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Concrete2014 - Progetto e Tecnologia per il Costruito Tra XX e XXI secolo IL CALCESTRUZZO NELLA CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DEL CADORE DI EDOARDO GELLNER E CARLO SCARPA (1956-1961) CONCRETE IN THE CHUCH OF NOSTRA SIGNORE DEL CADORE BY EDOARDO GELLNER AND CARLO SCARPA (1956-1961) Laura Greco Università della Calabria, Cosenza, Italia e-mail: [email protected] Parole chiave: calcestruzzo facciavista, Italia, Novecento, architettura alpina, architettura religiosa Abstract The Church of Nostra Signora del Cadore is situated in the holiday village for the employees of the Ente Nazionale Idrocarburi (the national energy company) built between 1955 and 1962 in Corte di Cadore and designed by Edoardo Gellner. The building, designed by Gellner in collaboration with Carlo Scarpa, is part of a unique experience that focuses on the concrete technique in the architectural and landscaping design of the entire Alpine complex. The design process began in 1956 and the Church was inaugurated, with a temporary altar, in 1961. The building has three naves with a polygonal plan that can accommodate up to 350 worshipers. The concrete structural solution, which participates in the connotation of the architectural features of the Church, consists of two rows of hexagonal columns and longitudinal beams on which the ribs of the roof structure are set. The solution, which had initially been conceived with prefabricated components, was realized with cast in situ elements. The architecture of the Church is completed with the elegant use of other materials – steel, wood, glass, natural stone – and careful treatment of the surfaces, extended to non structural parts. The masses of the walls of exposed concrete that reassemble the volumes of the transept and support the roof terrace and the external ramp, are distinguished by the effects of formal surfaces, whose textures are studied and verified in the design process through specific solutions of the concrete mixture and formwork.

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IL CALCESTRUZZO NELLA CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DEL CADORE DI EDOARDO GELLNER E CARLO SCARPA (1956-1961)

CONCRETE IN THE CHUCH OF NOSTRA SIGNORE DEL CADORE BY

EDOARDO GELLNER AND CARLO SCARPA (1956-1961)

Laura Greco

Università della Calabria, Cosenza, Italia e-mail: [email protected]

Parole chiave: calcestruzzo facciavista, Italia, Novecento, architettura alpina, architettura religiosa

Abstract The Church of Nostra Signora del Cadore is situated in the holiday village for the employees of the Ente Nazionale Idrocarburi (the national energy company) built between 1955 and 1962 in Corte di Cadore and designed by Edoardo Gellner. The building, designed by Gellner in collaboration with Carlo Scarpa, is part of a unique experience that focuses on the concrete technique in the architectural and landscaping design of the entire Alpine complex. The design process began in 1956 and the Church was inaugurated, with a temporary altar, in 1961. The building has three naves with a polygonal plan that can accommodate up to 350 worshipers. The concrete structural solution, which participates in the connotation of the architectural features of the Church, consists of two rows of hexagonal columns and longitudinal beams on which the ribs of the roof structure are set. The solution, which had initially been conceived with prefabricated components, was realized with cast in situ elements. The architecture of the Church is completed with the elegant use of other materials – steel, wood, glass, natural stone – and careful treatment of the surfaces, extended to non structural parts. The masses of the walls of exposed concrete that reassemble the volumes of the transept and support the roof terrace and the external ramp, are distinguished by the effects of formal surfaces, whose textures are studied and verified in the design process through specific solutions of the concrete mixture and formwork.

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L. Greco

1 Introduzione La chiesa di Nostra Signora del Cadore sorge nel villaggio vacanze per i dipendenti dell’Ente Nazionale Idrocarburi1, realizzato tra il 1955 e il 1962 a Corte di Cadore nei pressi di Cortina d’Ampezzo nell’imponente paesaggio alpino delle Dolomiti. Il complesso è progettato da Edoardo Gellner (1909-2004) su committenza di Enrico Mattei, presidente dell’ente in quegli anni. Il progetto del villaggio di Corte di Cadore prevede la costruzione di 600 case unifamiliari, una colonia per 600 bambini, un campeggio per 200 ragazzi, la chiesa, alberghi, impianti sportivi, un centro servizi e un centro sociale2. Il complesso si rivela un’occasione per sperimentare l’integrazione nella pratica costruttiva di montagna di tecniche evolute e di sistemi industrializzati3. Il cantiere del villaggio si apre nel maggio del 1955 con l’avvio dell’esecuzione delle infrastrutture viarie; nella stessa estate è completata la prima casa prototipo. Da quel momento le realizzazioni si susseguono, mentre gli edifici terminati entrano progressivamente in funzione. L’improvvisa scomparsa del presidente dell’Eni, avvenuta nel 1962, incide in maniera determinante sull’intero programma edilizio della società petrolifera e quindi sul villaggio, il cui completamento è interrotto. Tra le opere realizzate c’è la chiesa di Nostra Signora del Cadore. 2 Il processo progettuale La chiesa è un edificio a tre navate, a pianta poligonale, che può ospitare fino a 350 fedeli. La sua architettura è marcata dal meccanismo strutturale in calcestruzzo armato, le cui componenti sono figure primarie della trama compositiva, perfezionata dall’uso elegante degli altri materiali - acciaio, legno, vetro, pietra naturale – e dal trattamento delle superfici4. La vicenda progettuale della chiesa di Corte ha inizio nell’estate del 1956, quando Gellner coinvolge Carlo Scarpa (1906-1978)5. I due si sono incontrati a Venezia, negli anni della formazione universitaria di Gellner6. Il progetto della chiesa è però l’occasione per una collaborazione professionale concreta. Li accomuna la sensibilità verso la poetica di Frank Lloyd Wright, a quel tempo già manifesta nell’orizzonte culturale di entrambi. Scarpa si interessa alla lezione del maestro americano e suo sarà l’allestimento della mostra su Wright alla Triennale di Milano del 1960. Gellner aderisce all’APAO (Associazione per l’Architettura Organica), incontra Wright nel 1951 e matura progressivamente una personale inclinazione per l’architettura organica, che sperimenta in aree paesaggistiche di rilievo come quella di Corte, riconoscendo in quella visione punti di contatto con la sua concezione del rapporto tra architettura e contesto naturale. Il progetto della chiesa si sviluppa in questa cornice culturale. L’edificio si connota quale emergenza architettonica nel registro di piani e linee orizzontali che disegnano la trama delle case e delle altre costruzioni collettive. Insieme alla colonia è l’unico volume che, in forza della copertura a due falde e al segno verticale del campanile, si distingue nel disegno complessivo del villaggio. L’impianto planimetrico, su cui Gellner dialoga con Scarpa nelle prime settimane di lavoro, parte da schizzi che segnalano l’iniziale considerazione per uno schema a pianta centrale. Nelle ipotesi di Gellner la chiesa è un’aula unica. Pilastroni inclinati e ancorati a terra si succedono con regolarità a sostegno della copertura, secondo un modello già impiegato dall’architetto nel padiglione centrale della vicina colonia. La successiva versione della chiesa introduce la soluzione a tre

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Figura 1: Una vista della chiesa (ASE)

navate su cui si consolida il progetto del 1956. L’aggiornamento dello schema coincide con il ripensamento delle strutture di calcestruzzo armato, le cui figure emergono distintamente nei nuovi disegni. Coppie di grandi costole completate da un tirante orizzontale poggiano su travi longitudinali poste al di sopra di pilastri ordinati con interasse doppio rispetto ai costoloni. Lo studio della pianta si perfeziona per approdare a un impianto allungato a tre navate, concluso su un lato dal transetto asimmetrico ruotato rispetto alla griglia primaria e, sul fronte opposto, dal nartece e dalla cappella laterale studiati da Scarpa. A dicembre il progetto preliminare è concluso7 e approvato da Mattei nei primi mesi del 1957. Ne viene però disposta la revisione per ridurre la capienza della chiesa da 500 a 350 posti8. In primavera Gellner porta a termine l’adeguamento dimensionale, che lascia invariati l’impianto planimetrico e la sezione dell’edificio. La griglia formale e costruttiva è definitivamente scandita dal modulo di 122x122 cm, assunto da Gellner anche negli altri edifici del villaggio. Il canone detta l’interasse tra i pilastri e i costoloni, fissato rispettivamente a 488 cm (122x4) e a 244 cm (122x2). In questo frangente, la nomina da parte della committenza di Carlo Cestelli Guidi a consulente per le strutture determina, come si evidenzierà di seguito, le modifiche più evidenti nell’impianto strutturale. Il 31 marzo 1958 si apre la gara d’appalto a inviti per la costruzione della chiesa9. L’impresa Società Italiana Costruzioni Civili e Industriali (S.I.C.C.I.) di Merano vince la selezione. Il 10 giugno si procede alla sottoscrizione del contratto. Un mese dopo si tiene una riunione tra Gellner, l’impresa e Carlo Cestelli-Guidi per discutere le modifiche da apportare al progetto delle strutture10. Il 21 luglio sono fissati la consegna e

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Figura 2: Pianta strutture, progetto 1956 (ASE)

l’inizio dei lavori. L’ultimazione delle opere è prevista per il 15 luglio 195911. La chiesa è inaugurata il 21 agosto 1961 con un altare provvisorio12. Negli anni successivi sono completate alcune delle opere interne e delle decorazioni previste nel progetto originario. Oggi l’edificio, che si conserva in buone condizioni, ospita concerti di musica classica durante la stagione estiva.

3 La struttura in calcestruzzo armato: dalla concezione del meccanismo statico alla connotazione dello spazio architettonico Il dibattito architettonico che prende vita in Italia nel secondo dopoguerra sul modo di costruire in montagna porta in primo piano da un lato la tendenza a una romantica salvaguardia delle forme e delle tecniche del passato e, dall’altro, la tensione innovatrice che promuove l’adeguamento di metodiche e strumenti del costruire alle mutate condizioni di vita in montagna13. Lo sviluppo del turismo, che prelude al fenomeno di massa degli anni Sessanta, innesca già nel decennio Cinquanta un fermento urbanistico ed edilizio senza precedenti nei misurati processi di antropizzazione dei contesti montani14. Lungo l’arco alpino si susseguono, infatti, dopo le esperienze degli anni Venti-Trenta, gli sforzi per adattare le strutture ricettive ai programmi turistici destinati a ampie fasce della popolazione. Nella sezione orientale della catena la parte rilevante del lavoro prende forma negli anni Cinquanta, come documentano alcuni degli interventi più noti e riguardanti la provincia di Trento tra cui si ricordano le centrali idroelettriche di Gio Ponti, Antonio Fornaroli e Alberto Rosselli a Santa Giustina (1951-1952) e a Cimego (1954-1956) e lo stesso villaggio a Corte di Cadore15.

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Figura 3: Sezione A, 18 aprile 1957 (ASE)

In questa cornice il calcestruzzo è tra i procedimenti costruttivi adottati per le grandi infrastrutture e per gli edifici pluripiano. In molti casi si compie il trasferimento della tecnica e degli schemi statici già sperimentati in città; in altre occasioni - le più sensibili - il materiale e il procedimento si prestano alla sfida del difficile confronto con la maestosità dei paesaggi. Il villaggio Eni appartiene a questo novero di realizzazioni. Gellner plasma la miscela e la sequenza costruttiva tenendo conto del clima rigido e nel rispetto dello scenario naturale delle Dolomiti. Le raffinate e rugose superfici delle pareti di contenimento, delle facciate delle case, degli edifici collettivi che disegnano la trama lineare dell’architettura del villaggio si ispirano, senza cedere a scontati intenti di mimetismo figurativo, ai complessi rocciosi. La chiesa è una delle prove più convincenti della sperimentazione sull’espressività del calcestruzzo condotta da Gellner in questo insediamento. L’elaborazione del meccanismo strutturale, la definizione delle sue componenti e delle relazioni tra le parti, lo studio del dettaglio costruttivo e delle finiture sono passaggi di un processo progettuale multiscalare che Gellner conduce con cura minuziosa, contando, per lunghi periodi, sull’apporto prezioso di Scarpa. Il repertorio di sezioni presente nei carteggi del progetto testimonia la riflessione dei due architetti. Un primo gruppo di disegni è del 1956, un secondo del 1957, un altro ancora del 1958-59. L’ultimo biennio coincide con la definizione delle strutture – i cui calcoli sono portati avanti dall’impresa appaltatrice - e dei

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Figura 4: Armatura tipo di una delle costole del tetto (ASE)

dettagli costruttivi, curati da Gellner con la collaborazione di Scarpa per alcune soluzioni puntuali. La sezione “A” fornisce indizi utili agli obiettivi di questo studio. Nel disegno del 1956 la struttura del tetto è formata da grandi costole di calcestruzzo armato prefabbricato, appoggiate su travi longitudinali di cemento armato martellinato. Gli elementi prefabbricati sono da gettarsi a piè d’opera e alleggeriti nella sezione con forature per agevolarne il varo mediante gru16. Il sistema si imposta sui pilastri a sezione esagonale con nucleo di calcestruzzo armato e rivestimento lapideo. Tra i costoloni si trovano – in sostituzione dell’unico tirante orizzontale ipotizzato da Gellner - coppie di tondini metallici incrociati in diagonale per controventare i costoloni17, secondo il suggerimento di Silvano Zorzi (1921-1994), consulente e amico di Gellner. L’aggiornamento del 1957 conferma il medesimo modello. La terza versione, datata 1959, documenta le modifiche allo schema strutturale della copertura, suggerite da Carlo Cestelli Guidi (1906-1995) succeduto, come detto, a Zorzi. Il nuovo consulente rivede la soluzione iniziale disponendo i tiranti nel piano dei costoloni e suggerisce, inoltre, la riduzione della sezione dei pilastri, considerata eccessiva. In realtà, Gellner recepisce solo parzialmente queste osservazioni. Infatti, pur riorganizzando il gruppo dei tiranti secondo le indicazioni dello specialista, conserva anche i cavi incrociati diagonalmente, con una funzione prettamente architettonica oltre che di supporto dei corpi illuminanti. Nello stesso disegno del 1959 le costole – a sezione piena e di maggiori dimensioni - sono previste con getto in opera. Infatti, a seguito del calcolo

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Figura 5: Dettaglio del colmo (ASE)

definitivo effettuato dall’impresa, si rende necessario un aumento della sezione per assorbire l’azione del vento sulle falde18. Gli elaborati della ditta appaltatrice evidenziano elementi a sezione variabile. Essi si elevano dall’estradosso della trave longitudinale di 15,13 m. La sezione del primo tratto, innestato alla base nella scatola della cerniera e inclinato di 60°, raggiunge l’altezza di circa 2,50 m. Quindi il secondo tronco, di lunghezza maggiore, ha una sezione iniziale di 25x150 cm, poi progressivamente rastremata fino a raggiungere in sommità il valore minimo di 25x60 cm19. La trave longitudinale che sostiene i costoloni ha sezione rettangolare (45x92), è lunga circa 40 m ed è suddivisa in due tratti da un giunto di dilatazione. Il disegno degli elementi di collegamento è curato da Gellner e Scarpa. La cerniera di appoggio dei costoloni sulla trave di bordo è risolta con una piastra (45x45x2) su cui si colloca la scarpa metallica per l’innesto della costola. La cerniera di sommità, in corrispondenza del colmo, già presente nei disegni del 1956, è modificata successivamente, con l’inserimento di una scatola di ferro sulle testate delle travi, la cui sagoma è studiata da Scarpa20. Nella versione realizzata il dettaglio del colmo si arricchisce di una passerella di servizio che corre longitudinalmente tra le travi per consentire il passaggio e la manutenzione in quota dei cavi elettrici. Il sistema è realizzato mediante profilati NP 12 sistemati in fori predisposti nelle parti in calcestruzzo e completati da una griglia metallica.

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Figura 6: Vista dell’altare (ASE)

Nel progetto definitivo le travi di copertura sono controventate mediante un doppio ordito metallico composto di profilati NP 12 disposti diagonalmente all’estradosso degli elementi di calcestruzzo, cui sono fissati per mezzo di piastre. Su di esso è posato un ordine di correnti di legno a sezione quadrata (16x16) tra cui sono sistemati i pannelli isolanti Eraclit. Il sovrastante tavolato di abete supporta il foglio di cartone catramato e il manto in lamiera di rame. All’intradosso della copertura è previsto il rivestimento con tavole di abete. Nel periodo 1958-1961, mentre la costruzione della chiesa è già avviata, Gellner è impegnato nella definizione dei dettagli del progetto, che sviluppa supportato dai continui confronti con Scarpa. I pilastri sono oggetto di elaborazioni che riguardano sia la sezione – per la quale sono documentati studi di Scarpa su soluzioni a stella, circolari, a rombo –, sia la finitura. Al progetto perfezionato da Gellner nel giugno del 1958, fa seguito il dimensionamento delle strutture effettuato a ottobre dalla ditta appaltatrice21, che porta il lato dell’esagono a 60 cm, misura rimasta invariata nella versione realizzata22, a eccezione della coppia di sostegni posti in corrispondenza del nartece. Altra questione nodale che segna la genesi dei pilastri è la definizione del rivestimento lapideo. Gellner e Scarpa hanno inizialmente opinioni differenti sulle soluzioni da adottare23. Il secondo propende per una composizione di elementi di altezza differente montati a giunti sfalsati, schema già impiegato dal maestro nel negozio Olivetti a Venezia, mentre Gellner preferisce l’impiego di una lastra monolitica. Un particolare del pilastro del 1959 anticipa l’alternativa realizzata. Il nucleo di calcestruzzo è rivestito sui quattro lati obliqui con lastre monolitiche di

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pietra rossa e sui rimanenti due da un getto integrativo di calcestruzzo spesso 10 cm da effettuarsi in casseforme costituite di tavole di legno di misura variabile trattate mediante bruciatura superficiale e spazzolatura. Nel getto, eseguito dopo la posa del rivestimento lapideo, sono integrate le tubazioni dell’impianto di illuminazione24. Anche il disegno delle grappe di sostegno delle lastre è oggetto di confronto tra i progettisti. Più sottili nella visione di Gellner, spesse fino a 20 mm nell’idea di Scarpa, che sarà poi la soluzione realizzata. Alla fine il fissaggio è risolto con pezzi di ghisa bullonati su piastre di ferro annegate nel getto di calcestruzzo. Le lastre sono rialzate dalla quota del pavimento finito mediante uno zoccolo di 4 cm, arretrato rispetto al filo esterno del sovrastante rivestimento di pietra. Il repertorio delle superfici cementizie che Gellner e Scarpa dispiegano nella messa in scena dell’involucro e degli interni della chiesa è ricco. Piani bocciardati, pareti segnate da scanalature orizzontali irregolari, o ancora arricchite di incisioni a scalpello in diagonale, allestiscono un catalogo di qualità tattili, cromatiche e chiaroscurali che si snoda lungo il perimetro e all’interno dell’edificio sacro. Nei pressi del pulpito Gellner affianca il cemento bocciardato alla consueta trama di scanalature orizzontali, qui completata da incisioni diagonali a scalpello. Diversi gli episodi che connotano l’involucro. Il muro della facciata est - su cui si imposta il castello delle campane – e quello posteriore che chiude il transetto, hanno una trama di striature orizzontali irregolari, ottenute attraverso l’impiego di casseforme composte di tavole orizzontali con spessori e dimensioni differenti. Sul fronte anteriore la superficie ruvida del calcestruzzo facciavista delle travi contrasta con la trama del muro basamentale, ancora costruita su una successione variabile di rilievi orizzontali25. Studi condotti su una porzione della parete, in corrispondenza della cappella laterale, hanno messo in luce la composizione della miscela e il procedimento esecutivo26. L’impasto impiegato comprende aggregati spaccati di pezzatura assortita (sabbia fine 0-3 mm, graniglia 3-5 mm, pietrischetto 5-20 mm, pietrisco 20-40 mm). Il getto è stato eseguito a più riprese e vibrato in casseforme lignee composte di tavole orizzontali di spessore differente. Lo stato di conservazione attuale del campione analizzato ha evidenziato alterazioni riguardanti distacchi del calcestruzzo di profondità diversa in corrispondenza dei copriferri espulsi, tracce di ossidazione e macchie diffuse di umidità, visibili soprattutto nei mesi invernali. 4 Conclusioni

La chiesa a Corte di Cadore testimonia felicemente l’innovazione espressiva e costruttiva che, solo in talune esperienze, durante il secolo scorso l’uso del calcestruzzo ha prodotto nella prassi edificatoria di montagna. Ciò è stato reso possibile, si ritiene, da alcuni fattori connotanti la vicenda progettuale e costruttiva dell’edificio sacro. Innanzitutto la presenza di condizioni al contorno eccezionali, determinate dal carattere sperimentale che contraddistingue il cantiere del villaggio di Corte di cui la chiesa fa parte. A questa circostanza si aggiungono alcuni tratti peculiari dei progettisti. La consuetudine di Gellner con la costruzione di montagna e, al contempo, la propensione, tanto rigorosa quanto curiosa, per l’integrazione nel canovaccio tradizionale di soluzioni aggiornate. La condivisione di un approccio progettuale, che accomuna Gellner e Scarpa, fondato sulla verifica delle soluzioni attraverso un’indagine minuziosa scandita da

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disegni accurati e da visioni di sintesi che tendono al controllo del procedimento costruttivo. In questa cornice prende forma l’articolato processo progettuale della chiesa, documentato nelle centinaia di disegni che ne custodiscono la memoria. L’analisi spinge a incardinare i suoi passaggi evolutivi intorno al perfezionamento del dispositivo statico, meditato nelle logiche generali e nei dettagli costruttivi. La riflessione sulla concezione strutturale ha assorbito nel biennio di elaborazione progettuale tanto l’efficienza del pensiero ingegneristico quanto l’accuratezza linguistica della ricerca architettonica dei progettisti, testimoniate nel ricco carteggio di disegni. Concretizzazione dell’epistolario grafico che accompagna la collaborazione di Gellner con Scarpa e di entrambi con la ditta esecutrice si rivela la spazialità interna, fotografata attraverso la prospettiva della navata centrale, nella quale il lessico austero del calcestruzzo, declinato attraverso le figure possenti dei pilastri e delle travature di copertura, si combina con una palette di contrasti cromatici e luminosi creati dalle finiture di pietra naturale, legno e vetro. All’esterno, le masse di calcestruzzo che riunificano i volumi del transetto e che sostengono la terrazza panoramica e la rampa esterna assumono un ruolo primario nella connotazione espressiva dell’involucro della chiesa. Sensibili alle tecniche utilizzate da Gellner negli altri edifici del villaggio, nonché alla poetica di Scarpa – si pensi al progetto, quasi coevo, per il padiglione del Venezuela alla Biennale di Venezia – esse entrano nell’architettura della chiesa di cui formano il corpo basamentale, emblematica rappresentazione del rapporto tra edificio e terreno che costituisce uno dei punti chiave dell’architettura di Gellner nei contesti montani. Bibliografia Greco L. - The evolution of building techniques in the Italian Alpine context from the 1950s-1960s. The case of the Church in Corte di Cadore by Edoardo Gellner and Carlo Scarpa (1956-1961), in Proceedings of the First Conference of the Construction History Society, James W.P. Campbell et al. (eds.), Construction History Society, Cambridge (UK), (2014), pp. 191-200. Greco L.; Mornati S. - Il villaggio Eni a Corte di Cadore. Un esempio di villaggio sociale e integrazione ambientale, L’industria delle costruzioni, vol. 436, (2014), pp. 97-107. Mornati S. - The ENI Village at Corte di Cadore (Italy), in O. Ural, E. Pizzi, S. Croce (a cura di), Atti del 39th IAHS The International Association for Housing Science, PoliScript, Milano, Vol. 1 (2013), pp. 589-596. Severati C.; Merlo M. (a cura di) - Edoardo Gellner. Architetture organiche per Enrico Mattei 1954-1961, Gangemi, Roma, 2006. Bruschi G.; Faccio P.; Pratali Maffei S.; Scaramuzza P. - Il calcestruzzo nelle architetture di Carlo Scarpa. Forme, alterazioni, interventi, Editrice Compositori, Bologna, 2005, pp. 103-109. Achleitner F.; Biadene P.; Gellner E.; Merlo M. - Edoardo Gellner Corte di Cadore, Milano, Skira, 2002. Bolzoni L. - Architettura moderna nelle Alpi italiane dal 1900 alla fine degli anni Cinquanta, Priuli & Verlucca, Torino, 2000. Gellner E.; Mancuso F. - Carlo Scarpa e Edoardo Gellner. La chiesa di Corte di Cadore, Electa, Milano, 2000. Mancuso F. - Edoardo Gellner. Il mestiere di architetto, Electa, Milano, 1996. Gellner E., Il villaggio sociale dell’Eni. Urbanistica. Vol. 32, 1960. Note 1L’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) è fondato in Italia nel 1953 per promuovere l’estrazione, la raffinazione e la distribuzione di prodotti petroliferi sul territorio nazionale. L’ente è promotore tra

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gli anni ’50 e ’60 di una serie di realizzazioni architettoniche e urbanistiche riguardanti insediamenti residenziali per i dipendenti e complessi produttivi di supporto all’attività del gruppo. Tali interventi interessano diverse aree geografiche del Paese. 2Per un’analisi del villaggio si vedano F. Mancuso Edoardo Gellner. Il mestiere di architetto, Electa, Milano, 1996, pp. 179-208; F. Achleitner, P. Biadene, E. Gellner, M. Merlo, Edoardo Gellner Corte di Cadore, Milano, Skira, 2002; L. Greco, S. Mornati, Il complesso Eni di Corte di Cadore. Un esempio di villaggio sociale e integrazione ambientale, L’industria delle costruzioni, vol. 436, 2014, pp. 97-107; tra le cronache dell’epoca E.Gellner, Il villaggio sociale dell’Eni, Urbanistica, Vol. 32, 1960. 3Per un’analisi delle scelte costruttive operate nel villaggio e in particolare nella serie delle residenze si veda S. Mornati, The ENI Village at Corte di Cadore (Italy), in O. Ural, E. Pizzi, S. Croce (a cura di), Atti del 39th IAHS The International Association for Housing Science, PoliScript, Milano, Vol. 1, 2013, pp. 589-596. 4 Considerazioni preliminari e i primi esiti dell’analisi dei caratteri architettonici e costruttivi della chiesa sono stati pubblicati dall’autrice di questo saggio nel contributo presentato alla First Conference of the Construction History Society (11-12 April 2014, Queens’ College, Cambridge, UK). Cfr. L. Greco, The evolution of building techniques in the Italian Alpine context from the 1950s-1960s. The case of the Church in Corte di Cadore by Edoardo Gellner and Carlo Scarpa (1956-1961), in Proceedings of the First Conference of the Construction History Society, James W.P. Campbell et al. (eds.), Construction History Society, Cambridge (UK), 2014, pp. 191-200. 5Il 23 agosto 1956 Gellner riceve dal Servizio Tecnico della Direzione Generale Agip di Roma la conferma dell’incarico per la progettazione della chiesa. Cfr. Gellner E., Mancuso F., Carlo Scarpa e Edoardo Gellner. La chiesa di Corte di Cadore, Electa, Milano, 2000, p. 147. 6Edoardo Gellner, dopo la laurea in Architettura nel 1946 a Venezia, si stabilisce a Cortina d’Ampezzo, dove vive e lavora. Gli anni ’50 segnano i suoi esordi più decisi nella progettazione architettonica e urbanistica. In questa fase la sua passione per i materiali e la tecnica artigianale della costruzione si combina con l’orizzonte progettuale aperto dagli studi veneziani. Le occasioni più importanti di questi anni provengono dal contesto ampezzano: albergo per bambini “La Meridiana” (1949-1952), il palazzo Telve e delle Poste (1952-1955), la casa Giavi (1954-1955), il residence Palace (1954-1956), il Motel Agip (1954-1956) cui si sommano numerosi progetti per case unifamiliari. In quello stesso periodo lavora al piano regolatore (1952-1955) e al piano particolareggiato per il centro di Cortina (1951-1953) in vista delle Olimpiadi invernali del 1956. 7 Cronologia elaborata da Gellner Cfr. E. Gellner, F. Mancuso, op. cit., p. 147. In particolare, nella ricostruzione del progettista spiccano tre date del 1956: 23 agosto conferimento dell’incarico, 12 settembre chiusura dell’accordo di collaborazione con Scarpa, 30 dicembre ultimazione del primo progetto per la chiesa da 500 posti. 8La circostanza è descritta ancora da Gellner. Cfr. E. Gellner, F. Mancuso, op. cit., pp. 75-76. Documenta ulteriormente la scelta della committenza un promemoria riguardante le caratteristiche generali della chiesa, senza data, sul quale un appunto in rosso datato 30 gennaio 1957 prescrive la riduzione della capienza a 400 posti (Archivio storico Eni, d’ora in poi ASE, faldone 221). 9Partecipano tre imprese: Cav. G. Franchin di Carpenedo (Mestre), S.I.C.C.I. (Società Italiana Costruzioni Civili Industriali) di Merano, Domenico Moras & C. di Sacile (Udine). Cfr. Lettera di invito del 31 marzo 1958, prot. 61/140, Servizio IV, ufficio 5° (ASE, faldone 221). 10Cfr. E. Gellner, F. Mancuso, op. cit., p. 147. 11Cfr. Certificati di pagamento della ditta S.I.C.C.I. (ASE, faldone 225). 12L’analisi dei certificati sullo stato di avanzamento dei lavori fornisce alcuni riferimenti sulla tempistica della costruzione. Nell’autunno del 1958 sono rendicontate le opere di scavo e di fondazione della chiesa; a marzo 1959 è la volta dei muri di sostegno. I lavori sulle strutture di elevazione sono computati tra settembre e ottobre 1959, con riferimento alle voci relative alla casseratura, al calcestruzzo e alle armature per i sostegni e la struttura del tetto, completata nel documento di dicembre 1959. Tra febbraio e ottobre 1960 si realizzano molte delle opere interne. Cfr. Certificati di pagamento della ditta S.I.C.C.I. (ASE, faldone 225). 13Un ruolo nodale è svolto dall’Istituto di Architettura Montana, fondato con il sostegno del Politecnico di Torino. Nei convegni dell’associazione, organizzati a Bardonecchia dal 1952 al 1956, si discute della scala degli interventi in relazione ai caratteri ambientali dei paesaggi interessati, del rapporto tra tradizione e modernità in termini linguistici e costruttivi, della selezione dei materiali e delle tecniche, della formulazione di strumenti urbanistici ed edilizi adeguati alla nuova realtà delle

Page 12: IL CALCESTRUZZO NELLA CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DEL CADORE DI EDOARDO GELLNER E CARLO ... schema strutturale della copertura, suggerite da Carlo Cestelli Guidi (1906-1995) succeduto,

L. Greco

aree montane e alpine in particolare, delle relazioni tra gli obiettivi di sviluppo economico e le esigenze di salvaguardia. 14 Cfr. La memoria di Laura Greco presentata al 2° Congrès Francophone d’Histoire de la Construction, École Nationale Superieure d’Architecture de Lyon (Lione, 29-31 gennaio 2014) dal titolo L’architecture moderne dans les Alpes italiennes, entre tradition at innovation en matière de construction: l’expérience des hôtels de montagne de l’après seconde guerre mondiale. 15Cfr. Bolzoni L., Architettura moderna nelle Alpi italiane dal 1900 alla fine degli anni Cinquanta, Priuli & Verlucca, Torino, 2000. 16La precisazione è di Gellner, associata al racconto delle indicazioni di Zorzi sulla sistemazione dei tiranti. Non è chiaro se anche l’idea dell’alleggerimento della sezione dei costoloni sia di stata di Zorzi o meno. Cfr. Gellner, Mancuso, op. cit., p. 62. 17Cfr. Disegno n. 41 “Partic. Capriata” del 31.12.1956 (Archivio del progetto, IUAV Venezia, fondo E. Gellner, d’ora in poi IUAV). 18 Cfr. E. Gellner, F. Mancuso, op. cit., p. 76. 19 Cfr. Disegno n. 9830 “Trave longitudinale portante costole tetto” del 29.1.1959 dell’impresa S.I.C.C.I. (ASE, faldone 221). 20Cfr. Disegno n. 124 “Colmo tetto e cerniera di sommità” del 27.4.1959 aggiornato il 23.5.1959 di Edoardo Gellner (ASE, faldone 221). 21Nel disegno 8787/1 “Armatura pilastri” del 6.10.1958 della ditta S.I.C.C.I. il lato del pilastro misura 60 cm. L’armatura prevede una soluzione tipo con adattamenti per pilastri specifici (ASE, faldone 221). 22 Cfr. Disegno n. 58 “Particolare sezione pilastri” del 17.10.1958 (IUAV). Nel disegno si comparano le sezioni tipo del progetto del 30.6.1958, dei calcoli della ditta S.I.C.C.I. e quella al 22.10.1958, definitivamente adottata. Si evince che nella versione definitiva l’inclinazione dei lati è aumentata per dare maggiore snellezza alla sezione del pilastro e la misura posta pari a 60 cm. 23Cfr. Disegno n. 167 “Particolare rivestimento in pietra dei pilastri” del 25.03.1960, poi aggiornato tra settembre e ottobre dello stesso anno (ASE, faldone 221). 24Cfr. Disegno n. 91 “Pilastro. Partic.” del 14.02.1959 e aggiornato il 25.03.1960 (ASE, faldone 221). 25 L’effetto mostra analogie con il trattamento di alcune delle pareti di calcestruzzo delle case, ottenuto mediante casseforme composte di “sciàveri”, piccoli tronchi sgrossati. Cfr. S. Mornati, op.cit. 26Si tratta di uno studio condotto sull’uso del calcestruzzo nelle architetture di Carlo Scarpa i cui esiti, per quanto concerne la chiesa, sono stati presentati in Bruschi G.; Faccio P.; Pratali Maffei S.; Scaramuzza P. - Il calcestruzzo nelle architetture di Carlo Scarpa. Forme, alterazioni, interventi, Editrice Compositori, Bologna, 2005, pp. 103-109.