IGIORNI DEL G8 • LA PREOCCUPAZIONE DELLA CGIL IL PUNTO...

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31 LUGLIO 2001 ANNO XLVII • NUMERO 29 Spedizione in abbonamento postale 45% art.2 comma 20/B legge 662/96. Filiale di Roma. L. 3.000 - Euro 1,55 Quello che segue è l’intervento inviato dal leader sudafricano al convegno internazionale dei sin- dacati a Genova il 18 luglio Nelson Mandela I sindacati in Italia e in altri paesi del mondo hanno svolto un ruolo vitale nella lotta per li- berare il Sud Africa dal giogo dell’oppressione e dell’apartheid. Il movimento sindacale conti- nua a dare un contributo magnifico alla lotta per liberare l’umanità dalla povertà, dalla malattia e dall’ignoranza e per costruire un mondo mi- gliore in cui tutti noi cammine- remo con orgoglio, rivendican- do la nostra proprietà collettiva delle risorse del mondo. Uomini e donne onorabili sono uniti nell’affermare che la glo- balizzazione deve essere al ser- vizio di tutti i cittadini del mon- do. Tutti noi vediamo con orro- re che, entrando nel 21° secolo, il mondo è profondamente di- viso da una nuova forma di apartheid. Questo apartheid globale opprime miliardi di cittadini del mon- do, che sono privati dei loro diritti sociali ed eco- nomici. Come accadde nel caso dell’apartheid in Sud Africa, una minoranza prospera e gode di ricchezza oscena, come risultato diretto dell’e- strema miseria e dell’oppressione della grande maggioranza. Allo stesso tempo, la stragrande maggioranza delle persone rimane povera e pri- va di potere, intrappolata in una miseria degra- dante, uccisa a milioni da malattie che si posso- no prevenire, mutilata da bombe e fucili, sfrut- tata come manodopera infan- tile o carceraria, e i diritti uma- ni fondamentali vengono ne- gati. Questa lista potrebbe con- tinuare all’infinito. Invece di ri- dursi, le diseguaglianze si stan- no aggravando. Invece di ridur- si, la povertà sta crescendo. In- vece di fare un uso più raziona- le e sostenibile delle risorse del mondo, si sta aggravando la mi- naccia al nostro pianeta. Tutto ciò sta producendo un movi- IL PUNTO Bonus: Formigoni fa scuola La decisione del governo di centro-destra di ritirare il ri- corso presentato alla Corte co- stituzionale dal precedente esecutivo contro la delibera della giunta regionale Lom- barda sui buoni scuola meri- ta ancora qualche riflessione. La decisione sottrae al giudi- zio della Corte una norma pa- lesemente in contrasto con la Costituzione, perché rappre- senta un ulteriore atto nella direzione della privatizzazio- ne del sistema scolastico at- traverso la riduzione delle ri- sorse destinate alla scuola pubblica e a chi la frequenta. Attraverso il riconoscimento delle sole spese per le rette e il funzionamento della scuo- la vengono di fatto escluse dal contributo le famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole statali, visto che nelle scuole di Stato le spese di fun- zionamento sono a carico de- gli enti locali e l’iscrizione ge- neralmente non supera mai la quota di 150.000 lire. Al dan- no della decisione governati- va si è aggiunta un’ulteriore beffa. Su 92 miliardi previsti per il buono scuola ne sono stati utilizzati solo 67 e nes- suna delle pochissime do- mande che proviene da geni- tori i cui figli frequentano le scuole pubbliche verrà accol- ta. La Regione ha respinto la proposta presentata dalle op- posizioni di utilizzare i 25 mi- liardi inutilizzati per amplia- re il diritto allo studio, che si rivolge a tutti ma può oggi con- tare su soli 13 miliardi. For- migoni ha invece deciso di de- stinare questa somma per ri- durre il disavanzo del bilan- cio regionale, che deriva, prin- cipalmente, dalle scelte di pri- vatizzazione nella sanità. Cgil, Cisl e Uil scuola della Lombardia si sono impegna- te a riprendere una diffusa ini- ziativa nelle scuole finalizza- ta a contrastare la delibera che la giunta dovrà ripresentare per il prossimo anno scola- stico. Tuttavia, le proposte di regionalizzazione del sistema scolastico previste nel ddl sul federalismo di Bossi, o quel- le comprese nei progetti di riforma a cui si ispira il mini- stro Moratti, unitamente alla generalizzazione del buono scuola, richiedono una mobi- litazione che coinvolga l’inte- ro sindacalismo confederale. WOLFANGO PIRELLI Segretario Cgil scuola Lombardia SETTIMANALE DI POLITICA ED ECONOMIA SOCIALE ALL’INTERNO DPEF QUELLO CHE NON VA PUNTO PER PUNTO pag. 5 FONDI PENSIONE L’AGENDA DELLA CGIL pagg. 10 -11 GLOBALIZZAZIONE IL MESSAGGIO DI NELSON MANDELA AI SINDACATI Il secolo degli esseri umani GENOVA • IN CORTEO CON I SINDACALISTI Piazze a rischio I GIORNI DEL G8 LA PREOCCUPAZIONE DELLA CGIL Violenza: una spirale che va fermata Gli avvenimenti che hanno contrassegnato il vertice di Ge- nova hanno fatto passare in se- condo piano i temi al centro dell’agenda del G8 e anche gli scarsi risultati che questo ver- tice, come del resto gli ultimi, ha prodotto. Questo giornale non è solito aprire con docu- menti ufficiali, ma in questa circostanza abbiamo pensato che, data la gravità dei fatti di cui Genova è stata testimone, fosse necessario fare un’ecce- zione, pubblicando questa no- ta della segreteria della Cgil. L a segreteria della Cgil esprime il pro- prio cordoglio alla famiglia Giuliani, formula gli auguri di pronta guarigione a tutti i feriti e solida- rietà ai cittadini di Genova. Giudica gravissimi gli avve- nimenti di questi giorni che hanno insanguinato e deva- stato la città. Gli ordigni esplosi o provvi- denzialmente neutralizzati, disseminati in varie città; la guerriglia urbana scatenata da migliaia di violenti ed everso- ri; il comportamento delle for- ze dell’ordine sia nella fase di prevenzione che in quella di gestione della piazza, a parti- re dalla mancata garanzia per decine di migliaia di manife- stanti di sfilare pacificamente in corteo, fino alla brutale ir- ruzione nella sala stampa del Genoa Social Forum e nella scuola adibita ad accoglienza, consegnano un quadro allar- mante, le cui conseguenze ri- schiano di proiettarsi anche nel prossimo futuro. Innanzitutto, occorre con- frontarsi con il tema della vio- lenza e dell’eversione, che vie- ne riproposto dagli ultimi av- venimenti. Rispetto al ritorno del metodo della violenza nes- suna sottovalutazione o in- dulgenza è possibile: da qui la nostra netta condanna e il no- stro impegno di lotta per com- batterla e isolarla in tutte le si- tuazioni in cui si manifesta; co- sì come è necessario che ogni forza politica e sociale, com- prese le singole organizzazio- ni che fanno parte del Gsf, as- sumano posizioni e compor- tamenti rigorosi e privi di ogni ambiguità. Chiunque pensi di attaccare la democrazia e la conviven- za civile deve sapere che il mo- vimento sindacale sarà sem- pre in prima fila per contra- starli e per impedire che il lo- ro delirante disegno possa realizzarsi. L’azione delle forze di sicu- rezza non è stata all’altezza LA MORTE DI CARLO Un ragazzo come tanti Noi non sappiamo perché Carlo Giuliani si sia trova- to con quell’estintore in ma- no il pomeriggio del 20 lu- glio. E, come dice amara- mente suo padre Giuliano, da anni nostro prezioso col- laboratore, non possiamo più chiederglielo. Ma sappiamo che Carlo non era quello che è stato definito su tutti i giornali all’indomani: un barbone, un punkabbestia, uno sbandato. No, Carlo era un ragazzo sensibile. Odiava le ingiu- stizie, lavorava per Amnesty international. Aveva pro- blemi, grandi e piccoli, co- me molti suoi coetanei. Fa- ceva tanti piccoli lavori, qui e là, dove capitava. Era un ragazzo come tanti. A Giuliano e alla sua fami- glia l’abbraccio forte di tut- ti noi di Rassegna. SEGUE A PAGINA 2 SEGUE A PAGINA 3 SEGUE A PAGINA 2 Daniela Binello C inquemila tra metalmec- canici e delegati di diver- se strutture della Cgil hanno raggiunto Genova il 21 luglio per prendere parte alla mani- festazione internazionale in- detta dal Genoa social forum, a cui hanno aderito ottocen- to associazioni per protestare contro i «grandi» riuniti nel ca- poluogo ligure per il G8 e con- tro la globalizzazione. Clau- dio Sabattini, segretario ge- nerale della Fiom, molti se- gretari e dirigenti regionali e provinciali di Lombardia, Pie- monte, Emilia-Romagna, Campania, Puglia, Abruzzo, Molise, Veneto, Lazio, Ligu- ria, Sicilia sono arrivati insie- me alle rispettive delegazioni con pullman e treni speciali. Un sole rovente ha irradiato tutto il giorno una città ango- sciata dal lutto per l’assassi- nio di Carlo Giuliani, il venti- treenne figlio di Giuliano, ex segretario generale della Fun- zione Pubblica ligure. Nel cor- teo vengono distribuite fa- scette nere da mettere al brac- cio in segno di lutto. La notizia dell’uccisione di Carlo ha fatto il giro del mon- do gettando una luce oscura su questo G8 su cui tanto ave- va puntato il governo Berlu- sconi per migliorare la sua im- magine a livello internazio- nale. Ma quando i cinquemi- la si radunano, all’interno di un corteo che arriverà a in- grossarsi fino a due-trecento- mila persone, ancora non san- no che anche il sabato finirà di nuovo tragicamente. Le «tu- te nere» del Black Bloc, grup- pi marginali e professionisti della provocazione, riescono

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31 LUGLIO 2001 ANNO XLVII • NUMERO29

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Quello che segue è l’intervento inviato dal leadersudafricano al convegno internazionale dei sin-dacati a Genova il 18 luglio

Nelson Mandela

Isindacati in Italia e in altri paesi del mondohanno svolto un ruolo vitale nella lotta per li-

berare il Sud Africa dal giogo dell’oppressione edell’apartheid. Il movimento sindacale conti-nua a dare un contributo magnifico alla lotta perliberare l’umanità dalla povertà,dalla malattia e dall’ignoranzae per costruire un mondo mi-gliore in cui tutti noi cammine-remo con orgoglio, rivendican-do la nostra proprietà collettivadelle risorse del mondo.Uomini e donne onorabili sonouniti nell’affermare che la glo-balizzazione deve essere al ser-vizio di tutti i cittadini del mon-do. Tutti noi vediamo con orro-reche, entrando nel 21°secolo,il mondo è profondamente di-viso da una nuova forma diapartheid. Questo apartheid

globale opprime miliardi di cittadini del mon-do, che sono privati dei loro diritti sociali ed eco-nomici. Come accadde nel caso dell’apartheidin Sud Africa, una minoranza prospera e gode diricchezza oscena, come risultato diretto dell’e-strema miseria e dell’oppressione della grandemaggioranza. Allo stesso tempo, la stragrandemaggioranza delle persone rimane povera e pri-va di potere, intrappolata in una miseria degra-dante, uccisa a milioni da malattie che si posso-no prevenire, mutilata da bombe e fucili, sfrut-

tata come manodopera infan-tile o carceraria, e i diritti uma-ni fondamentali vengono ne-gati. Questa lista potrebbe con-tinuare all’infinito. Invece di ri-dursi, le diseguaglianze si stan-no aggravando. Invece di ridur-si, la povertà sta crescendo. In-vece di fare un uso più raziona-le e sostenibile delle risorse delmondo, si sta aggravando la mi-naccia al nostro pianeta. Tuttociò sta producendo un movi-

IL PUNTO

Bonus:Formigonifa scuolaLa decisione del governo dicentro-destra di ritirare il ri-corso presentato alla Corte co-stituzionale dal precedenteesecutivo contro la deliberadella giunta regionale Lom-barda sui buoni scuola meri-ta ancora qualche riflessione.La decisione sottrae al giudi-zio della Corte una norma pa-lesemente in contrasto con laCostituzione, perché rappre-senta un ulteriore atto nelladirezione della privatizzazio-ne del sistema scolastico at-traverso la riduzione delle ri-sorse destinate alla scuolapubblica e a chi la frequenta.Attraverso il riconoscimentodelle sole spese per le rette eil funzionamento della scuo-la vengono di fatto escluse dalcontributo le famiglie cheiscrivono i propri figli allescuole statali, visto che nellescuole di Stato le spese di fun-zionamento sono a carico de-gli enti locali e l’iscrizione ge-neralmente non supera mai laquota di 150.000 lire. Al dan-no della decisione governati-va si è aggiunta un’ulteriorebeffa. Su 92 miliardi previstiper il buono scuola ne sonostati utilizzati solo 67 e nes-suna delle pochissime do-mande che proviene da geni-tori i cui figli frequentano lescuole pubbliche verrà accol-ta. La Regione ha respinto laproposta presentata dalle op-posizioni di utilizzare i 25 mi-liardi inutilizzati per amplia-re il diritto allo studio, che sirivolge a tutti ma può oggi con-tare su soli 13 miliardi. For-migoni ha invece deciso di de-stinare questa somma per ri-durre il disavanzo del bilan-cio regionale, che deriva, prin-cipalmente, dalle scelte di pri-vatizzazione nella sanità.Cgil, Cisl e Uil scuola dellaLombardia si sono impegna-te a riprendere una diffusa ini-ziativa nelle scuole finalizza-ta a contrastare la delibera chela giunta dovrà ripresentareper il prossimo anno scola-stico. Tuttavia, le proposte diregionalizzazione del sistemascolastico previste nel ddl sulfederalismo di Bossi, o quel-le comprese nei progetti diriforma a cui si ispira il mini-stro Moratti, unitamente allageneralizzazione del buonoscuola, richiedono una mobi-litazione che coinvolga l’inte-ro sindacalismo confederale.

WOLFANGO PIRELLISegretario Cgil scuola

Lombardia

SETTIMANALE DI POLITICA ED ECONOMIA SOCIALE

ALL’INTERNO

DPEFQUELLO CHE NON VA PUNTO PER PUNTO

pag. 5FONDI PENSIONEL’AGENDA DELLA CGIL

pagg. 10 -11

GLOBALIZZAZIONE • IL MESSAGGIO DI NELSON MANDELA AI SINDACATI

Il secolo degli esseri umaniGENOVA • IN CORTEO CON I SINDACALISTI

Piazze a rischio

I GIORNI DEL G8 • LA PREOCCUPAZIONE DELLA CGIL

Violenza: una spiraleche va fermata

Gli avvenimenti che hannocontrassegnato il vertice di Ge-nova hanno fatto passare in se-condo piano i temi al centrodell’agenda del G8 e anche gliscarsi risultati che questo ver-tice, come del resto gli ultimi,ha prodotto. Questo giornalenon è solito aprire con docu-menti ufficiali, ma in questacircostanza abbiamo pensatoche, data la gravità dei fatti dicui Genova è stata testimone,fosse necessario fare un’ecce-zione, pubblicando questa no-ta della segreteria della Cgil.

La segreteria dellaCgil esprime il pro-prio cordoglio allafamiglia Giuliani,formula gli auguri dipronta guarigione atutti i feriti e solida-rietà ai cittadini diGenova. Giudicagravissimi gli avve-

nimenti di questi giorni chehanno insanguinato e deva-stato la città.Gli ordigni esplosi o provvi-denzialmente neutralizzati,disseminati in varie città; laguerriglia urbana scatenata da

migliaia di violenti ed everso-ri; il comportamento delle for-ze dell’ordine sia nella fase diprevenzione che in quella digestione della piazza, a parti-re dalla mancata garanzia perdecine di migliaia di manife-

stanti di sfilare pacificamentein corteo, fino alla brutale ir-ruzione nella sala stampa delGenoa Social Forum e nellascuola adibita ad accoglienza,consegnano un quadro allar-mante, le cui conseguenze ri-

schiano di proiettarsi anchenel prossimo futuro.Innanzitutto, occorre con-frontarsi con il tema della vio-lenza e dell’eversione, che vie-ne riproposto dagli ultimi av-venimenti. Rispetto al ritornodel metodo della violenza nes-suna sottovalutazione o in-dulgenza è possibile: da qui lanostra netta condanna e il no-stro impegno di lotta per com-batterla e isolarla in tutte le si-tuazioni in cui si manifesta; co-sì come è necessario che ogniforza politica e sociale, com-prese le singole organizzazio-ni che fanno parte del Gsf, as-sumano posizioni e compor-tamenti rigorosi e privi di ogniambiguità.Chiunque pensi di attaccarela democrazia e la conviven-za civile deve sapere che il mo-vimento sindacale sarà sem-pre in prima fila per contra-starli e per impedire che il lo-ro delirante disegno possarealizzarsi. L’azione delle forze di sicu-rezza non è stata all’altezza

LA MORTE DI CARLO

Un ragazzo come tanti

Noi non sappiamo perchéCarlo Giuliani si sia trova-to con quell’estintore in ma-no il pomeriggio del 20 lu-glio. E, come dice amara-mente suo padre Giuliano,da anni nostro prezioso col-laboratore, non possiamopiù chiederglielo. Ma sappiamo che Carlonon era quello che è statodefinito su tutti i giornaliall’indomani: un barbone,un punkabbestia, unosbandato. No, Carlo era un ragazzosensibile. Odiava le ingiu-stizie, lavorava per Amnestyinternational. Aveva pro-blemi, grandi e piccoli, co-me molti suoi coetanei. Fa-ceva tanti piccoli lavori, quie là, dove capitava. Era unragazzo come tanti. A Giuliano e alla sua fami-glia l’abbraccio forte di tut-ti noidi Rassegna.

SEGUE A PAGINA 2t

SEGUE A PAGINA 3tSEGUE A PAGINA 2t

Daniela Binello

Cinquemila tra metalmec-canici e delegati di diver-

se strutture della Cgil hannoraggiunto Genova il 21 luglioper prendere parte alla mani-festazione internazionale in-detta dal Genoa social forum,a cui hanno aderito ottocen-to associazioni per protestarecontro i «grandi» riuniti nel ca-poluogo ligure per il G8 e con-tro la globalizzazione. Clau-dio Sabattini, segretario ge-nerale della Fiom, molti se-gretari e dirigenti regionali eprovinciali di Lombardia, Pie-monte, Emilia-Romagna,Campania, Puglia, Abruzzo,Molise, Veneto, Lazio, Ligu-ria, Sicilia sono arrivati insie-me alle rispettive delegazionicon pullman e treni speciali.Un sole rovente ha irradiatotutto il giorno una città ango-sciata dal lutto per l’assassi-

nio di Carlo Giuliani, il venti-treenne figlio di Giuliano, exsegretario generale della Fun-zione Pubblica ligure. Nel cor-teo vengono distribuite fa-scette nere da mettere al brac-cio in segno di lutto. La notizia dell’uccisione diCarlo ha fatto il giro del mon-do gettando una luce oscurasu questo G8 su cui tanto ave-va puntato il governo Berlu-sconi per migliorare la sua im-magine a livello internazio-nale. Ma quando i cinquemi-la si radunano, all’interno diun corteo che arriverà a in-grossarsi fino a due-trecento-mila persone, ancora non san-no che anche il sabato finiràdi nuovo tragicamente. Le «tu-te nere» del Black Bloc, grup-pi marginali e professionistidella provocazione, riescono

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num. 29 - 31 luglio 2001

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Falsoinbilancioecooperative:èscontroLA SETTIMANA • CHI COSA QUANDO

20 LUGLIO

POSTE: OK PER IL FONDO MA IL 31 SI SCIOPERA Come le banche, anche le po-ste avranno un Fondo per gliesuberi. Ma, nonostante l’ac-cordo siglato da azienda e 5organizzazioni sindacali (nonha firmato la Cisl, che comun-que ha espresso un assenso inlinea di massima) la protestacontro gli esuberi va avanti:per il 31 luglio Cgil, Cisl, FailpCisal e Confsal Saip hannoconfermato lo sciopero di 24ore; non si sono uniti al bloccoUgl e Uil. «Scioperiamo controil taglio di 9.000 unità – dicePiero Leonesio, della Slc Cgil –.Per il resto, il nostro giudiziosul piano d’impresa che scadenel 2002 è positivo». La tratta-tiva, comunque, continua finoal 9 agosto: dopo quella data,se non si sarà raggiunto un ac-cordo, i sindacati sposterannola trattativa al ministero delLavoro. Grazie al Fondo esu-beri, i postali vicini al pensio-namento potranno uscire be-neficiando di un assegnoequivalente alla pensione net-ta cui avrebbero diritto seavessero maturato i requisitiminimi. L’assegno sarà eroga-to dall’Ipost (l’Istituto di previ-denza dei postelegrafonici),coperto con risorse solo azien-dali e avrà una durata massi-ma di 5 anni.

18 LUGLIO

CHIMICA ED ENERGIA: VIA LIBERA ALLE PIATTAFORME Dall’assemblea unitaria deidelegati Filcea, Flerica e Uil-cem arriva il via libera allepiattaforme per il rinnovo deicontratti della chimica e del-l’energia. Per quest’ultimo set-

tore, l’intesa che si andrà a fir-mare – spiega Franco Farina,segretario nazionale Filcea –dovrà completare il processodi unificazione dei contrattienergia Eni e petrolio privato.In primo piano, tra le altre ri-vendicazioni la formazione, lariduzione oraria per i turnisti eil consolidamento dell’espe-rienza del conto ore. In gene-rale, il governo degli orari do-vrà servire a incrementarel’occupazione. Quanto allachimica, i punti salienti dellapiattaforma sono: ambiente esalute, ampliamento dellacontrattazione aziendale e ter-ritoriale, governo degli orari enormative specifiche per le al-te professionalità. I lavoratori di chimica ed ener-gia chiedono, infine, aumenti

retributivi coerenti con l’ac-cordo di luglio.

18 LUGLIO

MORATTI ATTO SECONDO: 30.000 ASSUNZIONI Il ciclone Moratti non si ferma.Dopo la sospensione dellariforma dei cicli scolastici e l’e-quiparazione tra precari dellascuole privata e pubblica il mi-nistro decisionista non si fer-ma e annuncia l’assunzione,da subito, di 30.000 docentiper l’anno scolastico 2000-01,con decorrenza giuridica dal31 agosto. Quindicimila saran-no reclutati dalle graduatoriepermanenti, l’altra metà daquelle dei concorsi ordinari.Queste assunzioni si somma-no alle 10.000 relative all’anno

scolastico 2000-2001 e sbloc-cate nei giorni scorsi da un de-creto dal governo. SecondoEnrico Panini, segretario dellaCgil scuola, «le assunzioni peril 2001-02 non rappresentanouna novità, bensì la confermadell’entità dei posti già previstidallo scorso anno».

18 LUGLIO

POSTE: CONTRATTO PER LE IMPRESE D’APPALTO Assoposte e Cgil, Cisl e Uilhanno raggiunto l’accordo peril rinnovo del contratto di la-voro dei lavoratori delle im-prese di appalto del trasportopostale. Un contratto scadutoil 31 dicembre ’98 e il cui rin-novo è stato particolarmentedifficile per la grave crisi di un

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della situazione. In un paesecivile non sono accettabili daparte delle forze dell’ordineimprovvisazione, incapacitàdi prevenzione, errori di valu-tazione dei reali obiettivi di chipratica violenza, poiché ren-dono inefficace e contropro-ducente il loro stesso agire edespongono tanti lavoratori dipolizia e carabinieri a situa-zioni di rilevante pericolo; co-sì come non sono sopportabi-li interventi come quelli di sa-bato sera, la cui fondatezza edefficacia, oltre alla inauditabrutalità con cui vengono ese-guiti, dovrà essere stabilita dal-la magistratura.Si pone quindi il problema del-le garanzie costituzionali, se-riamente messe in discussio-ne sabato sera e che, invece,devono essere garantite inqualsiasi situazione. Spetta, in-nanzitutto, ai prefetti di tuttele città garantire concreta-mente l’esercizio delle libertàcostituzionali che sono a fon-damento della democrazia diquesto paese e della sua con-vivenza civile.Sui temi politici al centro del-l’agenda del G8, completa-mente oscurati dalla violenzadi piazza, il giudizio della Cgilè negativo. Da un lato, si è an-

cor più evidenziata l’ineffica-cia di tale appuntamentoquando in discussione vi so-no temi che riguardano po-poli e stati diversi da quelli lìrappresentati, dall’altro, lescelte compiute, improntatea una generica solidarietàcompassionevole, si fermanoauna soglia assolutamente in-sufficiente rispetto a quellache la drammaticità dei pro-blemi richiederebbe. Il sinda-cato conferma pertanto lapropria piattaforma – in temadi diritti universali, svilupposostenibile, ambiente, can-cellazione del debito, lotta al-le epidemie e malattie ende-miche, tobin tax o soluzioniequivalenti, riforma delle se-di e strumenti di regolazionedella globalizzazione – illu-strata al presidente del Con-siglio e proseguirà l’iniziativa,anche in rapporto con gli al-tri sindacati del mondo, af-finché essa possa positiva-mente concretizzarsi.La segreteria della Cgil ha con-cordato con Cisl e Uil di invi-tare le loro strutture a pro-muovere delegazioni sinda-cali presso le prefetture perpresentare, in quella sede, levalutazioni delle organizza-zioni sindacali sulla necessitàdel rispetto delle regole costi-tuzionali e sull’esigenza irri-nunciabile di prevenire ogni equalsiasi forma di violenza.

da pag.1

• I giorni del G8 / La spirale della violenza •

mento internazionale crescente di persone e or-ganizzazioni, che vogliono vedere una gestionepiù equa e razionale degli affari del mondo.Dirigenti e cittadini da tutto il mondo seguiran-no insieme quest’anno le discussioni del G8 conun’attenzione tutta particolare. Chiederanno alG8 concrete proposte politiche e programmi, erisposte al grido di quanti vengono emarginatidalla globalizzazione.Io rimango sostenitore della necessità di rio-rientare l’Organizzazione mondiale del com-mercio e le altre istituzioni delle Nazioni Uni-te per garantire condizioni di equità nel com-mercio fra le nazioni del mondo; di assicurarela cancellazione del debito dei paesi poveri al-tamente indebitati; di garantire una profondariforma della nostra architettura finanziaria in-ternazionale attraverso la trasformazione del-le istituzioni di Bretton Woods; di promuove-re, infine, i diritti fondamentali del lavoro me-diante una dinamica interazione fra l’Organiz-zazione internazionale del lavoro e l’Omc. Il so-stegno a queste posizioni da parte del movi-mento internazionale dei lavoratori non develimitarsi alla questione dei diritti dei lavorato-ri, ma estendersi alla necessità di tenere contodelle preoccupazioni dei paesi in via di svilup-po per l’eliminazione degli squilibri creati daiprocessi di globalizzazione.Elemento importante di questa riforma globaleè un necessario pacchetto di misure attive pereliminare il grave deficit commerciale esistentefra paesi del Nord e del Sud. Io sostengo piena-mente l’appello perché un nuovo round del-l’Omc affronti queste questioni dello sviluppo.È necessaria una migliore cooperazione con igruppi per i diritti umani e altre Ong progressi-

ste così come con i sindacati, per assicurare unaprotezione ambientale adeguata per tutti. Aquesto riguardo, ai paesi e alle imprese che han-no causato degrado ambientale dovrebbe es-sere richiesto di riparare questa eredità stori-ca. In Sud Africa, per esempio, migliaia di per-sone soffrono di malattie causate dall’estra-zione mineraria d’amianto. La stessa situazio-ne esiste in Brasile e in molti altri paesi con mi-niere d’amianto. Questa situazione deve esse-re corretta dai governi per garantire che l’u-manità non venga trattata come merce a di-sposizione della ricerca del profitto.Oggi il mondo ha l’opportunità di investire perarginare la diffusione dell’epidemia di Hiv/Aids.Dobbiamo lodare molti paesi del Nord, e alcu-ni del Sud, per la loro celere azione per educa-re i loro cittadini sulle misure preventive e perrendere disponibili assistenza medica e tera-pie. Come sapete, la nostra gente in Africa e ingenerale la comunità di nazioni nel Sud e in viadi sviluppo hanno di fronte una catastrofe didimensione indicibile. Molti bambini innocentimuoiono per la trasmissione del virus dalle lo-ro madri quando sono ancora allo stato fetale,e questo potrebbe essere evitato. Molti poverimuoiono perché non possono acquistare far-maci retrovirali o medicine per il trattamentodella meningite e delle altre malattie connes-se. Una delle sfide critiche che abbiamo di fron-te è quella di garantire che le persone affette ab-biano accesso, a condizioni possibili, ai medi-cinali per l’Hiv/Aids.Io confido che se tutti noi, come individui e gui-dati dalle nostre organizzazioni, ci impegniamoper la creazione di un mondo migliore, il benetrionferà sul male. Dichiariamo, tutti insieme,questo secolo un secolo contro la povertà, con-tro la fame e contro la mancanza di speranza.Facciamone il secolo degli esseri umani, il seco-lo dell’equità e della giustizia.

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• Mandela / Il secolo degli uomini •

Scontro durissimo in aula sulla riforma del di-ritto societario. Governo e opposizione han-no affilato le armi nella riunione congiuntadelle commissioni Finanze e Giustizia della Ca-mera che ha licenziato il provvedimento dele-ga all’esame dell’aula a partire dal 27 luglio.Due i capitoli su cui si è consumata la rottura:la revisione dei reati societari (art. 10) e il nuo-ve regime fiscale da applicare alle cooperative(art. 5). Nel disegno di legge Mirone-Castelli, ilreato di falso in bilancio viene praticamenteriscritto. Il «falso in sé», che non prevede dan-ni a soci e creditori, è punito con l’arresto finoaun anno e sei mesi. In caso di danno, se la so-cietà non è quotata in Borsa la pena va da seimesi a tre anni, ma si procede solo a querela diparte; se la società è quotata, la pena sale dauno a quattro anni. Per il centro-sinistra, sitratta del «primo vero colpo di spugna per Ber-lusconi», accusato di falso in bilancio in tre pro-cessi. «Una situazione assurda – ha spiegatoBeffe Fanfani, della Margherita – anche per-ché con questo provvedimento si dà la delega

al governo a definire le fattispecie criminosedi processi in cui è imputato il presidente delConsiglio».Quanto alle cooperative, l’articolo 5 ha l’o-biettivo di «incentivare la trasformazione del-le cooperative in società lucrative». Per IvanoBarberini, presidente della Legacoop, si trat-ta di un provvedimento anticostituzionale: «Lanostra Costituzione – ha detto – impegna loStato a favorire lo sviluppo della cooperazio-ne a base mutualistica senza fini di lucro». Du-ro anche il giudizio della Confcooperative: «Av-viene la liquidazione dell’esperienza coope-rativa – ha commentato il presidente Luigi Ma-rino –, demolendo, in altre parole, un fattoredi occupazione e sviluppo. Le vere cooperati-ve verrebbero infatti relegate in spazi margi-nali». Sull’articolo 5, comunque, la maggio-ranza non è compatta: Luca Volontè (Cdc-Cdu)ne ha chiesto lo stralcio e la stesura di untesto unico «per riportare la figura del socio la-voratore e l’aspetto mutualistico delle coope-rative al loro significato originario».

settore esposto a profonderiorganizzazioni. Le Poste ita-liane hanno infatti ridotto inmaniera consistente la quan-tità di lavoro in appalto.Gli aumenti retributivi rispet-tano la logica del protocollo diluglio, con 50.000 lire d’au-mento al terzo livello a partiredal 1° luglio 2001 e altre 40.000dal 1° novembre 2002. A com-pensazione del pregresso cisarà una una tantum di700.000 lire in tre rate, mentrel’indennità di trasporto (cheinteressa l’80% degli addetti)sale a 20/25.000 lire mensili. Ilcontratto introduce, in viasperimentale, l’orario multi-periodale, mentre sul frontedel mercato del lavoro vengo-no regolamentati part-time,interinale e apprendistato.

17 LUGLIO

TELECOM: LE ASSEMBLEEAPPROVANO L’ACCORDOLe assemblee dei lavoratorihanno approvato con il 75%dei consensi l’intesa su premiodi risultato e norme di raccor-do per i lavoratori Telecom. «Sirecupera così, positivamente –ha detto Fulvio Fammoni, se-gretario generale Slc Cgil – at-traverso la contrattazione tra leparti, un meccanismo di unila-teralità aziendale legato all’ap-plicazione delle precedentinorme». Le nuove norme diraccordo migliorano i tratta-menti per infortunio e ricoveroospedaliero, introduconomeccanismi più favorevoli sul-le maggiorazioni nella fasciaoraria 20-22. Il premio di risul-tato per il 2000 prevede un im-porto medio annuo di 3 milio-ni. Viene innalzata la quota diTelemaco, il Fondo di previ-denza complementare.

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Avete mai sentito parlare della Carrozze-ria Barbi? Probabilmente no. Eppure, èun nome da mandare a memoria. Perchéqui, in questa piccola azienda emiliana,è stato raggiunto quello che, per ora, è unrecord relativo alla raccolta firme lancia-ta dalla Fiom tra i lavoratori delle impre-se che applicano il contratto Federmec-canica. All’appello della Fiom hanno in-fatti risposto positivamente 70 dipendenti

su 75, pari al 93,3% degli addetti. Ma che cosa han-no detto, con questo gesto, i lavoratori della fabbri-ca modenese? Hanno accettato, nella loro stragrandemaggioranza, di apporre la propria firma in calce aun testo che, nella rigorosa e involuta secchezza diun linguaggio che sta a metà tra il politico e il giuri-dico, recita così: «Noi sottoscritti, lavoratori dipen-denti delle aziende che applicano il Ccnl Feder-meccanica-Assistal, siamo contro l’accordo sepa-rato, siglato da Federmeccanica e da Fim-Cisl e Uilm-Uil: per questo intendiamo indire il referendum, co-me previsto dagli accordi unitari di Fim, Fiom, Uilmnazionali, e, insieme, rilanciamo la necessità di unalegge sulla rappresentanza che vincoli la contratta-zione al referendum delle lavoratrici e dei lavorato-ri sia per la piattaforma rivendicativa sia per la vali-dazione conclusiva degli accordi». Come si vede, sitratta di un testo che, in sostanza, contiene un no edue sì: no all’accordo separato del 3 luglio scorso, sìal referendum che consenta ai metalmeccanici diapprovarlo o di respingerlo, sì, infine, a una leggeche renda ineludibile il ricorso al voto dei lavorato-ri su piattaforme e accordi.Con la raccolta di firme partita lunedì 16 luglio, laFiom non chiede, insomma, alle metalmeccanichee ai metalmeccanici un consenso più o meno ge-nerico alla propria linea contrattuale ma, innanzi-tutto, di prendere posizione rispetto a una questio-ne da lungo tempo irrisolta: quella della sovranitàdei lavoratori sulla contrattazione. Si tratta quindidi un’iniziativa di politica sindacale che, per averesuccesso, deve andare necessariamente oltre i con-fini dell’organizzazione, ovvero oltre i 363 mila iscrit-ti raggiunti dalla Fiom a fine 2000. C’è lo spazio perfarlo? La scommessa della Fiom è tutta qui. Con lasua iniziativa, infatti, la Fiom si propone di dar vo-ce a quelle migliaia di lavoratori iscritti e non iscrit-ti ai sindacati confederali, ma comunque interes-sati alla vita sindacale e ai risultati della contratta-zione, che non hanno avuto nessuna possibilità difar pesare il proprio giudizio rispetto all’accordo si-glato dalla Federmeccanica con Fim e Uilm.Ed effettivamente, già nella prima settimana dellacampagna promossa dalla Fiom, ovvero nei 5 gior-

ni lavorativi che vanno dal 16 al 20 luglio, in più diuna fabbrica sono state raccolte più firme del tota-le degli iscritti alla federazione dei metalmeccaniciCgil. Ciò è accaduto, ad esempio, alla Gkn di SestoFiorentino (indotto auto, ex gruppo Fiat) dove, inpochi giorni, sono state raccolte 450 firme su 700addetti, ovvero ben più firme delle 300 tessere del-la Fiom. Ma è accaduto anche in una serie di fab-briche lombarde come la Dalmine di Dalmine, mi-tica azienda siderurgica della provincia di Berga-mo, in cui, nell’arco di due soli giorni, sono state rac-colte, sugli appositi moduli predisposti dalla Fiom,ben 760 firme. E si tratta di una fabbrica (oggi delgruppo Rocca, ma un tempo delle Partecipazionistatali) in cui la Fim ha sempre contato.Lo stesso è successo all’Iveco di Mantova (veicoliindustriali, gruppo Fiat), con 750 firme, alla Agustadi Vergiate (settore aereonautico, provincia di Va-rese), con 320 firme, o, ancora, all’Ansaldo Industria(termoelettromeccanica) di viale Sarca, a Milano,con 310 firme su 500 addetti.Che cosa c’è dietro a questi primi parzialissimi ri-sultati? Si tratta di casi isolati o di fatti che lascianointuire una linea di tendenza? Per dare una rispo-sta certa a queste domande bisognerà ovviamenteattendere almeno fino alla metà di settembre, quan-do sarà possibile fare qualche primo consuntivo sul-l’andamento della raccolta delle firme. Già adesso,però, si può dire che dietro lo slancio con cui è par-tita l’iniziativa della Fiom ci sono due fatti consi-stenti e robusti. Primo, l’indiscutibile successo del-lo sciopero nazionale del 6 luglio, indetto dalla Fiom.Secondo, il malessere diffuso già prima nelle fab-briche quando era apparso chiaro che Fim e Uilm,pur di riprendere il negoziato con Federmeccani-ca, erano pronte ad abbandonare la piattaformaunitaria. Un malessere, questo, ben espresso daquanto accaduto in una grande fabbrica del Nord-Est, qualche giorno prima del 6 luglio. Il giovane lea-der della Fim dello stabilimento disse a un suo col-lega, delegato della Fiom, che lui e gli altri delegaticislini non avrebbero scioperato, per fedeltà all’or-ganizzazione, ma che lui lasciava agli iscritti libertàdi coscienza. Questo malessere ha trovato una viadi sfogo proprio con l’iniziativa della Fiom. Non sispiega altrimenti l’impeto con cui la raccolta firmeè partita al Nord come al Sud: 2.900 firme raccoltein un giorno solo, lunedì 16, alla Fiat Mirafiori. Sei-cento firme raccolte lo stesso giorno, sempre a To-rino, alla Fiat Rivalta. E poi all’Ilva di Taranto (side-rurgia), dove sono già più di 1.500, o all’Alenia Mar-coni Systems di Fusaro (elettronica per la difesa), inprovincia di Napoli, dove sono già più di 300.

FERNANDO LIUZZI

a spaccare in due il corteo dei pacifisti ingag-giando una guerriglia con le forze dell’ordineche reagiscono caricando chiunque capiti sot-to tiro. Un Ducato Fiat targato Venezia apre il corteodella Fiom. Allo scoppiare dei primi inciden-ti, dopo un attimo d’incertezza, cambia corsiae devia in un viale, facendo da apripista al re-sto dei metalmeccanici, appena in tempo perscampare a lacrimogeni, spranghe e manga-nelli. Un gruppo di lombardi si stacca e decidedi tornare sui suoi passi, per scoprire poco do-po che anche alla coda del corteo altri scontristanno impedendo alla manifestazione di giun-gere a Marassi (la zona dello stadio) dove sonostate svuotate le carceri per alloggiare corpispeciali di agenti a difesa dei «grandi». Il corteodimezzato riuscirà a raggiungere piazza Gali-leo Ferraris, mentre altre cariche si susseguo-no nelle traverse laterali di corso Sardegna. Dopo le otto di sera la situazione torna pratica-

bile. I manifestanti rientrano, ma la tregua du-ra poco. A mezzanotte carabinieri e polizia dan-no l’assalto ai giovani alloggiati nella scuola Pa-scoli. Li picchiano a sangue per un’ora e mezzasotto gli occhi dell’apparato del Gsf presente nel-l’adiacente scuola Diaz (prestata come sede ope-rativa e press center ) a cui viene impedito d’in-tervenire. Accorrono sindacalisti, giornalisti,parlamentari. Ma sono costretti a rimanere instrada. Dopo la retata, la scuola viene lasciata aporte spalancate per invitare la stampa di tuttoil mondo a entrare. Ci sono pozze e strisciate disangue fresco sui muri lasciate dai ragazzi pe-stati contro i radiatori. La retata produce cin-quanta arresti e sessantasei feriti.Perché tutta questa violenza, che cosa c’è die-tro? Lo chiediamo a Claudio Sabattini, che havissuto in prima persona le fasi convulse diquesta giornata interminabile. «Non vorrei –ci risponde il segretario dei metalmeccanici –che l’attacco nel cuore della notte fosse nelleintenzioni di questo governo un’anticipazio-ne di una repressione “all’americana” di qual-siasi conflitto sociale. Abbiamo visto come leregole siano state stabilite da una struttura po-

litica, e non giuridica, che ha fatto largo uso didiscrezionalità. Da una parte c’erano i BlackBloc, che hanno agito per coinvolgere il cor-teo dei manifestanti, dall’altra la polizia cheaveva l’obiettivo di strangolare il movimentodavanti agli occhi di tutto il mondo. Vent’an-ni fa si diceva: conflitto uguale terrorismo. Èuna nozione infame che non abbiamo com-battuto mai abbastanza, basti pensare al casoFiat. Questa volta è proprio l’arco culturaleesplicitato a Genova che fa temere che questosia il modo in cui si pensa di affrontare il dis-senso sociale anche nel prossimo futuro». Intanto, alle diciotto del 22 luglio, poco dopola conferenza stampa finale del Gsf, il sinda-cato autonomo di Polizia Sap diffondeva uncomunicato, firmato dal segretario FrancoMaccari: «Chiediamo alla magistratura di va-lutare fra tutte le responsabilità, anche quelledei portavoce del Gsf, protagonisti di una vi-gilia intrisa d’ambiguità e di incitamenti all’o-dio e alla violenza, utile premessa alla deva-stazione a cui si è poi assistito». Da qui all’autunno mancano solo una man-ciata di settimane.

LA POLEMICA

AvventuristiIn un lungo articolo su Con-quiste del lavoro (19 luglio)Giorgio Caprioli, prima di ra-gionare sulle vie possibili peruna nuova unità d’azione, of-fre ai suoi lettori una ricostru-zione piuttosto fantasiosa del-la vicenda del contratto deimetalmeccanici, tutta letta inchiave «congresso Cgil». Il segretario generale dellaFim Cisl, dopo aver detto ov-viamente che quello siglatoinsieme alla Uilm con Fe-dermeccanica è in pratica ilmigliore dei contratti possi-bili (sorvolando senza ec-cessivi problemi su quellofirmato nelle stesse ore daFim Fiom Uilm con Confapi)sostiene che: «La richiestadella Fiom di distribuire16.000 lire per l’andamentodi settore rivela un malde-stro tentativo di mediare trale due posizioni presenti nel-la Cgil, in funzione di un con-gresso di ricomposizione tramaggioranza e minoranza(...). In nome di equilibri in-terni alla propria confedera-zione la Fiom voleva impor-re a Fim e Uilm una gestioneradicale e avventurista del-la vertenza contrattuale».A parte la ricostruzione fan-tasiosa (smentita dai fatti edall’avvio del dibattito con-gressuale della Cgil) Capriolidimentica un punto di non po-ca importanza: quelle 16.000(o meglio 15.000) lire di an-damento del settore non so-no una richiesta della Fiomquanto uno dei contenuti del-la piattaforma unitaria, frut-to di una mediazione (laFiom era intenzionata a chie-dere una cifra superiore) incui sono state coinvolte CgilCisl e Uil e che è stata ap-provata dai lavoratori.Lasciamo stare per un mo-mento i lavoratori (anchese per un sindacato questodovrebbe comunque rap-presentare un problema):se questo è il peso che sidà alle mediazioni – primanegarle nei fatti, poi disco-noscerne addirittura l’esi-stenza – su quali basi saràmai possibile l’unità d’a-zione? E.Ga.

FIAT

Cassa continuaAncora cassa integrazione alla Fiat. La casa au-tomobilistica torinese segnala un rallentamentopreoccupante del mercato europeo e annunciaun taglio alla produzione di 18.000 veicoli tra il27 agosto e 30 settembre. In quel mese, dunque, resteranno a casa un belnumero di lavoratori, con il picco massimo dellaquarta settimana di settembre in cui la cassacoinvolgerà 7.200 addetti. Interessate le lineedella Punto, della Marea, della 166, della Lybrae della 156. Durissimo il commento dei sindacati. SecondoClaudio Sabattini, segretario generale dellaFiom Cgil, «la Fiat ha chiuso ogni canale di ordi-ne o politico-istituzionale e gioca la sua partitacon General Motors sulla base della compatibi-lità mondiale di quest’ultima». Insomma: si decide oltre Oceano. Al di qua del-l’Oceano, però, in Italia, i lavoratori comincia-no a farsi sentire. Con uno sciopero spontaneoa Pomigliano d’Arco di due giorni, fra 19 e 20luglio. Nello stabilimento campano la situazione è par-ticolarmente grave: il blocco della produzionedell’Alfa 156, oltre a tradursi in cassa integrazio-ne per 2.600 dipendenti, mette a rischio il rinno-vo del contratto per 660 lavoratori interinali, inscadenza proprio in questi giorni.

METALMECCANICI • AL VIA LA RACCOLTA DELLE FIRME PER IL REFERENDUM

Tante adesionifabbrica per fabbrica

Il nodo di fondo è quello della sovranità dei lavoratori sulla contrattazione

n.2La contrattazione

del sapere

w La nuova società

w La struttura della contrattazione

w Politica dei redditi e questione salariale

LavoRi

Quadernirassegnasindacale

R I V I S T A T R I M E S T R A L E

Nel n. 2/2001 dei «Quaderni»

la contrattazione del sapere

w Una copia lire 20.000 (euro 10,33)w Abbonamento lire 80.000 (euro 41,32)w Strutture e iscritti Cgil lire 60.000 (euro 30,99)Q

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caleLavoRi

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• Genova / In corteo con i sindacalisti •

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«La lettura del testo delDpef conferma e ag-grava le perplessitàgià emerse nel corsodegli incontri che cisono stati con il go-verno e mette in evi-denza profondi puntidi dissenso del sinda-cato». Il giudizio del-

la Cgil sulla politica economica delgoverno Berlusconi, dopo i primi in-contri con l’esecutivo, era statotutt’altro che positivo, con l’ovvia ri-serva di un approfondimento sullepagine del Dpef. Oggi, lette le 63 car-telle del Documento di programma-zione economica e finanziaria per ilquinquennio 2002-06, la prima im-pressione viene ribadita, e in peggio. Ma vediamo le obiezioni, messe nerosu bianco in una nota della segreteriadella confederazione. Il primo dissen-so è proprio sugli andamenti pro-grammatici dell’economia e della fi-nanza pubblica, definiti «poco credi-bili e vistosamente precari».• L’andamento dell’economia. Per quanto concerne la crescita, il go-verno sembra mettere le mani avantiinserendo nel Dpef un capitolo sugliscenari internazionali (uno più sfavo-revole rispetto al quadro programma-tico, l’altro più favorevole). In particolare, tenendo anche contodella congiuntura internazionale, l’o-biettivo di una crescita del Pil per il 2002del 3,1 per cento sembra ottimistico,anche in relazione al fatto che la ma-novra dei «cento giorni» insiste sugliincentivi agli investimenti mentre ladomanda interna resta debole. Comela Cgil aveva già sottolineato, la «Tre-monti bis» introduce vantaggi fiscaliprociclici e non selettivi con effetti ditrasferimento indiscriminato alle im-prese che non stimoleranno in modosignificativo la crescita.Anche il tasso di inflazione program-mato (1,7 per cento per il 2002) appa-re vistosamente sottodimensionato.Come è noto il 2001 si chiuderà con untasso di inflazione pari a circa il 3 percento (la stima del governo è del 2,8).

Partendo da questo livello l’obiettivoprogrammatico dell’1,7 per cento sem-bra perciò del tutto irrealistico. «È su-perfluo sottolineare la gravità di que-sta scelta del governo – sottolineano aCorso d’Italia – che toglie credibilità al-la politica dei redditi, mette in difficoltàla contrattazione e rischia di aggrava-re quella questione salariale già am-piamente sottovalutata dal sistema del-le imprese».• La finanza pubblica. Il Dpef ribadi-sce il rispetto degli impegni assunti inEuropa di un deficit 2001 pari allo 0,8per cento del Pil, ma non indica le mi-sure con cui fronteggiare il cosiddetto«buco». Anche se questo dovesse limi-tarsi agli scostamenti previsti nel qua-dro programmatico (1,9 per cento delPil) e non dalla premessa del Dpef, chepaventa rischi di deficit fino al 2,6 delPil (una percentuale vicina al quel 3 percento oltre il quale scattano le multepreviste dal patto di stabilità) si tratte-rebbe pur sempre di uno sforamentodi 25 mila miliardi. C’è poi da aggiun-gere a questa cifra la riduzione del get-tito connessa ai primi effetti della Tre-monti bis (il governatore della Bancad’Italia calcolò in circa 2 mila miliardila perdita di gettito 1995 dovuta alla«prima Tremonti» che, come noto nonriguardava banche, lavoratori auto-nomi e professionisti). «Il rinvio all’E-

cofindi dicembre di qualsiasi decisio-ne sul deficit 2001 – si fa notare in Cgil– lascia adito a molti dubbi. Il governopotrebbe infatti trovarsi, nel pieno del-la discussione della Finanziaria, nellanecessità di approvare una manovracorrettiva con tagli alla spesa sociale enuove tasse».•La politica economica. Oltre alla ma-novra dei «cento giorni», che entra or-ganicamente nella più complessivamanovra di finanza pubblica su cuisono in corso incontri tecnici con ilgoverno, molte delle altre decisioni dipolitica economica indicate dal Dpefripropongono la piattaforma eletto-rale della «Casa delle Libertà». Diver-si capitoli contengono pure enuncia-zioni di principio prive di novità si-gnificative (un esempio è quello sul-le politiche industriali), altri conten-gono invece elementi che preoccu-pano il sindacato.• La pressione fiscale. Per quanto ri-guarda l’Irpef, mentre viene ribaditacon precisione la riduzione a due ali-quote: 23 per cento fino a 200 milionie33 per cento per i redditi superiori, sultrattamento dei redditi medio-bassi siresta completamente sul vago. Si in-troduce inoltre un principio, estraneoall’attuale ordinamento, di deduzionedi reddito imponibile connesse alle im-posizioni del nucleo familiare. «Que-

sta misura – osservano in Cgil –, nellarealtà del nostro paese finirebbe, tral’altro, con lo scoraggiare l’ingresso del-le donne nel mercato del lavoro e/o conl’alimentare l’economia sommersa».Per quanto riguarda l’Irap, se ne pro-mette l’azzeramento e la sostituzionecon una non meglio precisata com-partecipazione delle Regioni all’Irpeg.«Si tratta di un impegno che aggrava lepreoccupazioni sulla “tenuta”del Ser-vizio sanitario nazionale».• I contributi sociali. Si promette unariduzione di un punto percentuale al-l’anno, ma non si specificano gli ef-fetti di questa operazione sulle pre-stazioni.• La spesa corrente. Si programma ilcontenimento della spesa correntedell’1 per cento di Pil all’anno, con unariduzione della spesa per acquisti di be-ni e servizi, per i sussidi delle impresee, soprattutto, con la riduzione dell’1per cento annuo dell’occupazionecomplessiva della pubblica ammini-strazione che ha già subito negli scor-si anni consistenti contrazioni, non-ché l’outsourcing per le attività checomportano inefficienze gestionali daparte delle pubblico amministrazione.• La sanità. Si conferma, come richie-sto espressamente dal sindacato, la sal-vaguardia dei principi universalisti delServizio sanitario nazionale, senza pre-cisare però le modalità finanziarie concui si garantiscono questi princìpi nelquadro dell’annunciata «devolution»dei modelli organizzativi alle Regioni.«Il rischio che permane nel concreto –commenta la Cgil – è dunque quellodello smantellamento di fatto delle ga-ranzie universalistiche in campo sa-nitario. Resta perciò decisiva l’apertu-ra dell’apposito tavolo triangolare go-verno-Regioni-sindacato chiesto daCgil Cisl Uil».•La scuola. Si afferma che la spesa pub-blica per l’istruzione oggi coincide congli stipendi del personale, mentre lerisorse disponibili dovranno essereutilizzate per l’introduzione di tecno-logie multimediali e formazione delpersonale: «ciò sembra preludere – èil commento Cgil – a un sostanziale

blocco della spesa per il personale».• Il mercato del lavoro. Si programmaun maggiore spazio per gli intermediariprivati eliminando il vincolo dell’og-getto sociale esclusivo. Si annuncia l’in-troduzione di un nuovo «contratto disoggiorno per lavoro a tempo deter-minato» per i lavoratori extracomuni-tari in patente violazione delle normecomunitarie.• Le pensioni.Il governo non ha accet-tato l’invito di Cgil Cisl Uil a non intro-durre nel Dpef le linee di riforma e dirinviare tutto alla verifica che dovreb-be essere avviata a metà settembre.Nel Dpef si enunciano una serie diprincìpi, alcuni troppo vaghi per per-mettere un giudizio, altri sicuramentegravi e da respingere. In particolare: a)sembra intenzione del governo intro-durre nella verifica il miglioramentodelle pensioni minime, con l’evidentetentativo di proporre uno scambio contagli alle prestazioni e ai diritti pensio-nistici; b) si punta a ridurre il peso del-la copertura pensionistica pubblica,con la contestuale riduzione dei con-tributi previdenziali, per ridurre il co-sto del lavoro e sviluppare i fondi pen-sione.In questo quadro il Tfr non viene piùvisto come lo strumento di finanzia-mento fondamentale per la previden-za complementare.•Le politiche sociali.Nel Dpef non si fanessun riferimento all’attuazione del-la legge sulla riforma dell’assistenza eal Reddito minimo di inserimento.• Il Mezzogiorno. Al di là degli impe-gni generici sugli investimenti pub-blici, il Mezzogiorno risulta comples-sivamente sacrificato dalla manovradel governo. I provvedimenti dei pri-mi «cento giorni» hanno infatti un se-gno chiaramente «nordista»: le pic-cole imprese del Mezzogiorno, infat-ti, generalmente non hanno utili dareinvestire. Nel Dpef non c’è poi nes-sun riferimento agli strumenti di pro-grammazione negoziata, mentre sipunta a non meglio specificate formedi flessibilità da concordare a livellolocale.

SERGIO MANCINELLI

Grande preoccupazione nella riunione di metàluglio del Comitato di sorveglianza del Qua-

dro comunitario di sostegno dell’Obiettivo 1, quel-lo che valuta il funzionamento dei Fondi che l’Eu-ropa mette a disposizione per lo sviluppo e l’oc-cupazione nel nostro Mezzogiorno.La situazione è difficile, a cominciare dalla pro-grammazione del periodo 1994-99. A marzo 2001la percentuale dei pagamenti sulle risorse euro-pee a disposizione (60 mila miliardi) era dell’80,7%,mentre il sentiero di rientro stabilito dal governoCiampi (che ereditava dal primo governo Berlu-sconi una situazione disastrosa) indicava la per-centuale dell’85%. Le situazioni più critiche sonodate da Sicilia e Puglia, e, a livello nazionale, daiprogrammi relativi ad agricoltura, ambiente, in-frastrutture stradali e aereoportuali, risorse idri-che, lotta contro la criminalità e contro l’emer-genza occupazione (!). Ipotizzando al 31 dicem-

bre 2001, data ultima per i pagamenti, un trend dispesa a questa velocità, l’Italia potrebbe perdereun’8 per cento delle risorse assegnate. Si tratta dicirca 5.000 miliardi, una cifra enorme se si pensaalle esigenze del Sud e al nulla contenuto nel Dpefdel governo Berlusconi.Ai gravi problemi del passato si aggiunge lo statod’attuazione dei programmi 2000-06. Nonostan-te i cambiamenti positivi introdotti dalla passatalegislatura (dalla nuova programmazione alle mo-difiche nella macchina istituzionale), e nonostantel’impegno del partenariato economico e sociale,si sono di nuovo accumulati ritardi. Italia e Por-togallo sono partiti nello stesso periodo: noi sia-mo all’1 per cento della spesa, i portoghesi al 28.Oltre gli obiettivi prefissati di spesa è solo la Basi-licata che così si candida alle risorse aggiuntive delFondo di premialità; forte è l’impegno di Campa-nia e Sicilia; buona la spesa del Pon Scuola. Per il

resto, con i motivi più diversi, nessuno dà garan-zie di non incappare a giugno 2002 nella perditaautomatica delle risorse, che scatta dopo 18 me-si dall’inizio dei programmi. La spiegazione di fon-do di tutto ciò è politica: la programmazione co-me metodo, l’Europa come priorità non sono an-cora modo ordinario e quotidiano nell’operato diistituzioni e organizzazioni economiche e socia-li, che in larga misura continuano a pensare chegli spiriti animali del mercato facciano tutto (ov-viamente eccitati dal «Viagra» delle sovvenzionipubbliche) e che alle scelte disgraziate sopperi-sca lo «stellone» d’Italia. Ne sta dando un’ennesima dimostrazione il mi-nistro Tremonti, che ha chiesto di dirottare le ri-sorse non spese dei Fondi europei sul credito d’im-posta alle imprese. La Commissione europea harisposto negativamente sia per la genericità del-lo strumento, che non garantisce risultati positi-

vi per il rafforzamento dell’apparato produttivo ela creazione di nuovi posti di lavoro nel Sud, siaper l’impossibilità, essendo la detrazione auto-matica, di determinare la quantità di risorse ne-cessarie. I rappresentanti della Commissione eu-ropea hanno dato un giudizio assai preoccupatosulla situazione italiana e non sono bastate le spie-gazioni date da amministrazioni centrali e Regionia rassicurarli: la rondine del buon governo dellaBasilicata non ha fatto per niente primavera.Asettembre si convocherà un Comitato di Sorve-glianza straordinario. Al sindacato toccherà ri-prendere con forza l’iniziativa su questo terrenodenunciando le responsabilità a livello centrale eregionale e chiamando la società meridionale aduna diffusa mobilitazione, pena togliere credibi-lità ad ogni sforzo per lo sviluppo del nostro Sud.

MARIO SAICoordinatore dipartimento Coesione Cgil

EUROPA • L’ITALIA IN RITARDO NELL’UTILIZZO DEI FONDI PER IL MEZZOGIORNO

A rischio cinquemila miliardi

POLITICA ECONOMICA • LA CGIL CONFERMA IL GIUDIZIO NEGATIVO

Un Dpef da rifareNelle 63 cartelle del Documento di programmazione economica e finanziaria 2002-06

«previsioni poco credibili o vistosamente precarie»e insieme la realizzazione della piattaforma elettorale. Tutti i punti di dissenso

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senti nei territori a vocazione peschereccia; no-nostante i tagli dettati dalla vertenza spadare odalla riduzione delle vongolare e nonostante, da-ta le nuove tecnologie, ci sia stata una diminu-zione delle tabelle di armamento». Se i pescato-ri in Italia rischiano di diventare «una categoriain estinzione», ciò non è certo imputabile a unpaventato taglio dei finanziamenti, anche per-ché, tiene a sottolineare Cogoni, le misure a fa-vore della pesca – eccetto il fermo biologico – «ra-ramente hanno interessato i lavoratori». Le im-prese continuano a mantenere «i loro vizi anti-chi» e hanno una scarsa capacità di innovazione.Per sopperire alla necessità di nuova manodo-pera si rivolgono a lavoratori extracomunitari. Prima di pensare, quindi, alla dieta imposta dalLibro Verde, il governo dovrebbe sedersi a un ta-volo con imprese e sindacati per ragionare sulproblema occupazionale, ormai «urgente e im-procrastinabile», ammonisce Cogoni; è «il pun-to da cui partire per rilanciare il settore». «Abbia-mo già chiesto un confronto sulle condizioni deilavoratori della pesca, a cominciare dalla possi-bilità di fruire di ammortizzatori sociali». È veroche il settore oggi può contare su alcune misurea sostegno delle imprese del comparto, come ilfermo biologico (circa 40miliardi stanziati nelDpef del governo Amato) ma, ribadisce il segre-tario, «se ci fosse la cig non sarebbe necessariostanziare ulteriori fondi». «Perché i lavoratori fo-restali godono del beneficio della cig anche quan-do, per condizioni meteorologiche avverse, nonsono in grado di lavorare, mentre la stessa tutelanon esiste per i lavoratori della pesca?». Per que-sti lavoratori non ci sono, allo stato, misure so-ciali e le imprese che hanno chiesto di poter frui-re dell’apprendistato e dei contratti di formazio-ne lavoro pensano essenzialmente ai vantaggiche possono trarre da questi tipi di contratti, manon hanno ancora seriamente provato a elabo-rare una strategia che induca i giovani a rico-minciare ad avvicinarsi a questo mestiere.

GRAZIA MANTELLA

SETTORE PESCA • CALA L’OCCUPAZIONE

Una categoria a rischio d’estinzione

TELELAVORO •L’ACCORDO CONFAPI-CGIL CISL UIL

Così fanno i «piccoli»Finora nel nostro paese il telelavoro era stato

regolato – per via negoziale – a livello di azien-de(esempi classici: Seat, Dun & Bradstreet, Digi-tal, Telecom Italia…), oppure di settore (teleco-municazioni, commercio, banche), o anche, inununico caso, a livello territoriale (Confapi e CgilCisl e Uil di Modena). C’era anche stato, nel trien-nio ’96-99, una lunga e affannosa vicenda parla-mentare disseminata da varie forze politiche conben sei proposte di regolazione e promozione dellavoro a distanza: quattro al Senato e due alla Ca-mera. Unificando le prime, la commissione La-voro del Senato riuscì ad approvare e passare al-l’aula nel giugno ’99 un testo che non fu, però, maiapprovato. D’altra parte, nel corso delle audizio-ni ufficiali il parere dei dirigenti sindacali, sia con-federali che di categoria, era stato di forte per-plessità circa l’idoneità della regolazione per leg-ge di un fenomeno in continua modificazione. Appare doverosa questa premessa per capire larilevanza dell’accordo nazionale che Confapi eCgil Cisl Uil hanno sottoscritto il 17 luglio per re-golare l’introduzione del telelavoro nelle picco-le e medie aziende. La sua stipula significa chenon occorre scomodare il legislatore in quantolo strumento negoziale è in grado di farsi caricodella stragrande maggioranza delle problemati-che che, dalla metà degli anni 90 in qua, aziendeesindacati si sono trovati ad affrontare nelle trat-tative aziendali o settoriali.C’è, però, anche un altro motivo di soddisfazio-ne: questo accordo, infatti, potrà contribuire asbloccare l’impasse in cui da mesi si trova il con-fronto a Bruxelles tra Unice e Ces per la messa apunto di un accordo quadro europeo sul telela-voro, in analogia con gli accordi su altre flessibi-lità: congedi parentali, part-time, contratti a tem-po determinato. Il motivo di dissenso fra le partiriguarda la natura, vincolante o meno, che que-st’accordo avrebbe nei confronti dei singoli or-dinamenti nazionali. In effetti, l’accordo del 17luglio – che riguarda sia la trasformazione dei rap-porti di lavoro già in atto che le nuove assunzio-

ni – contempla tutti i punti su cui la Commissio-ne Ue ha richiamato l’attenzione delle parti nelmarzo scorso: volontarietà e reversibilità; man-tenimento dello status di lavoratore subordina-to; parità di trattamento con gli altri lavoratori,anche sul piano formativo; mantenimento deidiritti sindacali e d’informazione; costi d’instal-lazione a carico dell’azienda; tutela di salute e si-curezza; orario di lavoro; riservatezza e control-li; mantenimento dei contatti con l’azienda. Buo-na parte di queste materie sono trattate solo inmaniera generale. Ad esempio, proprio perchél’accordo abbia natura di griglia a maglie larghe,si rinvia ai contratti collettivi di settore la defini-zione delle «particolari situazioni e tipologie» perle quali attivare modalità di lavoro a distanza di-verse da quelle, per così dire, «classiche»: esigen-zefamiliari, riduzioni del pendolarismo, presen-zadi disabilità. Interessante anche la previsioneche, prima del recepimento nella contrattazionedisettore, territorialmente si possano avviare spe-rimentazioni intersettoriali.L’esigenza che il diverso uso del tempo (oltre chedello spazio) si risolva in un vantaggio anche peril lavoratore è salvaguardata dalla possibilità chel’orario di lavoro (a tempo pieno o parziale) ven-ga «distribuito in base a quanto previsto dal ccnledalle disposizioni generali dell’azienda o, in que-st’ambito, con quanto eventualmente convenu-to con il singolo telelavoratore interessato».Il carattere sperimentale dell’accordo fino al 31dicembre 2003, con strumenti di monitoraggio ecorrezione in corso d’opera, dovrebbe offrire buo-ne garanzie contro il rischio di obsolescenza ri-spetto a un fenomeno complesso e mutevole sulpiano tecnologico, organizzativo e dell’impattosociale. Sicuramente originale anche sul pianodelle esperienze europee, l’accordo avrà presu-mibilmente la sua parte di rilevanza a «Telework2001», classico convegno europeo in program-ma a Helsinki dal 12 al 14 settembre.

RENATO RIZZOCoordinatore di Euro-Telework

«Cerchiamo di essere realistici: perché ungiovane, oggi, dovrebbe scegliere di lavo-

rare a bordo di un peschereccio, guadagnando,in condizioni ottimali, salari che sono inferiori aquelli di lavori che potrebbe fare sulla terra fer-ma con minore orario di lavoro, condizioni me-no disagiate e oneri contributivi e previdenzialidigran lunga più rassicuranti?». Se nel settore del-la pesca l’occupazione cala, per Antonio Cogoni,segretario della Flai nazionale, la spiegazione èmolto semplice: «I giovani – osserva asciutto –non sono più interessati a questo tipo di lavoro».Occorrerebbe, allora, «rendere più allettante lavita a bordo delle navi». Di questo dovrebbero co-minciare a preoccuparsi gli armatori, attualmenteperò più intenti a contestare i contenuti del LibroVerde, sulla gestione della pesca comunitaria,adottato dalla Commissione europea con l’o-biettivo di ridurre lo sforzo di pesca nelle acquecomunitarie e di tagliare perciò gli aiuti a soste-gno del potenziamento della flotta. Per i primi di ottobre, ricorda Cogoni, è previstala riunione della Commissione europea che do-vrà decidere sull’approvazione del Libro Verde.L’attuale governo, come fa notare il sindacalista,«ha già assunto una serie di impegni verso le as-sociazioni professionali, sia cooperative che con-findustriali», per tutelarne gli interessi in sede eu-ropea. Si riconferma, dunque, una tendenza sba-gliata, secondo il segretario: continuare a ragio-nare solo dalla parte dell’impresa, dimentican-dosi il pezzo fondamentale che riguarda le con-dizioni occupazionali del settore. Le imprese ittiche, poco meno di 17mila in Italia,per un totale di circa 36mila addetti, agitano il pe-ricolo di un calo occupazionale derivante dal ta-glio dei fondi comunitari; ma è solo un modo permascherare o per non riconoscere appieno i ve-ri motivi di una riduzione netta di posti lavoro chenel settore, spiega Cogoni, nell’ultimo decennio,è stata del 18%, pari a circa 10mila unità. «Nellapesca – rileva – non esiste disoccupazione, no-nostante le forti percentuali di disoccupati pre-

SPAZIO APERTOIl congresso Cgil su due documenti

oggi è un errore strategicodi Umberto Franchi - Segretario generale Fiom Lucca

Inautunno si aprirà la stagione dei congres-si, dei democratici di sinistra e della Cgil. Ciò

avverrà in una situazione che potrebbe rive-larsi duramente negativa, per i lavoratori di-pendenti e i ceti più deboli, in quanto il go-verno di destra intende governare in un con-nubio stretto con Confindustria, cercando diattuare un programma che, da una parte, pre-vede spostamenti di risorse economiche sot-to forma di riduzione delle tasse alle impresee dall’altra riduzione dei diritti, salari e delloStato sociale, ai lavoratori e cittadini più de-boli, attraverso il taglio della spesa pubblica.Ora per chi si colloca a sinistra con particola-re riferimento ai Ds e alla Cgil, diventa in-nanzitutto essenziale andare al congresso conun’analisi chiara sui motivi della sconfitta elet-torale, per procedere successivamente a ri-definire una strategia adeguata e i nuovi grup-pi dirigenti.Queste le cause della sconfitta: • una sinistrache a differenza della destra si è presentata di-visa all’appuntamento elettorale; • la man-canza della legge sul conflitto di interessi ; •una campagna elettorale che ha seguito Ber-lusconi sul suo terreno dell’immagine e nondella proposta; • una mancata capacità dellasinistra di governo a valorizzare e socializza-re le pur rilevanti scelte economiche e socia-li dell’ultima Finanziaria (riduzione ticket,tasse, casa, migliore sanità, scuola eccetera);•la convinzione esistente in diversi strati po-polari che il risanamento dello Stato e l’in-gresso in Europa sia avvenuto a danno dei ce-ti più deboli.Il governo di centrosinistra aveva creato tan-te aspettative tra i lavoratori: alla prova deifatti è riuscito a dare risposte importanti in di-rezione del risanamento e della moneta uni-caeuropea, ma non ha manifestato un impe-gno sufficiente sulle questioni sociali: nel no-stro paese ci sono ancora ingiustizie storicheche riguardano la precarizzazione del lavoro,l’ambiente, lo Stato sociale e i servizi, la qua-lità del lavoro, la quantità dei salari, soprat-tutto per i lavoratori delle piccole aziende chenon fanno contrattazione aziendale.L’avvento delle destre al governo dell’Italianon dipende quindi dal «destino cinico e ba-ro», ma dal fatto che non siamo stati egemo-ni culturalmente su un preciso progetto di so-cietà, di civiltà, con un modello di sviluppocentrato sulla dignità sociale del mondo dellavoro. La sinistra di governo, anziché cer-care d’indirizzare lo sviluppo abolendo le stor-ture, ha sposato la bandiera delle modernità.È l’appannamento dell’identità e dei valoridella sinistra di governo che ha prodotto unamancanza di visibilità delle differenze tra de-stra, centro e sinistra.

Il programma di governo di Berlusconi si ca-ratterizza oggi sulla centralità del profitto

el’assoluta libertà dell’impresa, nell’ambitodella quale tocca alla forza lavoro adattarsialle sue condizioni. La via che il Polo e Con-findustria perseguono, attraverso una pode-rosa campagna ideologica già in atto, è quel-la di ridurre i diritti dei lavoratori, con l’abo-lizione di «lacci e laccioli», cioè di regole cer-te, con l’abolizione dei poteri di interventodelle rappresentanze sindacali sulle scelteche riguardano lo sviluppo e le sue ricadute.Il modello sociale americano viene presen-tato come lo sbocco obbligato, auspicato einevitabile.Un sindacato come la Cgil, che difende lo Sta-to sociale e i diritti basilari, a partire da quel-lo del lavoro a tempo indeterminato,viene bol-lato come conservatore e va sconfitto.Nel concreto ciò che chiamano riforme si-gnificherà: rimessa in discussione dell’ac-cordo sulla politica dei redditi del 1993 con idue livelli di contrattazione (nazionale e azien-dale); riduzione a «pioggia» delle tasse alleimprese senza legarla invece finalità occu-pazionali; un abbattimento dello Stato so-ciale a partire da pensioni, sanità e scuola;«libertà di licenziare» senza giusta causa; più

precariato, peggioramento dei servizi pub-blici.Queste scelte, se veramente attuate dal futu-ro governo, saranno inaccettabili per tre ra-gioni fondamentali. La prima è che esse met-terebbero in discussione i diritti del lavoro edi civiltà fondamentali, conquistati in Euro-pa all’inizio del secolo. La seconda è che que-ste scelte porterebbero a uno sviluppo distorto,con più inquinamento, con più morti sul la-voro, più ammalati, più delinquenza mafio-sa. La terza ragione riguarda il fatto che è illu-soria la competitività basata sulla riduzionedel costo del lavoro: i datori di lavoro potreb-bero competere con la Corea o l’Albania, manon potranno competere con le economie oc-cidentali più forti, impoverendo così la qua-lità dei prodotti delle loro imprese con unaprospettiva di indebolimento di tutta l’eco-nomia italiana. In questo contesto l’intesa se-parata sul contratto dei metalmeccanici, ol-tre a essere un grave atto sul piano delle rela-zioni sindacali, colpisce il ruolo del ccnl in ma-teria di tutela salariale e redistribuzione del-la ricchezza.

Se le cose stanno davvero così, allora biso-gna definire una giusta strategia senza più

commettere errori.C’è un primo e basilare errore che va evitato.Ed è quello di chi sostiene: «Gli italiani hannovotato Berlusconi, ora bisogna metterlo allaprova sulle promesse che ha fatto, con un’op-posizione che lo incalzi ma lo faccia governa-re». Questa posizione appare neutra, ma inrealtà è pericolosa perché ogni ritardo nell’a-gire finirebbe per subordinare le forze di si-nistra e il sindacato a un governo che inveceagirebbe con atti precisi e scelte classiste an-tisociali che finirebbero per rovinare i lavo-ratori e l’Italia.Quanto sta accadendo non può lasciare in-differente la Cgil, non soltanto perché è inac-cettabile una prospettiva di sistema econo-mico fondato sulla rimessa in discussione deidiritti e delle conquiste sociali dei lavoratoriche hanno segnato la nostra società da alme-no trent’anni, ma anche perché verrebbe ri-messo in discussione il ruolo del sindacatofondato sul confronto e la contrattazione co-me l’abbiamo conosciuto fino ad oggi.In questa nuova situazione il Congresso del-la Cgil avrebbe dovuto stabilire una strategiaunitaria di tutta la Cgil, divenendo una digasicura contro il programma prospettato dalfronte del padronato e del governo.È necessario infatti ridefinire un progetto ri-vendicativo di tutto il sindacato nei confron-ti del governo e del padronato non solo per di-fendere il welfare, ma anche per allargare letutele e i diritti dei più deboli; per definire re-gole più rigide sul mercato del lavoro; per chie-dere ai datori di lavoro di fare il loro mestiere,investendo sull’innovazione tecnologica e diprodotto, sulla prevenzione , sulla sicurezza,sulla formazione; per rilanciare una stagionedi contrattazione sull’organizzazione del la-voro, sulla riduzione degli orari, sugli incre-menti salariali.Per questo sarebbe stato indispensabile svol-gere il congresso della Cgil con un documen-to unitario, anche con tesi alternative su al-cuni punti, su cui far pronunciare i lavorato-ri. Hanno quindi sbagliato i compagni chehanno mantenuto il proprio documento«Cambiare rotta» per cui le assemblee con-gressuali si svolgeranno su due documentialternativi, con due Cgil che si confrontano.

Come non capire che oggi è necessaria l’u-nità di tutta la Cgil? Il primo compito di chi

ha responsabilità direzionali nella Cgil, ai va-ri livelli, non è quello di stabilire il «che fare»in base alle convenienze, individuali o di grup-po, che potrebbero aprirsi al Congresso pre-sentando e raccogliendo consensi su un pro-prio documento. La questione che oggi è ingioco è troppo grande per pensare a interes-si di piccolo potere.

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CARTAI E CARTOTECNICI • IL NUOVO CONTRATTO

La flessibilitàcontro il lavoro straordinarioLa scommessa è quella di utilizzare questo strumento per il controllo dell’orario contrattuale

e attenuare il ricorso alla cassa integrazione. Aumenti in linea con l’accordo di luglio

Ameno di un mesedalla scadenza, e do-po sessanta giorni ditrattative, cartai ecartotecnici hanno ilnuovo contratto dilavoro. Siglata il 13luglio, stretta tra l’at-tesa del nuovo tassod’inflazione pro-

grammata consegnato al Dpefe l’accordo separato dei mec-canici, l’intesa conferma le re-gole del protocollo di luglio edetta nuove norme in materiadi diritti, orari, sicurezza sul la-voro e inquadramento profes-sionale. «Il contratto che abbia-mo firmato – spiega soddisfat-to Salvatore Barone, segretarionazionale Slc Cgil e capodele-gazione alla trattativa – è un con-tratto “pulito” e chiaro. Recu-pera il differenziale in percen-tuale sull’inflazione pregressa eagisce su quella del prossimobiennio tenendo conto delletendenze in atto». La retribuzione. Tradotto in ci-fre, fa un aumento medio a re-gime di 123.000 lire lorde, ero-gate in due tranche: 60.000 liredal primo luglio 2001 e altre63.000 dal primo ottobre 2002.Ritradotto in percentuali, signi-fica un incremento complessi-vo del 5,34 per cento, di cui 3,60acoprire l’inflazione program-mata 2001-02.Ma il capitolo retributivo pre-vede anche altri miglioramen-ti: a decorrere dal primo luglio2002, l’indennità in cifra fissaper i lavoratori a ciclo continuodel cartario passa da 18 a 30.000lire mensili; un’indennità di10.000 lire mensili verrà poi perla prima volta corrisposta, a par-tire dalla stessa data, per gli ad-detti su tre turni del compartocartotecnico. La flessibilità. L’accordo (cheinteressa 90.000 addetti, 25.000cartai, il resto cartotecnici) pre-

cisa poi le norme in materia diflessibilità che, è una delle scom-messe dei sindacati, dovrà con-tribuire al contenimento del ri-corso al lavoro straordinario ealla cassa integrazione. Restafermo il principio che alla co-municazione da parte dell’a-zienda del bisogno di una di-versa modulazione dell’orariodi lavoro segua il confronto conle rsu e le organizzazioni sinda-cali territoriali. «In tema di fles-sibilità, da parte dei lavoratoric’è ancora una certa difficoltàd’approccio – commenta il sin-dacalista – . Vanno, invece, col-teanche tutte le opportunità chequesta offre: le norme contrat-tuali, dunque, consegnano allacontrattazione un impegno si-gnificativo di gestione e con-trollo della materia». Eccole, nel-lo specifico, le «regole» della fles-sibilità: il preavviso non potràessere inferiore ai cinque gior-ni, entro i quali vanno definitele modalità attuative del regimeorario; il riequilibrio tra presta-zioni superiori e inferiori dovràavvenire previa comunicazio-nealla rsu entro sei mesi dal pe-riodo di ogni ricorso all’orarioflessibile. La maggiorazione re-tributiva delle ore di «supero»,inoltre, passa dal 10 al 30 percento (con equiparazione allostraordinario); in orario nottur-no arriva al 40 per cento. Quan-to al ricorso al lavoro straordi-nario, il contratto ne precisa lecausali in riferimento alle «esi-genze indifferibili di durata tem-poranea» già previste nel vec-chio ccnl. Fissato anche un li-mite orario: l’azienda non po-trà chiedere più più di com-plessive 40 ore di straordinariopro capite. Paletti qualitativi equantitativi, dunque, con l’o-biettivo di un controllo più effi-cace degli orari. Non solo: chi lovorrà, potrà chiedere il recupe-ro con riposo compensativo del

30 per cento delle ore di lavorostraordinario prestate. Per i sin-dacati si tratta di una novità im-portante: è l’inizio, infatti, di unpercorso che dovrebbe portareverso l’istutzione della bancadelle ore.Sicurezza e diritti. La sicurez-za è un tema che attraversa di-versi capitoli del contratto. «So-

prattutto il cartario – dice Baro-ne – è un settore a forte rischioinfortunistico. Con questa inte-sa abbiamo raggiunto due ri-sultati significativi: la progetta-zione congiunta di moduli for-mativi da mettere a disposizio-ned’imprese e lavoratori e il mi-glioramento dell’accordo con-federale in materia di rls, che nel-

le aziende da 150 a 200 dipen-denti saliranno da uno a due».Importanti anche le nuove tu-tele previste per appalti e lavoriesterni: nelle aziende con più di50 dipendenti le attività di ma-nutenzione per la salvaguardiaela sicurezza degli impianti saràassicurata dai dipendenti del-l’azienda madre. Quanto ai diritti, l’accordo dàparticolare rilievo agli impegniin materia di formazione (resiineludibili dalle traformazionicui è esposto il settore), con par-ticolare riferimento all’appren-distato, alla valutazione dei fab-bisogni formativi e ai congediper la formazione continua. Sul fronte dei diritti inviduali,sono in arrivo miglioramentisul part-time, la cui norma èstata ampiamente riformula-ta. Le ore di lavoro supple-mentare oltre il limite fissatoper il mezzo tempo (e non piùdel 20 per cento dell’orario nor-male annuo concordato) sa-ranno retribuite con una mag-giorazione del 20 per cento; incaso di variazione, da parteaziendale, della loro colloca-zione temporale (che dovrà co-munque essere preannuncia-ta con un preavviso adi alme-no 10 giorni), i lavoratori go-dranno di una maggiorazionesalariale del 10 per cento. Leaziende s’impegnano poi a pre-stare particolare attenzione al-le richieste di part-time moti-vate da ragioni di salute, assi-stenza e formazione. Potenziati, infine, i compiti del-l’osservatorio nazionale. Tra gliargomenti che saranno esami-nati dall’organo paritetico ver-ranno inseriti i processi di ter-ziarizzazione e outsourcing, ilpotenziamento della raccoltadifferenziata della carta e, so-prattutto, l’andamento dei trendinfortunistici.

STEFANO IUCCI

COMUNICAZIONE • ARTIGIANI E PICCOLE E MEDIE IMPRESE

Verso i contratti di settoreDa due contratti a uno soltanto: con la firma del 18 luglio, è

stato compiuto un altro piccolo passo verso l’unificazionecontrattuale nel settore della comunicazione. I 30 mila dipen-denti delle piccole e medie imprese aderenti a Confapi avran-no un solo accordo di lavoro che sarà applicato a tutti gli addet-ti della filiera produttiva: cartai, cartotecnici, grafici editoriali.Non solo. «Con questa operazione – commenta Emiliano Bare-tella, responsabile piccola e media impresa e artigianato dellaSlc Cgil – abbiamo allargato la sfera contrattuale a tutta l’areadel multimediale, del digitale e della grafica pubblicitaria, finoad avere un primo, vero, contratto unico di settore, che va dal-la fabbricazione della carta alle tecnologie informatiche dellacomunicazione».L’aumento retributivo sarà di 120.000 lire mensili medie, 50.000dal luglio 2001, 30 mila da aprile 2002 e altre 40.000 da ottobre2002. A copertura del periodo compreso tra gennaio e giugno diquest’anno ci sarà una una tantum di 275.000 lire. L’applicazio-ne del contratto nazionale, che decorre dal primo gennaio del2001 e scadrà il 31 dicembre del 2004, per i nuovi settori (multi-mediale e informatica) partirà dal primo gennaio del 2002; nel

frattempo le parti troveranno le soluzioni più adeguate per ri-solvere le questioni non sempre facili dell’armonizzazione. Giàda ora si sa, comunque, che ai «nuovi arrivati» per i livelli retri-butivi sarà applicata la scala parametrale più alta, quella dei gra-fici, e scatterà da subito la possibilità di aderire la fondo previ-denziale integrativo Fondapi. Il giudizio di Cgil, Cisl e Uil è estre-mamente positivo: «L’intesa – dicono i sindacati – è stata infattiraggiunta nell’ambito delle regole del protocollo di luglio».Il compito più complesso sarà sicuramente quello in materia diclassificazione: andrà infatti definita, aggiunge Baretella, unascala professionale più aderente alle innovazioni in un settore incontinua mutazione. Il nuovo contratto (rispetto al quale pro-prio in questi giorni stanno partendo le consultazioni tra i lavo-ratori) amplia il diritto all’informazione, norma il telelavoro e illavoro ripartito (il cosiddetto job sharing), rafforza le regole sulpart-time e quelle sui congedi parentali e per la formazione. Cam-biamenti anche in materia d’orario settimanale, che scende da40 a 38 ore e mezzo. «All’inizio di ogni anno – spiega ancora il sin-dacalista – le parti definiranno i calendari. Sarà anche introdot-ta la banca delle ore». In attesa del lavoro sulla classificazione af-

fidato all’osservatorio e alle varie commissioni, nell’immediatosono stati inseriti nel contratto i nuovi profili professionali rela-tivi al multimediale e ai call center, mentre è stato stabilito sin daora che le linee guide delle nuove riclassificazioni, di livello na-zionale e aziendale, si baseranno sul concetto di polifunziona-lità delle mansioni nelle diverse aree. Mentre le piccole e medie imprese hanno il loro contratto, no-vità sono in arrivo anche dal comparto artigiano della comuni-cazione. Il contratto è scaduto il 30 giugno e Cgil, Cisl e Uil han-no da poco varato una piattaforma rivendicativa unitaria. Un set-tore complesso, quello dell’artigianato, vista la volontà di alcu-ne delle controparti (soprattutto Confartigianato) di mettere indiscussione il modello contrattuale vigente. La piattaforma verrà inviata nei prossimi giorni; nel frattempoCgil, Cisl e Uil hanno già chiesto di riallineare i salari per il 2000.Sugli aumenti richiesti, ancora non si fanno cifre ma si chiede ilrispetto dell’attuale struttura contrattuale. Anche questo accor-do riguarda tutta la filiera produttiva del comparto della comu-nicazione: studi fotografici, fotolaboratori, legatorie, copisterie,lavorazioni artigianali della carta. S.I.

IL CASO

Emersioneconcertatanon condonitombaliUn settore in chiaroscuro.Nel cartario/cartotecnicoconvivono la modernità diinvestimenti innovativi digrande respiro e dimensio-ne (l’ultimo del gruppo Bur-go, che ha speso mille mi-liardi nello stabilimento diVerzuolo, a Cuneo) con lacondizione più antica dei la-vori più antichi: la diffusio-ne di un’occupazione al ne-ro o, comunque, irregolare. Un fenomeno difficile daquantificare anche se, so-prattutto nella cartotecnica,cominciano ad arrivare se-gnali preoccupanti dal Mez-zogiorno. E che contrasta-no, ancora una volta, con larealtà di un comparto riccoe in salute, nonostante unrallentamento nell’ultimosemestre dell’anno. Proprio per questo, il nuovocontratto di lavoro inserisceper la prima volta normeche dovrebbero servire acostruire una strumentazio-ne adeguata per favorirel’emersione. Norme condi-vise da quelle aziende chehanno tutto da guadagnareda una competizione gioca-ta sulla qualità e non sullacompressione dei costi. Per agevolare la regolariz-zazioni dei rapporti di lavo-ro, le parti puntano a realiz-zare accordi territoriali diemersione e riallineamentoeconomico e normativo.Questi accordi, sono sotto-posti a tre condizioni vinco-lanti: dovranno avere il con-senso delle organizzazioninazionali stipulanti, diven-tare operativi solo a seguitodi intese aziendali di recepi-mento, avvenire in tempi cer-ti e concludersi con la pienaapplicazione del contrattonazionale. Con questi pas-saggi si evita il rischio di con-tratti pirata e si crea l’oppor-tunità per i sindacati di en-trare in contatto e realizzareconsenso con i lavoratori inemersione. Il percorso pre-vede dunque la presenza e laconcertazione costante del-le parti. Giusto il contrariodel condono tombale che la-scia presagire il programmadei Cento giorni del governoBerlusconi.

COSI’ LE BUSTE PAGALE DUE TRANCHE DI AUMENTI

LIVELLI ALL’1-7-2001 ALL’1-10-2002Aumenti Minimi Aumenti Minimi

Q +98.100 2.047.500 +102.800 2.150.300AS +97.800 2.039.300 +102.300 2.141.600A +83.200 1.736.300 +87.100 1.823.400B1 +72.300 1.507.000 +75.600 1.582.600B2 +68.300 1.425.100 +71.500 1.496.600Par. 161 +63.300 1.318.600 +66.200 1.384.800C1 +60.000 1.253.000 +63.000 1.316.000C2 +54.600 1.138.400 +57.100 1.195.500C3 +48.100 1.056.500 +53.000 1.109.500D1 +47.500 991.000 +49.700 1.040.700D2 +43.600 909.100 +45.600 954.700E +39.200 819.000 +41.100 860.100

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FABBRICA INTEGRATA • DUE CASI A CONFRONTO IN UN LIBRO

Per la qualità totaleva bene anche un prato rosso

L’affermazione della lean production non è possibile solo in contesti nei quali, come alla Sata di Melfi, si partiva da zero e il sindacato non c’era. Lo dimostra, secondo il sociologo Negrelli, l’esperienza Om-Iveco a Brescia

Il punto è: che c’entraGramsci con il toyotismo?Eppure un nesso c’è.Quando nei Quaderni delcarcere afferma che «lemaestranze italiane, nécome singoli né come sin-dacati, si sono mai oppo-ste alle innovazioni ten-denti a una diminuzione

dei costi, alla razionalizzazionedel lavoro, all’introduzione diautomatismi più perfetti», sem-bra quasi introdurre lalean pro-duction(produzione snella), l’i-nevitabile approdo dell’indu-stria contemporanea. Quellache la letteratura chiama Fab-brica Integrata, mutuata dalleesperienze del settore auto giap-ponese, in particolare dellaToyota. Un modello inaugura-to in Europa dalla Fiat con lo sta-bilimento Sata di Melfi, e neglianni più recenti approdato an-che in impianti tradizionali co-me l’Iveco di Brescia. Partendoda questo nesso Serafino Ne-grelli, professore associato di Re-lazioni industriali all’universitàbresciana, ha svolto un con-fronto – pubblicato dalla Rub-bettino nel volume Prato verde,prato rosso–sulla realizzazionedella fabbrica integrata nei duestabilimenti Sata e Iveco. Inda-gando soprattutto il rapportocon i sindacati e la loro adesio-ne al «modello partecipativo»,elemento essenziale per la riu-scita della Qualità totale.E allora: cosa c’entra Gramsci?«La lean production–spiega Ne-grelli – poggia su due pilastri. Iljust in time, ossia l’eliminazio-ne dei magazzini e l’utilizzazio-ne dei materiali solo nelle quan-tità necessarie alla realizzazio-ne dei prodotti, e l’autoattiva-zione dei dipendenti, il loro for-

te coinvolgimento. Nel model-lo taylorista il lavoratore era unsemplice esecutore mentre og-gi, e qui sta il richiamo a Gram-sci, si riprende il rapporto posi-tivo tra uomo e tecnologia. Sen-za l’intervento umano non vi èalcuna produzione: una veritàche smaschera anche l’utopiadella fabbrica senza lavoratore,praticata dalla Fiat negli anni ot-tanta con l’impianto ad alta au-tomazione di Termoli». Conclusa, quindi, la «sborniaipertecnologica», nei primi an-ni novanta la Fiat approda altoyotismo, costruendo a Melfilaprima fabbrica integrata d’Eu-ropa. A spingerla sono le cospi-cue agevolazioni finanziarie efiscali, ma anche la volontà dicreare un «laboratorio» dovesperimentare senza vincoli e ri-gidità il nuovo modello di orga-nizzazione del lavoro e della pro-duzione.Il contesto è green field (pratoverde), cioè privo di cultura in-dustriale e sindacale. Nell’areaabbonda forza lavoro giovane,mediamente scolarizzata, chel’assenza di questa cultura ren-de più flessibile e malleabile.La costruzione ex novo dellostabilimento permette una di-visione degli spazi tale da otti-mizzare i rapporti tra le unitàoperative, dando vita al «flus-so teso», cioè il processo se-quenziale continuo a zero scor-te, ottenuto anche mediantel’insediamento nel complessoindustriale dei fornitori più im-portanti. «Il confronto con Bre-scia – aggiunge Negrelli – è im-mediato: lo stabilimento lom-bardo è ancora quello della Om,con i vecchi reparti e i magaz-zini ingombri di carrelli e se-milavorati. La lean production

deve letteralmente aggirare lepresse, frantumandosi in piùpunti. Una situazione comun-que in via di superamento, an-che perché si va verso la fab-brica modulare, dove l’impre-sa affida a terzi la maggior par-tedelle lavorazioni mantenen-do soltanto il core business, ilmontaggio finale non più deisingoli componenti ma dei mo-duli complessi consegnati daiproduttori».Nella Fabbrica Integrata al la-voratore, che opera all’internodi un team, non viene piùchiesto soltanto di eseguire inmodo ripetitivo un’unica ope-razione, ma di fare il controllodi qualità e la manutenzionepreventiva, di apprendere piùmansioni attraverso un mec-canismo di rotazione pro-grammata, di contribuire allacrescita dell’azienda mediantele «Proposte di miglioramento

continuo» (con premi perquelle accettate) e le riunionidi team. Di questo modello, leorganizzazioni sindacali sonoparte essenziale. La partecipa-zione si realizza attraverso siale commissioni congiunte(composte da responsabiliaziendali e della Rsu) in cui sitrattano gran parte delle que-stioni relative alla vita in fab-brica, sia una continua attivitàdi consultazione e informazio-ne. Un capitolo nuovo – so-prattutto per la Fiat che nellasua storia ha spesso interpre-tato le relazioni industriali inchiave unilaterale – che neglianni ha premiato maggior-mente, in termini di iscritti, leorganizzazioni più partecipa-tive (Fismic, Fim e Uilm) e pe-nalizzato la Fiom, la cui mag-giore conflittualità scoragge-rebbe l’adesione dei lavoratori.«All’inizio – riprende Negrelli –

l’esperimento della Sata è par-so riuscito, ma ora stanno af-fiorando problemi. Emergononuove e più strategiche formedi resistenza operaia: se losciopero è ormai consideratoun retaggio del passato, da uti-lizzare come evento straordi-nario, si affermano invece l’as-senteismo, i sabotaggi dellaturnazione, la non partecipa-zione alle attività di migliora-mento. Una disaffezione chedà vita a proteste individuali epassive, strettamente legate al-la natura stessa della produ-zione snella».Daquanto detto, potrebbe sem-brare che l’affermazione dellalean productionèpossibile sol-tanto in contesti dove il sinda-cato non c’è, oppure è a voca-zione moderata. Un’interpre-tazione sostenuta da molti, chenel volume trova però una pun-tuale smentita. La tesi di Negrellièche la svolta verso la qualità to-tale funziona anche in ambien-ti red field (prato rosso), ovverodi più difficile modificabilità.L’Iveco dimostra, infatti, la pos-sibilità di realizzare importantiinnovazioni in un insediamen-to a forte sindacalizzazione, sep-pur con compromessi e gra-dualità. E proprio nel cuoredell’«anomalia bresciana», cioèin fabbriche dove l’organizza-zione maggioritaria è la Fiom,una categoria locale particolar-mente antagonista, al punto chespesso si è trovata in contrap-posizione con i vertici naziona-li o con la stessa Cgil. Gli anni no-vanta hanno visto processi di ri-strutturazione che hanno ac-compagnato l’introduzione al-l’Iveco della Fabbrica Integra-ta. Si è passati dalla centralizza-zione funzionale al decentra-

mento, l’organizzazione del la-voro è stata organizzata per«gruppi integrati» con la conte-stuale riduzione dei livelli ge-rarchici, ma l’autonomia dellostabilimento e la rotazione deilavoratori sono ancora di là davenire. I rapporti con i fornitoriela parte commerciale sono tut-tora accentrati a Torino: la si-tuazione quindi è a metà stradatra il just in time e l’assetto tra-dizionale.Il modello delle relazioni indu-striali di Brescia si caratterizza,oltre che per l’elevata sindaca-lizzazione, anche per la diffusaattività di contrattazione azien-dale, di cui l’importante accor-dodel 1999 sulla terziarizzazio-ne è solo l’ultimo esempio. Aquesta attività – si sostiene nellibro – ha corrisposto però unadiffidenza, almeno da parte del-la Fiom, verso gli elementi di par-tecipazione e le commissionimiste, che pure sono state co-stituite a Brescia secondo quan-to stabilito dall'accordo Fiat delmarzo ’96. «Il loro limitato fun-zionamento – conclude Negrelli– non si è tradotto però in unacompleta assenza del modellopartecipativo: occorre infatti an-noverare il ruolo della contrat-tazione informale su alcuni te-mi come le assunzioni o l’orariodi lavoro, oltre che contatti tradirezione e sindacati su investi-menti e terziarizzazioni. Un al-tro modo, quindi, di combina-re lean production erelazioni in-dustriali che, pur non scalfendol’immagine prevalente di rap-porti formalizzati e antagonistitra le parti, ha consentito di fat-to una gestione in qualche mi-sura concertata dell’innovazio-ne tecnologica e organizzativa».

MARCO TOGNA

IL MODELLO DUALE DI BRESCIA • PARLA SQUASSINA

Informali ma non per sceltaLA DELUSIONE DI MELFI • INTERVISTA A CILLIS

Il laboratorio smantellatoFabbrica integrata o quant’altro, non è un

fatto di terminologie. La questione è avererelazioni industriali corrette, con pari dignità.«Questo stabilimento – dice Osvaldo Squassi-na, segretario generale della Fiom Brescia – hauna funzione strategica: se si ferma, si blocca-no gli impianti Iveco d’Europa, poiché qui siproducono quegli stampati in metallo e in pla-stica da cui tutti dipendono. La Fiat ha accetta-to questa realtà: per migliorare l’azienda deveavere il consenso dei lavoratori». L’introduzione della lean production sta an-dando avanti, anche se sul piano della parteci-pazione le lamentele sono le stesse di Melfi: «Lecommissioni non contano nulla – aggiunge ilsindacalista –, non rappresentano alcuna rela-zione avanzata. L’azienda ti informa di sceltegià fatte, starci dentro non ha senso».Nel libro Prato verde, prato rosso, Negrelli sot-tolinea l’aspetto informale dei rapporti tra sin-dacati e management all’Iveco. «Per la Fiat – spie-ga Squassina – un accordo realizzato qui valeper tutti gli stabilimenti, ovunque siano. La trat-tativa informale non è una nostra scelta, ma ser-

ve a raggiungere un risultato senza mettere indiscussione le regole militari della Fiat. Ci sonovolte, però, in cui l’accordo verbale non è suffi-ciente ed è necessario procedere sulla via con-trattualistica, come è stato per la riorganizza-zione del ’97 e le terziarizzazioni del ’99».Questo modello duale, cioè fondato su con-trattazioni scritte e intese verbali, è possibileladdove il sindacato esprime forza e interessilargamente condivisi. All’Iveco oltre il 60 percento dei lavoratori è iscritto alle organizza-zioni, con decisa predominanza della Fiom(1.500 tessere su 4.000 dipendenti). «La fab-brica – conclude Squassina – negli ultimi anniha visto grandi trasformazioni. I lavoratori so-no tutti giovani: il 90 per cento di loro è statoassunto dopo il 1987, l’età media è di 34 anni.Eppure questo cambiamento non ha scalfitominimamente il livello di rappresentanza sin-dacale, che anzi negli ultimi anni è divenutopiù alto. Questo dimostra che anche i giovanihanno assorbito la memoria storica di questoimpianto, fatta di serietà, unità sindacale, an-tagonismo intelligente». M.T.

«Lalean production?Non èmai stata realizzata. All’i-

nizio abbiamo visto una tiepidasperimentazione mentre ora,con le continue esternalizzazio-ni, assistiamo al progressivosmantellamento della fabbrica».Giuseppe Cillis, segretario ge-nerale della Fiom di Potenza, èdurissimo. Il «laboratorio» Mel-finon è riuscito, gli occupati so-no diminuiti (sono meno di6.000), l’esperienza partecipati-va ha deluso le aspettative.Rassegna La Fabbrica integra-ta funziona se si affermano nuo-ve relazioni industriali. Come sisono svolte in questi anni?Cillis L’atteggiamento della Fiatèsempre quello tradizionale. Unesempio? Le commissioni con-giunte. Per l’azienda sono sol-tanto il luogo dove comunicar-ci decisioni già prese, con mar-

gini di trattativa inesistenti. Noivogliamo discutere dei conte-nuti, loro ci vogliono come sem-plici notai. Puoi solo dire sì o no,nient’altro. Rassegna Altro «mito» della Fab-brica integrata è la centralità dellavoratore, informato di tutto ilprocesso produttivo e in grado disvolgere più prestazioni...Cillis L’operaio Sata compie leoperazioni in meno di un mi-nuto, in tali condizioni è impos-sibile occuparsi anche d’altro. Illavoro è polverizzato, ognunosvolge esclusivamente la propriamansione. Il resto lo ignora.Rassegna Nel libro si registra lacrescente disaffezione dei lavo-ratori alle sorti dell’azienda...Cillis All’inizio hanno credutoalla possibilità di una fabbricadiversa, poi hanno verificato l’i-nesistenza delle proposte. Ora

tanti giovani si stanno avvici-nando al sindacato, in partico-lare alla Fiom. Dal ’98 in poi lanostra presenza è aumentata,nelle recenti elezioni tenute nel-le fabbriche esternalizzate sia-mo diventati il primo sindaca-to. E non dimentichiamo il suc-cesso dello sciopero separato: il35 per cento di assenze in fab-brica e 400 lavoratori in piazza.Rassegna Quali sono i prossimiappuntamenti?Cillis In autunno si apre il con-fronto sul contratto aziendale.Le nostre proposte riguardanoil miglioramento delle condi-zioni economiche e di vita, co-me l’eliminazione della «doppiabattuta» che fa lavorare per 12notti consecutive, e l’equipara-zione dei salari di Melfi, attual-mente inferiori di circa 200.000al mese, al resto del gruppo.

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non può certo dare risposta a tutti iproblemi. Dovremmo allora assumere duelogiche comuni e condivise: la prima è cheil destinatario è l’utenza, i lavoratoripresenti e futuri (in coerenza conl’obiettivo della esigibilità del diritto); laseconda è che non ci servono iniziativetutte e solo generali ma che ogni iniziativa,anche parziale, può corrispondere inmodo molto più efficace alla soluzione diun problema elementare, parteimportante del problema complesso.

Un diritto esigibileDopo la legge 124 abbiamo conquistato,per via contrattuale, un diritto. Ora questodiritto dobbiamo generalizzarloaffrontando due problemi: • arrivare allacostituzione di un Fondo pensione in tuttii settori, • garantire a tutti i lavoratori chefanno capo a un Fondo pensione giàcostituito la possibilità concretadell’iscrizione. Sul primo punto abbiamocominciato a sistematizzare le nostreconoscenze e ad analizzare l’insieme deisettori per verificare dove il Fondo è giàcostituito, dov’è in previsione, dove c’èancora un ritardo d’iniziativa e perché. Inquest’ambito occorre avere ipotesi ancheper i settori critici, rappresentati adesempio da «piccoli contratti» o categoriedi lavoratori molto dispersi anche sequantitativamente rilevanti, partendodalla considerazione ormai abbastanzamatura, almeno al nostro interno, chel’obiettivo non è «ogni contratto unfondo», ma la ricerca della collocazione(per settori affini) più opportuna.Su questo è evidente la centralitàdell’iniziativa confederale ma è chiaraanche l’importanza dell’iniziativacontrattuale delle categorie.Sul secondo problema – garantire a chi giàabbia un Fondo di riferimento la possibilitàreale di aderirvi – occorre risolverequestioni quali le resistenze aziendali, maanche l’assenza d’informazione e lamancanza di luoghi in cui i lavoratori

FONDI PENSIONE / 2Un fondo per ogni settore,tutti i lavoratori con la possibilitàdi iscriversi a un fondo.Questo l’obiettivo da perseguire

Laura MartiniResponsabile del gruppo di lavoro Cgilper lo sviluppo dei Fondi pensione

Ipunti critici su cui si attesterà neiprossimi mesi la prospettiva deiFondi pensione sono due. Il primoè costituito dall’intento,manifestato dal governo, dispostare progressivamente laprevidenza complementare dalpiano «integrativo», come sostieneil sindacato, a quello «sostitutivo». Ilsecondo è la mancata previsione

dell’utilizzo del Tfr nei Fondi, cheimpedisce quell’operazione a cui per anniabbiamo puntato e che peraltro dovevacompletare gli effetti del Dlgs 47/2000 sulpiano fiscale con una pienaequiparazione dei diritti dei lavoratoridipendenti e degli autonomi (il plafond dideducibilità è infatti legato alla quantità diutilizzo del Tfr). Vi è poi un altro aspettoda tenere in considerazione, ed è quelloriguardante l’annunciata equiparazionefra fondi chiusi e fondi aperti, che verràcertamente accelerata ma che, dobbiamodire, ci aspettavamo: un elemento criticoanche se non il più preoccupante.Questi comunque i temi con cui dovràconfrontarsi l’iniziativa della Cgil.Un’iniziativa che non possiamo delegaretutta a eventuali interventi esterni, siapromozionali che coercitivi, e che devesvilupparsi avendo chiari, in ogni momento,gli orizzonti strategici della nostra politica.Questi sono: • lo sviluppo della previdenzacomplementare come fattore essenziale perla tutela pensionistica, in chiave integrativa enon sostitutiva; • la difesa della previdenzapubblica, pur nell’ambito delle compatibilitàdi sistema, come elemento strutturale; • latutela dei diritti individuali e collettivi deilavoratori e dei cittadini, garantendo pariopportunità di accesso e pari dignità dellecondizioni di vita.Con queste premesse proviamo a entrare nelmerito della situazione specifica dei Fondi.

La situazione attualeLa Covip (Commissione di vigilanza suifondi pensione) ha di recente presentato laprima relazione sullo stato dei Fondi al2000. Intendo qui riferirmi solo ai Fondipensione negoziali nazionali, non perché

non sia interessante anche lo sguardod’insieme, ma per focalizzare l’oggetto dellavoro che la Cgil dovrà compiere.I Fondi pensione negoziali autorizzatiall’esercizio dell’attività sono passati dai 5del 1999 ai 17 del 2000, con una media dellacontribuzione che è cresciuta dal 4,6 al 9,2.I Fondi autorizzati alla raccolta delleadesioni nel 2000 erano 15, con una mediadella contribuzione dell’8,97. Per quantoriguarda il rapporto fra occupazionedipendente e iscritti i dati ci dicono che gliiscritti sono complessivamente poco più diun milione su circa 9milioni di lavoratoridipendenti. Nei Fondi autorizzatiall’esercizio, la massima percentuale diadesioni si ha nelle aziende con oltre milledipendenti (45,6). Le adesioni femminilisono concentrate nel Nordest e nelNordovest e precipitano al Sud. Più ingenerale le adesioni sono concentrate nelNordest e nel Nordovest (26,3 e 39 percento) e scendono al Centro e al Sud (19,1 e15,6 per cento). Per quanto riguarda l’età ilnumero più consistente di adesioni siconcentra fra i 35 e i 49 anni. Nei Fondipensione autorizzati alla raccolta siconfermano queste tendenze.

Obiettivi e destinatariC’è una legge che dice che non esisteproblema complesso che non possa esserescisso in problemi elementari e che lasomma delle soluzioni elementariconduce alla risposta al problemacomplesso. Il problema complesso cheabbiamo di fronte non è «come fariscrivere i lavoratori» ma un altro, checorrisponde a un nostro obiettivostrategico: rendere esigibile un dirittocontrattuale (e anche legislativo) pergarantire la copertura previdenzialeintegrativa e tutelare la coperturapensionistica.I destinatari privilegiati della nostra azionesono i lavoratori e i futuri lavoratori (igiovani): e questo deve interferire con ogninostra iniziativa: politica, contrattuale,organizzativa, di servizio.Uno dei punti di sofferenza di tutto ilpregevole lavoro messo finora in campodalle categorie e dalle strutture territoriali,sia sul piano politico che dei servizi, è chespesso sembra parlare più al nostrointerno che ai destinatari. Spesso non vuoldire sempre, ma questo provoca unaulteriore disomogeneità di comunicazioneche non facilita la possibilità di lavorare inrete e di diventare sistema. Il solo punto dicoordinamento è costituito daldipartimento Politiche sociali e del welfaredella Cgil nazionale, che di per sérappresenta il luogo delle scelte e degliorientamenti generali e strategici, ma che

possano recarsi per porre le loro domandee nei quali sia possibile fornire le risposteadeguate, la documentazione necessaria osolo spiegare, in termini semplici, cos’è unFondo pensione negoziale.È evidente la necessità di un lavoroorganizzato e sistematico di rete, che cioèmetta in relazione i vari punti del lavoro suquesto fronte: il lavoro di orientamentostrategico e generale (confederazionenazionale); il lavoro contrattuale(categorie); il lavoro operativo-organizzativo (categorie, regionali eCamere del lavoro); il lavoro di supporto edi interfaccia del sistema dei servizi. Èsintomatico che, mentre fra il primo e il

FONDI PENSIONE / 1Ifondi negoziali sono un dirittoesercitato in misuraancora ridotta. Un dirittoche ora deve diventare realtà

L’AGENDA DELLA

DOVE VANNO I FONDI NEGOZIALI •

I veti di Confindustria, le difficoltà che vivono Con il decreto legge n. 47 del 18 febbraio 2000

e il successivo decreto correttivo del gover-no (n. 168/2001), si è venuta consolidando la di-sciplina fiscale del sistema della previdenza com-plementare. L’analisi e la valutazione delle no-vità legislative introdotte va però sviluppata allaluce di alcune considerazioni di carattere gene-rale sullo stato attuale del sistema previdenziale.Dopo anni di confusione e strumentalità intor-no ai conti della previdenza, negli ultimi mesi del2000 si è fatta chiarezza anche a livello degli or-ganismi europei internazionali. Infatti, sia i do-cumenti Ocse che quelli Fmi hanno riconosciu-to la validità strutturale della riforma pensioni-stica italiana. A parere della Cgil bisognerà veri-ficare ora gli eventuali effetti della cosiddetta «gob-ba demografica», che potrebbe verificarsi a par-tire dal 2005, con l’andata in pensione delle ge-nerazioni dei primi anni 50, determinando unaumento dell’incidenza della spesa per pensio-ni sul Pil. A fronte di un possibile futuro incre-mento della spesa, la Cgil ritiene che questo gapsi possa affrontare con l’estensione pro rata, an-che ai lavoratori più anziani, del metodo di cal-colo contributivo della prestazione pensionisti-ca. Questa misura di completamento della rifor-

ma, però, potrà essere adottata solo dal momen-to che per tutti i lavoratori italiani sia possibilepartecipare al sistema dei fondi pensione inte-grativi, per affiancare alla pensione pubblica unapensione complementare a capitalizzazione. Laverifica delle pensioni che dovrà tenersi que-st’anno non potrà, infatti, non tenere conto delfatto che l’equilibrio definito con la riforma del’95 si basa su due pilastri che hanno tra di loro unpreciso rapporto strutturale, e che non può es-sere proponibile nessuna ulteriore correzione alsistema pensionistico pubblico senza il decollogeneralizzato della previdenza complementare.L’Italia non necessita di una nuova riforma del-le pensioni. Il pilastro pubblico deve restare quel-lo fondamentale e prevalente, e deve continua-re a garantire un significativo tasso di sostituzio-ne tra pensione e reddito da lavoro, integrato daun sistema complementare su base volontaria.Va difeso insomma l’impianto strutturale ripar-tizione/capitalizzazione deciso dalla riforma.Sono passati alcuni anni dal decollo dei primiFondi pensione negoziali, e oggi è possibile fareun bilancio dei risultati raggiunti, sia rispetto al-la caratteristica e alla quantità delle adesioni, chesui rendimenti finanziari annuali di esercizio.

Il quadro attuale evidenzia aspetti positivi insie-me a difficoltà rilevanti. Si registrano elevati tas-si di partecipazione nelle realtà in cui esiste unaforte rappresentatività del sindacato e delle as-sociazioni imprenditoriali, dove sono stati rag-giunti risultati, in termini di adesione, che in al-tri paesi hanno richiesto tempi molto più lunghi.Nello stesso tempo, però, nei settori dove il sin-dacato è più debole e le associazioni imprendi-toriali meno rappresentative o divise al loro in-terno, i Fondi sono di fatto fermi al palo. Questoconferma che la contrattazione in materia di pre-videnza complementare, se non è supportata danuove norme di legge, non può diffondere i be-nefici della previdenza medesima a una gran-dissima parte del mondo del lavoro, soprattuttoai giovani. Si rischia di lasciare senza protezionei lavoratori più deboli che, a seguito della preca-rietà del lavoro e delle basse retribuzioni, sonodestinati a ricevere nel futuro una pensione pub-blica assai modesta. È per questi motivi che la Cgil,nel 2000, si è impegnata per una riforma del Tfrche mettesse a completa disposizione dei lavo-ratori questo risparmio forzoso e poco redditizioper trasformarlo in «risparmio previdenziale»,utilizzandolo per la previdenza complementare.

Se analizziamo i risultati quantitativi delle ade-sioni constatiamo che tuttora, su quaranta fon-di negoziali avviati con la contrattazione, han-no aderito circa un milione di lavoratori ri-spetto a una platea di circa 9 milioni di lavo-ratori attivi. Tutto ciò dimostra che manca an-cora la piena convinzione dei vantaggi realidella adesione ad un Fondo negoziale.Oggi, sul tema dei vantaggi, oltre a quelli derivantidalla nuova disciplina fiscale, siamo in grado divalutare con certezza che i Fondi pensione cheda tempo hanno avviato la gestione finanziaria,pur con una gestione prudente, conseguono ri-sultati molto interessanti. Il Fondo pensione delsettore chimico e affini (Fonchim), che ha rag-giunto tre anni di pieno esercizio alla fine del 2000,ha avuto nel triennio una rivalutazione del patri-monio individuale di ogni iscritto del 20 per cen-to a fronte di una rivalutazione del Tfr non utiliz-zato per la previdenza complementare nello stes-so triennio del 9,5 per cento. Tutto ciò confermache chi si iscrive a un Fondo pensione negoziale,oltre al vantaggio di poter percepire il contribu-to dell’azienda e ai benefici fiscali, può avere daicontributi versati, compresa la quota di Tfr, unarivalutazione annuale più che apprezzabile.

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FONDI PENSIONE / 3Ma per raggiungerlo bisognacambiare stile di lavoro: parlareai destinatari dell’iniziativasindacale. Non solo al sindacato

DELLA CGIL

lavoratore è iscritto o no ad un Fondopensione e a quale, notizie si possonoavere dalle banche dati di Inca e Caf:questo consentirebbe un primo approccioall’altro punto critico costituito dal deficitd’informazione.Scarsa informazione Si tratta di unproblema richiamato non solo dalla Cgilma anche dall’analisi sulle criticità deiFondi effettuata dal Cnel. L’informazione ailavoratori deve essere aggiornata,completa, costante; deve creare fiducia:cioè chi cerca l’informazione deve sapereche la troverà e che è attendibile.L’informazione una tantum è scarsamenteefficace, la seconda volta rischia di nonfunzionare più. Essa deve saper risponderealle domande: • chi (quale Fondopensione), • come (mi iscrivo, chiedoinformazioni ecc.), • dove (indirizzi,recapiti, persone a cui rivolgersi) e altrielementi utili. Volantini, manifesti, depliantecc. fanno parte più della comunicazioneche di questo tema.L’informazione può viaggiare attraverso itradizionali strumenti cartacei: la stampasindacale, in sostanza (ma con partidedicate in modo permanente allaquestione), con spazi interattivi adisposizione. Necessario è poil’aggiornamento costante su tutte leiniziative dei fondi, l’utilizzo di strumentidedicati, ad esempio il numero verde, el’inserimento dei servizi informativi suifondi nella Carta di servizi della Cgil.Estremamente utile è ovviamente anchel’uso di Internet. Per adesso il sito giàesistente è stato solo aggiornato, inprospettiva deve assumere la forma di unportale dedicato. Prevediamo anche lapubblicazione in rete di una newsletter conle novità sui Fondi pensione da inviare surichiesta (abbonamento gratuito in linea) eil regolare aggiornamento della pagina conle Faq (domande ricorrenti).I siti delle categorie offrono molte cose utilie ben fatte, ma salta agli occhi qualcheconsiderazione. Per arrivare ai Fondispesso bisogna faticare e alla fine moltevolte si è solo reindirizzati altrove: allorasarebbe meglio mettere subito un link benvisibile di rinvio. In molti casi non c’èniente e bisogna andarsi a cercare leinformazioni sul sito del Fondo. Molti sitinon sono aggiornati (discorso che riguardaanche quelli dei Fondi); ma bisogna fareattenzione: un sito è una porta apertaall’esterno, se non è aggiornato non èinutile, è dannoso.Nessuno dei nostri siti è interattivo, cioèconsente, salvo le e-mail, di mettersi incontatto con noi per avere informazioni;critica che ci è venuta anche dalla recenteindagine in materia di cui ha dato contoRassegna (vedi il n. 26/2001, ndr). Non è unproblema di costi: anche in questo caso ilproblema è semmai di formazione (suglistrumenti informatici, peraltro a livello dibase) e di volontà (come per le anagrafi).Per le strutture verranno pubblicati tutti idocumenti più importanti perl’aggiornamento del lavoro e i materialiutili per la formazione, in modo che sianoliberamente scaricabili. In sostanza,distinguiamo fra informazione agli utenti,che deve rappresentare il leit motiv einformazione utile agli addetti.C’è poi il problema dell’informazione neiluoghi esterni al sindacato. Come farconoscere le nostre iniziative e i nostriservizi? Oltre agli strumenti di cui abbiamoparlato, c’è un dove: e cioè in quale luogo –all’interno delle sedi sindacali, in quelle deicentri servizi, dei patronati e dei Caf –mettiamo i depliant e altro materialeinformativo. Molto importante, com’èovvio, è che questo materiale vengaeffettivamente distribuito edeventualmente illustrato (fa parte dellaformazione) nei luoghi di lavoro (se c’è unaRsu disponibile a non lasciarla in uncassetto) e anche fuori, nei postifrequentati dalla gente e soprattutto daigiovani: bisognerà trovare al riguardo leopportune disponibilità.Comunicazione Si tratta di un temadecisivo: c’è un problema di linguaggio,

secondo punto si è sempre avuta unarelazione, il gap di rapporto si apre appenasi passa al terzo punto e nella relazione frail terzo e il quarto punto, cioè nella faseoperativa in senso stretto.Per inciso, il gap fra il secondo e il terzopunto (dalla contrattazione all’operatività,intesa non nel senso della costituzione egestione del fondo, ma nel rapporto conl’utenza, che abbiamo assunto ariferimento del lavoro da fare) nascedall’idea che il lavoro strettamentesindacale si concluda con la fasecostituente del Fondo e le assemblee dipresentazione.Di fatto, salvo dove ci sono sindacalisti

espressamente impegnati sulla materia,non c’è un’attivazione sostanziale delsistema per dare gambe al processo. Perquesto si è definito come obiettivostrategico quello di rendere esigibile ildiritto: per richiamare tutti alla funzione eal dovere squisitamente sindacale chel’operato in questo campo comporta.Occorre che l’insieme dei sindacalistidiventi operativo e si attivi; la conseguenza,altrimenti, è dal punto di vistaorganizzativo la delega agli addetti, dalpunto di vista sindacale la mancata crescitadella cultura del risparmio previdenziale frai lavoratori e soprattutto fra le Rsu, le qualiper prime, se sono convinte, sono il migliortramite per fare adesioni. È chiaro che nellegrandi aziende i problemi si pongonodiversamente (non a caso lì c’è la maggiorconcentrazione di adesioni), così com’èmolto più delicato è il problema nelleaziende diffuse sul territorio.Ma veniamo ora ai problemi di carattereorganizzativo che oggi abbiamo di fronte.

Alcune questioni organizzativeConoscenza generale della situazione Oggicome oggi ognuno conosce il suo «pezzo».Se ci poniamo nell’ottica di un interventocomplessivo e sinergico, devono esisterepunti in grado di effettuare il monitoraggiocomplessivo della situazione. Occorre peròun lavoro organico. Lo strumentoprincipale per quest’obiettivo è larealizzazione dell’anagrafe degli iscritti esubito dopo la realizzazione dell’interfacciatra le banche dati di cui disponiamo: quelladel Patronato e quella del Caf.La realizzazione di questo indispensabilestrumento è ormai solo un problema divolontà: la strumentazione informatica èampiamente diffusa e parti intere (inparticolare i servizi) la utilizzanoquotidianamente; da questa moleimponente e preziosa di dati dobbiamoriuscire a trarre utilità mirate a specificheparti del nostro lavoro, nell’interesse degliiscritti. Dall’anagrafe si può sapere se un

• UN BILANCIO DEI RISULTATI CONSEGUITI E DEI PROBLEMI APERTI

le organizzazioni sindacaliLe difficoltà presenti nella fase di raccolta delleadesioni ai Fondi mettono in evidenza che lamancata messa a punto di una linea comune delsindacato sulla materia determina, insieme aiveti della Confindustria, il blocco di ogni inizia-tiva finalizzata a consolidare il sistema. Questoha creato una situazione molto grave, che finiràper incidere sulla verifica della riforma delle pen-sioni e ha determinato e determina una grave di-sparità di trattamento fra i cittadini.Nell’applicazione della riforma del trattamentofiscale e del risparmio previdenziale, entrata invigore all’inizio di quest’anno, l’aumento delladeducibilità (pari al 12 per cento del reddito, finoad un massimo di 10 milioni) è collegato alla pie-na utilizzazione dei flussi annuali del trattamen-to di fine rapporto. Nei fatti, però, i lavoratori di-pendenti non potranno beneficiare pienamen-te delle nuove misure fiscali, mentre questo saràpossibile per i lavoratori autonomi, i liberi pro-fessionisti e gli imprenditori, proprio perché ladeducibilità è legata alla quantità di Tfr versato aiFondi. Le sopra citate novità fiscali miglioranoperò il sistema di tassazione dei riscatti del capi-tale accumulato in caso di pensionamento, e mi-gliorano la tassazione dei riscatti richiesti in ca-

so di perdita del posto di lavoro per cause non di-pendenti dalla volontà delle parti.A fronte dei risultati conseguiti non si possonosottovalutare i limiti presenti: non tutto il quadrodirigente ai vari livelli della Cgil si è impegnato inmodo efficace sul tema della previdenza com-plementare. Si fa fatica a creare sinergia tra le ca-tegorie, le strutture confederali e il sistema deiservizi per costruire interventi mirati a superarele situazioni più critiche. È su questo che si stamettendo a punto un piano di lavoro. Se infattiriusciamo a lavorare insieme per lo sviluppo deiFondi, rafforziamo la nostra visibilità di organiz-zazione sindacale che ha al centro la difesa dei di-ritti dei lavoratori, tenuto anche conto che la con-trattazione ha destinato ai Fondi risorse che so-no state sottratte ai salari, per finalizzarle alla di-fesa dello Stato sociale e delle forme collettive diprevidenza. In assenza di risultati apprezzabili,in conclusione, diverrà sempre più forte il parti-to di coloro che spingono per una previdenza pri-vata di tipo individuale e per un definitivo sman-tellamento del sistema pensionistico pubblico.

DANIELE CERRIDipartimento Politiche sociali

e del welfare Cgil SEGUE A PAG. 14 t

I FONDI PENSIONE OGGI

1. PER AREE GEOGRAFICHEFonte Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione

1.1 - Autorizzati all’esercizio dell’attività(media della contribuzione: 9,2)

UOMINI DONNE MEDIA

Nord-Est 24,6 32,2 26,3Nord-Ovest 38,1 42,4 39Centro 19,4 17,9 19,1Sud e Isole 17,9 7,5 15,6

1.2 - Autorizzati alla raccolta di adesioni(media della contribuzione: 8,97)*

UOMINI DONNE MEDIA

Nord-Est 20,9 20,8 20,9Nord-Ovest 56,4 60,4 57,8Centro 16,8 16,4 16,7Sud e Isole 5,9 2,4 4,6

* Adesioni sul dato complessivo

1,3 - Rapporto tra occupazione e adesione(Media della contribuzione: 9,17)

OCCUPAZIONE ADESIONI

Nord-Est 23 26Nord-Ovest 33 39Centro 19 19Sud e Isole 25 16

2. I SINGOLI FONDI*Fonte Mefop

1.1- Autorizzati all’esercizio dell’attivitàADERENTI TASSO

DI ADESIONI

Alifond 30.574 10,19Arco 17.000 9,60Cometa 351.000 35,10Cooperlavoro 10.818 3,61FilcoopFoncer 5.495 15,70Fonchim 107.726 58,23Fondenergia 30.420 64,72Fonser 498 66,14Fopen 55.518 76,58Mediocredito C. 390 74,00Pegaso 16.082 40,21Previambiente 14.148 33,69Previcooper 8.030 14,60Previvolo 2.532 93,78Quadri e capi Fiat 14.311 87,42Telemaco 62.354 77,46

1.2 - Autorizzati alla raccolta di adesioniADERENTI TASSO

DI ADESIONI

Artifond In corsoByblos 16.000 8,42Concreto 4.200 32,31Eurofer 10.947 10,14Fondapi 20.707 2,96Fondav 2.548 50,29FontanFonte 12.000 0,30Gommaplastica 21.400 17,37Marco PoloMediafondPreviagensPrevimoda 35.792 5,97PriamoSocrate 97 0,65

* A fine 2000 le adesioni ai Fp erano 885.651su una platea di circa 9.000.000 di potenziali aderenti (lavoro dipendente).L’incremento delle adesioni rispetto al 1999era del 26,3 per cento

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Dopo 195 anni di at-tività ha chiuso, pervolontà del sinda-co del Distretto W.Williams, il D.C.General Hospital diWashington. L’o-spedale forniva as-sistenza gratuita aiderelitti e ai poveri

privi di assicurazione sanitariaresidenti nel distretto della città,dove la stragrande maggioran-za della popolazione è costitui-ta da afroamericani. Nella suastoria travagliata la struttura haconosciuto periodi di grande de-cadenza che si sono alternaticon altri, specie in tempi recen-ti, in cui essa aveva raggiunto,nonostante la cronica carenzadi mezzi, livelli di eccellenza su-periori a quelli di moltissimi al-tri ospedali. Prima di soffermarcisul significato più generale del-la vicenda, ripercorriamo alcu-ni momenti della vita di que-st’istituzione.Nel 1943 una commissione delSenato definisce l’ospedale, al-lora chiamato Gallenger me-morial, una «casa degli orrori»,incui i pazienti, solitamente le-gati ai letti, vengono tenuti inuna condizione simile alla pri-gionia. Nel 1953 l’amministra-zione distrettuale cerca di ap-portare miglioramenti nella ge-stione della struttura e ne cam-bia il nome, adottando quellaattuale di D.C. General Hospi-tal, ma le condizioni non subi-scono sostanziali cambiamen-ti. I miglioramenti avvengonoinvece negli anni successivi, tan-to che nel 1975 la Joint Com-mission on the Accreditation ofHealth care Organizations con-ferisce all’ospedale l’accredita-mento di soggetto erogatore, poiriconfermato nei trienni suc-cessivi. Così, prima della suachiusura, il General Hospital vie-ne sottoposto a una nuova pro-

cedura di verifica al termine del-la quale realizza uno score del94 per cento, superiore alla me-dia tra l’86 e l’88 raggiunta dal-le altre strutture ospedaliere ac-creditate per erogare prestazio-ni nell’ambito del programmadi Medicare e Medicaid.Le motivazioni addotte per lachiusura da parte di Williams edella commissione costituita atale scopo hanno riguardato siala scarsa qualità del servizio re-so, sia i costi della struttura rite-nuti non compatibili con il bi-lancio distrettuale; altro ele-mento di pregiudizio è statoinoltre considerato l’uso im-proprio dell’ospedale come ri-fugio degli homeless della città.Il primo assunto è stato smen-tito dalla stessa Joint Commis-sion, sul secondo pesanti riser-ve sono state sollevate dal co-mitato per la difesa dell’ospe-dale, che ha contestato i dati delbilancio previsionale parlandodi una vera e propria manipo-lazione della verità compiuta dalsindaco e dalla commissione.Questi, in estrema sintesi, i fat-ti; fatti che hanno un valore em-blematico ed evidenziano unavera e propria deriva del paesepiù ricco e potente del mondo.La privatizzazione del serviziosanitario e il liberismo econo-mico hanno condotto gli Usaalla completa equiparazione traprestazioni sanitarie, merci ealtri beni di consumo; conse-guentemente la loro «produ-zione» è stata affidata ad agen-ti che, al pari degli altri produt-tori, hanno come unico scopola realizzazione di profitti e l’in-cremento del capitale. In que-sto processo tutto quello chenon offre utili significativi o nonriesce a trasformarsi in renditaviene dismesso in quanto an-tieconomico; nessuna remorasolleva il fatto che ciò avvengaa discapito dei diritti fonda-

mentali e dei bisogni più ele-mentari dei cittadini; quel checonta è che il mercato non su-bisca interferenze e che vengalasciato libero di autoregolarsi.La società americana, in so-stanza, somiglia sempre più aquella descritta da Marx nellaQuestione ebraica:un luogo «incui l’uomo appare come uomoprivato che considera gli altricome mezzo e facendo questodegrada se stesso a mezzo e di-viene trastullo di forze estra-nee». In questa rete di interessimateriali a trovare posto e col-locazione non è più il «cittadi-no chiunque» di Salvatore Ve-ca, titolare come tale di dirittiuniversali e sempre esigibili, masolo il potenziale consumato-re, eufemisticamente definito«il decisore razionale», il cui ac-cesso ai beni è subordinato al-la sua capacità economica. La chiusura del D.C. Hospitalassume un ulteriore valore sim-bolico in relazione anche allamai risolta questione razziale. Idue temi della povertà e della di-scriminazione razziale si trova-no intrecciati in questa vicendain un groviglio difficile da dipa-

nare; l’ospedale rappresentavainfatti per la comunità nera untessuto di relazioni, accoglien-za e solidarietà che andava ol-tre il suo scopo istituzionale diluogo di cura e che ora viene ir-responsabilmente reciso.Del resto quanto avvenuto è benpoca cosa in un paese come l’A-merica che detiene il triste pri-mato di 43 milioni di cittadinitotalmente privi di assistenzasanitaria; costoro poi non rap-presentano più i derelitti del sot-toproletariato urbano ma ap-partengono prevalentementealla middle class. Il ceto medio,in un processo di progressivaproletarizzazione, pur non ver-sando in condizioni di indigen-za tali da comportare il dirittoall’assistenza riservata ai pove-ri, non è più in grado di pagarele polizze assicurative i cui im-porti hanno subito negli anni in-crementi intollerabili. Questicittadini di serie B erano 23 mi-lioni nel 1980; sono cresciuti alritmo di 1 milione l’anno, di-mostrando chiaramente comel’imponente incremento del Pilnon si sia convertito in una di-minuzione delle diseguaglian-

ze, anzi le abbia aumentate. Ilservizio sanitario degli Usa, ol-tre a essere iniquo, appare sem-pre più come un gigante mala-to i cui incredibili costi di ge-stione (il 14 per cento del Pil) nonsi traducono in un effettivo be-nessere dei cittadini. Nella clas-sifica per la qualità della vita èagli ultimi posti fra i sette paesipiù industrializzati del mondo.I dati recentemente pubblicatidalla banca dati della Cia dimo-strano che nonostante il Pil perabitante in Usa sia pari a 33,900dollari rispetto a una media di23,400 dei sette paesi più indu-strializzati (Francia, Germania,Italia, UK, Spagna, Giappone,Usa) la mortalità infantile è in-vece del 6,8 per mille rispetto al-la media del 5,2 e la vita media èdi 77,1 anni rispetto al 78,8 de-gli altri. Il servizio sanitario ame-ricano è dunque assolutamen-te inadeguato rispetto a quellodegli altri paesi che spendonomediamente la metà; e appareequivalente a quello di Cuba(mortalità = 7,5; vita media =76,2) che però può contare suun reddito per abitante ventivolte inferiore, cioè pari solo a1,700 dollari . Tutto questo di-mostra non soltanto la netta su-periorità dei servizi sanitari pub-blici, ma anche il totale falli-mento di quelli basati su un si-stema assicurativo privato. Il re-gime delle assicurazioni, inol-tre, ha assunto in Usa, negli ul-timi anni, un potere sempre piùdispotico e capace di condizio-nare pesantemente la politica.Emblematico in tal senso è il ca-so dello stesso presidente Bushche, in opposizione al Congres-so, è pronto a esercitare il suo di-ritto di veto contro una legge chetenta di ridare un minimo di po-tere contrattuale al cittadinoproprio nei confronti delle com-pagnie di assicurazione. Tem-po fa il New York Times (vedi

Adesso sto meglio n. 31, 3 aprile2001 su <www.cgil.it>) illustra-va in un articolo i costi proibiti-vi sostenuti da coloro che fan-no ricorso alle cure ospedaliereesono privi di assicurazione; lesocietà proprietarie degli ospe-dali, infatti, impiegano tariffe di-versificate nei confronti di talicittadini rispetto a quelle prati-cate per le stesse prestazioni al-le compagnie assicurative; gliimporti non solo sono estre-mamente più elevati, ma han-no continuato a crescere a di-smisura negli ultimi anni; è chia-ro in questo l’intento di recupe-rare margini di guadagno pro-prio sugli elementi più deboli emeno provvisti di potere con-trattuale.L’amara conclusione della vi-cenda è evidente: il paese piùricco del mondo, che è dispo-sto a spendere 80mila miliardiper lo scudo spaziale, ritieneun costo insostenibile il man-tenimento di un ospedale di250 posti letto. In Italia di ospe-dali pubblici ne abbiamo cir-ca 1600 e per questi spendia-mo appena il 5,5 per cento delPil. Chiunque voglia metteremano al nostro servizio sani-tario, che è stato giudicato dal-l’Oms tra i migliori del mondo,al secondo posto dopo la Fran-cia, non può non partire daquesta evidenza e riconferma-re la validità del modello fino-ra adottato e basato sui princì-pi di universalità e solidarietà.

ROBERTO POLILLOSegretario generale

Fp Cgil medici(Il testo che qui pubblichiamo èuna versione ridotta di un arti-colo apparso sul n. 27/2001 delsettimanale Asi, Agenzia sani-taria italiana.Èpossibile legger-lo integralmente anche su Ades-so sto meglio, la newsletter deldipartimento Politiche della sa-lute Cgil, <www.cgil.it>.)

num. 29 - 31 luglio 2001

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Dopo il documento esplorativodello scorso autunno, ma so-

prattutto alla luce delle determina-zioni del vertice di Göteborg sull’i-scrizione della questione pensioni-stica tra le priorità dell’agenda eu-ropea, la Commissione ha presen-tato a luglio una prima propostaper formalizzare il coordinamentodella riforma dei sistemi all’internodell’Unione.Commentando le nuove proposte,la commissaria agli Affari socialiDiamantopoulou ha segnalato ledue facce del problema: quello diassicurare da una parte delle pen-sioni adeguate e sicure per la vec-chiaia – fase della vita in cui questesono sovente l’unica entrata – equello di avviare, dall’altra, una

riforma dei sistemi pensionistici pergarantirne la futura gestibilità, so-prattutto negli attesi scenari di seni-lizzazione della popolazione euro-pea. Da qui muove la proposta dellaCommissione, che apre alla defini-zione di obiettivi comuni per l’in-sieme dei tre pilastri dei sistemipensionistici, ossia i regimi legali disicurezza sociale, quelli professio-nali e quelli individuali.In particolare, la proposta rilanciaobiettivi già entrati nella discussioneeuropea, quali l’aumento dei tassi diattività (il nuovo obiettivo adottato aGöteborg è quello di tassi di attivitàdi almeno il 50 per cento per le perso-ne tra i 55 e 64 anni), l’abolizione de-gli incentivi ai prepensionamenti, maanche la riduzione del debito pubbli-

co per ridurre il futuro peso degli in-teressi. Ogni adeguamento dei siste-mi pensionistici dovrà inoltre tenereconto di un corretto equilibrio tra at-tivi e pensionati. La modernizzazio-ne dei sistemi dovrà infine esserecompatibile con i nuovi bisogni delmercato del lavoro, e particolarmen-te con la duplice esigenza della loro«flessibilità» e «sicurezza».Quanto al metodo proposto, si trattadi quello del «coordinamento aper-to», lanciato lo scorso anno a Lisbo-na e ormai diventato di prammaticaper la generalità delle politiche so-ciali. Esso include la fissazione diobiettivi comuni e di indicatori de-terminati, la stesura di rapporti re-golari di monitoraggio e l’identifica-zione delle migliori pratiche attuati-

ve. Sull’iter di concretizzazione, laCommissione propone che si possapartire entro il luglio del prossimoanno con la presentazione di rap-porti nazionali sulla strategia pen-sionistica da parte dei diversi gover-ni. Questi rapporti includerannoovviamente le iniziative assunte o leprevisioni di riforma e dovranno es-sere preparati anche con il coinvol-gimento delle parti sociali.La discussione è comunque giàaperta, anche perché la presidenzabelga ha collocato la questione tra lepriorità sociali del semestre, avendoperaltro ricevuto uno specificomandato da parte del Consiglio eu-ropeo di Stoccolma. Come lo assol-verà il Belgio? Le prime indicazionidella presidenza propongono un

approccio «generale» alla sfida pen-sionistica, ossia la considerazionedegli «obiettivi sociali a lungo termi-ne», contro ogni tentativo di ridurloalla sola questione di sostenibilità fi-nanziaria dei sistemi. «Le pensionihanno effetti sociali positivi, sosten-gono i ministri agli Affari socialiVandenbroucke ed Onkelinx –. Nonpongono una sfida unicamente fi-nanziaria, che ha anche qualche ri-svolto sociale, ma esattamente l’op-posto». A questo principio si ispire-ranno dunque le necessarie ricerchee proposte, a partire da quelle di unagrande conferenza europea su unanuova architettura della protezionesociale in Europa, che si terrà a Lo-vanio nel mese di ottobre.

ANTONIO GIACCHE’

SANITA’ USA • LA CHIUSURA DEL D.C. GENERAL HOSPITAL DI WASHINGTON

Niente cureper il «cittadino chiunque»Una vicenda emblematica dei gravissimi danni prodotti dalla riduzione della salute a mercato

SISTEMI PENSIONISTICI • LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE EUROPEA SUL COORDINAMENTO DEGLI INTERVENTI DI RIFORMA

Meglio che in ordine sparso

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DIRITTO & LAVORORiduzione di personale: senza i numeri giusti,stessa disciplina del licenziamento individuale

SICUREZZA & SALUTECome prevenire la fatica mentale?Le risposte in una guida ben fatta

Il licenziamento per riduzione di personale si distin-gue da quello individuale non per la sua motivazio-

ne, ma per il numero dei licenziati in un determinatoarco di tempo. Se manca il requisito numerico, si ap-plica la disciplina prevista per i licenziamenti indivi-duali. È questo il principio affermato dalla sentenzadella Cassazione 26 giugno 2001, n. 8777.I fatti sono i seguenti. Nell’ottobre del ’95 una casa dicura di Sulmona sottoscriveva con l’assessorato re-gionale alla Sanità un accordo in base al quale il nu-mero dei posti letto veniva aumentato da 25 a 30. A fron-te di quest’aumento, essa s’impegnava a mantenereinalterato l’organico. Successivamente venivano peròlicenziati tre dipendenti per generiche esigenze di ri-dimensionamento. I lavoratori impugnavano il licen-ziamento, chiedendo la reintegrazione e il risarcimentodel danno. La domanda veniva accolta, in quanto la ca-sa di cura non aveva provato di aver soppresso i postidi lavoro e di essere, comunque, nell’impossibilità dimantenerli altrimenti. Il giudice d’appello conferma-va questa decisione. La casa di cura proponeva alloraricorso per Cassazione, sostenendo, tra l’altro, che siera trattato di un licenziamento per riduzione di per-sonale eseguito per necessità di ridimensionamentodell’organico e che, pertanto, non era tenuta a dimo-strare la soppressione dei singoli posti né l’impossibi-lità d’impiegare in altro modo i lavoratori licenziati.

Con la sentenza sopra citata, la Cas-sazione ha ritenuto che i giudici del

merito avessero correttamente moti-vato la loro decisione, escludendo laconfigurabilità di un licenziamentoper riduzione di personale, in base al-la legge n. 223 del 1991. Questa legge,ha osservato la Corte, si applica a tut-te le imprese che occupino più di 15

dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione otrasformazione d’attività o di lavoro (o per cessazioned’attività), intendano effettuare almeno cinque licen-ziamenti, nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità pro-duttiva, o in più unità produttive nell’ambito di unastessa provincia. Questo nuovo assetto normativo, in-trodotto in attuazione della direttiva Cee 75/129, hadeterminato il superamento di ogni diversità ontolo-gica tra licenziamenti collettivi e licenziamenti indivi-duali plurimi per giustificato motivo oggettivo e ha in-dividuato i tratti distintivi del licenziamento colletti-vo in determinati presupposti numerico-temporali.

Ilriferimento dell’articolo 24 della legge n. 223/91 al-le ragioni che giustificano la riduzione del persona-

le («riduzione o trasformazione di attività o di lavoro»,ovvero «cessazione di attività») non vuole individua-re un presupposto di differenziazione qualitativa odontologica rispetto ai licenziamenti individuali pluri-mi, trattandosi di una formula ampia, di portata on-nicomprensiva delle ragioni inerenti l’impresa, ma èpiuttosto finalizzato a evidenziare il necessario colle-gamento dei licenziamenti collettivi (ma che caratte-rizza anche i licenziamenti individuali plurimi per giu-stificato motivo oggettivo) a motivi «non inerenti lapersona del lavoratore». Ne consegue, allora, che soloil requisito numerico-temporale distingue il licenzia-

mento collettivo da quello individua-le plurimo per giustificato motivo og-gettivo. Pertanto, una volta accertatala sussistenza del presupposto nu-merico-temporale, e una volta verifi-cato che la risoluzione del rapportonon è collegata a motivi inerenti la per-sona del lavoratore, diventa ultroneaogni ulteriore indagine per accertarela ragione della riduzione di lavoro.

«M’aggia accise ’e fatica» (mi sono ammazzatodalla fatica, in napoletano) non è che una del-

le molte espressioni dialettali che indicano un sinto-mo primario delle condizioni di malessere in cui si svol-ge il lavoro umano. Ma è estremamente importanteche l’attenzione sulla salute nei luoghi di lavoro non silimiti agli aspetti di salute fìsica. Gli antichi romani par-lavano di «mens sana in corpore sano». In realtà la di-visione tra mente e corpo rappresenta un artifìcio chenon considera la loro stretta integrazione. Un super-lavoro fisico influenza la mente così come un superla-voro mentale ha delle ripercussioni sul corpo.«Pesare il carico mentale per prevenire la fatica men-tale», di Silvana Salerno e Riccardo Tartaglia – trentu-nodomande e relative risposte – è la prima guida su co-meorientarsi per affrontare i problemi di salute men-tale nel lavoro, realizzata nell’ambito di un progettopromosso da Inail, Ispesl, Iims e confederazioni sin-dacali. Un opuscolo, gratuito e ben fatto, su un pro-blema che rappresenta gran parte dei disagi attuali eche tuttavia non è ancora affrontato con l’attenzionedovuta sia nei luoghi di lavoro che nella ricerca scien-tifica, soprattutto in rapporto all’organizzazione, cioèal modo in cui la progettazione delle attività produtti-vepuò influenzare la salute di chi le svolge.Il benessere mentale è quella condizione in cui esisteun buon livello di soddisfazione nel lavoro insieme auna soddisfacente qualità della vita senza squilibri ri-levanti dal punto di vista psico-fisico. Equilibrio, sere-nità, tranquillità, coscienza del proprio stato indivi-duale e sociale e allo stesso tempo cu-riosità e spirito di iniziativa rappre-sentano gli ingredienti più importan-ti. Certamente il benessere mentalenon è uno stato, bensì un processo di-namico che non si raggiunge una vol-ta per tutte né è per tutti uguale, ma èl’obiettivo verso cui si deve tendere co-stantemente. Un lavoro organizzatoche rispetti la salute umana anche nel-

ladimensione mentale è una delle condizioni più im-portanti per il suo raggiungimento. All’opposto, la fa-tica può essere definita in generale come una condi-zione di aumentato malessere e di ridotta efficienzadovuta a un’attività eccessiva o prolungata con ridu-zione o perdita della capacità di rispondere agli stimoliprovenienti dall’ambiente esterno e dall’organismo.Esistono tuttavia vari tipi di fatica in relazione agli ap-parati che vengono maggiormente stimolati: la faticamuscolare, quella mentale, la fatica determinata dauna sovrasollecitazione di un apparato specifico, co-me la fatica visiva, indotta ad esempio da uso intensodiVdt o strumenti di precisione o uditiva (da rumore).Lafatica mentale è intesa come una riduzione tempo-ranea di capacità mentale che dipende dall’intensità,durata ed evoluzione nel tempo dell’attività lavorati-vaeche può ripercuotersi sull’intero organismo.Isegnali di affaticamento mentale sono l’incapacità aconcentrarsi, il cambiamento dell’umore (irritabilità,aggressività, depressione), l’insonnia, l’incremento diabitudini dannose per la salute (eccessiva o scarsa ali-mentazione, l’abuso di bevande alcooliche, di farma-ci, di fumo, di droghe ecc.), la maggiore frequenza diinfortuni in seguito alla ridotta vigilanza ecc.Come si può prevenire la fatica mentale? L’obietti-vo principale è quello di modificare le scelte e deci-sioni organizzative per renderle adeguate al rag-giungimento del benessere mentale, fisico e socia-le. L’analisi del lavoro organizzato può essere mol-to utile nell’individuare le costrittività organizza-

tive che possono determinare la fa-tica mentale, permettendo una ri-progettazione del lavoro senzaaspettare l’insorgere di disagi, di-sturbi e malattie: un lavoro ergo-nomico, cioè che si adatti all’uomoe alla donna e non viceversa.

Diego [email protected]

a cura di Rgl newsPer saperne di più puoiconsultare la Rivista Giuridica del Lavoro e il

suo notiziario, Rgl news, editidall’Ediesse e presenti su Internetall’indirizzo cgil.it/ediesse/rglnews/ L’indirizzo e-mail è:[email protected]

a cura di 2087 RLSIl mensile di formazionee informazione per la sicurezza del lavoro,

edito dalla Edit.Coop. Articoli, inchiestema anche corsi, schede tecniche,strumenti di formazione . E in piùfascicoli di approfondimento e di documentazione.E-mail [email protected]

da pag. 11

• Martini / Fondi pensione

non possiamo parlare in sindacalese:dobbiamo trovare uno stile in gradodi dare efficacia al nostro messaggioe renderlo permanente.Bisogna riuscire a dire tre cose: •iscriversi ad un Fondo pensionenegoziale è utile per sé e per lafamiglia; • iscriversi a un Fondoconsente di controllare direttamentecome rendono i propri investimenti;• la Cgil tutela il diritto di ognilavoratore a un Fondo pensione e glioffre un servizio di assistenzapermanente.

FormazioneSulla formazione in questi anni ci si èspesi molto, sia da parte della Cgil,sia delle categorie, sia dellaconfederazione ai vari livelli, sia daparte dell’Inca. Occorre ora un pianoformativo strutturato ed efficace, equindi mirato rispetto ai destinatari.I linguaggi formativi, anchecompetenti, non sono buoni pertutte le occasioni e per tutti idestinatari. Esistono diversi piani: • formazione «alta» specifica eprofessionale, dedicata ai dirigentisindacali e ai rappresentanti delsindacato nei consiglid’amministrazione dei Fondi; • formazione intermedia persindacalisti e funzionaricontrattualisti e Rsu mirata sugliobiettivi strategici del sindacato, gliorientamenti generali, la conoscenzacomplessiva della materia ma nonnecessariamente sugli aspettitecnici; • formazione intermedia perRsu, sindacalisti e funzionaridedicati alla materia, con contenutoanche tecnico; • formazione di baseper Rsu e lavoratori eletti nelleassemblee e funzionari territoriali,che oltre alle conoscenze devefornire elementi utili a relazionarsicon la domanda e l’utenza; • formazione per gli operatori deiservizi (Inca, Caf, uffici vertenze),mirata a strutturare competenzeprofessionali sempre aggiornate; unaformazione che deve essere precisa erassicurante per i lavoratori(ipotizzando un percorso diretto allacostruzione di una figura «apicale»,responsabile a livello regionale dellaregolazione del sistema servizi, e unaformazione per gli operatori sulterritorio).

Problemi apertiCi sono criticità che occorreràaffrontare, in particolare all’internodel coordinamento dei Fondi, cheattengono a questioni di naturacontrattuale e legislativa. Occorredare una risposta, per viacontrattuale, a due problemi • chi può iscriversi ai Fondi, • quali modalità di contribuzione.Per quanto riguarda il primobisogna pensare all’inserimento ditutte le tipologie di lavoro, compresii lavoratori con contratto diapprendistato, formazione lavoro,tempo determinato (tema su cuisarà necessario ritornare), contrattoa termine (anche su questooccorrerà discutere).Soprattutto per i giovani dobbiamoporci il problema del lavoro«flessibile».Quanto al secondo problema, lemodalità di contribuzione, i temisono: la possibilità di prosecuzionevolontaria in caso di sospensione(ad esempio Cig); la prosecuzionedella contribuzione di entrambe leparti in caso di sospensione permalattia, infortunio sul lavoro,maternità (per il periodo diastensione obbligatoria).

Vi sono poi anche altri aspettiriguardanti la sospensione del lavoroche andranno esaminati, ad esempioquelli conseguenti ai diritti inmateria di congedi parentali. Dirittiche se da un lato si prefiggono diriequilibrare tempi e vita dellepersone, dall’altro – per non esserevanificati – devono trovareun’armonizzazione nell’ambito deidiritti più complessivi delle persone.I congedi che possono essere presida entrambi i sessi rischierannoinfatti di ricadere sempre in capo alledonne, in quanto le famiglie sifaranno i conti del minor dannoeconomico; e, visto che le donnehanno normalmente salari inferiori,saranno loro a restare a casa, con undanno in più oltre a quello del minorsalario: la decurtazione dellacontribuzione al Fondo (per quellapubblica c’è la possibilità deiversamenti volontari e dei contributifigurativi). C’è poi per entrambi isessi la questione degli undici mesidi assenza non retribuita performazione: anche qui è previsto ilpossibile riscatto ma niente per laprevidenza complementare. Inbuona sostanza, non possiamo piùragionare per compartimenti stagni:sui diritti occorre fare sistema.Uno dei temi più delicati, e a cui èurgente trovare una soluzione, èquello dei differenziali nelle renditefra uomo e donna. Basta vedere i datidella Covip: i differenziali sono di 4-5punti percentuali nella coperturasalariale; se a tutto ciò si aggiungonosalari per le donne mediamente piùbassi e le questioni di cui parlavamoin precedenza (comprese le assenzeper maternità), di quale dirittoparliamo?

Il lavoro atipico, stagionale e precarioQui si concentrano una grandequantità di problemi, che vannodalla ricerca di una soluzionecontrattuale adeguata e nonpenalizzante anche sul fronte deicosti (e quindi dei rendimenti) allospecifico del lavoro organizzativo: glienti bilaterali possono, dovecostituiti, rappresentare una sponda,a patto però che non vi sianodifficoltà e ostacoli del padronato;ma comunque non è solo a questiche possiamo appellarci. Uno deiprimi nodi è rappresentato daArtifond, il Fondo dei lavoratori edelle lavoratrici dell’artigianato: nonpossiamo pensare che tutto ilrisultato venga realizzato nelle pocheregioni in cui da giugno è iniziata laraccolta delle adesioni.Più in generale occorrerà fare unpunto sui destini dei lavoratoristagionali, che restano sempretroppo al margine delle discussioni.

Il MezzogiornoIl Sud, che più sconterà gli effetti dellariforma previdenziale, fra le tantedifficoltà si troverà anche quella dellagran massa del lavoro nero,sommerso o sottopagato. Su questo, èchiaro, occorre una strategia piùcomplessiva. Tuttavia, l’impegnomesso nello sviluppo delle adesioni aiFondi nel Mezzogiorno è troppodiscontinuo e non si è fattoabbastanza neanche rispetto alleaziende che pure ci sono almeno perinformare i lavoratori.

Immigrazione da e verso l’ItaliaI lavoratori transfrontalieriI diritti della previdenzacomplementare vengonosalvaguardati da una specificadirettiva europea. Anche sul pianogenerale ci sono questioni importantida dirimere. Ad esempio, e inconclusione, l’equiparazione fiscalefra i vari paesi.

Page 12: IGIORNI DEL G8 • LA PREOCCUPAZIONE DELLA CGIL IL PUNTO ...files.rassegna.it/.../attach/2016/03/8-g8_2673.pdf · 31 LUGLIO 2001 ANNO XLVII • NUMERO 29 S p e d i z i o n e i n a

num. 29 - 31 luglio 2001

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Dall’inizio di luglio il testi-mone della presidenzadell’Unione è passato alBelgio, paese che si è im-pegnato affinché il nuo-vo semestre sia davveroun momento di svolta.Almeno due appunta-menti hanno già fissatole fortune della nuova

presidenza: la coincidenza del defi-nitivo passaggio all’euro, con la vo-lata degli adempimenti conclusivi, el’attesa dichiarazione di Laeken, ov-vero la formalizzazione di un dibat-tito sull’avvenire dell’Europa, ri-chiesto dal Consiglio europeo diNizza in vista della nuova riformaistituzionale dell’Unione stabilitaper il 2004.A queste due scadenze si sovrappon-gono altre opzioni e altri nodi: in pri-mo luogo la garanzia che siano man-tenute le tappe di un allargamentoconsiderato «irreversibile» anche aGöteborg, ma condizionato dalla ra-tifica del Trattato di Nizza messa indiscussione dal recente «no» del re-ferendum irlandese.Presentando il programma al Parla-mento europeo, il giovane premierbelga Guy Verhofstadt, che guida lacoalizione «arcobaleno» compostada liberali, socialisti e verdi, ne ha le-gato i capitoli principali a un comu-ne obiettivo: la «riconciliazione» deicittadini europei con l’Unione, ossiacon le sue istituzioni e il suo avveni-re. Una priorità è dunque costituitadall’euro: «Nulla – ha detto Verhof-stadt – avvicinerà di più i cittadiniche il fatto di disporre di una monetaunica». Ma il Belgio intende anche ri-lanciare il pacchetto di grandi misu-re economiche e finanziarie cheavanza con fatica da un vertice all’al-tro. La «riconciliazione» passa poi at-traverso la realizzazione dell’Europasociale, secondo «punto di forza» diun’agenda che rivolge particolare at-tenzione alla qualità del lavoro, ai di-ritti di informazione e consultazionedei lavoratori, al rilancio del dialogosociale, ma anche al delicato nodo

della riforma dei sistemi pensionisti-ci (vedere box a lato).Il terzo asse è la realizzazione dellospazio europeo di libertà, sicurezza egiustizia, in altre parole l’attuazionedegli impegni assunti a Tampere nel1999, durante la presidenza finlan-dese dell’Unione europea, in dire-zione di una comune politica euro-pea in materia di immigrazione, diasilo e di coordinamento di polizia edi assetti giudiziari.Il quarto capitolo tocca le questionidella qualità della vita, legata al ri-spetto dei Protocolli di Kyoto ma an-che a una serie di temi ecologici, apartire dal rispetto dell’ambiente edalla salute alimentare. La quinta li-nea di forza è l’allargamento dell’U-nione europea, di cui vengono ricon-fermati tappe e impegni, assieme auno sviluppo coerente della politicaestera e di difesa comune.Per quanto riguarda la Dichiarazio-ne di Laeken, cioè il documento chedovrà riannodare le fila del dibattitoaperto sull’avvenire dell’Europa, sitratta di rilanciare la dimensione so-ciale e politica di un sistema la cuiidentità appare annebbiata dal «gar-buglio di istituzioni e di strumenti».Secondo la presidenza belga la rifles-sione dovrebbe partire da un’analisiche riconosca le attuali debolezze(mancanza di trasparenza, di legitti-mità democratica, ecc.), per passarealle risposte possibili in termini di ri-partizione di competenze (europee,nazionali e regionali) e di finanzia-mento dell’Unione, anche attraversoun’eventuale imposta europea e unriaggiustamento di poteri e compe-tenze della Commissione, del Parla-mento e del Consiglio. Il tutto nellaprospettiva di giungere a una Costi-tuzione europea, di cui la Carta deidiritti fondamentali dovrebbe costi-tuire la parte introduttiva.Per iniziare al meglio questo lavoro,Verhofstadt si è dotato di un gruppodi «saggi», tra i quali figurano perso-naggi del calibro di Jacques Delors eGiuliano Amato. Visto il programma,il calendario della Presidenza è fitto

di impegni. Il Consiglio informaledegli Affari sociali, tenutosi lo scorso6 luglio, è stato il primo dei tre ap-puntamenti consacrati alle prioritàdel lavoro e delle politiche sociali. Ametà semestre è previsto un verticea Gand. Il 13 e 14 dicembre, infine, siterrà il Consiglio europeo a Laeken,sobborgo di Bruxelles ove ha sede ilpalazzo reale.L’ambizione del programma è «al-l’altezza del momento storico di cuisiamo testimoni», hanno tenuto asottolineare i principali gruppi par-lamentari europei. Anche la Com-missione europea non nasconde l’i-dentità di vedute rispetto ai grandicantieri aperti e alla preoccupazionedi «riconciliare» i cittadini con l’Eu-ropa, come ha sottolineato RomanoProdi in un intervento davanti alParlamento europeo.Da parte sua la Confederazione euro-pea dei sindacati, assieme alle dueconfederazioni belghe Csc e Fgtb,aveva già presentato lo scorso giugnoal governo belga un memorandum diproposte e di richieste, centrate sullaqualità dell’occupazione, sulla prote-zione sociale, sui diritti di informa-zione e di consultazione dei lavorato-ri, oltre che sull’avvenire dell’Europae del suo modello sociale.

ANTONIO GIACCHE’

VERTICE SINDACALE A GENOVA • TUTELA DEI DIRITTI E GLOBALIZZAZIONE

8 grandi e miliardi di deboliSono oltre 1300 i sindacalisti provenienti da tutto il

mondo che riempiono fino all’inverosimile il cine-ma Augustus di Genova. Sono qui per partecipare alconvegno internazionale del 18 luglio promosso daCgil, Cisl e Uil, insieme alla Cisl internazionale e allaCes, in occasione del G8. Ci sono, per citare solo alcu-ne sigle, la Cut e Força Sindical del Brasile, l’AflCio sta-tunitense, la canadese Clc, la tedesca Dgb, la Fitur rus-sa, la nipponica Rengo. Gli interventi sono tutti incen-trati sui contenuti della globalizzazione e sul G8, ma ileader sindacali del sud del mondo non si lasciano an-dare a una fin troppo facile retorica della «solidarietàcompassionevole».A nome del Genoa social forum, organismo di cuifanno parte 800 associazioni, ong e strutture sinda-cali, interviene al convegno anche Vittorio Agnoletto,il quale invita le confederazioni sindacali ad aderirealla manifestazione del 21 luglio. «Va ostacolato – af-ferma – il tentativo di contrapporre la realtà del lavo-ro regolare e organizzato alla moltitudine dei poveri.

Per questo chiediamo ai sindacati di lottare con noiper l’affermazione dei diritti umani». All’invito ri-sponde Sergio Cofferati, segretario generale dellaCgil, sostenendo che «le diverse articolazioni con cuisi è deciso di manifestare a Genova in maniera paci-fica e democratica sono una ricchezza e non un limi-te. Occorre che sia garantito il diritto di manifestare,assumendoci ognuno le proprie responsabilità. Cosache il sindacato ha sempre fatto».Emilio Gabaglio, segretario generale della Ces, ri-corda due date importanti: la prima è quella di dueanni fa, quando a Helsinki la Ces votò la sua ade-sione alla Tobin tax, uno strumento (non l’unico,ma uno dei più efficaci) per combattere le specula-zioni finanziarie. La seconda è il 13 dicembre diquest’anno, quando si svolgerà l’assemblea gene-rale della Confederazione e si farà una verifica sul-le «promesse» della globalizzazione. «La nostra lot-ta per i diritti fondamentali – aggiunge Gabaglio –non rappresenta un aspetto marginale nel contesto

della globalizzazione. L’internazionalismo sinda-cale è sempre stato uno dei pilastri della nostra sto-ria, e deve continuare a esserlo anche instaurandoun rapporto positivo con i nuovi soggetti della so-cietà civile. La verifica delle convergenze e delle di-vergenze con tali soggetti dev’essere intesa comeun dialogo costruttivo per l’affermazione della glo-balizzazione dei diritti». Bill Jordan, segretario generale della Cisl internazio-nale, ricorda che nessuna delle promesse fatte setteanni fa al G7 di Napoli, presieduto anche allora daSilvio Berlusconi, è stata mantenuta. «La Banca mon-diale, l’Fmi e gli altri organismi delle Nazioni Unite –argomenta Jordan – non hanno combattuto la po-vertà e le disuguaglianze, ma hanno ferito di più pro-prio i paesi svantaggiati che dovevano aiutare. Ciòche noi proponiamo è che in ogni normativa siasempre compreso un insieme di regole a tutela deidiritti umani fondamentali».

DANIELA BINELLO

DA BRUXELLES A. G.

GENERAL ELECTRIC E HONEYWELL

LA COMMISSIONE DICE NO ALLA FUSIONE

Dopo un’inchiesta durata qual-che mese, che ha coinvolto anche ilDipartimento della Giustizia degliStati Uniti, la Commissione europeaha formalizzato il proprio no alla pro-posta di acquisizione della Honeywelllanciata dalla General Electric, bloc-cando così l’ipotesi di fusione fra i duecolossi americani dell’avionica e del-la componentistica.Le ragioni di questa decisione stannonella posizione dominante della Gene-ral Electric sul mercato, che l’apportofinanziario e produttivo della Ho-neywell (principale fornitore di prodottichiave, come i motori a reazione)avrebbe reso ancora più evidente.Furiose sono state le reazioni d’oltreAtlantico, anche a livello governativo,che parlano di guerra commercialecontro le imprese americane e già mi-nacciano ritorsioni.In realtà, come ha pacatamente chiari-to il Commissario europeo Mario Mon-ti, la Commissione non ha fatto che ap-plicare le norme europee vigenti, che apartire dal 1990 le affidano la vigilanzasulle concentrazioni di imprese con unacifra d’affari globale superiore ai 5 mi-liardi di euro, di cui almeno 250 all’in-terno dell’Unione europea. Scopo ditali norme è appunto quello di scongiu-rare la formazione di posizioni domi-nanti di imprese all’interno dei mercatidell’Unione europea.

UNIONE EUROPEA • I PROGRAMMI DELLA PRESIDENZA BELGA

Sei mesi prima dell’euroRiconciliazione dei cittadini con l’Unione, Europa sociale e qualità del lavoro

tra le priorità annunciate. Il premier belga sarà affiancato da un gruppo di saggi,di cui fanno parte Jacques Delors e Giuliano Amato. Positivo il giudizio della Ces

PROGRAMMA

Le prioritàsociali delsemestre«Verso l’Europa dellasolidarietà» è il titolodella pubblicazione, cu-rata dai ministri belgidel Lavoro e della Pro-tezione sociale Onke-linx e Vandenbroucke,che illustra le prioritàsociali del semestre. Alprimo posto figura l’oc-cupazione, affrontatasecondo due innovativepriorità: la qualità degliimpieghi e la partecipa-zione dei lavoratori alletrasformazioni econo-miche. L’obiettivo delpieno impiego dovràcioè essere perseguitocon riferimento alla suaqualità effettiva, da de-terminare con appositiindicatori (salute e sicu-rezza, conciliazione tralavoro e vita familiare,parità, diritti sociali, ecosì via).In materia di partecipa-zione dei lavoratoril’impegno è per la defi-nitiva adozione delle di-rettive su informazionee consultazione e sullapartecipazione dei lavo-ratori nella Società eu-ropea, assieme all’ap-profondimento della«Responsabilità socialedelle imprese». Le prio-rità del secondo capito-lo, «Un’Europa social-mente giusta», sono laproposta di un accordoeuropeo sul futuro deisistemi pensionistici, eun’azione contro la po-vertà e l’esclusione. Ilcapitolo «Parità donna-uomo» illustra le prio-rità legislative, pro-grammatiche (5° Pro-gramma europeo sullaparità) e di «Mainstrea-ming». Lo «Sviluppodell’economia sociale»,la cui priorità è l’appro-vazione dello statutodella Cooperativa euro-pea, è inquadrato nellastrategia dello svilupposostenibile. La lotta allediscriminazioni e lapromozione dei dirittiumani prevedono infineil monitoraggio dellaCarta dei diritti fonda-mentali («solida base»della futura Costituzioneeuropea) e diverse ini-ziative contro il razzi-smo e tutte le forme didiscriminazione.

A. G.

da «Sozialismus»