architettura, natura e sistemi emergenti

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1 OPEN NETWORK OF NEW SCIENCE & ART AI MARGINI DEL CAOS: FENOMENI DI AUTORGANIZZAZIONE IN SCIENZA, ARTE E UMANESIMO Firenze 20, 21 Novembre 2008 - Palazzo Strozzi, Sede Vieusseux , Sala Ferri CLAUDIO CATALANO ARCHITETTURA, NATURA E SISTEMI EMERGENTI

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architettura, natura e sistemi emergenti

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OPEN NETWORK OF NEW SCIENCE & ART

AI MARGINI DEL CAOS: FENOMENI DI AUTORGANIZZAZIONE IN SCIENZA, ARTE E UMANESIMO

Firenze 20, 21 Novembre 2008 - Palazzo Strozzi, Sede Vieusseux , Sala Ferri

CLAUDIO CATALANO

ARCHITETTURA, NATURA E SISTEMI EMERGENTI

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Abstract

Nel secolo scorso il manufatto architettonico rispecchiava una logica dicotomica di separazione dal mondo in accordo con il pensiero dominante di cartesiana memoria.

Il costruito si proponeva così come un sistema chiuso non comunicante con l’ambiente esterno e con i suoi flussi.

Oggi l’architettura deve fare i conti con entità ibride, che comprendano spazio, luogo, tempo e interazioni.

Tener conto dei flussi informativi della realtà costituisce il momento di transizione fra la progettazione di cose e la progettazione di sistemi, e fra un modello basato su entità discrete e un modello continuo.

Ogni sistema complesso è formato da entità discrete che interagiscono e, sviluppano una forma di autorganizzazione che consente al sistema di acquisire proprietà collettive che non sono proprie dei singoli agenti.

In quest’ottica l’architettura è intesa come campo d’interrelazione tra esseri umani, flussi di persone e di cose, sistemi materiali e ambiente. Un rapporto che si estende aldilà degli scenari tradizionali fino a suggerire una vera e propria ecologia profonda

Il mezzo di creazione della forma passa dal disegno al processo, in cui non è più il prodotto finito ad essere determinato, ma una serie parametri iniziali che si evolvono interagendo con la realtà

Il processo del pensiero si fonde con la creazione nella natura e nel flusso continuo della realtà. Per favorire lo sviluppo di una percezione nuova simultanea e non locale. Il linguaggio simbolico diviene dinamico e onnicomprensivo.

L’architettura sarà strutturalmente organica ed ecologica nel suo sistema organizzativo, nel suo modo di disporre la struttura e nel modo di scaricare forze statiche e dinamiche. Ma non simbolo della natura in quanto anche essa natura è simbolo di una realtà soggiacente.

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ARCHITETTURA, NATURA E SISTEMI EMERGENTI

L’architettura del XX secolo è stata caratterizzata dalla drammatica separazione fra uomo e natura, le cause sono da ricercarsi in un pensiero dominante di matrice cartesiana con una netta differenziazione fra materia e spirito e fra pensiero astrazione e natura. Questa visione della realtà ha portato alla edificazione di agglomerati urbani senza alcun legame con il mondo esterno, il contesto naturale è scomparso per dare spazio all’artificio umano.

L’architettura razionalista ha trovato nello sviluppo industriale la sua linfa vitale sia dal punto di vista delle tecnologie costruttive che degli esiti formali: l’architettura intesa come macchina da abitare. Gli esisti di tale idea di architettura sono sotto gli occhi di tutti: sterminate periferie senza qualità e assolutamente caotiche. L’architettura estetizzante di matrice illuminista dove la forma scaturisce dalla funzione ha contribuito ad aumentare la separazione fra natura ed artificio, fra uomo e universo, di fatto la forma non segue la funzione ma scaturisce da un processo. La forma è un confine che si determina come segno nell’interazione con il contesto.

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L’architettura antica è strumento di misura e riferimento fra il cosmo e l’uomo, nello scopo di riportare l’uomo alla comunione con l’universo. Gli agglomerati urbani antichi sono perfettamente integrati nel contesto creando con esso un rapporto simbiotico, il villaggio nato senza un progetto che ne prefigura ogni dettaglio è intimamente organico e il legame con il mondo è insieme fisico e simbolico. MODELLI DI AUTO ORGANIZZAZIONE NEGLI AGGLOMERATI TRADIZIONALI Gli insediamenti umani antichi sono sistemi naturali auto-organizzati; ogni cambiamento nell’ambiente esterno ed interno aveva una conseguenza diretta sulla forma dell’insediamento e i materiali da costruzione provenivano dal contesto naturale e i metodi costruttivi dalla tradizione dei veri e propri ambienti ecologici da quali c’è ancora da trarre insegnamento.

SHIBAM

Shibam, città nel sud dello Yemen, è organizzata in funzione della possibilità di smaltire i rifiuti tramite un apposito sistema idraulico e trasformare le sabbie in terreno fertile. Questo principio così simile al funzionamento della natura in cui ogni residuo di un sistema è utilizzato da altri sistemi è quello che ha permesso la sopravvivenza dei gruppi umani nella storia. Le tecniche polifunzionali, il multiuso, hanno garantito occasioni di riuscita anche nelle avversità. La collaborazione e la simbiosi attraverso il riuso di tutto quello che viene prodotto all’interno del sistema ha permesso l’autopoiesi indipendente da fattori esogeni o occasionali.

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Ad Alberobello, agglomerato urbano composto dai caratteristici trulli, abitazioni arcaiche con peculiari caratteristiche di confort ambientale la materia prima per costruire i trulli è composta da pietre sbozzate a mano, esse sono utilizzate sia per costruire abitazioni e sia per costruire recinzioni dei terreni; esiste un riciclo del materiale naturale che di generazione in generazione cambia destinazione d’uso.

Agglomerato nuragico

La teoria sistemica degli esseri viventi

La scienza sistemica sostiene che i sistemi viventi non possono essere analizzati nei termini delle proprietà delle loro parti. Le proprietà essenziali di un organismo sono proprietà del tutto che nessuna delle parti possiede singolarmente. Ne consegue che tali proprietà mutino quando il sistema viene diviso in elementi isolati. Caratteristica primaria dei sistemi aperti è il flusso di materia ed energia con cui si auto-organizzano. Il concetto di auto-organizzazione è fondato su un anello di retroazione, ossia una disposizione

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circolare di elementi connessi in cui una causa iniziale si propaga lungo le connessioni dell’anello, in modo tale che ogni elemento agisca sul successivo finché l’ultimo propaga di nuovo l’effetto al primo elemento del ciclo. La conseguenza di questa disposizione è che la prima connessione (input) subisce l’effetto dell’ultima (output), il che dà come risultato l’autoregolazione dell’intero sistema dato che ogni componente di un sistema partecipa alla produzione o alla trasformazione di altre componenti del sistema stesso.

termitaio

Una caratteristica importante degli anelli di retroazione consiste nel fatto che essi collegano sistemi viventi e non viventi, per cui non possiamo più pensare alle cose, agli animali e alle piante come entità separate, ma come componenti di una stessa struttura. La concezione sistemica della vita conduce alla concezione di un ecologia profonda che si distingue dall’ecologia tradizionale dato che quest’ultima è incentrata sull’uomo. Essa considera gli esseri umani al di sopra o al di fuori della Natura, come fonte di tutti i valori, e assegna alla Natura soltanto un valore di ‘utilizzo’. L’ecologia profonda non separa gli esseri umani - né ogni altra cosa - dall’ambiente naturale. Essa non vede il mondo come una serie di oggetti separati ma come una rete di fenomeni che sono fondamentalmente interconnessi e interdipendenti. L’ecologia profonda riconosce il valore intrinseco di tutti gli esseri viventi e considera gli esseri umani semplicemente come un filo particolare nella trama della vita. … “Il potere del pensiero astratto ci ha condotto a considerare l’ambiente naturale - la trama della vita - come se consistesse di parti separate, che diversi gruppi di interesse possono sfruttare. Inoltre, abbiamo esteso questa visione frammentata alla società umana, dividendola in differenti nazioni, razze, gruppi politici e religiosi. Il fatto di credere che tutte queste parti - in noi stessi, nel nostro ambiente e nella nostra società - siano realmente separate ci ha alienato dalla Natura e dai nostri simili, e ci ha quindi sviliti. Per riconquistare la nostra piena natura umana, dobbiamo riconquistare l’esperienza della connessione con l’intera trama della vita. Questo riconnettersi, religio in latino, è la vera essenza del fondamento spirituale dell’ecologia profonda”. (Frjtiof Capra) Architettura e sistemi emergenti Oggi è necessario progettare spazi complessi e interattivi che comprendano la totalità del reale: tecnologie e sistemi complessi si sovrappongono ai sistemi naturali e socioculturali.

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La progettazione dei flussi ha un duplice aspetto: da un lato, si tratta di ideare modi per percepire i flussi; dall’altro, di ripensare il processo progettuale, si passa così da un modello basato su progettazione di entità discontinue ad un modello continuo. Nella progettazione di questi luoghi complessi, le simulazioni al computer e la struttura fisica reale si influenzano in misura sempre maggiore e il diagramma diviene parte integrante della progettazione e funge da elemento di collegamento fra oggetto e soggetto che introduce nel progetto nuove modalità di organizzazione “Lo scopo è quello di agire sull’opera conferendole effetti auto-generativi ed evolutivi non solo durante la messa a punto, ma anche dopo, quando verrà usata” Lo spazio costruito non sarà un sistema chiuso ma interagirà con il contesto: una “membrana” che funge da interfaccia fra lo spazio esterno e quello interno formalmente generata dal processo dal processo e completamente svincolata dall’immaginario meccanico e determinista del XX secolo. Il manufatto architettonico diventa parte integrante del paesaggio, ma non imitazione delle forme della natura. Il territorio che si delinea in questo processo è un sistema ad alta complessità soggetto a continui cambiamenti. L’architettura, come componente fondamentale del paesaggio, è essa stessa paesaggio che capta, come un’ epidermide il flusso di informazioni generando un sistema complesso formato da agenti indipendenti che interagiscono e sviluppano una forma di auto-organizzazione che consente al sistema di acquisire proprietà collettive che non sono proprie dei singoli agenti. In quest’ottica l’architettura è intesa come campo d’interrelazione tra esseri umani, sistemi materiali e ambiente. Il rapporto tra gli abitanti e il loro habitat si estende aldilà degli scenari tradizionali fino a suggerire i confini di una vera e propria ecologia profonda. L’attenzione alle logiche globali del sistema ha condotto all’abbandono dell’approccio funzionalista tradizionale, rompendo la corrispondenza tra localizzazione delle funzioni e i modi di usufruirne e aprendo la strada a nuove esperienze d’architettura. Un edificio dovrebbe essere una spugna ambientale, nutrirsi dei più interessanti frammenti d’informazione che provengono dal suo intorno. In questo modo, l’architettura può essere vista come una sorta di zona filtro per la comunicazione con il contesto. AUTOMI CELLULARI PER LA DESCRIZIONE DEI FENOMENI URBANI E GEOGRAFICI Le città sono degli oggetti complessi in cui l’insieme delle attività socio-economiche funzionano secondo una logica auto-organizzativa Analizzare una città da un punto di vista statico per successive schematizzazioni induce una perdita di informazione sulle dinamiche della città stessa, Modelli dinamici che riescono a dare un soddisfacente grado di descrizione degli agglomerati urbani sono gli automi cellulari. Essi nascono come un modo per mostrare gli effetti globali che si possono ottenere con la applicazione di una serie di regole piuttosto che come strumenti di analisi di una dinamica esistente.

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Un automa cellulare è un sistema complesso formato da un numero finito di unità che interagiscono tra loro, utilizzato per effettuare simulazioni di fenomeni naturali. Una delle idee fondamentali del concetto di automa cellulare è quella di riuscire a ricostruire il comportamento complesso di un sistema a partire da semplici regole che descrivono l’interazione dei “componenti” in cui si pensa suddiviso il sistema stesso. Si potrebbe quindi affermare che l’idea di base degli automi cellulari è di tentare di descrivere un sistema complesso non “dall’alto”, usando complesse equazioni, bensì simulandolo mediante interazioni di celle che seguono semplici regole, e lasciare così che la complessità emerga da tali interazioni. Il comportamento complessivo di un sistema urbano deriva allora dalla integrazione di molti comportamenti locali dello stesso. La formulazione globale (i processi di sviluppo urbano interpretati secondo leggi generali), può dunque essere sostituita dalla formulazione locale (i processi di sviluppo urbano possono essere interpretati sulla base di regole di uso dello spazio dipendenti dalle condizioni dalle condizioni degli “intorni” vicini). I vantaggi dell’uso della formulazione locale sono essenzialmente: la semplicità delle regole di trasformazione; la possibilità di analizzare localizzazioni puntuali; Un automa cellulare urbano può quindi essere visto come una specificazione di un automa cellulare, con le seguenti caratteristiche: − la cella è una zona urbana o geografica di una data estensione; − la matrice di celle è un reticolo che identifica una superficie urbana o geografica (una città o un territorio); all’interno di ogni cella vi è il sistema generato dagli edifici In una visione sistemica gli edifici sono sistemi dinamici che processano informazioni che provengono dall’ambiente ( calore , umidità, luce, venti, etc.) Sia informazioni generate internamente ( produzione di calore, vibrazioni etc.) a sua volta il sistema edificio è da considerare emergente da interazioni tra sottoinsiemi ( rete idrica telecomunicazioni sistema di controllo, illuminazione ascensori etc.) La descrizione dei processi in un agglomerato urbano funge da substrato necessario (input) all’induzione di nuovi processi secondo un modello auto organizzativo retroattivo, il mezzo di indagine diviene quindi strumento per la progettazione, ne consegue che l’osservazione della realtà porta ad una trasformazione della realtà stessa

L -systems e generazione della città

Una città non si può progettare, si può solo indurre. Le città mostrano un continuo movimento e il momento attuale non è altro che un frammento contenuto all’interno di questo movimento. Ciò che è possibile, in una situazione come questa, è perciò intervenire non su quelle parti che costituiscono gli elementi stessi della struttura della città vista come una costruzione, bensì sui flussi dinamici della città. La matematica non lineare degli L-sistemi, che fornisce un modello della crescita degli organismi, introduce il concetto di tropismo come “risposta a uno stimolo esterno che determina la curvatura o il movimento apparente dell'organismo stimolato in una particolare direzione”. Insediamenti come quello di Alberobello, Shibam, i nuraghi sardi, Angkor, Siena dimostrano come un ambiente non progettato e conformato dai propri abitanti possa raggiungere una elevata unità figurativa e allo stesso tempo una estrema variabilità delle soluzioni individuali. I processi di crescita di questi insediamenti, indirizzano l’esito formale verso la soluzione più opportuna.

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L- systems

La formazione di un organismo urbano è il risultato di un processo di adattamento a un insieme molto vario di circostanze esterne di natura territoriale, climatica, sociale, politica, economica, ecc. Ciascuno di questi ordini di fattori rappresenta per l'organismo un insieme di vincoli di cui esso deve tenere conto affinché la forma organizzativa scelta non entri in conflitto con le esigenze e le aspirazioni degli abitanti. la simulazione della morfogenesi nella sua versione più stilizzata può essere applicata al processo di definizione dell'impianto viario e delle connessoni fra zone. La classe degli algoritmi che appare più adatta a tradurre operativamente un modello di questo tipo è quella degli L-Sistemi, le cui strutture arborescenti si prestano in modo naturale alla simulazione di processi di aggregazione di componenti lineari come le reti viarie. Gli L-Sistemi consentono in particolare l'introduzione di fattori casuali nonché l'elaborazione di regole morfogenetiche che interagiscono con i vincoli del luogo. Ipotesi di recupero delle periferie In occidente come in oriente esistono agglomerati urbani assolutamente caotici, un caos non deterministico e senza qualità che genera alienazione. Un ipotesi di intervento per queste realtà urbane è già oggi possibile in modo da indirizzare il loro futuro sviluppo verso sistemi naturalmente integrati. Automi cellulari in cui ogni cella è costituita da un insieme di emergenze urbane e che può essere influenzata dagli abitanti di quel sistema tramite una logica partecipativa continua espletata tramite la rete web potrebbe essere un ipotesi progettuale di induzione plausibile. Oggi però il sottosistema base della città costituito dall’edificio è ancora troppo rigido per potersi adattare alle necessità dinamiche di un agglomerato naturale che funziona secondo i dettami di un ecologia profonda. Le tecniche costruttive mutuate dalla logica meccanicistica della società industriale sono obsolete per quanto riguarda la necessità di integrazione dell’architettura con la natura. Noi non abbiamo scambi simbiotici con il nostro spazio e con la materia che lo costituisce.

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LA REALTA’ ENTANGLEMENT E L’ARCHITETTURA POLISENSORIALE In che modo possiamo entrare in rapporto simbiotico con la realtà di cui noi siamo confine? e in che modo possiamo interagire con essa? La realtà profonda che la meccanica quantistica ci suggerisce è una realtà interconnessa dove l’indeterminismo quantistico è controllato dalla coscienza che assume ruolo fondamentale per la costituzione della realtà fisica, le implicazioni di siffatte teorie ci pongono nella condizione di ridefinire il nostro posto nell’universo, l’architettura in quanto costruzione, e materializzazione di una volontà diventa essa stessa metafora e oggetto della creazione della realtà, la mente è l’origine della realtà fisica e non un epifenomeno, David Bohm ipotizza un potenziale quantico che pervade il creato e che informa e funge da substrato a tutta la realtà fisica che altro non sarebbe che un gesto creativo dell’universo entro se stesso in una sorta di speculare riflessione. Oggi diamo troppa importanza all’atto di vedere, la vista è il nostro senso più sviluppato ed è anche quello che è più sfruttato dalla società per creare condizionamenti di tipo sociale e commerciale, la nostra realtà è data soprattutto da un osservazione visivo-spaziale secondo le tre dimensioni cartesiane ma il solo vedere crea differenze e soprattutto è limitato ad un segmento molto ristretto della realtà (una piccola porzione dell’intero spettro elettromagnetico)

Un ambiente è dato da una combinazione di onde elettromagnetiche meccaniche, molecolari che potrebbero essere progettate come flussi: un flusso di suoni provenienti dal giardino o dalla ionosfera, gli odori di un albero o dell’atmosfera umida; se la vista può conformare lo spazio attraverso la misurazione, allo stesso modo possono farlo l’olfatto o l’udito e il tatto con altri mezzi di misurazione. Nel 600 Borromini usa la luce come misura e conformazione degli spazi che diventano curvilinei e non ubbidiscono a logiche simmetriche rinascimentali.

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Secondo un nuovo approccio progettuale, l’ambiente potrebbe essere schematizzato secondo una disposizione di layer monodimensionali che interagiscono fra di loro: i Layer saranno alla base del progetto architettonico e della fruizione dello spazio; essi corrisponderanno a livelli di percezione della realtà.

Si potrà scegliere di visualizzare i layer facendoli interagire e dalla interrelazione nasce una percezione superiore alla loro somma in una presenza sincronica di varie dimensioni del reale (emergenza) ma di cosa sono fatti i layer dimensionali ? Essi sono delle mappe dimensionali relative alle caratteristiche fisico-chimiche del contesto ed a titolo di esempio potranno descrivere le caratteristiche olfattive della materia, i campi elettromagnetici, l’ambiente sonoro (soundscape), la composizione dell’atmosfera, le proprietà termiche etc. Il nostro ambiente vitale è in realtà molto più complesso di quanto ci appare e immergersi in un tale flusso informativo aumenta la nostra abilità di percepire la realtà e il sentirsi intimamente legati al flusso della realtà stessa.

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Vi è una regione invisibile della realtà che ci avvolge, una regione che noi non percepiamo, i nostri sensi non la rilevano, siamo continuamente immersi in flussi di materia anche se diamo per scontato che lo spazio intorno a noi sia vuoto. Immaginiamo ora di essere immersi nel mare, certamente siamo coscienti di essere immersi in una materia dinamica, turbolenta che trasmette movimenti, suoni etc. ci sentiamo allora intimamente connessi con la sostanza liquida come in un’esperienza prenatale dove siamo avvolti dal liquido amniotico e da tale intima interrelazione traiamo nutrimento e processiamo informazioni che ci provengono dall’esterno.

La realtà dei flussi informativi, delle vibrazioni intime della materia, particelle cosmiche, neutrini, infrasuoni dalla ionosfera, tutto è attraversato continuamente da flussi di materia e energia; noi e il nostro spazio vitale manteniamo la nostra forma seppur inondati da tale realtà che scorre sotto forme sottili e diverse in una struttura olografica e sincronica, un campo di forma quantico nel quale tutte le parti agiscono in sintonia e dove la forma è il carattere unificante di tutti gli elementi che compongono l’universo. L’uomo esperisce la realtà attraverso un atto di misurazione in quanto solo uno spazio misurabile è percepibile, la geometria è quindi alla base della nostra percezione della realtà. L’atto della misurazione è simbolico nel momento in cui esso stabilisce rapporti fra dimensioni, fra entità separate. La realtà misurata geometricamente non è che una delle possibili realtà. Per gli aborigeni la percezione delle cose è legata al canto, il mondo esiste perché viene cantato, il suono tiene in vita il mondo delle cose. Altresì la realtà può essere percepita come un organismo che si auto genera e si autorganizza. Ne deriva che cambiando il sistema di osservazione, di misurazione cambiamo la forma della nostra realtà. L'idea chiave della fisica quantistica è l'effetto osservatore - l'osservatore modifica la realtà secondo il modo in cui la osserva.

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Duchamp con l’opera 3 stoppages etalon concettualizza una nuova unita di misura per sottolineare l’arbitrarietà della misura stessa, egli dice: se un filo dritto orizzontale della lunghezza di un metro cade dall’altezza di un metro su un piano orizzontale deformandosi a suo piacimento dà una figura nuova di unità di lunghezza. Duchamp esegue l’operazione 3 volte. Ottiene tre diverse forme dell’unità di misura non più rettilinee ma curvilinee, tre fra le infinite forme determinate dal caso, le chiama 3 stoppages etalon.

Cassirer nel suo capolavoro (Filosofia delle forme simboliche) scrive: “…lo spazio nella sua concreta forma e organizzazione non è un dato come un possesso già perfetto dell’anima, ma viene per noi all’esistenza solo nel processo della coscienza … L’unità dello spazio che noi costruiamo nella creazione e contemplazione estetica, nella pittura, nella scultura, nell’architettura, appartiene a uno stadio completamente diverso da quello che si presenta in determinati teoremi di geometria e in una forma determinata di assiomatica geometrica”. Una "forma simbolica" è un dispositivo che ci permette di interpretare il mondo in un certo modo, e al tempo stesso di oggettivare e rappresentare il nostro modo di interpretarlo. Sottratto a una concezione puramente idealistica, il concetto può essere considerato al tempo stesso come uno strumento percettivo e un modello realizzato; un mezzo per strutturare il reale e un congegno per generare significati, metafore e ulteriori forme simboliche. (Erwin Panofski)

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IPOTESI DI AUTO ORGANIZZAZIONE UOMO-AMBIENTE

Oggi la nostra interazione con l’ambiente domestico è limitata ad azioni meccaniche che regolano la temperatura, la luce e i flussi informativi nel nostro spazio abitativo ma verosimilmente potremmo rilevare le risposte del nostro corpo a fattori esterni ed interni e tradurli, attraverso sensori biometrici, in stimoli elettrici che una volta processati da un computer potrebbero influire direttamente sull’ambiente costruito esercitando variazioni nella materia, essi rappresentano l’imput per la trasformazione dello spazio attraverso la reazione di materiali interattivi. La trasformazione ambientale a sua volta incide sul nostro equilibrio psicofisico generando il classico anello autorganizzato dove l’output influenza l’imput: il microcosmo così generato è ancora soggetto alle interrelazioni con l’esterno che a sua volta influenza e viene influenzato creando un organismo vivente autopoietico. Esistono già oggi materiali che reagiscono a stimoli esterni mediante cambiamenti reversibili delle loro proprietà, essi possono cambiare colore, forma, temperatura, possono inoltre emettere luce oppure trasportarla un ulteriore sviluppo sarà dato dalla nanotecnologia molecolare che renderà possibile la creazione di materiali con caratteristiche molto simili alle strutture organiche e che risponderanno con maggior precisione alle variazioni di stimoli esterni. In tal modo l’uomo entra in intima connessione con la materia e col mondo in un processo analogo all’alchimista che operando sulla materia trasforma se stesso.

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ECOLOGIA DELLA PERCEZIONE La realizzazione di ambienti interattivi potrà arginare la carenza di qualità sensoriale causata dai mass media e dalle rappresentazioni virtuali in cui il corpo e la sensorialità vengono esclusi negando complessi fenomeni di organizzazione cognitiva che caratterizzano la percezione. Allo stesso tempo bisognerà agire contro il frastuono sensoriale determinato da iperstimolazione che caratterizza i luoghi di aggregazione. Le due condizioni creano un circolo vizioso in cui si passa da una mancanza di stimoli percettivi ad una eccessiva stimolazione generando disagi emotivi che si ripercuotono sulla vita individuale e sociale I flussi informativi conformativi dell’architettura non sono solo quelli relativi al qui ed ora ma si sviluppano anche su dimensioni temporali, sulle coordinate della memoria individuale, collettiva, del mondo- cosmo. La nostra percezione del tempo potrebbe svincolarsi da una concezione legata soprattutto a meccanismi di conteggio e a fenomeni culturali o di costume per agganciarsi ad una concezione che visualizza il tempo nella sue manifestazioni formali operate sulla materia in mutamento, forse per questo i ruderi hanno un loro misterioso fascino: conservano la memoria delle trasformazioni e la loro forma simbolica di interpretazione del mondo è fusa col mondo stesso, il tempo prende forma e diventa reale, essendo una delle variabili che concretizzano la forma stessa L’architettura così non costituirà più un sistema chiuso, impermeabile al mondo ma piuttosto un insieme sfumato (fuzzy) , dove il limite fra natura ed artificio è dissolto per far posto alla realtà semplice eppur complessa della totalità. Il tempo nelle scienze fisiche è trattato come lo spazio ed esso non scorre affatto ma è fissato con le altre dimensioni e contiene tutti gli eventi fisici. Mediante una concezione di tempo che non scorre, il mutamento delle cose si impregna di altri significati e saperli leggere diventa una sfida per il nostro cervello così legato alla concezione intuitiva del tempo dell’orologio suddiviso in istanti discreti. L’architettura, lo spazio in cui vivremo potrà aiutarci ad introiettare questa nuova concezione del tempo “ ecologica” e legata alla trasformazione delle cose e del mondo, il tempo partecipa alla continua morfogenesi del mondo e il manufatto architettonico in quanto atto formativo

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della nostra realtà quotidiana conterrà la memoria delle sue trasformazioni e delle sue evoluzioni in accordo con il sistema che lo ha generato, Lo spazio costruito non si opporrà alle trasformazioni ma vi si adatterà nelle forme sempre adatte a contenere la vita; la natura e l’uomo ad essa profondamente connesso genera la realtà che ingloba il processo della sua evoluzione e tale processo sarà leggibile nelle sua morfologia mutante come è possibile risalire all’età di una albero mediante la lettura dei sui anelli contenuti nel fusto, il tempo allora sarà in stretta relazione con lo spazio generato come una stratificazione geologica. Esso può essere ora ripensato passando da concezione lineare ad una concezione circolare auto generativa che è legata alla trasformazione intima della materia e del mondo percepito dove il tempo non procede da causa ad effetto ma può essere letto anche come sistema retroattivo in una logica autogenerativa.

Per gli aborigeni non esiste il passaggio dal passato al futuro, non vi è nessuna separazione tra tempo ed eternità; tutto il tempo è essenzialmente tempo presente. Poiché gli aborigeni, attraverso i rituali, mettono in scena le storie del tempo del sogno, possiamo dedurne che tutto il passato, il presente e il futuro coesistono nel tempo del sogno come in mondi di esperienza paralleli. La cultura aborigena non vede la natura come separata, alla stregua del nostro mondo scientifico occidentale che di conseguenza si adatta alla vita della terra per mezzo della scienza applicata. Al contrario, si considera parte della natura… Il tempo degli aborigeni è assolutamente concreto, fondato sul rispetto dei ritmi naturali, così il tempo non è indicato da punti su una linea che si estende da un infinito più piccolo ad un infinito più grande come nella visione del mondo newtoniana, ma su un cerchio in base d una ripetizione ciclica. Un esempio di progettazione integrata Turning flat tower – Dubai 2008 La turnig flat tower vuole essere la risposta organica al crescente utilizzo di energie rinnovabili in architettura e in special modo nelle costruzioni alte mirando all’integrazione della costruzione con la realtà climatica energetica del luogo. Una costruzione organica concepita secondo principi di sviluppo dato dall’interazione con l’energia e del suo sfruttamento. Forma, struttura ed energia sono le tre variabili che sono alla base del concept. La costruzione si sviluppa verticalmente e dinamicamente come una pianta che assume la sua forma dagli elementi esterni con i quali interagisce. La torre ha un’altezza complessiva di 361 mt. e n.73 piani dedicati ad hotel ristoranti, sale conferenze e uffici per una area complessiva di 84.400 mq.

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Il rivestimento e le partiture interne sono state pensate come un intricato sistema circolatorio che permette il raffrescamento dell’aria e all’esterno tale sistema formato da sifoni solari consente la ventilazione naturale dei vari piani, il sistema di ventilazione conferisce alla torre la sua caratteristica snellezza. La rotazione di 90° secondo l’asse verticale conferisce maggior dinamicità all’insieme e ottimizza la ventilazione naturale mentre al nucleo portante centrale sono ancorati i solai e a questi il sistema di facciata e il sistema circolatorio interno, per gli elementi di faccia opachi sarà usato alluminio con integrazione di impianto fotovoltaico che sarà adottato anche per le aree trasparenti curtain wall. Il sistema di raffrescamento naturale e il sistema fotovoltaico integrato garantiscono l’autosufficienza energetica della torre. La turning flat introduce il concetto di progettazione sonora legato alla concezione di tipologia a torre: essa è conformata in modo tale che le sue pareti con l’impatto del vento e dei flussi di aria ascensionali producono armoniche in modo tale da creare un ambiente sonoro solo appena percepibile ma che contribuisce a legare la torre con il luogo in cui nasce; il design acustico diviene parte integrante del concept architettonico con l’auspicio che intere città possano dare la dovuta attenzione al loro ambiente e carattere sonoro eliminando il rumore bianco che contraddistingue l’attuale inquinamento acustico.