Il Brando tra le righe dicembre 2020 · 2020. 12. 28. · Natale. Perché se la nascita di Gesù...

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Carissimi Ragazzi, Genitori e Docenti, di fronte all’epidemia “COVID” non dobbiamo arrenderci, perché crediamo nell’esistenza di un Dio che ci Ama. Certamente non è facile essere fiduciosi in un momento così complesso, mai avevamo sperimentato un periodo più subdolo e angosciante di quello presente; certo, le generazioni precedenti hanno affrontato la tragedia della guerra, la terribile esperienza del terremoto dell'ottanta e, ancor prima, l'allucinante epidemia di colera; in tempi ormai lontani, influenze come l'Asiatica e la Spagnola pure falcidiarono l'umanità, più di recente abbiamo fatto i conti con l'AIDS, l'Aviaria, mai però un sentimento così profondo di scoramento si era impossessato del cuore di ciascuno, perché la difesa da questo morbo ci impone l'isolamento e il sentirsi soli accresce l'insicurezza, la paura, la tristezza...ma non dobbiamo arrenderci, perché noi credenti abbiamo la certezza dell'esistenza di un Dio che ci ama: da Lui proviene solo e sempre il Bene: se male c'è, questo è prodotto dalla cattiveria dell'uomo, da strani progetti di dominio e sopraffazione che sfuggono alle logiche dei semplici...ma noi non dobbiamo abbandonarci alla disperazione , sarebbe come offrire la vittoria su un piatto d'argento al Nemico! no, noi, come cristiani, continueremo a sorridere e a lottare, certi del sostegno di Cristo, nostro fratello, amico e compagno di viaggio...affidiamoci a Lui e poniamo ai piedi di Maria le nostre ansie: con il loro supporto allontaneremo l'incubo della pandemia, l'immagine di quest'orribile mostro che sta seminando dolore e morte, nostro malgrado. Il Natale imminente riaccenda nei vostri giovani cuori, nei cuori di genitori, docenti e in quelli di noi tutti la speranza di un giorno nuovo, nel quale, al centro della vita di ognuno ci sarà veramente Dio, un Dio al quale affidarsi come ad un Padre benevolo, che ci ama incondizionatamente, così che nulla potrà farci più paura: solo con tale certezza ritroveremo la serenità per guardare al domani con gli occhi della speranza: ed è questo l'augurio che rivolgo a voi e all'umanità tutta! Così sia. La vostra Preside SR. Giocondina Ciervo 1 Il Brando tra le righe Periodico di attualità, cinema, cronaca, sport, cultura, poesia, giochi ed umorismo a cura dell’Istituto “Maria Cristina Brando” 2020/2021 DICEMBRE 2020 Carlo Acutis: santo del web Racconti di Natale Ridurre l’impatto ambientale nel nostro piccolo ANNO VII 2020/2021 N.1 Redazione Proff. coordinatrici generali: Donesi Irene, Meola Amalia Alunno coordinatore generale: Al. Locci Andrea Coordinatrice di indirizzo: Al. De Vincenzo Elena

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Carissimi Ragazzi, Genitori e Docenti,

di fronte all’epidemia “COVID” non dobbiamo arrenderci, perché crediamo nell’esistenza di un Dio che ci Ama. Certamente non è facile essere fiduciosi in un momento così complesso, mai avevamo sperimentato un periodo più subdolo e angosciante di quello presente; certo, le generazioni precedenti hanno affrontato la tragedia della guerra, la terribile esperienza del terremoto dell'ottanta e, ancor prima, l'allucinante epidemia di colera; in tempi ormai lontani, influenze come l'Asiatica e la Spagnola pure falcidiarono l'umanità, più di recente abbiamo fatto i conti con l'AIDS, l'Aviaria, mai però un sentimento così profondo di scoramento si era impossessato del cuore di ciascuno, perché la difesa da questo morbo ci impone l'isolamento e il sentirsi soli accresce l'insicurezza, la paura, la tristezza...ma non dobbiamo arrenderci, perché noi credenti abbiamo la certezza dell'esistenza di un Dio che ci ama: da Lui proviene solo e sempre il Bene: se male c'è, questo è prodotto dalla cattiveria dell'uomo, da strani progetti di dominio e sopraffazione che sfuggono alle logiche dei semplici...ma noi non dobbiamo abbandonarci alla disperazione , sarebbe come offrire la vittoria su un piatto d'argento al Nemico! no, noi, come cristiani, continueremo a sorridere e a lottare, certi del sostegno di Cristo, nostro fratello, amico e compagno di viaggio...affidiamoci a Lui e poniamo ai piedi di Maria le nostre ansie: con il loro supporto allontaneremo l'incubo della pandemia, l'immagine di quest'orribile mostro che sta seminando dolore e morte, nostro malgrado. Il Natale imminente riaccenda nei vostri giovani cuori, nei cuori di genitori, docenti e in quelli di noi tutti la speranza di un giorno nuovo, nel quale, al centro della vita di ognuno ci sarà veramente Dio, un Dio al quale affidarsi come ad un Padre benevolo, che ci ama incondizionatamente, così che nulla potrà farci più paura: solo con tale certezza ritroveremo la serenità per guardare al domani con gli occhi della speranza: ed è questo l'augurio che rivolgo a voi e all'umanità tutta! Così

sia.

La vostra Preside

SR. Giocondina Ciervo

1

Il Brando tra le righe Periodico di attualità, cinema, cronaca, sport, cultura, poesia, giochi ed umorismo a

cura dell’Istituto “Maria Cristina Brando”

2020/2021 DICEMBRE 2020

Carlo Acutis: santo del web

Racconti di Natale

Ridurre l’impatto ambientale nel nostro piccolo

ANNO VII 2020/2021 N.1

Redazione ‣ Proff. coordinatrici

generali: Donesi Irene, Meola Amalia

‣ Alunno coordinatore generale: Al. Locci Andrea

‣ Coordinatrice di indirizzo: Al. De Vincenzo Elena

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• Carlo Acutis: santo del web • L’appello di Papa Francesco: “Il consumismo ci ha sequestrato il Natale” • San Gennaro, il sangue non si è sciolto: sciagura o ferita risanata?

•• Caso Genovese e violenza sulle donne • Gender equality: femminismo e LGBT • Dopo quanrant’anni trema il ricordo: 40° anniversario del terremoto dell’Irpinia

• L’ impegno per la società e la giustizia: Il J’Accuse e la lettera ai giovani di Èmile Zola • Carpe diem: gli incontri mancati di Baudelaire e De André

• Si può bloccare l’evoluzione del gene editing? • Immunità passiva e vaccini

• Dalla parte dei vinti: “Brutti, sporchi e cattivi” di Ettore Scola • Dash & Lily

• Il Covid e noi • “Le correzioni” di Jonathan Franzen: correggere l’incorreggibile

• Letteratura ed ecologia • Far parte della soluzione e non del problema- Un libro per l’ambiente

• L’arte di non capire l’arte • Festival al tempo del Covid

• Il valore delle emozioni

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IL BRANDO TRA LE RIGHE INDICE

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Libri, Film & Serie tv

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ARTE & SPETTACOLO

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IL BRANDO TRA LE RIGHE FEDE

CARLO ACUTIS: SANTO DEL WEB

di Elena De Vincenzo (V Liceo Scientifico)

Carlo Acutis è stato un giovane ragazzo di Milano morto nel 2006 a 15 anni per una leucemia fulminante. Un ragazzo come tanti, però con un’armonia speciale, che ha sempre posto al centro della sua vita il rapporto con Gesù Eucaristia, con una breve ma intensa testimonianza di vita autenticamente cristiana. Il 10 ottobre 2020 si è celebrata la beatificazione, presieduta dal cardinale Agostino Vallini, ad Assisi, seconda casa del ragazzo. Tutti lo conoscevano e lo amavano per la gioia che portava. Da quando aveva ricevuto la Prima Comunione a 7 anni, non aveva mai

mancato all’appuntamento quotidiano con la Santa Messa. La Madonna era la sua seconda madre, una confidente su cui sempre contare. Carlo considerava fondamentale l’Eucarestia, l’incontro quotidiano con Cristo, la chiamava infatti la sua “autostrada per il cielo”. Aveva anche grandi capacità informatiche riguardo la programmazione, montaggio di video, impaginazione di giornalini, ma anche la creazione di siti web. Egli realizzò anche una mostra sui miracoli eucaristici, poi diffusa su scala globale, facendo avvicinare moltissimi alla fede. Proprio per questo viene considerato da molti come “patrono dell’internet”. Sono numerose le sue apparizioni e i miracoli a lui connessi. Quello che gli ha permesso di essere proclamato beato accadde in Brasile nel settimo anniversario della morte, il 12 ottobre 2013, a Campo Grande. Matheus, 6 anni, era nato con il pancreas biforcuto e non riusciva a digerire alimenti solidi. Padre Marcelo Tenório invitò i parrocchiani a una novena e appoggiò un pezzo di una maglia di Carlo sul piccolo paziente, che l’indomani cominciò a mangiare. La Tac dimostrò che il suo pancreas era divenuto identico a quello degli individui sani, senza che i chirurghi lo avessero operato. Una guarigione istantanea, completa, duratura e inspiegabile alla luce delle attuali conoscenze mediche.

Carlo era un’adolescente come tanti, ma che è stato in grado di vivere come servo di Dio e testimone del Vangelo. La sua esistenza, seppur breve, è stata un raggio di luce sul cammino di chi lo ha incontrato sulla propria strada.

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IL BRANDO TRA LE RIGHE FEDE

L’APPELLO DI PAPA FRANCESCO: “IL CONSUMISMO CI HA SEQUESTRATO IL NATALE” Angelus di Domenica 20 Dicembre 2020

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In questa quarta e ultima domenica di Avvento, il Vangelo ci ripropone il racconto dell’Annunciazione. «Rallegrati», dice l’angelo a Maria, «concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (Lc 1,28.31). Sembra un annuncio di pura gioia, destinato a fare felice la Vergine: chi tra le donne del tempo non sognava di diventare la madre del Messia? Ma, insieme alla gioia, quelle parole preannunciano a Maria una grande prova. Perché? Perché in quel momento ella era «promessa sposa» (v. 27). In tale situazione, la Legge di Mosè stabiliva che non dovevano esserci rapporti e coabitazione. Dunque, avendo un figlio, Maria avrebbe trasgredito la Legge, e le pene per le donne erano terribili: era prevista la lapidazione (cfr Dt 22,20-21). Certamente il messaggio divino avrà riempito il cuore di Maria di luce e di forza; tuttavia, ella si trovò di fronte a una scelta cruciale: dire “sì” a Dio rischiando tutto, compresa la vita, oppure declinare l’invito e andare avanti con il suo cammino ordinario. Che cosa fa? Risponde così: «Avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Avvenga (fiat). Ma nella lingua in cui è scritto il Vangelo non è semplicemente un “si faccia”. L’espressione verbale indica un desiderio forte, indica la volontà che qualcosa si realizzi. Maria, in altre parole, non dice: “Se deve avvenire avvenga…, se non si può fare altrimenti…”. Non è rassegnazione. Non esprime un’accettazione debole e remissiva, esprime un desiderio forte, un desiderio vivo. Non è passiva, è attiva. Non subisce Dio, aderisce a Dio. È un’innamorata disposta a servire in tutto e subito il suo Signore. Avrebbe potuto chiedere un po’ di tempo per pensarci, oppure maggiori spiegazioni su che cosa sarebbe successo; magari porre qualche condizione... Invece non prende tempo, non fa aspettare Dio, non rinvia. Quante volte – pensiamo a noi adesso – quante volte la nostra vita è fatta di rinvii, anche la vita spirituale! Per esempio: so che mi fa bene pregare, ma oggi non ho tempo… “domani, domani, domani, domani…” rinviamo le cose: lo farò domani; so che aiutare qualcuno è importante – sì, devo farlo: lo farò domani. È la stessa catena dei domani…Rinviare le cose.

Oggi, alle porte del Natale, Maria ci invita a non rimandare, a dire “sì”: “Devo pregare?” “Sì, e prego”. “Devo aiutare gli altri? Sì”. Come farlo? Lo faccio. Senza rimandare. Ogni “sì” costa. Ogni “sì” costa, ma sempre meno di quanto costò a lei quel “sì” coraggioso, quel “sì” pronto, quell’«avvenga per me secondo la tua parola» che ci ha portato la salvezza. E noi, quali “sì” possiamo dire? In questo tempo difficile, anziché lamentarci di quello che la pandemia ci impedisce di fare, facciamo qualcosa per chi ha di meno: non l’ennesimo regalo per noi e per i nostri amici, ma per un bisognoso a cui nessuno pensa! E un altro consiglio: perché Gesù nasca in noi, prepariamo il cuore: andiamo a pregare. Non lasciamoci “portare avanti” dal consumismo: “devo comprare i regali, devo fare questo e quello…”. Quella frenesia di fare tante cose… l’importante è Gesù. il consumismo, fratelli e sorelle, ci ha sequestrato il Natale. Il consumismo non è nella mangiatoia di Betlemme: lì c’è la realtà, la povertà, l’amore. Prepariamo il cuore come ha fatto Maria: libero dal male, accogliente, pronto a ospitare Dio. «Avvenga per me secondo la tua parola». È l’ultima frase della Vergine in questa ultima domenica di Avvento, ed è l’invito a fare un passo concreto verso il Natale. Perché se la nascita di Gesù non tocca la vita nostra – la mia, la tua, tutte – se non tocca la vita, passa invano. Nell’Angelus ora anche noi diremo “si compia in me la tua parola”: la Madonna ci aiuti a dirlo con la vita, con l’atteggiamento di questi ultimi giorni, per prepararci bene al Natale.

“Il Natale, ormai vicino, sia per ciascuno occasione di rinnovamento interiore, di preghiera, di conversione, di passi avanti nella fede e di fraternità tra noi. Guardiamoci intorno, g u a r d i a m o s o p r a t t u t t o a q u a n t i s o n o nell’indigenza: il fratello che soffre, dovunque si trovi, il fratello che soffre ci appartiene. È Gesù nella mangiatoia: chi soffre è Gesù

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SAN GENNARO, IL SANGUE NON SI È SCIOLTO: SCIAGURA O FERITA RISANATA?

di Davide de Crescenzo, Francesco Imperato, Martina Mottola (II Liceo Scientifico)

Fra i Santi dell’antichità, Gennaro è certamente uno dei più venerati dai fedeli  napoletani accompagnato periodicamente dal misterioso prodigio della liquefazione del suo sangue. Chi era San Gennaro? Gennaro nacque a Napoli nella seconda metà del III secolo e fu eletto vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani. La vicenda del suo martirio si inserisce nel contesto delle persecuzioni anti cristiane di Diocleziano. Egli conosceva il diacono Sosso (o Sossio) che guidava la comunità cristiana di Miseno e che fu incarcerato dal giudice Dragonio, proconsole della Campania. Gennaro, saputo dell'arresto di Sosso, volle recarsi insieme a due compagni, Festo e Desiderio a portargli il suo conforto in carcere. Dragonio, informato d e l l a s u a p r e s e n z a e intromissione, fece arrestare anche loro tre, provocando le proteste di Procolo, diacono di Pozzuoli e di due fedeli cristiani della stessa città, Eutiche ed Acuzio. Anche questi tre furono arrestati e condannati insieme agli altri a morire nell'anfiteatro, ancora oggi esistente, per essere sbranati dagli orsi. Ma durante i preparativi il proconsole Dragonio, si accorse che il popolo dimostrava simpatia verso i prigionieri e quindi prevedendo disordini durante i cosiddetti giochi, cambiò decisione e il 19 settembre del 305 d.C. fece decapitare i prigionieri. Le tre processioni: Con il 19 settembre e con il sabato che precede la prima domenica di maggio, il 16 dicembre è uno dei tre appuntamenti dell’anno in cui i fedeli attendono il prodigio del Santo patrono di Napoli. Una circostanza che si ripete dal 1631, il giorno in cui secondo la tradizione, i napoletani chiesero e ottennero l’intervento miracoloso di San Gennaro per scongiurare una violenta eruzione del Vesuvio. In ogni appuntamento il prete verifica lo scioglimento del sangue. Nel momento in cui non si verificasse, la sciagura sarebbe dietro l’angolo. La prima volta in cui il sangue nell'ampolla si sciolse, avvenne all'epoca dell'imperatore Costantino I. La tradizione narra che il vescovo Severo, riportando le ossa e il cranio di San Gennaro dall'Agro Marciano a Napoli, incontrò Eusebia, che portava con sè le sue ampolle. A contatto con il cranio di San Gennaro, ci sarebbe stato lo scioglimento del sangue. Storicamente, la prima notizia documentata dell'ampolla contenente la reliquia del sangue del santo risale al 1389. Durante le manifestazioni per la festa dell'Assunta, vi fu

l'esposizione pubblica delle ampolle contenenti il sangue di San Gennaro e il 17 agosto vi fu una grandissima processione per assistere al miracolo del liquido conservato nell'ampolla che ormai si era liquefatto. Cronaca dell'evento sembra suggerire che fenomeni simili non vi erano mai successi prima d’ora. La cronaca di Partenope, pur parlando di diversi miracoli attribuiti alla potenza del Santo, non menziona mai una reliquia del sangue del martire. Oggi le 2 ampolle, fissate all'interno di una piccola teca rotonda sono conservate nella cassaforte dietro l'altare della cappella di San Gennaro. La Chiesa cattolica, pur approvando la venerazione popolare, non ha mai riconosciuto il fenomeno come un miracolo, limitandosi a definirlo come prodigio. Autorità ecclesiastiche affermano che lo scioglimento del sangue di San Gennaro, pur essendo scientificamente

impossibile, non obbliga i fedeli cattolici a prestare assenso della propria fede. Secondo alcuni teologi il sangue si scioglierebbe grazie a calce lasciata cadere n e l l ’ a m p o l l a . I l chimico Neumann riteneva che la sostanza rossastra veniva fatta sciogliere con il calore. Nel 20º secolo sono state fatte molte osservazioni scientifiche sulla reliquia e ancora tutt'oggi è oggetto di studio. In altre occasioni il fenomeno della liquefazione si era manifestato già

prima dell'apertura della teca che custodisce le ampolle. Il 16 dicembre di quest’anno, alle ore 9:00, le ampolle del sangue del Santo sono state prese dalla cappella dell'altare per attendere l'auspicato prodigio della liquefazione, ma, nonostante le preghiere dei fedeli, il prodigio non è avvenuto. L'abate della cappella, dopo aver aperto la cassaforte che contiene le ampolle del sangue, ha ricordato il momento di difficoltà, affermando che il sangue era solido. In poche ore la notizia del prodigio non avvenuto ha fatto il giro del web. Molti i tweet e i post sui social, a partire dalla Campania per arrivare al nord Italia. Poco dopo girava già un messaggio, come una catena, che era volto a tranquillizzare i devoti e i “simpatizzanti” del Santo. È una bella riflessione di Luigi Santopaolo, docente alla Pontificia Facoltà teologica dell'Italia Meridionale, che dice:«Il sangue si è fermato...ogni ferita sarà rimarginata! Il sangue resta lì, solido, come segno di una ferita sanata, come provvido presagio di un dolore che sta per terminare. Sangue che non scorre, come quello delle ferite del Cristo risorto! Che gioia che ne viene al cuore, che immagine portentosa di guarigione! Che questo sangue fermo significhi la cessazione dello scorrere del sangue innocente nel mondo intero!Che non vi siano più ferite aperte, nel cuore e nella carne, sorelle mie amatissime, fratelli miei diletti! Non sia turbato il vostro cuore! Il sangue finalmente si è fermato: ogni ferita sarà rimarginata.» Queste parole sembrano quasi addolcire la brutta notizia del mancato prodigio e rasserenare un po’ gli animi di chi crede.

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L’ampolla con il sangue di San Gennaro -Ansa-

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IL BRANDO TRA LE RIGHE ATTUALITÀ

CASO GENOVESE E VIOLENZA SULLE DONNE di Giovanna De Pasquale, Diana Liscia, Liliana Mazzocchi (II Liceo Scientifico) Chi è Alberto Genovese? Alberto Genovese è un imprenditore di 43 anni di origine campana, uno dei fondatori di Facile.it, tra i più

noti comparatori di assicurazioni, mutui, prestiti e conti correnti. L’uomo è stato arrestato sabato 7 n o v e m b r e a Milano ed ora è in custodia cautelare con l’accusa di v i o l e n z a sessuale su una

ragazza diciottenne. Durante l’inchiesta emergono i dettagli delle feste che Genovese era solito tenere p r e s s o l a t e r r a z z a d e l l a s u a abitazione, dove all’ingresso era obbligatorio lasciare i telefoni cellulari per evitare che venisse filmato ciò che accadeva all’interno.

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Feltri e l’articolo che ha scatenato indignazione

Vittorio Feltri, direttore del giornale “Libero” commenta nel suo editoriale il caso di Genovese con testuali parole: “Quanto alla povera Michela, mi domando: entrando nella camera da letto dell’abbiente ospite cosa pensava di andare a fare, a recitare il r o s a r i o ? ” . Q u e s t a è s o l o u n a d e l l e tante frasi dell’articolo scritto da Feltri che hanno causato migliaia di reazioni furiose. Le sue parole sono risultate vomitevoli e disgustose. P u r t r o p p o ancora oggi la società giustifica u n a t t o d i s tupro. Pochi i n v e c e s o n o quel l i che s i p o n g o n o d o m a n d e d e l genere: «Come si sarà sentita la ragazza dopo aver letto questo articolo pubblico?» Persone come Feltri sono in grado di innescare con le loro parole un meccanismo distorto; spingono le ragazze vittime di violenza a non denunciare.

• Violenza sulle donne sempre più frequente Come Francesca, la ragazza violentata da Genovese, anche tante altre donne nel mondo vengono violentate tutti i giorni riportando danni p s i c o l o g i c i e f i s i c i . Purtroppo queste donne il p i ù d e l l e v o l t e n o n denunciano per paura di essere giudicate, paura delle conseguenze e soprattutto per pudore. Una delle cose peggiori di questa situazione, sono le persone che sanno e stanno zitte. Bisogna aiutare a trasmettere opinioni differenti, a diffondere la cultura della denuncia, a sostenere le vittime e non gli aggressori, in modo tale che tutte queste donne abbiano giustizia e si sentano protette. Parlando di violenza sulle donne siamo portati al confronto sulle differenze di genere, che purtroppo ancora oggi sono molto presenti, vogliamo invogliare tutti voi a essere solidali e non stare zitti di fronte a una violenza!

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Alberto Genovese

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GENDER EQUALITY: FEMMINISMO E LGBT di Aurora Fauci e Elisa Nunzia Re (V Liceo Scientifico)

Gender equality per definizione vuol dire parità dei sessi. Ma ad oggi esiste effettivamente una parità tra i sessi? Nei secoli scorsi c’è stata una grande disparità tra sessi e, vedendo l’uomo come sesso dominante, la donna era considerata inferiore sia per l’aspetto fisico sia per le sue capacità. Fortunatamente nel corso degli anni la situazione è andata a migliorare, anche se non del tutto: donne e uomini hanno ottenuto l’uguaglianza sul piano dei diritti, ma la donna subisce tuttora episodi di disuguaglianza in ambito lavorativo o, come in molti Paesi orientali, la donna è vista ancora come un oggetto e non ha la stessa libertà di una donna occidentale. Tutti questi passi in avanti sono stati possibili grazie ad un gruppo di donne che anni fa si è posto contro le convenzioni sociali di allora e ha lottato e lotta tuttora per avere uguaglianza. Grazie a quel gruppo di donne, infatti, siamo riuscite ad ottenere i diritti che ad oggi conosciamo. Da questo importante episodio venne coniato il termine FEMMINISMO. Il movimento non combatte solo per i diritti ma è anche un movimento contro la violenza sulle donne, che ad oggi purtroppo è un argomento di cui se ne sente parlare fin troppo spesso, e si tutte le problematiche di noi donne. Trattando l’argomento di gender equality non possiamo dimenticare che anche gli uomini spesso viene provocata della violenza e, anche se non se ne sente parlare molto, ha lo stesso peso di una violenza fatta su una donna. A volte , infatti, il femminismo può sfociare in estremismo e far passare in modo sbagliato il reale motivo di questo movimento. Se vogliamo parlare di parità deve essere reciproca e dobbiamo iniziare a capire che a questo mondo siamo tutti uguali, indipendentemente dal sesso, dalla religione o dal proprio orientamento sessuale. A tal proposito, i diritti della comunità LGBT in Italia sono cambiati in maniera significativa nel corso degli ultimi anni, anche se le persone LGBT possono ancora affrontare ostacoli dal punto di vista legale non incontrati da cittadini non-LGBT, per quanto riguarda le adozioni e il riconoscimento del matrimonio egualitario contratto all'estero. Nonostante ciò, l'Italia è considerata una n a z i o n e g a y - f r i e n d l y e l ' o p i n i o n e p u b b l i c a sull'omosessualità è generalmente considerata sempre più liberale, anche se le persone LGBT possono ancora essere vittime di casi di omofobia, in particolare nelle zone rurali, dove ancora prevale la mentalità conservatrice. Proprio per questo, persone con diverso orientamento sessuale possono ricevere discriminazioni o addirittura violenze fisiche: tra le ultime notizie troviamo, infatti, come un padre arrivi a pagare un criminale per far sì che

tagli le mani del figlio, il quale da poco ha aperto il suo studio da chirurgo e viveva liberamente la sua vita insieme al suo compagno. D’altronde chi fa parte di questa community è sottoposto a continue violenze, sia psicologiche che fisiche; basta aprire un social network, come Instagram o TikTok, per notare come si tende ad evidenziare sempre di più tale differenza.

Ma, in fondo, di che differenza parliamo?

L’uomo è di per sé libero e i sentimenti non si comandano. Purtroppo dobbiamo sempre tener conto del fatto che determinati eventi di discriminazione non avvengono solo da una popolazione adulta, avente una mentalità conservatrice, ma anche da ragazzi a cui manca un atteggiamento solidale. Conferma di quanto appena affermato è un episodio drammatico di qualche mese fa: Maria Paola Gaglione, 20enne di Acerra (Napoli), è morta in seguito a un grave incidente stradale. Sedeva dietro al suo ragazzo, un coetaneo transessuale, in sella al motorino che percorreva via degli Etruschi. A rendere ancora più drammatica la vicenda è che a speronare il mezzo sul quale si trovava la ragazza sarebbe stato il fratello maggiore Michele, ora agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio preterintenzionale.

Parallelamente a questi avvenimenti terrificanti, procede il discorso di Papa Francesco in un documentario in uscita alla Festa di Roma, a firma di Evgeny Afineevsky , nel quale afferma che le persone omosessuali dovrebbero essere protette dalle leggi sulle unioni civili: "Le persone omosessuali - dice - hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”. Le parole del Papa arrivano dopo un lungo percorso della Chiesa in merito. Soltanto negli ultimi anni la Chiesa ha riconosciuto la necessità di una legislazione ad hoc per le coppie omosessuali. Più volte diversi porporati hanno parlato della necessità di dare ordine e forma giuridica ai diritti delle persone che compongono coppie dello stesso sesso, pur senza alcuna sovrapposizione con l'istituto del matrimonio, né alterando con problematiche costruzioni giuridiche la relazione tra genitori e figli. Le parole di Francesco non si rivolgono all'Italia e alla sua legislazione, ma al mondo. Il suo è un discorso ampio che vuole sensibilizzare anzitutto la Chiesa al suo interno, su un terreno delicato e sul quale non tutti parlano lo stesso linguaggio.

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DOPO QUANRANT’ANNI “TREMA” IL RICORDO: 40° ANNIVERSARIO DEL TERREMOTO DELL’IRPINIA di Flavia De Luca e Federica Mele (V Liceo Scientifico)

Il 23 novembre del 1980, il più disastroso terremoto della recente storia della nostra Penisola colpì una vastissima area del Mezzogiorno italiano provocando migliaia di vittime e azzerando decine di piccoli centri. 2914 furono i morti, 2914 persone indifese travolte dalla tragicità di quest’evento, persone morte, trascinate e sopraffatte da due placche tettoniche che si scontrarono dando vita a un terremoto violento, devastante e impetuoso.  Per l’occasione io, Federica, ho intervistato mia mamma, che quel giorno aveva 6 anni e giocava tranquilla con la cuginetta a casa degli zii. Improvvisamente sentì urlare da parte degli adulti “trema tutto, il terremoto!”. Inizialmente non c a p ì , a v e v a solamente 6 anni e n o n a v e v a m a i vissuto un evento del genere; non p o t e v a m a i immaginare cosa stesse succedendo, n o n p o t e v a immaginare che q u e l l ’ e v e n t o sarebbe stato il più grave disastro di or igine naturale n e l l a s t o r i a d e l l ’ I t a l i a repubblicana. D’altro canto, mia madre non sapeva n e m m e n o c o s a fosse un terremoto e, da bambina quale era, confuse la parola ‘terremoto’ con ‘carrarmato’, pensando fosse qualcosa di positivo, di bello da vedere. Di corsa uscirono tutti dall’appartamento del piano terra del palazzo nel quale abitavano gli zii; per strada c’erano altre persone, circa un centinaio, quasi tutte vestite con con abiti da casa, quali vestaglie e pantofole. Più tempo passava e più mamma realizzava che non c’era nulla di positivo in quel che stavano vivendo: il primo pensiero andò ai genitori, da soli in un appartamento al sesto piano di un palazzo che, fortunatamente, ben presto abbandonarono. Nel frattempo papà aveva 7 anni e anche lui era a casa degli zii a giocare con i cugini: saltavano da un divano all’altro cercando di toccare il lampadario, ed effettivamente, all’improvviso, il lampadario si mosse.

Contenti di aver ‘vinto’ nel loro gioco, corsero dai genitori per dimostrare quanto avevano fatto. Quello che però non sapevano era che il lampadario si mosse per il movimento, per lo scontro, delle placche tettoniche presenti nel sottosuolo. Gli adulti realizzarono cosa stesse accadendo e tutti di corsa scesero da quell’appartamento al primo piano del palazzo. Le strade erano popolate da persone impaurite di tornare nelle proprie case e che, così come i miei nonni, trascorsero quindi quella notte e le successive dormendo nelle macchine, per paura che si verificasse un’altra scossa.

Io, Flavia, ho intervistato mia nonna: «Era il 23 novembre 1980, bastò poco più di un minuto per cambiare per sempre la Campania ma sopratutto tutti i suoi abitanti, che rimasero feriti oltre che fisicamente, soprattutto interiormente. Molti persero la

p r o p r i a f a m i g l i a , i propri amici, le proprio case... Sembrava di vivere un vero e proprio incubo dal quale tutti speravano d i s v e g l i a r s i improvvisamente per dire: “che bello era solo un brutto sogno”. O r m a i i l t e r r o r e predominava su tutto. Io ero a casa e stavo mangiando un cono gelato con tuo nonno, quando all’improvviso caddero entrambe le palline del gelato a terra, i lampadari sembrava che stessero per volare dal soffitto e da un m o m e n t o a l l ’ a l t r o i n i z i ò a c a d e r e t u t t o c i ò c h e e r a presente sui mobili.

Era novembre, ma il freddo era già molto forte, così corsi a prendere tua mamma e tuo zio nella loro cameretta e corremmo giù. Passammo la notte in macchina indossando le tute da neve, per stare più caldi! Ci raggiunsero poi anche i tuoi bisnonni; eravamo in 6 in una 127 bianca in una notte che è rimasta incisa nella mia mente e che, pure volendo, non potrò mai dimenticare.» Questa è la storia che mia nonna con voce tremante, le lacrime agli occhi e ancora i brividi sulla pelle mi ha raccontato. Non avevo mai avuto modo di confrontarmi con lei su tale argomento, le sue parole così colme di ricordi e di emozioni mi hanno lasciato qualcosa di profondo e mi hanno fatto molto riflettere sulla situazione che stiamo vivendo oggi.

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Il famoso articolo de Il Mattino del 24 novembre 1980

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IL BRANDO TRA LE RIGHE RIFLESSIONE & CULTURA

L’ IMPEGNO PER LA SOCIETÀ E LA GIUSTIZIA: IL J’ACCUSE E LA LETTERA AI GIOVANI DI ÉMILE ZOLA di Giuseppe Bracale (V Liceo Scientifico)

Il 13 gennaio del 1898, sul famoso giornale “L’ Aurore”, fu pubblicata una lettera indirizzata direttamente al presidente della Repubblica Francese. Questa lettera passerà alla storia come il J’ Accuse, ovvero una pubblica accusa ai più alti vertici dell’esercito francese e, più in generale, a tutti i protagonisti di una delle più buie pagine della storia dello Stato francese: il caso Dreyfus; quest’ultimo un ufficiale ebreo accusato ingiustamente, solo per la sua fede, di diffondere informazioni sensibili all’esercito tedesco. La mente dietro questo articolo era il brillante giornalista, nonché famoso romanziere naturalista, Èmile Zola, che, con uno spirito di giustizia fortissimo, prese le difese dell’accusato, pagando personalmente ciò con un anno di carcere e una salata multa. Il messaggio che Zola vuole far passare attraverso il suo scritto, ovvero la sfida all’ingiustizia dei poteri forti e all’antisemitismo che arieggiava in quell’epoca, è un concetto immortale, assolutamente attuale, un messaggio che come destò scalpore all’epoca lo fa tuttora. La geniale mente di Zola, infatti, si è sempre messa al servizio della società, alla ricerca dei giusti valori da trasmettere; per questo motivo, pochi mesi prima dal J’accuse, scrisse anche un altro messaggio, ovvero la

“Lettre aux jeunes” (La lettera ai giovani ). Quello che fa Zola in questa lettera non è altro che un appello pieno di speranza, in cui, rivolgendosi alle generazioni future, esorta i giovani a non commettere gli stessi sbagli che già la generazione precedente aveva commesso. Non a caso cita una guerra di religione, in riferimento alla faccenda Dreyfus, accusato ingiustamente perché ebreo. Nel corso della storia che verrà, vedremo come la gioventù di quegli anni (più precisamente una decina di anni dopo) combatterà e morirà per degli stupidissimi giochi di potere in Europa durante la Prima guerra mondiale e, in seguito, la stessa situazione si ripresenterà con la Seconda guerra mondiale, in cui milioni di giovani da tutti i fronti perderanno la vita. Ricordo delle parole che sentii in un documentario, tratte da una lettera di un soldato americano prima di sbarcare a Dunkirk: “Non so nemmeno perché sono qui, lontano chilometri da casa a difendere una terra che non mi appartiene, so solo che devo fare una cosa: puntare un fucile e sparare, madre, padre pregate per me.” Tutto ciò, purtroppo non è ancora finito e, oggigiorno, in più parti del mondo milioni di ragazzi sono usati nei vari conflitti, come in Medio Oriente o nel sud del continente africano. Nonostante tutto ciò, non dobbiamo perdere la speranza per un futuro migliore e il cambiamento può avvenire grazie a una nostra presa di coscienza, basti citare l'attivista Greta Thunberg che, pur non essendo nemmeno maggiorenne, si batte già per un futuro migliore con conseguenze anche piuttosto positive; questo fa riflettere e ci fa capire che le parole di Zola sono riferita non solo ai giovani dell’Ottocento, ma a tutti i giovani di ogni epoca, in un fantastico messaggio senza t e m p o e senza età, nonché un bel l iss imo i n n o a l l a libertà e al diritto alla vita.

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L’articolo di Zola

Émile Zola

“O gioventù, gioventù! Pensa, te ne supplico, alla grande impresa che ti aspetta. Sei tu la futura operaia, tu getterai le fondamenta di questo secolo imminente che, ne abbiamo la fede profonda, risolverà i problemi di verità e di equità posti dal secolo ormai agli sgoccioli. Noi, i vecchi, gli anziani, ti lasciamo l’imponente cumulo della nostra inchiesta; molte contraddizioni e punti oscuri, probabilmente, ma senza alcun dubbio lo sforzo più appassionato che mai secolo abbia fatto verso la luce, i documenti più onesti e più solidi, le fondamenta stesse di quel vasto edificio della scienza che tu

dovrai continuare a costruire per il tuo onore e per la tua felicità. E ti chiediamo soltanto d’essere ancora più generosa, più libera di spirito, di superarci nell’amore per la vita vissuta in modo normale, nello sforzo tutto dedito al lavoro,

questa fecondità degli uomini e della terra che saprà bene, alla fine, far germogliare la traboccante”messe di gioia sotto il sole splendente. […] Gioventù, gioventù! Ricordati delle sofferenze che i tuoi padri hanno sopportato, delle terribili

battaglie che hanno dovuto vincere, per conquistare la libertà di cui tu in questo momento gioisci. Se ti senti indipendente, se puoi andare e venire come t’aggrada, dire sulla stampa tutto ciò che pensi, avere un’opinione ed

esprimerla pubblicamente, è perché i padri hanno offerto la loro intelligenza e il loro sangue.”

Émile Zola, 1897

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IL BRANDO TRA LE RIGHE RIFLESSIONE & CULTURA

CARPE DIEM: GLI INCONTRI MANCATI DI BAUDELAIRE E DE ANDRÈ di Federica Di Martino (V Liceo Scientifico)

L'AUTORE: Charles Baudelaire può essere considerato uno spartiacque della poesia francese della seconda metà dell’Ottocento. Difatti, nell’arco di un secolo, dall’Otto al Novecento, la poesia cambia più di quanto possa essere cambiata nei due millenni precedenti: si dissolve la struttura metrica tradizionale, il registro linguistico da aulico e iperletterario si avvicina notevolmente a quello della prosa e della quotidianità, e lo stile diventa profondamente allusivo, quasi incomprensibile; ma, soprattutto, cambiano gli argomenti. Nel Novecento i poeti parlano di cose, esperienze e sentimenti che prima erano stati completamente ignorati e Baudelaire, con i “Fiori del Male”, dà un contributo fondamentale e decisivo a questa trasformazione, diventando il capostipite dei poeti maledetti francesi e precursore del Decadentismo. Con la sua opera si propone di estrarre la bellezza dal “Male”, di portare alla luce il lato oscuro della realtà. Il poeta si guarda intorno e capisce di non poter più idealizzare la natura come solevano i romantici, poiché il mondo in cui viveva era dominato dai vizi e dalla corruzione; lui stesso sembrava essere afflitto da una sorta di malattia dello spirito che lo protendeva verso la continua ricerca di nuovi piaceri per poter vincere la noia opprimente dell’esistenza. Eppure, anziché sopprimere tali impulsi peccaminosi, Baudelaire decide di farne la materia della sua poesia; invece di negarli, li eleva a protagonisti della sua maestosa -e scandalosa- opera.

IL CONFRONTO: U n o d e i p i ù a f f a s c i n a n t i componiment i d i Baudelaire è “A una passante”, un sonetto in alessandrini in cui il poeta contrappone il “clamore” della città, il caos della folla, alla pace e alla perfezione incarnati da una donna, da una passante. Baudelaire, infatti, è il primo poeta occidentale a essere sedotto dagli artifici che l’uomo ha creato e a rifiutare la natura autentica esaltata dai romantici. La Parigi di Baudelaire stava vivendo un forte processo di industrializzazione, i quartieri medievali non esistevano più: stava nascendo la città moderna. Egli, da perfetto bohémien, fa della città il suo rifugio; il rumore, la folla,

gli incontri occasionali vengono vissuti al tempo stesso come tragedia e come ancora di salvezza poiché da un lato generano confusione e alienazione, ma dall’altro sono l’habitat in cui il poeta ha imparato a vivere. Baudelaire inizia il testo facendo notare immediatamente la contrapposizione fra i rumori cittadini e il fruscio impercettibile prodotto dai vestiti della donna che, addirittura, è capace di sovrastare il caos assordante. La figura femminile assume allo stesso tempo caratteristiche angeliche e demoniache, infatti, attraverso un’elaborata metafora, il poeta descrive di essere rimasto “istupidito” dalla bellezza celestiale della passante e dai suoi occhi “di tempesta” che trasmettono “la dolcezza che incanta”, ma anche “il piacere che uccide”. Alle sensazioni sonore si accompagnano anche quelle visive: la passante viene paragonata a un “lampo”, non soltanto per la rapidità con cui scompare tra la folla, ma anche perché ella viene identificata dal poeta come il simbolo di un universo di perfezione e di equilibrio, una luce pura che sfolgora in mezzo al buio circostante, rappresentato dall’ambiente cittadino; non a caso, il registro linguistico si eleva quando si parla della donna ed è comico quando è riferito alla città. Il poeta però non fa in tempo ad accorgersi di tale luce celestiale che la donna è già scomparsa tra la folla, può quindi soltanto rifugiarsi in una speranza di “eternità” per poterla incontrare, un giorno, in un’altra dimensione. È interessante notare come il motivo della “bellezza fuggitiva” sia stato ripreso più volte dagli autori successivi del Novecento, addirittura dal cantautore italiano Fabrizio De André nella canzone “Le passanti” , tratta da Les Passantes di Georges Brassens, a sua volta un adattamento dell'omonima poesia di Antoine François Pol, in cui si parla proprio di occasioni mancate e amori perduti. Però, mentre Baudelaire costruisce un’elaborata contrapposizione tra il caos della città e il fruscio impercettibile che accompagna il movimento della donna, De André accosta, alla rapidità dei “lampi” che incontra, un andamento canoro lento e rilassante. Sono incontri così veloci che egli può soltanto accontentarsi di immaginare la sua passante e il suo sorriso caratterizzato da una vuota, perché illusoria, felicità. Il pensiero del cantautore va a tante donne fuggite, alla “compagna di viaggio” i cui occhi sono il più bel paesaggio, “a quelle che sono già prese” sofferenti per un uomo cambiato. In particolare, a ricordarci molto Baudelaire sono questi versi:”immagini care per qualche istante, sarete presto una folla distante”. De André conclude la canzone con l’amara constatazione che, quando si è felici, incontri di breve felicità come questi vengono dimenticati in poco tempo, ma quando la vita ti abbandona, nei momenti di solitudine, “quando il rimpianto diventa abitudine”, riaffiorano alla memoria questi lieti istanti e ci si perde nelle ipotesi di ciò di bello che sarebbe potuto accadere con tutte le belle passanti che non si sono riuscite a trattenere. L’artista, come ha affermato nella prima strofa, dedica la canzone a “ogni donna pensata come amore in un attimo di libertà”; quegli attimi liberi dalla solitudine, dalle

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difficoltà della vita, dai rimpianti, che possono essere paragonati al “lampo” di Baudelaire, alla luce che lo trasporta in universo di perfezione, lontano dal buio dell’esistenza dominato dal Male e dalla Noia. Ciò che caratterizza in positivo il testo di Baudelaire è forse la presenza di una speranza per un mondo “al di là della vita” dove poter incontrare di nuovo la donna, o il fatto che il poeta è convinto di aver trasmesso il suo amore alla

passante, nonostante lo sguardo sia durato solo un istante:”so che t’avrei amata, e so che tu lo sai!”. Nei due componimenti emerge evidente il rimpianto di entrambi gli artisti per aver perso il tepore di quella luce, di quella libertà, ma de André riesce a marcare molto di più la sua tristezza e rende quasi vivide le lacrime delle labbra assenti. Non a caso, la musica lenta e rilassante, verso la fine, sembra quasi assumere la forma di un lamento.

Dattorno a me urlava la strada assordante. Alta, sottile, in lutto stretto, maestosa nel suo dolore

Una donna passò, con la mano superba, sollevando il festone e l’orlo della gonna; Agile e nobile, con la sua gamba di statua.

Io, io bevevo, teso come un folle, nel suo occhio, cielo livido dove nasce l’uragano,

la dolcezza che incanta e il piacere che uccide. Un lampo… poi la notte! – Fuggitiva bellezza

il cui sguardo m’ha fatto improvvisamente rivivere, non ti rivedrò che nell’eternità?

Altrove, ben lontano da qui, tardi, troppo tardi, forse mai! Io non so dove fuggi, tu ignori dove io vada,

So che t’avrei amata e so che tu lo sai!

Charles Baudelaire, A una passante, da I fiori del male

Io dedico questa canzone ad ogni donna pensata come amore in un attimo di libertà a quella conosciuta appena non c'era tempo e valeva la pena di perderci un secolo in più.

A quella quasi da immaginare tanto di fretta l'hai vista passare dal balcone a un segreto più in là e ti piace ricordarne il sorriso che non ti ha fatto e che tu le hai deciso in un vuoto di felicità. […]

Fabrizio De Andrè, da Le passanti

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Da sinistra: Charles Baudelaire e Fabrizio De André

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IL BRANDO TRA LE RIGHE SCIENZE

SI PUÒ BLOCCARE L’EVOLUZIONE DEL GENE EDITING?

di Mario De Rosa, Antonella Esposito, Vittoria Maiello, Carla Mangia, Francesco Rosano, Simona Polidoro, Ida Puorto (IV Liceo Scientifico)

Il gene editing è una vera e propria rivoluzione scientifica. Viene identificato come una tecnologia molto

precisa ed esigente che richiede agli scienziati di approfondire la ricerca di base sul DNA, aprendo però nuovi e rischiosi scenari

Dal 9 al 13 Novembre si è tenuto un evento in streaming: la conferenza mondiale di Science For Peace and Health, in collaborazione con l ’Univers i tà Bocconi . Scopo dei lavori è i l raggiungimento di risultati mediante il progresso scientifico, che aprono la strada a trasformazioni che cambieranno il mondo, sia dal punto di vista individuale che collettivo. Il progetto Science For Peace è nato su iniziativa di Umberto Veronesi nel 2009, per sottolineare che la scienza può e deve contribuire con azioni concrete al raggiungimento della convivenza pacifica e del benessere

dell'umanità. L a C o n f e r e n z a , inoltre, approfondisce le ricadute etiche e p ra t i che de l lo ro impiego, cercando di capire quali vantaggi potrebbero portare all’umanità e quali sono i rischi impliciti al loro utilizzo. Il progresso, infatti, m a n i f e s t a u n p o t e n z i a l e p e r r i s o l v e r e a l c u n e problematiche per la s o c i e t à

contemporanea e futura, ma può contemporaneamente limitare e controllare delle libertà individuali se non adeguatamente gestito. Il progetto esposto durante questa conferenza, si basa sulla nascita di una nuova tecnologia. Quest’ultima prende nome di CRISPR / Cas9, ed è identificato come uno strumento molecolare utilizzato per "modificare" o "correggere" il genoma di qualsiasi cellula. È spesso paragonato a delle forbici molecolari in grado di tagliare qualsiasi molecola di DNA di individui viventi. Questa

capacità di tagliare il DNA è ciò che gli consente di modificare la sua sequenza, eliminando inserendo nuovo DNA. Attraverso l'uso di questo strumento, i medici possono essere in grado di alterare il "modello" umano e influenzare tratti genetici, per trattare malattie genetiche. Nell'agosto di quest'anno, un team di ricercatori, guidato d a l l e d o t t o r e s s e E m m a n u e l l e C h a r p e n t i e r dell'Università di Umeå Jennifer Doudna, dell'Università della California , ha pubblicato un articolo sulla rivista Science, che ha dimostrato come convertire questo macchinario naturale in un strumento di editing "programmabile", utilizzato per tagliare qualsiasi filamento di DNA. Possiamo dire che questo strumento può essere utilizzato per regolare l'espressione genica, identificare e

modificare le funzioni geniche e correggere geni difettosi. Queste “forbici molecolari” stanno segnando la storia perché danno la possibilità di curare differenti cause di malattie e in futuro, i risultati di queste r i ce rche con t inue p o t r a n n o e s s e r e applicati per curare e f f e t t i v a m e n t e l e

persone affette ad esempio di diabete, tumori ecc. Ma la vera domanda che noi dobbiamo porci, è: l’uomo può essere in grado di decidere autonomamente di trasformare quel che la natura ha creato, in quanto intoccabile? Questa è la maggiore problematica che si pone la scienza, la quale si ritrova in contrapposizione con l’etica, ossia il giusto comportamento da seguire. L’uomo, oltrepassando i limiti che l’etica gli pone, cerca di impossessarsi, in questo caso, del ruolo a lui non appartenente, in quanto non creatore della natura ma soltanto distruttore. Bisogna perciò prevenire e immaginare applicazioni diverse attuabili in futuro, in quanto un giorno si potranno probabilmente modificare geni che non sono responsabili di malattie, potenziando capacità che già abbiamo, oppure introducendone di nuove. E inoltre, sarà possibile m o d i f i c a r e g l i e m b r i o n i , p e r d e c i d e r e c o m e saranno i propri figli. La questione ci invi ta dunque a r i f l e t t e r e e a guardare in maniera critica ciò che sta accadendo.

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Umberto Veronesi

Da sinistra: Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier

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IL BRANDO TRA LE RIGHE SCIENZE

IMMUNITÀ PASSIVA E VACCINI di Clotilde Coppola e Davide Del Prete (V Liceo Scientifico)

L'immunità attiva può essere indotta in modo naturale, per causale esposizione all'antigene, o artificiale, mediante deliberata esposizione all'antigene, sotto forma di vaccino. La somministrazione dell'antigene prende il nome di vaccinazione. La vaccinazione, oggi obbligatoria, contro gli agenti che causano diverse malattie infettive sia virali che batteriche ha consentito (insieme alle norme igieniche) di mettere sotto controllo queste malattie. Il termine vaccinazione deriva dalla scoperta fatta dall'inglese Edward Jenner nel 1796, che esponendo individui al vaiolo bovino (delle vacche quindi vaccino), l'infezione che ne derivava nell'uomo non era grave, ma rendeva immuni individui al vaiolo umano, malattia spesso mortale. Ciò ha consentito la totale scomparsa della malattia. I vaccini possono essere costituiti da materiali di diversa natura: _ virus attenuati, resi non patogeni per l'uomo in seguito a ripetuti passaggi in organismi diversi (es. vaccino contro il morbillo); _ microrganismi patogeni uccisi, ma che conservano gli antigeni che li caratterizzano (es. vaccino contro la pertosse); _ tossine prodotte dal microrganismo patogeno inattivate (es. vaccino antitetanico); _ proteine sintetiche o ottenute attraverso biotecnologie che riproducono alcuni degli antigeni di un agente patogeno. Tenendo conto che la risposta secondaria è più rapida ed intensa della risposta primaria, le vaccinazioni sono seguite somministrando il vaccino più volte ( i cosiddetti richiami). Lo sviluppo del vaccino è un processo lungo, che normalmente richiede anni e numerosi investimenti economici. I trial clinici richiedono molti test su migliaia di persone e normalmente iniziano dopo circa 2-5 anni dalle iniziali ricerche sulla risposta immunitaria, cui seguono altri due anni di prove pre cliniche che coinvolgono la sperimentazione animale.

COVID-19

Dopo accurate e intense ricerche si è giunti all’attesa notizia della produzione di un vaccino in tempi record. Ora che la notizia di vaccini anti-covid altamente efficaci, come quelli di Ptfizer e Moderna, è stata suffragata da dati scientifici e dal parere positivo degli enti regolatori,

si spera in un punto di svolta nella lotta globale alla pandemia.

Questo nuovo vaccino consiste nell'iniezione di una proteina mRNA, o RNA messaggero, ossia il materiale genetico che contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine. Di norma l'mRNA trasporta le informazioni genetiche codificate dal DNA del nucleo della cellula fino al citoplasma cellulare, dove queste istruzioni sono utilizzate per mettere insieme i mattoncini costituenti le proteine, gli aminoacidi. Questo processo serve a costruire, riparare e mantenere le fondamentali funzioni biologiche: il nostro corpo lo sa fare, e lo fa in continuazione.

MA COME FUNZIONA IL VACCINO mRNA?

Iniettato il vaccino, le cellule ricevono l'mRNA dentro un piccolo involucro di grassi (per entrare nelle cellule) E lo usano come stampo per ricavare proteine virali. Da sola, senza il resto del virus, la Spike la proteina che circonda il virus è innocua, ma mette in allarme il sistema immunitario e lo induce a produrre anticorpi. A quel punto, quando E se una persona vaccinata dovesse “incontrare” il coronavirus SARS-CoV-2, I suoi anticorpi riconosceranno la Spike perché già incrociata nell'attacco simulato col vaccino, e nella maggior parte dei casi agiranno di conseguenza- il sistema immunitario riconoscerà e attaccherà il virus prima che provochi l’infezione. Un'altra importante ricerca sul vaccino, è stata quella di fu unire il Comune vaccino del raffreddore insieme a quello del Coronavirus. Si crea un virus ibrido adenovirus-coronavirus che stimolerà anticorpi contro entrambi le parti, quella conosciuta e quella nuova. Ma non sempre, in biologia, A+B dà C: il sistema immunitario potrebbe decidere di non disturbarsi a creare anticorpi contro la parte di patogeno che già conosce, specialmente negli individui anziani. In linea generale questa strategia potrebbe rivelarsi un po' meno efficace rispetto al vaccino a mRNA, che introduce unicamente informazioni di un virus del tutto nuovo. L'unica problematica che invece viene temuta sul vaccino per il Covid-19 è quella legato alla catena del freddo, secondo i dati scientifici, infatti, l'RNA è instabile e deve essere conservato a temperatura di almeno -70 °C. Questo potrebbe comportare problemi di ordine tecnico e logistico notevoli nei paesi in in via di sviluppo. Servono freezer speciali, una sfida non facile ovunque e, a maggior ragione, in aree dove è già difficile far arrivare e conservare i farmaci da frigorifero.

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IL BRANDO TRA LE RIGHE LIBRI, FILM & SERIE TV

di Andrea Locci (V Liceo Scientifico)

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Gli anni ’70 non erano solamente i cos idde t t i “anni d i p iombo” , vedevano anche tanta povertà e miseria, dove nelle periferie che accerchiano le grandi metropoli il primario obiettivo era quello di mangiare e di provare ad avere una vita più agiata, con metodi onesti e non. La vicenda ruota intorno a Giacinto Mazzatel la (Nino Manfredi) , burbero e alcolizzato, originario della Puglia e residente in una delle t an te baracche che a l l ’epoca circondavano la Capitale, in questo caso nella zona di Monte Ciocci. L’uomo possiede un milione di Lire ricevuti anni prima come risarcimento per un incidente e non ne spende nemmeno un centesimo. E’ imparanoiato dai numerosi parenti che vivono con lui, li odia dal primo all’ultimo. Il timore che gli rubino quel malloppo incrementa il rancore tra lui e i familiari, fattore che aumenta la tensione e che spesso sfocia in rabbia e violenza.

La tramaBrutti sporchi e cattivi (1976) di Ettore Scola è una pellicola nella quale il dramma sociale si mescola alla commedia grottesca, dove i «vinti» della periferia romana degli anni Settanta vengono raccontati impietosamente con tutte le loro carenze, materiali e fisiche. L’obiettivo del regista è difatti quello di offrire un quadro angosciante e mostruoso della realtà da lui rappresentata, che viene inizialmente celata nelle scene più crude da un’apparente felicità e spensieratezza. Le baraccopoli, gli abiti dei personaggi, i corpi ammassati, la promiscuità «forzata che soffoca il respiro dell’umanità»: sono tutti questi gli elementi di cui Scola si serve per dipingere questa storia aliena, diversa, lontana da quell’atteggiamento populistico che già Verga, nel suo periodo verista, aveva abbandonato. I vinti sono infatti i veri protagonisti della scena: rappresentati secondo una gerarchia ben precisa - che rimarca il messaggio che l’autore vuole trasmettere -, essi non si configurano come rappresentazione demagogica dei poveri, nei confronti dei quali la compassione, il paternalismo benefico e la comprensione sono gli unici atteggiamenti possibili da assumere; al contrario il film insiste impietosamente sui particolari fisici più laidi e ripugnanti: i volti tagliati e le bocche orripilanti e sudice intente a mangiare cibi dall’aspetto non invitante (“pasta cotta, melanzane fritte, pomodoro, uva passa, pane grattato, noci, pecorino”, appunto) sono la vera cifra del film - cifra che ci consente, decontestualizzando il contenuto del film, di paragonare Giacinto e i suoi parenti come moderni parvenus oraziani o petroniani-, attraverso cui Scola riesce ad enfatizzare l’elemento orrido, disgustoso, ripugnante che costituisce solo la patina più superficiale di una pellicola magistrale quale la sua. La critica è solita definire la visione che Scola ha della povertà come un «capolavoro di iconoclasta» dissacrante, ben incarnata nel momento del banchetto, che termina con il tentativo di avvelenamento di Giacinto, il quale viene definitivamente a conoscenza del piano tramato dai familiari grazie alle parole della madre, emblema della semplicità e ingenuità popolare. Tuttavia il raggiungimento di una così tragica consapevolezza non è immediato, bensì progressivo: in ciò il sonoro svolge un ruolo fondamentale; il nucleo centrale della scena è difatti caratterizzato dalla quasi totale assenza del parlato, un silenzio spettrale compensato da una musica - L'avvelenamento di Giacinto d i Armando Trovajoli - martellante in un crescendo di tensione destinato ad interrompersi bruscamente col simbolico gesto del protagonista di far cadere la sedia. Così facendo Scola riesce a creare una sorte di estetismo alternativo, “una nuova estetica della povertà” come sostiene Moravia, in cui il culto del macabro e dell’atroce risulta essere l’unico mezzo espressivo di squallidi frangenti di esistenza.

DALLA PARTE DEI VINTI: BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI

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IL BRANDO TRA LE RIGHE LIBRI, FILM & SERIE TV

DASH & LILY di Valentina Caiazzo, Salvatore Favella, Giuseppe Minichini, Mariangela Marvino, Irene Pini, Francesca Ossena, Matteo Ottati, Sabrina Santoro (IV Liceo Scientifico)

Chi di noi durante questo periodo in cui non si può vivere in libertà, “il sociale”, non si sta facendo coccolare da una serie? Sicuramente, una di quelle più gettonate sul N a t a l e t r a n o i t e e n a g e r è a l momento Dash & Lily, visibile su Netflix. L a s e r i e è t r a t t a d a l r o m a n z o d i D a v i d Levithan e Rachel Cohn: Dash & Lily’s Book of Dares, ed è composta da set te episodi del la durata di circa 25 minuti ciascuno.

Serie creata da Joe Tracz, ambientata a New York durante l e v a c a n z e d i N a t a l e i c u i p r o t a g o n i s t i s o n o D a s h , i n t e r p r e t a t o d a Austin Abrams e Lily da Midori Francis. I due protagonisti sono uniti da un filo rosso, un diario con la copertina rossa, appunto, nel quale si lanciano una serie di sfide dagli scaffali della loro libreria preferita. Certamente Lily, inguaribile romantica, ama il Natale e non aspetta altro che qualcuno o meglio un probabile “lui” trovi questa sorta di diario segreto e compia i passi giusti per stare al gioco. Dal suo canto Dash detesta il Natale, soffre per la rottura con la sua ex fidanzata e si ritrova a casa da solo per le vacanze di Natale. Una sera entra in libreria in cerca della compagnia di una buona lettura e si ritrova in mano questo quadernino rosso. Ciò che accadrà non è altro che un gioco d’amicizia che man mano si trasformerà in passi segreti che i due da estranei si scambieranno al suon di luci e magica neve nelle giornate tipiche invernali della grande mela.

Non si sono mai incontrati e iniziano una relazione a distanza sperando che possa restare così autentica anche quando un giorno decideranno di incontrarsi. Hanno in comune la ricerca del grande amore. Le loro vite si intrecciano attraverso le pagine del diario in cui raccontano emozioni, stati d’animo e mettono a n u d o s e s t e s s i . Pagine scritte, non come i messaggi impersonali dei social!!! Tutto questo conferisce alla serie un aspetto romantico ed accativante, ma anche fresco e sorprendente, pieno di romanticismo e genuinità, quasi un tuffo nel passato.

Questa magia rende sia la serie che il loro rapporto unico. Tra loro nasce un interesse vero e non basato s u l l ’ e s t e r i o r i t à , v i s t o c h e n o n s i conoscono, proprio questo favorisce la loro intesa che va oltre l’apparenza ma colpisce nel profondo, il tutto riscaldato dalle atmosfere tipiche natalizie newyorkesi.

Questa serie può essere uno spunto fondamentale per noi giovani, perché ci fa riflettere sul valore della lealtà e della purezza dei sentimenti in una realtà in cui prevale quasi solo la superficialità e l’apparenza. Far emergere le proprie emozioni e i propri sentimenti fa sì che si possa essere apprezzati per chi si è davvero e non per il proprio aspetto e/o esteriorità. Bisogna sempre andare oltre e farsi conoscere per ciò che si è davvero non curandosi del giudizio altrui!

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IL BRANDO TRA LE RIGHE PENSIERI & PAROLE

LE CORREZIONI DI JONATHAN FRANZEN: CORREGGERE L’INCORREGGIBILE

di Andrea Locci (V Liceo Scien/fico)

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Ci correggono in ogni modo possibile, fin da bambini, i piedi incrociati sotto la sedia, ripiegati sulle gambe come petali richiusi su un fiore scarno. Stringiamo i colori fra le dita, abbiamo appena imparato, eppure già correggono il nostro modo di uscire dai margini, il pensare ai tronchi come strisce viola, il cielo placidamente rosso come la sera, il sangue verde delle piante riversato su un mare diventato improvvisamente rosa. Ci correggono di continuo: le braccia incrociate e gli occhi storti, uno qua, uno là, come calzini spaiati dimenticati sotto il letto; le cartelle e gli zaini mai rimessi a posto; i libri lasciati aperti sul tavolo in cucina, il dorso esposto verso il cielo in modo che gli angeli possano leggervi il titolo. Il cielo è azzurro; su certe cose non si scherza. E così ci correggono, a poco a poco, la postura della nostra mano sulla penna, "la forchetta va a sinistra, non a destra", "non si cammina una piastrella sì e una no, sembri matto" e al pomeriggio si fa silenzio, non si gioca a palla a casa mentre il cuore della terra dorme, sopito su una giornata stanca e già afflitta. Il sole illumina come un occhio di bue la polvere che danza in un raggio di fuoco; piccoli corpuscoli di luce e fantasia, pensieri disciolti, liberi per il mondo. Ci correggono perfino nel modo di pensare; il rosa per i maschi non va bene e le macchinine... lasciamole a coloro "che son più bravi a guidare", perché si sa, le donne non sono brave a parcheggiare. Le nostre labbra non hanno identità, sono petali rossi di desiderio e follia, rabbia e orgoglio fusi in un brandello di carne, eppure, è sbagliato posarle su un corpo di sesso sbagliato; i ragazzi non baciano i ragazzi, il loro amore è corrotto come una bambola rotta, peccato che verrà punito col cielo; non so come, forse, infuriato, si metterà a correre per la stanza, a rovesciare cassetti, pianeti e uragani. Sbagliamo, sbagliamo tutto, a essere noi stessi, a provare a toccare le nuvole, con quei nostri strumenti di fortuna costruiti a stento, con fatica, a volte di nascosto, perché si è stanchi di sentirsi dire "Non ce la farai". Sbagliamo sempre e tutti ci correggono, la convinzione che si può fare meglio, che raddrizzare la pianta finché è giovane non la rovinerà rendendola monca della sua parte più speciale. Dicono "Sii te stesso", ma appena lo fai, compare un foglio che ti dichiara inadatto alla vita; sei diverso, anormale, normale, ti dovresti omologare. Dovresti imparare a pensare da capo, distruggendo quegli alberi viola e tutti quei mari rosa che si riversano su scogli di cartone. E invece no. Io non credo sia possibile. Perché quello che siamo non è mai sbagliato, e la fantasia non ha restrizioni da rispettare. Quello che siamo va ben oltre un confine e ho deciso anch'io di colorare fuori dai margini, di gridare che sognare non è peccato; che in oriente si mangia con le gambe ripiegate come un fiore di loto, che non è maleducazione fare boccacce se qualcuno ride smettendo una lacrima. Ho deciso che sarò orgoglioso di quello che sono, che continuerò a scrivere con la mia postura sbagliata, un occhio rivolto al cielo e uno alla stanza, amore che trabocca per ogni mio difetto ritenuto

tale, stranezza unica che mi rende arte, statua stracciata. Farò di ogni mia follia una virtù; e anche se sono un ragazzo mi vestirò di rosa, come i non-ti-scordar-di-me che infilo fra le pagine dei quaderni fin da quando ero bambino, le macchinine attorno a me e le piste da costruire per poter viaggiare. Griderò al mondo che non c'è sesso né colore, né razza né religione; che il cuore batte fino a far male quando prova gioia, persino più forte di quando prova dolore. Mi batterò fino alla morte perché ognuno possa sbagliare, perché venga abolita ogni correzione all'amore, perché un mondo a colori voglia dire folla che sale, braccia strette contro braccia e sorrisi veri, quelli che puoi toccare con le dita, le lacrime appese alle ciglia, i muscoli che tremano d'esaltazione. Siamo esseri fragili ma non di carta patinata, fabbricata in stamperia, da gettare una volta esaurita la noia del momento, il capriccio di un attimo di vanteria. Mi tingerò le guance di ogni lotta dicono essere non mia, perché le lotte non hanno limiti né proprietà, né barricate, e se c'è qualcosa che bisogna correggere nel mondo è quanto ci risulti più facile criticare che dire una parola buona. Per poter volare, senza paura, senza correzioni, ci vuole una grossa dose di ardore. Ci urlano da sempre di non avere pregiudizi e poi ad averli, dettando regole bislacche senza ragione, una patina di finta educazione a coprire tutto sotto il tappeto, armati di ogni tipo di religione. Ma l'educazione non c'entra quando ti dicono chi devi essere, il corpo compresso in una taglia in meno, il cuore che si adegua a uno sforzo costante. Dio non gioca a fare il burattinaio, non è un uomo, e non c'è niente da correggere in qualcosa creato già perfetto: deformazioni e cicatrici al posto giusto, idee ed emozioni come polvere di stelle incastrata nelle ossa. Siamo parte d'infinito in un universo che ruota e si espande, e non ce ne accorgiamo mai se non quando è troppo tardi. Ma credici se ti dico che “Dio non gioca a dadi", né ha correzioni da fare. Lo diceva Einstein e io sono d’accordo. Dio non fa soliloqui al buio, intessendo destini a tempo perché possano predicare sermoni d'ignoranza al sapore d'invidia. Le correzioni sono priorità scomoda dell'uomo che ha mollato, e insicuro - l'odio incastrato nella gola come un nodo amaro - insiste e ci ricorda che non ce la faremo, quando ormai siam già arrivati al traguardo.

Le correzioni, Jonathan Franzen. Einaudi Super ET

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IL BRANDO TRA LE RIGHE PENSIERI & PAROLE

“NUOVA VITA”: COVID E PENSIERI

Eravamo ragazzi fragili, sì, ma che stavano tentando, a poco a poco di essere felici e più forti. Poi è arrivato

lui, il virus, e ha reso le nostre vite surreali; ci ha privato della nostra libertà in un baleno e ci ha distrutti, letteralmente distrutti. Non avrei mai pensato che noi ragazzi avremmo avuto nostalgia della scuola: odiavamo alzarci presto e tanto altro, eppure, adesso, faremmo di tutto per poter

abbandonare la realtà virtuale e ritornare tra i banchi a sorridere e a sognare.

Maria Chiara De Crescenzo (III Liceo Scientifico)

Il Covid ha cambiato il mio modo di vedere il mondo e le persone. Ci ha fatto scoprire i lati peggiori dell ’animo umano, ma anche i migliori e mi ha insegnato a sperare, ad avere fiducia, a non arrendermi facilmente e soprattutto il valore della solidarietà, dell 'aiutare il prossimo senza nulla chiedere.

Ivan Fiorentino (III Liceo Scientifico)

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Il Covid è entrato nelle nostre vite senza preavviso e io, come il resto del mondo, ho dovuto mutare

il mio stile di vita niente più uscite con gli amici, niente più serate in famiglia. All’inizio è stato difficile; la prima quarantena mi

ha fatto stare male, ma ora è come se mi fossi abituata, anche se mi mancano molte cose. Attendo la normalità, la desidero con tutta me

stessa. Confido nel nuovo anno, con la speranza di non rivivere un altro 2020.

F r a n c e s c a D e St e fa n o ( I I I L i c e o Scientifico)

Le nostre vite sono state stravolte: le

nostre abitudini, i piccoli, grandi rituali, tutto spazzato via fino a data da

destinarsi. Ed è in quel momento che torneremo a essere noi. Sì, perché adesso stiamo vivendo una

situazione nuova, una situazione in cui è difficile mostrarci nella nostra interezza. È tutto così complicato e ci sentiamo frammentati a stare chiusi in casa. Eppure, sento che siamo fortunati e per capirlo basta per un attimo pensare a chi sta in ospedale o a chi una

famiglia non l’ha proprio. Il Covid ha stravolto tutto e la normalità che verrà non sarà più quella di

prima…

Maria Caiazzo (III Liceo Scientifico)

Prima del Covid scendevo spesso con i miei amici e amavo stare con la mia famiglia, i miei

cugini. Adesso sono a casa a giocare alla Play, a studiare da uno schermo, sperando che ritorneremo tutti insieme

ancora più forti. Fino a una settimana fa questo virus non mi faceva tanto paura, l’ho sottovalutato tanto, troppo, fino a quando mio zio non l’ha contratto, è stato intubato e in due giorni mi ha lasciato. Da allora la mia vita è cambiata e ho

iniziato ad avere più paura. Vi prego di non fare come me, non sottovalutate il Covid e state attenti!

Vincenzo Matuozzo (III Liceo Scientifico)

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IL BRANDO TRA LE RIGHE RACCONTI

LA STELLA E L’ALBERO di Francesca Picerno, 1a A Sec. di I grado

Un giorno in un bosco innevato, un albero non troppo alto e non troppo bello, venne decorato da alcuni passanti: chi gli metteva una sciarpa rossa, chi appendeva qualche pallina colorata e chi, sui rami più alti, poggiava qualche nastrino bianco e blu. Così l’albero, senza accorgersene, divenne unico ed iniziò a sentirsi il più bello ed il migliore di tutti. Venne la notte ed a causa del buio, nessuno riusciva più a vederlo, ma lui, divenuto ormai presuntuoso iniziò a dire agli alberi vicini: “Oggi ogni persona che è passata accanto a me, mi ha lasciato un dono. Adesso sono l’albero più bello, peccato che nessuno di voi può vedermi. Come siete sfortunati!” Un albero del bosco gli rispose: “Perché dici queste parole? Dimentichi che solo qualche ora fa eri come tutti noi e che, solo per la generosità dei passanti, sei stato addobbato?”. Quella notte il cielo si illuminò e, lentamente, una stella

iniziò a scendere. Gli alberi guardavano in su per ammirare lo spettacolo mentre l’albero addobbato continuava a dire: “Guardate me, io sono bellissimo!” ma tutto il bosco era conquistato dalla stella e lui si sentiva sempre più solo. La stella era ormai vicina e, quando fu sopra il bosco, sollevò un forte vento. Gli addobbi, staccandosi da lui andarono ad appoggiarsi sugli altri alberi, decorandoli. Fu così che l’albero, dalla contentezza per essere unico passò alla tristezza per aver perso tutto. Ma proprio in quel momento la stella si posò su di lui, illuminandolo e dando luce al resto del bosco che nel frattempo si era riempito di colori. Allora, l’albero, guardando pieno di meraviglia la bellezza intorno a sé disse: “la stella che si

è posata sulla mia cima ha arricchito di colori tutto il bosco ed ha dato luce. Ora tutto è più bello!”

Quella sera, i passanti tornando nel bosco, rimasero stupiti da tanto splendore. Era la notte di Natale. Tutto ciò che riceviamo in dono se viene condiviso, illumina noi e coloro che ci stanno intorno.

IL FUTURO NATALE di Ilaria Palandro, 1a A Sec. di I grado

C’era una volta una ragazza di nome Grace che viveva insieme alla sua famiglia in una casa molto grande. Grace andava d’accordo con tutti tranne che con suo fratello

Axel. I due fratelli avevano quai la stessa età ma erano molto diversi. Lui era prepotente e testardo, odiava tutte le festività e in particolare il Natale mentre lei amava il periodo natalizio. Un giorno la mamma dei due scese in cantina per

prendere tutti gli addobbi natalizi per poi poter decorare l’albero e l’intera casa insieme alla famiglia tranne che con Axel il quale si chiudeva nella sua stanza a pensare quanto odiasse la sua famiglia e quella stupida festività. La Vigilia di Natale Axel, vedendo tutti così felici, decise di fare una cosa orribile. Il piano prevedeva che quando tutti sarebbero andati a dormire lui avrebbe messo l’albero di Natale in un sacco insieme a tutte le altre decorazioni e poi avrebbe riempito tutti i doni di panna acida e puzzolente. Così fece. Ci mise massimo mezz’ora ad attuare il piano e poi se ne tornò a dormire nella sua stanza insieme al gattino Zack. Tuttavia, una volta addormentato, Axel sognò sua sorella Grace travestita da elfo che lo trasportava con la magia nelle vite di ognuno dei membri della propria famiglia nel futuro. Se egli

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avesse fatto quel gesto orribile, i rapporti con sua sorella si sarebbero incrinati per sempre e i genitori si sarebbero molto dispiaciuti, perché non sapevano come risolvere quel brutto astio tra i figli. Così Axel si svegliò impaurito ed arrabbiato con se stesso. Decise allora di rimediare: prima che tutti si sarebbero svegliati avrebbe risistemato tutto rimettendo ogni cosa al suo posto. Per fortuna ci riuscì e quando tutti si svegliarono non poterono credere ai propri occhi. Axel era finalmente felice, e gioiosi di questo andarono a divertirsi e a festeggiare il Natale insieme. Questa favola vuole insegnarci che bisogna comportarsi bene con gli altri perché le nostre azioni hanno sempre una conseguenza sul presente e sul futuro delle altre persone.

I L P I C C O L O P R I N C I P E : U N IMPREVISTO PER NATALE degli alunni di I Liceo Scientifico

C’era una volta un ragazzino, soprannominato “IL PICCOLO PRINCIPE” poiché aveva tutte le caratteristiche per esserlo: capelli color oro satinato e possedeva un carattere dolce, raffinato e anche un po’ schivo, proprio come nelle favole. Per tradizione ogni anno era solito festeggiare il N a t a l e d a l nonno insieme alla sua amica Rosa. « R o s a , s e i p r o n t a p e r a n d a r e d a l n o n n o ? » c h i e s e i l P i c c o l o P r i n c i p e a n s i o s o d i partire. I due felici salirono sull’aereo, ma m e n t r e sorvolavano il P o l o N o r d p e r s e r o i l c o n t r o l l o dell’aereo e si ritrovarono tra n e v e e macerie. I due r a g a z z i i n i z i a r o n o , q u i n d i , a d incamminarsi verso un punto di riferimento. Dopo ore e ore riuscirono finalmente a trovare un cartello con su scritto “SANTA CLAUS CITY”.

Rosa e il Piccolo Principe vennero accolti dal proprietario, quello che poi si rivelò essere Babbo Natale, con cioccolate calde e pan di zenzero. Il Piccolo Principe stupefatto disse: «Ma allora esisti davvero?!?»

«Certo. Chi pensavi portasse i doni?» chiese Babbo Natale con aria benevola. «Dal pianeta da cui vengo io, non esiste il Natale.» rispose il Piccolo Principe «credevo fosse una tradizione inventata da mio nonno.» Ascoltando ciò Rosa ricordò al Piccolo Principe che a causa dell’aereo che aveva smesso di funzionare, non erano più riusciti a raggiungere il nonno. Babbo Natale allora propose «Perché non mi aiutate a portare i doni in tutto il mondo con l’Operazione Regali? In cambio vi darò un passaggio sino a casa del vostro caro nonnino». I due si trovarono un po’ spaesati e dopo attimi d’incomprensione gli chiesero con quale mezzo sarebbero tornati a casa. «Ovviamente con la mia slitta magica trainata da Rudolf e la sua compagnia!» Stupiti i ragazzi risposero all’unisono: «Una slitta e renne magiche?!?» «E secondo voi come faccio a consegnare i pacchi in tutto il mondo?» rise Babbo Natale. Non gli capitava spesso di trovare ospiti che non sapessero della sua esistenza.

« E a d e s s o a n d i a m o a rendere felici tutti i bambini del mondo!» Tutti insieme l e g a r o n o l e renne alla slitta e con qualche piccolo aiuto r iuscirono a tornare a casa d o p o u n a nottata piena di r e g a l i consegnati e di p o l v e r e d i c a m i n i s u i vestiti e tra i c a p e l l i . A r r i v a t i sull’uscio della p o r t a , d o p o quell’intensa giornata, Rosa e il Piccolo P r i n c i p e s i strinsero forte; il nonno che aveva sentito n e l v i a l e q u a l c u n o

a r r i v a r e e guardando la scena dallo spioncino li interruppe accogliendoli con una bella zuppa calda.

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IL BRANDO TRA LE RIGHE AMBIENTE

LETTERATURA ED ECOLOGIA

di Carla Rea e Alessio Rimetti (V Liceo Scientifico)

Sin dagli albori, la letteratura cede parte della sua grande disponibilità alle tematiche più svariate riguardo la natura, madre di tutti gli uomini sulla terra. Il mondo che ci circonda possiede una quantità innumerevole di immagini, di significati reconditi e - come Baudelaire ci ha insegnato - tocca a noi comprenderli, incarnando una sorta di poeta veggente, capace di immedesimarsi nella natura stessa. Il rapporto con la natura n e l t e m p o è m u t a t o , comportando un nuovo modo di agire da parte dell’uomo, un rapporto che - tuttora - risulta essere nocivo, e la letteratura moderna espone attraverso una critica equilibrata e consapevole di tutti quegli atteggiamenti immorali dell’uomo, portando un po’ di consapevolezza nel nostro animo. Degli autori molto interessanti che riescono a penetrare i nostri cuori orgogliosi e poco attenti sono sicuramente Anna Maria Ortese e Claude Levi Strauss; entrambi espongono delle analisi attente e ben ponderate, guardando con occhio schietto la realtà che ci circonda. Anna Maria Ortese - grande scrittrice napoletana del Novecento - ha affrontato in maniera più che esaustiva la tematica ecologica, sfociando in una morale estremante attuale. Nel suo celebre libro Piccole Persone, l’autrice si lascia andare ad una ideologia filosofica che tocca i nostri cuori, definendo l’uomo come “l’oggetto più sordo e cieco dell’Universo”. Ciò che inevitabilmente colpisce non è il definire l’uomo come un elemento che non riesce a percepire tutto quello che lo circonda -facendo oltretutto riferimento ad una degradazione morale mortificante- ma l’essere definito un oggetto; l’uomo, in primis, è un oggetto e, in quanto tale, tratta il resto dell’universo come se fosse mera e semplice materia, e tale supremazia intellettiva e fisica - di cui l’uomo sente la p e r c e z i o n e d i e s s e r e superiore - devasta un mondo intero sotto le mani u m a n e , s i m b o l o d i emancipazione distruttiva. L’autrice -come possiamo efficacemente notare- tratta dell’etica e della morale umana, criticando l’atto umano di voler guadagnare sulla vita delle piccole persone -così definisce gli animali la Ortese- esponendo un disgusto profondo nei confronti

della sua stessa specie. L’uomo è amorale per l’autrice, crudele e ferocemente spietato, in quanto conferisce agio e sfogo ai suoi poteri e diritti senza freni; il suo è un grido disperato, in quanto è consapevole che il mondo non l’ascolta e che l’essere umano è un animale indifferente. È importante specificare, però, che l’autrice non denigra l’emancipazione, il progresso, ma l’indifferenza umana, ossia quella maniacale e orrida sensazione di

individualismo e superiorità eguale ad un tiranno. Difatti, la Ortese non crede negli efficaci valori attribuiti all’essere umano durante il periodo dell’Umanesimo, ove lo studio era riposto sulla semplice figura dell’uomo, visto come un contenitore straordinario e d i capaci tà br i l lant i , a l contrario, costui è egoista e imperturbabile. A f a v o r e d e l l a c r i t i c a de l l ’Or tese , è poss ib i l e associare anche i l nome

dell’antropologo Claude Levi-Strauss, molti dei cui studi sono incentrati nel rapporto che si può trovare tra cultura e natura, analizzando proprio analogie e differenze tra i due mondi. La cultura, per quanto sia troppo complessa, e quindi solo affine ma non completamente derivante dalla natura, costituisce una contrapposizione che l'uomo stesso utilizza per paragonarsi con altri esseri viventi, ma anche con gli altri esseri umani. Sin dall'Ottocento, grazie alla rivoluzione industriale, si formano nuove potenze economiche, comportando la nascita di nuove classe sociali, tra cui la borghesia, con le quali si accentua sempre di più un distacco con il "gradino più basso" della società; ciò amplificherà una disuguaglianza viziosa che cadrà nella discriminazione di coloro i quali vengono ritenuti più deboli, sia economicamente che culturalmente, un aspetto che vige -

tuttora- nella nostra società. Questa convezione sociale di fine Ottocento, dove i poveri e i più bisognosi venivano visti come un peso morale, abbandonati a loro stessi senza poter emergere, è possibile trovarla nella favolistica di Fedro, autore entrato a contatto con la cultura latina dopo essere stato liberato da Augusto. All'interno dell’antico genere della favolistica, infatti, molti degli ambienti e dei personaggi fanno parte del mondo naturale: foreste e boschi

fittissimi danno spazio ad animali umanizzati, che rispecchiano vizi e virtù degli uomini, come maschere teatrali. E proprio secondo Fedro, gli

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animali più forti, arroganti e potenti, si troveranno sempre al di sopra di quelli più deboli, esponendo una critica forte alla società coeva dell’autore; la natura, quindi, viene utilizzata come sfondo di critica dei soprusi umani, venendoci incontro con la sua meravigliosa semplicità. Ci piacerebbe una visone della natura più piacevole, una natura che deve essere rispettata in quanto Madre degli uomini, spettatrice indiscussa delle gioie e della felicità umana; la letteratura si occupa di tutto ciò ed è sicuramente capace di aprire le nostre menti. Leggete per un mondo migliore!

FAR PARTE DELLA SOLUZIONE E NON DEL PROBLEMA- UN LIBRO PER L’AMBIENTE di Elena De Vincenzo (V Liceo Scientifico)

Ormai sentiamo parlare di cambiamento ambientale quasi tutti i giorni e la problematica è chiara a tutti. La situazione è molto complessa, ma ognuno di noi può fare la sua piccola parte per diminuire il proprio impatto ambientale. Perché per fare la differenza non abbiamo bisogno di poche persone che conducono uno stile di vita completamente ecosostenibile, ma di tante persone che nel loro piccolo si mettono in gioco. Ed è per questo che nasce questa rubrica, per dare piccoli consigli per far parte della soluzione e non del problema.

Non è una bella storia da raccontare Ormai tutti sappiamo cosa significano le parole crisi ambientale, e quasi tutti sanno che non abbiamo molto tempo per evitare il collasso del pianeta. Tutti comprendiamo l ’es t rema impor tanza de l la problematica, ma nessuno si impegna in prima persona. Conosciamo la teoria, ma non siamo in grado di metterla in pratica. Cosa facciamo oltre a continuare a dire che dobbiamo fare qualcosa? Ne siamo a conoscenza, ma è come se non riuscissimo a crederci fino in fondo. La questione del cambiamento climatico purtroppo non è una bella storia da raccontare, la prima volta che ne sentiamo parlare rimaniamo sgomenti. Il mondo sta morendo ma, guardandoci intorno, nessuno sembra interessarsene, quindi forse non è davvero così importante. Continuiamo le nostre vita come prima, visto che non ci cambia nulla se l’Australia brucia, se i ghiacciai si sciolgono, se in qualche Paese lontano un ragazzino non può uscire di casa perché l’aria è irrespirabile. Sono situazioni lontane che non riescono a coinvolgerci da dentro. Ed ecco che entra in gioco un libro interessante di un autore altrettanto interessante:

Possiamo salvare il mondo prima di cena di Jonathan Safran Foer. “Ma anche quando c’importa della crisi del pianeta, la viviamo come una guerra in corso laggiù. Siamo consapevoli dell’urgenza e della cruciale importanza della posta in gioco, ma pur sapendo che sta infuriando una guerra per la nostra sopravvivenza, non abbiamo la sensazione di esserci immersi dentro.

Questa distanza tra comprensione e sensazione può rendere molto difficile agire anche per chi è attento e politicamente impegnato – per chi vuole agire.”

Il nostro pianeta è una fattoria Foer con, Possiamo salvare il mondo prima di cena, è come se ci scuotesse per le spalle, spingendoci a tornare alla realtà, quella vera. Ci sbatte in faccia la verità cruda, quella che non si vuole ascoltare: “adesso dirò le cose come stanno: non possiamo salvare il pianeta se non riduciamo in modo significativo il nostro consumo di prodotti di origine animale”

Perché il nostro modo di mangiare rappresenta una delle principali cause del cambiamento climatico, ma potrebbe diventare una delle principali soluzioni per combatterlo.

E l’autore porta a favore una serie di dati e statistiche:

• Un terzo di tutta l’acqua potabile usata dall’uomo è destinata al bestiame, mentre appena un trentesimo è utilizzato nelle case. • Il bestiame è la fonte principale delle emissioni di protossido di azoto. • L’allevamento è la causa principale della

deforestazione. • Il 90 per cento più ricco della popolazione globale è

responsabile di metà delle emissioni di anidride carbonica, mentre la metà più povera è responsabile per il 10 per cento. E spesso i meno responsabili del

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riscaldamento globale sono quelli che ne pagano le conseguenze maggiori.

• Secondo il FAO le emissioni legate al bestiame contribuiscono per il 14,5% delle emissioni totali, mentre secondo il WorldWatch Institute la cifra cresce addirittura al 51%

Disputa con l’anima

Foer ci parla, però, come se fosse un nostro confidente. Anche lui, come noi, è c o n s a p e v o l e d e l l a gravità della situazione, ma spesso non riesce a seguire le sue stesse decisioni. Ci parla di come sia difficile per lui stesso affrontare quelle azioni che sa di dover intraprendere. La quarta sezione del l ibro, Disputa con l’anima, affronta tutto c i ò c o n e s t r e m a sincerità e insicurezza. L’autore parla con sé stesso, litiga, discute, riflette.

“Le nostre emozioni – e la nostra mancanza di emozioni – stanno distruggendo il pianeta. Non c’è dubbio. Tu non vuoi rinunciare ai tuoi hamburger e ad andare a fare la spesa in macchina, a prendere aerei per l’Europa e ad avere l’elettricità a basso costo. Non vuoi creare imbarazzi a cena e non vuoi essere considerato una lagna o, peggio ancora, un rompiscatole. Non fai qualcosa semplicemente perché non ti va. Ma come sempre, devi tutelare il tuo quieto vivere, per cui ti convinci che sapere qualcosa – e scriverci sopra un libro – sia già fare qualcosa.”

Foer, però, ci p ropone un d i f f e r e n t e punto di vista. È chiaro che cambiare le n o s t r e a b i t u d i n i alimentari sia u n a p a r t e fondamentale p e r p o t e r cambiare le c o s e , p e r p r e n d e r e l a

nostra decisione, in quanto individui, e non essere semplici spettatori . È anche comprensibile l’insicurezza e la paura di affrontare una scelta del genere, perché in fondo siamo tutti umani. Il modo di porsi, però, di fronte alla problematica rappresenta di per sè parte della soluzione.

“Invece di pensare a tutti i pasti futuri, concentrati sul pasto che ti aspetta. Non rinunciare agli hamburger per il resto della tua vita. Basta che ordini qualcosa di diverso questa singola volta. È difficile cambiare le abitudini consolidate di una vita, ma non è così difficile cambiare un pasto. Con il tempo, questi pasti diventeranno le tue nuove abitudini.”

E da qui il titolo del libro Possiamo salvare il mondo prima di cena:

“Tutti entro poche ore mangeremo e potremo contribuire immediatamente a invertire il cambiamento climatico”

Come far parte della soluzione

Il primo consiglio da mettere in pratica è proprio quello che ci suggerisce Foer: limitare il consumo di prodotti di origine animale che rappresentano un’importante fetta di inquinamento per l’intero processo di produzione.

Ciò non significa tagliare la nostra a l i m e n t a z i o n e i n maniera dras t ica , poiché una scelta vegana o vegetariana non corrisponde ad una vi ta fa t ta di l imitazioni, ma a u n ’ o c c a s i o n e d i arricchimento.

Ultimo ma non per importanza

È necessar ia una svol ta nel nostro at teggiamento nei confronti del mondo. I l primo passo è la consapevolezza di ciò che ci circonda e le conseguenze che possono avere le nostre azioni e i nostri pensieri.

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Joan Safran Foer

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IL BRANDO TRA LE RIGHE ARTE & SPETTACOLO

L’ARTE DI NON CAPIRE L’ARTE di Virgilia Barbato e Sara Cardinale (V Liceo Scientifico)

Charles Baudelaire nell’Ottocento, e ancor prima di lui i poeti romantici inglesi, parlavano del poeta come di colui che riesce a catturare e a comprendere i simboli nascosti della realtà; la letteratura diventava allora il mezzo attraverso il quale spiegare la complessità, a tratti ermetica, del mondo circostante. Salvatore Settis, archeologo e storico calabro contemporaneo, si trova d’accordo nel trasportare la stessa definizione anche nell’ambito artistico. Ci parla dell’arte come strumento per comprendere le immagini che ci vengono sottoposte tutto il giorno, grazie alla modernissima tecnologia dei social network e della politica dell’advertisement. Eppure, questo non risponde chiaramente alla domanda che tutti coloro che leggono si staranno ponendo: Che cos’è l’arte? A che serve? Perché la devo studiare a scuola? Raffaello, Leonardo, Monet, P i c a s s o , P o l l o c k m i aiuteranno mai nella vita? Nonostante non ci sia una r isposta ogget t ivamente valida per tutte le persone e per tutte le epoche, di recente un artista contemporaneo Matty Mo ha fondato il movimento del “Most Famous Artist”, letteralmente “l’artista più famoso”, ed è collocato da Google nel rosario dei personaggi del mondo dell’arte più importanti di tutti i tempi. A chi gli domanda cosa e chi sia l’artista più famoso del mondo lui replica così: “L’artista più famoso del mondo è un’idea. Chiunque creda che è l’artista più famoso è l’artista più famoso. Tutto parte dall’essere tutto ciò che crediamo di poter arrivare ad essere. Ed io ho deciso di essere l’artista più famoso.” Parla, poi, dell’artista come qualcuno che “utilizza i mezzi del proprio tempo, per parlare dei problemi di attualità e riesce a contestualizzarli nel passato, per avvalersi di esso e spiegare il presente”. Matty Mo utlizza, qundi, internet per parlare e ironizzare sulla cultura tecnologica e demenziale dei selfie, studiando il passato per capire come il presente possa

essere spiegato e corretto da esso, riportando in qualche modo anche una visione ciclica della storia e dell’arte. Enfatizza quella vita distorta e costruita che le persone si creano sui social nella vita reale, creando progetti stupidi ma altamente coinvolgenti e soprattutto condivisibili, come le inflazionate pareti con le ali a Los Angeles. Cerca di dimostrare come il perdersi momenti della visita di una città bellissima per fermarsi a farsi scattare una foto con una parete non sia tanto un problema al livello sociale, ma è comunque molto sciocco. Allora, l’arte diventa tutto ciò che siamo e che decidiamo di rappresentare, tutto ciò a cui teniamo e a cui diamo un valore importante da condividere. Arte è quello che vedo tutti i giorni e che decido di proteggere. Arte sono gli ideali che porto avanti e il sentimento di appartenenza a coloro che intendono l’arte come me. Arte è ognuno di noi, con il proprio corpo, il proprio viso, i propri difetti e il proprio orientamento sessuale e tutti i mezzi con cui io

decido di mostrarli. I marchi “Black Lives Matter”, lgbtq+ e le pubblicità di intimo a favore dell’inclusione di tutte le body shapes è arte. Arte siamo tutti noi e tuttò che di bello riusciamo a creare. Henry Miller nel primo Novecento diceva:” L’arte non insegna nulla, a parte il significato della vita stessa.” Senza lo studio della storia d e l l ’ a r t e , M a t t y M o probabilmente non avrebbe

mai messo in piedi progetti di una levatura internazionale, perché proprio l’apparente non-sense del cubismo o dell’Action painting pollockiano l’hanno influenzato e portato ad essere il “The Most Famous Artist”. Senza lo studio dell’arte, probabilmente tutti noi non saremmo gli stessi e non cercheremmo ancora il buono dell’esistenza nella bellezza che vediamo e riportiamo del mondo. Ci piace riportare, infatti, la citazione di Winston Chruchill che dice: “Felici sono i pittori perché non saranno mai soli: la luce, i colori, la pace e la speranza terranno loro compagnia fino alle fine, o quasi, delle loro giornate.” A questo punto, la domanda può essere rigirata: quale pensate sia stato l’impatto dell’arte sulla vostra vita? Chi siete e chi credere di poter arrivare ad essere?

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IL BRANDO TRA LE RIGHE ARTE & SPETTACOLO

FESTIVAL AL TEMPO DEL COVID di Delia Cimmino, Daniele De Luca, Nicola Nesi (II Liceo Scientifico)

Il Festival di Sanremo, la rassegna canora più importante e longeva del nostro Paese, ormai alla sua settantunesima edizione, quest’anno si terrà dal 2 al 6 marzo 2021. Per il secondo anno consecutivo alla conduzione ci sarà Amadeus, che indosserà anche le vesti di direttore artistico e nel corso delle serate sarà affiancato, ancora una volta, da Fiorello, come per l'anno precedente. In gara ci saranno ben 26 Big oltre 8 cantanti nella sezione giovani; era dal 1988, l'anno della vittoria di “Perdere l'amore” di Massimo Ranieri, che in gara non si esibivano così tanti artisti. Nel corso di un’intervista, Amadeus ha spiegato che, in fase di selezione, ha avuto l'imbarazzo della scelta in quanto i brani meritevoli erano numerosi; inoltre ha anticipato che altissima sarà la presenza di giovani perché punta ad un festival che deve guardare al futuro, pertanto ha dichiarato che la media dell'età sarà tra le più basse mai registrate. Una manifestazione che nasce all’insegna della musica, ma anche dell’eleganza, del pettegolezzo e del divertimento, nell’anno del Covid, ha un motivo in più per portare un po’ di distrazione e spensieratezza nelle case degli italiani, che ormai da circa un anno vivono l’incubo della pandemia. L’impegno del “padrone di casa” Amadeus, è quello di p r o p o r r e u n f e s t i v a l all’insegna della maggiore normalità possibile, non risparmiandosi in nulla, tanto più che, quello della musica è stato uno dei settori più colpiti dalla crisi pandemica ed economica. Con lo stop ai c o n c e r t i e a t u t t e l e manifestazioni live, infatti, il comparto ha perso oltre il 90% dei ricavi, lasciando a casa, o r m a i d a m e s i , m o l t i lavoratori del settore. La parola d’ordine è “rinascita” e si punta ad un festival più forte dell’anno scorso in t e rmin i d i mus ica e d i spettacolo. Proprio in riferimento all’assurda situazione generale determinata dalla pandemia, si è espresso il direttore di Rai 1 Stefano Coletta, che, riguardo alla location ed alle misure di sicurezza, ha spiegato che sono state prese in considerazione opzioni diverse, ma in accordo con i vertici aziendali si è fortemente voluto che il teatro Ariston restasse la sede anche di questo Festival 2021, chiaramente in ottemperanza di tutte le norme di sicurezza richieste. Si sta lavorando affinché all’Ariston ci sia pubblico, naturalmente nei limiti del possibile e secondo le norme che saranno in vigore a marzo. Si sta lavorando perché questo Sanremo non sia etichettato come il Sanremo del Covid ma il Sanremo della normalità e soprattutto della rinascita. Ovviamente sui singoli dettagli in merito, si avranno notizie più precise con l’approssimarsi della scadenza.

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IL BRANDO TRA LE RIGHE MENTI CRITICHE & CUORI INTELLIGENTI

“MENTI CRITICHE E CUORI INTELLIGENTI”: RICONOSCIAMO LE EMOZIONI della Prof.ssa Amalia Meola

Pensando alla parola utopia, noto che ha due traiettorie diverse: quella astratta e irrealizzabile dell’ou-topia, vale a dire del luogo irraggiungibile, e quella possibile dell’eu-topia, il luogo del bello, quello da creare tutti insieme se vogliamo preservare il futuro dei nostri ragazzi. Qualche tempo fa ho letto che “il mondo è in debito di ossigeno”, aggiungerei che oggi lo è più che mai, giacché il futuro è diventato sinonimo di incertezza e paura, al punto che l’utopia di una speranza globale, se non stiamo attenti, può trasformarsi nella distopia di un’incertezza sempre più radicale che coinvolge l’intero Pianeta. Ecco perché urge pensare a un intervento della scuola su “menti critiche e cuori intelligenti”, soprattutto nel mondo complesso e liquido in cui bambini e ragazzi stanno crescendo; un mondo difficile, segnato da una radicale incertezza che sta mettendo alle corde le più importanti dimensioni dell’essere umano: la mente, in cui domina un pensiero sempre più superficiale; il cuore, sempre meno capace di riconoscere i propri e gli altrui sentimenti; l’etica, dimensione in cui assistiamo alla dissoluzione non solo della comunità, ma anche dei valori di cittadinanza. A questi fenomeni, inoltre, va aggiunto il pericolo rappresentato dalla ideologie, dal risentimento e dalla xenofobia, su cui occorre vigilare sempre. Bisogna dunque riflettere su tutte quelle forze che oggi rischiano non solo di disgregare la comunità, ma anche alcuni riti di comunità. Volendo prendere in prestito una celebre espressione di Jean-Paul Sartre, potremmo dire che il nostro è il “tempo dal cielo vuoto”, in cui i valori -laici, religiosi, comunitari- sono evaporati o in via di evaporazione. Tutto ciò è causato da una nuova idea di felicità, una felicità tutta individuale, che ha portato lo sgretolamento dei valori collettivi. Credo allora che adesso, più che mai, la scuola debba lavorare e investire non solo nell’analfabetismo tradizionale, ma anche e soprattutto in quello emotivo, insegnando che la vera felicità non “è fuori”, ma “dentro” la responsabilità. Solo così cresceranno “menti critiche e cuori intelligenti”, non solo “teste ben piene”, bensì futuri cittadini empatici, capaci di costruire ponti con l’alterità e di guardare con maggior consapevolezza dentro se stessi.

IL FIORE DELLE EMOZIONI di Luisana Barisano, Luca Casillo, Francesca Esposito, Paolo Memoli (II A, Sec. di I grado)

Questo è il fiore delle emozioni di Robert Plutchik (1927-2006), importante psicologo e ricercatore che ha dedicato gran parte dei suoi studi alle emozioni. Nel suo fiore così colorato, Plutchick vuole dirci che le emozioni che gli esseri umani provano nella loro vita possono essere riassunte in otto emozioni semplici, quelle al centro del fiore, organizzate in quattro coppie di opposti che possono anche mescolarsi tra loro, dando vita alle cosiddette emozioni complesse (p.es. gioia+fiducia: amore). Si viene così a creare una rappresentazione in cui i “petali” sono i contenitori delle emozioni e ognuno di essi ha, nel petalo opposto, un’emozione contraria (p. es. odio-ammirazione). Dal grafico, inoltre, notiamo che anche i colori diventano meno accesi, via via che ci si allontana dal centro; questo perché anche le emozioni hanno una gradazione che si fa meno intensa o più intensa, a seconda dei casi. Conoscere questo grafico ci ha colpiti molto perché ci ha fornito uno strumento per classificare, per quanto si possa, una realtà così complessa come quella delle emozioni, aiutandoci a dare loro un nome.

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IL BRANDO TRA LE RIGHE MENTI CRITICHE & CUORI INTELLIGENTI

IO NON HO PAURA! di Martina Biancardi, Mattia Botta, Melissa Di napoli, Noemy Napolitano, Azzurra Tamantini (II A, Sec. di I grado)

Nel nostro percorso scolastico sui sentimenti, la prima emozione che abbiamo imparato a conoscere è la paura, un’emozione vecchia quanto l’uomo, che ha due volti che dobbiamo iniziare a distinguere e a riconoscere: quello della “paura-stimolo” e quello della “paura- allarme”.

Essendo dominata dall’istinto, la paura ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto, quando arriva una situazione di pericolo, anche se, talvolta, è causa di alcuni fenomeni di modifica comportamentale che possono sfociare in sindromi ansiose: ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla percezione di un reale pericolo, bensì dal timore che

si possano verificare situazioni, apparentemente normalissime, ma che sono vissute dal soggetto con profondo disagio. In questo senso,

la paura perde la s u a f u n z i o n e primaria, legata a l l a n a t u r a l e c o n s e r v a z i o n e della specie, e diventa invece l'espressione di uno stato mentale.

PAURA -ALLARME

La paura allarme è una reazione emotiva a un pericolo esterno che si manifesta con stato di allerta e inquietudine. Essa ci avverte di un pericolo reale, da non sottovalutare, è come un campanello che suona in noi, per proteggerci da una minaccia che può farci del male.

PAURA-STIMOLO La paura stimolo, invece, consiste in uno stimolo che ci aiuta a fronteggiarla e a uscire dalla culla delle nostre certezze. Essa ci fa crescere, ci rende più coraggiosi e ci insegna che il fantasma della paura ha più paura di noi.

Anche il corpo ci parla…

Reazioni corporee della paura: bocca secca, aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, motilità intestinale, tensione muscolare, aumento della

sudorazione. Il nostro corpo si sta p r epa rando a u n a r e a z i o n e immediata.

IL SEGRETO PER AFFRONTARE LA PAURA?

Il fantasma della paura ha paura di essere guardato negli occhi. Se lo faremo, tornerà da dove è venuto.

TRISTEZZA: IMPARIAMO A CONOSCERLA

A cura di Caterina Accurso, Elmaza Kamberovski, Giuseppe Noviello, Fa/ma Oliva, MaEeo Petrone (II A, Sec. di I grado)

Tutte le emozioni sono nostre amiche, perché ognuna ci dà un messaggio importante, eppure la tristezza viene vista sempre e solo come un’emozione in negativo, dal momento che viene considerata come un'emozione contraria alla gioia e alla felicità, la quale può essere provata in condizioni normali, durante la vita di tutti i giorni, oppure a causa di un evento particolarmente drammatico, come una perdita, un lutto o una scomparsa. È una delle "sei emozioni fondamentali”e molte persone la pensano come un’emozione “debole”; in realtà ma non lo è affatto, perché è un’emozione che fa pensare e scoprire particolari del nostro corpo, altre emozioni, e aspetti del nostro carattere che senza di lei non avremmo scoperto. È come un ospite, viene all’improvviso quando non te lo aspetti, o anche quando sei felicissimo; spesso ci scombussola la vita e ci sembra di non riuscire a reagire. Alcune volte per mandarla via si ha bisogno dell’aiuto di qualcuno o la combattiamo da soli, ed è anche quello che ci fa avvicinare agli altri o a noi stessi e ci spinge a conoscersi meglio e fidarsi. Tutto ciò perché la tristezza deve essere considerata come un’emozione amica, da ascoltare e condividere con le persone che ci vogliono bene e con la quale riusciamo a guardarci meglio dentro. Spesso la tristezza è un sentimento proprio soprattutto degli artisti, che cercano continuamente di superare sé stessi: molti pittori, poeti, musicisti hanno prodotto le

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loro migliori opere in momenti di grande tristezza e malinconia. Questo perché è il "colore emotivo" delle nostre azioni e, al pari delle altre emozioni, la tristezza è qualcosa d’intrinseco alla natura umana. Quindi, più che evitarla, dobbiamo riconoscerla e imparare ad accoglierla: essa rappresenta una forza importante, in grado di

promuovere la nostra salute e il nostro benessere. Si tratta, infatti, di un sentimento fisiologico, se limitato ad occasioni circoscritte, qualora invece perduri per lunghi periodi si parla di depressione. Impariamo a non sottovalutarla e a chiedere sempre aiuto ai nostri genitori, fratelli, docenti, e così via.

CURIOSITÀ: Gli animali domestici possono provare tristezza?

La risposta è sì, la ricerca scientifica moderna sta finalmente convalidando ciò che in parte si era già intuito: gli animali possono provare le emozioni, proprio come noi. Purtroppo, non è molto facile capire se un animale è triste. Uno dei più comuni sintomi di tristezza, però, è quello di mostrare atteggiamenti impauriti, perdita dell’appetito o atteggiamenti aggressivi. Perché il mio animaletto è triste? Quali sono le cause? Le principali cause di tristezza, soprattutto nei cani e nei gatti, sono piuttosto numerose, ma elencheremo le più comuni.: potrebbe essere triste a causa di un lutto o a causa di un abbandono o maltrattamento.

Ebbene sì, gli animali possono essere tristi per causa nostra. Cosa possiamo fare per evitarlo? Dobbiamo curarli, giocare con loro e soprattutto amarli, perché gli animali non sono giocattoli e possono provare tristezza proprio come no. Ricordatelo!

L ’ E M P A T I A : “ I L C U O R E DELL’EDUCAZIONE DEL CUORE”

di Lara D’Alessandro, Elettra Iodice, Emanuela Paciolla, Teresa Russo (II A, Sec. di I grado)

La parola empatia deriva dal greco, da in e pathos, con il significato sia di “sofferenza” che di “sentimento” e può

i n c a r n a r s i i n v a r i sentimenti. L’empatia, infatti, è la capacità di capire e comprendere lo stato d’animo altrui, come se lo stessimo provando noi. Essa, s o l i t a m e n t e , è u n legame forte che si crea tra due persone intime,

mamma e figlio o due amici, capaci di comprendere e provare pensieri ed emozioni dell’altro. Empatia, infatti, è la capacità di “mettersi nei panni degli altri”, anche se l’individualismo che domina sempre più n e l l a n o s t r a società ha tolto m o l t o a l l a nostra empatia, relegandola a u n l o n t a n o angolino della nostra mente. S i t r a t t a , invece, di un s e n t i m e n t o importantissimo di cui abbiamo imparato a capire che ha due “ali”: quella dello sguardo, con cui sentire e riconoscere il grido d’aiuto negli occhi dell’altro e quella della mano tesa, con cui aiutare prontamente gli altri. I diversi volti dell’empatia ci costringono così a soffermarci sulla distinzione tra cogliere e accogliere, tra ciò che siamo e ciò che vediamo quando ci relazioniamo agli altri, perché l’empatia non è fusione ma possibilità ed è importante avere sguardi empatici e mani tese, sempre.

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Aforisma

Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre.

UNA STORIA ESEMPLARE: IL CORAGGIO DI IRENA SENDLER

Irena Sendler è stata una vera e proprio eroina dell’empatia che tutti dovrebbero conoscere. Adesso vi spieghiamo il perché. Nata a Varsavia nel 1910, quando scoppiò la Seconda guerra mondiale lavorava come infermiera e assistente sociale presso il dipartimento sanitario del comune di Varsavia. Sin da bambina, era stata educata all’empatia, grazie all’esempio del padre medico che aveva dedicato la sua vita alla cura degli ebrei malati di tifo che nessuno

dei suoi colleghi v o l e v a c u r a r e , m o r e n d o e g l i s t e s s o prematuramente. Q u a n d o a Varsavia, nel 1940, i T e d e s c h i r inch iusero g l i ebrei nel ghetto per separarli dal r e s t o d e l l a popolazione, Irena, che da sempre si era battuta per l’uguaglianza e fratellanza tra gli uomini, decise che avrebbe dovuto agire per alleviare le sofferenze di

tante persone innocenti. Essendo un’infermiera, ottenne un permesso speciale per condurre un’indagine sulle malattie infettive che si stavano propagando nel ghetto a causa dell’alto numero di persone e, durante queste visite, portava sui vestiti delle stelle, per solidarietà con il popolo ebreo e pian piano entrò nella Resistenza polacca. Il suo nome di battaglia era "Jolanta", così organizzò la fuga di tanti bambini dal ghetto: i neonati li nascondeva nelle casse del suo furgone, i bambini più grandi in sacchi di juta. Addestrò il suo cane ad abbaiare quando arrivavano i tedeschi, perché non potessero sentire i pianti disperati dei bambini che venivano separati dai loro genitori. Più volte in seguito ebbe a dire che in realtà i veri eroi erano quelle madri e quei padri che avevano deciso di affidarle i loro figli. Un numero impressionante i bambini che Irena riuscì a salvare: 2500! Non tutti erano nel Ghetto, molti erano negli orfanotrofi e Irena forniva loro una nuova identità con nomi cristiani e li affidava a famiglie e preti cattolici, annotando, tra

l’altro, i nomi veri dei bambini accanto ai nomi falsi, e seppellendo gli elenchi dentro delle bottiglie, con la speranza di poter un giorno riconsegnare i bambini ai loro genitori. Nell'ottobre 1943 la Sendler venne arrestata dalla Gestapo, fu sottoposta a pesanti torture: le vennero fratturate le gambe, ma non rivelò nulla, tanto che rimase inferma a vita. Venne anche condannata a morte, ma fu salvata dalla rete della resistenza polacca, attraverso l'organizzazione clandestina Żegota, che riuscì a corrompere con denaro i soldati tedeschi, che avrebbero dovuto condurla all'esecuzione. All’età di 97 anni la Polonia la dichiarò “eroe nazionale” e lei rispose così: “Ogni bambino salvato con il mio aiuto, non è un titolo di gloria, ma la giustificazione della

mia esistenza su questa terra”. Nella coperta calda c o n c u i I r e n a avvolgeva i neonati, possiamo ritrovare il simbolo della vera empatia, il senso di c a l o r e , g i o i a e soddisfazione che sentiamo quando aiutiamo chi è in d i f f i c o l t à . L a memoria di Irena è un bene pubblico prezioso da portare con noi nel futuro.

IL SEGRETO DELL’EMPATIA?

“L’empatia è una coperta calda che avvolge il cuore di chi la riceve, ma anche di chi la dona.”

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IL BRANDO TRA LE RIGHE CUCINA

LA CUCINA ITALIANA

di Lorenzo De Vito, Jacopo Imperatore, Dario Montano, Giovanni Orefice (III Liceo Scientifico)

La cucina italiana è una delle migliori al mondo per i suoi sapori e le sue particolarità; oltre a essere, probabilmente, anche una delle più antiche. Le ricette sono tramandate di generazione in generazione e sono composte da ingredienti tradizionali, dei vari luoghi di appartenenza, anche se, col passare degli anni, sono stati aggiunti ingredienti “moderni” come nel caso della pizza, della parmigiana, ecc.

Per quanto riguarda i nostri ingredienti, essi fanno parte della cosiddetta “dieta mediterranea”, considerata una delle più salutari al mondo, proprio per le sue componenti (nel 2010 venne considerata patrimonio immateriale dell’Unesco). La cucina italiana ha avuto inoltre molte influenze da parte di altri mondi culinari (cucina araba, ebraica, dell’antica Roma, Grecia, ecc.) e, con la scoperta del Nuovo Mondo, sono stati aggiunti altri ingredienti come il mais, le patate, i peperoni e tanto altro.

In merito alla cucina italiana all’estero, è una delle più emulate, anche se a volte gli stessi italiani si “lamentano” di come i ristoratori stranieri preparino i piatti italiani all'estero. Al tempo d’oggi, sono più di 90.000 i ristoranti italiani all’estero e il numero è ancora crescente. Tra i cibi più importanti della nostra cultura, è degna di nota la pizza, di cui, nello specifico, l’arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano nella preparazione della pizza è stata riconosciuta come patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco nel 2017.

La pizza Margherita è una delle pizze più famose del mondo, fu inventata tra gli anni del 1796 e il 1810. Nel 1889, infatti, il cuoco Raffaele Esposito preparò la pizza margherita per onorare la Regina Margherita di Savoia.

Ad oggi ci sono numerose versioni della pizza che variano da città in città. Anche all’estero ci sono varie versioni di pizze, come ad esempio la pizza con l’ananas, che è una tra le tante versioni di pizza estere che ha fatto più scalpore in Italia. È bene però ricordare che la pizza

ha avuto enormi cambiamenti anche qui in Italia, infatti t r a l e t a n t e v e r s i o n i d i pizze ci sono anche quelle gourmet, che s o n o u n a rielaborazione d e l l a p i z z a classica e di solito vengono preparate con d e g l i i n g r e d i e n t i particolari che hanno dei forti

contrasti. Proprio con queste rielaborazioni dei vari cibi nasce il “foodporn”.

INGREDIENTI PER 2 PIZZE DI 28 CM DI DIAMETRO

-Farina Manitoba 200 g -Farina 00 300 g -Acqua 300 ml -Olio extravergine d'oliva 35 g -Sale fino 10 g -Lievito di birra fresco 5 g

PER CONDIRE -Polpa di pomodoro 500 g -Fiordilatte 400 g -Origano secco 1 cucchiaio -Sale fino 1 cucchiaino -Basilico q.b. -Olio extravergine d'oliva q.b.

IL BRANDO TRA LE RIGHE OROSCOPO & GIOCHI

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L’OROSCOPO DI MARIO TUTTOFOX Rubrica a cura di Mario Minichini Tuttofox e di coloro che guardano le stelle insieme a lui: Angelo D’Alise e Angelo Pino…semmai qualche stella dovesse sfuggirgli (V Liceo Scientifico)

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ARIETE Dicembre può rivelarsi molto importante per voi: anche se ieri avete registrato un lieve calo a livello psicofisico, ora potete recuperare. Quindi marenna sotto o racc e jat a faticà. Anche se non può cambiare tutto dall’oggi al domani, seguite il detto “Dicette o pappice vicino a noce, ramm’ o tiemp ca te spertose” e attenti!

TORO In questi ultimi giorni di Dicembre, avrete la Luna opposta, quindi giratevi! Potreste registrare piccole arrabbiature o preoccupazioni relative alla famiglia e potreste anche ritrovarvi a dover risolvere problemi che non siete stati voi a creare. Mi raccomando: “E chiacchiere s’è pporta ‘o viento; e i maccheroni riempiono la pancia”, che fosse o pzzott e “verba volant, scripta manent”. Quindi pesate le parole, amoriii!

GEMELLI A volte non possiamo cambiare le cose, ma in questo periodo molti saranno costretti a fare scelte diverse rispetto al passato. Quindi, guardatevi avanti e scansatevi i fossi nuovi. Cit. Mario Minichini. Se ci sono stati dei tagli sul lavoro, ricuciteli, se ci sono stati dei problemi, risolveteli; ora sembrano aprirsi nuovi orizzonti! Tra gennaio e febbraio potrà tornare in careggiata l’amore, anche se le nuove storie sembrano essere un po’ precarie e voi un po’ distratti.

CANCRO Le stelle sono dalla vostra parte, quindi mandate un bacio al Paradiso che il dio Diego Armando Maradona è con voi, ma la facoltà di rimettere in gioco la vostra vita non potrà di certo rivelarsi nel giro di poche ore! Calmi e pazientate che, vuot e gir, e sarai il nuovo Jeff Bezos. Potreste comunque cominciare a vivere con minore ansia [con uso di tranquillanti per cavalli, essendo soggetti ansiosi]e questo vale già molto.

LEONE Sentite molte contrarietà: per voi è un periodo di lotta. E chi si’? Rey Mysterio a WWE?! In famiglia o nelle relazioni con il partner, sembra che siate costretti ad arrabbiarvi o a dover alzare la voce per chiarire il vostro punto di vista, a tal punto che…Bocelli spostati! Le giornate a venire sono un po’ polemiche forse state vivendo situazioni molto complesse, quindi prendetevela a pacienz. Passa anche questa, Amore!

VERGINE Secondo l'oroscopo di Minichini TuttoFox vi trovate in una condizione di passaggio, quindi continuat a cammená. Se a livello lavorativo non ci sono grandi situazioni in ballo, in amore qualcosa sembra non quadrare e ci sono condizioni un po' strane. Allora, facendo il punto della situazione lavorativa e amorosa: tien e corn e stai senza na lir!! Grande Vergine! Ovviamente siete nervosi, quindi calmate il sangue.

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IL BRANDO TRA LE RIGHE OROSCOPO & GIOCHI

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BILANCIA Tra oggi e domani (vale per qualsiasi giorno in cui leggerete l’oroscopo), potete iniziare a guardare il futuro in maniera molto interessante. Strano, eh? A ciort siete sempre andati male. Viste le stelle così importanti di questa settimana, non è detto che dobbiate fare qualcosa. Quindi, se ancor prima di finire di leggere già vi stavate organizzando per qualcosa, ehm …tirate il freno a mano; calmi! È probabile che vi venga comunicato un cambiamento a cui non potete rinunciare! Quindi, pietto di palumbo e buttatevi!

SCORPIONE Nei primi di gennaio potreste sentirvi preoccupati e sarà molto difficile parlare con voi perché prendete tutto come una provocazione. Uà o Scorpiò, non ti si può dire niente, mamma mia! “A collera è fatta a cupo, chi s’ ‘a piglia, schiatta ‘ncuorpo” Proverbio un po’ antico, ma azzeccato per voi. I più giovani devono impegnarsi nello studio, quindi Scorpioni del Brando dateci sotto con le interrogazioni, che gennaio sarà il vostro mese!

SAGITTARIO Siete pieni di vitalità. Uà, che vat pigliat o Multicentrum?!?! Rispetto all’inizio dell’anno siete cambiati moltissimo: prima c’era una fase di stasi dei vostri progetti, mentre ora finalmente i vostri programmi riprendono quota e avete una gran voglia di rimettervi in gioco! Dai ragazzi siamo tutti con VOI! E questo vale anche per l’amore, non solo perché Venere si trova nel vostro segno zodiacale, ma anche perché in generale siete più disponibili. I nati di fine novembre e inizio dicembre avranno maggiori energie e quindi vitamine integratori a palata. Però attenzione: E solde fanno venì a vista ‘e cecate! Attenti di chi vi fidate, amori!

CAPRICORNO Il consiglio per voi è di evitare complicazioni ed evitare di pensare al passato: quindi guardate fieri avanti che i soggetti che incontrerete vi faranno stare più male di quelli che lascerete alle vostre spalle. Per le nuovi relazioni, la fine di dicembre e l'inizio di gennaio segnano un avanzamento o la possibilità di fare nuovi incontri o di sistemare relazioni già nate da tempo, quindi pazienza, che molto probabilmente non sarete soli e dovete fare il regalo di Natale! Maschietti, come vi capisco!

ACQUARIO La giornata di oggi potrà essere molto interessante e vedrà maggiormente vitali e creativi. Nuovi Gigi D'alessjo nasceranno oggi. Il vostro è il segno delle idee diverse e della trasgressione, ma placate gli animi, ragazzi, che bisogna comunque saper essere concreti, sopratutto prima delle vacanze di Natale. Per i grandi progetti che richiedono investimenti ci vuole molta attenzione perchè in questo periodo nun c sta na lir e il 2021 sarà un anno che dal punto di vista economico chiede un po' di prudenza, mentre a livello sentimentale si è aperta una stagione di incontri e forse di buone proposte. eE vai va’, ca o’ 2021 se pareij!!

PESCI A livello sentimentale state facendo un passo indietro anche se già stavate messi male. Oggi avete una grande energia, eppure sentite il bisogno di qualche conferma in più. Chi sta con voi in questi giorni potrebbe vedere che state un po' in disparte, intonandovi le magiche parole "si è sta accussì facc pace”, pensando di lasciarvi ai vostri spazi per riflettere. Il consiglio per voi comunque è di non restare da soli, ma di riflettere comunque bene su quello che desiderate e su chi desiderate Giornata ricca di intuizioni, a livello professionale. Le cose vanno meglio [Marò, o frjdd nguoll e i pil nderr ] A parte un po' di distrazione, vabbè classico Gennaio e Febbraio: saranno mesi buoni per le ripartenze, quindi stringi i denti mò che a gennaio abblj a parià.

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CONSIGLI SERIE TV-FILM

Jojo Rabbit Diretto da Taika Waititi La vita strordinaria di David Copperfield Diretto da Armando Iannucci

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The Green Book Diretto da Peter Farelly

La regina degli scacchi Diretto da

Scott Frank e Allan Scott

Cena con Delitto - Knives Out Diretto da Rina Johnson

La Fantastica Signora Maisel

Diretto da Amy Sherman-

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CONSIGLI LIBRI

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Per i più grandi: • La canzone di Achille di Madeline Miller • Tutto chiede salvezza di Daniele Mencarelli • Scherzetto di Domenico Starnone • La notte del Getsemani di Massimo Recalcati

Per i più piccoli: • La casa che mi porta via di Sophie Anderson • La bicicletta verde di Haifaa Al Mansour • Il mastino dei Baskerville di Arthur Conan Doyle • Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett

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