III Edizione · 2019. 12. 12. · n. 14 - Diritto tributario n. 32 - Diritto ecclesiastico n. 45/1...

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AVVOCATO QUADERNI dell’ ASPIRANTE i 54A/3 Gruppo Editoriale Esselibri - Simone ® E IMON S EDIZIONI GIURIDICHE III Edizione Manuale di base per la preparazione alla prova orale DIRITTO PENALE In appendice gli argomenti oggetto di domanda d’esame GENERALE e SPECIALE

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AVVOCATOQUADERNI dell’ ASPIRANTEi

54A/3

Gruppo Editoriale Esselibri - Simone

®EIMONSEDIZIONI GIURIDICHE

III Edizione

Manuale di baseper la preparazione alla prova orale

DIRITTOPENALE

• In appendice gli argomentioggetto di domanda d’esame

GENERALE e SPECIALE

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Manuali di approfondimento per la prova orale dell’esame di avvocato

n. 1 - Diritto del lavoron. 2 - Diritto costituzionalen. 3 - Diritto penalen. 4 - Diritto amministrativon. 5 - Diritto civilen. 6 - Diritto commercialen. 7 - Diritto processuale penalen. 8 - Diritto processuale civilen. 14 - Diritto tributarion. 32 - Diritto ecclesiasticon. 45/1 - Diritto internazionale privaton. 47 - Diritto dell’Unione european. 54/10 - Ordinamento e deontologia forense

Revisione del testo a cura del dott. Rocco Pezzano

Finito di stampare nel mese di aprile 2010dalla «MultiMedia» - V.le Ferrovie dello Stato Zona Asi - Giugliano - Napoli

per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - Napoli

Grafica di copertina di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Già da prima che fossero istituiti i nuovi esami per procuratore, poi av-vocato, le Edizioni Simone hanno preso a cuore le esigenze degli aspiranti avvocati pubblicando una serie di fortunati testi di preparazione agli esami.

Si è posta attenzione ai volumi indirizzati alle prove orali in quanto, il candidato, all’atto della preparazione, già possiede le nozioni di base, e, quindi, necessita più che di testi istituzionali, di lavori sistematici e riassuntivi che gli consentano di «riorganizzare» le sue conoscenze in vista dell’esame.

Ciò soprattutto in considerazione dei tempi di studio, sempre più stretti, e dei potenziali interlocutori che fondano le loro conoscenze sulla pratica professionale più che su un sapere accademico, modificando così l’ottica di inquadramento dei singoli istituti.

Sulla base di tali convinzioni, e monitorando il sito e il forum di www.sarannoavvocati.it, i nostri autori hanno tenuto presente le indicazioni di quanti hanno superato con esito positivo le prove e, richiamandosi a Giusti-niano, hanno tagliato «il troppo e il vano».

Nasce così, dal ponderoso e già ben affermato volume collettaneo «L’esame di avvocato» (giunto alla XV edizione), un’ultima generazione di testi: i Qua-derni per l’esame di avvocato.

Il volume illustra gli istituti generali della materia e le fattispecie criminose di maggior rilievo, alla luce dei più recenti correttivi di legge fra i quali si se-gnalano il formale inserimento della ‘ndrangheta nel novero delle associazioni criminose assimilate a quella mafiosa (D.L. 4-2-2010, n. 4, conv. in L.31-3-2010, n. 50), la parziale informatizzazione delle modalità di pubblicazione della sentenza penale di condanna (L.23-12-2009, n. 191) e la revisione di talune rilevanti figure criminose poste a tutela dei diritti di proprietà industriale (L.23-7-2009, n. 99).

La novità dei Quaderni, rispetto ai manuali maggiori, è che la trattazione non si limita alla sola parte istituzionale, ma, seguendo un recente orienta-mento didattico riporta una corposa appendice che elenca gli argomenti dei quesiti potenzialmente oggetto di prova di esame.

Tali quesiti formulano l’argomento in termini di una risposta esaustiva e centrata operando anche collegamenti, paralleli e differenze con istituti affini.

Anche i Quaderni, dunque, si giovano della esperienza Simone per offrire il prodotto «giusto» al momento «giusto».

A proposito … anche il prezzo ci sembra «giusto» per la soddisfazione totale dei nostri lettori.

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PARTE PRIMA

PARTE GENERALE

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Capitolo Primo

Concetti introduttivi

1. NOZIONE, FUNZIONE E CARATTERI DEL DIRITTO PENALE

Il diritto penale è il complesso delle norme di diritto pubblico che prevedo-no fatti illeciti per i quali sono comminate sanzioni penali, variabili anche in rapporto alla personalità dell’autore (così MANTOVANI).

Esso si sostanzia in una Parte generale, comprensiva del complesso di prin-cipi generali e regole comuni, di matrice costituzionale e codicistica, validi per la generalità dei reati, e caratterizzanti l’illecito penale rispetto alle altre tipologie di illecito, cui si affianca la cd. Parte speciale, costituita dal comples-so delle norme incriminatrici, relative cioè alle singole figure criminose, di fonte codicistica e legislativa.

Nell’ambito delle fattispecie di reato, la summa divisio (già adottata dal Codice Zanardelli e dal Codice Toscano del 1856) è fra delitti e contravvenzioni. In particolare, dispone l’art. 39 c.p. che i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite dal codice penale. L’art. 17 c.p., infatti, dispone che le pene principali stabilite per i delitti sono l’ergastolo, la reclusione e la multa, mentre le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono l’arresto e l’ammenda.

Ciò che caratterizza tale branca del diritto è la natura delle conseguenze scaturenti dalla violazione dei suoi precetti, ovvero l’inflizione di una sanzio-ne penale, consistente nella privazione o nella limitazione di beni «individua-li», quali la libertà personale ed il patrimonio. Avvalendosi, dunque, il diritto penale delle sanzioni più drastiche, il ricorso ad esso quale strumento giuri-dico di tutela deve costituire l’extrema ratio e quindi essere limitato alle situa-zioni in cui le altre tipologie di sanzioni (civili, amministrative o di altra na-tura) appaiano del tutto inadeguate, cioè non conformi allo scopo. In ciò si sostanzia il carattere sussidiario del diritto penale.

Il nostro sistema penale si incardina, altresì, sui principi di materialità (per esservi reato la volontà criminosa deve materializzarsi in una condotta este-riore), di offensività (la condotta materiale deve tradursi nella lesione o mes-sa in pericolo di beni giuridici) e di colpevolezza (un fatto materiale ed offen-sivo può essere attribuito al suo autore solo se gli si possa muovere un rim-provero per averlo commesso).

Il diritto penale è, altresì, contraddistinto dal suo carattere positivo, statuale, pubblico ed au-tonomo. Positivo, in quanto previsto da norme giuridiche; statuale, in quanto le norme penali possono essere emanate solo dallo Stato; pubblico, poiché l’interesse alla prevenzione ed alla re-pressione dei reati costituisce sempre un interesse pubblico, anche allorquando il rea to apparen-temente leda un interesse strettamente individuale, come ad esempio la proprietà nel furto; au-tonomo, in quanto non si limita a predisporre un sistema di sanzioni a precetti di altre branche del diritto, ma costituisce un sistema normativo dotato di autonome regole e principi.

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Parte Prima - Parte generale88

2. LA NORMA PENALE: ELEMENTI STRUTTURALI

La norma penale, come le altre norme giuridiche, è un comando rivolto ai consociati con cui si proibiscono determinati comportamenti, prescrivendo-ne degli altri.

La struttura della norma penale è costituita da due elementi: il precetto (pra-eceptum legis) e la sanzione (sanctio legis).

Il precetto è costituito da un comando (nei reati omissivi) o da un divieto (nei reati commissivi) di tenere una determinata condotta o di cagionare un certo evento.

La sanzione rappresenta, invece, la conseguenza giuridica dell’infrazione del precetto. La minaccia della pena è finalizzata a produrre un effetto psico-logico sulla volontà dei consociati, per indurli al rispetto del precetto penale.

Se normalmente le fattispecie penali sono puntualmente delineate, sia nella loro parte pre-cettiva che sanzionatoria, in talune ipotesi è solo la sanzione ad essere determinata, mentre il pre-cetto ha carattere generico, dovendo essere specificato da atti normativi di grado inferiore: trat-tasi delle cd. norme penali in bianco.

3. LE FONTI DEL DIRITTO PENALE

In diritto penale, il numero delle fonti è assai più limitato che negli altri rami del diritto: l’art. 25 Cost. pone al riguardo un’espressa riserva di legge. Il nostro legislatore, quindi, non soltanto ha riservato allo Stato ogni competen-za normativa in materia penale (principio della statualità), ma ha disposto che fonti del diritto penale siano solo la legge ordinaria e gli atti ad essa equipa-rati (principio di legalità).

Il diritto penale è costituito da norme contenute nel codice penale e nelle leggi penali speciali; tuttavia, numerose sono le norme contenute nel codice di procedura penale (il quale disciplina lo svolgimento del «processo penale» che può, eventualmente, portare alla irrogazione della pena) nonché nel codice ci-vile.

Quanto alla consuetudine essa, nel diritto penale, ha efficacia limitata.

In particolare:

a) la consuetudine innovatrice non opera nel diritto penale, ostandovi il principio della riserva di legge;

b) la consuetudine abrogatrice, del pari, non opera nel diritto penale, in quanto l’abrogazione di una disposizione di legge può derivare solo da altra norma;

c) la consuetudine integratrice si ritiene, in dottrina, possa operare solo se in senso favorevole all’imputato.

4. IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ ED I SUOI COROLLARI

A) Il principio di legalità

Il diritto penale si caratterizza, come detto, per l’afflittività delle sue san-zioni, capaci di incidere sulla libertà personale. Se l’irrogazione delle pene fos-se rimessa alla discrezionalità di un singolo soggetto, non solo risulterebbe

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Capitolo Primo - Concetti introduttivi 9

minacciata la libertà di tutti gli individui, ma si giungerebbe ad annullare com-pletamente la funzione stessa del diritto penale, non potendo i singoli cono-scere in anticipo quali siano i beni tutelati e, di conseguenza, le condotte ag-gressive suscettibili di pena.

Da tutto ciò discende la necessità di un «fondamento legale» della norma-tiva penale, inteso tanto come competenza di un unico potere a legiferare in tale materia (il Parlamento in quanto espressione della volontà popolare), quanto come impossibilità di assoggettare a pena quelle condotte non anco-ra considerate illecite al momento in cui furono poste in essere. Tale esigen-za trova soddisfazione in uno dei principi-cardine di ogni sistema penale de-mocratico, il cd. principio di legalità. Già accolto nello Statuto Albertino, il principio ha trovato conferma nel Codice Rocco, e definitiva consacrazione nella Costituzione repubblicana. Le norme in cui si incardina sono, nello spe-cifico, gli artt. 1 e 199 c.p., nonché l’art. 25, commi 2 e 3 della Costituzione. In particolare, ai sensi dell’art. 1 c.p. «Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite». Quanto all’art. 199, sancisce che»Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla leg-ge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti». Quanto, infine, ai commi secon-do e terzo dell’art. 25 Cost. dispongono che «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso» e che «Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge».

La dottrina prospetta due diverse concezioni del principio di legalità. La prima, detta forma-le, è quella che traduce la portata di questo principio in un divieto di punire qualsiasi fatto che, al momento della commissione, non sia espressamente previsto come reato dalla legge e con pene che non siano dalla legge stessa espressamente stabilite (MANTOVANI). La seconda, detta sostan-ziale, considera reato ogni fatto socialmente pericoloso, anche qualora non espressamente previ-sto dalla legge, a cui deve quindi applicarsi la pena adeguata allo scopo. Dalla lettura della Costi-tuzione e del Codice Penale si evince come ad essere stata accolta nel nostro ordinamento sia la concezione formale, la quale assolve una insostituibile funzione di garanzia delle libertà degli indi-vidui, evitando il rischio di arbìtri da parte del potere giudiziario e di quello esecutivo, ed assicu-rando la certezza e l’uguaglianza nell’applicazione del diritto.

B) I corollari della legalità formale: la riserva di legge

L’art. 25 della Costituzione, attribuendo alla sola legge emanata dal Parla-mento, quale più alta espressione della volontà popolare, la forza di prevede-re le fattispecie astratte di reato e le relative pene, sancisce il principio della riserva di legge statale.

In base a tale principio, solo una legge dello Stato può prevedere un deter-minato fatto come reato, pertanto sia le fonti non scritte, che quelle scritte di-verse dalla legge statale non possono essere fonti di diritto penale. Solo al le-gislatore ordinario, quindi, è attribuito il potere di emanare norme in tale ma-teria.

Ciò detto, ci si è posti il problema della natura della riserva di legge contenuta nell’art. 25 Cost. Per alcuni, si tratterebbe di una riserva relativa, potendo anche fonti normative secondarie,

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Parte Prima - Parte generale1010

come i regolamenti, concorrere alla creazione di norme penali, sia pur nell’ambito delle linee di-rettive fondamentali della disciplina fissate dalla legge; per altri si tratterebbe di una riserva as-soluta, potendo essere fonti del diritto penale solo gli atti legislativi dello Stato ovvero le leggi, i decreti legge ed i decreti legislativi. La dottrina più moderna pur riconoscendo la natura «tenden-zialmente assoluta» della riserva di legge sancita dall’art. 25, secondo comma Cost., tenta di for-nirne un’interpretazione meno rigorosa, ammettendo la possibilità di intervento di fonti norma-tive secondarie nell’ambito di settori tecnici ed in rapporto a precise esigenze di aggiornamento dei parametri di configurabilità dell’illecito penale (cd. riserva assoluta temperata). Aperture ri-spetto al rigore della riserva di legge assoluta si registrano anche da parte della Corte costituzio-nale, la quale, in più occasioni, ha sostenuto che la riserva di legge avrebbe carattere assoluto in relazione alla determinazione della pena, in quanto solo il legislatore dello Stato può fissarne i confini, mentre avrebbe carattere relativo in relazione al precetto, potendo il medesimo essere in-tegrato da atti del potere esecutivo, a condizione, tuttavia, che sia la legge dello Stato a fissarne presupposti, caratteri, contenuto e limiti.

C) Segue: il principio di tassatività

Il principio di determinatezza o tassatività si pone come ulteriore corolla-rio al principio di legalità. Affinché, infatti, possa dirsi rispettato tale princi-pio-cardine del sistema penale, non basta che il legislatore delinei il fatto-re-ato, occorrendo anche che la formulazione della norma penale, e la conse-guente individuazione del fatto-reato in essa contenuto, non sia generica ma sufficientemente precisata, così da potersi desumere con facilità ciò che è puni-to e ciò che, viceversa, è penalmente lecito o irrilevante.

Il principio di tassatività ha, dunque, la duplice funzione di far da guida al comportamento del cittadino, che è posto in grado di discernere con esattezza il lecito dall’illecito, oltre a garan-tire il diritto di difesa dell’imputato, il quale risulterebbe menomato dalla mancanza di una pun-tuale descrizione legale del fatto contestato.

D) Segue: il principio di tipicità ed il divieto di analogia

Conseguenza logico-giuridica della riserva di legge e della necessaria de-terminatezza è il principio di tipicità. È, infatti, da ritenersi penalmente rile-vante solo ciò che il legislatore ha esplicitamente delineato come tale nella norma incriminatrice; da ciò deriva che i reati costituiscono un numerus clau-sus, essendo tutti tipici e nominati.

Altro corollario del principio di legalità formale è consacrato dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, il quale dispone, fra l’altro, che le leggi penali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati, sancendo, dunque, il divieto di applicazione analogica per le norme penali in senso stret-to, cioè per quelle che prevedono i singoli reati e le relative sanzioni, e per quelle altre disposizioni che, integrando tali norme, limitano i diritti dell’in-dividuo (cd. analogia in malam partem). Parte della dottrina ritiene, invece, ammissibile l’analogia in bonam partem, sempre che si tratti di norme non ec-cezionali (ad esempio, secondo tale dottrina, può ricorrersi all’analogia in ma-teria di cause di giustificazione e di cause che escludono o diminuiscono l’im-putabilità).

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Capitolo Primo - Concetti introduttivi 11

Differenze

Dalla interpretazione o integrazione analogica, va tenuta distinta l’interpretazione esten-siva:

— l’interpretazione analogica, pur implicando una attività interpretativa della legge, ha un ac-centuato carattere creativo: essa, infatti, si muove al di fuori di una qualsiasi previsione normativa e consiste, appunto, nel dare una regolamentazione ad un caso non disciplinato, né espressamente né implicitamente, dalla legge attraverso l’applicazione della disciplina prevista in relazione ad un caso simile;

— l’interpretazione estensiva, per contro, opera sempre nell’ambito di una norma ma compor-ta la riconduzione sotto la disciplina della stessa norma di una ipotesi apparentemente fuo-ri della sua sfera.

Ciò significa che si è nell’ambito dell’interpretazione estensiva quando il contenuto effettivo del-le singole disposizioni, accertato correttamente attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dal-la tecnica giuridica, è più ampio di quello che appare dalle espressioni letterali che compon-gono la disposizione stessa, per cui ipotesi che apparentemente ne restavano fuori debbono invece ritenersi rientrare sotto la sua disciplina.Tale interpretazione non incontra limitazioni nell’art. 14 delle preleggi, perché non amplia il contenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette si sottraggano alla sua disciplina per l’ingiustificata mancanza di espressioni letterali; come tale, l’interpreta-zione estensiva è ammessa in relazione a tutte le disposizioni di legge, comprese quelle pe-nali e quelle che fanno eccezioni a regole generali, in quanto anche di queste identifica i tem-pi e l’ambito di applicazione.

E) Segue: il principio di irretroattività e la successione di leggi nel tempo

Fra i corollari del principio di legalità rientra,altresì, il principio di irretro-attività della legge penale. Per un esame della specifica disciplina concernen-te tale principio, si rinvia a quanto si dirà nel Capitolo successivo.

5. Segue: PRINCIPIO DI MATERIALITÀ

Il principio di materialità, sancito dall’art. 25 Cost., comporta che il reato debba necessariamente consistere in un fatto umano materialmente estrinse-cantesi nel mondo esteriore: cogitationis poenam nemo patitur.

6. Segue: PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ

Secondo detto principio, per la sussistenza del reato non è sufficiente che il fatto concreto sia conforme a quello tipico previsto dalla norma incrimina-trice, occorrendo altresì che esso sia realmente offensivo del bene protetto dal-la stessa norma (v. art. 49, comma 2 c.p.).

In relazione al bene giuridico tutelato dalla norma penale si distinguono:

— reati monoffensivi per i quali è necessaria e sufficiente l’offesa di un solo bene giuridico (ad esempio, omicidio e lesioni);

— reati plurioffensivi, cioè offensivi di più beni giuridici (ad esempio la ra-pina, lesiva del patrimonio e della libertà personale).

Differenze

Dalla interpretazione o integrazione analogica, va tenuta distinta l’interpretazione esten-siva:

— l’interpretazione analogica, pur implicando una attività interpretativa della legge, ha un ac-centuato carattere creativo: essa, infatti, si muove al di fuori di una qualsiasi previsione normativa e consiste, appunto, nel dare una regolamentazione ad un caso non disciplinato, né espressamente né implicitamente, dalla legge attraverso l’applicazione della disciplinaprevista in relazione ad un caso simile;

— l’interpretazione estensiva, per contro, opera sempre nell’ambito di una norma ma compor-rrta la riconduzione sotto la disciplina della stessa norma di una ipotesi apparentemente fuo-ri della sua sfera.

Ciò significa che si è nell’ambito dell’interpretazione estensiva quando il contenuto effettivo del-le singole disposizioni, accertato correttamente attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dal-la tecnica giuridica, è più ampio di quello che appare dalle espressioni letterali che compon-gono la disposizione stessa, per cui ipotesi che apparentemente ne restavano fuori debbonoinvece ritenersi rientrare sotto la sua disciplina.Tale interpretazione non incontra limitazioni nell’art. 14 delle preleggi, perché non amplia ilcontenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette si sottragganoalla sua disciplina per l’ingiustificata mancanza di espressioni letterali; come tale, l’interpreta-zione estensiva è ammessa in relazione a tutte le disposizioni di legge, comprese quelle pe-nali e quelle che fanno eccezioni a regole generali, in quanto anche di queste identifica i tem-pi e l’ambito di applicazione.

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Parte Prima - Parte generale1212

7. Segue: PRINCIPIO DI SOGGETTIVITÀ

Secondo il principio di soggettività, un comportamento umano costituisce reato quando, oltre ad essere tipico e compiuto in assenza di cause di giustifi-cazione, è anche riferibile alla volontà dell’agente: per aversi reato, quindi, oc-corre che sussista non solo un nesso causale, ma anche un nesso psichico tra l’agente e il fatto criminoso (v. Cap. 3, §12).

A seguito della sentenza 364/88 della Corte Costituzionale, principio car-dine del nostro sistema penale è quello della colpevolezza. Esso è il presup-posto dello stesso principio costituzionale della personalità della responsabili-tà penale, sancito dall’art. 27 comma 1 della Costituzione; inoltre è fondamen-to e misura della pena.

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Capitolo Secondo

L’efficacia della legge penale

1. L’EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE NEL TEMPO

Fra i corollari del principio di legalità, come accennato nel precedente Ca-pitolo, rientra il principio di irretroattività della legge penale. Questo è evinci-bile dalla lettera del comma 2 dell’art. 25 Cost. («Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commes-so»), ma anche dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale («La leg-ge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo»). È, dun-que, impossibile applicare una legge che considera reato un dato fatto a com-portamenti posti in essere prima dell’entrata in vigore della legge stessa.

Se, peraltro, la dinamica della successione di leggi in materia penale è go-vernata dal principio di irretroattività della norma incriminatrice, il medesimo deve, tuttavia, coordinarsi con i precetti emergenti dall’art. 2 c.p. Nel suoi com-mi, in particolare, il citato articolo prevede tre diverse situazioni: la nuova in-criminazione, l’abolizione di incriminazioni precedenti e la creazione di dispo-sizioni soltanto modificative.

In relazione alla prima, sancisce l’art. 2, comma 1, che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non co-stituiva reato (quando, dunque, la legge configura come reato un fatto che in precedenza non era previsto come tale, si applica il principio della irretroatti-vità della norma incriminatrice, la qual cosa ribadisce quanto affermato dalla succitata previsione costituzionale).

Quanto alla seconda, dispone l’art. 2, comma 2, che nessuno può essere pu-nito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali (quando, dunque, la nuova norma non preveda più come reato un fatto che in precedenza era considerato tale, si applica il principio della retroattività della legge nuova, fa-vorevole alla libertà).

A disciplinare l’ultima delle situazioni delineate provvede, infine, il quarto com-ma dell’art. 2, ai sensi del quale se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favore-voli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. Il limite dell’in-tangibilità del giudicato trova, tuttavia, un’eccezione nel disposto del comma 3 dell’art. 2, neointrodotto dalla cd. legge sui reati di opinione (L. 85/2006), a norma del quale se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore pre-vede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte im-mediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 135 del codice penale.

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Parte Prima - Parte generale1414

Tali disposizioni non si applicano nel caso di leggi eccezionali o temporanee (art. 2, comma 5 c.p.), per le quali si applica sempre la legge del tempo in cui è stato commesso il reato. La ratio di una tale limitazione è palese: evitare che gli autori dei reati previsti da tali leggi si sottraggano all’applicazione della pena, commettendo il fatto in prossimità della scadenza del termine di effica-cia della norma ovvero quando l’eccezionalità della situazione sta per cessare. Il divieto di applicazione di tali disposizioni alle norme finanziarie, previsto dall’art. 20, L. 4/1929, è stato abrogato dal D.Lgs. 507/1999.

Inoltre, esse non si applicano alle norme di carattere processuale, sicché que-ste ultime, anche se «sfavorevoli» per l’imputato (ad es. in tema di custodia cautelare), possono avere efficacia retroattiva (cfr. Corte cost. 1-2-1982, n. 15).

Riguardo ai decreti legge non convertiti o convertiti con modifiche, le norme da essi poste, non si applicano ai fatti commessi anteriormente alla loro en-trata in vigore (v. Corte cost. 51/1985), anche se più favorevoli; parte della dot-trina, però, ne sostiene l’applicabilità ai fatti commessi durante la vigenza del decreto stesso.

Le leggi penali dichiarate incostituzionali, poi, secondo un recente indiriz-zo della Corte Costituzionale (sent. n. 148/1993), continuano ad applicarsi, se più favorevoli, ai fatti commessi sotto il loro vigore, in omaggio al principio di irretroattività delle norme penali incriminatrici.

Giurisprudenza

È stata oggetto di interesse da parte della Cassazione la questione della rilevanza dei mutamenti concernenti le norme extrapenali richiamate dalle norme penali, finalizzata a determinare la di-sciplina concretamente applicabile, alla luce delle previsioni sulla successione di leggi penali nel tempo. In un autorevole pronunciamento a Sezioni Unite, la Corte ha affermato che in tema di successione di leggi penali, la modificazione della norma extrapenale richiamata dalla dispo-sizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso se tale norma è integratrice di quella penale oppure ha essa stessa efficacia retroattiva. In particolare, nel caso sottoposto alla sua attenzione la Corte ha ritenuto che l’adesione della Romania all’Unione eu-ropea, con il conseguente acquisto da parte dei rumeni della condizione di cittadini europei, non ha determinato la non punibilità del reato di ingiustificata inosservanza dell’ordine del que-store di allontanamento dal territorio dello Stato commesso dagli stessi prima del 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore del Trattato di adesione, in quanto quest’ultimo e la relativa leg-ge di ratifica si sono limitati a modificare la situazione di fatto, facendo solo perdere ai rume-ni la condizione di stranieri, senza che tuttavia tale circostanza sia stata in grado di operare re-troattivamente sul reato già commesso (Cass. Sez. Un. 16-1-2008, n. 2451). Sempre in tema di successione di leggi ha, più di recente, precisato la Cassazione che, in caso di abrogazione di una norma incriminatrice, per accertare se le tipologie di fatti in essa comprese siano ricon-ducibili ad altra disposizione generale preesistente, è necessario procedere al confronto strut-turale tra le due fattispecie astratte, integrando all’occorrenza tale criterio attraverso una va-lutazione dei beni giuridici rispettivamente tutelati, al fine di verificare l’eventuale intenzione dell’intervento abrogativo di non attribuire più rilievo al disvalore insito nella fattispecie in-criminatrice soppressa (Cass. Sez.Un. 2-6-2009, n. 24468).

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Capitolo Secondo - L’efficacia della legge penale 15

2. L’EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE NELLO SPAZIO: PRINCIPIO DI TERRITORIALITÀ E LOCUS COMMISSI DELICTI

La norma penale incontra limiti di efficacia nello spazio, nel senso che la sua forza obbligatoria si esplica in ambiti territoriali delimitati. Il nostro or-dinamento, come la maggior parte degli Stati democratici moderni, si incar-dina (pur se con parziali deroghe) sul principio di territorialità, in virtù del qua-le la sfera di efficacia di una norma penale è limitata al territorio dello Stato, e pertanto ha efficacia imperativa nei riguardi di tutti i soggetti che vi si tro-vino, siano essi cittadini, stranieri o apolidi.

Ai sensi dell’art. 4 c.p. agli effetti della legge penale, è territorio dello Sta-to il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità del-lo Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio del-lo Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto inter-nazionale, a una legge territoriale straniera. Oltre, quindi, alla terraferma, de-limitata dai confini politici, si considera territorio dello Stato anche il mare territoriale (o costiero), i cui limiti variano in base alle norme interne dei sin-goli Stati e dei trattati internazionali, lo spazio aereo sovrastante il territorio ed il sottosuolo, fin dove è possibile ricavarne una utilità.

Dopo aver fornito la nozione di territorio dello Stato rilevante, il codice precisa, quanto al locus commissi delicti, che «chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana», specificando, ad un tempo, che «il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quan-do l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissio-ne». È controverso se anche i cd. atti preparatori rilevino, ai fini dell’applica-bilità della legge penale italiana.

La dottrina maggioritaria è per la soluzione positiva, evidenziando però come tra questi non possa rientrare la mera risoluzione criminosa, per cui non sarà punibile un reato solo ordito in Italia, ma i cui atti di esecuzione siano posti in essere all’estero.

Gli artt. 7, 8, 9 e 10 c.p. prevedono talune deroghe al principio di territo-rialità disponendo la punibilità secondo la legge italiana, di reati commessi all’estero.

3. LE IMMUNITÀ

L’art. 3 c.p. stabilisce che la legge penale obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato.

Costituiscono eccezione a tale principio le cd. «immunità»:

a) derivanti dal diritto pubblico interno

— il Capo dello Stato non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento e attentato alla Costi-tuzione (art. 90 Cost.);

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Parte Prima - Parte generale1616

— i Membri del Parlamento e dei Consigli Regionali non sono perseguibili per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni (art. 68 Cost.);

b) derivanti dal diritto internazionale

riguarda i Capi di Stati esteri, i Ministri degli Esteri, gli agenti diplomati-ci e consolari, etc., e sono dettate da necessità di ordine politico.

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Capitolo Terzo

Il reato in generale

1. CONCETTO DI REATO

La dottrina penalistica distingue due diverse nozioni di reato:

— formale, secondo cui è reato ogni fatto umano al quale l’ordinamento giu-ridico ricollega una sanzione penale, vale a dire una pena inflitta dalla Au-torità giudiziaria a seguito di un procedimento giurisdizionale (cd. pena criminale);

— sostanziale, secondo cui è reato ogni fatto socialmente pericoloso.

2. DIFFERENZE TRA IL REATO E GLI ALTRI ILLECITI

L’ordinamento giuridico può configurare un comportamento umano con-trario ad una norma come illecito penale, illecito civile o illecito amministrati-vo. La distinzione del reato dall’illecito amministrativo si fonda esclusivamen-te su elementi formali (essendo, secondo la dottrina prevalente, impossibile in-dividuare una differenza sostanziale) ossia sul tipo di sanzione prescelta dal legislatore e sull’organo — giurisdizionale o amministrativo — competente ad infliggerla.

Analogamente, si ritiene che il reato possa essere distinto dall’illecito civile esclusivamente in base al criterio estrinseco e legale del «nomen iuris» della sanzione: pena per il reato e risarcimento del danno per l’illecito civile.

Inoltre, si osserva che in campo civile non dominano i principi della riser-va di legge e di tassatività mentre sono ammesse forme di responsabilità indi-retta (cd. responsabilità per rischio) o di responsabilità oggettiva; in campo am-ministrativo, invece, la riserva di legge è solo relativa (laddove in diritto pena-le si discute se sia assoluta o relativa).

3. DELITTI E CONTRAVVENZIONI

I reati si distinguono in due grandi categorie: delitti e contravvenzioni.

Quanto al criterio di distinzione, l’art. 39 c.p. stabilisce che:

— i delitti sono puniti con le pene della reclusione e della multa;— le contravvenzioni sono punite con le pene dell’arresto e dell’ammenda.

4. IL SOGGETTO ATTIVO DEL REATO

Il soggetto attivo del reato è colui (o coloro, nel caso di concorso) che pone in essere il comportamento vietato dalla norma incriminatrice.

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Parte Prima - Parte generale1818

In relazione al soggetto, distinguiamo:

— reati comuni: quelli che chiunque può commettere, indipendentemente da particolari caratteristiche soggettive. In tali ipotesi la norma, di regola, fa riferimento all’espressione «chiunque» (ad es.: l’omicidio);

— reati propri: quelli che solo soggetti che rivestono una determinata quali-tà, ovvero si trovano in una determinata situazione possono porre in esse-re (così, solo un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio pos-sono commettere il delitto di peculato, art. 314; solo chi è testimone in un processo può commettere il reato di falsa testimonianza, art. 372 etc.).

5. IL SOGGETTO PASSIVO DEL REATO

Il soggetto passivo del reato (nel codice si parla di «persona offesa dal re-ato») è il titolare del bene o dell’interesse che la norma giuridica tutela e che è leso dal comportamento umano costituente reato (es.: soggetto passivo del delitto di furto è il proprietario della cosa rubata).

Soggetto passivo può essere un singolo individuo ovvero una persona giuri-dica, ivi compreso lo Stato (ad esempio nei reati contro la personalità dello Stato, nei reati contro l’amministrazione della giustizia etc.).

Quando un reato lede o pone in pericolo più beni-interessi, appartenenti a soggetti distinti, si dice plurioffensivo (es.: la calunnia: offende nello stesso tempo lo Stato, nel suo interesse alla regolare amministrazione della giusti-zia, e la persona falsamente incolpata).

Se offende un numero indeterminato di persone si parla di reati vaghi (o vaganti) (es. art. 422 c.p., strage).

Il soggetto passivo va distinto dall’oggetto materiale del reato (la persona o la cosa su cui cade l’attività del reo).

Quando l’oggetto materiale è una persona, esso può coincidere (come nel caso del delitto di percosse) o meno con il soggetto passivo.

Differenze

Il soggetto passivo del reato va tenuto distinto dal danneggiato dal reato, per tale intenden-dosi colui che dal reato ha subito un danno civilmente risarcibile, anche senza essere titolare del bene giuridico protetto. La figura del titolare del bene giuridico protetto, cioè, appunto, del soggetto passivo del reato, è rilevante perché a lui spetta, nei casi in cui sia ammissibile, di prestare il proprio consenso, con efficacia scriminante ex art. 50 c.p., nonché il diritto di presentare querela, nei casi di reati punibili a querela della persona offesa. Il semplice dan-neggiato non ha alcun potere di querela, ma può solo esercitare l’azione civile per ottenere il risarcimento dei danni. Si tenga presente che soggetto passivo e persona danneggiata dal re-ato possono coincidere (così nel delitto di lesioni), o risultar distinte (ad esempio nel delitto di omicidio). Taluni distinguono, altresì, il soggetto passivo del reato dal soggetto passivo della condotta, cioè da colui su cui la condotta criminosa viene a incidere immediatamente, e pertanto viene considerato, più propriamente, oggetto della condotta. Spesso,peraltro, i due concetti coincidono (ad esempio, nell’omicidio il soggetto passivo è l’ucciso, che è anche sog-getto passivo della condotta).

Differenze

Il soggetto passivo del reato va tenuto distinto dal danneggiato dal reato, per tale intenden-dosi colui che dal reato ha subito un danno civilmente risarcibile, anche senza essere titolaredel bene giuridico protetto. La figura del titolare del bene giuridico protetto, cioè, appunto,del soggetto passivo del reato, è rilevante perché a lui spetta, nei casi in cui sia ammissibile,di prestare il proprio consenso, con efficacia scriminante ex art. 50 c.p., nonché il diritto dipresentare querela, nei casi di reati punibili a querela della persona offesa. Il semplice dan-neggiato non ha alcun potere di querela, ma può solo esercitare l’azione civile per ottenere ilrisarcimento dei danni. Si tenga presente che soggetto passivo e persona danneggiata dal re-ato possono coincidere (così nel delitto di lesioni), o risultar distinte (ad esempio nel delittodi omicidio). Taluni distinguono, altresì, il soggetto passivo del reato dal soggetto passivodella condotta, cioè da colui su cui la condotta criminosa viene a incidere immediatamente,e pertanto viene considerato, più propriamente, oggetto della condotta. Spesso,peraltro, i dueconcetti coincidono (ad esempio, nell’omicidio il soggetto passivo è l’ucciso, che è anche sog-getto passivo della condotta).

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Capitolo Terzo - Il reato in generale 19

6. LA STRUTTURA DEL REATO

La dottrina, analizzando le singole figure criminose, ha elaborato una teo-ria generale del reato, che individua nella struttura dell’illecito penale una se-rie di elementi costitutivi comuni a tutte le fattispecie criminose.

L’analisi della struttura del reato ha condotto alla formazione di due diver-se concezioni: la teoria della tripartizione e la teoria della bipartizione.

Secondo la prima teoria, il reato si compone di tre elementi ossia il fat-to tipico, l’antigiuridicità obiettiva e la colpevolezza. Ad essa si contrappone quella della bipartizione, che distingue l’elemento oggettivo da quello soggetti-vo.

7. ELEMENTO OGGETTIVO

In esso vanno ricompresi:

— elementi positivi rappresentati dalla:

— condotta (unico elemento sempre necessario) (v. infra §8);— evento (v. infra §9);— nesso di causalità (v. infra § 10);

— elementi negativi: ossia gli elementi che devono mancare perché si abbia la fattispecie criminosa. Si tratta dell’assenza di cause di giustificazione.

8. Segue: LA CONDOTTA UMANA

Con il termine condotta si indica ogni comportamento umano in contrasto con la legge penale. È sempre necessario che tale comportamento si traduca in manifestazioni esterne, dal momento che il semplice atto psichico non è rile-vante per il diritto penale (cogitationis poenam nemo patitur).

La condotta può essere positiva, e quindi consistere in un facere-azione che si traduce in un reato commissivo, oppure negativa, dando luogo ad un reato omissivo.

Ogni azione può, poi, essere costituita da più atti, teleologicamente coor-dinati e contestuali, ovvero che si susseguono immediatamente.

Quanto, invece, ai reati omissivi, si distinguono in reati omissivi propri, per la cui sussistenza è necessaria e sufficiente la semplice condotta negativa del reo, non essendo richiesto alcun ulteriore effetto di tale condotta (si pensi all’omissione di soccorso) e reati omissivi impropri, o altrimenti detti commis-sivi mediante omissione, per i quali è richiesto il verificarsi di un evento colle-gato alla condotta omissiva, come risultato della medesima.

L’art. 40, 2° comma, c.p. disciplina il reato omissivo improprio, sancendo l’equivalenza normativa tra il non impedire ed il cagionare un evento. Perché tale equivalenza si realizzi è, però, necessario che sull’agente gravi un obbli-go giuridico di impedire quel particolare evento, in ragione della posizione di garanzia che occupa (posizione di controllo o posizione di protezione). Tale fattispecie si realizza, dunque, allorquando l’agente, con la sua omissione, non

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272 Indice272

Capitolo Settimo: I reati contro la fede pubblica

1. L’oggetto giuridico dei reati di falso ............................................................................ Pag. 156 2. I singoli delitti .............................................................................................................. » 157

Capitolo Ottavo: I delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio

1. Generalità ..................................................................................................................... » 160 2. Principali figure delittuose .......................................................................................... » 160 3. Altre ipotesi delittuose ................................................................................................. » 162

Capitolo Nono: I delitti contro la moralità pubblica e il buon costume

1. Generalità ..................................................................................................................... » 164 2. Principali figure delittuose .......................................................................................... » 164

Capitolo Decimo: I delitti contro il sentimento per gli animali

1. Generalità ..................................................................................................................... » 166 2. Le singole figure delittuose .......................................................................................... » 166

Capitolo Undicesimo: I delitti contro la famiglia

1. Generalità ..................................................................................................................... » 168 2. Principali figure delittuose .......................................................................................... » 168 3. Altre ipotesi delittuose ................................................................................................. » 170

Capitolo Dodicesimo: I delitti contro la persona

1. Generalità ..................................................................................................................... » 171 2. Principali figure criminose .......................................................................................... » 171 3. Altre ipotesi delittuose ................................................................................................. » 192

Capitolo Tredicesimo: I delitti contro il patrimonio

1. Generalità ..................................................................................................................... » 193 2. Principali figure delittuose .......................................................................................... » 194 3. Altre ipotesi delittuose ................................................................................................. » 207

Elenco alfabetico degli argomenti oggetto delle principali domande d’esame .... » 209

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AVVOCATOQUADERNI dell’ ASPIRANTEi

DIRITTOPENALE

Un manuale di nuova concezione per la preparazione alla provaorale, organizzato in maniera originale al fine di fornire al candidato,che già possiede una conoscenza di base della materia, ulteriorispunti per dare risposte convincenti ed efficaci in sede d’esame.I Quaderni dell’aspirante Avvocato, facendo tesoro della pluriennaleesperienza delle Edizioni Simone, presentano in maniera piana esistematica l’intera disciplina, privilegiando istituti che maggior-mente potrebbero costituire oggetto di domanda.A tal fine, in appendice è proposto un elenco alfabetico dei quesitipiù frequentemente posti dagli esaminatori.Questo Quaderno di Diritto Processuale Penale, pertanto, da soloo in affianco al vecchio e fedele manuale istituzionale, persegueil fine di aggiornare l’aspirante Avvocato e condurlo brillantementeal superamento della prova orale.

S

GENERALE e SPECIALE

Teresa
Timbro