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1 Università Mediterranea degli Studi di Reggio Calabria Facoltà di Architettura CdL CEGA Appunti del corso di SISTEMI IMPIANTISTICI E SICUREZZA IMPIANTI TERMICI – PARTE I Docenti: R. Carbone, F. Nicoletti

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Università Mediterranea degli Studi di Reggio Calabria

Facoltà di Architettura

CdL CEGA

Appunti del corso

di

SISTEMI IMPIANTISTICI E SICUREZZA

IMPIANTI TERMICI – PARTE I

Docenti:

R. Carbone, F. Nicoletti

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L’AMBIENTE TERMICO

INDICE

1. L’EQUAZIONE DI BILANCIO ENERGETICO DELL’ORGANISMO

2. GLI AMBIENTI TERMICI MODERATI

3. GLI AMBIENTI CALDI

4. QUALITÀ DELL’ARIA IN AMBIENTI CIVILI

5. GLI IMPIANTI TERMICI

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L’EQUAZIONE DI BILANCIO ENERGETICO DELL’ORGANISMO L’ambiente termico è l’ambiente di lavoro del personale, con particolare riferimento alla condizione termica dell’organismo e quindi ai flussi termici ed alle grandezze termiche che interessano il corpo (sensazione di caldo o di freddo). L’uomo viene considerato come un sistema energetico separato dall’ambiente,

soggetto a flussi di energia entranti ed uscenti e capace di trasformare energia in conseguenza di reazioni chimiche esoergoniche legate al metabolismo. Per definire l’equazione di bilancio energetico dell’organismo, occorre introdurre la simbologia appropriata e fare alcune considerazioni. M dispendio energetico di origine metabolica; W lavoro meccanico prodotto sull’esterno; C il calore scambiato per convezione; I il calore scambiato per irraggiamento; K il calore scambiato per conduzione; Cres il calore sensibile ceduto per mezzo della respirazione; Eres il calore latente ceduto a causa delle respirazione; Ev l’energia perduta per l’evaporazione del sudore presente sulla

superficie corporea (traspirazione/sudorazione); S un termine di accumulo energetico.

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Si formulano, inoltre, le seguenti due considerazioni:

1. relativamente al sistema organismo, vengono considerati, • positivi i flussi energetici entranti, • negativi quelli uscenti;

2. i flussi, infine, vengono definiti per unità di tempo e di superficie corporea (W/m2). L’equazione di bilancio energetico dell’organismo,

M + W + C + I + K + Cres + Eres + Ev = S In base all’equazione del bilancio energetico si determinano condizioni di equilibrio termico quando la sommatoria del primo membro risulta nulla; quando, al contrario, risulti positiva o negativa si registrerà un accumulo positivo o negativo di calore con conseguente aumento o diminuzione di temperatura del nucleo corporeo.

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QUINDI: Se S > 0 IL CORPO TENDE AD AUMENTARE LA PROPRIA TEMPERATURA SE S < 0 IL CORPO TENDE A DIMINURIRE LA PROPRIA TEMPERATURA L’organismo, inoltre, è dotato di un meccanismo interno di termoregolazione, che tende a modificare le singole grandezze espresse dai termini dell’equazione in modo tale da opporsi al verificarsi di un valore non nullo di S. In sostanza, l’organismo reagisce sempre in modo tale da tendere a ristabilire - per quanto possibile - le condizioni di equilibrio termico espresse da una situazione in cui si abbia S = 0.

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La equazione di bilancio energetico è funzione di sette parametri:

• 4 di carattere ambientale • 3 di carattere personale

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I 4 fattori di carattere ambientale sono i seguenti:

1. La temperatura dell’aria Ta, calcolata in prossimità della superficie del soggetto, in corrispondenza di altezze diverse così da definire un valore medio.

2. La temperatura media radiante Tr, che riconduce la valutazione dello scambio alla valutazione di una sola grandezza, tale da riassumere l’effetto complessivo dell’ambiente sul soggetto, e funzione della differenza di temperatura e dei fattori di forma, cioè della geometria dell’interazione uomo - ambiente. Tale grandezza è definita considerando l’ambiente come ideale, nel quale, cioè, tutte le pareti hanno la stessa temperatura ed emissività pari ad uno (pareti nere).

La temperatura media radiante di un ambiente reale è pari a quella dell’ambiente virtuale tale che lo scambio per irraggiamento risulti uguale a quello del caso reale ; in sostanza: è la temperatura delle pareti di un ambiente virtuale in cui lo scambio per irraggiamento a carico del soggetto considerato risulti equivalente a quello che si verifica nell’ambiente reale.

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L’irraggiamento I può esprimersi per mezzo della seguente :

I = h · (Tr-Ts)

Tr = temperatra media radiante Ts = temperatura cutanea (skin) in cui (Tr-Ts) è la differenza tra la temperatura media radiante e la temperatura cutanea ed h è un opportuno coefficiente di scambio. Esiste uno strumento in grado di semplificare la procedura, il cosiddetto globo nero, costituito da un bulbo la cui temperatura è agevolmente correlabile alla temperatura media radiante Tr, quando si siano raggiunte condizioni di regime.

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GLI ALTRI DUE PARAMETRI AMBIENTALI:

3. l’umidità dell’aria UR. Tale parametro condiziona l’evaporazione dell’acqua presente negli alveoli polmonari o sotto forma di sudore a livello cutaneo.

4. la velocità relativa dell’aria v che influenza gli scambi energetici fra l’uomo e l’ambiente.

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i 3 fattori di carattere personale:

1. Il dispendio metabolico M, è correlato all’attività fisica e rappresenta la quantità di energia consumata dall’organismo sull’unità di tempo e per unità di superficie corporea. Esso può valutarsi ricorrendo alle tabelle esistenti che danno il valore del dispendio metabolico per le diverse attività fisiche.

Viene normalmente valutato con una particolare unità di misura,

il MET è equivalente a 58,2 W/m2

(1 MET = 58,2 W/m2 corrisponde al metabolismo di un soggetto seduto in condizione di riposo).

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La tabella del dispendio metabolico M per diverse attività: Tale grandezza influenza lo scambio energetico di un materiale con l’ambiente per irraggiamento e, a parità di radiazione, coincide con il potere assorbente. L’emittanza, altresì, rappresenta l’energia scambiata per irraggiamento. TABELLA Dispendio Metabolico per diverse attività Attività W/m2 MET riposo 46 0,8

seduto 58 1,0

in piedi 70 1,2

lavoro d’ufficio 70 1,2

lavoro legg. in piedi 93 1,6

attività moderata 116 2,0

attività pesante 165 2,8

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2. L’isolamento termico del vestiario Iv, prevalentemente funzione dello strato d’aria intrappolato stabilmente tra le fibre e tra il vestiario indossato e lo strato superficiale corporeo.

Viene utilizzata una specifica unità di misura, il CLO, che è pari a 0,155 m2°C/W (unità di misura dellaresistenza termica)

(1 CLO = 0,155 m2 °C/W), all’incirca pari all’isolamento di un abito invernale da interno.

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La Tabella dei valori di isolamento termico per alcune tipologie di abbigliamento Isolamento termico Abbigliamento m2°C/W CLO pantaloncini 0,015 0,1 pantaloncini, camicia a maniche corte, calzini leggeri e sandali 0,045 0,3

abbigliamento leggero estivo 0,08 0.5

abbigliamento Da lavoro leggero 0,11 0,7

abbigliamento invernale 0,16 1,0

abbigliamento pesante 0,23 1,5

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3. rendimento meccanico dell’attività svolta, η:

η = W / M W, lavoro meccanico prodotto sull’esterno; Tale valore risulta non facilmente valutabile sul campo. Viene solitamente valutato facendo riferimento a tabelle; comunque, in generale, risulta essere minore di 0,1

η < 0,1

…per produrre 1 unità di lavoro sull’ambiente esterno, l’organismo necessita di 10 unità energetiche.

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Altri parametri da prendere in considerazione, di carattere fisiologico: sono: la temperatura cutanea media Tsk la frazione di superficie corporea bagnata dal sudore, che risultano importanti al fine di valutare il rapporto ambiente-sensazione termica. Il sistema di termoregolazione dell’uomo è estremamente efficace; spesso è possibile garantire l’omeotermia ma, occorre aggiungere energia, non è detto che ciò sia compatibile con la tutela della salute o del benessere.

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LE CONDIZIONI DI BENESSERE E SALUTE ….SOTTO IL PROFILO TERMICO La considerazione delle condizioni di benessere e di salute per l’organismo umano, sotto il profilo termico, si può schematizzare come l’effetto dell’esposizione di un soggetto ad un agente calore e le conseguenze di questa esposizione. Il calore scambiato fra l’uomo e l’ambiente circostante, infatti, può essere considerato alla stregua di un agente inquinante a(t). Sia, dunque, a(t) la quantità di inquinante assorbita all’istante t; si definisce dose, D, di inquinante assorbita la somma di tutte le quantità a(t), riferite ad istanti successivi, in un prefissato intervallo di tempo, da un istante iniziale t = 0 ad un istante t. La dose di inquinante assorbita, dunque, può esprimersi per mezzo della seguente equazione:

D = a( t) Δt (se a(t) è costante nell’intervalo di tempo , altrimenti dobbiamo pensare ad un integrale) Alla luce delle osservazioni precedenti, è anche possibile individuare un diagramma ove siano evidenziate le diverse conseguenze dell’esposizione all’agente a(t) per un certo intervallo di tempo Δt (vedi Figura ).

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Se l’esposizione risulta limitata nel tempo (zona 1 del diagramma), la dose di agente assorbita risulta limitata e gli effetti sono trascurabili: si può ragionevolmente affermare che l’ambiente in cui si trova a dover soggiornare il soggetto è confortevole.

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Se l’esposizione è superiore, la dose accumulata determina nell’organismo umano conseguenze spiacevoli ma, comunque, reversibili. L’ultimo caso è quello di un’esposizione particolarmente prolungata con assorbimento di dosi massicce di inquinante che conducono ad effetti irreversibili nel corpo umano. E’ evidente che tali considerazioni sono relative al tipo di inquinante preso in considerazione, nel senso che gli intervalli di tempo si dilatano o restringono a seconda della pericolosità dell’agente considerato.

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CONVIVERE CON L’INQUINAMENTO… Convivere con un certo livello di inquinamento, d’altronde, in particolare modo negli ambienti di lavoro, sembra essere una condizione ineliminabile per l’attuale livello di industrializzazione; la schematizzazione precedente, dunque, risulta efficace in generale come anticipato. L’analisi di un ambiente termico può anche essere effettuata per mezzo di indici microclimatici relativi a diversi tipi di ambiente che, in generale, vengono classificati come caldi, moderati, o freddi.

Tali definizioni discendono dal modo in cui il sistema di termoregolazione dell’organismo umano viene sollecitato, possono essere di benessere o di stress. I primi hanno come fine la tutela del benessere i secondi la tutela della salute. Gli indici possono essere razionali, se discendono dall’applicazione dell’equazione di bilancio termico dell’individuo, o empirici, se sono basati su grandezze che possono essere considerate ben rappresentative della situazione di esposizione.

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GLI AMBIENTI TERMICI MODERATI Si considerino i requisiti essenziali per un indice razionale di tutela del benessere in ambienti moderati, oggetto della norma ISO 7730. Esistono tre condizioni fisiologiche fondamentali per il benessere in un ambiente termico moderato:

1) S = 0, cioè a dire il termine di accumulo dell’equazione di bilancio energetico deve essere nullo;

2) modeste variazioni della temperatura media cutanea, comunque contenute nell’intorno del valore individuato per mezzo della successiva

equazione ed Espresso in °C Tsk = 35,7 - 0,028·M·(1− η)

3)

4) scambio termico per sudorazione compreso in un intorno ristretto del valore espresso per mezzo della

Es = 0,42·[M·(1− η)−58]

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Un individuo per trovarsi in condizioni di benessere in un ambiente termicamente moderato, dunque, deve essere in condizioni di equilibrio (S = 0) ed avere la temperatura cutanea media e lo scambio per sudorazione contenuti e legati al dispendio metabolico dell’organismo M.

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SCALA DI VALUTAZIONE DELLA SENSAZIONE TERMICA La valutazione della sensazione termica in un ambiente moderato può essere effettuata sulla base della scala seguente:

- molto caldo - caldo - leggermente caldo - neutro - fresco - freddo - molto freddo.

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IL CARICO TERMICO Per individuare un legame fra la sensazione termica e l’ambiente in cui si soggiorna, si definisce il carico termico (CT) . Il carico termico CT è la differenza tra due potenze termiche : la potenza termica ceduta da un soggetto in condizioni reali e quella che cederebbe se fosse in condizioni di benessere. In altri termni: la differenza tra 1 ) la potenza termica che un generico soggetto – in condizioni di omeotermia - cede all’ambiente per rimanere in tali condizioni e 2) la potenza termica che cederebbe nello stesso ambiente se fosse in condizioni di benessere termico.

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La potenza netta che l’operatore deve cedere per mantenersi omeotermo è valutata in base alla seguente

b = M (1 - η) = M - W che esprime la differenza fra il dispendio metabolico occorrente a realizzare un certo lavoro W sull’ambiente esterno e questo lavoro, appunto (si rammenta che, in generale, è η < 0,1) La potenza termica che verrebbe ceduta in condizioni di benessere termico è data dalla:

a = C + I + Ev + Cres + Eres

Tali grandezze sono negative quando indicano un flusso energetico uscente dall’organismo (positivo se il flusso energetico è entrante)

Il valore del carico termico, dunque, è dato dalla seguente equazione:

CT= a + b e risulta essere:

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sensazione di caldo se è CT > 0 sensazione di freddo se se è CT < 0 sensazione neutra se è CT=0.

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L’EQUAZIONE DI FANGER Mediante un’equazione ricavata da Fanger sulla base di una esperienza sperimentale, è possibile passare dal CT al cosiddetto PMV predicted mean vote (“voto medio prevedibile”, in italiano), cioè a dire il voto medio che un’ampia popolazione di individui esprimerebbe per la situazione microclimatica in cui si trova:

PMV = CT·(0,303·e(−0,036·M)+0.028)

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La Tabella seguente mostra la votazione prevista dal Fanger per la sua esperienza.

Sensazione termica Voto

molto freddo - 3 freddo - 2 fresco - 1 sensazione neutra 0 leggermente caldo + 1 caldo + 2 molto caldo + 3

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Il PMV, però, spesso non è sufficiente a dare una previsione accurata del livello di soddisfazione della popolazione in un certo ambiente.

Si rende necessario, quindi, introdurre un altro indice: il PPD Predicted Percentage of Dissatisfied, il quale esprime la percentuale prevedibile degli insoddisfatti per un assegnato valore di PMV. I valori del PMV e del PPD possono essere considerati come parametri di progetto, richiedendo che un qualsivoglia impianto, sia di condizionamento sia di riscaldamento, realizzi a centro ambiente un PMV pari a zero. Normalmente il modo più corretto è quello di implementare tale criterio al calcolatore. Le grandezze appena viste trovano applicazione, tra l’altro, in alcuni diagrammi, che consentono di individuare rapidamente le condizioni di benessere.

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Una volta fissati il dispendio metabolico e l’isolamento termico del vestiario, tali diagrammi mostrano la temperatura operativa ottimale, considerata per ipotesi la media aritmetica tra la temperatura dell’aria e la temperatura media radiante. Nel caso di ambienti dove le sorgenti radianti sono poco importanti la temperatura operativa coincide - praticamente - con la temperatura dell’aria. E’ stato dimostrato che, nel caso di ambienti moderati, l’umidità dell’aria è poco rilevante ai fini della valutazione delle condizioni di benessere. Ampie oscillazioni del suo valore influiscono poco sul benessere. E’ sconsigliabile, d’altra parte, scendere al di sotto del 30% di umidità relativa, valori in corrispondenza dei quali potrebbero infatti insorgere disturbi che, normalmente, si manifestano con problemi di secchezza delle fauci o bruciore agli occhi.

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Al fine di non rendere malsano l’ambiente, inoltre, è anche sconsigliabile superare un valore di umidità relativa superiore al 70%, che potrebbe favorire il manifestarsi di altri inconvenienti, come la formazione di muffe, etc. Le esperienze condotte dal Fanger, e quindi l’introduzione dei parametri PMV e PPD, hanno consentito di modellizzare appropriatamente gli ambienti termici moderati. Prima di concludere la trattazione di questi, però, è opportuno sottolineare che esiste quasi sempre uno scostamento fra il PPD teorico e quello reale. Generalmente, la differenza riscontrabile tra valori reali, riscontrati ad esempio con interviste, e quelli del PPD teorico è giustificabile in considerazione di due diversi gruppi di fattori: • fattori di carattere psicologico ed organizzativo; possono essere dovuti a traslochi, ristrutturazioni, cambiamenti dell’organizzazione aziendale, installazione di videoterminali all’interno di ambienti non idonei, etc. • fattori di carattere termico; i quali, ad esempio, condizionano fortemente la sensazione ma non vengono considerati nel criterio menzionato, che ha come riferimento principale quello del bilancio termico complessivo. Esistono, infine, fenomeni come le correnti d’aria, che, se influenzano solo marginalmente il bilancio complessivo dell’organismo, in realtà condizionano fortemente la sensazione termica. Per questo motivo oltre al PMV ed al PPD occorre, negli ambienti moderati, considerare sempre le cause ulteriori di disagio.

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4. GLI AMBIENTI CALDI

Un ambiente viene considerato caldo quando tende a far aumentare la temperatura del nucleo corporeo sollecitando il sistema di termoregolazione con un conseguente aumento della circolazione sanguigna a livello della cute e successiva emissione del sudore che evapora. L’insieme di questi eventi determina un aumento della frequenza cardiaca, provocando un conseguente aumento del carico del sistema cardiocircolatorio. Qualora le misure ambientali non risultassero sufficienti a valutare un ambiente caldo, vengono rilevate misure di carattere fisiologico tra cui quella della frequenza cardiaca e dell’emissione di sudore. Se la quantità di acqua e, quindi, di sali emessi risultasse eccessiva potrebbero determinarsi anche scompensi a carico dell’apparato digestivo. Se la portata di sudore richiesta dall’organismo per fare fronte all’eccessivo caldo fosse eccessiva, l’organismo potrebbe non essere in grado di realizzarla e la temperatura del nucleo corporeo potrebbe aumentare con conseguente deterioramento delle cellule. Il cosiddetto colpo di caldo è un classico esempio di aumento non controllato della temperatura del nucleo corporeo.

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Le principali indicazioni normative tendono ad impedire che la temperatura del nucleo corporeo aumenti oltre un grado centigrado rispetto al valore ottimale. Gli ambienti caldi sono, solitamente, ambienti industriali nei quali si verificano tipiche condizioni quali: • elevate temperature; • elevata umidità; • sorgenti radianti molto intense. Frequentemente, in questi ambienti si generano - tra l’altro - correnti d’aria.

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CRITERIO DI VALUTAZIONE DEGLI AMBIENTI CALDI Il criterio adottato per questo tipo di ambienti è quello relativo alla norma ISO 7243, basato sul cosiddetto indice WBGT, Wet Bulb Globe Temperature. La WBGT è una SORTA di temperatura media tra le due temperature, del bulbo umido a ventilazione naturale (Tbu) e del globo nero (Tg). L’indice WGBT può essere espresso per mezzo di due relazioni, utilizzabili in condizioni differenti: • in assenza di radiazioni solari, prevalentemente per ambienti esterni, risulta essere

WBGT = 0,7·tbu + 0,3·tg • in presenza di radiazione solare, e ancora in ambienti esterni è:

WBGT = 0,7·tbu + 0,2·tg + 0,1ta ove ta è la temperatura ambiente.

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L’indice WBGT è stato messo a punto all’inizio del secolo con riferimento alle esposizioni dei soldati americani nel deserto, avendo l’obiettivo di ridurre il numero di colpi di calore cui erano soggetti durante le marce. TERMOMETRO A BULBO UMIDO La Tbu è la temperatura misurata per mezzo di un opportuno sensore, il termometro a bulbo umido a ventilazione naturale, costituito da un bulbo termometrico rivestito di una guaina di materiale idrofilo, tenuta immersa in una vaschetta contenente acqua distillata. Esso scambia calore con l’aria ambiente per irraggiamento, per convezione e per evaporazione dell’acqua che imbeve la guaina idrofila. In conseguenza di questi scambi, a regime, il bulbo raggiunge una certa temperatura proprio in dipendenza delle condizioni di temperatura, di ventilazione, di umidità e di irraggiamento termico in quel punto dell’ambiente.

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GLOBOTERMOMETRO Il globo nero è l’altro sensore occorrente a valutare il parametro WBGT. Esso consiste di una sfera cava, dello spessore di pochi decimi di millimetro, di materiale metallico, riempita d’aria e sigillata, dipinta di nero così da conferirgli un’elevata emissività. All’interno del globo è posizionato un bulbo termometrico che misura la temperatura dell’aria contenuta all’interno del globo, in definitiva la temperatura del globo nero. Il globo in questione scambia calore con l’ambiente solamente per radiazione e per convezione. Il coefficiente di scambio termico convettivo dipende da una parte dalla velocità dell’aria , e dall’altra dal diametro del bulbo termometrico. Pertanto, bulbi con diametri diversi assumono temperature diverse a parità di condizioni microclimatiche. L’indice WGBT in uno stesso punto, dunque, assumerebbe valori diversi. Si è ritenuto, pertanto, opportuno usare un bulbo di dimensioni standard che approssimi al meglio il corpo umano, in relazione al rapporto tra scambi radiativi e convettivi; il valore del diametro ottimale è stato stimato essere pari a 15 cm. Questo indice, in definitiva, risulta esser sufficientemente attendibile.

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Esso non considera le grandezza personali come l’isolamento termico del vestiario ed il dispendio metabolico e la norma ISO specifica che i valori limite forniti possono essere usati solo per un individuo vestito in modo leggero. Il dispendio metabolico viene preso in considerazione attraverso valori limite dell’indice WBGT espressi in gradi centigradi. Un individuo è considerato acclimatato quando risulta esposto all’ambiente caldo da almeno sette giorni. Gli ambienti industriali sono normalmente ventilati ed i valori della WBGT da assumere sono più elevati. E’ molto difficile in questo tipo di ambienti, inoltre, poter ritenere costante il dispendio metabolico o il valore WBGT. L’operatore, infatti, risulta spesso in moto ed occupato in attività diverse. Normalmente, allora, si prende in considerazione valori medi della WGBT.

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Ambienti freddi Gli ambienti freddi possono essere di vario tipo ma, innanzi tutto occorre distinguere tra gli ambienti di lavoro freddi dei paesi nordici dagli ambienti freddi, ma più moderati, cui farà riferimento la nostra analisi. Si considerano ambienti freddi quelli nei quali le temperature possono essere dell’ordine di qualche decina di gradi inferiori allo zero, cioè -25 °C, -30°C, -40°C. In questi ambienti si può registrare una moderata e lenta ipotermia (tendenza generale del corpo a diminuire la propria temperatura media), cui è normalmente associata una perdita di destrezza manuale. Verranno presi in considerazione ambienti di lavoro freddi che soddisfano le seguenti condizioni: • temperatura operativa top = - 30 ± + 10 °C • velocità dell’aria va = 0 ± 0, 5 m/s. Non esiste, di solito, un unico intervento risolutivo per consentire di fare fronte a condizioni ambientali così severe e stringenti.

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E’ necessario, quindi, muoversi verso più direzioni: Vestiario I meccanismi di termoregolazione fisiologici hanno una potenzialità limitata, è invece molto importante indossare un idoneo vestiario. Infatti, piccole variazioni nell’ambito delle scelte degli indumenti hanno grandissima influenza nel campo del benessere termico. Climatizzazione locale Se l’ambiente è freddo per esigenze tecnologiche, esso, evidentemente, deve rimanere freddo. In questi casi, è possibile riscaldare creando condizioni climatiche locali che permettano all’operatore di raggiungere una condizione accettabile, nonostante l’ambiente. Provvedimenti diversi Si dovrà prestare particolare cura ed attenzione al raffreddamento delle mani e dei piedi; a tale scopo esistono diversi mezzi che consentono di ovviare a tali inconvenienti.

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Come si è detto, relativamente agli ambienti freddi, il meccanismo principale di termoregolazione è funzione del vestiario. Il criterio si basa sull’equazione di bilancio termico con riferimento all’equilibrio termico e determina quei valori del livello di isolamento relativi al vestiario che annullano il primo membro dell’equazione nello specifico ambiente: E(Iv) + M + W + C(Iv) + I(Iv) + Cres + Eres =0 In questa equazione, come si può constatare, il vestiario interviene sia nello scambio per convezione ed evaporazione del sudore, sia nello scambio per irraggiamento. L’equazione può essere risolta assumendo come incognita proprio l’isolamento termico del vestiario: il valore che si ottiene è quello richiesto.

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La equazione di sopra può anche essere risolta con due condizioni al contorno: 1. Considerando un individuo in condizioni di neutralità termica, il valore di isolamento determinato è quello necessario a determinare neutralità termica ed omeotermia. L’isolamento è detto, allora, ottimale. Analiticamente la suddetta condizione viene realizzata inserendo nell’equazione di bilancio termico una temperatura cutanea espressa per mezze della seguente: tsk = 35,7 - 0,027 M Relativamente allo scambio termico per sudorazione, si assume una frazione di area bagnata pari al 25% del corpo.

2. Considerando un individuo avente una moderata sensazione di freddo, si determina un isolamento definito minimo. La temperatura cutanea è assunta pari a: tsk = 30 °C, in condizioni di assenza di sudorazione con W=0,06.

Questo metodo, in definitiva, consente di pervenire a due valori adottabili, uno massimo ed uno minimo. Il valore dell’isolamento del vestiario determinato potrà essere adottabile, se possibile si adotta quello ottimale o, almeno, quello minimo, o sarà necessario limitare l’esposizione. Il tempo limite di esposizione verrà valutato considerando una diminuzione della temperatura corporea compatibile con le esigenze del fisico. Nel caso in cui l’isolamento termico del vestiario reale sia

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inferiore all’isolamento minimo si tollera una diminuzione del contenuto termico del corpo Q fino a 40 Wh/m2 che corrisponde ad una variazione di temperatura del corpo di circa 0,6 ± 0,7 °C. La durata limite dell’esposizione si valuta, allora, considerando il rapporto fra il valore limite Q individuato ed il termine di accumulo S desunto dall’equazione di bilancio termico dell’organismo: D = Q / S con Q = - 40 Wh/m2. Dopo aver superato il tempo limite di esposizione, l’operatore dovrà essere allontanato dall’ambiente in cui opera per essere inserito in un ambiente ben climatizzato per poter recuperare.

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5. QUALITÀ DELL’ARIA IN AMBIENTI CIVILI

Il concetto di qualità dell’aria è relativo all’idoneità dell’aria ed alla sua utilizzazione in ambienti umani; oltre a caratteristiche di idoneità essa deve avere caratteristiche di “piacevolezza”. Le sorgenti inquinanti possono essere di natura artificiale (umana), o naturale (ad es. vulcanica). Il concetto di aria pura non coincide con quello di aria naturale. L’aria pura è definita come aria non inquinata da alcun tipo di sorgente, né artificiale né naturale. L’aria secca è definita in base alla seguente composizione: 4/5 N2 + 1/5 O2 + Argon +CO2 + altre sostanze in cui si ha, in volume, azoto 78 % ossigeno 21 % argon 1 % anidride carbonica 0,033 %.

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LA QUALITA’ DELL’ARIA La qualità dell’aria ambiente è riferita allo standard ASHRAE n°62 (1989). Metodo di controllo Due sono le metodologie di controllo della qualità dell’aria: una indiretta, l’altra diretta. La prima, più utilizzata, assicura adeguate portate d’aria di rinnovo. Il controllo avviene in modo indiretto nel senso che non vengono rilevate le concentrazioni di inquinante e si presume che, assicurando un’adeguata portata di aria pura, automaticamente le concentrazioni che si vengono a realizzare nell’ambiente siano adatte. La seconda metodologia di controllo prevede una misura diretta o addirittura un monitoraggio degli ambienti.

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Metodo indiretto Nel caso della prima metodologia, più utilizzata, lo schema di riferimento è quello del bilancio di massa per un inquinante in un ambiente. Schematizzato l’ambiente come un sistema interessato da una emissione di inquinante al suo interno, ed indicata con q la potenzialità delle sorgenti inquinanti presenti nell’ambiente espressa in Kg/h, sia: Q, la portata d’aria di rinnovo immessa nell’ambiente espressa in m3/h; Ce, la concentrazione di inquinante presente nell’aria entrante in kg/m3; Cu, la concentrazione di inquinante nell’aria uscente in kg/m3; Ci, la concentrazione di inquinante nell’ambiente oggetto del monitoraggio in kg/m3. L’ambiente, dunque, è interessato dall’ingresso di aria in portata pari a Q, anche tale aria potrà portare al suo interno una certa quantità di inquinante, proprio quello di cui si sta valutando la presenza nell’ambiente, ad esempio anidride carbonica. La concentrazione di inquinante nell’aria esterna è indicata con Ce.

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Il flusso di aria uscente dall’ambiente ha una portata ancora pari a Q, ma la concentrazione di inquinante è maggiore, in generale, di quella dell’aria entrante ed è indicata con Cu. Si fa l’ipotesi di considerare un ambiente ben miscelato, nel quale, cioè, in tutti i punti la concentrazione di inquinante considerato è la medesima. La concentrazione Ci è anche quella dell’aria uscente dall’ambiente; per cui si può a ragione porre Cu = Ci e, ammesso che l’ambiente sia stazionario, si può scrivere l’equazione di bilancio in massa per l’inquinante considerato:

Q Ce + q = Q Cu

Q Cu = Q Ci Si tenga conto, a tale proposito, che la concentrazione limite di anidride carbonica (CO2) tollerabile in un ambiente civile è Ci = 0,25 % in volume dell’ambiente considerato, pari a Ci =4,6 10-3 Kg/m3. Q, la portata d’aria di rinnovo immessa nell’ambiente espressa in m3/h; Ce, la concentrazione di inquinante presente nell’aria entrante in kg/m3; Cu, la concentrazione di inquinante nell’aria uscente in kg/m3; Ci, la concentrazione di inquinante nell’ambiente oggetto del monitoraggio in kg/m3 q la potenzialità della sorgente inquinante kg/h

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I valori concretamente assunti sono sensibilmente maggiori, in quanto si è ipotizzato che l’ambiente sia in condizioni di stazionarietà e di completa miscelazione. Relativamente agli ambienti civili si assumono portate reali pari a 3 o 4 volte i valori minimi; per gli ambienti industriali si assume un coefficiente di sicurezza più elevato, giungendo a considerare portate 10 volte superiori al valore minimo. ANIDRIDE CARBONICA All’anidride carbonica è attribuita una particolare importanza nella pratica tecnica, poiché essa è assunta come grandezza indice del livello di inquinamento provocato dalle persone nell’ambiente. E’ anche necessario tenere nella dovuta considerazione il percorso dell’aria di rinnovo; si dovrà, infatti, cercare di fare in modo che l’aria espulsa asporti effettivamente l’inquinante. A tale scopo, occorre cercare di ottenere un effetto di lavaggio dell’ambiente ad opera dell’aria fresca immessa. Questa, poi, deve diventare aria espulsa dall’ambiente e occorre scongiurare il pericolo di un eventuale corto circuito, cioè di aria che entra ed esce immediatamente senza effettuare il dovuto lavaggio dell’ambiente.

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L’aria, peraltro, tende a seguire un percorso lasciando delle zone di ristagno. Anche di questo occorrerà tenere conto al momento della progettazione, relativamente al posizionamento delle bocchette di ingresso ed alle superfici di uscita. Le zone stratificate in alto, che pure si realizzano, in genere non interessano, perchè queste zone non sono, evidentemente, occupate da operatori. Qualora si aumentasse la velocità dell’aria in uscita si renderebbe più turbolento ed ampio il movimento dell’aria presente nell’ambiente: ciò porterebbe ad effetti negativi (ad esempio, correnti e rumorosità). Occorre cercare di realizzare, dunque, compromessi ragionevoli. Il principio generale da seguire è quello di evitare il più possibile il ristagno senza generare gli inconvenienti menzionati. POSIZIONE MANDATA E RIPRESA E’ necessario, poi, sempre fare attenzione nel caso si preveda una sezione di immissione dell’aria in ambiente in prossimità di una sezione di espulsione perché l’aria immessa verrebbe rapidamente espulsa, non interessando l’ambiente (corto circuito). Adottando lo schema descritto precedentemente, si possono controllare l’anidride carbonica, gli odori e la quantità di acqua presente sotto forma di vapore nell’ambiente. Un controllo meno accurato viene effettuato sul fumo di tabacco e sulle polveri. Il primo perché non legato al dispendio metabolico e quindi all’immissione di anidride carbonica, mentre dipende fortemente dalle abitudini e dal numero di fumatori presenti nell’ambiente considerato; il secondo perché dipendente non solo dalle persone e dalle attività, ma anche da altri fattori non sempre facilmente prevedibili. Il controllo delle concentrazioni viene compreso nei coefficienti di sicurezza.

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Le caratteristiche dell’aria esterna sono definite in relazione agli inquinanti significativi, quali l’anidride solforosa (H2S) , l’ossido di azoto (NO), l’ozono (O3) ed il monossido di carbonio (CO). Le concentrazioni sono espresse in termini di media oraria qualora abbiano un effetto quasi immediato; in termini di media oraria calcolata su periodi di otto ore o su base annua per quelli che non hanno un effetto aggressivo immediato e si rende necessario valutare l’assorbimento relativamente a periodi di tempo medio lunghi. La regolamentazione relativa alle problematiche della qualità dell’aria è effettuata per mezzo del DPCM del 28 marzo 1983: si prescrive che l’aria di rinnovo deve essere priva di odori, di quantità significative di piombo ed altri inquinanti.

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LO STANDARD DELL’ARIA DI RINNOVO Lo standard ASHRAE n. 62/1989 prescrive che l’aria di rinnovo non deve contenere quantità pericolose di sostanze tossiche e deve essere adeguata anche sul piano della gradevolezza. In Italia, la situazione rispetto a queste indicazioni è critica soprattutto nelle grandi città. L’ASHRAE, ove si disponga di aria di rinnovo fresca, suggerisce le portate minime da assicurare in funzione della tipologia dell’ambiente considerato Ambiente persone/100 m2 m3/h persona lavanderia 10 ± 30 29 ± 65

garage - 27

camera da letto - 54

lavorazione della carne 10 29

classe scolastica 50 29

uffici 7 36 .

Indicazioni ASHRAE per le portate d’aria di rinnovo

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PRESTARE ATTENZIONE ALLA POSIZIONE DELLE PRESE D’ARIA Riguardi ai possibili interventi locali, occorrerà prestare attenzione che le prese di aria di rinnovo non vengano disposte sotto la grigliatura dei marciapiedi e neppure sulle pareti di un cortile in cui stazionano permanentemente veicoli con motore acceso. Le griglie di presa, ancora, non vanno messe nelle vicinanze di quelle di espulsione dell’aria relative all’impianto di ventilazione dell’edificio vicino.