Il 18 Novembre Del 1953 Segna l

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 Il 18 novembre del 1953 segna l’inizio dell’insegnamento di Lacan. All’ospedale psichiatrico di Sainte Anne (Parigi) lo psicoanalista francese traccia, nell’ouverture del seminario 1 , un ritratto del padre della psicoanalisi. Ne mostra la straordinaria originalità rispetto a «Brücke, Ludwig, Helmholtz, Du Bois- Reymond 2 », i quali «si erano in un certo senso impegnati in un giuramento: tutto si riconduce a forze fisiche, le forze di attrazione e di repulsione» 3 . Freud invece con L’Interpretazione dei sogni reintrodusse «qualcosa che ha un’essenza differente, una densità psicologica concreta, cioè il senso» 4 . Ciò che è in questione è «la soggettività del soggetto, nei suoi desideri, nel suo rapport con il proprio ambiente, con gli altri, con la vita» 5 . Freud osò attribuire importanza «a quel che gli capitava, alle antinomie della sua infanzia, ai suoi disturbi nevrotici, ai suoi sogni. Perciò Freud è per noi tutti un uomo collocato come ogni altro nel mezzo di tutte le contingenze: la morte, la donna, il padre» 6 , e che sentì che considerando la nozione di soggetto, introducendola, introduceva se stesso, ma per fare questo occorreva allontanarsi dal «cattivo linguaggio» della scienza nel quale era immerso. Egli stesso era dunque in causa. Sin dall’inizio «Freud sa che non farà progressi nell’analisi delle nevrosi se non analizzando se stesso» 7 e introducendo così, tramite l’analisi, un ordine di determinazioni nell’esistenza umana, nel territorio del senso: «la scoperta di Freud è la riscoperta, in un terreno incolto, della ragione» 8 . Dopo poche lezioni, sempre all’interno dello stesso seminario, Lacan sottolinea con forza la domanda che sottende a questa “rilettura” del testo freudiano, in particolare a quel gruppo autonomo di psicoanalisti che lo seguivano e che, se lo seguivano, e se a partire dalle sue intuizioni avevano fondato la nuova Société française de Psychanalyse, era «per un compito, che per ciascuno di noi comporta nientemeno che l’avvenire, il senso di tutto ciò che facciamo e avremo da fare nel seguito della nostra esistenza» 9 : cosa  facciamo quando facciamo l’analisi?  Un bisogno di chiarezza dettato dal fatto che «tra gli psiconalisti, tra quelli che pensano, e questo già restringe il cerchio, non ve n’è uno solo che in fondo si faccia la stessa idea di uno qualunque dei suoi contemporanei, o dei suoi vicini, a proposito di ciò che si fa, di ciò cui si tende, di ciò che si ottiene, di ciò di cui si tratta nell’analisi» 10 . L’esperienza germinale di Freud è interamente centrata intorno alla ricostruzione completa della storia del soggetto. Questo è l’elemento essenziale, co stitutivo, strutturale del progresso analitico. Per Freud si tratta ogni volta della «comprensione completa del caso singolo» 11 . Ma, si chiede Lacan, «coglierlo nella sua singolarità, cosa vuol dire?» 12 . Significa che l’essenza, il fondamento, la dimensione propria dell’analisi stanno nella reintegrazione da parte del soggetto della propria storia fino ai suoi ultimi limiti sensibili, cioè «fino a una dimensione che oltrepassa di molto i limiti individuali» 13 . Questa dimensione è rivelata dall’accento messo da Freud in ciascun caso su punti essenziali da conquistare attraverso la tecnica, su quelle che Lacan definisce come «situazioni della storia». La storia però non è il passato. La storia è il passato nella misura in cui è storicizzato nel presente  storicizzato nel presente perché è stato vissuto nel passato. Il cammino della restituzione della storia del soggetto prende «la forma 1 J. Lacan, Il Seminario. Libro I. Gli scritti tecnici di Freud (1953-1954), a cura di G. Contri, Einaudi,Torino 1975. 2  Ivi , p. 4. Si tratta di Ernst Wihelm von Brücke (1819-1892), Ludwig Bolk , Hermann von Helmholtz (1821-1894) e Paul Du Bois-Reymond (1842-1923). 3  Ibidem. 4  Ivi , p. 3. 5  Ibidem. 6  Ivi , p. 4. 7  Ivi , p. 5. 8 Ivi , p. 6. 9  Ivi , p. 9. 10  Ivi , p. 13. 11  Ivi , p. 15. 12  Ibidem. 13  Ivi , p. 16.

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Il 18 novembre del 1953 segna l’inizio dell’insegnamento di Lacan. All’ospedale psichiatrico di Sainte Anne

(Parigi) lo psicoanalista francese traccia, nell’ouverture del seminario1, un ritratto del padre della

psicoanalisi. Ne mostra la straordinaria originalità rispetto a «Brücke, Ludwig, Helmholtz, Du Bois-

Reymond2», i quali «si erano in un certo senso impegnati in un giuramento: tutto si riconduce a forze

fisiche, le forze di attrazione e di repulsione»3. Freud invece con L’Interpretazione dei sogni  reintrodusse

«qualcosa che ha un’essenza differente, una densità psicologica concreta, cioè il senso»4. Ciò che è in

questione è «la soggettività del soggetto, nei suoi desideri, nel suo rapport con il proprio ambiente, con gli

altri, con la vita»5. Freud osò attribuire importanza «a quel che gli capitava, alle antinomie della sua

infanzia, ai suoi disturbi nevrotici, ai suoi sogni. Perciò Freud è per noi tutti un uomo collocato come ogni

altro nel mezzo di tutte le contingenze: la morte, la donna, il padre» 6, e che sentì che considerando la

nozione di soggetto, introducendola, introduceva se stesso, ma per fare questo occorreva allontanarsi dal

«cattivo linguaggio» della scienza nel quale era immerso. Egli stesso era dunque in causa. Sin dall’inizio

«Freud sa che non farà progressi nell’analisi delle nevrosi se non analizzando se stesso»7e introducendo

così, tramite l’analisi, un ordine di determinazioni nell’esistenza umana, nel territorio del senso: «la

scoperta di Freud è la riscoperta, in un terreno incolto, della ragione»8

.Dopo poche lezioni, sempre all’interno dello stesso seminario, Lacan sottolinea con forza la domanda che

sottende a questa “rilettura” del testo freudiano, in particolare a quel gruppo autonomo di psicoanalisti che

lo seguivano e che, se lo seguivano, e se a partire dalle sue intuizioni avevano fondato la nuova Société

française de Psychanalyse, era «per un compito, che per ciascuno di noi comporta nientemeno che

l’avvenire, il senso di tutto ciò che facciamo e avremo da fare nel seguito della nostra esistenza»9: cosa

 facciamo quando facciamo l’analisi?  Un bisogno di chiarezza dettato dal fatto che «tra gli psiconalisti, tra

quelli che pensano, e questo già restringe il cerchio, non ve n’è uno solo che in fondo si faccia la stessa idea

di uno qualunque dei suoi contemporanei, o dei suoi vicini, a proposito di ciò che si fa, di ciò cui si tende, di

ciò che si ottiene, di ciò di cui si tratta nell’analisi»10.

L’esperienza germinale di Freud è interamente centrata intorno alla ricostruzione completa della storia delsoggetto. Questo è l’elemento essenziale, costitutivo, strutturale del progresso analitico. Per Freud si tratta

ogni volta della «comprensione completa del caso singolo»11. Ma, si chiede Lacan, «coglierlo nella sua

singolarità, cosa vuol dire?»12. Significa che l’essenza, il fondamento, la dimensione propria dell’analisi

stanno nella reintegrazione da parte del soggetto della propria storia fino ai suoi ultimi limiti sensibili, cioè

«fino a una dimensione che oltrepassa di molto i limiti individuali»13.

Questa dimensione è rivelata dall’accento messo da Freud in ciascun caso su punti essenziali da conquistare

attraverso la tecnica, su quelle che Lacan definisce come «situazioni della storia». La storia però non è il

passato. La storia è il passato nella misura in cui è storicizzato nel presente  – storicizzato nel presente

perché è stato vissuto nel passato. Il cammino della restituzione della storia del soggetto prende «la forma

1 J. Lacan, Il Seminario. Libro I. Gli scritti tecnici di Freud (1953-1954) , a cura di G. Contri, Einaudi,Torino 1975.2 Ivi , p. 4. Si tratta di Ernst Wihelm von Brücke (1819-1892), Ludwig Bolk , Hermann von Helmholtz (1821-1894) e PaulDu Bois-Reymond (1842-1923).3 Ibidem.

4 Ivi , p. 3.5 Ibidem.6 Ivi , p. 4.

7 Ivi , p. 5.

8Ivi , p. 6.

9 Ivi , p. 9.

10 Ivi , p. 13.11

 Ivi , p. 15.12 Ibidem.13 Ivi , p. 16.

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di una ricerca della restituzione del passato. Tale restituzione è da considerare l’obiettivo a cui le vie della

tecnica devono mirare»14.

Attorno al tema della restituzione del passato si pongono tutte quelle questioni che vertono sulla funzione

del tempo nella realizzazione del soggetto umano. La restituzione dell’integralità del soggetto si presenta

come una restaurazione del passato. Il rivissuto esatto non è l’essenziale. L’essenziale è la ricostruzione: «si

tratta meno di ricordarsi quanto di riscrivere la storia»15.

Tutto ciò, beninteso, è quello che si trova in Freud, ciò non vuol dire abbia ragione. Non occorre aspettare

la morte del fondatore della psicoanalisi per veder sorgere concezioni completamente differenti

dell’esperienza analitica. Ben presto infatti la pratica istituita da Freud è giunta a trasformarsi in un

maneggio della relazione analista-analizzato: si è iniziato a considerare l’analisi come una specie di scarica

omeopatica da parte del soggetto della propria apprensione fantasmatica del mondo, questa apprensione

fantasmatica deve, all’interno dell’esperienza attuale (che ha luogo nello studio dell’analista) ridu rsi,

trasformarsi, equilibrarsi in una certa relazione col reale. L’accento, diversamente da Freud, è posto sulla

trasformazione del rapporto fantasmatico in un rapporto “reale”.

Questa trasformazione della pratica analitica è dovuta, secondo Lacan, al modo in cui sono state accolte lenozioni che Freud ha introdotto con le tre istanze: l’id   (l’istanza primitiva, rappresentata dai fondamenti

biologici della personalità), l’ego  (l’istanza razionale e realistica) e il super-ego (che segue le leggi della

moralità e dell’etica). 

In particolare delle tre, quella che ha preso importanza preminente è l’ego, «attorno alla concezione

dell’ego ruota da allora tutto lo sviluppo della tecnica psicoanalitica ed è là che bisogna collocare la causa di

tutte le difficoltà, che l’elaborazione teorica di questo sviluppo della pratica pone»16.

Siamo di fronte a una lettura del «mito psicoanalitico», orientata a misurarne l’ampiezza della realtà con cui

si confronta e alla quale dà la sua risposta mitica. Quando poi si tratta della tecnica il problema è più

limitato ma molto più urgente:

La sostanziale assurdità del comportamento inter-umano non è comprensibile che in funzione di questo

sistema  *…+ che si chiama l’io umano, cioè quella serie di difese, negazioni, sbarramenti, inibizioni,

fantasmi fondamentali, che orientano e dirigono il soggetto. Allora la concezione teorica della nostra

tecnica, anche se non coincide con ciò che facciamo, ciononostante struttura e motiva perfino il più

piccolo dei nostri interventi presso i suddetti pazienti. *…+ Infatti ci permettiamo *…+ di fare intervenire il

nostro ego nell’analisi. Poiché si sostiene che si tratta di ottenere un riaddattamento del paziente al

reale, bisognerebbe pur sapere se è l’ego dell’analista a dare la misura del reale. *…+ U n certo modo di

concepire la funzione dell’ego nell’analisi non è senza rapporto con una certa pratica della psicoanalisi,

che si può qualificare come nefasta. *…+ Il complesso del sistema del mondo che ciascuno di noi ha, parlo

di quel sistema concreto che non ha bisogno di essere da noi formulato prima perché esista, che non èdell’ordine dell’inconscio ma che agisce nel modo in cui quotidianamente ci esprimiamo nella minima

spontaneità del nostro discorso, è qualcosa che nell’analisi deve effettivamente, sì o no, servire da

misura?17

 

Freud procedeva in una ricerca, che non è segnata dallo stesso stile delle altre ricerche scientifiche. Il

campo è quello della verità del soggetto. La ricerca della verità non è interamente riducibile alla

ricerca oggettiva, e pure oggettivante, del metodo scientifico comune. Si tratta della realizzazione

della verità del soggetto come di una dimensione propria che nella propria originalità deve essere

14 Ibidem.15

 Ivi , p. 18.16 Ivi , p. 19.17 Ivi , pp. 22-23.

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distinta dalla nozione stessa di realtà. Freud era impegnato nella ricerca di una verità che interessava

totalmente lui stesso fin nella sua persona e quindi nella presenza di fronte al malato, nella sua

attività di terapeuta. È indubbio che l’analisi come scienza è sempre una scienza del particolare, la

realizzazione dell’analisi è sempre un caso singolare, ma l’esperienza analitica con Freud rappresenta

la singolarità portata al suo estremo, per il fatto che egli stava costruendo e verificando l’analisi

stessa.

Siamo di fronte a un tentativo, da parte di Lacan, di applicare alla analisi stessa lo schema che essa ci

ha insegnato, per uscire dall’ impasse, mentale e pratica, nella quale essa sfocia a partire dalle

rielaborazioni che si vennero a produrre, come detto, già da quando il capostipite di tale scienza era

ancora in vita. Occore insomma sottomettere l’analisi allo schema operativo suo proprio, che

«consiste nel leggere nelle differenti fasi della sua elaborazione teorico-tecnica qualcosa che procede

nella riconquista da parte del soggetto della realtà autentica dell’inconscio»18. 

La tecnica non vale né può valere che nella misura in cui comprendiamo dov’è la questione

fondamentale per l’analista che l’adotta. Si intende parlare dell’ego come dell’alleato dell’analista,

come l’unica fonte di conoscenza. Anna Freud, Fenichel ripetono che nell’analisi non ci si rivolge cheall’io, non si comunica con nessun altro se non con l’io, tutto insomma deve passare attraverso l’io. E

d’altra parte questa psicologia dell’io è riassumibile in questi termini: l’io è strutturato esattamente

come un sintomo. Non è altro che un sintomo privilegiato all’interno del soggetto. È il sintomo

umano per eccellenza, la malattia mentale dell’uomo. Così potremmo riassumere L’ Io e i meccnaismi 

di difesa di Anna Freud. Tuttavia, come sottolinea Lacan, il catalogo dei meccanismi di difesa, che

costituisce l’io, è la lista più eterogenea che si possa concepire. L’ambiguità riguardo alla concezione

dell’ego sorge da qui: «il quale sarebbe tutto ciò a cui si accede, benché non sia per altro che una

sorta di ostacolo, di atto mancato, di lapsus»19.

Fenichel parla dell’ego come di una funzione attraverso la quale il soggetto apprende il senso delle

parole. Ma si tratta di sapere se «il senso dell’ego deborda l’io*moi+ »20, in caso contrario l’id e l’egoandrebbero a coincidere. L’ego infatti secondo Lacan è preso nel linguaggio, il cui ruolo è formatore.

Occorre fare chiarezza su ciò che intendiamo con ego: «Noi siamo qui per vedere cosa significa

l’evocazione della nozione di ego da un capo all’altro dell’opera di Freud»21.

Il primo spunto per affrontare la questione sorge con il momento della resistenza. Durante la lezione

del 20 gennaio 1954 Lacan interrompe la relazione di Didier Anzieu22 su Studi sull’isteria23:

18 Ivi , p. 30.19

 Ivi , p. 20.20 Ivi , p. 21. Il testo francese distingue regolarmente moi , funzione storica, provvista di uno sviluppo, da je, funzione

grammaticale, parte del discorso, contrapposta a vous.21 Ivi , p. 30.22

 Didier Anzieu fa parte dei cosiddetti neofreudiani e all’epoca della scissione interna alla Société de phycoanalytiquede France si schiera tra le fila degli “ortodossi” criticando le rielaborazioni di alcuni studiosi tra i quali lo stesso Lacan.Con Laganche, Laplanche e Pontalis costituirà l’Association psycoanalytique de France. Il dott. Anzieu inoltre è il figlio

della signora Aimée alias Marguerite Pantaine, della quale abbiamo già narrato le gesta nel secondo

capitolo. 23 S. Freud, Opere. 1. Studi sull’isteria e altri scritti (1886-1895), Bollati Boringhieri, Torino 2009. Il passo degli Studi  citato da Anzieu non è riportato all’interno della lezione, ma leggendo il commento che ne fa Lacan si hanno buoneragioni di credere che sia il seguente: Freud esemplifica la differenza tra l’isteria traumatica monosintomatica e unanevrosi isterica grave, mentre la prima è come un organismo elementare, un essere monocellulare, la seconda ha unastruttura più complessa: «Il materiale psichico di una tale isteria si presenta come una formazione pluridimensionale,

a stratificazione per lo meno triplice. *…+ Esiste anzitutto un nucleo di ricordi (di esperienze o sequenze di pensieri),nei quali il fattore traumatico è culminato o l’idea patogena ha trovato la sua più pura manifestazione. Attorno aquesto nucleo si trova una quantità spesso incredibilmente ricca di altro materiale mnestico, che deve essereelaborato nell’analisi, disposto, come ho detto, in tre modi. È anzitutto evidente una disposizione cronologica lineare,

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Recuperare cit. 27.

«Se c’è qualcosa che costituisce l’originalità del metodo analitico, è proprio l’aver percepito

all’origine e di primo acchito il rapporto problematico del soggetto con se stesso. La trov ata

propriamente detta, la scoperta intesa nel senso in cui ve l’ho esposta all’inizio di quest’anno, è

d’aver messo in connessione questo rapporto col senso dei sintomi. È il rifiuto di questo senso da

parte del soggettoa porgli un problema. Questo senso non gli devee essere rivelato ma deve essere

assunto dal soggetto. In questo la psicoanalisi è una tecnica che rispetta la persona umana  – nel

senso in cui l’intendiamo oggi, dopo esserci accorti che aveva il suo prezzo – una tecnica che non

solamente la rispetta ma che non può funzionare altrimenti che rispettandola»24.

«Il centro di gravità del soggetto è questa sintesi presente del passato, che si chiama storia. È su

questo che noi confidiamo quando si tratta di far procedere il lavoro. È questo che l’analisi supponealla sua origine. *…+ Basta? No, beninteso, non basta. La resistenza del soggetto si esercita senza

dubbio su questo piano ma si manifesta in un modo curioso». P. 45

che si realizza all’interno di ogni singolo tema. Come esempio di essa cito le disposizioni nell’analisi di Anna O. fatta daBreuer. Prendiamo il tema del diventar sordi, del non udire. Questo tema di differenzia secondo sette condizioni, esotto ogni interstazione erano raccolti da dieci fino a oltre cento ricordi singoli in successione cronologica (pp. 202 sg.).Era come se si svuotasse un archivio tenuto in buon ordine. Nell’analisi della mia paziente Emmy von N. sonocontenuti analoghi fascicoli di ricordi, anche se non altrettanto numerati e descritti. Essi costituiscono però un fattodel tutto generale in ogni analisi e si presentano ogni volta in un ordine cronologico, altrettanto sicuro dell’ordine disuccessione dei giorni della settimana o dei nomi dei mesi per la persona mentalmente normale, e rendendo difficile illavoro dell’analisi per la loro particolarità di invertire, nella riproduzione, l’ordine di successione originario;l’esperienza più recente, più fresca del fascicolo viene per prima come “copertina”, e la fine è data daquell’impressione con la quale in realtà la serie è incominciata. Ho indicato il raggruppamento di ricordi omogenei inuna pluralità linearmente stratificata (quale si ha n el fascicolo di una pratica d’archivio, in un pacco di documenti, ecc.)come formazione di un tema. Questi temi tuttavi presentano un secondo tipo di disposizione: essi sono, non sapreiesprimermi altrimenti, stratificati concentricamente attorno al nucleo patogeno. Non è difficile dire che cosacostituisca questa stratificazione, e secondo quale grandezza, decrescente o crescente, questa disposizione si produca.

Sono strati di uguale resistenza, crescente nella direzione del nucleo; e quindi zone di uguale modificazione dellacoscienza, e in cui si estendono i singoli temi. Gli strati più periferici contengono, dei vari temi, quei ricordi (o fascicoli)che si rammentano facilmente e sono sempre rimasti chiaramente coscienti; più si va nel profondo, più difficilmente iricordi che emergono vengono riconosciuti, sinché in prossimità del nucleo s’incontrano quei ricordi che il paziente,anche riproducendoli, rinnega. È questa particolarità della stratificazione concentrica del materiale psichico patogenoche, come vedremo, conferisce allo svolgimento di queste analisi i suoi caratteri tipici. Ora va menzionato ancora unterzo tipo di disposizione, il più essenziale, e su cui è più difficile dire qualcosa di generale. È la disposizione secondo ilcontenuto di pensiero, il legame dato dal filo logico che giunge fino al nucleo e che tende a segnare una propria via, inogni caso diversa, irregolare e tortuosa. Questa disposizione ha un carattere dinamico, in contrasto con quellomorfologico delle due stratficazioni sopra indicate. Mentre queste ultime potrebbero essere rapprentate in unoschema spaziale con linee continue, curve e rette, l’andamento del concatenamento logico dovrebbe essere indicatocon una linea a tratti, che passasse per le vie più ingarbugliate dagli strati superficiali a quelli profondi e viceversa,

avanzando tuttavia in genere dalla perifieria verso il nucleo, e che dovesse in tal modo toccare tutte le stazioni, allostesso modo come lo zigzagare delle mosse del cavallo, nella soluzione di un problema, tagli i riquadri di unascacchiera» (ivi, pp. 424-425).24 Ivi , p. 36.