Idee in fuga (e ritorno) - corrierefiorentino.corriere.it · lato e inviato ai vari negozi in giro...

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Lunedì, 5 Ottobre 2015 www.corrierefiorentino.it UOMINI, AZIENDE, TERRITORI IMPRESE TOSCANA Locomotive Ferragamo spa sfida la crisi dei mercati E cavalca l’onda Expo 5 Distretti-1 Quei telai verso Oriente Così Prato ha perso il primato delle stoffe 7 Distretti-2 I signori degli yacht lasciano Confindustria «Meglio Altagamma» 7 Idee in fuga (e ritorno) Il progetto di un’auto elettrica, nato tra la Toscana e l’Emilia Nessun imprenditore italiano interessato, ma Pechino ci investe 375 milioni e adesso Milano, Pisa e Firenze ricomprano quei veicoli per il car sharing Storia di un treno perso, che dopo cinque anni potrebbe ripassare Città e aziende Cosa ci manca per diventare davvero smart di Marzio Fatucchi I dieci milioni di euro di fondi europei «vinti» da Firenze per progetti di tecnologie innovative, mobilità sostenibile ed ecoefficienza è un riconoscimento a Palazzo Vecchio ma anche alle imprese partner (da Thales a Enel) e al sistema della ricerca universitaria fiorentina. I soldi sono indispensabili, ma non bastano. Occorre che dalle buone intenzioni si passi ai fatti: siamo già «smart» per aver installato le paline intelligenti alle fermate con orari in tempo reale, ma se poi i bus non passano resta un esercizio di stile. Firenze aveva ricevuto un altro importante riconoscimento, nel marzo scorso: prima tra le città italiane nel «Cimi», il City in motion index realizzato dall’Iese dell’università di Navarra (la «Bocconi» spagnola): più «smart» di Milano, Roma, Torino. Ma con uno sviluppo non omogeneo, tanto che a livello mondiale era «solo» arrivata a quota 63. Non solo: questo indice veniva comparato con «l’indice di reputazione»: e Firenze era invece quarta al mondo nella percezione di essere città «intelligente». Lo Iese però avverte che quando il gap tra reputazione e realtà è troppo grande ci può essere «un effetto negativo di legittimazione». Cioè: prima o poi la realtà viene fuori. Per evitare questo effetto, ora occorre realizzare queste idee, che passano anche dalle aziende fiorentine. La presenza di alcune di esse nel bando europeo può essere un cambio di passo, le loro competenze possono aiutare a diventare più «smart». Ma davvero. © RIPRODUZIONE RISERVATA a pagina 3 Sguardi Un gelato al gusto maionese Ma tranquilli: «Come una volta» U nilever, multinazionale anglo-olandese, è proprietaria di Algida, Coccolino, Cif, Calvé, Dove, Svelto, Lysoform, Gly- solid, Knorr, Badedas, Sunsilk, Mentadent, Magnum, Carte D’Or, Cornetto, Ben & Jer- ry’s, Café Zero, Lipton, Clear, Max Adventu- res e Cucciolone. La settimana scorsa — proprio nel giorno in cui a Firenze comin- ciava il festival organizzato da Gabriele Poli — ha comprato anche Grom, il gelato «co- me una volta» più sopravvalutato della sto- ria, preparato a Mappano di Caselle, in pro- vincia di Torino, e poi pastorizzato, conge- lato e inviato ai vari negozi in giro per il mondo, che poi procedono alla mantecazio- ne. A luglio Grom è stata costretta a toglie- re dal suo sito Internet la dicitura «artigia- nale» dopo una diffida del Codacons. «Era dall’autunno del 2013 — ha scritto Milano Finanza — che Federico Grom e Guido Martinetti cercavano capitali o nuovi soci… Una necessità che era emersa anche al mo- mento dell’approvazione del bilancio al 30 settembre 2014, chiuso con un giro d’affari di 27,6 milioni (+4,8%), un ebitda di -240 mila euro e una perdita di 2,4 milioni (in crescita rispetto al rosso di 1,7 milioni del- l’esercizio fiscale precedente)». E ora pronti al gelato al gusto maionese in via del Cam- panile. Come una volta, beninteso. @davidallegranti © RIPRODUZIONE RISERVATA di David Allegranti Poste Italiane Sped. in A.P. D.L. 353/2003 conv. L.46/2004 art. 1, c1 DCB Milano. Non può essere distribuito separatamente dal Corriere della Sera

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Lunedì, 5 Ottobre 2015 www.corrierefiorentino.it

UOMINI, AZIENDE, TERRITORI

IMPRESETOSCANA

LocomotiveFerragamo spa sfidala crisi dei mercatiE cavalca l’onda Expo

5

Distretti-1Quei telai verso OrienteCosì Prato ha persoil primato delle stoffe

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Distretti-2I signori degli yachtlasciano Confindustria«Meglio Altagamma»

7

Idee in fuga (e ritorno)Il progetto di un’auto elettrica, nato tra la Toscana e l’Emilia

Nessun imprenditore italiano interessato, ma Pechino ci investe 375 milionie adesso Milano, Pisa e Firenze ricomprano quei veicoli per il car sharing

Storia di un treno perso, che dopo cinque anni potrebbe ripassare

Città e aziende

Cosa ci mancaper diventaredavvero smartdi Marzio Fatucchi

Idieci milioni di euro di fondi europei «vinti» da Firenze per progetti di tecnologie innovative, mobilità sostenibile ed

ecoefficienza è un riconoscimento a Palazzo Vecchio ma anche alle imprese partner (da Thales a Enel) e al sistema della ricerca universitaria fiorentina. I soldi sono indispensabili, ma non bastano. Occorre che dalle buone intenzioni si passi ai fatti: siamo già «smart» per aver installato le paline intelligenti alle fermate con orari in tempo reale, ma se poi i bus non passano resta un esercizio di stile. Firenze aveva ricevuto un altro importante riconoscimento, nel marzo scorso: prima tra le città italiane nel «Cimi», il City in motion index realizzato dall’Iese dell’università di Navarra (la «Bocconi» spagnola): più «smart» di Milano, Roma, Torino. Ma con uno sviluppo non omogeneo, tanto che a livello mondiale era «solo» arrivata a quota 63. Non solo: questo indice veniva comparato con «l’indice di reputazione»: e Firenze era invece quarta al mondo nella percezione di essere città «intelligente». Lo Iese però avverte che quando il gap tra reputazione e realtà è troppo grande ci può essere «un effetto negativo di legittimazione». Cioè: prima o poi la realtà viene fuori. Per evitare questo effetto, ora occorre realizzare queste idee, che passano anche dalle aziende fiorentine. La presenza di alcune di esse nel bando europeo può essere un cambio di passo, le loro competenze possono aiutare a diventare più «smart». Ma davvero.

© RIPRODUZIONE RISERVATA a pagina 3

Sguardi

Un gelato al gusto maioneseMa tranquilli: «Come una volta»

U nilever, multinazionale anglo-olandese,è proprietaria di Algida, Coccolino,Cif, Calvé, Dove, Svelto, Lysoform, Gly-

solid, Knorr, Badedas, Sunsilk, Mentadent, Magnum, Carte D’Or, Cornetto, Ben & Jer-ry’s, Café Zero, Lipton, Clear, Max Adventu-res e Cucciolone. La settimana scorsa — proprio nel giorno in cui a Firenze comin-ciava il festival organizzato da Gabriele Poli — ha comprato anche Grom, il gelato «co-me una volta» più sopravvalutato della sto-ria, preparato a Mappano di Caselle, in pro-vincia di Torino, e poi pastorizzato, conge-

lato e inviato ai vari negozi in giro per il mondo, che poi procedono alla mantecazio-ne. A luglio Grom è stata costretta a toglie-re dal suo sito Internet la dicitura «artigia-nale» dopo una diffida del Codacons. «Era dall’autunno del 2013 — ha scritto Milano Finanza — che Federico Grom e Guido Martinetti cercavano capitali o nuovi soci… Una necessità che era emersa anche al mo-mento dell’approvazione del bilancio al 30 settembre 2014, chiuso con un giro d’affari di 27,6 milioni (+4,8%), un ebitda di -240 mila euro e una perdita di 2,4 milioni (in crescita rispetto al rosso di 1,7 milioni del-l’esercizio fiscale precedente)». E ora pronti al gelato al gusto maionese in via del Cam-panile. Come una volta, beninteso.

@davidallegranti© RIPRODUZIONE RISERVATA

di David Allegranti

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FI

2 Lunedì 5 Ottobre 2015 Corriere Imprese

A lla fine è arrivata l’ennesi-ma proroga. Così la sta-

gione delle gare per il remu-nerativo mercato della distri-buzione del gas, non si apri-rà nemmeno stavolta, dopo 15 anni dall’avvio dei ragiona-menti sulla necessità di libe-ralizzare il settore. La richie-sta di slittamento è partita dall’Anci per mettere una pezza sui ritardi dei Comuni che ancora non erano in gra-do di stilare i bandi: in To-

scana solo Firenze, Pistoia e Grosseto risultavano in regola (era previsto che andassero a gara nel 2016) mentre Livor-no, Pistoia, Siena e Massa erano fuori norma dal luglio scorso, Arezzo e Lucca dall’11 settembre. In teoria sarebbe spettato alla Regione interve-nire con la nomina di un commissario ad acta. Invece si è scelto di emendare la legge e prorogare tutto di qualche mese: gli slittamenti

accordati variano da caso a caso ma comunque, benché scaglionati, tutti i Comuni dovranno far partire le proce-dure di gara entro il 2016. E intanto le aziende si danno da fare per prepararsi ad una stagione che potrebbe vederle partecipare a gare fuori regio-ne o anche soccombere in casa, visto che operatori non toscani potrebbero essere interessati ad un business che in Toscana vale 1,4 mi-

liardi di euro e garantisce guadagni fino 35%. E il caso di Prato, primo a bandire la gara nel 2011, insegna che i gestori storici adesso non hanno più nessun tipo di «protezione»: fu così che ad Estra subentrò Toscana Ener-gia. «Scontiamo un ritardo a livello nazionale — commen-ta il presidente del Cispel, Alfredo De Girolamo — inve-ce le gare sono importanti i Comuni incassano un canone

dal gestore che vince il ban-do. E dovranno prevedere l’obbligo di investimenti per il potenziamento delle reti e della sicurezza. Per partecipa-re alle gare, le aziende do-vranno irrobustirsi e conti-nuare a farlo nel tempo per-ché ogni 12 anni il bando scade e se vuoi mantenere il business lo dei rivincere». Un meccanismo sano. Che per ora resta al palo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Piazza Affari

Intek Spa

B & C Speakers S.p.A.B & C Speakers S.p.A.

FrendyEnergyBioDue Spa

El.En. S.p.A.

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.

Borgosesia

Ergy Capital

CHL S.p.A.

Eukedos

Dada S.p.A.Settimanadal 28 settembreal 2 ottobre

Banca Etruria

Salvatore Ferragamo S.p.A.

Piaggio & C. S.p.A.

Softec S.p.A.

Snai S.p.A.

Sesa

Rosss S.p.A.

Toscana Aeroporti S.p.A.

1,6391,541,511 1,5691,592

5,245,2355,515,175,035

38,437,338,4 38,3738

0,09240,09240,0876 0,09230,091

0,0380,03620,0376 0,03790,0371

2,3962,4822,506 2,3742,402

1,251,1421,22 1,1751,19

0,73150,7440,741 0,7480,744

0,2730,2820,2830,2690,2797

23,922,8523,24 24,0323,83

14,4914,114,07

14,414,22

2,1422,1222,146 2,1342,15

0,291,0270,99 1,0071,018

1,1091,1321,151,0991,11

15,5115,6215,81 15,815,56

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IL PUNTO

SLITTA ANCORA LA SFIDA (MILIONARIA) DEL GASdi Silvia Ognibene

HALAL & KOSHERSE LA RELIGIONEFA CRESCERELA PASTA «DOC»

L’ ultimo arrivato è l’Egitto,dove il pastificio Fabia-

nelli ha chiuso la settimana scorsa il primo accordo per l’esportazione della pasta certificata Halal, ovvero pro-dotta nel rispetto delle rego-le della Sharia’a. Nord Africa, Medio Oriente, Malesia, Viet-nam, Malesia: è lunga la lista dei Paesi in cui Fabia-nelli esporta la pasta che i musulmani possono mangiare con serenità perché consi-derata «pu-ra». La pasta Halal copre il 15% della produzione di Fabianelli così come quella certificata Ko-sher: insieme garantiscono il 40% del fatturato, 10 milioni di euro. Presente in 56 Pae-si, Fabianelli punta a cresce-re ancora grazie alla certifi-cazione Halal, requisito do-ganale imprescindibile nei Paesi islamici, ma è sempre più richiesta in tutti i Paesi con una significativa presen-za di comunità islamiche.

S.O.© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’EVENTOLA MARZOCCO,LA TANZANIAE L’EXPO DEL CAFFE’

D ici cibo e pensi Expo. Pensi Expo e vedi Milano.

Nel 2015 chiunque abbia a che fare con la galassia del nutrimento non può fare a meno di gravitare intorno alla «Madunina». Per questo la fiorentina Marzocco, stori-ca azienda fiorentina che nello stabilimento di Scarpe-ria di macchine per il caffè espresso, il 23 e il 24 otto-bre prossimi, sarà nel capo-luogo lombardo per «Out of the box». Due giorni al Ma-gna Pars, in zona Tortona, dedicati agli appassionati di caffè. Oltre ai seminari e alle degusta-zioni, una mostra foto-grafica. «Ori-gin», con gli scatti del fotografo Jakob de Boer, racconta un aspetto della storia di Marzocco che non tutti conoscono: si chia-ma Songwa, ed è la pianta-gione di caffè che l’azienda ha acquistato in Tanzania come presidio no-profit per l’economia locale.

Edoardo Lusena© RIPRODUZIONE RISERVATA

AMBIENTEPRO E ANTI CAVEANCHE IL QUIRINALENELLA PARTITA

T ornano ad accendersi i riflettori sulla normativa

della Regione Toscana sulle cave, un testo sofferto e di forte cambiamento, che im-patta soprattutto sulle cave del marmo sulle Apuane. Da una parte gli ambientalisti lo considerano troppo morbido, dall’altra gli imprenditori te-mono per il loro futuro, nel mezzo la Regione che deve attuare la legge varata alla fine della passata legislatura. E con settembre è ripartita la querelle. Gli ambientalisti hanno presentato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica contro le parti del Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della To-scana «lesive dei valori am-bientali e paesaggistici delle Alpi Apuane, rien-tranti in gran parte nel Parco natura-le regionale delle Alpi Apuane». Promotori del ricorco sono Moun-tain Wilder-ness Italia, Società Italia-na di Geolo-gia Ambien-tale, Amici della Terra, Verdi Am-biente e Società, Lega Italia-na Protezione degli Uccelli, Club Alpino Italiano-Toscana, il Centro «Guido Cervati» di Seravezza e il Centro cultura-le «La Pietra Vivente» di Massa, e vedremo che esito avrà questa strada. Intanto, pochi gironi fa la giunta ha varato lo schema di regola-mento di attuazione dell’arti-colo 5 della legge regionale 35 del 2015, «Disposizioni in materia di cave», che dopo l’esame delle commissioni consiliari tornerà in giunta per l’approvazione definitiva. Col regolamento arriverà una banca data centralizzata che consentirà anche di verificare i controlli, ora assegnati agli uffici regionali, come anche la funzione di coordinamen-to, e la loro efficacia. Con-trolli che avverranno anche con sopralluoghi, per effet-tuare i quali la Regione ha previsto un aumento di orga-nico con personale prove-niente dalle ex Province e dai Comuni. Resta da capire se in Consiglio regionale si ripeteranno le tensioni dei mesi scorsi, mentre sul terri-torio è già una certezza.

Mauro Bonciani© RIPRODUZIONE RISERVATA

Attività estrattivedislocatesull’interoterritoriotoscano

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Prima semestrale dalla quotazione per BioDue, azienda farmaceutica di Tavarnelle Val di Pesa quotata sul mercato Aim di Borsa Italiana dal maggio scorso. I ricavi da venditee prestazioni nel primo semestre 2015 si sono attestati a 16,9 milioni di euro, in crescita del 10,2% sul corrispondente periodo del 2014. L’Ebitda è 2,4 milioni (più 31,5%) ed è pari al 13,5% del valore della produzione.

L’utile netto è cresciuto di oltre il 56% a quota di 1,2 milioni (più 56,1%), mentre l’indebitamento finanziario netto è passato dai 7,3 milioni del 2014 a 4,2. BioDue, che produce e commercializza dispositivi medici, prodotti dermocosmetici e integratori alimentari, ha chiuso la settimana in leggero rialzo (più 1,35%) a 5,24 euro per azione.

SANITA’ANALISI, RICETTE E C.UN SOCIAL NETWORKAIUTERA’ I MEDICI

R icetta, accettazione, esecu-zione, referto, ritiro da

parte del paziente e inseri-mento dati nella cartella cli-nica del medico di famiglia senza spostare carta e perso-ne, risparmiando tempo e denaro: si può fare tutto online con «Millebridge», il sistema del gruppo Dedalus già adottato da oltre duemila medici di famiglia e 300 centri sanitari in Campania. L’investimento assorbirà circa 3 milioni di euro e l’obietti-vo dell’azienda fiorentina è esportare il progetto nelle altre regioni. Non solo il paziente potrà evitare la spo-la tra ambulatorio e centro analisi, ma il medico avrà a disposizione i risultati in tempo reale, con la segnala-zione immediata dei valori fuori norma e potrà monito-rare nel tempo il loro anda-mento con l’aiuto di grafici e informazioni dettagliate. Mil-lebridge nasce dall’integra-zione di diversi sistemi sul modello dei social network. Dedalus ha quasi mille colla-boratori, 14 sedi in Italia e 15 all’estero, ha chiuso il 2014 con 80 milioni di fatturato.

Giorgio Bernardini© RIPRODUZIONE RISERVATA

RICICLOSIENA, IN CARCERESI GIOCA A CALCIOSUGLI PNEUMATICI

N uova vita al campo di calcetto del carcere di

Siena. Cemento e polvere fino a pochi giorni fa, oggi il terreno di gioco è rinato grazie alla gomma degli pneumatici vecchi e recupe-rati dall’azienda Ecopneus, che si occupa della gestione del 70% delle gomme italia-ne fuori uso. Il progetto, costato 20 mila euro, vede la collaborazione della Uisp italiana e senese. Grazie a questo progetto i 70 detenuti dell’istituto penitenziario po-tranno tornare a giocare a pallone. I 2.350 kg di gom-ma riciclata che formano il nuovo campo provengono dalle duemila tonnellate di pneumatici fuori uso che si trovavano ammassati abusiva-mente da 20 anni nella zona di Rapolano. Spiega Giovanni Corbetta, dg di Ecopneus: «È un concreto esempio di eco-nomia circolare, capace di generare impatti positivi a livello economico, ambienta-le e sociale. Ad oggi il 37,5% degli pneumatici fuori uso raccolti da Ecopneus viene riciclato in granuli, polverini di gomma e acciaio».

Jacopo Storni© RIPRODUZIONE RISERVATA

Mila euro l’investimentosul progettodi Ecopneusper il nuovo campo da gioco

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3Lunedì 5 Ottobre 2015Corriere Imprese

PRIMO PIANO

L’odissea elettrica di iCar0(storia di un’impresa in fuga)Snobbate dai nostri imprenditori, le auto di Greengo hanno ottenuto 375 milioni da PechinoDopo 5 anni potrebbero tornare, ma sul fronte degli incentivi non c’è partita con l’Est Europa

C’è un’azienda in Ci-na, nella città diYinan, Shandong,che produce 2.500auto elettriche al

mese. Ma le avremmo potutecostruire in Italia, anzi, in To-scana. Le auto Zd (iniziali incinese di «baccello intelligen-te») sono state disegnate, svi-luppate e realizzate in prototi-po tra Pisa e Modena, grazie atre aziende — Generplus spadi Livorno, Edi Srl di Pontede-ra, Sce di Modena — unitenella Greengo. Cinque anni fahanno provato a produrrequelle auto qui da noi, manessuno ci ha scommesso so-pra. Il governo cinese e la Xin-

dayang del gruppo Geely Mo-tor co. ci hanno invece investi-to 375 milioni di euro e hannofatto nascere questa aziendache si limita a produrre 2.500auto elettriche al mese soloperché le manca il silicio peravere più batterie. «Potremmoarrivare a cinquemila al me-se» spiegano dalla Greengo.Anche perché il trend delleauto elettriche (grazie agli in-centivi che in Cina coprono il60% del costo) è in ascesa.

Un’occasione mancata, perla Toscana e per l’Italia, che faancora più male se ci si guar-da intorno. A settembre 2015 èstato superato il milione diauto elettriche vendute nelmondo (dati Ev Obsession).Lo stesso mese in cui l’Europaè diventata la principale ac-

quirente di auto elettriche(sorpassando gli Usa) e nelquale la Tesla ha presentato ilsuo Suv a batterie (da 130 miladollari) ed annunciato chepresenterà a breve la sua pros-sima fabbrica in Olanda.

Ma non è detto che stavoltanon ci sia una seconda chan-ce. Greengo, che oggi com-mercializza e basta le sue Zd— in Italia si chiamano iCar0— e che le usa per il car sha-ring elettrico (già attivo a Mi-

lano, entro l’anno anche a Fi-renze) è stata contattata da al-cuni investitori ora interessatia questa fetta di mercato che,secondo gli analisti (Pricewa-terhouseCoopers), nel 2020potrebbe rappresentare il 6,3%delle auto vendute. Già ogginel Nord Europa, grazie agliincentivi, sono diventate «bestseller»: in Norvegia è stataraggiunta una quota di merca-to del 13%, nei Paesi Bassi sisfiora il 4%. Arrancano gli altriPaesi, ma stanno lanciandosinel promuovere questo settorecon incentivi. Nel frattempo,Greengo cura le attività italia-ne: 2,5 milioni di fatturatoprevisto nel 2015, otto dipen-denti diretti (tre dei quali inCina nell’azienda per la gestio-ne di qualità), un assunto ogni

Milioni di euro di fatturato previstoda Greengoper il 2015

2,5

Le auto iCar0in arrivoa Firenze peril car sharing elettrico

200

di Marzio Fatucchi

dieci auto nel car sharing: 150a Milano (che diventeranno800), 200 a Firenze, in part-nership con soci locali.

Gli incentivi in Italia sonostati cancellati, in Parlamentogiace una legge bipartisan perfarli ripartire. I grandi gruppienergetici si stanno attrezzan-do per la rete di distribuzione,come dimostra Enel che, soloToscana, ha già 170 colonninedi ricarica attive conformi ainuovi standard ed altre 150sbarcheranno a Firenze (dove50 sono già presenti), le 50 aPisa, 40 a Siena e provincia eil resto tra Volterra e Livorno.Sono centraline: l’utente pagao la ricarica semplice (40 cen-tesimi a Kw/h, il doppio delcosto di casa) oppure un ab-bonamento ad un operatore(quello che lui sceglie, comeper il contratto di casa) tra i28 ed i 50 euro al mese, conuna tesserina. Intanto si stalavorando per mettere le co-lonnine di ricarica anche sullaFirenze-Pisa-Livorno.

La possibilità di un impian-to industriale toscano per lan-ciare la produzione delle iCar0(una due posti con un’autono-mia da 165 km), già in venditaintorno ai 15 mila euro, cozzaperò con le scelte italiane dinon puntare — al momento— sugli incentivi per l’elettri-co e sulle «sirene» dell’Est Eu-ropa. «Là ci propongono —spiega Ettore Chimenti di Gre-engo — terreni ad un euro e iltaglio delle tasse per 10 anni».Chimenti non dice chi sono idue gruppi che hanno manife-stato interesse a lanciare laproduzione in Italia. Intantopuò consolarsi con le 200 autoche cominceranno a circolarea Firenze per il car sharing«entro novembre» assicura.

Ma l’occasione sprecatabrucia. E l’Italia resta un fana-lino di coda per l’Europa. Adagosto 2015, in Italia, di autoelettriche ne erano state ven-dute 43; la città italiana che hapiù auto elettriche rispetto al-la popolazione è Roma, con il19,2%, la Toscana è quinta trale regioni. Ad agosto 2015 era-no 3.430 i veicoli elettrici cir-colanti in Italia. Per intender-ci: a Firenze ne circolano solo140. Ma lo scandalo sulleemissioni dei motori dieseldella tedesca Volkswagen puòdare una spinta: «Dopo che èesplosa la notizia abbiamo ri-cevuto davvero tante telefona-te di persone che volevanocomprare auto elettriche. Al-cune hanno già prenotatoiCar0». C’è vita intelligente, ol-tre ai baccelli.

@marziofatucchi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da Yinan alla Torre di PisaSopra, lo stabilimento in cui viene prodotto l’auto elettrica iCar0 con il finanziamento del governo cinese. A destra, la presentazione dell’auto a Pisa, dov’è in funzione con il servizio di car sharing

Sulle nostre stradeSono andate in esilio, ora tornano col car sharing: a Milano, a Pisa e anche a Firenze

L’azienda

Fondata nel 2009 da Ettore Chimenti, exAd di Derbi Italia (gruppo Piaggio), è il punto di arrivo di un percorso nato due anni prima con la progettazione di un innovativoveicolo elettrico

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4 Lunedì 5 Ottobre 2015 Corriere Imprese

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5Lunedì 5 Ottobre 2015Corriere Imprese

LOCOMOTIVE

Ferragamo supera le ondeCavalcando l’«effetto Expo»La griffe fiorentina continua a crescere, nonostante le turbolenze dei mercati esteriIn Cina apre il quarantesimo negozio, in Italia sfrutta la spinta della rassegna milanese

La coppia sportiva del mo-mento, Flavia Pennetta e FabioFognini, accanto a FerruccioFerragamo alla sfilata di Mila-no Moda Donna; l’effettoExpo; la voglia di continuaread investire in Cina. Il gruppoSalvatore Ferragamo affronta con fiducia l’ultima parte del2015 forte dei successi recenti(il fatturato è quasi raddop-piato dal 2010) e delle lavora-zioni 100% made in Italy.

Una maison che ha cuore etesta a Firenze — a luglio al-l’Osmannoro ha inaugurato lanuova palazzina eco sostenibi-le per gli uffici, in attesa direalizzarvi anche il centro lo-gistico per un investimento didecine di milioni — e che aMilano la scorsa settimana haconvinto con gli abiti disegna-

ti da Massimiliano Giornetti,nato a Carrara, diplomato alPolimoda di Firenze, direttorecreativo della Salvatore Ferra-gamo dal 2010. Ferragamo,che ha 4.000 addetti, con unincremento su Firenze di circa50 persone ogni dodici mesinegli scorsi anni, ha appenariaperto negli Usa, in RodeoDrive a Beverly Hills, segnan-do il ritorno ad Hollywoodcento anni dopo l’arrivo diSalvatore in California da cuiripartì ormai celebre per sce-gliere Firenze e Palazzo SpiniFeroni. Proprio a Firenze la ca-sa di moda ha investito inmecenatismo, con la donazio-ne di 600.000 euro per il re-stauro delle otto sale degli Uf-fizi appena riaperte con operedel ‘400: «Sono contento,

emozionato di contribuire atutta questa bellezza con lamia famiglia e la mia azienda.Onoriamo il debito di gratitu-dine verso Firenze che ha con-corso a fare della nostra griffequello che è oggi», ha sottoli-neato Ferruccio Ferragamo,presidente del gruppo. Il titolodel gruppo in Borsa ha risen-

E Guccimette la pellicciaal mocassino

T endenza stravagante aipiedi di manager e

businessman attenti alle novità: sono le scarpe con dettagli in pelo e pelliccia.Sintetica o vera, effetto peluche o Zar poco importa. A lanciare la moda è stato Alessandro Michele nella sua prima collezione uomo Gucci. Lo stilista del marchio fiorentino — nel gruppo Kering — aveva fatto

sfilare sullapasserellamilanese imocassinidellamaison contanto dimorsettogiocandocon la

forma e con il pelo, appunto. Un’idea anticonvenzionale, fotografatissima e già richiesta da lord e gentlemen internazionali anche nella variante Bamboo o con il classico motivo a righe verdi e rosse del marchio. Un must have a cui Michele ha abbinato un’altra calzatura forse ancora più eccessiva, immediatamentecopiata da altri marchi. Un ossimoro del guardaroba si direbbe: il sandalo modello Birkenstock, nobilitato nella suola in pelle viene completamente ricoperto di preziosa pelliccia in astrakan. (Laura Antonini)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Style

L’idea di Michele

Il direttore creativodi FerragamoMassimiliano Giornetti Sopra, la collezioneprimavera estate 2016sulla passerella di Milano Moda Donna

La perditadi valore del titolo negli ultimi 6 mesi per le incertezze del mercato cinese

20%

L’incrementodegli utilidel grupponel primosemestredel 2015

13%

Le boutiqueFerragamoaperte in CinaGli Stati Unitirestano peròil primo mercato

39

La vincitricedegli Us Open Flavia Pennetta con Fabio Fognini ospitidi Ferruccio FerragamoA sinistra Suzy Menkes

tito delle turbolenze del mer-cato cinese, molto importanteper la maison. E ha perso il20% del valore negli ultimi seimesi dopo una lunga corsa alrialzo spinta dai buoni dati dibilancio (dopo un 2013 conpiù 43% di utili ed il più 4%del 2014, la semestrale 2015 hachiuso con un più 13% degliutili).

L’amministratore delegatodel gruppo, Michele Norsa, hasottolineato che Ferragamovuole investire per crescere,mentre gli analisti puntano suun 2015 chiuso in positivo.«Niente è cambiato, del restosiamo un marchio globale esiamo fiduciosi sul nostro bu-siness e su quello della mo-da», ha spiegato Norsa. La sfi-lata milanese ha strizzato l’oc-chio anche al mercato cinese.«Abbiamo scelto due modellecinesi e colori come il giallo el’arancio molto apprezzati inCina», ha spiegato il manager.«La reazione del mercato neiconfronti del nostro titolo èesagerata — ha aggiunto, rife-rendosi alla recenti turbolenze— ogni volta che escono datimacro negativi va male. È veroche siamo uno dei gruppi piùesposti nella Repubblica Po-polare come numero di nego-zi, ma non come dimensioni:siamo stati molto prudenti. Suquel mercato, dove siamo giàpresenti con 39 punti vendita,inaugureremo un nuovo nego-zio breve e le vendite verso laCina sono la metà circa rispet-to a quelle realizzate negli Sta-tes, che rimane il nostro pri-mo mercato».

Cina e non solo, insomma.In Italia, ha infatti dichiaratol’amministratore delegato, «siè fatto sentire l’effetto Exponei negozi di Milano, ma an-che di Firenze e Venezia a di-mostrazione che gli stranieriche vengono a Expo poi viag-giano. Abbiamo avuto visibili-tà straordinaria sulle venditead agosto, ma anche a settem-bre sono andate molto bene».Resta un po’ più di preoccupa-zione per la situazione dellaRussia e l’auspicio che sianoriviste le sanzioni che hannopenalizzato parte delle espor-tazioni. «Anche se i consumiin Russia sono rimasti costan-ti — ha concluso Norsa — lavaluta ha perso il 50% del pro-prio valore. Così ci sono menoturisti russi nel mondo. Turi-sti che invece compravano neinostri negozi».

Mauro Bonciani© RIPRODUZIONE RISERVATA

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6 Lunedì 5 Ottobre 2015 Corriere Imprese

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7Lunedì 5 Ottobre 2015Corriere Imprese

DISTRETTI

Così Prato ha armato il nemicoLe ditte chiuse, gli affari degli spedizionieri con i telai portati a Oriente, la perdita della grande produzione

APrato ci sono più dit-te straniere che telai.Un sorpasso a cuil’aggettivo «storico»non sta stretto, se è

vero che la crescita esponen-ziale — seguita dalla stabiliz-zazione — dell’imprenditoriaorientale è cosa nota. Menonoto, invece, è il fatto che iltelaio stia scomparendo. L’ul-tima mappatura della filierafatta dalla Camera di Com-mercio di Prato certifica chein città sono ne sono rimastisolo 5 mila. Cifra tonda, chealle orecchie cittadine più at-tente ha subito richiamato unaltro numero, quello delleaziende condotte da cinesi sulterritorio: sempre 5 mila.

Se c’è un segnale della qua-lità del mutamento che ha su-bito negli ultimi dieci anni laproduzione industriale dell’exlocomotiva del manifatturierotoscano, questa risiede certa-mente nella quantità di mac-chine utilizzate e nel numerodi aziende straniere attive.Che fine hanno fatto le decinedi migliaia di telai che occu-pavano il piano terra delle ti-piche case a due piani pratesiin cui convivevano fabbrica efamiglia? Dove sono finiti imacchinari delle oltre venti-mila ditte che alla fine deglianni Novanta formavano il piùdenso agglomerato di impresedella Toscana? Molte dittehanno chiuso. Altre hannocambiato produzione, si sonorinnovate. Ma quasi tutte sonoaccomunate dall’aver vendutoi macchinari a compratoriesteri. Compratori cinesi, perla precisione. Ovviamente siparla di cinesi che stanno inCina, di imprenditori che a

partire dal nuovo millenniohanno iniziato a produrre nel-la Repubblica Popolare tessutiper tutti gli angoli del mondo.Più o meno quello che facevaPrato sino al giorno prima,potrebbe causticamente anno-tare qualcuno.

La leggenda dei telai speditidalla Toscana verso Orientenegli anni della crisi nera ècircolata per lungo temposenza che le ricerche avesseromai potuto realmente sondar-la. Da Albini & Pitigliani,azienda pratese leader dellespedizioni da tutto il centro

il 2008, il 2009 ed il 2010».Erano i mesi in cui il distrettotessile riceveva i colpi più pe-santi, quelli nei quali a diecianni di decrescita del mercatosi aggiungeva la crisi econo-mica generale. Le ditte hannochiuso e hanno cominciato aspedire. «Molti vendevano te-lai e macchine anche in India,ma la lavorazione di determi-nati tessuti e dei finissaggi deldistretto laniero è stata so-prattutto appannaggio cinese.Ci contattavano filature, rifini-ture e lanifici pratesi: il 60%pagava la spedizione, il 40%faceva pagare la commessa alcompratore». Secondo alcunestime si parla di cento contai-ner l’anno, ciascuno della mi-sura di un camion (13 metri).Dal 2008 ad oggi le aziende diproduzione tessile del distret-to si sono praticamente di-mezzate, passando da 4.800alle attuali 2.800 (dati Cameradi Commercio). La produzio-ne mondiale del tessuto dimassa è oggi nelle mani dellaCina, dove viene prodotta lamaggior parte delle stoffe chevengono poi importate a Pratodalle aziende orientali di con-fezione degli abiti, che dal2008 ad oggi sono fortementeaumentate passando da 3.300a 4.400. «Quel passaggio nonè stata la rovina di Prato, mapoco ci manca», spiega Piti-gliani. Che però aggiunge cheoggi le cose sono tornate afunzionare, anche se in ma-niera diversa: «La produzionedi massa è ora cinese, ma leditte pratesi rimaste si sonoconvertite alla qualità e conti-nuano ad esportare».

Giorgio Bernardini© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nautica Italiana Lo strappo dei signori degli yacht«Confindustria addio, meglio Illy»Poerio (Azimut): in Altagamma per rappresentare l’intera filiera del lussodi Silvia Ognibene

A zimut, Perini Navi, Ba-glietto, Benetti, Riva evia di questo passo fino

a contare i 25 brand più pre-stigiosi della nautica italiana.Sono i fondatori di NauticaItaliana, nata ufficialmente asettembre e affiliata ad Alta-gamma di Andrea Illy. Tuttifuoriusciti (nel marzo scorso)da Ucina, la Confindustria na-vale. Una rottura non da poco,visto che il top della nauticaitaliana, e quindi mondiale,ha lasciato l’associazione degliindustriali lamentando un di-fetto di rappresentanza.

La fuoriuscita mostra la cri-si di molte, storiche, associa-zioni di rappresentanza: tra-duzione empirica della cosid-detta «disintermediazione»

della quale si sono ormai ac-corti anche gli organizzatori diconvegni e che però avrà (odovrebbe avere, almeno nelleintenzioni dei «ribelli») anchericadute molto pratiche.«Quelli che produciamo noisono i beni di lusso per eccel-lenza, i più costosi in assoluto— dice l’Ad di Azimut, Vin-cenzo Poerio — ma questoaspetto non era adeguatamen-te comunicato. Mentre ormaiè naturale associare Gucci eFerragamo al lusso italiano, lostesso non accade per i nostriyacht. Per questo motivo, purrimanendo un’associazioneautonoma, Nautica Italiana hadeciso di affiliarsi ad Altagam-ma». La Confindustria alterna-tiva di Illy. Come dire che Uci-

na non trasmetteva adeguata-mente l’eccellenza prodottadai suoi associati.

Secondo punto: Altagammaè un’associazione «trasversa-le», riunisce aziende di settoridiversi come moda, alimenta-re, hotellerie, gioielleria, cer-cando sinergie. «La nostra èuna filiera — prosegue Poerio— e quindi va rappresentatoogni suo componente: nonsolo i produttori di barche,ma tutti coloro che concorro-no a produrle, dai cantieri achi fornisce servizi, da chi ar-reda a chi le progetta, dallegrandi aziende a quelle mediee piccole». Fra gli obiettivi diNautica Italiana, infatti, c’è laricerca di accordi inter-asso-ciativi con le altre rappresen-

tanze del comparto, oltre allacollaborazione con i territori ei distretti e al dialogo con leistituzioni per tenere insiemetutti i pezzi di quello che, adesempio, in Toscana non è undistretto formalmente ricono-

sciuto ma lo è di fatto. È cu-rioso come le posizioni degliimprenditori di Nautica Italia-na, lontane da quelle di Ucina,siano invece vicine a quelledella Fiom: «Se la sfida è l’in-novazione in tutti i sensi, deveessere certificata la filiera pro-duttiva e bisogna che sianogarantite le tutele di tutti i la-voratori legati al processo pro-duttivo — dice il segretariogenerale della Fiom Toscana,Massimo Braccini — Per otte-nere l’eccellenza va ripensatoanche un modello lavorativoche vada di pari passo allaqualità del prodotto. Servonole reti di imprese e rapporticontrattuali innovativi, anchedi filiera». Eccellenza, trasver-salità, filiere. Su ciò che serve,almeno a parole, sono d’accor-do imprenditori e lavoratori.«Soprattutto — conclude Poe-rio — serve che chi guidaun’associazione non ricopraquel ruolo per più di 4 anni eche lo svolga nell’interessedell’intero comparto, non solodella propria azienda».

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Italia, tengono a precisare che«con queste spedizioni non cisi sono mai fatti i bilanci».Vuol dire che non sono maistate il core-business del-l’azienda, che «non c’è stataun’età dell’oro delle spedizioniche corrispondesse alla crisidel tessile» sostanzia SandroPitigliani. È lui, dal suo puntodi osservazione privilegiato, araccontare come sono andatele cose. E come stanno andan-do ora: «Oggi di macchinarise ne spediscono molti meno.Gli anni in cui questa pratica èstata preponderante sono stati

Miliardidi dollariil valore delle esportazionidel settorenel mondo

2,58

L’aumentodi fatturatoattesoper il 2015

10%VincenzoPoerio,amministratoredelegatodi AzimutBenetti

Curriculum

Pari opportunità,anche in vettasiamo in basso

P ari opportunità? Ancoranon è il momento. La

differenza uomo-donna nel mercato del lavoro, nell’anno 2015, c’è ancora eccome. Ma non è un problema tutto italiano, né tantomeno riguarda soltanto impiegati e operai. A rivelarlo è il «Cfo & financial leadership Barometer» di Michael Page, leader mondiale dei cacciatori di teste. Una ricerca globale realizzata tramite il sondaggio di 2.487 direttori finanziari in tutti i continenti su 15 settori. Il risultato? Sconfortante: solo il 17,2% sono donne. Non solo: se il tasso globale di soddisfazione (fra uomini e donne) è del 75%, la nota dolente sono i salari. Nella fascia che percepisce tra i 120 mila e i 149 mila euro annui, solo l’11,3% è rosa. Tasso che crolla al 7,4% per stipendi tra i 150 mila e i 199 mila euro. Differenze anche sugli incentivi: per una donna su tre, infatti, i bonus ammontano a meno del 5% del guadagno totale.(Edoardo Lusena)

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È statodal 2008al 2010 che molti hannovendutole loro macchine

In cittàsono rimastisolo 5 mila telai, quantele imprese aperteda cinesi

Macchinari per la filatura cardata in una vecchia fabbrica, ancora attiva, alla periferia di Prato

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