IALLE G SE AMBULANTI VINCONO E INTERNET IL WEB OTTOBRE... · 2019. 9. 6. · nei negozi....

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ottobre 2015 IMAGINE 88 IMAGINE ottobre 2015 89 P AGINE GIALLE P AGINE GIALLE Secondo Confcommercio i consumi stanno crescendo, ma i negozi chiudono. In questa apparente contraddizione - che lo stesso Mario Verduci ha tratteggiato nel suo speech a MakeUp in New York (vedi pag. 90, dove Fenapro è stata invitata quale rappresentante della profumeria italiana - sta il destino di un retail che si sta riassestando. A crescere, sono gli ambulanti e le vendite online. Se tra il 2011 e il 2014 non ci fossero state le bancarelle (10,7%) il commercio sarebbe addirittura stato fermo (-0,1%). In termini relativi, ancora di più è cresciuto Internet, +16,8%. Sulle cause della chiusura delle profumerie s’è già detto molto. Le ragioni sono tante. Su tutte, va considerato che, salvo qualche eccezione, il produttore ha perso quasi completamente il controllo del prodotto sotto la spinta del raggiungimento di economie di scala sempre più lusinghiere. E il risultato è stato l’impoverimento del cosmetico da profumeria. Un impoverimento con cui oggi la profumeria si trova a dover fare i conti. Per far sentire la vostra voce scrivete a: FENAPRO Corso Venezia, 49 20121 Milano www.fenapro.it Filo diretto SE AMBULANTI E INTERNET TRAINANO LE VENDITE... Negozi fi sici e shop online sempre più complementari È questo il trend globale che emerge dall’analisi di PwC ‘Total Retail Survey 2015’, comune a oltre il 70% dei consumatori intervistati. Si fa sia lo showrooming (ricerca in negozio- acquisto online), che il reverse showrooming (ricerca online-acquisto in negozio). La ricerca ha analizzato i comportamenti di consumo online e l’attitudine alla multicanalità di 19.000 consumatori in 19 paesi, tra cui oltre 1000 italiani. La ‘moria’ dei siti internet illegali Tutto era stato organizzato nei minimi dettagli. I siti degli ideatori delle truffe online erano piazzati tra i primi nelle liste dei più noti motori di ricerca. Vendevano merce contraffatta, fatta spacciare per griffata, a prezzi bassissimi. Ma la Guardia di Finanza è partita con massicce azioni investigative, avviando due diverse inchieste. Il risultato? Sono stati individuati centinaia di siti sul web, poi bloccati, che immettevano nel mercato prodotti falsi, di marchi tra cui Mont Blanc, Bulgari, Chanel, Cartier, Panerai, Fendi, Patek Philippe, Prada, Dolce & Gabbana, Louis Vuitton, Burberry, Hermès, Christian Dior, Gucci, Moncler, Armani e Rolex. Nel 2014 la Guardia di Finanza ha sequestrato prodotti contraffatti dal valore di circa 3 miliardi di euro, disposti nel web. VINCONO IL WEB E IL NEGOZIO FISICO Quali cambiamenti stanno intervenendo nelle abitudini degli acquisti online? Internet si conferma in assoluto il canale preferito (anche più dei negozi fisici) a livello mondiale per perfezionare le decisioni di shopping (75% dei consumatori lo considera importante o molto importante) mentre rispetto a due anni fa i consumatori danno meno retta ai social (come Twitter e Facebook) per scoprire nuovi prodotti sui blog e partecipare alle community online riservate ai clienti dei retailer. Come a dire che le promesse dei social media nel settore retail e dei beni di consumo non si sono materializzate. SOCIAL AL PALO Le risposte ottenute a livello globale - si legge nel report - indicano non solo un declino rispetto all’edizione dello studio di due anni fa, ma dimostrano anche come i social media siano meno importanti nel percorso di acquisto rispetto ai negozi tradizionali, al Web, agli smartphone, alla posta elettronica o all’uso delle tecnologie in-store. I social media sarebbero in questo senso più importanti nelle fasi di ‘consapevolezza’ e ‘scelta’ (soprattutto nel caso della moda), ma molto meno nelle fasi di ‘transazione, consegna e post-vendita’. Come dire si va sui social per farsi un’idea ma poi l’acquisto vero e proprio avviene attraverso canali online più tradizionali. In realtà, il nostro Paese fa eccezione. IL NEGOZIO FISICO È ‘IN’ La bottega vince ma solo nei mercati maturi. Almeno per ora. Nelle transazioni I consumatori sono sempre meno guidati dai giudizi sui social network nei loro acquisti. È questa la conclusione di un report globale realizzato da Capgemini alcuni mesi fa realizzato intervistando oltre 18.000 acquirenti digitali di 18 Paesi. retail, il 72% degli acquirenti considera il negozio importante o molto importante rispetto al 67% di Internet. Solo il 14% considera meno importante il negozio fisico. Tuttavia, la maggioranza degli acquirenti (51%) indica la volontà di spendere di più in futuro sull’online che nei negozi. Completamente diverso lo scenario sui mercati emergenti. Per esempio, quando si tratta di ricercare informazioni sui prodotti, confrontare i prezzi e acquistare, Brasile, Messico, India e Cina attribuiscono molta più importanza a smartphone, social media e tecnologia in-store rispetto a tutti i mercati maturi analizzati. I mercati ad alta crescita sono anche significativamente più interessati a offerte e segnalazioni personalizzate, con India (46%), Messico (40%) e Brasile (38%) che lo ritengono ‘estremamente importante’, in netto contrasto con i dati relativi a Regno Unito (13%), Francia (15%) e Germania (24%). IL TASTO DOLENTE DELLA PRIVACY A livello globale, però, oltre un terzo dei consumatori ritiene di non disporre di informazioni chiare circa il modo in cui i rispettivi dati personali sono utilizzati dai retailer. Le attese personali in merito sono basse: un consumatore su quattro non si aspetta che i negozianti attingano allo storico dei rapporti al fine di fornire un servizio migliore, specialmente in Canada, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia. È questo il fronte su cui lavorare e da ottimizzare nei prossimi anni. di Giovanna Maffina NELLE TRANSAZIONI RETAIL IL: 72 % DEGLI ACQUIRENTI CONSIDERA IL NEGOZIO IMPORTANTE O MOLTO IMPORTANTE RISPETTO AL 67 % DI INTERNET. SOLO IL 14% CONSIDERA MENO IMPORTANTE IL NEGOZIO FISICO. TUTTAVIA, LA MAGGIORANZA DEGLI ACQUIRENTI ( 51 % INDICA LA VOLONTÀ DI SPENDERE DI PIÙ IN FUTURO SULL’ONLINE CHE NEI NEGOZI.

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ottobre 2015 IMAGINE

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Secondo Confcommercio i consumi stanno

crescendo, ma i negozi chiudono. In questa apparente

contraddizione - che lo stesso Mario Verduci ha

tratteggiato nel suo speech a MakeUp in New York

(vedi pag. 90, dove Fenapro è stata invitata quale

rappresentante della profumeria italiana - sta il destino

di un retail che si sta riassestando. A crescere, sono gli

ambulanti e le vendite online. Se tra il 2011 e il 2014

non ci fossero state le bancarelle (10,7%) il commercio

sarebbe addirittura stato fermo (-0,1%). In termini relativi,

ancora di più è cresciuto Internet, +16,8%. Sulle cause

della chiusura delle profumerie s’è già detto molto. Le

ragioni sono tante. Su tutte, va considerato che, salvo

qualche eccezione, il produttore ha perso quasi

completamente il controllo del prodotto sotto la spinta

del raggiungimento di economie di scala sempre più

lusinghiere. E il risultato è stato l’impoverimento del

cosmetico da profumeria. Un impoverimento con cui

oggi la profumeria si trova a dover fare i conti.

Per far sentire la vostra voce scrivete a:

FENAPRO Corso Venezia, 49 20121 Milano www.fenapro.it

Filo diretto

SE AMBULANTI E INTERNET TRAINANO

LE VENDITE...

oggi la profumeria si trova a dover fare i conti.

Negozi fisici e shop online sempre più complementari

È questo il trend globale che emerge dall’analisi di PwC ‘Total Retail Survey 2015’, comune a oltre il 70% dei consumatori intervistati. Si fa sia lo showrooming (ricerca in negozio-acquisto online), che il reverse showrooming (ricerca online-acquisto in negozio). La ricerca ha analizzato i comportamenti di consumo online e l’attitudine alla multicanalità di 19.000 consumatori in 19 paesi, tra cui oltre 1000 italiani.

La ‘moria’ dei siti internet illegali

Tutto era stato organizzato nei minimi dettagli. I siti degli ideatori delle truffe online erano piazzati tra i primi nelle liste dei più noti motori di ricerca. Vendevano merce contraffatta, fatta spacciare per griffata, a prezzi bassissimi. Ma la Guardia di Finanza è partita con massicce azioni investigative, avviando due diverse inchieste. Il risultato? Sono stati individuati centinaia di siti sul web, poi bloccati, che immettevano nel mercato prodotti falsi, di marchi tra cui Mont Blanc, Bulgari, Chanel, Cartier, Panerai, Fendi, Patek Philippe, Prada, Dolce & Gabbana, Louis Vuitton, Burberry, Hermès, Christian Dior, Gucci, Moncler, Armani e Rolex. Nel 2014 la Guardia di Finanza ha sequestrato prodotti contraffatti dal valore di circa 3 miliardi di euro, disposti nel web.

VINCONO IL WEB

E IL NEGOZIOFISICO

Quali cambiamenti stanno intervenendo nelle abitudini degli acquisti online? Internet si conferma in assoluto il canale preferito (anche più dei negozi fisici) a livello mondiale per perfezionare le decisioni di shopping (75% dei consumatori lo considera importante o molto importante) mentre rispetto a due anni fa i consumatori danno meno retta ai social (come Twitter e Facebook) per scoprire nuovi prodotti sui blog e partecipare alle community online riservate ai clienti dei retailer. Come a dire che le promesse dei social media nel settore retail e dei beni di consumo non si sono materializzate.

SOCIAL AL PALOLe risposte ottenute a livello globale - si legge nel report - indicano non solo un declino rispetto all’edizione dello studio di due anni fa, ma dimostrano anche come i social media siano meno importanti nel percorso di acquisto rispetto ai negozi tradizionali, al Web, agli smartphone, alla posta elettronica o all’uso delle tecnologie in-store. I social media sarebbero in questo senso più importanti nelle fasi di ‘consapevolezza’ e ‘scelta’ (soprattutto nel caso della moda), ma molto meno nelle fasi di ‘transazione, consegna e post-vendita’. Come dire si va sui social per farsi un’idea ma poi l’acquisto vero e proprio avviene attraverso canali online più tradizionali. In realtà, il nostro Paese fa eccezione.

IL NEGOZIOFISICO È ‘IN’La bottega vince ma solo nei mercati maturi. Almeno per ora. Nelle transazioni

I consumatori sono sempre meno guidati dai giudizi sui social network nei loro acquisti. È questa la conclusione di un report globale realizzato da Capgemini alcuni mesi fa realizzato intervistando oltre 18.000 acquirenti digitali di 18 Paesi.

retail, il 72% degli acquirenti considera il negozio importante o molto importante rispetto al 67% di Internet. Solo il 14% considera meno importante il negozio fisico. Tuttavia, la maggioranza degli acquirenti (51%) indica la volontà di spendere di più in futuro sull’online che nei negozi. Completamente diverso lo scenario sui mercati emergenti. Per esempio, quando si tratta di ricercare informazioni sui prodotti, confrontare i prezzi e acquistare, Brasile, Messico, India e Cina attribuiscono molta più importanza a smartphone, social media e tecnologia in-store rispetto a tutti i mercati maturi analizzati. I mercati ad alta crescita sono anche significativamente più interessati a offerte e segnalazioni personalizzate, con India (46%), Messico (40%) e Brasile (38%) che lo ritengono ‘estremamente importante’, in netto contrasto con i dati relativi a Regno Unito (13%), Francia (15%) e Germania (24%).

IL TASTO DOLENTE DELLA PRIVACYA livello globale, però, oltre un terzo dei consumatori ritiene di non disporre di informazioni chiare circa il modo in cui i rispettivi dati personali sono utilizzati dai retailer. Le attese personali in merito sono basse: un consumatore su quattro non si aspetta che i negozianti attingano allo storico dei rapporti al fine di fornire un servizio migliore, specialmente in Canada, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia. È questo il fronte su cui lavorare e da ottimizzare nei prossimi anni.

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Lo scorso 9 e 10 settembre, Fenapro è stata invitata a New York in occasione di ‘MakeUp in New York’, per approfondire lo stato dell’arte e l’evoluzione del mercato distributivo italiano.

FENAPROE MAKEUP IN

NEW YORK

Una grande opportunità quella offerta a Fenapro. Ce ne parla Mario Verduci, al rientro dalla ‘grande mela’, dove nel corso di MakeUp in New York, ha presentato la relazione ‘Distribution, the italian model’. “Il coinvolgimento di Fenapro nell’ambito di un evento così importante, tutto dedicato all’industria del make-up italiana, leader assoluta al mondo, è la conferma di un ruolo e di una rappresentatività che anche all’estero vengono riconosciuti alla nostra federazione. E ne siamo onorati”. Quali i temi su cui si è discusso? “Nella parte introduttiva, ho tracciato il quadro dell’attuale situazione del sistema della distribuzione selettiva, derivante dalla stagnazione economica del paese, ben evidenziata dai dati statistici contenuti negli annuari Istat ‘L’Italia in cifre’ dal 2004 al 2014, in cui si evidenzia che ogni famiglia italiana ha destinato, nel 2014, 29.869 euro all’acquisto di beni di consumo contro i 28.172 euro dell’anno 2004. Il che significa una crescita a valore

corrente di solo il 4,5%. Un dato che già di per sé basterebbe a raccontare la difficoltà di questi anni, ma che assume contorni ancora più inquietanti se si pensa che, effettuando il confronto a valori reali, cioè tenendo conto dell’inflazione di periodo pari al 18,83%, si registra un calo di risorse destinato ai consumi del 15,14% rispetto all’anno 2004. Quindi, se la stessa metodologia venisse riferita al settore cosmetico avremmo che i consumi reali di ogni famiglia ammontano a 362,99 euro nel 2004 contro 362,23 euro del 2014 a valori correnti, mentre a valori reali il confronto vede una netta riduzione della capacità di acquisto determinata dal livello dell’inflazione”.

SPECIALIZZAZIONE E MULTICANALITÀAltro tema analizzato da Fenapro è stato quello della multicanalità, che significa specializzazione distributiva e che ha visto la nascita di almeno otto diversi canali dove i cosmetici vengono distribuiti. “Il dato rilevante di tale processo porta a un’identità di canale nel quale il consumatore riconosce una tipologia di prodotto e di servizio che presenta da un lato qualità standardizzate nelle varie forme distributive e, dall’altro, una specializzazione dalla quale si percepiscono le preferenze del consumatore in base alla singola offerta di canale. Le evidenze emerse

da un’indagine pubblicata dal Corriere della Sera lo scorso agosto, mostrano una correlazione tra la percezione dei valori intangibili nei quali risiede la singola offerta e le motivazioni espresse dai consumatori. Così, ad esempio, nelle vendite via internet viene privilegiato il prezzo conveniente; mentre, nelle profumerie specializzate la motivazione di acquisto si esprime per il 40% circa tra la presentazione del prodotto e la capacità relazionale della commessa o della vendeuse; mentre, nel caso delle erboristerie la seconda principale motivazione di acquisto è determinata dagli ingredienti, cioè: l’origine naturale del prodotto rappresenta una scelta precisa e puntuale nella quale il consumatore riconosce il valore d’uso” (vedi tabella). È dunque evidente che la scelta del canale distributivo rappresenta un importante fattore critico di successo da cui qualsiasi produttore non può prescindere nel momento in cui decide il proprio posizionamento di mercato. Nell’immaginario collettivo, il negozio di profumeria, inteso anche nella formula di negozio monomarca o nella formula di catena, resta il punto di riferimento di qualsiasi forma di shopping cosmetico”. “Ma - prosegue Verduci -, va purtroppo riconosciuto che, salvo qualche eccezione, il produttore ha perso quasi completamente, sotto la

Abitudine 29,2 16,9 19,9 22,1 24,9 17,0 3,5 19,7 5,7 17,3Visto in negozio 24,8 29,9 0,4 24 22,1 8,7 4,8 16,9 8,9 10,5Prezzo conveniente 16,6 11,3 12,1 8,2 6,6 3,7 19,8 1,1 1,4 29,4 Promozione 4,7 11,3 8,0 4,6 4,6 3,9 15,0 0,0 6,3 4,5Commessa 2,8 7,5 2,7 19 17,2 6,6 0,0 23,4 36,6 3,9Amici conoscenti 1,8 3,4 26,3 4,4 2,2 3,0 8,2 3,1 3,1 3,8Ingredienti 5,8 2,9 7,6 0,9 3,3 7,8 13,9 15,1 0,0 3,4Novità 3,7 3,5 10 4,9 4,7 0,9 5,4 2,9 3,5 7,5Altro 3,4 2,0 4,8 3,7 4,8 3,0 3,8 7,4 13,9 11,1Volantino 1,9 3,2 2,7 1,1 0,7 0,3 0,0 0,0 0,0 0,2Farmacista 0,2 0,1 0,0 0,2 0,2 22,8 2,0 1,2 0,0 0,7Medico/Dermatologo 0,6 0,1 0,5 0,1 1,0 14 0,4 0,0 5,9 1,0Pubblicità nel negozio 1,2 2,2 0,0 2,5 2,4 1,7 0,2 0,6 4,8 0,3Campioni omaggio 0,3 1,6 2,2 1,2 1,5 3,2 0,7 7,9 7,9 1,0Pubblicità TV 1,7 0,6 0,9 0,6 1,4 1,4 2,5 0,0 0,0 2,4Gadget 0,6 2,4 0,8 0,5 0,2 0,6 0,7 0,7 0,0 1,0Siti internet e newsletters 0,1 0,7 0,6 1,2 0,9 0,3 16,1 0,0 0,9 0,2Pubblicità stampa 0,4 0,0 0,7 0,5 1,2 0,8 0,9 0,0 1,1 0,8Forum Blog chats 0,3 0,3 0,0 0,3 0,0 0,2 2,0 0,0 0,0 1,0

spinta della realizzazione di economie di scala, il controllo del prodotto e allentato la vigilanza sull’esistenza di ‘filtri’ che impedissero al prodotto di raggiungere nella sua integrità valoriale il suo destinatario finale”.

L’INCONTRO TRA ONLINE E OFFLINEL’introduzione delle nuove tecnologie digitali con la loro capacità di replicare a distanza la modalità di allestimento del servizio, rappresenta un campo di collaborazione tra produttore e distributore per il ripristino delle condizioni generatrici del valore del prodotto cosmetico che risiede nei valori culturali di cui ogni prodotto è portatore, obbedendo alle cure del proprio creatore, sia che esse attengano ad attività artistiche o alle

tecniche di marketing. “Tuttavia, in attesa che la digitalizzazione trovi definitiva affermazione - riprende Verduci -, bisogna ripristinare urgentemente la cooperazione fra produttore e il retailer, eliminando ogni possibile forma di conflitto. Non a caso, parallelamente all’abbandono delle regole ‘selettive’ abbiamo assistito negli ultimi 10 anni all’affermazione dei canali farmacia ed erboristeria che hanno saputo arricchire le componenti del valore d’uso dei prodotti in misura corrispondente ai nuovi bisogni del consumatore. Ne contempo, alcune nuove insegne si sono imposte all’attenzione del mercato, come Kiko, Victoria’s Secret, Wycon ed altri che fondono esperienze produttive e distributive talvolta maturate in attività collaterali, dove la ricerca del valore si

estrinseca nell’assecondare attività ludiche del consumatore. In sostanza, lo shopping, il provare e riprovare combinazioni di forme e colori, soprattutto nel make-up, diviene un gioco che, per sua natura, deve avere un costo unitario piuttosto contenuto. Spazi di vendita che somigliano a ‘lunapark’ dove tutto è sfavillante di luci, forme e colori, alimentando ed esaudendo i sogni di teenagers e non. Retailer che esaltano la cultura del ‘mascherarsi’ che, com’è noto, ha origini antichissime ed è comune a molte civiltà pur con funzioni diverse. Risulta quindi chiaro, ancora una volta, che il prodotto è un mezzo per la trasmissione di cultura e di valori etici che tanto più vengono esaltati, tanto più avvicinano gli obiettivi del ‘creatore’ alle aspettative del consumatore finale”.

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valori in % - fonte: Corriere della Sera 11-08-2015