche canzone o qualche storia da condi-videre, siete pregati di portarla con voi.

Il programma sulla meditazione pratica e sul cammino interiore ci offrirà un’introduzione alle tecniche essenziali del lavoro interiore. Gli argomenti trattati includono “il Corpo di Luce”, l’approfondimento e la scoperta della nostra saggezza interiore, il cammino con gli esseri interiori e con i nostri alleati e guide. Nell’arte di rito scopriremo i modi in cui il rituale funziona includen-do in esso ogni aspetto di noi stessi e ci offrirà offre un’opportunità per sviluppare la nostra creatività e il no-

H

MEDITATION, INNER JOURNEYING and the ART of RITUAL

OBOD WORKSHOP15 - 17 Maggio 2015

a cura di Henk e Marjorie

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Dettagli completi e maggiori infor-mazioni saranno trasmessi tra poco.Per ulteriori informazioni, inviare un e-mail a: [email protected] alcune osservazioni dei parteci-panti ai precedenti workshop: “Questi due giorni mi sono serviti effettivamente per approfondire la mia pratica individuale” “Il workshop mi ha dato più fiducia nei rituali e nelle cerimonie” “E ‘stato molto piacevole incontra-re compagni e amici che pensano e vivono il Druidismo al mio stesso modo approfondendo il nostro sen-so di connessione con lo Spirito e la semplicità del lavoro con il nostro cammino interiore”

Henk J.Eggink ha conseguito un Master of Science in Business Admi-nistration ed è un trainer di gestio-ne con uno dei principali istituti di formazione olandese sullo sviluppo della leadership. E interessato alla spiritualità pagana e sciamanica da oltre 20 anni. E ‘entrato nell’Ordine nel 1997 ed è stato tutor coordinatore per il corso OBOD olandese dal 2010 Dal 2000 organizza varie le attività in giro per il mondo, meeting, workshop e fe-stival per la comunità OBOD

Facilitatori: Marjorie è laureata in psicologia ed è una terapeuta olistica. Il suo coinvolgimento nel Druidismo dell’ OBOD è iniziato nel 2000 Attual-mente organizza il ciclo di labora-tori “Figlie del Fuoco” con Thea Worthington. Nel 2007, viene nominata facili-tatore e insegnante nei workshop sul Rituale e la Meditazione per gli studenti OBOD dei Paesi Bassi con Henk. Marjorie divide il suo tempo tra il suo lavoro come consulente azienda-le, facilitatore nei seminari, volonta-riato, incentrato alla conservazione forestale e i suoi interessi creativi.

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L’Obod in ItaliaGroveS e Seed GroupS

Il cerchiodi arth(Torino)

Bosco dell’Awen(Biella)

Silver Wolf Circle(Piacenza)

Il cerchio di anu(Trento/Lodi)

La Raduradi Bright(Trento)

La Tor(Friuli)

L’’Iperico(Molise)

La Quercia(Roma)

Il Biancoscpino(Roma)

Il COnciliaboloCeltico Toscano(Toscana)

Dal Novembre 2010 l’Ordine Druidico Italiano - Bosco dell’Awen e’ distribu-tore ufficiale del corso OBOD in italiano, suddiviso nei gradi Bardo, Ovate

e Druido, completamente tradotti e fedeli agli originali inglesi.Le iscrizioni possono essere fatte in ogni periodo dell’anno sul sito

www.druidry.it

Per maggiori informazioni sui Grove e seed group: www.druidry.org/community

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Faccia da Druido

AlessioCotena

Bradhan

StefanoAlessi

Aeothin

IlariaPege

Briga delleCOlline

DanielaF.P.

FataBetulla

PaoloVeneziani

Bran

EmilianoSavoia

Duir

LuisaLovari

MonicaZunica

LAURAVILLA

hanno collaborato a questo numero...

AlessiaMosca Proietti

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ColophonIl CalderoneRivista italiana di druidismo dell’OBOD (The Order of Bards, Ovates and Druids)

Numero 01 di Samhain 2014

RedazioneDaniela, Fata BetullaPaolo Veneziani, BranAlessio Cotena, Bradhan

Hanno collaborato a questo numero:Stefano Alessi, AeotinDavide Armentano (Grafica e impaginazione)Daniela, Fata BetullaAlessio Cotena, BradhanLuisa LovariMarkus Juniper (traduzione dall’inglese )Ilaria Pege, Briga delle CollineFranco Pozzer (marchio della rivista)Emiliano Savoia, DuirPaolo Veneziani, BranLaura VillaMonica Zunica

Chiunque fosse interessato a partecipare o a ricevere gratuitamene la rivista, può prendere accordi con la redazione inviando una mail a:

[email protected]

La partecipazione e la diffusione della rivista è aperta a tutti.A questo link la rivista sfogliabile:

http://issuu.com/ilcalderone/docs/il_calderone-samhain_2014/1