Iii lezione i tassi di cambio svalutazione inflazione

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Terza lezione: Regimi di tasso di cambio, Terza lezione: Regimi di tasso di cambio, svalutazione e inflazionesvalutazione e inflazione

Relatore Filippo AbbateRelatore Filippo Abbate

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Il tasso di cambio e quotazione

La Bilancia dei Pagamenti e il tasso di cambio

Tassi di cambio e economia reale

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Il tasso di cambio reale

I regimi dei tassi di cambio

Svalutazione e bilancia commerciale

Svalutazione e inflazione

La svalutazione

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Il tasso di cambio nominale è il prezzo di una valuta in termini di un’altra.

Questo prezzo può essere definito in due modi:

• il primo metodo, detto quotazione incerto per certo, definisce il tasso di cambio come quantità di valuta nazionale scambiata per una unità di valuta estera.

Se ad esempio diciamo che il tasso di cambio £/$ = 1200 significa che 1200 £= 1 $

Il tasso di cambio nominale: Definizione e metodi di quotazione

• il secondo, detto quotazione certo per incerto, definisce il tasso di cambio come quantità di valuta estera scambiata per una unità di valuta nazionale.

Se ad esempio diciamo che il tasso di cambio €/$ è oggi a 1,35 significa 1 € = 1.35 $

Si noti che mentre noi in Europa utilizziamo il metodo certo per incerto (1=x), il tasso di cambio del dollaro verso le valute dei paesi emergenti si basa sul metodo contrario, incerto per certo, ossia quante unità di valuta locale si ottengono in cambio di un dollaro (x=1).

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Nel nostro sistema quindi, un aumento del tasso di cambio significa che la valuta si apprezza - con lo stesso euro compreremo una maggior quantità di dollari, mentre nella quotazione incerto per certo un un aumento del tasso di cambio significa che la valuta si deprezza.

certo per incerto Quanti $ per 1 €

incerto per certo Quante Lire per 1 Ecu/DM

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Come si determina il tasso di cambio

Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda e dell'offerta di valuta nel mercato dei cambi, mercato chiamato Forex (Foreign Exchange Market).

La domanda e l'offerta di una valuta avviene in seguito al cambio da una valuta all'altra necessario per effettuare gli scambi internazionali.

Ad ogni esportazione di merci corrisponde un cambio di valuta straniera con valuta nazionale, al fine di pagare le merci del paese, e quindi un acquisto di valuta nazionale.

Ad ogni importazione di merci, viceversa, ci sarà una vendita di valuta nazionale per pagare le importazioni in valuta straniera.

Quindi se il saldo degli scambi con l'estero è attivo, la forte domanda della valuta ne spingerà in alto il prezzo. Viceversa, la valuta tenderà a perdere valore.

Ad ogni importazione di capitali corrisponde un cambio di valuta straniera con valuta nazionale, al fine di pagare le attività finanziarie, e quindi un acquisto di valuta nazionale.

Ad ogni esportazione di capitali, ci sarà una vendita di valuta nazionale per pagare le attività finanziarie in valuta straniera.

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Come si determina il tasso di cambio

Il tasso di cambio dipende, in definitiva dalla bilancia dei pagamenti di un paese, e in particolare:

• dagli scambi commerciali: importazioni ed esportazioni di beni, compreso il turismo da un paese all'altro;

• dagli investimenti finanziari (ad es.: acquisto di buoni del tesoro stranieri) - questo volume di scambio è legato in particolar modo al livello del tasso di interesse che se alto attira capitali alla ricerca di buoni rendimenti.

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La Bilancia dei Pagamenti registra tutti i movimenti di valuta tra un paese e il resto del mondo.

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Ma se i pagamenti non sono in equilibrio, i casi sono due:

1) c’è stato eccesso di domanda di valuta nazionale (da parte di esportatori di beni o importatori di capitali): e in questo caso il cambio tenderà ad apprezzarsi;

2) c’è stato eccesso di offerta di valuta nazionale (da parte di importatori di beni o esportatori di capitali): e in questo caso il cambio tenderà a deprezzarsi.

Lo scopo è quello di stabilire se il saldo fra pagamenti ricevuti e pagamenti effettuati è positivo o negativo (o nullo).

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I SALDI INTERMEDI

Il saldo della bilancia dei pagamenti dipende, così, in particolare:

a) dal saldo del conto corrente e del conto capitale, che varia in particolare in funzione di:

- fattori di competitività di prezzo, ossia del tasso di cambio reale; - fattori di domanda, ovvero, livello di reddito interno ed esterno;

b) dal saldo dei movimenti di capitale (conto finanziario), che dipende dal differenziale di interesse e dal premio per la copertura del tasso di cambio a termine (parità coperta dei tassi d'interesse).

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Esportazioni 17.930

Importazioni 18.188

Totale 36.118

Commercio estero mondiale 2012 (mld $)

http://www.wto.org/english/res_e/statis_e/its2013_e/its13_world_trade_dev_e.pdfhttp://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2010-12-18/monetario-mercato-4mila-miliardi-162303.shtml

La maggior parte delle transazioni in valuta non è associata al commercio internazionale, ma alla compravendita di attività finanziarie.

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Media giornaliera scambi Forex April 2013 (mld $)

http://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt1312e.htm

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La stragrande maggioranza delle transazioni internazionali sul Forex, certamente oltre il 90% del volume totale non è direttamente legato alle partite correnti.

Ne consegue che non vi è ragione per cui gli aggiustamenti dei tassi di cambio dovrebbero eliminare gli squilibri di partite correnti.

Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda e dell'offerta di valuta sul Forex, pertanto il saldo del conto corrente non riveste il ruolo principale nella determinazione dello stesso.

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0,825

0,652

0,81

0,50

0,95

0,66

1,047

+ 24%

- 21%

- 38%

- 30%

+ 90%

+ 57%

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1,97

1,42

1,69

1,40

2,08

1,40

+ 19%

- 28%- 17%

+ 48%

- 32%

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Perc

entu

ale

del P

ILSaldo partite correnti Australia – Gran Bretagna (1990-2013)

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La stragrande maggioranza delle transazioni internazionali sul Forex, certamente oltre il 90% del volume totale è direttamente riconducibile alle transazioni di natura finanziaria.

Ne consegue la domanda e l'offerta di una valuta dipende prevalentemente dal differenziale di interesse e dal premio per la copertura del tasso di cambio a termine.

Il tasso di cambio è determinato dall'incontro della domanda e dell'offerta di valuta sul Forex, pertanto il contributo del saldo del conto finanziario nella determinazione dello stesso è prevalente.

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REGIMI DI CAMBIO

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A seconda delle circostanze, le autorità monetarie possono preferire che il tasso di cambio segua liberamente le forze della domanda e dell'offerta, oppure possono preferire che esso non si allontani da un determinato valore.

Queste diverse possibilità di scelta si esprimono mediante accordi tra autorità monetarie che danno vita al sistema monetario internazionale.

REGIMI DI CAMBIO

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Il Fondo Monetario Internazionale classifica i regimi di cambio sulla base della loro flessibilità e sulla presenza di impegni formali o informali a seguire un certo andamento. In ordine crescente di flessibilità i regimi di cambio identificati sono:

Dollarizzazione: nel paese viene adottata una moneta emessa da un altro paese (in genere il dollaro). E' un caso estremo di tasso di cambio fisso in cui la politica monetaria è svolta dal paese estero.

Classificazione dei regimi di cambio

Currency Board: è un regime di cambio basato sull'istituzionalizzazione del vincolo della politica monetaria (attraverso una legge speciale o l'inserimento nella costituzione). Il currency board è un'autorità monetaria che si sostituisce o si affianca alla Banca centrale ed emette valuta soltanto se questa e coperta da un eguale ammontare di valuta estera alla quale la valuta domestica è legata da un cambio fisso. L'operato della banca centrale del paese che adotta il currency board è legato alla condotta della banca centrale del paese verso cui il tasso e stato fissato (con conseguente perdita di autonomia della politica monetaria, Argentina aprile 1991 - gennaio 2002).

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Tasso di cambio fisso (Peg): il tasso di cambio della valuta domestica è fissato ad un'altra valuta (o ad un paniere di valute) e può oscillare in una banda piuttosto limitata tra -/+ 1-2%. Non c'e alcun impegno legale a mantenere la parità irrevocabilmente, ma la banca centrale si impegna a mantenere la parità centrale attraverso interventi diretti (acquisto/vendita di valuta estera) o indiretti (manovre sui tassi). La flessibilità della politica monetaria, benché limitata, è mantenuta, soprattutto perché le “barriere all'uscita” sono deboli ed un paese può decidere di abbandonare il tasso di cambio o modificare la parità (riallineamento). Si tratta in genere di accordi unilaterali (un paese fissa la propria valuta ad una estera), ma esistono anche accordi multilaterali (come lo SME).

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Crawling peg (parità strisciante): il tasso di cambio è ancora ancorato ad una valuta (o ad un paniere di valute), ma la parità viene aggiustata periodicamente (con variazioni ridotte) sulla base di alcuni indicatori prefissati, generalmente il differenziale inflazionistico tra i due paesi.

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Fluttuazione all'interno di una banda: il tasso di cambio viene lasciato fluttuare liberamente all'interno di una banda di oscillazione e la banca centrale interviene solo quando il tasso di cambio si avvicina agli estremi. La parità centrale e i margini possono essere fissi (target zone) o aggiustati periodicamente sulla base di alcuni indicatori predeterminati (crawling bands). Il grado di flessibilità del cambio dipende dall'ampiezza della banda.

Fluttuazione sporca (managed floating): l'autorità monetaria cerca di influenzare il tasso di cambio attraverso interventi diretti o indiretti, ma senza avere un preciso obiettivo di cambio. Gli interventi sono sporadici e determinati da eventi particolari (ad esempio, un peggioramento non strutturale della bilancia dei pagamenti).

Tassi di cambio perfettamente flessibili (independently floating): il tasso di cambio è determinato unicamente dalle forze di mercato, senza alcun intervento delle autorità monetarie mirato a stabilizzare o indirizzare il tasso di cambio.

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Le autorità si impegnano a mantenere fisso il tasso di cambio e tutte le volte che le forze di mercato, che determinano la domanda e l’offerta di valuta, tendono a modificare il tasso di cambio, o con un apprezzamento o con un deprezzamento, le autorità monetarie intervengono, comprando oppure vendendo valuta nazionale per contrastare le fluttuazioni del mercato.

- Il regime a cambi fissi, si realizza quando due o più paesi concordano di mantenere il tasso di cambio tra le loro valute ad un determinato valore ( più frequentemente, entro una certa fascia), o di aderire ad una unione monetaria.

- Il regime a cambi fluttuanti, si realizza quando uno o più paesi decidono di lasciare che i tassi di cambio della propria valuta con tutte le altre siano liberamente determinati dalla domanda e dall’offerta, lasciando che il meccanismo di mercato operi liberamente.

Principali regimi di cambio

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Il regime dei cambi fissi favorisce gli scambi internazionali grazie alla stabilità del cambio, ma in caso di pressioni sul cambio dovute a uno squilibrio nella bilancia dei pagamenti, in un regime a cambi fissi non si può far scendere il valore della moneta, ma bisogna adottare politiche restrittive per diminuire la domanda e le importazioni, aumentare i tassi di interesse, e insomma il riequilibrio passa necessariamente attraverso una crisi economica interna al paese.

In un regime di cambi fluttuanti, il riequilibrio della bilancia avviene automaticamente col deprezzamento della valuta nei confronti delle altre valute che renderà più competitive le esportazioni. Naturalmente se il paese dipende parecchio dalle importazioni ci sarà il rovescio della medaglia, perché le importazioni diventeranno più costose.

Regime di cambi fissi e fluttuanti

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Come abbiamo detto, il tasso di cambio è il prezzo relativo di due monete. Se astraiamo dalle transazioni di carattere finanziario e in particolare speculativo (ad esempio, le operazioni di arbitraggio), un agente economico che acquista una valuta estera lo fà per perfezionare degli scambi di beni (cioè delle transazioni reali): ad esempio, un importatore acquista dollari per pagare le materie prime o i prodotti finiti che importa, un turista acquista rupie per finanziare la propria vacanza all’estero (dove acquisterà beni e servizi), ecc. ecc.

Questa misura è data dal tasso di cambio reale

In tutte queste transazioni sono coinvolti, oltre ai tassi di cambio, anche i prezzi dei beni e dei servizi scambiati. I due elementi (prezzi e tasso di cambio) concorrono nel determinare la convenienza per un operatore economico ad acquistare in un paese piuttosto che in un altro. È quindi utile disporre di una misura del tasso di cambio che tenga conto dell’effetto dei prezzi, o, per dirla in un altro modo, che venga definito come prezzo relativo non fra due valute, ma fra due insiemi di beni.

Tasso di cambio reale

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Il tasso di cambio reale é il prezzo relativo dei beni nazionali e dei beni esteri.

Il tasso di cambio reale

Il tasso di cambio reale compara i prezzi di un bene nazionale e di uno straniero all’interno di una economia e dipende dal tasso di cambio nominale e dai prezzi del bene nazionale e di quello straniero, misurati nelle valute locali.

Il tasso di cambio reale è il rapporto fra il livello dei prezzi interni e il livello dei prezzi esterni, espresso in valuta estera (quotazione certo per incerto).

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Per esempio:Se il tasso di cambio EUR/USD é di 1,20 e un’auto in Italia costa 30.000 euro e in USA costa 36.000 dollari, significa che l’automobile ha in realtà lo stesso valore. Questo perché 36.000 dollari hanno lo stesso valore di 30.000 euro.

Abbiamo fatto un esempio il cui calcolo si può fare semplicemente a mente, per gli altri casi, ecco la formula

E = e (P/P*)dove:E é il tasso di cambio realee il tasso di cambio nominaleP il prezzo dei beni nazionaliP* il prezzo dei beni esteri.

Quindi, nel nostro esempio: E= 1,20 (30.000/36.000) = 1

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Esempi: E= 1,20 (30.000/36.000) = 1

Se E assume valori > oppure < di 1 significa che il cambio reale tra le due valute si sta apprezzando o deprezzando.

Caso 3: Inflazione nel Paese €; il prezzo da 30.000 passa a 33.000 a cambio invariato

E= 1,20 (33.000/36.000) = 1,1

L’aumento del prezzo in € rende più conveniente il bene prodotto all’estero(33.000 € = 39.600$) => Aumento importazioni del Paese € e aumento esportazioni del Paese $

Caso 4: Inflazione nel Paese $; il prezzo da 36.000 passa a 39.000 a cambio invariato

E= 1,20 (30.000/39.000) = 0,923

L’aumento del prezzo in $ rende più conveniente il bene prodotto all’interno(39.000 $ = 32.500 €) => Aumento esportazioni del Paese € e aumento importazioni del Paese $

Il cambio reale è la determinante chiave nelle quantità di importazione e esportazione di una economia (es. regime cambi fissi)

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Il cambio reale è la determinante chiave nelle quantità di importazione e esportazione di una economia (es. regime cambi fluttuanti)

Esempi: E= 1,20 (30.000/36.000) = 1

Se E assume valori > oppure < di 1 significa che il cambio reale tra le due valute si sta apprezzando o deprezzando.

Caso 1: Apprezzamento dell’€; il cambio da 1,20 passa a 1,30 a prezzi invariati

E= 1,30 (30.000/36.000) = 1,083

L’apprezzamento del cambio reale rende più conveniente il bene prodotto all’estero(30.000 € = 39.000 $) => Aumento importazioni del Paese € e aumento esportazioni del Paese $

Caso 2: Deprezzamento dell’€; il cambio da 1,20 passa a 1,10 a prezzi invariati

E= 1,10 (30.000/36.000) = 0,916

Il deprezzamento del cambio reale rende più conveniente il bene prodotto all’interno(36.000 $ = 32.727 €) => Aumento esportazioni del Paese € e aumento importazioni del Paese $

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In particolare, il tasso di cambio reale aumenta, cioè si apprezza, quando:

• aumentano i prezzi interni , • il cambio si rivaluta, • diminuiscono i prezzi esteri

In tutti questi casi per gli agenti economici residenti nel paese di riferimento diventa più conveniente acquistare beni esteri anziché beni nazionali, o perché i beni nazionali sono più cari, o perché quelli esteri sono meno cari, o perché la valuta estera costa meno; di conseguenza il paese i subisce una perdita di competitività.

Viceversa una diminuzione, cioè un deprezzamento, del tasso di cambio reale implica un aumento di competitività, che può essere determinato o da movimenti relativi dei prezzi, o da una svalutazione del cambio nominale.

Nel mondo reale, le valute non sono utilizzate soltanto per le transazioni di conto corrente, ma vengono anche impiegate nelle transazioni di conto capitale.

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Regimi di tasso di cambi e economia reale

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Tassi di cambio fissi e l'inflazione variabile

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Tassi di cambio flessibili e l'inflazione variabile

E = e (P/P*) e = (P/P*) / E e = (105/102) / 1 = 1,03

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Quotazione incerto per certo

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Differenziali medi di inflazione Paesi Euro e Germania

Country 1980-1998 1999-2013Austria 0,4 0,5Belgium 0,8 0,6Finland 2,0 0,3France 2,0 0,1Greece 13,1 1,3

Italy 5,2 0,7Netherlands -0,1 0,6

Portugal 9,4 0,9Spain 4,7 1,2

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…….quali conseguenze ……...quali conseguenze ……..

Indici di prezzo nell’eurozonaIndici di prezzo nell’eurozona

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…….quali conseguenze ……sulla competitività?.quali conseguenze ……sulla competitività?

Austria Belgium Finland France Germany Greece Ireland Italy Netherlands Portugal Spain

1999 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

2000 102,3 102,5 103,0 101,7 101,4 103,2 105,6 102,5 102,3 102,9 103,4

2001 105,1 105,1 105,7 103,3 103,4 106,7 110,8 105,4 106,6 107,4 107,1

2002 107,0 106,7 107,4 105,3 104,9 110,6 115,9 108,0 110,1 111,3 110,4

2003 108,5 108,5 108,3 107,5 105,9 114,4 119,9 110,9 112,4 114,9 113,8

2004 110,7 110,7 108,6 109,8 107,7 117,7 122,6 113,4 113,8 117,6 117,2

2005 113,3 113,8 109,2 111,6 109,3 121,9 125,5 115,6 115,7 120,3 121,2

2006 114,9 115,9 111,0 113,5 111,1 125,8 130,4 118,1 117,1 124,0 125,4

2007 117,4 118,0 113,7 115,2 113,6 129,4 136,8 120,2 119,0 127,1 128,9

2008 121,1 123,3 118,4 118,5 116,6 134,8 142,4 124,1 121,9 130,5 134,2

2009 121,7 123,1 118,4 118,6 117,0 136,5 136,0 125,1 123,4 129,4 133,8

2010 123,9 125,9 119,8 120,3 118,2 142,9 134,8 127,0 125,0 131,2 136,2

2011 128,0 130,3 123,9 122,9 120,7 147,6 138,3 130,6 127,9 136,1 140,6

2012 131,2 133,9 127,3 125,3 123,1 149,8 140,6 134,5 131,1 139,9 143,9

2013 133,9 135,4 129,3 126,5 125,0 148,5 141,3 136,1 134,4 140,3 145,9

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…….quali conseguenze ……sulla competitività?.quali conseguenze ……sulla competitività?

Tassi di cambio reali bilaterali Germania e partner eurozona

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Tassi di cambio reali bilaterali tra partner eurozona e Germania

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Facciamo il punto:

• a partire dalla metà degli anni ’80 i differenziali di inflazione fra paesi partner dell’eurozona e Germania si sono ridotti;

• questo processo è continuato anche dopo l’entrata nell’euro, che quindi non ha né causato né amplificato i differenziali di inflazione;

• al contempo, questi differenziali sono sempre rimasti in media positivi, cioè gli altri paesi hanno continuato ad avere più inflazione della Germania, e quindi non cè stata convergenza fra tutti i partner dell'eurozona;

• questo ha determinato una svalutazione reale della Germania rispetto a tutti i partner, se pure in misura variabile (e simmetricamente una rivalutazione reale dei partner rispetto alla Germania);

• questa svalutazione reale ha contribuito al grande successo delle esportazioni tedesche, successo che, è molto più marcato rispetto ai partner dell’eurozona che rispetto al resto del mondo. Il che è ovvio, visto che il resto del mondo, per difendersi, ha a disposizione lo strumento della flessibilità del cambio.

Il cambio è fisso mentre l'inflazione è variabile

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Tassi di cambio flessibili e economia finanziaria

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Tassi di cambio fissi e economia finanziaria

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Il cambio è fisso mentre l'inflazione è variabile. Ne consegue che i Paesi che riescono a tenerla più bassa di altri, che sono sì geograficamente vicini ma anche competitori nella dinamica delle esportazioni e delle importazioni di merci e capitali, in pratica effettuano una sorta di svalutazione monetaria indiretta. Ed è quello che sta succedendo a Germania e Francia rispetto a Paesi come Italia, Spagna e Portogallo.

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45http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

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L’inflazione misura il valore interno della moneta tramite il potere di acquisto, la svalutazione (o

rivalutazione) serve invece a quantificare il valore esterno della moneta tramite il tasso di cambio.

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La svalutazione è la perdita di valore di una moneta nei confronti di una o più monete, regolate da un regime di cambi fissi, in seguito alla variazione della parità o al definitivo sganciamento della valuta da un’altra moneta forte. E’ un aggiustamento del tasso di cambio coerente ai parametri reali dell’economia di un Paese.

Quando invece ci si trova in un regime di cambi variabili si parla di deprezzamento della moneta. Esso avviene in un mercato di cambi flessibili in cui la domanda e l'offerta di un tipo di moneta regolano il prezzo della stessa.

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La svalutazione

48http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/Differenziale di inflazione cumulato e svalutazione

2001 1994 1997 1982 1997 1992

182

19 21

206

La variazione percentuale del tasso di cambio tra due valute, in caso di sganciamento di una valuta da un’altra moneta forte, tende a coincidere con la differenza tra le variazioni percentuali dei livelli di prezzo nazionali.

49http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Differenziali di inflazione Italia - Germania

Time 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 TotGermany 0,6 1,4 2 1,4 1 1,7 1,5 1,6 2,3 2,6 0,3 1,1 2,1 2 1,5 23,1

Italy 1,7 2,5 2,8 2,5 2,7 2,2 2 2,1 1,8 3,3 0,8 1,5 2,8 3 1,2 32,9

Differenziale 9,8

50http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Cambio 1 $ = 1 £

AnsaldoBreda esporta 10 ETR 1000 in USA per un controvalore di 100 mln di £, (ogni treno 10 mln £), incassando al cambio attuale 100 mln di $.

Ipotizzando una svalutazione della £ del 10% rispetto al $ ed una stabilità del prezzo del treno, con 100 mln di $ quanti treni saranno esportati in USA ?

Cambio* 1 $ = 1,1 £

Cambio* 100 mln $ = 110 mln £

A parità di prezzo saranno esportati 11 treni.A parità di prezzo saranno esportati 11 treni.Le esportazioni aumenterannoLe esportazioni aumenteranno..

N. Treni = 110 mln £ / 10 mln £ = 11

Svalutazione e bilancia commerciale

51http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

18 settembre del 1992 uscita dell’Italia dallo SME svalutazione nominale effettiva del 20%

reintroduzione della lira nello SME (1996)

Svalutazione e bilancia commerciale

52http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Supponiamo che la bilancia commerciale parta da una posizione di equilibrio. Potremmo esprimere questo equilibrio così:

PX = EPfM

dove P sono i prezzi nazionali, X le esportazioni, E il tasso di cambio incerto per certo (quantità di valuta nazionale per una unità di valuta estera), Pf i prezzi esteri in valuta estera, M le importazioni

Svalutazione e bilancia commerciale

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Ragioniamo …………

Sappiamo benissimo, perché lo osserviamo da sempre sui mercati, che importazioni ed esportazioni reagiscono al tasso di cambio, sono cioè “elastiche” al cambio.

Quello che succede alla fine della storia dipende appunto da quanto sono elastiche esportazioni e importazioni.

Il fatto è che quando il cambio si svaluta i prodotti nazionali diventano più convenienti (le esportazioni aumentano) e quelli esteri meno convenienti (le importazioni diminuiscono).

Questi effetti evidentemente contrastano l’effetto negativo determinato dalla svalutazione del cambio sul costo delle importazioni. L’aumento del costo delle importazioni fa peggiorare la situazione, ma sia l’aumento del volume delle esportazioni che la riduzione di quello delle importazioni tendono a far migliorare la situazione.

54http://memmt.info/site/

Allora il problema è:QUANTO devono essere elastiche esportazioni e importazioni affinché il movimento dei loro volumi compensi l’effetto negativo dato dall’aumento del valore delle importazioni?

La regola è molto semplice e si chiama condizione di Marshall-Lerner: bisogna che la somma dei valori delle due elasticità, presi tutti col segno positivo (cioè in valore assoluto) sia maggiore di uno.

Qualche esempio:

55http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Dalla teoria alla pratica

Ma queste elasticità, in pratica, quanto valgono? Quanto è plausibile che siano così grandi da tirarci fuori dai guai?

Fonte: Commissione Europea

Le elasticità delle esportazioni al cambio secondo gli esperti della commissione.

56http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

……ma ci mancano le elasticità al prezzo delle importazioni…

Ma con una elasticità simile, maggiore di uno, se anche le importazioni in volume non si muovessero, l’aumento di costo determinato dalla necessità di pagare di più la valuta estera verrebbe più che compensato dall’aumento di ricavi prodotto dall’incremento del volume delle esportazioni. Quindi in tutti questi paesi (che guarda caso sono tutti del Sud, Francia inclusa) una uscita con svalutazione avrebbe necessariamente effetti positivi sul saldo commerciale.

57http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Brigitte Granville Prof. di Economia Internazionale e

Politica Economica. Queen Mary University, London

http://www.asimmetrie.org/wp-content/uploads/2013/10/THE-PRETENCE-OF-BARGAINING-POWER-IN-THE-EMU.pdf

Impact on Exports post EMUDissolution Based on FX Pass-through

58http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Il coefficiente di trasferimento (pass-through) è l'intensità con cui una variazione del tasso di cambio (di solito una svalutazione) si trasferisce sul prezzo dei beni nazionali: per esempio se in seguito ad una svalutazione del 10% l'inflazione aumenta del 5%, allora il pass-through è dello 0,5 (ovvero 50%).

Il coefficiente pass-through italiano è stato stimato intorno al 15% nel primo anno e del 36% nel secondo (Goldfajn e Werlang), per cui ipotizzando una svalutazione del 20%, solo il 15% di tale svalutazione si tradurrebbe in inflazione l'anno successivo; ipotizzando un'inflazione del 2%-2,5% il prossimo anno, il 15% del 20% è uguale al 3%, per cui vuol dire che l'inflazione l'anno successivo all'uscita potrebbe essere del 5,5% (2,5+3). Si tratta di valori tutto sommato esigui e facilmente controllabili (anche ipotizzandola fino al 9-10% totale) e che sono comunque immaginati nel caso di totale assenza di politiche anti-inflazionistiche (impensabile che il Governo o la Banca Centrale rimangano immobili).

Fonte: http://varieanalisi.blogspot.it

Svalutazione e inflazione

59http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/Goldfajn – Werlang: The Pass-through from Depreciation to Inflation: A Panel Study1

Il coefficiente pass-through italiano

60http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Brigitte Granville Prof. di Economia Internazionale e

Politica Economica. Queen Mary University, London

http://www.asimmetrie.org/wp-content/uploads/2013/10/THE-PRETENCE-OF-BARGAINING-POWER-IN-THE-EMU.pdf

Incremental Annualized Inflation Impact post EMU Dissolution Based on FX Passthrough

Estimates

61http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Una verifica storica………… Svalutazione e inflazione

62http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Una verifica storica…………

forte rivalutazione della lira del 22% avvenuta nel 1979

inflazione crescente

svalutazione della lira del 20% settembre 1992

inflazione decrescente

63http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Dal luglio del 2001 al febbraio del 2004 la moneta polacca si svaluta 47%, cosa sarà successo all’inflazione in Polonia?

Dall’agosto del 2008 al febbraio del 2009 la moneta polacca si svaluta 51%, cosa sarà successo all’inflazione in Polonia?

Le forti svalutazioni avvenute in Polonia

Una verifica moderna …………

64http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Dall’agosto del 2008 al febbraio del 2009 l’inflazione in Polonia diminuisce dal 4% al 3,2%! Ma, secondo il ragionamento dell’automa, non sarebbe dovuta schizzare in altissimo?

Dal luglio del 2001 al febbraio del 2004 l’inflazione in Polonia diminuisce dal 4,2% al 3%! Ma, secondo il ragionamento dell’automa, non sarebbe dovuta schizzare in altissimo?

…………..e l’inflazione?

Fonte: http://www.indexmundi.com/

65http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Lo sapevate che ………

Attenzione: noi l’euro non lo avevamo ancora in tasca, ma già lo usavamo negli scambi internazionali, cioè per comprare i dollari necessari ad acquistare le materie prime.

LA SVALUTAZIONE DELL’EURO

Quale fù l’ammontare della svalutazione che subì l’euro nei primi 22 mesi di vita (dal gennaio 1999 al novembre 2000)?

66http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

5 gennaio 1999 €/$ 1,17

27 novembre 2000 €/$ 0,84

L’€ SVALUTA DEL 28,2%

Qualche stato della zona euro non ha più comprato MP?

Vediamo un po’ ………

67http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

… e l’inflazione schizzò?

5 gennaio 1999 1%

Giugno 2001 2,7%

Fonte: Eurostat

68http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

La struttura dei costi dell’azienda italiana X

Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it

69http://memmt.info/site/

Esempio:

Produzione Totale 100 prodotti Costi di produzione 100

COSTI VARIABILI Consumo materie prime 20Lavorazioni esterne 10Acquisto servizi produttivi 10Costi commerciali 10

COSTI FISSI Costi del personale 20Ammortamenti 10Accantonamenti e svalutazioni 10Oneri diversi 10Costo Totale Produzione 100

Costo Unitario Produzione 1

Margine 10%Valore fatturato 110Prezzo di vendita 1,1

Sval. 20%24121210

20101010

108

1,08

118,81,188

Incremento di prezzo 8%

40% estero

…………………...................

…………………...................…………………...................

70http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

Ciò significa che anche in presenza di ipotesi forti (40% costi dipendono dall’estero) l’effetto della svalutazione monetaria della lira del 20% non si è tradotto in un aumento del 20% dei prezzi, provocando appunto un’inflazione del 20%, ma già in condizioni tanto estreme ed assurde la correlazione si è praticamente più che dimezzata (pass-through).

In conclusione…………

E’ chiaro che se invece ragioniamo su ipotesi più realistiche, l’aumento previsto dei prezzi interni dei beni e servizi prodotti in Italia, causato da una svalutazione del 20%, sarà molto inferiore all'8%. Inoltre l’imprenditore potrebbe rispondere all’aumento dei costi delle materie prime, lavorazioni esterne e servizi produttivi acquistati all’estero, rimodulando la stessa struttura dei costi dell’azienda (per esempio potrebbe decidere di acquistare parte delle materie prime e dei servizi da aziende italiane, subendo un aumento dei costi molto inferiore rispetto al 20%, come dimostrato prima) oppure diminuendo il rendimento atteso del suo investimento dal 10% all’8% o al 7%.

Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it

71http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

In aggiunta a queste modifiche interne all’azienda, l’uscita dall’Italia dalla zona euro potrebbe comportare dei cambiamenti istituzionali importanti, come il recupero della sovranità monetaria e la possibilità per lo Stato Italiano di diminuire discrezionalmente il livello insostenibile di tassazione che grava sulle piccole e medie imprese italiane (che oggi arriva a sfiorare cifre impressionanti del 65% della tassazione complessiva in rapporto al reddito imponibile), consentendo all’imprenditore di mantenere invariato il ritorno economico del suo investimento.

La componente fiscale pesa sul 41% del costo del gasolio al netto dell’IVA contro una media europea del 34%.

Analoga situazione si verifica per il costo del kWh elettrico e per il gas naturale, con un forte aggravio sui costi operativi del sistema Italia.

Inoltre…………

Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it

Così come sarebbe possibile rivedere in modo strutturale le accise che pesano sul costo dell’energia in Italia.

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Importata

Creditizia

Finanziaria

Da profitti

Da costi Da offertaDa domanda

Aumento del livello generale dei prezzi

Cos’ è ….. le tipologieCos’ è ….. le tipologie

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Da domandaL'inflazione da domanda è quella che deriva dalla pressione della domanda, che tende a espandersi al di là dell' offerta disponibile in prossimità della piena occupazione delle risorse fisiche e umane .

Da offerta

Creditizia

FinanziariaInflazione finanziaria e inflazione creditizia sono forme di inflazione da domanda, innescate, rispettivamente, da crescita della spesa pubblica finanziata in deficit in condizioni di prossimità al pieno impiego o da eccessiva creazione di credito da parte del sistema bancario.

L'inflazione da offerta si verifica per effetto di shocks che portano a ridurre l'offerta (calamità naturali, guerre, necessità di sensibili ristrutturazioni produttive che nell'immediato riducono la capacità produttiva).

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Da costiL'inflazione da costi (cost-push inflation) consiste nel trasferimento sui prezzi dell' aumento dei costi dell'impresa (in particolare, dei costi variabili: salari, materie prime, energia, imposte specifiche).

Da profittiL'inflazione da profitti è connessa con l'aumento del margine di profitto reso possibile dall'esistenza di forme di mercato diverse dalla concorrenza perfetta (oligopoli e monopoli).

Importata

L'inflazione importata è un aumento dei prezzi causato dall'incremento dei prezzi dei fattori produttivi importati. L'inflazione importata è stata osservata nel corso degli shock petroliferi del 1973 e del 1979.

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Gli indici Gli indici

L’inflazione viene misurata mediante la costruzione di un indice dei prezzi al consumo, il cui calcolo è affidato all’Istituto Nazionale di Statistica.

L’indice dei prezzi al consumo (l’IPC) è uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, che rappresenta gli effettivi consumi delle famiglie nell’arco di tempo di un anno. Del calcolo degli indici si occupano l’ISTAT e l’EURISPES (Istituto di studi Politici Economici e Sociali).

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In particolare l’ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo che possiedono finalità differenti:

1.Per l’intera comunità nazionale calcola il NIC che misura l’inflazione a livello dell’intero sistema economico, vale a dire considera l’Italia come se fosse un’unica grande famiglia all’interno della quale le abitudini di spesa sono differenziate. Il NIC per gli organi di governo rappresenta il parametro di riferimento per la realizzazione delle politiche economiche.

2. Per le famiglie di operai e impiegati calcola il FOI il quale si riferisce ai consumi delle famiglie che fanno a capo a un lavoratore dipendente. Il suo uso serve per adeguare periodicamente i valori monetari come ad esempio gli affitti, o gli assegni dovuti al coniuge separato. 3. L’indice armonizzato europeo IPCA il cui studio è stato sviluppato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo, infatti viene assunto come indicatore per verificare la convergenza dei paesi membri dell’Unione Europea, ai fini dell’accesso e della permanenza nell’unione monetaria.

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In ambito mainstream è convinzione comune che le masse monetarie siano controllate dalla banca centrale.

Secondo la Teoria Quantitativa della Moneta (TQM) la sequenza è la seguente: le banche centrali possono stampare denaro e con esso comprare titoli, privati o pubblici, dando così alle banche commerciali, o allo Stato, nuova moneta. Inoltre, agendo sulle riserve obbligatorie delle banche, possono variare la capacità degli istituti di credito di concedere prestiti, controllando così l'emissione della “moneta bancaria”, attraverso quello che viene chiamato “moltiplicatore monetario”. Meno riserve sono richieste, più le banche possono prestare. Se la riserva obbligatoria è il 2% di tutti i depositi posseduti da una banca, allora il moltiplicatore monetario è 50 (1 /0,02).

Secondo la TQM quindi, se la banca centrale stampa troppa moneta (che viene moltiplicata dalle banche commerciali secondo parametri sotto il controllo della banca centrale) questa offerta può superare quanto necessario a rappresentare i beni reali. In tal caso i prezzi saliranno, cioè avremo inflazioneIn tal caso i prezzi saliranno, cioè avremo inflazione.

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Teoria Quantitativa della Moneta

La base teorica della precedente affermazione è una particolare interpretazione della seguente identità, detta equazione degli scambi di Fisher:

Dove: M è uguale all’offerta di moneta;V è la velocità della moneta (o il numero medio di volte che ogni euro viene speso);P è il prezzo medio delle merci e dei servizi;T è la quantità totale di merci e servizi venduti durante il periodo di tempo in questione.

In questo modo, se vi erano 100 merci e servizi che erano venduti per €10 ognuno (in media), si avevano transazioni effettuate per un valore totale di € 1.000. Laddove vi fossero 200 monete da un euro in quella economia, ciò avrebbe significato che ognuna di quelle monete era stata utilizzata 5 volte (da qui il fattore della “velocità” della moneta, o quanto velocemente questa venisse spesa ulteriormente).

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I falsi presupposti

M: l’offerta di moneta è una grandezza facilmente definita e identificabile dato che solo la Banca Centrale può influenzare una variazione dell’offerta, secondo dei precisi criteri di politica monetaria e lavorando in totale indipendenza e autonomia.

V: la velocità di denaro è strettamente collegata con le abitudini della gente e con la struttura del sistema finanziario. E, quindi, in mancanza di grandi stravolgimenti sociali ed economici, questa variabile è relativamente costante nel breve periodo

P: l'economia è così perfetta, competitiva, concorrenziale che né le imprese né i lavoratori sono liberi di cambiare il prezzo dei beni e servizi prodotti o pretendere aggiustamenti salariali, facendo sì che il valore del prezzo dipenda esclusivamente dall’incontro fra domanda e offerta nel mercato.

T: l’economia automaticamente tende verso il pieno impiego e così T (il volume esistente di merci e servizi) è grande quanto può esserlo in ogni dato momento (benché esso cresca nel tempo).

82http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

…cosa accade se la BC raddoppia l’offerta di moneta?

Considerando le assunzioni fatte per ciascuna variabile, ovvero, che P non può cambiare da sola, T è già piú grande possibile date le tecnologie e risorse correnti, e V è costante, affinché l’identità contabile sia rispettata, a seguito di una doppia offerta di moneta, l’unica variabile che si modifica è P.

400 x 5 = 20 x 100

INFLAZIONE!!!

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Velocità e pieno impiego: una verifica nella realtà delle cose

84http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

La correlazione tra M e P: una verifica nella realtà delle cose

M2 [blu] - inflazione [rosso] – Stati Uniti

85http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

La correlazione tra M e P: una verifica nella realtà delle cose

Base monetaria [blu], M2 [verde], inflazione [rosso], Stati Uniti, 1980=100

86http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

…..ed inoltre…...

La Banca centrale, di questa massa di mezzi di pagamento dai quali dipende l’effettiva domanda di beni, non ha alcun controllo diretto.

Il tasso di crescita della massa monetaria (M3) e l’inflazione nell’Eurozona (1999-2010).

Fonte: Fondo monetario internazionale (2010).

87http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

Non esiste una teoria accettabile che colleghi in modo necessario la base monetaria creata dalle

banche centrali con l’inflazione.

Vítor Constâncio, vice presidente della BCE

Alan R. Holmes, FED di New York

Nel mondo reale, le banche estendono il

credito, creando i depositi nel processo, e cercano le riserve successivamente.

88http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

Le variabili possono variare! P può restare invariato.

In realtà:M non è determinata dalla BC(esogena), ma dalla domanda di credito(endogena);V potrebbe variare (in recessione diminuisce, si detiene più a lungo il cash);P può restare invariato;T di solito non è relativo a condizioni di pieno impiego fattori, per cui potrebbe aumentare.

M V P T

200x5=10x100

400x5=10x200

400x2,5=10x100

AUMENTO PRODUZIONE!!!

RECESSIONE E DIM. VELOCITÁ

89http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

…..in conclusione…...

TQMIl livello dei prezzi è causato dalla

quantità di moneta in circolazione.

90http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

L’inflazione è un fenomeno molto complesso che presenta numerose interconnessioni e ha molta più attinenza con i cambiamenti che avvengono nell’economia reale rispetto ai processi monetari, siano essi variazioni di tassi di cambio o aumento di moneta circolante.

In generale possiamo dire che si verifica inflazione quando:

• La domanda di beni e servizi supera l’offerta e nel contempo il tessuto produttivo non è così elastico da adattarsi al nuovo regime di domanda.

• Ad un aumento dei salari nominali, collegato ad una politica salariale espansiva o a cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro, le imprese tenderanno ad aumentare i prezzi per mantenere costanti i profitti.

• Un innalzamento repentino e consistente del costo delle materie prime può anch’esso tradursi in inflazione, come è avvenuto per esempio in Italia nel 1974 (picco di inflazione del 20%), in conseguenza del primo grande shock petrolifero del 1973, che ha causato un aumento medio del prezzo del petrolio del 258%.

91http://memmt.info/site/ http://memmt.info/site/

“L'inflazione è la più iniqua delle imposte perché danneggia la vedova, l'orfano, e il proletario “

“….meno male che l'euro ci ha difeso dall'inflazione, perché l'inflazione erode il potere di acquisto...".

92http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

L'inflazione è la più iniqua delle imposte in quanto abbatte il potere d'acquisto del povero lavoratore: se i prezzi aumentano, i salari perdono potere d'acquisto (certo, se non sono aumentati anche loro...)

“Quindi, se quanto detto in precedenza risulta vero, dovremmo aspettarci che nel momento in cui i prezzi salgono molto e soprattutto quando lo fanno in modo improvviso e repentino i salari verranno “sopravanzati” dall’inflazione: il livello dei prezzi sale a livelli tali da superare qualsiasi aumento salariale, facendo così diminuire il potere d’acquisto dei lavoratori.”

I salari reali italiani e la più iniqua delle imposte: l’inflazione (Parte 2)Daniele Della Bona

“Ci viene continuamente ripetuto che l’inflazione è il peggiore di tutti i mali, la più iniqua delle tasse, il fenomeno monetario che danneggia il lavoratore più di ogni altra cosa. L’argomentazione più utilizzata è questa: se un lavoratore guadagna per esempio il 10% in più e l’inflazione (la misura della variazione dell’Indice dei prezzi al consumo) aumenta di 10 allora il suo salario reale e il suo potere d’acquisto restano immutati; se l’inflazione aumenta di 15 peggio ancora, il suo salario reale risulterà diminuito. Dunque, questa è la logica conseguenza, bisogna a tutti i costi fermare questo male che si chiama inflazione e concentrare tutte le energie per il contenimento e la stabilità dei prezzi, che sono la sola cosa in grado di tutelare i lavoratori e i loro salari.”

93http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

Salari reali Quota salari

Capacità di risparmio Potere d’acquisto delle famiglie

Alcuni semplici indicatori di benessere socialeAlcuni semplici indicatori di benessere sociale

Per salario reale si intende il potere d'acquisto del salario nominale, cioè la quantità di beni e servizi che il lavoratore può ottenere con esso. Di conseguenza, il salario reale è pari al salario nominale diviso per un indice dei prezzi .

La quota salari rappresenta la parte del reddito nazionale assegnata al fattore lavoro nell'ottica della distribuzione funzionale del reddito fra i fattori di produzione, quali capitale, lavoro e terra. Rappresenta perciò una delle componenti più importanti della distribuzione del reddito a livello aggregato e non individuale

Il potere d’acquisto esprime la quantità di beni e servizi che può essere comprata con un determinato reddito.

La quota del reddito che non viene spesa nel periodo in cui il reddito è percepito, ma è accantonata per essere spesa in un momento futuro.

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Dati OCSE

L’inflazione in Italia dal 1970

1974 prima crisi petrolifera

1978 seconda crisi

petrolifera

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INF 12% maSR 6% ma

INF 6% maSR 0,5% ma

96http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

Font

e: O

cse

(199

7), F

ondo

mon

etar

io in

tern

azio

nale

(201

0), I

stat

(201

1).

Quota salari e tasso di inflazioneQuota salari e tasso di inflazione

31.07.1992 Abolizione scala

mobileAMATO

14.02.1984 Taglio di 4 punti

della scala mobileCRAXI1975

Introduzione della scala mobile

1963Lotta operaia

1969“autunno caldo ‘68”

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Dati OCSE

InflazioneInflazione ee capacità di risparmio capacità di risparmio

98http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

RD: incremento medio 14%

PA: incremento medio 4%Totale 200%

CRESCITA STAGNAZIONE

RD: 3,8%PA: 0,5%

RD: -1,8%

PA: -2,35%

Infl.media 9,43% Infl. media 2,81%2,3%

99http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

“ A parte che il potere di acquisto dei lavoratori può essere difeso con i normalissimi meccanismi di indicizzazione dei salari all’inflazione utilizzati in quasi tutti i paesi più civili e democratici del mondo, quello che qualcuno non capisce o fà finta di non capire, per i soliti motivi di annebbiamento, malafede e collusione, è che l’inflazione mantenuta artificialmente bassa in Europa serve più che altro a proteggere nel tempo il valore dei grandi patrimoni finanziari accumulati dagli oligarchi, dai capitalisti, dagli speculatori, e da tutti coloro che vivono di rendita senza sapere neppure cosa sia il lavoro. Questa è una colossale ed epocale lotta di classe che ha come principale obiettivo la distribuzione iniqua dei redditi a favore di una ristretta minoranza di rentiers, benestanti, grandi imprenditori e a danno della maggioranza, che comprende lavoratori, pensionati, piccoli e medi imprenditori, società civile. “

In conclusione…………In conclusione…………

100http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

L’inflazione è una variabile centrale nel conflitto distributivoconflitto distributivo, cioè nella ripartizione del prodotto nazionale fra le varie classi (imprenditori, lavoratori dipendenti, eccetera). Ma le sue implicazioni non sono quelle che i giornali ci ripetono: spesso, le classi più svantaggiate, ci perdono da una minore inflazione, anziché guadagnarci.

L’inflazione, soprattutto se imprevista, danneggia i creditori e simmetricamenteavvantaggia i debitori. I primi infatti prestano moneta “buona”, e si vedono però restituire dai secondi moneta “cattiva”, cioè moneta che compra meno beni, perché nel frattempo i prezzi sono cresciuti.

Simmetricamente, riducendo il valore reale (cioè depurato dall’effetto dei prezzi) del debito, l’inflazione favorisce il rimborso del debito ai debitori.

..in definitiva …....in definitiva …..

101http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

In aggiunta a una redistribuzione del reddito, l'inflazione di norma implica anche una redistribuzione della ricchezza; infatti, il valore di un'obbligazione che sia fissa in termini nominali si riduce in termini reali: se ne avvantaggiano i debitori (tipicamente le imprese e, spesso, gli enti pubblici), mentre risultano svantaggiati i creditori.

Tale fenomeno esiste ogni volta che il debito non è perfettamente indicizzato.Il debitore, infatti, si impegna contrattualmente a pagare un tasso d’interesse nominale che, in presenza di inflazione e in assenza di perfetta indicizzazione, corrisponde però ad un minore interesse reale.Il principale debitore che si avvantaggia di tale effetto è lo Stato, sugli interessi del debito pubblico.

..segue…....segue…..

102http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

Impatto percentuale dell’inflazione sul potere d’acquisto della moneta dopo n anni a un dato tasso di inflazione

INFLAZIONEAnno 0% 2% 5% 10%

0 € 1.000.000 € 1.000.000 € 1.000.000 € 1.000.000 1 € 1.000.000 € 980.392 € 952.381 € 909.091 2 € 1.000.000 € 961.169 € 907.029 € 826.446 3 € 1.000.000 € 942.322 € 863.838 € 751.315 4 € 1.000.000 € 923.845 € 822.702 € 683.013 5 € 1.000.000 € 905.731 € 783.526 € 620.921 6 € 1.000.000 € 887.971 € 746.215 € 564.474 7 € 1.000.000 € 870.560 € 710.681 € 513.158 8 € 1.000.000 € 853.490 € 676.839 € 466.507 9 € 1.000.000 € 836.755 € 644.609 € 424.098

10 € 1.000.000 € 820.348 € 613.913 € 385.543

103http://memmttoscana.wordpress.com/http://memmt.info/site/

Non è poi così tanto Non è poi così tanto spaventoso questo spaventoso questo

MOSTRO!MOSTRO!

In sintesi: Se non siete dei capitalisti, amici cari, con un po'

più di inflazione stavate meglio.

"Ma qualcuno dice il contrario!" Ma questo qualcuno vi sembra un proletario?

104

Quarta lezione: Eurozona e Trattati EuropeiQuarta lezione: Eurozona e Trattati Europei

Relatore Filippo AbbateRelatore Filippo Abbate

LA DOMANDA DI ATTIVITÀ IN VALUTA ESTERA

Per comprendere i movimenti dei tassi di cambio è necessario comprendere come si determini la domanda per i vari tipi di depositi in valuta estera da parte dei principali operatori. Come per ogni curva di domanda di strumenti finanziari, anche i questo caso il fattore principale è il rendimento dell'attività, in questo caso il suo valore futuro atteso, funzione del tasso di interesse e della variazione attesa del tasso di cambio.

A parità di altre condizioni, gli individui preferiscono detenere le attività che forniscono i più alti tassi di rendimento attesi in termini reali.

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LA DOMANDA DI ATTIVITÀ IN VALUTA ESTERA

Per semplicità, ipotizziamo che il rischio e la liquidità dei depositi bancari sul mercato dei cambi siano gli stessi, indipendentemente dalla valuta di denominazione. Così, il rischio e la liquidità sono di importanza solo secondaria nella decisione di acquisto o vendita di valuta.

Ne consegue che gli investitori saranno principalmente interessati ai tassi di rendimento sui depositi bancari.

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I tassi di rendimento sono determinati da:

• i tassi di interesse che le attività fruttano.• le aspettative di apprezzamento o deprezzamento.

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Supponiamo che il tasso di interesse su un deposito in dollari sia il 2% e che il tasso di interesse su un deposito in euro sia il 4%.Un deposito in euro frutta un tasso di rendimento atteso maggiore? Apparentemente si, ma la risposta dipende anche dalla variazione attesa del tasso di cambio tra dollaro e euro. Se il dollaro si dovesse apprezzare oltre un certo valore, allora il deposito in dollari risulterebbe più conveniente.

Il deposito in euro ha un tasso di rendimento atteso in $ inferiore (104€=100,88 => 0,88%) : tutti gli investitori preferiranno i depositi in dollari e nessuno vorrà detenere depositi in euro. Il tasso atteso di deprezzamento dell’euro è 3%.

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Supponiamo che oggi il tasso di cambio sia €1/$1 e il tasso atteso a 1 anno sia €1/$0,97 e calcoliamo il rendimento atteso di un deposito in euro:

· €100 oggi si possono scambiare per $100.· Questi €100 saranno €104 dopo 1 anno.· Questi $100 saranno $102 dopo 1 anno.

Considerando il cambio atteso €1/$0,97 , avremo che:• i 104€ varranno 104x0,97=100,88$• i 102$ varranno 102/0,97= 105,15 €

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Mediante il ricorso ai mercati a termine gli investitori possono fissare al tempo t il valore del cambio al tempo t+1, eliminando in tal modo il rischio di cambio. L'utilizzo del tasso di cambio a termine, invece di quello atteso, consente di determinare una condizione di equilibrio, dato che gli operatori saranno indifferenti tra due investimenti alternativi se e solo se i loro rendimenti sono uguali.Supponiamo che il tasso di interesse su un deposito in dollari sia il 2% e che il tasso di interesse su un deposito in euro sia il 4%.

Supponiamo che oggi il tasso di cambio spot sia €/$=1

Un investitore americano che vuole investire i suoi 100 $ in attività € al 4%, e nello stesso tempo vuole annullare il rischio di un deprezzamento dell’€, sarebbe disposto a farlo (e quindi a domandare €) finché il costo dell’acquisto della copertura (swap) del tasso di cambio a termine €/$=1 sarà inferiore al 2%, che è il differenziale di rendimento tra le attività in € e quelle in $.

Questa condizione è definita parità coperta dei tassi d'interesse,

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Il mercati dei cambi (FOREX), similmente ai mercati di talune merci e delle attività finanziarie, possono essere mercati a pronti (spot market) e mercati a termine (forward market).

Sui primi vengono contrattate disponibilità di valute da scambiarsi immediatamente al prezzo (cambio) che si forma sui mercati stessi. Questi mercati servono normalmente per le operazioni commerciali e per movimenti di capitale non speculativi o a fini di copertura.

Sui secondi si negozia oggi il prezzo di una valuta che sarà disponibile in futuro (fra 1 o 2 o più mesi); ad esempio, si acquistano oggi 1.000$ che saranno disponibili fra 2 mesi, ad un prezzo che sarà pagato sempre tra 2 mesi, ma che è stabilito oggi.

Le operazioni a termine servono per la copertura dai rischi di cambio, ossia per la provvista di valuta ad un prezzo prefissato, oltre che ai fini speculativi.

Le transazioni per i tassi di cambio

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GLI STRUMENTI FINANZIARI

Le tipologie di strumenti finanziari comunemente utilizzate nel mercato dei cambi, Forex (Foreign Exchange Market), sono molteplici:

Contratti spot: una transazione spot è uno scambio caratterizzato dalla scadenza di due giorni. Questa transazione rappresenta uno "scambio diretto" tra due valute, ha la durata più breve, e riguarda denaro liquido più che un contratto; e gli interessi non sono inclusi nella transazione concordata.

Contratti forward: gli scambi non sono necessariamente regolati nell'immediato, ma possono anche essere regolati a termine. Infatti, un modo per fare fronte al rischio di cambio è l'utilizzo di un contratto forward. In tale transazione, il denaro non passa di mano fino ad una data futura prestabilita. Un compratore ed un venditore si accordano su di un tasso di cambio in una data futura, e la transazione si verifica in quella data al tasso di cambio stabilito, indipendentemente dai tassi di cambio di mercato effettivi. La durata di un tale contratto può essere di giorni, mesi o anche anni.

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GLI STRUMENTI FINANZIARI

Swap: La tipologia più comune di transazione forward è lo swap su valute. In uno swap, due parti si scambiano valute per un certo periodo di tempo e si accordano ad invertire la transazione in una data futura. In altre parole, si tratta di una vendita a pronti combinata con un riacquisto a termine della stessa moneta (si parla in questo caso di Forex swap). Gli swap non sono contratti standard e non vengono scambiati in un mercato, ma rappresentano ormai oltre la metà degli scambi sul forex .

Contratti future: I futures sulle valute estere sono transazioni forward caratterizzate da importi e scadenze standard. Con un contratto future le parti si impegnano a scambiare ad una data prestabilita determinate attività oppure, nel caso di un future su valute, a versare o a riscuotere un importo determinato in base all'andamento di un indicatore di riferimento.

Opzioni: un'opzione su valuta estera dà al proprietario il diritto di acquistare o vendere un determinato ammontare di valuta estera ad un certo prezzo in un qualsiasi momento fino a una data di scadenza prefissata.

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I fase del processo di integrazione: il I fase del processo di integrazione: il «serpente monetario europeo»«serpente monetario europeo»

Il primo tentativo di integrazione monetaria (1972) è noto nella storia monetaria dell’Europa come «serpente monetario europeo».

Il mantenimento dei margini di oscillazione (± 1,125% tra le valute europee e ± 2,25% tra le valute europee e il dollaro) richiedeva un rigoroso coordinamento tra le politiche economiche dei paesi comunitari e aiuti adeguati per consentire il superamento di difficoltà temporanee di BP per i paesi più deboli

Shock petrolifero e inflazione molto diversificata tra i paesi europei Difficile il mantenimento della fissità dei tassi di cambio in queste condizioni Le frequenti crisi valutarie che colpirono i paesi europei durante l’esperienza

del serpente monetario fecero sì che nel serpente restassero solo quei paesi con stretti legami di integrazione economica e commerciale con la Germania (Olanda, Benelux).

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Dopo il fallimento del “serpente monetario” (1974), e dopo il riconoscimento ai paesi membri del FMI della libertà di scelta del sistema di fluttuazione preferito (1976) cominciò il processo decisivo di integrazione monetaria con la creazione dello SME (creato il 5 dicembre del 1978 entrò in funzione nel marzo 1979).

Il sistema monetario europeo

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Aderirono allo SME dapprima i paesi della Comunità (Italia, Olanda, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda) ad eccezione della Gran Bretagna, successivamente entrarono la Spagna nel 1989, la Gran Bretagna nel 1990, e il Portogallo all’inizio del 1992.

I pilastri dello SME erano:

1. Gli Accordi Europei di Cambio (ERM – Exchange Rate Mechanism): accordo opzionale, con griglia di parità bilaterali tra le valute. I cambi potevano oscillare entro una banda ristretta del ± 2,25%. All’Italia fu

concesso un margine di fluttuazione del ± 6% (dal 1979 al 1990). Poi anche Spagna (1989), Regno Unito (1990) e Portogallo (1992)

Sistema interamente europeo (nessun riferimento al dollaro o all’oro)

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2. L’ECU (European Currency Unit): unità di conto europea formata da un paniere di valute comunitarie, sulla cui base si stabilivano le parità bilaterali.

Divenne l’unità di conto ufficiale della Comunità europea, usato per le transazioni ufficiali e i resoconti contabili (es., il bilancio della Comunità)

Anche i privati hanno emesso titoli di debito usando questa unità

L’euro è stato determinato in modo da valere esattamente 1 ECU alla sua prima quotazione (4 gennaio 1999)

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3. Gli Accordi finanziari tra banche centrali: sistema di cambio pienamente

simmetrico e cooperativo. La responsabilità del mantenimento del cambio era esplicitamente condivisa

da entrambi i paesi.

Obbligo di prestiti illimitati dalla Banca Centrale del paese con pressioni alla rivalutazione verso la Banca Centrale del paese con pressioni alla svalutazione.

Dal 1987 possibilità di prestiti anche prima del raggiungimento del limite della banda di oscillazione.

Era possibile modificare le parità bilaterali (riallineamento), ma solo con decisione congiunta di tutti i paesi.

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Il funzionamento dello SMEIl funzionamento dello SME Lo SME disponeva di un congegno aggiuntivo rispetto al serpente: l’indicatore di

divergenza che segnalava andamenti difformi del tasso di cambio rispetto alla media comunitaria

Quando la moneta stava per avvicinarsi alla soglia massima consentita (pari al 75% del ± 2,25%) occorreva porre in essere misure correttive; vi era inoltre l’obbligo di consultazione con gli altri membri dello SME

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In caso di persistenti squilibri di bilancia dei pagamenti la parità poteva essere modificata di concerto con gli altri paesi dello SME

Lo SME ben presto divenne un regime asimmetrico, in cui il marco tedesco era la moneta contro la quale tutte le altre monete erano sotto pressione di svalutazione

Tre periodi nell’esperienza dello SME:

1. 1979-1987: più di dieci riallineamenti, soprattutto nella prima fase

Il meccanismo dei tassi di cambio permise fluttuazioni più ampie (+/- 6%) per le valute di Portogallo, Spagna, Gran Bretagna (fino al 1992) e Italia (fino al 1990).

Le bande più ampie erano pensate per evitare speculazioni causate da diverse politiche monetarie e fiscali (Questi paesi volevano una maggior flessibilità nella politica monetaria – differenziali di inflazione)

Per evitare speculazioni, inizialmente nello SME si applicarono anche dei controlli valutari per limitare lo scambio di valute (limitazioni ai movimenti di capitali).

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2. 1987-1992: periodo di stabilità, anche per la possibilità di prestiti prima del raggiungimento del limite della banda di oscillazione (interventi intramarginali) e la concessione di bande più ampie (6% per la lira fino al 1990, per la peseta, lo scudo portoghese e la sterlina fino alla crisi del 1992).

In effetti, i membri SME erano costretti a seguire le politiche monetarie controllate della Germania, che tradizionalmente registrava bassa inflazione

Dopo il 1986, per ridurre l’inflazione interna ogni paese cercava di ancorare la sua valuta al DM ed i riallineamenti divennero molto rari

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In assenza di aspettative di svalutazione (riallineamento), afflussi di capitali verso i paesi con maggiore inflazione (tassi di interesse nominali più elevati)

Ma perdita di competitività delle merci nazionali – deficit di conto corrente compensati da surplus in conto capitale

Con il meccanismo dei tassi di cambio a bande fisse dello SME, la Germania “esportava” la propria politica monetaria

Dal 1987 al 1990 i controlli valutari furono progressivamente rimossi per rendere l’UE un mercato comune anche per il capitale finanziario

3. 1992-1998: crisi del ‘92-93, con abbandono dell’ERM da parte di Italia e Gran Bretagna e numerosi riallineamenti; nel 1993 ampliamento della banda di oscillazione dal ± 2,25% al ± 15% (non più regime di cambi fissi, ma regime di fluttuazione limitata)

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Aderendo allo SME l’Italia si impegnò a mantenere il tasso di cambio nominale entro i parametri di oscillazione stabiliti, mentre quello reale, legato all’inflazione, rimaneva profondamente squilibrato.

Fissando il tasso di cambio, si rinuncia a uno strumento efficace nella correzione degli squilibri commerciali e nel controllo del livello di produzione aggregata.

In un sistema di cambi fissi, se un Paese ha, per qualsiasi motivo, una tendenza al deficit estero, deve difendere il cambio, e può farlo in due modi: o “sparando” le sue riserve valutarie (cioè usandole per acquistare la propria valuta, difendendone il corso), o alzando il tasso d’interesse, perché questo invoglia gli investitori esteri a domandare valuta nazionale per comprare i titoli nazionali che offrono un buon rendimento.

Ancorandosi a un dato tasso di cambio fisso, si rinuncia anche al controllo del tasso di interesse interno. Inoltre, il Paese deve seguire l’andamento del tasso di interesse estero, correndo il rischio di effetti indesiderati sulla propria attività economica.

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L'unificazione tedesca, i tassi di interesse e lo SME

In un sistema di tassi di cambio fissi come lo SME (ignoriamo qui il grado di flessibilità concesso dalle bande di oscillazione), nessun paese può cambiare il suo tasso di interesse se anche gli altri paesi non fanno altrettanto.

Come cambiano allora in pratica i tassi di interesse?

Vi sono due possibili tipi di accordo implicito.

Uno prevede che i paesi membri coordinino tutte le variazioni dei tassi di interesse. Un altro prevede, invece, che un paese prenda l’iniziativa e gli altri lo seguano a ruota.

Questo è proprio quello che è successo nello SME, nel quale è la Germania che ha assunto il ruolo di guida.

Fonte: http://www.mulino.it/aulaweb/risorse/12798/stud/box_cap18.htm

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Nel corso degli anni Ottanta, gran parte delle banche centrali europee condivideva gli stessi obiettivi ed approvava il fatto che la Bundesbank (la banca centrale tedesca) prendesse l’iniziativa. Ma nel 1990, l’unificazione tedesca ha portato con sé una forte divergenza di obiettivi tra la Bundesbank e le banche centrali degli altri paesi membri.

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Ricordiamo quali fossero gli effetti di ordine macroeconomico dell’unificazione: la necessità di ingenti trasferimenti alla Germania orientale e la forte espansione degli investimenti hanno portato entrambe a un significativo aumento della domanda nel paese. Il timore della Bundesbank di un aumento eccessivo dell’attività economica l’ha indotta ad adottare una politica monetaria restrittiva.

Il risultato è stato, come abbiamo visto, una forte crescita in Germania accompagnata da un brusco aumento dei tassi di interesse.Questo poteva anche essere il giusto mix di politica economica per la Germania. Ma per gli altri paesi, gli effetti dell’unificazione tedesca non erano convenienti. Gli altri paesi, infatti, pur non avendo registrato lo stesso aumento della domanda, hanno comunque dovuto adeguare i loro tassi di interesse a quelli tedeschi per rimanere nello SME.

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L’aumento dei tassi d’interesse dovuto all’introduzione con lo SME dei tassi di cambio fissi, si tradusse rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica italiana, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l’escalation della crescita del debito.

Difendere il cambio favorendo, tramite alti tassi d’interesse, l’afflusso di capitali, cioè l’indebitamento estero, rese fragile il Paese e alla fine lo mandò in pezzi.

Nel 1992, un numero crescente di paesi doveva scegliere se difendere la parità, oppure uscire dallo SME e ridurre i tassi di interesse interni. Preoccupati del rischio di svalutazioni, i mercati finanziari hanno iniziato a chiedere tassi di interesse maggiori nei paesi dove la svalutazione era ritenuta più probabile. Ne sono risultate due gravi crisi valutarie, una nell’autunno del 1992 e l’altra nell’estate del 1993. Alla fine di queste due crisi, due paesi, l’Italia e il Regno Unito, sono usciti dallo SME.

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Lo sganciamento dallo Sme frenò la dinamica dei tassi, e dal 1993 al 2002 la spesa per interessi prima si stabilizzò e poi andò calando.

La lira esce dallo SME settembre

1992

Fonte dati: Fondo Monetario Internazionale 121

Le politiche economiche in regime di cambio fissi con perfetta mobilità dei capitali

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La politica monetaria in regime di cambi fissi

La politica monetaria ha effetti profondamente diversi nei due regimi di cambio. Schematizzando, si può dire che in una situazione in cui vi siano movimenti internazionali di capitale, se i cambi sono fissi la politica monetaria è inefficace. Il contrario accade in un sistema di cambi flessibili.

Supponiamo che la banca centrale decida di condurre una politica monetaria espansiva aumentando la base monetaria per un ammontare di 50 tramite l’acquisto di titoli con un’operazione sul mercato in regime di cambi fissi.Il bilancio di una banca centrale può essere rappresentato dalla tabella:

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La base monetaria è aumentata da 400 a 450, mentre il tasso di interesse è necessariamente diminuito a seguito dell’aumento della domanda di titoli ( un aumento della domanda dei titoli infatti ne fa aumentare il prezzo, riducendone il rendimento, ovvero il tasso di interesse).

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Data questa diminuzione del tasso di interesse, gli investitori cercheranno di acquistare titoli esteri divenuti più attraenti in virtù del maggiore rendimento. Prima di acquistare titoli esteri, però, devono comprare valuta estera sul mercato dei cambi, vendendo valuta nazionale in cambio di valuta estera. Se la banca centrale non facesse nulla, il prezzo della moneta nazionale diminuirebbe e il risultato sarebbe un deprezzamento. Sotto l’accordo di tassi di cambio fissi, la banca centrale non può permettere il deprezzamento della valuta. Deve quindi intervenire sul mercato dei cambi e vendere valuta estera in cambio di valuta nazionale. Vendendo valuta estera e acquistando valuta nazionale, la base monetaria decresce.

A seguito di questa operazione, il bilancio della banca centrale diventa:

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Tuttavia così facendo la banca centrale ritira dalla circolazione valuta domestica in cambio di valuta estera che attinge dalle proprie riserve. La variazione delle riserve deve essere uguale alla iniziale espansione monetaria in modo da garantire il ritorno del tasso di interesse al valore di equilibrio precedente l’operazione di mercato aperto. Se così non fosse il differenziale tra il tasso di interesse domestico ed il tasso di interesse estero determinerebbe flussi di capitali in uscita ( se negativo) o in entrata (se positivo) che provocherebbero una variazione delle riserve e della base monetaria sino al completo ripristino dell’equilibrio. Il regime di cambi fissi obbliga quindi la banca centrale a compiere una manovra monetaria esattamente opposta a quella intrapresa inizialmente. Dato questo regime e perfetta mobilità di capitali, la politica monetaria ha come unico effetto quello di modificare il peso relativo delle diverse voci nel bilancio della banca centrale senza alterarne i saldi.

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La politica monetaria in regime di cambi flessibili

Una politica monetaria espansiva, realizzata ad esempio dalla banca centrale con una operazione di mercato aperto volta all’acquisto di titoli, si rivela più efficace in regime di cambi flessibili .

Un’espansione monetaria determina un abbassamento del tasso di interesse e, quindi, una tendenza al peggioramento dei movimenti dei capitale. Questo deficit tende a fare deprezzare il cambio. Stavolta la banca centrale non ha assunto alcun obbligo relativamente al tasso di cambio, ragion per cui non interviene e il cambio si deprezza. Il deprezzamento del cambio ha due effetti. Da un lato incrementa le esportazioni nette, dall’altro lato riduce le importazioni.

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Questo processo continuerà sino a quando il tasso di cambio non sarà sceso tanto da riportare in pareggio la bilancia dei pagamenti (il tasso di cambio raggiunge un livello talmente basso da generare aspettative di un apprezzamento).Alla fine del processo il sistema economico si ritroverà quindi con un livello di reddito superiore rispetto a prima dell’intervento e tassi di interesse inferiori.

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La politica fiscale in regime di cambi fissi

Consideriamo una manovra di politica fiscale espansiva: ad esempio, un aumento della spesa pubblica, non finanziato da base monetaria in un regime di cambi fissi. Ne derivano due effetti sulla bilancia dei pagamenti: il primo, di peggioramento del saldo dei movimenti dei beni, per l’incremento di reddito che ne scaturisce, e l’altro in senso contrario, di miglioramento dei movimenti di capitale, per l’incremento del tasso di interesse conseguente alla vendita di titoli di Stato. L’effetto netto sarà diverso a seconda della reattività dei vari mercati.

Considerata l’elevata mobilità dei capitali, vi è un effetto netto positivo sulla bilancia dei pagamenti. Per evitare un apprezzamento della valuta domestica, la banca centrale deve acquistare attività estere, aumentando di conseguenza l’offerta di moneta e diminuendo i tassi di interesse. E quindi produrrà uno stimolo positivo ulteriore al reddito, rispetto a quello offerto dalla manovra di politica fiscale espansiva.

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La politica fiscale in regime di cambi flessibili

Un aumento della spesa pubblica finanziato da debito pubblico comporta un aumento del reddito, che fa peggiorare il saldo dei movimenti dei beni, e un innalzamento del tasso di interesse, che accresce il saldo dei movimenti di capitale. Nel caso di perfetta mobilità dei capitali, essendo l’aumento dovuto al movimento dei capitali superiore al peggioramento del saldo dei movimenti dei beni, vi sarà un apprezzamento del tasso di cambio, non più costretto entro certi limiti come nel caso di cambi fissi. La perdita di competitività che ne scaturisce tende a ridurre le esportazioni nette e il reddito.

In sintesi, la manovra fiscale espansiva finanziata da debito pubblico risulta del tutto inefficace. Infatti, in caso di perfetta mobilità la spinta all’apprezzamento è tanto forte che soltanto una riduzione delle esportazioni nette pari all’iniziale aumento della spesa pubblica è capace di riportare l’equilibrio.

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Il finanziamento della spesa pubblica con base monetaria è, rispetto al finanziamento con debito, molto meno costoso o niente affatto costoso. Non lo è affatto, se realizzato attraverso emissione di moneta, lo è in minima misura se ottenuto nell’ambito di convenzioni fra Stato e Banca Centrale (scoperto di c/c di Tesoreria).

Il finanziamento con base monetaria in regime di cambi flessibili

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In questo caso, mentre l’effetto di un aumento del reddito è certo, non può dirsi a priori ciò che accade ai tassi di interesse. Di norma la variazione di base monetaria necessaria per mantenere invariati i tassi di interesse sarà maggiore o minore della spesa pubblica addizionale. Comunque, una politica monetaria che assicuri tale invarianza viene denominata accomodante.

In tale caso la politica fiscale espansiva esplica appieno i suoi effetti e si giustifica il ruolo preminente attribuitole da Keynes. Da questo punto di vista, uno stretto coordinamento della politica fiscale e di quella monetaria si rileva prezioso per ottenere incrementi di reddito e di occupazione.Il finanziamento monetario può provocare aumenti di prezzi in presenza di pieno impiego o di strozzature settoriali.

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Vantaggi dei tassi di cambio fissi

• Riduzione dell’incertezza. In un regime di cambi fissi, il commercio e l’investimento internazionale diventano molto meno rischiosi, perché i profitti non sono influenzati dall’andamento del tasso di cambio.

• Speculazione minima o nulla. A condizione che il tasso di cambio sia assolutamente fisso è del tutto inutile speculare.

• Correzione automatica degli errori di politica monetaria. La Banca centrale è obbligata ad intervenire per sostenere il tasso di cambio, acquistando/vendendo valuta nazionale nel mercato dei cambi ,oppure innalzando/abbassando i tassi di interesse.

• Impedire al governo di perseguire politiche macroeconomiche “irresponsabili”.

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Svantaggi dei tassi di cambio fissi

• I cambi fissi minano l’efficacia della politica monetaria. Per assicurare un equilibrio complessivo della bilancia dei pagamenti, le autorità devono agire sulla leva dei tassi di interesse.

• I tassi di cambio fissi sono in contrasto con il principio del libero mercato. Perché fissare i tassi di cambio, quando un semplice apprezzamento o deprezzamento può correggere uno squilibrio?

• I disavanzi della bilancia dei pagamenti possono condurre a una recessione.

• Le strategie di deflazione competitiva possono provocare una depressione mondiale.

• Speculazione. Se gli speculatori ritengono che un tasso di cambio fisso non potrà essere difeso a lungo, lanceranno massicci attacchi speculativi contro la valuta nazionale.

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Vantaggi dei tassi di cambio flessibili

• Correzione automatica. Anziché intervenire nel mercato valutario, il governo lascia che il tasso di cambio si aggiusti liberamente verso l’equilibrio.

• Nessun problema di liquidità internazionale e di riserve. Poiché la banca centrale non interviene nel mercato dei cambi, non è necessario detenere riserve.• Isolamento dagli eventi economici esterni. Un paese non è vincolato a un tasso di inflazione internazionale magari eccessivamente elevato e può scegliere liberamente il proprio obiettivo di inflazione.

• Liberta di scegliere le politiche economiche interne. In un regime di cambi fissi, un governo potrebbe essere costretto a deflazionare l’economia pur in presenza di un’elevata disoccupazione. In un regime di cambi fluttuanti, invece, il governo può scegliere il livello di domanda interna che ritiene più opportuno.

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Svantaggi dei tassi di cambio flessibili

• Incertezza per gli operatori commerciali e gli speculatori. L’incertezza causata dalle fluttuazioni valutarie può scoraggiare i commerci e gli investimenti internazionali. In una certa misura, il problema può essere risolto facendo ricorso al mercato a termine dei cambi.

• Scarsa disciplina economica a livello nazionale. I governi possono perseguire politiche inflazionistiche irresponsabili.

• Speculazione. In un mondo caratterizzato da incertezza, in cui esistono poche restrizioni alla speculazione valutaria, le sorti e le politiche dei governi possono cambiare rapidamente ed enormi volumi di depositi a breve termine si muovono liberamente da un paese all’altro, la speculazione può avere un impatto fortemente destabilizzante nel breve periodo, provocando una marcata iperreazione dei tassi di cambio.

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Conclusioni

Né i tassi di cambio fissi né quelli liberamente fluttuanti sono esenti da problemi. Per questa ragione, i governi cercano spesso un compromesso tra i due, nella speranza che un sistema intermedio possa arrecare i benefici di entrambi, evitando al contempo la maggior parte degli svantaggi.

Possiamo sicuramente affermare che una moneta fluttuante fornisce più spazio di politica interna, ovvero la capacità di usare la politica fiscale e monetaria interna per raggiungere determinati obiettivi di medio e lungo periodo. Al contrario, un tasso di cambio fisso riduce lo spazio politico di manovra. Ciò non significa necessariamente che un governo con un tasso di cambio fisso non può perseguire la sua politica interna, ma è in un certo senso obbligato e indirizzato innanzitutto da un fattore più importante di tutti gli altri: accumulare sufficiente valuta estera (o oro) per difendere la sua moneta nazionale.

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Fixed and Flexible Exchange Rates and Currency Sovereignty

C. Sardoni L. Randall Wray

Un tasso di cambio flessibile permette una grande indipendenza nelle politiche interne, fornendo spazio per politiche fiscali e monetarie. Comunque, e ciò deve essere sottolineato, adottare un regime di tassi di cambio flessibili non è una panacea. Un regime di tassi di cambio flessibili non può, ovviamente, garantire che le politiche domestiche siano effettivamente scelte e implementate con criterio. È solo una condizione necessaria per ottenere indipendenza politica. Ciò, di per sé, non garantisce un uso illuminato sia di questa indipendenza politica, sia una facile strada per la crescita e lo sviluppo. Nell’attuale situazione mondiale, i tassi di cambio flessibili sono necessari, ma non sufficiente condizione per l’implementazione di politiche in grado di promuovere una maggior crescita, una maggior occupazione e un maggior stato sociale.

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Si noti che un regime di tassi flessibili o fluttuanti, non è necessariamente un sistema di “libera fluttuazione”. Noi lasceremmo spazio ad una forma di intervento discrezionale. Ciò che raccomandiamo, è un sistema a “moneta amministrata”,

Le politiche monetarie e fiscali, così come le transazioni ufficiali nei mercati dei cambi, possono ancora essere utilizzate per “amministrare” i tassi di cambio in alcune circostanze. In particolare, gli interventi sono previsti nel caso di rapide rivalutazioni utilizzate per alleggerire la crescente pressione competitiva derivante da una valuta troppo forte.

Fixed and Flexible Exchange Rates and Currency Sovereignty

C. Sardoni L. Randall Wray

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I tassi di cambio fluttuanti danno alle nazioni un maggior grado di libertà ma, ovviamente, esso implica alcuni costi. Tra questi, possono esserci più ampi gradi di incertezza a causa di una possibile maggiore volatilità dei tassi di cambio e dei termini di scambio, così come il costo di un possibile innesco di processi inflazionistici derivanti da un ampio deprezzamento della valuta nazionale, che conduce ad un incremento dei prezzi delle importazioni. Da questo punto di vista, una maggior stabilità e indipendenza potrebbero, forse, essere raggiunte attraverso qualche combinazione dei tassi di cambio flessibili, combinata con controlli di capitale e politiche commerciali. Questi fattori renderebbero più semplice adottare tassi di cambio amministrati.

Fixed and Flexible Exchange Rates and Currency Sovereignty

C. Sardoni L. Randall Wray

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