IAB ITALIA · Per il Corano siamo malvagi «associatori» ... Mentana, 60 anni: "Cairo magari fa...

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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. IAB ITALIA Rassegna Stampa del 15/01/2015

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parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue;

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specificato nei contratti di adesione al servizio.

IAB ITALIA

Rassegna Stampa del 15/01/2015

INDICE

IAB ITALIA

14/01/2015 Media Key

Rocket Fuel: il 2014 è stato l'anno chiave del Programmatic Branding#10

14/01/2015 Media Key

Sky Italia e Discovery Italia entrano in IAB Italia in qualità di soci#11

14/01/2015 Media Key

Carlo Noseda12

14/01/2015 Media Key

Take aderisce a IAB Italia#13

ADVERTISING ONLINE

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

BREVI DALLA FINANZA15

15/01/2015 ItaliaOggi

Caffaratti entra in Brand Portal#16

15/01/2015 DailyNet

Hub09, nel 2014 ricavi a 2 milioni e nuovi clienti17

15/01/2015 DailyNet

Il programmatic è la nuova normalità18

15/01/2015 DailyNet

Alibaba Group acquisisce partecipazione di controllo in AdChina20

15/01/2015 Pubblicita Today

SuL web SbarCa CoMuniCatiStaMpa.net, iL priMo Servizio di diStribuzioneCoMuniCati StaMpa 2.0

21

14/01/2015 360com

videology e stickyads.tv, c'è accordo per il mercato europeo del video programmatic22

14/01/2015 360com

acqua group apre il 2015 con tre nuovi ingressi23

14/01/2015 360com

immobiliare.it va alla ricerca della casa perfetta, l'on air è con picnic24

14/01/2015 360com

La Branded Content Unit di Magnolia festeggia il suo primo anno di successo25

14/01/2015 360com

Accordo operativo: HiMedia Group ora raccoglie per ilfattoquotidiano.it26

14/01/2015 Media Key

Giorgio Brenna La creatività batterà la crisi28

14/01/2015 Media Key

Lorenzo Marini La creatività al centro30

14/01/2015 Media Key

Fabrizio Piscopo Rai Pubblicità uguale Rai32

14/01/2015 Media Key

Enrico Quaroni L'importanza del fattore umano35

14/01/2015 Media Key

Antonella La Carpia Onestà e trasparenza sono le mie regole37

14/01/2015 ADV Express

GossipeTv.com entra nel network di AdvEntertainment40

14/01/2015 ADV Express

DigitasLBi si apre all'E-Commerce con una nuova divisione globale41

14/01/2015 ADV Express

Kleenex compie 90 anni e comunica 'un gesto di cura' su digital (vale 1/3 del budget),social, stampa e con guerrilla. Con Ideal Com. Nurun

42

14/01/2015 Engage.it

Alibaba potenzia il marketing online con l'acquisizione di una quota in AdChina44

SCENARIO POLITICO/ECONOMICO

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

«La guerra è dentro l'Islam»46

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

«Quando nel 2013 mi disse: sai che non sto bene?»49

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Quel pozzo senza fondo degli sperperi nei Comuni51

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

IL PREMIER CERCA DI ESORCIZZARE LO SPETTRO DI UN PD LACERATO55

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

La rete del premier che mantiene i contatti con tutti i candidati56

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Romani: si può chiudere alla quarta votazione Il dissenso interno? Spesso serve peresistere

58

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Summit con Di Maio da Casaleggio Quirinarie congelate60

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Malik: «I giovani islamici sono in crisi E la jihad dà loro un senso d'identità»61

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Savona e i pericoli incalcolabili dei derivati63

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Unicredit, i soci prenotano i posti L'ipotesi Biasi e la conferma di Vita64

15/01/2015 Corriere della Sera - Nazionale

Il fondo salva aziende e la partecipazione dei privati65

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

L'europeista che ha difeso i conti66

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

Spataro: «Serve una svolta politica sul coordinamento delle indagini Ue»69

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

La buona stabilità necessaria71

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

Ma resta il nodo tedesco73

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

Falchi senza più artigli74

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

Mayhoola rilancia Pal Zileri e la manifattura di Vicenza76

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

Accordo Italia-Svizzera alla firma78

15/01/2015 Il Sole 24 Ore

Sul contraddittorio preventivo la parola alle Sezioni Unite80

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

Draghi: "È l'ora del coraggio la Germania deve capire"81

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

Fitto, D'Alema e gli ex dc le correnti si pesano a cena Nel Pd 50 anti-premier85

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

Il toto-Colle della Pascale "Dico Letta, Casini e Amato ma sogno la Finocchiaro"87

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

"Dopo il quarto scrutinio c'è soltanto Prodi Renzi ci chieda il voto"88

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

"Non fa satira ma incita all'odio: bisogna fermarlo"89

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

Agamben: "Non siamo in guerra con una religione"90

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

Il grande valzer delle Popolari manovre in corso per la governance della Bpm91

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

Castellucci:"Noi pronti ad espanderci all'estero ma lo Stato torni ad agirenell'interesse nazionale"

92

15/01/2015 La Repubblica - Nazionale

Mps, Profumo e Viola alla Bce per superare i dubbi sull'aumento94

15/01/2015 La Stampa - Nazionale

«Così non va Siamo in venti, sarà battaglia»95

15/01/2015 La Stampa - Nazionale

L'Europa avvisa l'Italia: a febbraio nuovo esame su conti e riforme96

15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale

«Fumata bianca al secondo giorno» Il piano di guerra di Palazzo Chigi98

15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale

«Quando dopo la vittoria al Mondiale festeggiò con i giocatori negli spogliatoi»100

15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale

«L'auspicio dell'Europa: un garante per le riforme»102

15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale

Il messaggio di Bergoglio e quei timori per la crisi104

15/01/2015 Il Messaggero - Nazionale

Ultima mediazione: salire a 750 miliardi con una manovra legata all'inflazione105

15/01/2015 Il Giornale - Nazionale

Per il Corano siamo malvagi «associatori»106

15/01/2015 Il Giornale - Nazionale

Obama ha fatto un grosso sbaglio a non presenziare a Parigi107

15/01/2015 Il Fatto Quotidiano

Mentana, 60 anni: "Cairo magari fa cazzate, però mi lascia libero"108

15/01/2015 Avvenire - Nazionale

«Il mio dissenso su Eluana, lavoro e anomalia giudici»112

15/01/2015 Il Foglio

PICCOLA POSTA113

15/01/2015 ItaliaOggi

I mercati vogliono tagli alla spesa pubblica. E alla fi ne li otterranno114

15/01/2015 ItaliaOggi

Lotta dura al nazismo musulmano115

15/01/2015 ItaliaOggi

Soddisfazioni dalla finanziaria di Mediobanca (Fin.Priv.)117

15/01/2015 MF - Nazionale

Montepaschi, oggi faccia a faccia Viola-Bce118

15/01/2015 MF - Nazionale

Decolla il progetto UnipolSai Tower a Milano119

15/01/2015 MF - Nazionale

Vaciago: penso già al Qe2120

15/01/2015 MF - Nazionale

Mediobanca, c'è vita senza Ferrari121

15/01/2015 MF - Nazionale

PORTOGHESI CHIAMATI A RACCOLTA (DI FONDI) PER IL NOVO BANCO122

15/01/2015 Financial Times

Legal ruling paves way for eurozone easing123

15/01/2015 Financial Times

Inquiry into 'sweetheart' tax deals is setback for Juncker124

15/01/2015 Financial Times

Sweden central bank governor defends inflation strategy as price increases stall125

15/01/2015 Financial Times

Draghi fights a battle for independence at the ECB127

15/01/2015 Financial Times

Short View128

15/01/2015 Financial Times

Worries over deflation have been puffed up by prophets of doom129

15/01/2015 Financial Times

Alfa raises flag on zero to 150,000 sales dash130

15/01/2015 International New York Times

Central bank set to buy bonds, but how?132

15/01/2015 International New York Times

E.C.B. BOND PROGRAM DEEMED LEGAL134

15/01/2015 International New York Times

Italian premier faces test after president's resignation136

15/01/2015 International New York Times

Italy's economy could come to Renzi's aid137

15/01/2015 International New York Times

Middle tier of luxury market gets squeezed138

15/01/2015 The Guardian

Shares fall after World Bank warning on growth139

15/01/2015 The Guardian

Davos mission Will.i.am to lobby leaders for charity140

15/01/2015 La Tribune Quotidien

QUELS SONT LES PRODUITS DONT LES PRIX ONT LE PLUS RECULE EN 2014 ?141

15/01/2015 La Tribune Quotidien

LE PRESIDENT ITALIEN GIORGIO NAPOLITANO DEMISSIONNE142

15/01/2015 Le Figaro

L'euro retrouve son cours d'introduction de janvier 1999143

15/01/2015 Le Figaro

Hollande maintient sa participation à Davos145

15/01/2015 Le Monde

Déficits : la Commission Juncker sera plus souple146

15/01/2015 Le Monde

Pourquoi un Patriot Act à la française est impossible147

15/01/2015 Les Echos

Austérité : l'étau européen se desserre afin de relancer l'investissement public149

15/01/2015 Les Echos

Gianni Pittella : « La nouvelle interprétation du Pacte de stabilité marque une réellerupture »

150

15/01/2015 Les Echos

Gaz : la tension monte entre Bruxelles et Moscou151

15/01/2015 Les Echos

La famille Benetton prête à céder le contrôle de World Duty Free152

15/01/2015 Les Echos

La BCE confortée dans ses projets d'achat de dette publique153

15/01/2015 Liberation

La baisse de l'euro, une bonne nouvelle de mauvais augure ?154

15/01/2015 Wall Street Journal

ECB Clears Stimulus Hurdle156

15/01/2015 Wall Street Journal

Italy's President Napolitano Resigns157

IAB ITALIA

4 articoli

Rocket Fuel: il 2014 è stato l'anno chiave del Programmatic Branding# Rocket Fuel: il 2014 è stato l'anno chiave del Programmatic Branding. Il programmatic buying ha cambiato il

volto del mercato del digital advertising. Secondo IDC, l'investimento in real time bidding per il display

advertising accelererà a un tasso di crescita del 59% entro il 2016, rendendolo il segmento della pubblicità

digitale in più rapida crescita nei prossimi anni. Inoltre, uno studio IAB dimostra che nei prossimi due anni il

91% degli inserzionisti e l'83% degli editori utilizzeranno il programmatic buying. Il successo del programmatic

buying è noto e il mercato sta pensando a ciò che verrà dopo. Facebook, Twitter, mobile, video e tv sono le

vie che sono state esplorate per le campagne di programmatic advertising, ma la convinzione di Rocket Fuel

è che il programmatic sarà adottato sempre di più anche per campagne di branding.

14/01/2015 114Pag. Media Key - Dicembre 2014 - genius(diffusione:10500, tiratura:10500)

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

IAB ITALIA - Rassegna Stampa 15/01/2015 10

Sky Italia e Discovery Italia entrano in IAB Italia in qualità di soci# Sky Italia e Discovery Italia entrano in IAB Italia in qualità di soci. La scelta dei due big player del mercato

televisivo italiano di aderire a una delle principali associazioni di riferimento nell'ecosistema digitale si

inserisce nel quadro dello scenario evolutivo dei media. Il mercato registra, infatti, una crescente

convergenza tra piattaforme di distribuzione e contenuti, che si evolvono per rispondere alle nuove esigenze

e abitudini di fruizione personalizzata dei consumatori. Nel contesto attuale del nostro Paese la televisione

rappresenta ancora il media più amato, ma è affiancata da un sempre maggiore utilizzo di internet e da una

crescente partecipazione dei consumatori nell'ecosistema digitale, che stanno profondamente influenzando le

modalità di fruizione dei contenuti tv e rendendo l'utente sempre più evoluto, multi-screen e autore del proprio

palinsesto.

14/01/2015 98Pag. Media Key - Dicembre 2014 - genius(diffusione:10500, tiratura:10500)

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IAB ITALIA - Rassegna Stampa 15/01/2015 11

MARZO Carlo Noseda Carlo Noseda, co-founder e Managing Partner di M&C Saatchi, è il nuovo Presidente di IAB Italia per il

triennio 2014- 2016. Lo affiancheranno Michele Marzan, Regional Director Southern Europe di Zanox, in

qualità di Vicepresidente, e Aldo Agostinelli, Digital Director di SKY Italia, che assume la carica di Tesoriere.

14/01/2015 96Pag. Media Key - Dicembre 2014 - genius(diffusione:10500, tiratura:10500)

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IAB ITALIA - Rassegna Stampa 15/01/2015 12

APRILE Take aderisce a IAB Italia# Take aderisce a IAB Italia - Interactive Advertising Bureau, l'associazione impegnata nello sviluppo del

mercato della comunicazione interattiva. L'agenzia ha deciso di entrare a far parte di IAB Italia perché crede

nel ruolo sempre più importante che il mercato digitale avrà nei prossimi anni. Basti pensare che, secondo i

dati dell'Osservatorio New Media & New Internet del Politecnico di Milano, in un mercato complessivo dei

media in diminuzione del 5%, i mezzi di comunicazione via Internet crescono del 18% - per un valore nel

2013 pari a 1,9 miliardi di euro - e valgono il 12%del mercato. L'incremento maggiore riguarda i ricavi dei

media su smartphone (+167%), app (+120%), tablet (+94%), social network (+75%) e video (+37%), che

consolidano l'affermazione della 'nuova Internet'.

14/01/2015 97Pag. Media Key - Dicembre 2014 - genius(diffusione:10500, tiratura:10500)

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IAB ITALIA - Rassegna Stampa 15/01/2015 13

ADVERTISING ONLINE

20 articoli

BREVI DALLA FINANZA SIA

Riassetto dei servizi

per imprese e Pa

Il Cda di Sia ha approvato la fusione per incorporazione della controllata Ra Computer e ha anche approvato

la scissione parziale della controllata Tsp. La seconda operazione prevede, tra l'altro, il trasferimento nella

capogruppo del ramo d'azienda Gateway, la piattaforma tecnologica che gestisce servizi di incasso e

pagamento in multicanalità. Sia, per effetto di questa scissione, acquisisce inoltre il controllo diretto

dell'istituto di pagamento PI4PAY (attivo dal luglio 2011). Le due operazioni si inquadrano nel piano

strategico di Sia che prevede una maggior focalizzazione nello sviluppo dei segmenti di mercato dedicati alle

imprese e alla Pa.

ALIBABA

Rileva AdChina

(marketing sul web)

Il colosso cinese dell'e-commerce Alibaba Group ha comprato una quota di controllo nella società di

marketing su internet AdChina, nel tentativo di rafforzarsi sul fronte pubblicitario. Alibaba, che non ha

quantificato l'investimento, sarà azionista di maggioranza del gruppo con sede a Shanghai. AdChina lavorerà

con Alimama, la divisione di online marketing di Alibaba per sviluppare una nuova piattaforma di digitale per

fornire servizi di marketing alle aziende, a media online e fornitori di servizi terzi. La pubblicità catalizza più

della metà del fatturato di Alibaba, stando alle stime di iResearch.

SEAT

Guido De Vivo

non sarà sostituito

Facendo seguito a quanto reso noto in data 2 gennaio scorso, Seat annuncia che il Cda, preso atto delle

dimissioni rassegnate da parte del presidente del consiglio di amministrazione, tenuto anche conto del fatto

che il mandato dell'attuale organo amministrativo verrà a scadenza con l'approvazione del bilancio chiuso al

31 dicembre 2014, ha ritenuto di non assumere alcun provvedimento in ordine alla sostituzione dell'ex-

presidente,

Guido de Vivo.

15/01/2015 28Pag. Il Sole 24 Ore(diffusione:334076, tiratura:405061)

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ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015 15

CHESSIDICE IN VIALE DELL'EDITORIA Caffaratti entra in Brand Portal# Seguirà l'area di content marketing e ricoprirà il ruolo di responsabile publishing. Caffaratti affi ancherà

Giangiuseppe Bianchi, responsabile dell'area di media relations e comunicazione istituzionale di Brand Portal,

nella gestione e sviluppo di progetti di editoria aziendale e di content marketing per siti internet, magazine

aziendali, newsletter, blog e canali social. Prima di fare il suo ingresso nell'agenzia di comunicazione, dal

2011 Caffaratti è stata chief content web manager di News 3.0, società editrice di magazine esclusivamente

online (tra cui Lettera43), con la delega alla gestione di clienti istituzionali. In precedenza, dal 2002 è stata

vice caporedattore di Panorama Economy (gruppo Mondadori).

15/01/2015 4Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015 16

Hub09, nel 2014 ricavi a 2 milioni e nuovi clienti dal 2015 l'agenzia ha iniziato a lavorare con hasbro e vecchia romagna. e adesso il focus è sulle social pr È

l'agenzia creativa italiana con il seguito social più nutrito, più di 170 mila fan su facebook. e ha chiuso il 2014

con un fatturato da 2 milioni di euro. stiamo parlando di Hub09, sigla torinese fondata ormai sei anni fa da

marco faccio, per diversi anni direttivo creativo di armando testa e con un leone d'oro vinto a cannes nel

2009. «dal 2015 ci occuperemo di alcuni importanti brand, Hasbro e Vecchia romagna su tutti», ha spiegato

faccio a dailynet. «abbiamo avuto un'ottima annata, nonostante il mercato pubblicitario abbia sofferto e la

situazione macroeconomica non sia migliorata. il fatturato è quasi raddoppiato a 2 milioni di euro e abbiamo

acquisito nuovi clienti». QuALI? «tra le new entry c'è Hasbro, per cui gestiamo diversi marchi come monopoli,

allegro chirurgo e indovina chi, occupandoci sia della parte social sia di quella digital. poi abbiamo acquisito i

social di Vecchia romagna, oltre a due altri clienti, che spero di poter annunciare a breve. ma le soddisfazioni

in questo senso sono arrivate anche nel corso dell'anno: ci siamo aggiudicati una consultazione tic tac e

un'altra magneti marelli. e all'inizio del 2015 la fanpage birra moretti, che gestiamo sin da quando è online, ha

raggiunto il traguardo del milione di fan, un caso eccezionale nel panorama social italiano. insomma, per

essere un'agenzia di piccole dimensioni direi che possiamo ritenerci soddisfatti». su QuALI fRoNTI sI

CoNCENTRERANNo MAGGIoRMENTE I VosTRI sfoRzI NEL CoRso DEL 2015? «Quando è nata Hub09 le

mie intenzioni erano quelle di concentrarsi esclusivamente sull'area social. poi l'anno scorso abbiamo

allargato le nostre competenze assorbendo la squadra di lavoro di carré noir, portando le competenze

branding del team all'interno della nostra struttura. d'altra parte, il social e il branding sono due mondi vicini: le

aziende necessitano, infatti, di immagine e relazione, due elementi ben riassunti dal social e dal branding. e

devo dire che ormai l'integrazione tra i due gruppi di lavoro è totale. non solo, i clienti carré noir ci hanno

confermati. per il 2015 esploreremo l'area delle social pr da un nuovo punto di vista». CoME INTERpRETATE

QuEsTo CoNCETTo? «social pr non significa digital pr. e non significa contattare un blogger o influecer

sporadicamente ma stabilirci una relazione duratura nel tempo. Quotidiana. che non sia solo economica.

Questa necessità è dettata dall'evoluzione dell'architettura social e implica un cambio di paradigma nel social

media marketing. Qualche tempo fa per avere successo bastava produrre contenuti di qualità. poi, in virtù

delle continue trasformazioni degli algoritmi, si è aggiunta la necessità di un investimento media. oggi occorre

immergersi nella dimensione social, vivendola. senza tralasciare contenuti ed investimenti media». HuB09 è

uN CAso DI suCCEsso su fACEBooK, CoN pIù DI 170MILA fAN. CoME sI spIEGA QuEsTo BooM? «Quando

abbiamo fondato Hub09 la mia fissazione era il social. Ho deciso così di rivolgermi a quattro ragazzi laureati

in comunicazione ma senza esperienza nel mondo pubblicitario. dopo un attento lavoro di studio abbiamo

lanciato la nostra prima pagina facebook con l'obiettivo di parlare direttamente alle persone in veste di vero e

proprio media. una cosa che facciamo anche su Hublog. i risultati sono stati impressionanti tant'è che

abbiamo usato alcune pagine facebook verticali come veicolo di promozione aziendale. con buona

soddisfazione dei clienti». sIETE ATTuALMENTE IMpEGNATI IN GARE? «no, la nostra attenzione è su due

grossi clienti diretti, che potrebbero essere svelati a breve». DuE pARoLE suL MERCATo DIGITALE? «Ho

vissuto gli albori del web in italia. Vedere oggi la maturità raggiunta dal settore mi rende davvero soddisfatto.

però bisogna smettere di contrapporre online e tradizionale, due campi ormai integrati. dalla nostra, noi

operatori dobbiamo pensare a fare buona comunicazione rischiando anche qualcosa. Quello dev'essere

l'obiettivo principale. e, ultimamente, è stato perso un po' di vista». <

Foto: marco faccio, fondatore di hub09, intervistato da dailynet

Foto: marco faccio

15/01/2015 1Pag. DailyNet(diffusione:15000, tiratura:15000)

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ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015 17

Il punto Il programmatic è la nuova normalità a cura di andrea campana, country manager italia di pubmatic dailynet ospita un contributo di andrea campana, country manager pubmatic, sul futuro dell'industry digitale il

programmatic advertising è ormai un punto fermo per i media. a confermarlo è andrea campana, nominato lo

scorso novembre country manager italia di pubmatic, piattaforma tecnologica tra le più importanti nell'ambito

del programmatic adv per gli editori premium, che punta all'espansione all'interno del mercato italiano. il

manager, che vanta un'esperienza più che decennale nell'ambito del marketing digitale, attraverso questo

contributo fa il punto su come l'industria del digital advertising possa sfruttare il programmatic per manifestare

il vero potenziale delle risorse digitali degli editori. in un momento, come è questo, determinante per

l'evoluzione del mercato italiano dell'online advertising. di seguito l'intevento di campana. L'EVoLuzIoNE DEL

pANoRAMA MEDIA gli advertiser stanno guidando il passaggio al programmatic advertising, aumentando la

spesa e destinando porzioni maggiori dei propri budget al digital advertising in real-time, basato sulla

conoscenza dell'audience. emarketer prevede che il digital advertising su desktop, laptop, tablet e dispositivi

mobili raggiungerà oltre 200 miliardi di dollari a livello globale entro il 2018, con il 25% del display advertising

che diventerà programmatic in europa occidentale entro il 2015. in italia la spesa per il digital advertising si è

attestata l'anno scorso a circa 2 miliardi di dollari (emarketer, settembre 2014; groupm, agosto 2014;

Zenithoptimedia, settembre 2014). il programmatic non sta solo prendendo piede, è la nuova normalità. il

settore del digital advertising è in rapida evoluzione. più i consumatori utilizzano dispositivi mobili e tablet, più

il panorama dei media dovrà evolvere. editori e inserzionisti stanno esprimendo la necessità di campagne

digital altamente mirate e costruite in base all'audience su più canali, una realtà in cui desktop e mobile

advertising non sono più separati. inoltre si fanno chiari i vantaggi che la tecnologia presenta nell'arricchire i

dati e i target delle campagne, rendendo packaging e vendita dell'inventario più efficienti ed efficaci. editori ed

inserzionisti stanno ottimizzando, allo stesso modo, il valore di audience e contenuti. stanno combinando la

natura realtime della domanda da parte dei consumatori con la creazione e fornitura in tempo reale di

contenuti, distribuiti sui diversi device in modo programmatico. Questo cambiamento si sta traducendo in

nuove opportunità di monetizzazione per gli editori e campagne più performanti per gli inserzionisti.

ABILITAzIoNE DEL BusINEss DATA-DRIVEN la prossima ondata di programmatic continuerà ad essere

guidata dalla tecnologia, ma non riguarderà la tecnologia. sarà, piuttosto legato al business enablement. i dati

sono uno strumento potente e la tecnologia programmatic ha il potere di fornire informazioni preziose per

editori e brand sul comportamento in real-time dei consumatori, per contribuire a guidare ed ottimizzare al

meglio le esperienze adv e del consumatore. gli editori vogliono che i loro spazi pubblicitari digitali siano di

valore, perché il pubblico di riferimento visualizzi il contenuto giusto, in tempo reale, indipendentemente dal

dispositivo. inserzionisti ed editori, allo stesso modo, pretendono la migliore esperienza possibile per i

consumatori, indipendentemente dal canale utilizzato. il programmatic sta consentendo a editori e brand di

automatizzare le operazioni transazionali e, allo stesso tempo, anche di migliorare e favorire media buying e

selling decision più intelligenti. Questo è il motivo per cui stiamo assistendo a una grande crescita nel

programmatic advertising. guardando avanti, ci si può aspettare che la tecnologia programmatic diventi più

veloce, più intelligente e più completa in ciò che può offrire. per esempio, la pubblicazione degli annunci, in

futuro, non sarà come oggi. ciascun editore e inserzionista avrà bisogno di un unico sistema che unisca

perfettamente i due mondi, oggi separati, della pubblicazione diretta e di quella programmatic dell'adv. tale

sistema dovrà dare la priorità e fornire contenuti utilizzando i dati utenti in tempo reale. sarà inoltre necessario

consentire agli editori di avere controllo reale sugli annunci pubblicati, poiché la sicurezza del brand è

fondamentale. sarà inoltre necessario essere in grado di utilizzare tali dati in modo intelligente; generare

report per aiutare editori e inserzionisti a ottenere informazioni e rivolgersi al meglio agli utenti finali. non si

tratta semplicemente di targettizzare "donne sotto i 25 anni". È più come rivolgersi a "donne che vivono in

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città, sotto i 25 anni, laureate, che guadagnano più di 30.000 euro l'anno, che hanno recentemente acquistato

un nuovo paio di scarpe e lavorano a meno di due km dal punto vendita del brand". il real-time advertising

richiede analisi in tempo reale e intuizione. il programmatic sta aiutando gli inserzionisti e gli editori a

diventare più intelligenti. e ciò che è in atto oggi è solo l'inizio. IL pRoGRAMMATIC è pIù DEL RTB il

programmatic advertising è spesso chiamato real time bidding, o rtb, ma la sua rapida crescita consente a

tutti i tipi di media di essere comprati e venduti in modo efficiente. programmatic non è solo rtb, che permette

a compratori e venditori di effettuare transazioni nel corso di un'asta. il programmatic ha anche automatizzato

l'acquisto e la vendita diretta di spazi pubblicitari, a un prezzo definito, attraverso soluzioni come private

marketplace e automated guaranteed. Questi nuovi metodi programmatic diretto stanno giocando un ruolo

fondamentale nel portare l'automazione e l'efficienza del programmatic a tutti i canali media. di programmatic

advertising si è ampiamente discusso durante la recente "ad revenue europe conference" di londra. la

conferenza di pubmatic è l'unico raduno annuale del settore dei media incentrato su strategie di crescita dei

ricavi per gli editori premium. l'anno scorso l'incontro ha riunito i maggiori nomi nel settore del digital

advertising, e uno dei punti salienti dell'evento è stato che "il programmatic advertising non è più una parte

del media plan, ma è esso stesso il media plan." non si tratta solo di una tendenza, il programmatic è la

nuova normalità, che sta veramente cambiando il modo in cui compriamo e vendiamo media. per noi è il

fondamento del media business del futuro, che consentirà sia a inserzionisti che editori di crescere,

espandersi e prosperare. <

Foto: andrea campana

Foto: andrea campana

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ADVERTISING ONLINE - Rassegna Stampa 15/01/2015 19

Mercato Alibaba Group acquisisce partecipazione di controllo in AdChina Specializzata in campagne web , contribuirà a sviluppare una piattaforma digitale per servizi mktg alibaba group Holding non si ferma più: le sue operazioni si susseguono l'una a distanza dell'altra di pochi

giorni, quando non di poche ore. il gruppo presieduto da Jack ma ha infatti acquisito una partecipazione di

controllo in adchina, società specializzata in campagne pubblicitarie e marketing su internet. il colosso

ecommerce, intenzionato ad ampliare il sui business pubblicitario, non ha fornito i dettagli finanziari

dell'investimento effettuato per rilevare la partecipazione di controllo della società con sede a shanghai.

adchina lavorerà con la piattaforma tecnologica di alibaba denominata alimama per sviluppare una nuova

piattaforma digitale per servizi di marketing alle imprese, ai clienti del settore dei media online e ai fornitori di

servizi per conto terzi. secondo le stime di iresearch, la pubblicità rappresenta oltre la metà dei ricavi di

alibaba.

15/01/2015 20Pag. DailyNet(diffusione:15000, tiratura:15000)

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Per dare massima visiBilità alle camPagne di comunicazione e marketing SuL web SbarCa CoMuniCatiStaMpa.net, iL priMo Servizio di diStribuzioneCoMuniCati StaMpa 2.0 Da ieri è online ComunicatiStampa. net , la nuova e rivoluzionaria piattaforma potenzia la visibilità delle

campagne stampa di agenzie, Pr e aziende e grazie ad un innovativo sistema che permette la diffusione di

comunicati stampa con un click a tutti i media italiani via email, blog e social media, aiuta allo stesso tempo i

giornalisti a ricevere comunicati stampa in un formato più corretto e fruibile. Un sistema creato per dare più

visibilità al mondo marketing e risolvere tutti i problemi degli addetti stampa e delle agenzie di comunicazione

come il recupero e l'aggiornamento degli indirizzi email di giornalisti e redazioni, i problemi dell'invio di email

in copia nascosta a migliaia di contatti di giornalisti e redazioni, le difficoltà di invio di allegati e foto pesanti

fino ad arrivare al problema dei comunicati che mai giungono alle redazioni perchè bloccati dai filtri anti-

spam. Inviare comunicati con ComunicatiStampa.net è semplicissimo: basta inserire nella maschera apposita

il comunicato stampa completo di testo, foto e link, selezionare le categorie dei media a cui si vuole inviare il

comunicato stampa e cliccare sul tasto Pubblica per inviare in automatico il comunicato via email ai media

selezionati, pubblicarlo sull'ufficio stampa online e distribuirlo sui più diffusi social media come Fb, Twitter,

Google+ o Tumblr. "Abbiamo creato un sistema in grado di comprimere del 90% il peso delle email in modo

da renderne agevole lo scaricamento - spiega Michele rampino , fondatore della startup di

ComunicatiStampa.net che a sede a Trento -, in caso il giornalista volesse le foto in alta qualità gli

basterebbe solo cliccare sulle foto ricevute in email per essere rimandato alle foto in alta risoluzione residenti

nei nostri server che l'addetto stampa aveva originariamente incluso nel comunicato. E per far fronte al

problema dei contenuti abbiamo creato un blog con l'obiettivo di aiutare le aziende a capire cosa interessa

davvero ai giornalista". I prezzi si possono scegliere ed acquistare direttamente sul sito web della piattaforma

sia pack di singoli comunicati stampa, per chi ha esigenze di invio comunicati sporadici, e sia abbonamenti

mensili a partire da piccole quote mensili per chi spedisce comunicati con una certa regolarità.

15/01/2015 23Pag. Pubblicita Today

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obiettivo: aiutare le aziende a pianificare campagne digitali nel momento clou dello shopping videology e stickyads.tv, c'è accordo per il mercato europeo del videoprogrammatic La struttura di video advertising , leader di mercato, ha annunciato una partnership con la principalepiattaforma Supply-Side di video programmatic a livello mondiale Videology, tra le piattaforme di video advertising leader di mercato, ha annunciato una partnership con

StickyADS. tv principale piattaforma Supply-Side di video programmatic a livello mondiale. L'accordo

consentirà ai clienti demand-side di Videology - alcuni tra i più importanti advertiser e agenzie in Europa - di

accedere alla piattaforma di StickyADS.tv per l'acquisto di inventory video di elevata qualità. Questa nuova

collaborazione offrirà agli utenti della tecnologia Videology l'accesso a una inventory di video premium su

oltre 55 Private Market Place disponibili sulla piattaforma StickyADS.tv in Europa, consentendo loro di

acquistare un'ampia gamma di contenuti di elevata qualità dai m i g l i o ri publisher. La flessibilità della

piattaforma di StickyADS. tv consente un'integrazione uida tra server con una inventory premium ed

esclusiva, e includerà inoltre integrazione completa dei Deal ID, permettendo a Videology di targetizzare con

precisione ogni mercato, audience o contesto a seconda delle esigenze pubblicitarie del cliente. «Advertiser e

agenzie, ora più che mai, cercano dai principali publisher, comprese le emittenti televisive, una inventory

esclusiva, di elevata qualità e sicura per il brand - spiega Anne de Kerckhove, Managing Director EMEA di

Videology -. Il numero di publisher e di Private Market Place premium disponibili sulla piattaforma di

StickyADS.tv è davvero importante, e questo consente ai nostri partner demand-side di accedere alla migliore

inventory in Europa per offrire ai propri clienti campagne in stile televisivo su tutti i device». La partnership è

ulteriormente rafforzata dai valori chiave di business che le due aziende condividono. Entrambe sono, infatti,

impegnate nel trattare in forma programmatic un inventario video sicuro per i brand, offrendo agli advertiser

contenuti di massima visibilità e impatto. Nel maggio dello scorso anno, Videology ha ricevuto la

certificazione del Media Rating Council (MRC) per la misurazione di video impression visualizzabili. Inoltre

StickyADS.tv e Videology promuovono trasparenza e controllo e sono attivamente impegnate nella lotta alle

frodi pubblicitarie. «Siamo lieti di questo accordo che abbiamo ufficializzato con Videology - commenta Hervé

Brunet, ceo e co-fondatore di StickyADS.tv -. Collaboriamo ormai da oltre due anni e questa partnership ci

consentirà di estendere le sinergie tra le due aziende a tutta l'Europa».

Chi è videology Videology (videologygroup.com) è una delle aziende leader mondiali nella fornitura di

tecnologia per aziende operanti nei media e nella pubblicità. Semplificando l'uso dei "Big Data", consentiamo

a publisher e media company di prendere decisioni più ponderate per le proprie campagne pubblicitarie al

fine di sfruttare completamente il valore della propria audience su tutti i dispositivi. La nostra tecnologia

basata su algoritmi matematici permette ai clienti di gestire, misurare e ottimizzare il video advertising digitale

e televisivo per ottenere i migliori risultati nel panorama convergente dei media. Videology è un'azienda

privata, controllata da un fondo i cui investitori includono Catalyst Investors, Comcast Ventures, NEA,

Pinnacle Ventures, e Valhalla Partners. Videology ha sede a New York, NY, con uffici a Baltimora, Austin,

Toronto, Londra, Parigi, Madrid, Tokio, Singapore e Sydney e team di vendita in tutto il Nord America.

Chi è stiCkyads.tv Sticky ADS.tv è la principale piattaforma pubblicitaria di video programmatico per editori

digitali premium. Con clienti che includono LaPlaceMedia, grandi gruppi editoriali e televisivi, StickyADS.tv

offre agli editori digitali un approccio innovativo per monetizzare la propria inventory di video digitale creando

il loro market place privato. Tramite la piattaforma di StikyADS.tv gli editori possono accedere agli

inserzionisti pubblicitari in tutto il mondo beneficiando del grande potenziale di una tecnologia specializzata

nel veicolare il formato video su tutti gli schermi in modalità controllata e trasparente. StickyADS.tv ha uffici in

Francia, UK, Germania, Italia e Spagna. La divisione R&D ha sede a Montpellier e sviluppa la tecnologia più

all'avanguardia di video SSP (Supply-Side Platform) utilizzata ad oggi in 132 paesi nel mondo.

14/01/2015 3Pag. 360com

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poltrone si evolve l'organico dell'agenzia acqua group apre il 2015 con tre nuovi ingressi Benedetta Bornigia in qualità di web & social media content manager; Corinna Colombo e Kiliam Rodini, chevanno ad ingrossare le fila della sigla Pro&Go Acqua Group, società di comunicazione integrata guidata da Davide Arduini e Andrea Cimenti, apre il nuovo

anno con tre nuovi ingressi: Benedetta Bornigia, Corinna Colombo e Kiliam Rodini. Laurea in Business

Economics all'Università Federico Caffè Roma 3, Benedetta Bornigia entra nel team di Key Digital - agenzia

web, digital e social marketing di Acqua Group - in qualità di web & social media content manager dopo

precedenti esperienze in Evolution People Milano dove ricopriva il ruolo di community manager e in Dlv Bbdo

Roma dove svolgeva quello di account executive. Benedetta, passione per le lingue ed esperienze di vita e

professionali a Londra e a Parigi, porta in Key Digital anche il suo impegno nel sociale come attivista

volontaria di Dynamo Camp. Colombo e Rodini vanno invece a ingrossare le fila di Pro&Go, agenzia di eventi

e marketing non convenzionale del gruppo. Corinna Colombo classe 1983 arriva da TheMadBox e Matrix

Group, laurea in Scienze e Tecnologie della Comunicazione alla Libera Università di Lingue e Comunicazione

IULM di Milano. Kiliam Rodini si unisce a Pro&Go in qualità di Event Manager mettendo a disposizione

l'esperienza maturata nello sviluppo strategico-creativo, nel coordinamento e nella supervisione di varie

tipologie di eventi (dal food&beverage all'health&beauty, dalla musica allo sport) e la sua passione per il

teatro, la musica, l'arte e la moda, interessi ai quali si dedica nel tempo libero.

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advertising immobiliare.it va alla ricerca della casa perfetta, l'on air è con picnic Nuova puntata della campagna ideata dall'agenzia di Niccolò Brioschi, a breve verrà presentata anche lapianificazione online . Big Mama si è occupata della produzione Immobiliare.it ritorna on air con la firma creativa dell'agenzia PicNic di Niccolò Brioschi; alla regia sono stati

riconfermati i fratelli Luca e Marcello Lucini, mentre cambia la casa di produzione, infatti è stata affidata a Big

Mama la produzione della campagna di pianificazione. Il nuovo episodio, intitolato "Una scelta condivisa",

rappresenta il proseguimento ideale di quello andato in onda fino a qualche settimana fa. Le esigenze della

famiglia protagonista cambiano: sta per nascere la piccola Sofia e tutti si mettono alla ricerca di una nuova

abitazione. Ciascuno inserisce su Immobiliare.it le caratteristiche della casa dei sogni: il piccolo Luigi vuole

una camera per sé e una per la sorellina, il papà vuole che il nuovo appartamento sia vicino all'ufficio in modo

da arrivare prima dai suoi familiari, la mamma invece sogna di avere un terrazzo. La campagna godrà

inizialmente di una pianificazione televisiva, ma a breve lo spot sarà disponibile e visibile anche sul web. Un

filmato che mostra non solo la possibilità di ricercare su Immobiliare.it tramite desktop, tablet e smartphone,

ma anche le funzionalità più importanti disponibili sul sito, come la ricerca personalizzata sulla mappa del

luogo selezionato. L'azienda rimane comunque costantemente online durante tutto l'arco dell'anno,

utilizzando banner e video, creando mini siti ad hoc, apparendo su portali di news che hanno all'interno la

sessione dedicata a casa e affini.

14/01/2015 6Pag. 360com

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Per Celebrare l'imPortante traguardo, all'interno del sito www.magnoliatv.it, è da PoCo online una nuovasezione COM PANY La Branded Content Unit di Magnolia festeggia il suo primo anno disuccesso il 2014 è stato un anno riCCo di lavori e di Produzioni Che sPaziano tra Contenuti Pensati ad hoC Per la tv ePer il web , adv short Film e Progetti multiPiattaForma Magnolia, la società di produzione televisiva guidata da Leonardo Pasquinelli, festeggia il primo anno di vita

della sua Branded Content Unit, la sezione dedicata alla ricerca, allo sviluppo e allo studio dei progetti di

branded entertainment nata alla fine del 2013. Per celebrare questo importante traguardo, all'interno del sito

www.magnoliatv.it è da poco online una nuova sezione interamente dedicata alle attività della Branded

Content Unit. Il minisito è non solo vetrina delle iniziative realizzate dal team guidato da Ludovica Federighi,

con aggiornamenti costanti su tutti i nuovi progetti, ma anche custode dei lavori attivati. Già oggi, infatti, è

possibile scoprire tutte le attività di unconventional marketing realizzate in poco più di un anno di vita da

Magnolia, ottimo esempio per tutti i clienti che vogliono investire su una nuova modalità vincente di racconto

attorno al proprio brand. Il 2014 è stato un anno ricco di lavori e di successi per la BCU Magnolia, spaziando

tra contenuti pensati ad hoc per la tv e per il web, Adv Short Film e progetti Multipiattaforma, e il nuovo anno

prende il via con molte novità e importanti progetti in fase di realizzazione. Si conferma la collaborazione con

Sky Pubblicità che si è adata a Magnolia per realizzare gli Adv Short Film, piccoli format che innovano la

modalità di pensare, realizzare e diondere le telepromozioni grazie a un'alta attenzione all'immagine e allo

sviluppo di un racconto attorno al brand. I primi brand che quest'anno hanno sperimentato con successo

questo nuovo formato pubblicitario sono Reckitt Benckiser (con il brand Finish Quantum), Granarolo e

Auricchio. Tra i brand che hanno scelto la creatività e la professionalità della BCU Magnolia c'è, però, anche

Voiello. Nell'ambito di un riposizionamento generale del marchio sul mercato, partendo dalla presenza dei

prodotti all'interno della quarta stagione di "MasterChef Italia" (attualmente in onda su SkyUno HD), è nato

Voiello Master Of Pasta, un originale contest culinario che coinvolge i concorrenti eliminati di ogni puntata di

"Master Chef" in sfide a base di pasta. Le clip con tutte le ricette, guidate da Spyros eodoridis (primo

MasterChef italiano), sono visibili su www.masterofpasta.it e sul minisito dedicato all'interno del sito uciale di

MasterChef Italia. Il vincitore di Voiello Master Of Pasta sarà scelto da tutti gli utenti appassionati di cucina

che valuteranno online i piatti a base di pasta realizzati dei concorrenti. L'attività della BCU Magnolia,

mettendo a disposizione delle marche tutte le proprie competenze nell'ambito della produzione televisiva, ha

dato vita nella scorsa stagione anche a programmi tv come "My Cake Design", branded content per

DeAgostini Publishing (pubblicazione editoriale Crea & Decora I Tuoi Dolci), realizzato con Discovery Real

Time, e a "La Casa degli Assi", branded content per Poker Stars in onda la scorsa primavera su Italia2, con

una seconda edizione in preparazione per Italia1. In primavera, invece, vedrà la luce un nuovo branded

content realizzato con Chicco, anch'esso per Discovery Real Time. Sul web, sono da ricordare le recenti

attività per Samsung (operazione "Ti Lascio" per la promozione del Galaxy Tab S con l'agenzia Cheil) e per

Rcs Gazzetta dello Sport (operazione #promessemondiali in occasione dell'ultima Fifa World Cup, incentrata

sull'amore degli italiani per il calcio e delle mille scommesse che ne derivano, con Italia Brand Group). A

certificare il successo del lavoro della BCU Magnolia, nel 2014 ci sono stati anche i tre premi conquistati al

Cannes Lions 2014 - International Festival Of Creativity con il progetto Samsung Maestros Academy

(www.maestrosacademy. it): Gold Lion nella categoria Pr, Bronze Lion nella categoria Direct Marketing e

Bronze Lion nella categoria Promo & Activation, per la piattaforma digitale. Un successo che premia l'ottimo

lavoro di squadra nato dalla sinergia tra Samsung Electronics Italia, LeoBurnett e Magnolia e che ha portato

nuovamente in alto il nome de ll'Italia nella creatività pubblicitaria.

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uFFiCializzata l'intesa Fra la ConCessionaria e uno dei siti di new s Più innovativi nel Panorama dei mediaital iani Accordo operativo: HiMedia Group ora raccoglie per ilfattoquotidiano.it adexChange.Com si oCCuPer à della vendita degli sPazi sul merCato rtb ; e mobvious gestirà gli sPazi sudeviC e mobili mentre il video advertising sarà aFFidato a FullsCreen; e inFine, magiC Curerà i ProgettisPeCiali e di branded Content HiMedia Group, società internazionale indipendente fra i leader europei in ambito advertising e e-payment, e

Ilfattoquotidiano.it, uno dei siti di news più innovativi nel panorama dei media italiani, annunciano l'esclusiva

partnership che ada, a partire dall'1 gennaio 2015, a HiMedia la gestione in esclusiva della raccolta

pubblicitaria del sito de ilfattoquotidiano.it sia in versione desktop che mobile. In un mercato advertising che

sta trasformando profondamente le logiche della gesti one degli spazi pubblicitari online, ilfattoquotidiano.it,

che in quattro anni è diventato, secondo le rilevazioni di Comscore, il terzo sito italiano di news, conferma la

via dell'innovazione anche nella scelta della concessionaria. HiMedia, per prima, ha saputo cogliere le sfide

della tecnologia applicata all'advertising, ad esempio nel mobile e nel "programmatic", consentendo ai propri

editori di valorizzare ogni spazio delle proprie inventory, puntando sulla vendita di target e non di semplici

spazi. HiMedia, specializzata nella vendita degli spazi Premium, metterà a disposizione de ilfattoquotidiano.it

tutte le business unit: Adexchange. com si occuperà della vendita degli spazi sul mercato RTB (sia in open

market che in programmatic tramite deal per gli spazi premium), Mobvious gestirà gli spazi su device mobili

mentre il video advertising sarà adato a Fullscreen; e infine, Magic curerà i progett i speciali e di branded

content. «Il 2015 rappresenta per L'Editoriale Il Fatto Quotidiano un anno di grandi cambiamenti e importanti

innovazioni su tutti i prodotti da noi editi, e, in particolare, sul sito web in cui sono previsti rilasci di sezioni e

prodotti nuovi e continui affinamenti del restyling andato online a fine ottobre 2014 . La scelta di HiMedia,

partner internazionale, fortemente tecnologico, mai fermo sul fronte dell'innovazione a livello di proposizione

commerciale, ci è sembrato, in questo momento così delicato e importante per noi, il partner ideale con cui

arontare le prossime sfide - aerma Cinzia Monteverdi amministratore delegato de Ilfattoquotidiano.it -.

HiMedia aancherà, nel lavoro di commercializzazione dei nostri spazi pubblicitari, Publishare, a cui rimane la

raccolta esclusiva del nostro quotidiano e dell'app Mia ad esso correlata». Carlo Poss, ceo di HiMedia Italia,

commenta a proposito della partnership: «Siamo orgogliosi della fiducia che ci ha dimostrato un publisher

così prestigioso e autorevole nel campo dell'editoria italiana. HiMedia ha colto i cambiamenti del mercato e ha

scelto di accompagnare i publisher in questo momento di evoluzione. Molti editori dimostrano ancora molta

didenza nei confronti del programmatic e del Real Time Bidding, Ilfattoquotidiano.it ha invece compreso il

cambiamento in atto e che potremo valorizzare le audience grazie a una completa integrazione delle attività

svolte dalle nostre business unit e a un know how specifico nel campo del programmatic, strumento in grado

di portare concreti benefici anche agli editori». Dunque, un accordo davvero importante per

Ilfattoquotidiano.it, una delle testate online di maggior successo degli ultimi anni in Italia. Diretta da Peter

Gomez fin dal suo esordio, nel giugno del 2010, la testata ha ra ggiunto nel giugno 2014 oltre 470 mila utenti

unici nel giorno medio secondo i dati Audiweb. Il sito è composto da più di trenta sezioni tra cui ilFattoTV, con

video news, dirette streaming, inchieste, speciali e rubriche. Elemento caratterizzante è la colonna blog con

oltre 700 blogger, dove si confrontano liberamente posizioni anche molto lontane fra loro. A ottobre 2014 è

andato online il restyling grafico e strutturale del sito, proponendo agli utenti un'esperienza multimediale a

tutto tondo, una migliore navigazione e fruibilità di contenuti sempre più dierenziati ed originali. A settembre

2014 è nat a Mia, la nuova app del quotidiano per tablet e smartphone. Unica sul mercato italiano, Mia ore ai

lettori la possibilità di sfogliare l'edizione digitale sia nella classica versione pdf, sia nella nuovissima versione

nativa, in cui gli articoli sono riproposti e riorganizzati in una classica navigazione web, arricchiti con

approfondimenti e contenuti multimediali. E per quanto riguarda HiMedia, è il principale network europeo,

esperto di pubblicità digitale. L'azienda offre ai propri clienti una vasta gamma di soluzioni pubblicitarie per

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rafforzare e ottimizzare la loro strategia sull'online. Il network HiMedia conta di circa 400 milioni di

impressions mese - fonte AppNexus e oltre 7 milioni di utenti unici mese, fonte Audiweb.

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Key People Giorgio Brenna La creatività batterà la crisi Oltre vent'anni di successi nel mondo della pubblicità , il Chairman e CEO di Leo Burnett Italia e Leo BurnettContinental Western Europe non perde il sorriso nemmeno al termine dell'ennesimo anno difficile per ilsettore: "Siamo la migliore agenzia italiana per fatturato e output creativo, e in tempi di crisi il mercato premiala qualità, più che la quantità". Stefano Fossati '' Il mercato della pubblicità in Italia è ancora in piena crisi, in tre anni si sono persi 1,5 miliardi di euro di

investimenti in comunicazione mentre il nostro Paese che continua a perdere posizioni fra le piazze 'che

contano' a livello mondiale Ma le possibilità di tornare a livelli pre-crisi ci sono, anche se occorreranno non

meno di cinque anni. Ne è convinto Giorgio Brenna, Chairman e CEO di Leo Burnett Italia e Leo Burnett

Continental Western Europe, forte di risultati che autorizzano un certo ottimismo anche al termine di un 2014

tutt'altro che entusiasmante per il settore: "Siamo la migliore agenzia italiana per fatturato e output creativo. E

vogliamo diventare la migliore d'Europa. Perché, in tempi di crisi, il mercato premia la qualità, più che la

quantità". Più di vent'anni nel mondo della pubblicità (dal 1992 in Ogilvy & Mather, prima di approdare in Leo

Burnett quasi dieci anni fa), Brenna negli ultimi anni ha lavorato alla ristrutturazione del modello organizzativo

interno secondo la filosofia HumanKind che - spiega - "mette al centro le persone e i loro comportamenti". E

che oggi rappresenta il vero punto di forza di Leo Burnett, alla base dell'andamento positivo delle agenzie del

network (i dati del primo semestre dell'anno parlano di una crescita del fatturato del 2-3% per l'Italia, del 3-4%

per la Francia, del 4-5% per la Germania e del 5-7% la Svizzera), oltre che dei successi riportati anche

quest'anno da Leo Burnett Italia ai Cannes Lions: il progetto Samsung Maestros Academy (un Leone d'Oro e

due Bronzi) - brand platform che aiuta i giovani a imparare direttamente dalle parole dei maestri artigiani

attraverso un percorso formativo digitale che permette a chiunque di seguire online le lezioni - e lo spot tv Fiat

500 Cult (un Bronzo), che racconta il viaggio di due ragazzi a bordo di una 500 per mostrare, in tono

scherzoso e leggero, il carattere di un'auto iconica e ironica, accessibile a tutti eppure premium allo stesso

tempo, senza prendersi troppo sul serio. MK: Il mercato pubblicitario italiano si conferma in difficoltà anche

nei primi nove mesi del 2014, sebbene il calo sia più contenuto rispetto agli anni passati: qual è il bilancio di

Leo Burnett Italia per questo periodo? Giorgio Brenna: Effettivamente i numeri non sono confortanti: -3,2%

rispetto ai primi nove mesi del 2013, pari circa 142 milioni di euro in meno. Negli ultimi tre anni lo spending in

comunicazione è calato del 30% circa, il che significa circa 1,5 miliardi di euro in meno. L'Italia non ha

imboccato un percorso virtuoso. Nel mercato globale pubblicitario abbiamo perso quattro posizioni in tre anni,

nel 2009 l'Italia era tra la sesta e la settima posizione nel ranking e nel 2012 già decima, superata da

Canada, Brasile e Cina. Se continua questo andamento per il 2020 ci ritroveremo a occupare almeno la

quindicesima posizione. MK: E all'orizzonte non si vedono ancora segnali di un'inversione di tendenza sul

fronte degli investimenti in comunicazione... Giorgio Brenna: Il calo degli investimenti denota un cambiamento

strutturale all'interno del panorama pubblicitario che le agenzie e le aziende che vogliono fare comunicazione

non possono più ignorare. È dimostrato che le grandi idee hanno successo, indipendentemente anche dal

budget stanziato. Può sembrare una banalità, ma vi assicuro che non è così scontato: le idee devono essere

sempre il motore delle attività delle agenzie creative e devono essere sempre più globali, sia nella qualità

dell'idea sia nell'approccio. La Leo Burnett lavora sempre in questo senso, creando delle campagne globali

basate su grandi idee. Samsung Maestros Academy è la prova che le grandi idee sono anche vincenti. MK:

Quali prospettive vedete per il 2015, sia per quanto riguarda Leo Burnett Italia sia per il mercato in generale?

Giorgio Brenna: Nonostante il mercato pubblicitario non registri delle cifre che possano fare pensare a un

futuro roseo, io sono molto ottimista per il futuro di Leo Burnett Italia. Siamo un'agenzia creativa, la migliore in

Italia per fatturato e output creativo, e in tempi di crisi si sa, il mercato tende a premiare la qualità rispetto alla

quantità. Noi, grazie al team creativo e strategico che abbiamo la fortuna di avere, siamo in grado di offrire

un'ottima qualità creativa. Complice di tutto è la nostra filosofia HumanKind, che mette al centro le persone e i

14/01/2015 60Pag. Media Key - Dicembre 2014 - genius(diffusione:10500, tiratura:10500)

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loro comportamenti. Lo HumanKind è la linfa dei nostri lavori, ed è per questo che siamo riusciti a produrre

case history di successo e lavori di qualità. MK: 2015 significherà anche Expo e fra i vostri clienti ci sono

alcuni sponsor della manifestazione (Fiat in primis). Quale impatto potrà avere Expo 2015 sul mercato della

comunicazione? E quale sul business della vostra agenzia? Giorgio Brenna: Sì, con l'Expo ci sono senz'altro

delle ottime opportunità di business con clienti già acquisiti e con nuovi... 3 2 MK: Expo a parte, molti

concordano sul fatto che il calo del mercato della comunicazione in Italia sia (almeno in parte) strutturale: lei è

di questa opinione oppure ritiene che si possa tornare, nei prossimi anni, ai livelli pre-crisi, anche per quanto

riguarda budget e numero di gare? Giorgio Brenna: No. Si può tornare ai livelli pre-crisi in almeno cinque

anni. MK: Fra i numerosi progetti che avete curato quest'anno, può citarne qualcuno di cui va particolarmente

orgoglioso? Giorgio Brenna: Samsung Maestros a parte, per cui i risultati parlano da soli, c'è il lavoro

nell'area Emea che abbiamo fatto con 500L e poi la piattaforma globale di Fiat 500 Cult. MK: Proprio

Samsung Maestros e Fiat 500 Cult hanno portato quest'anno quattro Cannes Lions a Leo Burnett Italia. Quali

sono i punti di forza della vostra agenzia dal punto di vista creativo? Giorgio Brenna: Il nostro punto di forza è

lo HumanKind. Noi cerchiamo sempre di interpretare i brief dei clienti in base alla nostra filosofia creando

idee e creatività che lavorino in questo senso: è un'idea in grado di cambiare il comportamento delle

persone? È un'idea che ha un purpose, uno scopo? Sono acts o semplicemente ads? MK: A proposito di

creatività e premi internazionali, qual è secondo lei il livello dell'Italia su questo fronte, rispetto ad altri Paesi?

La crisi uccide o stimola la creatività? Giorgio Brenna: L'Italia vive ancora nel retaggio culturale da 'prima

della classe'. Certo, siamo stati i primi per molto tempo, per secoli, e abbiamo sempre dimostrato di saper

uscire dalle crisi egregiamente, grazie anche alla creatività e all'eccellenza tipica del popolo italiano.

Ultimamente credo abbiamo perso un po' di fiducia nelle nostre capacità. Bisogna prendere come benchmark

i nuovi Paesi in via di sviluppo, che sono riemersi nonostante testimoni di situazioni politiche molto difficili, e

accettarli come competitor. Loro sono la prova che la crisi è uno dei motori della creatività, se saputa

interpretare come opportunità. Quindi sarà la creatività che ci farà uscire dalla crisi. MK: Come, secondo lei,

tecnologie digitali e social media hanno cambiato la comunicazione e la creatività negli ultimi anni? Giorgio

Brenna: L'avanzare e l'affermarsi delle nuove tecnologie digitali dimostrano che le modalità di fruizione della

comunicazione sono cambiate. Le persone hanno sviluppato un atteggiamento attivo e proattivo nei confronti

della marca abbandonando quello passivo, come potrebbe essere nei confronti della tv o della stampa. Sta

alle agenzie creative sapere intercettare i comportamenti delle persone all'interno di questi nuovi media e

studiare la migliore strategia per raggiungerli. A fronte della numerosa offerta in un contesto di multimedialità

e multicanalità, la tendenza è di premiare i contenuti e la qualità degli stessi, fattore che determina

l'engagement del consumatore. E il consumatore si ingaggia quando la comunicazione è a 360°, quando crea

sinergia tra tutti gli strumenti a disposizione. Le grandi idee sono tali se possono essere applicate

sinergicamente e trasversalmente su tutti i media (dal digitale, all'above the line al below the line) e arrivare al

consumatore, rendendolo soddisfatto del servizio nel suo complesso. Noi abbiamo le carte in regola per

creare le vere big ideas, forti della nostra tradizione culturale tipica dell'agenzia HumanKind, di Leo Burnett,

sempre orientata all'innovazione. Questo fa sì che ci possiamo porre come consulenti e partner per le

aziende. MK: A livello personale, quali sono gli obiettivi (non necessariamente professionali) che vorrebbe

vedere realizzati nel 2015? Giorgio Brenna: Il sogno per il 2015 è essere la migliore agenzia in Europa. I

sogni sono più potenti degli obiettivi, quindi faremo di tutto per realizzare questo sogno. Leo Burnett

Foto: 1. Un'immagine dello spot Fiat 500 Cult, vincitore di un Bronzo al Festival di Cannes 2014. 2. Samsung

Smart Bike è uno dei risultati ottenuti nell'ambito del progetto Samsung Maestros Academy. L'avveniristica

bicicletta è stata presentata durante l'ultima edizione di Milan Design Week. 3. Il progetto Samsung Maestros

Academy è uno dei successi riportati quest'anno a Cannes, dove si è aggiudicato un Leone d'Oro e due

Bronzi. La piattaforma aiuta i giovani a imparare dai maestri artigiani attraverso un percorso formativo

digitale.

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Key People Lorenzo Marini La creatività al centro In un mercato della creatività dominato solo dai media occorre rimettere l'idea creativa al centro e darle ilgiusto peso e il giusto valore. Perché sono i dipinti a fare la storia dell'arte e non le cornici. Ne è convinto ilfamoso creativo italiano Lorenzo Marini, Presidente di Lorenzo Marini Group. Gianni Martinelli di Gianni Martinelli '' Lorenzo Marini Group appartiene al network indipendente TheNetworkOne, composto da

oltre 120 agenzie indipendenti con un'eccellente reputazione creativa nel proprio paese d'appartenza. Questo

garantisce un indispensabile supporto per la gestione di campagne e progetti di comunicazione internazionali

in 90 Paesi. Il supporto dell'internazionalità è ormai un must imprescindibile come ci conferma Lorenzo Marini

in questa intervista. MK: Dal suo osservatorio privilegiato può farci una panoramica su come sta andando il

mercato della comunicazione italiano confrontandolo con quello americano, visto che avete una sede anche a

New York? Lorenzo Marini: Il grande artista Bruno Munari era solito ripetere: "Il tramonto e l'alba sono la

stessa cosa, vista da un punto di vista diverso". Mi sento veramente fortunato a potere disporre di un doppio

punto di osservazione grazie alla nostra sede italiana di Milano e alla nostra sede americana di New York.

Quest'ultima l'abbiamo aperta ormai da oltre tre anni e, grazie a essa, riusciamo a sapere con circa due o tre

anni di anticipo quello che succederà anche in Italia. Le faccio un esempio. Mentre nel 2008 da noi la parola

'crisi' era ancora sconosciuta, oltre oceano se ne parlava già ampiamente e dopo poco sappiamo tutti quello

che è successo anche da noi. Quest'anno in America il mercato è tornato a segnare un trend positivo del

+3%: e ci sono decisi segnali di ripresa, abbiamo quindi speranza che tra un paio d'anni anche il mercato

italiano torni a migliorare. Ci aspetta ancora un 2015 non facile ma nel 2016 ci dovrebbe essere un'inversione

di tendenza. MK: Quali sono le principali differenze tra i due mercati, quello italiano e quello americano?

Lorenzo Marini: Nel mercato italiano a spadroneggiare sono i media, il driver è il mezzo. Ma questo è un

grande errore, è come se vivessimo al tempo delle cornici e non dei dipinti. Dobbiamo rimettere al centro il

dipinto, l'idea creativa vincente. In America lo si fa e la scelta paga. In Italia, al contrario, stiamo vivendo il

tempo del media e il centro di potere è il media stesso. Una seconda differenza sostanziale tra i due mercati

è la differente gestione delle gare. Ormai in Italia si indice una gara anche per spostare un budget di poche

migliaia di euro. Pensi che invece, in America, la Walt Disney ha spostato un budget di circa 900 milioni di

dollari da un centro media a un altro senza nemmeno indire una gara. Negli Stati Uniti la fedeltà di un'agenzia

a una marca viene considerata un valore imprescindibile mentre da noi tutto cambia per pochi euro in più o in

meno presentati nelle offerte. Nike lavora con W+K da 30 anni e Apple con Chiat\Day da 25 anni. MK: Ci

sono anche altre differenze che vuole evidenziare? Lorenzo Marini: Il terzo punto a favore del mercato

americano è il forte pragmatismo. Quando viene fornito un brief a un'agenzia c'è un timing preciso da

rispettare. In questo modo i creativi possono impegnarsi a produrre la migliore idea del caso senza sottostare

alle classiche tempistiche italiane che impongono che l'idea vincente venga presentata 'il giorno prima della

richiesta'. Nei briefing americani tutto viene schedulato in maniera precisa e c'è un budget di produzione. Da

noi in Italia, al contrario, le aziende spesso si rivolgono ai creativi per scoprire se qualcuno gli può proporre

un'idea divertente da sviluppare e, solo dopo, si decide se ci sono i soldi per attuarla. Al pragmatismo

americano si lega quindi anche un altro valore, quello della precisione. Nel nostro mondo pressappochista si

continua invece a considerare la pubblicità solo un lusso che serve principalmente a gratificare la società

emittente. Pensi che nel nostro mercato non è così strano sentire storie di agenzie a cui erano stati affidati

dei budget per delle campagne pubblicitarie per poi scoprire, successivamente, che tali budget non c'erano

più perché si era deciso di eliminarli in un fantomatico consiglio di amministrazione. Per concludere, quindi, il

nostro osservatorio americano ci fa vedere e comprendere che esistono 'forme di vita' migliori rispetto alla

nostra. MK: Quindi non ci sono proprio caratteristiche positive in Italia e nel suo mercato? Lorenzo Marini:

Non ho mai detto questo, anzi ritengo che in Italia la qualità della vita sia sicuramente migliore che negli Stati

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Uniti. In Italia si respira arte solo guardandosi intorno o alzando lo sguardo, il cibo è decisamente migliore,

così come il clima. A New York in inverno fa freddissimo mentre in estate si muore letteralmente dal caldo.

Noi italiani siamo un popolo fantasioso legato all'arte, all'istinto. Non ho volutamente citato la creatività perché

quest'ultima non deve essere legata all'istinto, ma al contrario alla logica, alla strategia e alla precisione. MK:

Ma come è andato il 2014 per la sua sede italiana? E per quella americana? Lorenzo Marini: La situazione

del mercato italiano è fondamentalmente statica, continuiamo a fatturare il solito milione di euro in consulenze

e ad avere più o meno gli stessi clienti dello scorso anno. Diversi, invece, sono i risultati che stiamo

ottenendo negli Stati Uniti dove cresciamo di circa il 25% e contiamo, a breve, di superare il fatturato della

sede italiana. Magari il sorpasso avverrà già quest'anno, se non fosse così sarà di sicuro nel 2015. 5 MK:

Quale è il modello di business che usate in America? Lorenzo Marini: Il modello di business è lo stesso che

usiamo anche in Italia. Puntiamo sul paradigma delle partecipazioni nelle piccole società: che siano di web,

below the line, media, ecc. La holding Lorenzo Marini Group ha una quota partecipativa in molte società e si

è dotata anche negli Stati Uniti di un team strutturato e professionale in grado di affrontare diverse attività

consulenziali. Non bisogna dimenticare, infatti, che oltre oceano l'obiettivo della customer satisfaction non è

pura teoria come da noi, ma un must imprescindibile per potere continuare a fare business. Come avrà

capito, ormai, sono davvero molto soddisfatto della decisione di aprire tre anni fa questa nostra nuova sede

perché riusciamo in questo modo a confrontarci con un mercato molto diverso dal nostro. In America non ci

sono le altre agenzie italiane ma molti clienti magari dai nomi poco conosciuti in Italia, desiderosi di crescere

e di emergere. Non dimentichiamo, infine, che lo stato di New York produce da solo circa la metà del Pil

italiano, sono dati che devono fare riflettere. MK: Quali sono i settori in cui lavorate maggiormente? Lorenzo

Marini: I principali settori in cui operiamo a New York sono quelli delle eccellenze italiane, il food e la moda.

Sono settori in cui anche i grandi marchi americani vogliono avere 'il tocco' creativo italiano che da sempre ci

contraddistingue. Nello stesso tempo abbiamo anche clienti italiani che sono negli Stati Uniti per fare

business, quindi operiamo a 360 gradi. MK: Quale è, secondo lei, la principale sfida che devono affrontare e

vincere le agenzie? Lorenzo Marini: Le agenzie non hanno sfide da affrontare e vincere in futuro perché sono

ormai morte o in procinto di morire nel breve periodo. È in atto un vero e proprio conto alla rovescia e le

cronache giornalistiche stanno già registrando questo processo ineluttabile. Secondo le solite 'voci di

corridoio' è in atto un fenomeno che prevede la riduzione delle sedi periferiche dei Paesi più deboli. Le posso

dare qualche dato. Il mercato della comunicazione tedesca è ormai il doppio di quello italiano; il sud

dell'Europa, di cui facciamo parte insieme a Spagna, Portogallo, Grecia, è in deciso ribasso. Quindi che sfida

possono vincere le agenzie se non quella dello smantellamento? Parliamo di cose più importanti, la vera sfida

da vincere è quella della creatività. I clienti, prima o poi, torneranno a rendersi conto che sono le idee vincenti

quelle che procurano i soldi. Invertiamo i processi come già le raccontavo. Torniamo a rimettere al centro gli

inventori dei messaggi, le idee, i dipinti e rimettiamo in secondo piano i media che li occupano, le cornici. In

Italia siamo ancora a discutere e a disquisire tra media online e offline, tra ciò che è digitale e ciò che non lo

è. Da noi se un brand propone una campagna social, sente ancora l'esigenza di pubblicare un comunicato

stampa per evidenziarla. Negli Stati Uniti non esiste più da anni, ormai, questa visione obsoleta tra nuovi e

vecchi media, sono le stesse agenzie di public relation che offrono normalmente pr online e offline, social,

web e app. Una comunicazione integrata dove non ha veramente più senso parlare di singolo medium e

singola pianificazione. La comunicazione è un continuum dove tutto si integra ed è integrato. MK: Per

concludere, come si immagina il futuro Lorenzo Marini? Lorenzo Marini: A questa domanda preferisco

rispondere con una citazione di Albert Einstein: "Non penso mai al futuro, arriva così presto!".

Foto: 1. Gli uffici della sede di New York della Lorenzo Marini Group. 2. La campagna realizzata per

xconcept. 3. L'affissione ideata dall'agenzia per Olio Monini. 4. L'annuncio firmato per il Berlucchi Rosé '61. 5.

Un'immagine della campagna creata per l'Ordine degli Psicologi.

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Key People Fabrizio Piscopo Rai Pubblicità uguale Rai L'equazione è immediata, e rappresenta la grande sinergia tra l'emittente e la sua concessionariapubblicitaria. Il nome è solo la punta dell'iceberg del cambiamento che ha portato da Sipra a Rai Pubblicità , eche è coinciso con l'arrivo del nuovo Amministratore Delegato Fabrizio Piscopo. Maurizio Ermisino di Maurizio Ermisino 77 '' Si dice spesso che i numeri non raccontino tutto. Ma a volte dicono tantissimo. Per

spiegare com'è cambiata la concessionaria pubblicitaria della Rai, che da Sipra è diventata Rai Pubblicità,

basta citare un dato. Meno di due anni fa i clienti della Rai erano poco più di 400. Oggi sono 621. È un dato

che ci permette di capire come la potenzialità della tv di Stato fosse molto alta, e di come la nuova

concessionaria l'abbia saputa sfruttare al massimo. C'è un altro dato significativo: l'applicazione Rai.tv, che

permette agli spot tv di interagire con i nostri device mobili, è stata scaricata da sei milioni di persone. In

queste cifre non c'è solo un grande successo, ma la voglia di sperimentare nuovi formati. Ne abbiamo parlato

con Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato di Rai Pubblicità. MK: Quali sono state le sue esperienze

prima di Rai Pubblicità? Fabrizio Piscopo: Parto come giornalista della Mursia Editore. Poi sono andato in

Media Center, una piccola concessionaria di pubblicità, insieme a Silvio Mursia, poi in Publicitas. Ho lavorato

alla Mondadori dal 1982 al 1984, alla Manzoni dal 1984 al 1987 e alla grande Manzoni dal 1987 al 1993. Dal

1994 al 1997 sono stato alla Rusconi, dal 1997 al 2001 alla Class Editori, dove ho fatto lo startup della

concessionaria. Nel 2001 ho lavorato in CIA Mediaedge, nel 2002 sono ritornato in Class per un anno, e nel

2003 sono andato a fondare Sky Pubblicità. Nel novembre 2012 sono andato alla Sipra, che abbiamo

cambiato facendola diventare Rai Pubblicità. MK: Quali sono le sue passioni? Fabrizio Piscopo: L'analisi

tecnica di borsa è una passione intellettuale che influenza anche il lavoro: dietro alla finanza c'è un mondo

metafisico... E poi i viaggi sono da sempre la mia passione: appena posso prendo un aereo e vado, anche da

solo. MK: In un'ideale lettera di presentazione cosa scriverebbe? Fabrizio Piscopo: Creatività, passione e

pragmatismo sono le mie caratteristiche. MK: Cosa è cambiato quando è nata Rai Pubblicità e ha preso il

posto di Sipra? Fabrizio Piscopo: Ho lasciato Sky con grande rimpianto, perché era ed è una bellissima

società. È stato il mio capolavoro, una società bella perché presa dall'inizio: è molto più facile fare una startup

che non una ristrutturazione. In Rai c'era un enorme potenziale inespresso: è una società che ha 40 punti di

share televisivi, oltre alla radio, al web, al cinema. Ha una varietà di mezzi impressionante, e sono tutti molto

forti. Vedevo che dall'altra parte, da competitor, non incontravamo grande resistenza quando ci scontravamo

con la Rai. La sfida è stata questa: capire se si potesse sviluppare questo enorme potenziale. Il cambio di

nome è stata un'operazione molto elementare: Rai uguale Rai Pubblicità, è più immediato. Sipra era un nome

abbastanza inusitato. Rai e Sipra inoltre lavoravano in modo un po' più separato, Rai Pubblicità e Rai sono

davvero la stessa azienda. Il nome ha avuto anche un significato simbolico di un cambio, di una nuova

grande sinergia tra editore e concessionaria. Sipra era una società piuttosto vecchia come mentalità, struttura

e impostazione: era più abituata a raccogliere la pubblicità che ad andarla a prendere dagli inserzionisti. I

clienti erano poco più di 400: oggi siamo già a 621. I livelli erano troppo stratificati, e questa cosa

danneggiava la dinamicità; non innovava, e le iniziative speciali erano sempre le stesse; vendeva per fasce

orarie invece che in verticale, e non faceva sinergia su tutti i mezzi del gruppo. Non venivano valorizzate le tv

specializzate. Abbiamo lavorato su queste aree e abbiamo trasformato la concessionaria in una società in

grado di competere. Quest'anno finiremo intorno al pari in un anno in cui il mercato perde ancora più del 4-

5%. MK: Come sta andando l'idea del Second Screen, che permette l'integrazione tra gli spot in tv e i device

mobili? Fabrizio Piscopo: Funziona un po' come Shazam, con un riconoscitore di suoni. L'ultimo spot del

break emette un suono - inudibile per l'orecchio umano - che colpisce tutti i device che lo spettatore ha a

disposizione - tablet, smartphone e così via - e basta avere l'applicazione Rai.tv per interagire, grazie allo

schermo del device mobile, con lo spot. Facciamo un esempio: passa in tv lo spot di un'automobile e sullo

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schermo del telefono si apre il sito della casa automobilistica che ci invita a fare una prova, un test drive, o ci

indica un concessionario che applica una particolare promozione. L'applicazione è stata scaricata finora da

sei milioni di persone. E abbiamo cinque clienti che hanno scelto di investire in questo prodotto e che hanno

avuto ottimi risultati: vengono dal settore immobiliare, da quello farmaceutico, dall'energia, dal food e

dall'arredamento. MK: E quali sono i risultati del Proxee, l'hardware che invia messaggi nelle sale del

cinema? Fabrizio Piscopo: Il Proxee funziona più o meno nello stesso modo, con la differenza 3 che il

segnale non arriva dallo spot televisivo ma da una macchinetta, che si chiama Beacon, e che emette un

ultrasuono. Una vetrofania all'ingresso dei cinema ci avvisa di scaricare l'applicazione Proxee per partecipare

al sorteggio per vincere biglietti, o ad altre promozioni. All'interno del cinema il suono colpisce il device che ci

avvisa se abbiamo vinto o meno, e che la promozione è stato offerta da un brand, con un roll con la

campagna del brand. È una forma molto innovativa e divertente per colpire il fruitore dovunque si trovi. La hall

di un cinema è l'ambiente ideale perché il Beacon funzioni: quando uno è in coda controlla costantemente il

telefonino. L'applicazione è stata scaricata da 3mila persone, e gli investitori vengono dal settore delle

banche e delle auto. MK: Che bilancio si può fare dell'operazione Carosello Reloaded, e come stanno

rispondendo gli investitori all'iniziativa? Fabrizio Piscopo: A gennaio scade il contratto per la miniserie

francese che abbiamo acquistato e stiamo studiando con AIR, la nostra agenzia interna, un format nuovo,

molto carino. Cambieremo format in modo che Carosello Reloaded sia sempre nuovo e sempre fresco. In

quella fascia oraria ci sarà sempre, perché è una fascia importante. MK: Tra le vostre tv tematiche, qual è

quella che ha dato i risultati più sorprendenti in termini di raccolta pubblicitaria legata a un target? Fabrizio

Piscopo: È Rai Yo Yo, che sta facendo + 60% di raccolta e cresce continuamente anche a livello di audience.

Ma grandi soddisfazioni ne abbiamo avute anche da Rai 5, che ha i migliori contenuti dal punto di vista

culturale di tutte le tv specializzate. Per capirci, è l'equivalente di Sky Arte. 5 MK: Come cambierà in futuro la

tv? Fabrizio Piscopo: In Italia c'è un grande sovraffollamento di tv digitali, sono circa 90 contro le 40 degli altri

Paesi europei. La prima cosa a cui assisteremo sarà una riduzione dei canali televisivi. La seconda è l'arrivo

di alcuni service provider come Netflix, Chili e Hulu, alcuni già presenti, che cambierà il sistema di fruizione e

lo sposterà sempre più verso l'on demand. Nel futuro prossimo vedo una Sky con un grande potenziale

economico, frutto della fusione delle tre Sky che permetterà di ottimizzare gli acquisti. E dovrà farlo perché

sarà insidiata dall'arrivo di questi provider di contenuti che sono molto validi. Vedo un importante

spostamento verso i content provider, visto che Chili ha quadruplicato il suo fatturato in un anno. Le

televisioni generaliste dovranno presidiare i loro target, e il presidio verrà consolidato dai contenuti: se le tv

avranno contenuti validi consolideranno i loro primati, altrimenti li perderanno. In questo periodo dell'anno le

fiction stanno avendo grandi ascolti, e questo è uno degli aspetti tipici della Rai che sta funzionando. L'altra

tendenza inarrestabile sarà la convergenza, nei prossimi 4-5 anni, di tutti i media in un unico schermo

digitale. Attenzione al mobile, perché rappresenta un'area di grande sviluppo: per la pubblicità sul mobile il

prossimo anno è prevista una crescita del 50%. Internet continuerà a valere molto: già adesso si può dire che

Google è la seconda concessionaria italiana dopo Mediaset.

AIR sta per Advertising In Rai, ma anche per 'aria': ci piace l'idea di portare aria fresca in pubblicità. Il claim è

'usciamo a prendere aria'. L'agenzia è un servizio in più per la vendita: non siamo in concorrenza con le

agenzie di pubblicità dei nostri clienti, ma diamo un servizio in più. Se un cliente ha bisogno di modificare uno

spot o di farne uno, noi ci siamo. Possiamo offrire la realizzazione dello spot, o il pacchetto chiavi in mano

dall'inizio alla fine. AIR è nata un anno e mezzo fa ed è cresciuta nel tempo, per tutti i clienti che pianificano

sulla Rai qualcosa abbiamo fatto. Oltre a lavorare sul brief del cliente siamo propositivi. Lavoriamo su un

doppio binario: o il cliente ci chiama, o siamo noi che andiamo a rompergli le scatole con idee che spesso

acquista. Tra queste ci sono le case histories migliori: come Intervallo 2.0, che è stato sposato da una

quindicina di clienti, o l'ultima versione di Carosello Reloaded.

Foto: 1-2. Il promo di Carosello Reloaded, spazio di 210 secondi andato in onda per la prima volta dal 6

maggio al 28 luglio 2013. 3-4. Second screen è un'iniziativa che permette l'integrazione tra gli spot tv e i

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device mobili. 5. Fabrizio Piscopo, Amministratore Delegato di Rai Pubblicità è tra i protagonisti del rilancio

della concessionaria della Rai.

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Key People Enrico Quaroni L'importanza del fattore umano Il giovane country manager di Rocket Fuel racconta le sue esperienze formative e professionali in un mercatoad alto 'tasso tecnologico' e in continua evoluzione. Barbara Tomasi L'importanza del fattore umano '' Fondata da professionisti con una lunga esperienza nell'online adv, Rocket

Fuel impiega oltre 1000 dipendenti che lavorano in una ventina di uffici sparsi in diversi Paesi, tra cui anche in

Italia, dove nella sede milanese la filiale italiana mette a disposizione la propria offerta di programmatic

buying fondata su un algoritmo proprietario di intelligenza artificiale in grado di elaborare i Big Data in modo

efficace ed efficiente, includendo analisi e attribuzione avanzate. Alla guida della sede italiana il giovane

Country Manager Enrico Quaroni. MK: Qual è stata la sua formazione? Enrico Quaroni: Dopo il liceo, ho

frequentato l'università Bocconi dove mi sono laureato a 23 anni in economia aziendale. Subito dopo la

laurea ho deciso di intraprendere un'esperienza internazionale e con le Nazioni Unite sono andato a

Giacarta, capitale dell'Indonesia. Un'esperienza interessante ma, allo stesso tempo, difficile perché arrivai

subito dopo il terribile tsunami che aveva investito quella parte dell'Asia. Tuttavia la mia voglia di fare si è

'scontrata' con aspetti più politici e ho deciso di dedicarmi a una delle mie altre passioni, la comunicazione.

Ho fondato così una rivista free press di musica e cultura indipendente che mi ha fatto scoprire il mondo dell'

advertising ed è stato il mio trampolino di lancio nel magico mondo della pubblicità. Dopodiché ho scelto di

lavorare in una piccola concessionaria online - Smiling - dove mi occupavo soprattutto di siti verticali; sono

quindi passato a una società israeliana che proponeva una soluzione di retargeting e dopo quattro anni sono

sbarcato in Rocket Fuel, della quale sono oggi il country manager per l'Italia. MK: Quali erano le sue

aspirazioni di giovane studente? Enrico Quaroni: Il mio percorso professionale non è stato lineare, ma

piuttosto 'tortuoso'. In realtà nel mondo della pubblicità ci sono finito per caso, anche se mi ha sempre

interessato, mentre la tecnologia mi appassiona da sempre. Le esperienze fatte all'estero da giovane

laureato mi hanno fatto capire che la prospettiva dall'Italia era piuttosto limitata e che il mondo era un luogo

molto più vasto di quanto potessi percepire da casa. Anche la formazione economica mi è servita molto

perché mi ha permesso di capire che il denaro è il frutto di un processo concepito per produrre un valore e

per darmi una visione più pragmatica e meno teorica. Fuori dall'Italia non ho mai lavorato, ma ho interagito

con altre realtà professionali diverse da quelle nazionali e ho imparato differenti modi di pensare. Ad esempio

nel mercato italiano del lavoro si è portati a dare più peso all'età o ad altre 'caratteristiche' e meno al merito,

mentre in generale all'estero conta quello che effettivamente sai fare. MK: Lei è un country manager molto

giovane. Ha avuto problemi a causa della sua età? Enrico Quaroni: A 32 anni sono il più giovane country

manager all'interno di Rocket Fuel, ma posso dire di non aver mai avuto problemi per la mia età, anche se

talvolta sono stato al centro di esperienze divertenti. Amo infatti vestire in modo informale e talvolta,

nell'ambito di convegni o riunioni dove il dress code è più rigido, spesso sono i miei colleghi più grandi ad

essere scambiati per Enrico Quaroni. MK: Un capo molto giovane come sceglie i suoi collaboratori? Enrico

Quaroni: I miei collaboratori sono scelti in base al merito e non ho pregiudizi per quello che riguarda la loro

età - ci mancherebbe - e spesso imparo da colleghi che hanno più esperienza di me e spesso si dimostrano

ottimi consiglieri. Nelle aziende tecnologiche la struttura è poco verticistica e ogni elemento viene usato

senza guardare alle formalità o alle gerarchie. Io penso che un vero capo debba innanzitutto cercare il

benessere di chi lavora insieme a lui. Certo poi le decisioni e la responsabilità devono fare capo a una sola

persona. Posso comunque dire che, per funzionare, una struttura aziendale deve essere sempre basata sullo

spirito di squadra. MK: Quando è entrato in questo settore che cosa l'ha colpita di più? E, a distanza di anni,

cosa è cambiato nel modo di lavorare sia in generale che nel particolare? Enrico Quaroni: Quello che mi ha

colpito maggiormente è stata la bellissima sensazione di essere in una grande compagnia e dalla sensazione

di avere tra le mani uno strumento davvero unico e molto potente. Che cosa è cambiato? Sicuramente il

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modo di concepire il marketing, dieci anni fa era tutto più approssimativo, ora invece si misura ogni cosa.

Questo ha fatto sì che in questi anni tra i player si sia avviata una selezione naturale. Un percorso ancora in

atto che consente solo alle società più intraprendenti di rimanere sul mercato e di svilupparsi, Oserei dire che

si stanno sgretolando le vecchie strutture meno moderne a favore di quelle che hanno saputo stare al passo

con le nuove tecnologie. Operiamo in un mercato sempre più esigente e la crisi ha permesso alle società più

efficienti di continuare ad andare avanti. MK: Quali erano e quali sono ora i punti di forza di Rocket Fuel?

Enrico Quaroni: Sicuramente la possibilità di essere dotati di una vera tecnologia. È una società in continua

evoluzione con una grande 'fame' di crescita e non solo di fatturato, ma di qualità della propria offerta. Inoltre,

c'è una grandissima attenzione nella selezione delle persone che entrano nella famiglia di Rocket Fuel.

L'aspetto umano dei candidati è sempre messo in primo piano rispetto alle competenze tecniche: cosa più

unica che rara nel mondo delle tecnologie, ma che ha dimostrato essere la scelta giusta dati i risultati

stupefacenti della compagni. MK: C'è qualcuno che vorrebbe ringraziare nella sua carriera? Enrico Quaroni:

Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno lavorato con me e mi hanno fatto crescere nel tempo. Fondamentale è

stata l'esperienza di sales director vissuta nella società di retargeting myThings, dove i miei colleghi mi hanno

seguito e supportato nel periodo passato tra di loro. Ma soprattutto vorrei ringraziare i miei colleghi in Rocket

Fuel per aver avuto fiducia in me e per la grande passione e professionalità che mettono ogni giorno nel

lavoro che fanno, quindi vorrei di ringraziare personalmente quelli che si sono distinti quest'anno in Rocket

Fuel Italia: Andrea Pongan, Alessandro Stoppa, Massimo Brignole Genoni, Andrea Belletti, Davide

Tarabelloni e Michele Sabbatini. 1. Lo staff di Rocket Fuel. 2-3. Rocket Fuel è una piattaforma in grado di

aumentare i Roi degli investimenti pubblicitari online attraverso l'utilizzo dei Big Data e dell'intelligenza

artificiale. MK: Siamo alla fine del 2014, ci sono delle novità che hanno caratterizzato in particolare questo

anno? Enrico Quaroni: Nel 2014 Rocket Fuel ha giocato un ruolo primario nell'evangelizzazione del mercato

per quanto riguarda il programmatic buying e nella diffusione delle nozioni necessarie per poter comprendere

al meglio le potenzialità dell'advertising acquistato con l'ausilio della tecnologia. L'acquisto della piattaforma

DMP [X + 1] è stato un passo aggiuntivo per Rocket Fuel che ora offre anche una soluzione centralizzata per

gestire nel miglior modo possibile i dati interni dei clienti. . MK: Su quali valori deve basarsi il rapporto tra

aziende-clienti e partner di comunicazione alla luce del nuovo quadro economico? Enrico Quaroni: Vorrei

sottolineare innanzitutto che i principali top spender hanno creduto in noi e sono diventati nostri clienti nel

primo anno di apertura di Rocket Fuel Italia. Una scelta di cui siamo molto soddisfatti. Detto questo vorrei

precisare che il valore principale è quello di affidarsi a un partner che faccia 'veramente' il bene del cliente.

Altro valore è la capacità di sapere offrire ai clienti supporto nel tempo dando il maggior numero di

informazioni possibili sulla campagna per ottenere il massimo dalle evidenze che emergono dalla campagna

stessa. Abbiamo detto di no a clienti che ci chiedevano obiettivi che non ci sembravano plausibili e che

sapevamo di non poter raggiungere. Molti di questi clienti, nel tempo, sono tornati e hanno deciso di scendere

a miti consigli e cercare obbiettivi più 'umani'. MK: Una domanda obbligata a chi fa il suo lavoro: cosa le piace

di più in questo momento nella scena nazionale e internazionale? Enrico Quaroni: In questo momento quello

che mi piace di più è la grande vitalità che si sta registrando con le nuove soluzioni in ambito digitale e questo

lo percepisco un po' in tutta Europa, Italia compresa. L'avvento dei social non ha rivoluzionato il nostro

settore, lo ha semplicemente arricchito permettendo un'interazione continua e migliore con gli utenti. Il trend è

una maggior interazione con i propri clienti e la tecnologia consente alle aziende di ottenere una

comunicazione sempre più mirata e personalizzata. MK: Per concludere, quali le sfide più importanti che

dovrete affrontare e vincere in futuro? E quali obiettivi vi ponete per il 2015? Enrico Quaroni: Per il 2015 mi

aspetto un'ulteriore crescita nell'utilizzo delle tecnologia nella pubblicità e un'apertura maggiore da parte di

tutti gli operatori del mercato, che potranno godere di un reciproco vantaggio grazie all'utilizzo delle soluzioni

offerte da Rocket Fuel e della professionalità delle persone che lavorano presso la branch italiana della

società.

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Key People Antonella La Carpia Onestà e trasparenza sono le mie regole Informare e comunicare appartengono al Dna di Antonella La Carpia da prima del suo arrivo in Teads, dove èa capo della divisione Marketing & Communications. Babara Tomasi Onestà e trasparenza sono le mie regole Dopo un 2014 che ha visto un global rebrand dell'azienda,

conosciuta fino a qualche mese fa come Ebuzzing e diventata ora Teads, il direttore Marketing &

Communications Antonella La Carpia racconta la sua carriera professionale, partita dalle aule de l'università

romana La Sapienza, e le sfide del nuovo anno. MK: Teads.it è un'azienda con molte sedi sparse nel mondo

e con un'offerta molto articolata nel settore del video adv. Come è arrivata in questa società, per scelta o

semplice 'casualità'? Antonella La Carpia: In ambito business non è mai possibile parlare di casualità. Le

nostre recenti scelte di prodotto, derivano sempre e solo da un'attenta e costante analisi del mercato. Come

si comportano gli utenti su internet o quali sono le esigenze dei publisher e dei brand sono i parametri che ci

hanno permesso di eleborare la nostra proposta di business nell'ambito del mercato del video advertising.

Teads, inoltre, è il risultato di un percorso graduale e articolato, di un progetto in ambito adversiting online

che è partito 'in cantina' otto anni fa. Vorrei sottolineare che fino a qualche mese fa ci chiamavamo Ebuzzing.

Infatti, lo scorso 6 ottobre, in seguito a una fusione, abbiamo realizzato un importante global rebrand che oggi

ci identifica proprio con il nome di Teads. Non solo 'trucco e parrucco' però, il cambiamento ha riguardato

anche il nostro posizionamento sul mercato. Oggi per essere scalabile qualsiasi business online deve avere

di base una forte componente tecnologica. In questo modo, quella che per noi non è una 'casualità' è prima di

tutto un punto di forza rilevante. MK: Qual è stata la sua formazione? Antonella La Carpia: La mia formazione

è iniziata a Roma. Ho studiato Scienze della Comunicazione a La Sapienza, dove mi sono laureata con una

tesi sulla comunicazione di crisi. Successivamente ho frequentato un prestigioso master in relazioni pubbliche

europee che mi ha dato una formazione anche in marketing online. Ma i veri stimoli, quelli più forti, sono nati

proprio nelle affollate aule di via Salaria 113. Nel 2000 è letteralmente esploso il nuovo trend dei

'comunicatori del futuro'; dando spazio a nuovi modi di pensare e a strategie alternative di fare informazione e

comunicazione. Sono state proprio le geniali visioni di Massimo Canevacci (il mio mentore), Mario Morcellini,

Domenico De Masi, Sara Bentivegna, Nicola Dusi, Enrico Pozzi, Alberto Marinelli e molti altri che mi hanno

fatto capire come dovevo impostate il mio lavoro. MK: Quali erano le sue aspirazioni di giovane studentessa?

Antonella La Carpia: Ho sempre aspirato a fare quello che faccio, ovvero informare e comunicare. Tutto

questo, in qualche modo, fa rima con 'formare' portare la conoscenza agli altri. Adesso sto educando il

mercato del digital che significa per noi rivoluzionare il mercato della pubblicità video online. Dopo essermi

laureata mi sono occupata di promozione discografica per ben cinque anni. Ho lavorato per una piccola label

indipendente. Ai tempi non c'erano risorse economiche per sostenere una vera e propria strategia di

marketing. In tal senso il web è stata la principale risorsa per le mie attività di ufficio stampa. La mia carriera

però è iniziata con alcune collaborazioni giornalistiche, che durano tutt'oggi. Questo è stato un grande

vantaggio perché mi ha dato una visione a 360° degli ambienti di comunicazione. MK: L'essere donna ha in

qualche maniera influenzato le sue scelte o l'ha penalizzata? Antonella La Carpia: Non posso nascondere di

avere un carattere molto forte e determinato. Spesso ho un approccio al lavoro molto maschile, che è stata la

mia forza quando ho dovuto costruire la mia credibilità di fronte ai colleghi uomini. Il fatto di essere donna non

mi ha mai influenzata nelle scelte, a volte forse svantaggiato più che penalizzato. Credo comunque che in

ambito lavorativo quello che conta sia la professionalità e la capacità di confrontarsi in maniera positiva con le

esigenze degli altri: dai giornalisti ai colleghi, dai clienti ai fornitori. 'Never give up', sorridere sempre e mai

scendere a compromessi. Onestà e trasparenza sono le mie regole. MK: Quando è entrata in questo settore

che cosa l'ha colpita di più? E, a distanza di anni, cosa è cambiato nel modo di lavorare sia in generale che

nel particolare? Antonella La Carpia: Mi sono tuffata in una nuova dimensione, priva di alcun parametro di

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riferimento. Ho spesso 'nuotato' in mare aperto senza coordinate, mi sono affidata all'istinto e ho osservato

tanto quello che accadeva fuori dall'azienda in cui lavoro. Il web è un mondo che evolve alla velocità della

luce e l'innovazione tecnologica è una promessa costante che ho sempre ritrovato nelle aziende che lavorano

in questo settore. Sicuramente quello che è cambiato è la forma mentale di chi fa comunicazione. Un piano 2

di comunicazione dopo i primi tre mesi di attività di un'azienda, che opera nel settore digital, può essere

completamente sconvolto e stravolto a causa di una nuova 'rivoluzione, evoluzione'. Bisogna avere buono

spirito di improvvisazione rock'n'roll. Il web è rock! Decisamente. Chi lavora per questo settore oggi non può

permettersi di standardizzare le sue metodologie di lavoro. Studiare, studiare, analizzare, ricercare,

sviluppare è la mia preghiera quotidiana. MK: Quali erano e quali sono ora i punti di forza di Teads.tv?

Antonella La Carpia: OutStream, Scalabilità, Tecnologia avanzata, Viewability. Questo vuol dire che - grazie a

un tecnologia proprietaria che oggi giorno è migliorata e presidiata da cento ingegneri informatici - siamo in

grado di distribuire i migliori formati di adv online in ambito video, in tutto il mondo. Decliniamo campagne

fuori dalle logiche tradizionali inStream, meglio rappresentate dal pre roll. infine abbiamo un privilegio su tutti:

garantiamo la visulizzazione completa. MK: C'è qualcuno che vorrebbe ringraziare nella sua carriera?

Antonella La Carpia: Pietro Dommarco, il direttore e la prima persona che mi ha dato fiducia affidandomi il

primo articolo giornalistico. Fabrizio 'Cinico' Brocchieri, label manager di una storica etichetta discografica a

cui ho dedicato cinque anni di mio impegno. Mi ha insegnato moltissime delle cose che so in ambito di

promozione online e di organizzazione eventi. Ringrazio anche Federico Luperi, direttore innovazione di

Adnkronos, per avermi pubblicamente e affettuosamente insultato di fronte a cinque giornalisti professionisti...

Confesso che avevo scritto un pessimo articolo (ero una stagista giovane e inesperta). Lui è lo stesso che,

sei anni dopo, mi ha introdotta nel mondo milanese, quando ho deciso lasciare Roma per lavorare per

Ebuzzing, oggi Teads. Ultimo, ma non meno importante, Andrea Febbraio, grazie al quale ho capito cosa

vuol dire avere passione e credere realmente in quello che si sta facendo. Lui mi ha fatto capire la differenza

tra l'essere capo e l'essere un leader. Lui ha creduto in me dandomi ampie responsabilità e contribuendo alla

mia importante crescita professionale degli ultimi anni. La lista sarebbe infinita. Mi sento anche di ringraziare

tutti i miei colleghi attuali che ogni giorno mi portano la loro esperienza, dando valore aggiunto alla mia

carriera. MK: Siamo alla fine del 2014, ci sono delle novità hanno caratterizzato in particolare questo anno?

Antonella La Carpia: È stato un anno intenso. Ho affrontato due rebranding, uno dei quali importante e

definitivo. In Teads è in atto anche una riorganizzazione dei reparti e un ulteriore potenziamento delle

strategie. Stiamo aprendoci a mercati nuovi come i Paesi dell'Est e l'Asia. Ci sarà tanto da fare. MK: Su quali

valori deve basarsi il rapporto tra aziende-clienti e partner di comunicazione alla luce del nuovo quadro

economico? Antonella La Carpia: Trasparenza e innovazione. Bisogna garantire una chiara lettura delle

attività di advertising dal primo minuto di delivering fino all'ultimo secondo di fine campagna promozionale.

Noi lo facciamo grazie alla forza tecnologica della nostra piattaforma che ogni giorno fornisce una vasta

gamma di informazioni, dati, statistiche, e qualità delle performance delle specifiche attività di adv online. MK:

Una domanda obbligata a chi fa il suo lavoro: cosa le piace di più in questo momento nella scena media

nazionale e internazionale? Antonella La Carpia: Mi piace la presa di coscienza. Sono felice di vedere che

tutti gli operatori del settore si sono allineati nel dire che oggi bisogna fare advertising online cercando di

garantire, a chi investe in questo settore, che i contenuti pubblicitari siano realmente visualizzati dagli utenti.

Uno degli argomenti più affrontati in questo periodo è proprio quello della viewability. Noi siamo stati tra i

primi promotori di questa filosofia e cioè garantire la visualizzazione completa dei contenuti pubblicitari. MK:

Per concludere, quali le sfide più importanti che dovrete affrontare e vincere in futuro? E quali obiettivi vi

ponete per il 2015? Antonella La Carpia: Quest'anno abbiamo inaugurato una nuova piattaforma RTB (Real-

Time Bidding) che ci apre a strategie di programmatic video. inRead e inBoard sono i nostri fiori all'occhiello

su cui puntiamo per offrire al mercato le migliori strategie di advertising premium. Nel 2015 saremmo

doppiamente concentrati per promuovere la nostra rivoluzione che si basa sui concetti di Outstream e

Viewability. Oggi non è possibile declinare campagne pubblicitarie su internet senza prendere in

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considerazione l'esperienza dell'utente. Ecco perché abbiamo deciso di uscire fuori dalle logiche tradizionali,

ormai obsolete, e abbiamo iniziato a interrogarci su quanti video vengono realmente visualizzati in Rete e

qual è il rapporto tra brand & user experience e come creare inventory incrementali per migliorare anche

l'offerta lato publisher. Con questi presupposti continueremo a sostenere il mercato del video advertising

online.

Foto: 1. Teads è il nuovo nome di Ebuzzing. Il cambio fa parte di un più ampio global rebrand. 2. Teads è il

risultato di un percorso articolato nell'ambito di un progetto di advertising. 3. L'inRead è il formato premium su

cui l'azienda sta puntando le nuove strategie di posizionamento. 4. Questo Rebrand ha consolidato le

partnership con i principali premium publisher mondiali, garantendo scalabilità al business e pianificazione

delle campagne su tutti i dispositivi mobile.

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GossipeTv.com entra nel network di AdvEntertainment Con l'ingresso del sito dedicato al gossip e allo Star System, il circuito "lifestyle" della concessionaria supera i

720mila utenti unici Audiweb.   Con l'entrata del network di GossipeTv.com, sito dedicato mondo della

televisione e del gossip, advEntertainment va ad arricchire il suo circuito "Lifestyle" che raggiunge così gli

oltre 720mila utenti unici certificati Audiweb. GossipeTv, che da solo totalizza oltre 300mila utenti unici (

Audiweb), nasce nel 2011 dalla passione per il mondo femminile, il web e la comunicazione. Si occupa di

tutte le news, i rumors e il gossip sul mondo dello spettacolo: vip, moda, tendenze, oltre a tutta la

programmazione televisiva dell'anno. Un target, come è facile immaginare, composto dall'85% da donne, per

la maggior parte comprese in un range di età tra i 18 e i 34 anni. La policy che contraddistingue la linea

editoriale di Gossip&Tv è basata sulla qualità e originalità dei contenuti, scritti in ottica SEO per ottenere un

buon posizionamento sui motori di ricerca. Insieme a Oltreuomo, Dailybest, Leganerd e Woonko, GossipeTv

completa la rosa dei siti dedicati al lifestyle targati advE: un network che, grazie alla diversità degli argomenti

trattati, pur accomunati dalla loro natura di intrattenimento e curiosità, riesce a coprire un target eterogeneo,

sia maschile che femminile di una fascia di età estremamente attraente per il mercato.

14/01/2015 Sito WebADV Express

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DigitasLBi si apre all' E-Commerce con una nuova divisione globale Si chiama DigitasLBi Commerce division, sarà guidata da George Brandie e Jim Herbert offrirà ai clienti

"esperienze connesse di e-commerce, a 360°" attraverso l'implementazione di piattaforme, sistemi integrati,

supporto alle applicazioni e servizi di gestione. Sarà articolata in diversi hub in Nord America, UK, Francia,

Paesi Nordici, Germania e Asia Pacific. DigitasLBi, l'agenzia specializzata in marketing e tecnologia parte di

Publicis Groupe ha deciso di investire nell'e-commerce e nel mobile shopping, settori in forte crescita, con il

lancio di una nuova divisione globale chiamata DigitasLBi Commerce. La divisione, che comprende mille

specialisti in retail, sarà articolata in diversi hub in vari mercati quali Nord America, UK, Francia, Paesi

Nordici, Germania e Asia Pacific. Come spiega l'agenzia, DigitasLBi Commerce offrirà ai clienti "esperienze

connesse di e-commerce, a 360°" attraverso l'implementazione di piattaforme, sistemi integrati, supporto alle

applicazioni e servizi di gestione. Sarà guidata da George Brandie e Jim Herbert, fondatori di Sceneric,

specializzato in ecommerce multicanale, acquisito da DigitasLBi nel 2012. Del team farà parte a breve anche

Jon Russell, global head of managed services and application support. DigitasLBi international chief

executive Ewen Sturgeon (nella foto), ha dichiarato: "DigitasLBi Commerce avrà un'offerta di nuova

generazione che combina le credential creative di DigitasLBi e gli skill nell'implementazione di piattaforme di

Sceneric, creando percorsi di e-commerce connessi e su misura per i consumatori e generando business

value per i brand a livello globale". EC

14/01/2015 Sito WebADV Express

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Kleenex compie 90 anni e comunica 'un gesto di cura' su digital (vale 1/3del budget), social, stampa e con guerrilla. Con Ideal Com. Nurun In occasione dell'apertura del temporary shop Kleenex presso la Stazione Centrale di Milano (in

contemporanea con l'opening alla Stazione Porta Nuova a Torino),  Francesco Paolo Ruffo, Senior Brand

Manager, ha raccontato ad ADVexpress le strategie del marchio di fazzoletti di Kimberly Clark. Quest'anno

focus sulla campagna ' 'Gesture of Care since 1924' declinata su digital e social (#sharethecare), stampa,

punto vendita, attivazioni outdoor e guerriglia. All'activation online verrà integrata quella offline, negli store, e

con il shop e-commerce (kimberlyclarkshop.it). Kleenex continua le celebrazioni legate ai 90 anni del brand e

al lancio dei nuovi pack di design e dedica un nuovo 'gesture of care' ai propri consumatori, che progranno

vivere un'esperienza interattiva all'interno dei due temporary store aperti dal 14 gennaio al 14 febbraio nella

Stazione Centrale di Milano e dal 14 febbraio per un mese nella Stazione Porta Nuova di Torino. La novità

sta nel contenuto che propone: un'esperienza social ed emozionante che rende i consumatori protagonisti

consentendo di relazionarsi con il brand in modo unico e soggettivo. All'interno degli store, infatti, sarà

possibile provare la PhotoBooth, una nuova applicazione digitale fresca e accattivante che offre agli user

l'opportunità di scattarsi una foto animata e condividerla in diretta su Facebook, Instagram e Twitter, ma

anche di vederla proiettata in tempo reale all'esterno del temporary store grazie a un Video-wall. La foto

inoltre sarà arricchita da una grafica personalizzata a tema, che associa la personalità degli utenti al nuovo

design del brand. Tutti coloro che scatteranno un kleek con Kleenex econdivideranno la foto con l'hashtag

#sharethecare vinceranno subito una card Snapfish del valore di 7 euro per stampare 50 foto e riceverle

direttamente a casa. Inoltre, tra tutte le gif postate dagli utenti, quella più votata sulla timeline Facebook di

Kleenex vincerà un premio finale. Francesco Paolo Ruffo (nella foto), Senior Brand Manager di Kleenex,

intervistato in occasione dell'inaugurazione milanese dello store, ha spiegato che i due opening sono una

delle numerose attività in programma quest'anno per il brand di Kimberly Clark. Tra queste una campagna

pubblicitaria basata sul concetto di "caring". "Dal 1924 anni Kleenex infatti si prende cura dei propri

consumatori e rappresenta un gesto di cura per se e per le persone che ci stanno a cuore e che sono intorno

a noi. Per questo il claim della nostra campagna è "Kleenex, Gesture of Care since 1924" ed è per questo

che proprio nel corso del 2014 e parte del 2015 vogliamo celebrare i 90 anni di Kleenex insieme ai milioni di

consumatori che ogni giorno ci scelgono" spiega Ruffo. "La campagna coinvolge il brand Kleenex e tutte le

sue varianti di prodotto, a parte la tv, coinvolge tutti i media e le modalità più efficaci per raggiungere e

coinvolgere il nostro target: social channel (FB, Instagram, Twitter, Youtube), stampa, punto vendita,

attivazioni outdoor e guerriglia marketing". La creatività è di Ideal Comunicazione, il digital è a cura di Nurun.

Proprio il digital ha un peso importante nelle strategie di comunicazione del marchio e rappresenta un terzo

degli investimenti complessivi in adv. " Il digital sarà protagonista della campagna "Kleenex, Gesture of Care

since 1924" grazie alla sua declinazione digital #sharethecare" sottolinea Ruffo. "La rete è il territorio elettivo

di Kleenex per massimizzare la potenza della sua vocazione alla condivisione del brand. Quindi sfrutteremo

tutti i social channels (FB, Instagram, Twitter, Youtube) e il sito kleenex.it per consentire ai nostri utenti di

condividere un gesto di cura. Quante volte ci è capitato di offrire un fazzoletto o una velina Kleenex a

qualcuno a noi caro o semplicemente un passante? Ecco questo è il massimo emblema del gesture of care e

la campagna #sharethecare permetterà a tutti i followers del marchio e a quelli che lo diventeranno di

condividere un gesto di cura in versione digital". Inoltre verrà integrata l'activation online con quella offline,

negli store, e con il shop e-commerce (kimberlyclarkshop.it) puntando a una forte brand awarness ma con

call to action mirate al punto vendita e allo shop. Infine, in occasione dei 90 anni, il marchio ha deciso di

festeggiare attuando anche un'importante azione di restyling dei pack di quelli che vengono considerati "i

fazzoletti di tutti" dal 1924. Riguardo poi al business, la categoria fazzoletti rappresenta il terzo business per

14/01/2015 Sito WebADV Express

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Kimberly Clark Italia in termini di fatturato e il secondo in termini di profitto (dati interni 2014). EC

14/01/2015 Sito WebADV Express

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Tecnologia Alibaba potenzia il marketing online con l'acquisizione di una quota inAdChina Sarà sviluppata una nuova piattaforma digitale per servizi di marketing alle imprese, ai clienti del settore deimedia online e ai fornitori di servizi per conto terzi Alibaba Group Holding, colosso cinese operante nel campo dell'e-commerce, punta sempre di più sul

marketing online. La sigla, infatti, ha acquisito una partecipazione di controllo in AdChina, società cinese

specializzata nel settore. Non sono stati resi noti i dettagli dell'investimento effettuato. L'operazione è

orientata a migliorare gli sforzi pubblicitari online e mobile del Gruppo.L'accordo è il primo stretto da Alibaba

dopo le numerose acquisizioni dello scorso anno, pari a 6,2 miliardi dollari, e l'IPO da record da 25 miliardi

dollari.AdChina lavorerà con Alimama, la piattaforma tecnologica di Alibaba, per sviluppare una nuova

piattaforma digitale per servizi di marketing alle imprese, ai clienti del settore dei media online e ai fornitori di

servizi per conto terzi.Secondo le stime di iResearch, la pubblicità rappresenta oltre la metà dei ricavi di

Alibaba.

14/01/2015 Sito WebEngage.it

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO

76 articoli

INTERVISTA LE IDEE il custode di terra santa «La guerra è dentro l'Islam» Marco Garzonio «Non è in atto uno scontro di civiltà. Questa è innanzitutto una guerra interna all'Islam», dice al Corriere

padre Pierbattista Pizzaballa, il francescano da 11 anni Custode di Terra Santa. a pagina 21

«Gli atti di terrorismo che insanguinano il Medio Oriente e l'Europa non sono frutto di uno scontro di civiltà.

Questa è innanzitutto una guerra interna all'Islam. È inoltre la risposta sbagliata e drammatica di una parte

dell'Islam alla modernità, ai problemi economici, morali, culturali che lo sviluppo pone. Nel mondo musulmano

questa riflessione non è ancora stata fatta». Parla padre Pierbattista Pizzaballa, 50 anni ad aprile, il

francescano Custode di Terra Santa da undici, cioè l'erede della capacità di incontro instaurata dal Santo di

Assisi con il Saladino: l'altra faccia rispetto alle Crociate.

Netanyahu e Abu Mazen in prima fila nella marcia di Parigi. Una circostanza dettata da un evento particolare

o l'indizio di un cambiamento nei rapporti tra Israele e i Palestinesi?

«Non mi sembra che spirino venti di cambiamento. La forza degli eventi li ha obbligati ad essere a Parigi. Ma

le relazioni tra Israele e palestinesi non sono cambiate, purtroppo. Le elezioni che ci saranno tra un paio di

mesi impongono un'attesa. Si capirà dopo».

Hamas ha condannato gli attacchi terroristici in Francia: una presa di distanza dopo il plauso all'assassinio di

4 rabbini in sinagoga?

«È una presa di posizione curiosa. Solo il tempo dirà se è mutata la strategia o se è stato un episodio. Resto

un po' freddo. Spesso in Medio Oriente ci sono due facce: una politica interna e la necessità di guadagnarsi

credito internazionale».

Gli attacchi di Parigi cambieranno il modo di pensare occidentale verso i conflitti che insanguinano il Medio

Oriente?

«Non sono i primi attacchi terroristici di matrice islamica in Europa. Si pensi a Madrid, a Londra, nella stessa

Francia. La novità è l'impatto sull'opinione pubblica. Si stanno determinando le condizioni perché l'Europa

compia un'opera di chiarimento su alcune parole lasciate nell'ambiguità. La parola integrazione. Cosa

significa? Ci sono valori al centro della convivenza. I diritti fondamentali della persona: libertà di coscienza,

uguaglianza uomo-donna, dignità e ruolo della donna, libertà di cultura, di espressione, legislazione sul

lavoro, distinzione tra politica e religione e così via. Chi viene in Europa non può metterli in discussione.

L'Europa deve chiarire la propria identità, sapendo che per poter integrare devi definire con chiarezza i punti

fermi irrinunciabili».

Diceva Martini che ci sarà pace nel mondo quando ci sarà pace a Gerusalemme. Solo un paradosso?

«Gerusalemme ha un valore simbolico altissimo e, insieme, una rete di relazioni e interdipendenze molto

strette col mondo. Le tensioni qui sono espressione di quelle mondiali. E viceversa. Se qui si dialoga si può

riverberare sul pianeta una capacità di incontro».

Nella mobilitazione di Parigi c'è solo l'Europa dei Lumi che difende la libertà di manifestare le proprie idee, o

anche l'Europa che si ispira al solidarismo cristiano dei grandi leader nel dopoguerra?

«L'Europa di oggi è diversa dai momenti che l'han vista nascere. Non so quanto il solidarismo di ispirazione

cristiana animi oggi il Vecchio Continente. Basta guardare a come si è affrontato il tema dell'immigrazione, i

salvataggi in mare e le politiche collegate. Certo, ciò che è accaduto a Parigi ha mosso nuove dinamiche, a

partire dalla necessità di coordinarsi per rispondere al terrorismo».

Quindi si è messo in moto solo un meccanismo che garantisca l'ordine pubblico?

«Questa è una parte. C'è un'Europa che non fa notizia e lavora per l'integrazione, una rete di movimenti,

volontari, iniziative. Guardiamo a tale Europa, che conta più di quanto non si creda».

15/01/2015 1Pag. Corriere della Sera - Ed. nazionale(diffusione:619980, tiratura:779916)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 46

Lei è a contatto con i cristiani di tutte le confessioni in Israele, Egitto, Siria, Giordania, Iraq, Libano. Che

situazioni incontra?

«Sono Paesi diversissimi tra loro. Israele non è come la Siria e l'Iraq. L'Egitto, oggi più tranquillo, offre aspetti

e dinamiche interessanti e vivaci. Penso all'importante discorso del presidente Sisi dell'università Al Azhar. In

generale vedo una debolezza istituzionale diffusa. Certo, incontro situazioni umane drammatiche, ma scopro

anche tanta solidarietà, oltre a un'umanità negativa. Sono stato ad Aleppo. È una città da due anni sotto

assedio. C'è rimasto chi non sa dove andare. Non c'è acqua e la concessione di un po' di elettricità dipende

dai ribelli. Eppure, imam e parroco si aiutano. I gesuiti distribuiscono 10 mila pasti al giorno e giovani

volontari, cristiani e musulmani, li portano a chi ha bisogno. Ci sono tante realtà di cui i media non parlano.

Sono il contraltare al fanatismo e alle decapitazioni».

Molti cristiani affermano che stavano meglio sotto Saddam e Mubarak, che godevano di maggior libertà e

protezione: ha fondamento tale giudizio?

«Si trattava di regimi dittatoriali, che non sarò io certo a difendere. Ma ad essi sono subentrate dittature

peggiori, a cominciare dal fondamentalismo».

Che cosa dell'Isis attrae i giovani europei?

«Non so spiegarmi come il fanatismo possa attrarre. Molti parlano di giovani disperati che vengono dalle

periferie dove non c'è nulla. Ma poi vedi che accorrono anche persone istruite e ti chiedi se non vi sia un

problema di formazione, l'incapacità di abituare fin dalla scuola i giovani a pensare, confrontarsi,

problematizzare. L'Europa e soprattutto il Medio Oriente devono affrontare il tema dell'educazione».

In Medio Oriente, tra la gente, non si avvertono reazioni di tipo umano a torture ed esecuzioni?

«Sì, una reazione c'è, ma negli incontri personali. Mi aspettavo più fermezza da parte dei media in Medio

Oriente. Forse qualcosa si muove. Penso alla reazione agli attentati di Parigi e al mondo che li esprime da

parte di Al Azhar, l'università religiosa del Cairo, riferimento importante per l'Islam».

Il Papa è stato il primo ad evocare l'immagine di «terza guerra mondiale». Quali elementi hanno suggerito al

Pontefice quell'intuizione?

«Il Papa ha uno sguardo d'assieme sulla realtà mondiale che pochi altri possono avere. Ha colto il

cambiamento epocale e, in esso, la violenza che lo abita come nocciolo. Il fanatismo, il dire io sono nel

giusto; o diventi come noi, o devi sparire. Poi, a seconda delle situazioni, si avrà in Medio Oriente l'Isis e in

Africa Boko Haram. È un ritorno al punto più buio di secoli passati».

Il Papa ha invitato alla preghiera comune in Vaticano ebrei, cristiani, musulmani. Dicono che lei sia stato

regista. Possono fare qualcosa per la pace le tre religioni del Libro?

«Possono fare tantissimo. Ma parliamo di religiosi, non di religioni, parola astratta. I religiosi all'interno dei loro

mondi devono aver chiaro il ruolo dell'esperienza religiosa, le relazioni con Dio e tra questi e l'uomo e tra gli

uomini, evitando assolutizzazioni che portano ai fanatismi. In questo contesto è soprattutto l'Islam che ha un

grosso lavoro da fare in proposito. L'immagine di religiosi che dialogano tra loro è essenziale oggi. Non

possiamo restare solo con l'immagine che ci trasmettono i fondamentalismi».

L'Europa deve ora a fare i conti con la deriva antisemita. La comunità ebraica francese si è dimezzata, le

comunità cristiane del Medio Oriente emigrano. In alcuni Paesi d'Europa i musulmani raggiungono la metà

della popolazione. Che cosa sta accadendo?

«Occorre guardare al mondo in trasformazione e a questi spostamenti senza spaventarsi. Finisce un'epoca,

non il mondo. Le discriminazioni contro le minoranze sono la cartina di tornasole della nostra cecità e delle

nostre paure. Credevamo che l'antisemitismo fosse finito dopo le efferatezze del nazismo e abbiamo allentato

l'attenzione. Purtroppo c'è ancora il pregiudizio antiebraico e va combattuto. Bisogna distinguere aspetto

politico e religioso. Si può non condividere la politica dello Stato di Israele, ma tale valutazione non può

assumere connotazioni antiebraiche o diventare il pretesto per alimentare forme di antisemitismo».

C'è un Islam moderato o parlarne esorcizza la paura?

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 47

«Islam moderato è un'espressione molto europea. Risponde ai nostri bisogni di semplificazione. Dobbiamo

imparare a conoscere meglio l'Islam, che è una realtà molto complessa. In quella galassia non tutto è

fanatismo, non tutto è Isis: per carità. Certo, ci vuole un grande sforzo da parte dell'Occidente».

Cosa non ha capito l'Occidente delle Primavere Arabe?

«L'Occidente non ha compreso molto la complessità del Medio Oriente. Prima l'ha visto sotto il profilo

dell'occupazione coloniale. Poi per soddisfare i propri bisogni economici ed energetici. Risultato? In Iraq e

Libia si son fatti errori. Si volevano fermare dei dittatori, con i quali s'erano avuti rapporti di convenienza? Ci

poteva stare, ma le iniziative si prendono se si ha in mente cosa può accadere. Le primavere arabe hanno

espresso un cambiamento, ma quando s'è trattato di definire il dopo movimenti spontanei sono stati

sequestrati dai fanatismi. I cambiamenti non sono finiti, ci aspetta un periodo di trasformazioni. Per esempio

l'Isis non proseguirà nel tempo. Dobbiamo sapere che non si può puntare alla situazione precedente, che non

ci saranno un Iraq o una Siria stati nazionali come in passato».

Il leader della Lega afferma che milioni di musulmani son pronti a ucciderci e fa breccia in molte periferie...

«Non dobbiamo rispondere a chiusure con altre chiusure. Il fanatismo si ferma con la prevenzione,

combattendo l'ignoranza. I fanatici ci vogliono contro per giustificare i loro attacchi».

Padre Pizzaballa, lei è ottimista?

«Nel breve no. Sul lungo periodo sì. C'è una guerra in corso, ma le guerre finiscono. E allora c'è solo da

ricostruire. Oggi magari non si intravvede una soluzione politica, ma non è finita la missione del Cristianesimo

in Medio Oriente. Molto è distrutto, il seme è rimasto. Quello di Gesù, figlio dell'uomo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Profilo Frate

Padre Pierbattista Pizzaballa (foto), teologo e biblista francescano,

è nato 49 anni fa a a Cologno al Serio, nella Bergamasca,

la terra di papa Giovanni Terzo mandato

È stato nominato custode di Terra Santa nel 2004, e riconfermato nel 2010 e poi ancora nel 2013 Nella Città

Santa

È arrivato a Gerusalemme 25 anni fa: un osservatorio privilegiato sul Medio Oriente e sulle vicende mondiali

che rimandano

ai conflitti regionali Regista

del dialogo

È stato il regista della preghiera comune per la pace in Medio Oriente tra ebrei, cristiani e musulmani voluta

dal Papa di ritorno dal viaggio in Terra Santa

L'incontroDurante la quinta crociata, nel 1219, San Francesco incontrò vicino a Damietta, in Egitto, il Sultano, il capo

dell'esercito musulmano, avversario dei crociati nella lotta per i luoghi santi.

Il frate di Assisi, fautore del dialogo con il nemico e sbeffeggiato per questo dai crociati, fu invece ben accolto

dal Sultano.

Alla partenza, il capo dei saraceni lo colmò di doni, tra i quali il corno di avorio e argento conservato nella

Basilica del Santo ad Assisi. Si narra che tra i due nacque una lunga

e profonda amicizia.

Foto: Città santa Uno scorcio di Gerusalemme, città sacra per le tre religioni monoteistiche (Ap)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 48

INTERVISTA arrigo levi «Quando nel 2013 mi disse: sai che non sto bene?» Marzio Breda I nove anni di presidenza? «Certo che ne è valsa la pena, c'era in gioco l'interesse nazionale e per lui

contava più di tutto». Così racconta al Corriere Arrigo Levi, giornalista, saggista e consigliere del Quirinale.

Spiega il senso dello Stato di Giorgio Napolitano. E poi: «Nell'aprile 2013 mi presentai per sentire che cosa

pensava delle molte pressioni affinché restasse al suo posto. Mi disse: ma non sai che non sto bene?». a

pagina 6

Giorgio Napolitano ha chiuso il secondo mandato in una condizione paradossale e amara. Dopo aver

accettato una rielezione che gli era stata chiesta da un largo fronte di partiti e che fu consacrata dagli

applausi dell'intero Parlamento, è stato quasi di continuo sotto attacco. Politicamente e mediaticamente.

Considerando a posteriori quella sua scelta, ne è valsa la pena?

«Certo che ne è valsa la pena, perché c'era in gioco l'interesse nazionale. Cioè qualcosa che per lui contava

più di qualsiasi prezzo ci fosse da pagare». Così dice Arrigo Levi, inviato e corrispondente nelle capitali di

mezzo mondo, saggista e infine consigliere del Quirinale nelle stagioni di Ciampi e Napolitano, essendo

amico di entrambi. Abituato a cogliere anche da piccoli dettagli la verità di un uomo, racconta un episodio

illuminante per capire in quale chiave il senso dello Stato sia da applicare all'azione di questo presidente

ormai vicinissimo al congedo.

«Era un giorno di metà aprile del 2013 e mi presentai nel suo studio per sentire che cosa pensava delle tante

pressioni, dei partiti ma non solo, affinché restasse al suo posto. Se insistono, come fai a dire di no?, gli

domandai. E lui, di solito molto misurato, quel giorno ebbe uno sfogo. Buttò sul tavolo un plico di referti

medici, e mi disse: ma allora non hai capito? Non sai che non sto bene? Che ho altro cui pensare? Ecco

perché sono indisponibile».

Poi però cambiò opinione.

«Sì, passate ventiquattr'ore si sentì obbligato a cedere. Sciolse la riserva e fu rieletto. Da allora sembrò

dimenticare tutto. Si rimise al lavoro e non ho mai più udito dalla sua bocca neppure un cenno alla

stanchezza o alle preoccupazioni personali. Né tantomeno alle polemiche venute dopo. Sono persone, lui

come Ciampi, di una stoffa particolare. Appartengono alla generazione che viene dall'antifascismo e che si

identifica in una concezione del dovere molto forte. Se si fosse sottratto a quella chiamata nel nome della

Patria - e so di usare un'espressione fuorimoda e spesso carica di valenze retoriche - Napolitano avrebbe

vissuto il proprio ritiro come una diserzione. Insomma, era indispensabile che rimanesse al suo posto per la

salute della Repubblica. Per fortuna, con grande sacrificio, ha onorato l'impegno».

Resta curioso che, nel Paese in cui trionfa l'epos giovanilistico e il premier Renzi cita di continuo il mito di

Telemaco, ci si sia affidati a una persona che viaggiava già verso i novant'anni. Quale significato simbolico si

può ricavarne?

«Mi mette un po' a disagio una questione del genere, dato che sono quasi coetaneo di Napolitano», dice

Levi, con una punta di civetteria. «Credo che nei momenti di svolta si riconosca il valore dell'esperienza e

della continuità. Non dimentichiamolo: un anno e mezzo fa l'Italia era paralizzata da una crisi politica senza

precedenti, una crisi di sistema. Era logico, dato che stavamo attraversando tempi eccezionali, ricorrere a

qualcuno che avesse vissuto una lunga parabola dentro le istituzioni, anche se il suo vecchio percorso

politico era lontano da quello di molti».

Inutile ricordarle che le radici di Napolitano nel Pci sono state il pretesto di intermittenti recriminazioni del

centrodestra. Mentre dalla sinistra più estrema gli si imputava un'eccessiva arrendevolezza verso Berlusconi,

con l'accusa di averlo salvato quando i suoi governi vacillavano.

«È trascorso molto tempo da quando il Pci era un problema in Italia e non lo è più da almeno vent'anni. In

ogni caso Napolitano non è mai stato condizionato da quel passato, a lui interessava la stabilità del Paese.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 49

Perciò, evocare Berlusconi in un bilancio della sua doppia presidenza, significa parlare di cose

completamente irrilevanti. Berlusconi ha rappresentato un fenomeno politico interessante e originale, da

studiare perché ha coinvolto molti italiani, magari ossessionandoli per un verso o per l'altro. Ma credo di poter

dire che, per gente come Napolitano e Ciampi, l'ex Cavaliere non sia mai stato un'ossessione. Semmai,

verrebbe da dire, un incidente nella storia della Repubblica».

E lo stesso vale per Grillo e per altri protagonisti dell'antipolitica?

«Mi sembra che valgano gli stessi dubbi, che pongo senza arroganza. Quanto sono significative queste

figure, che hanno magari una presa sull'opinione pubblica, nella vicenda nazionale? Sono dei patrioti? Quale

impronta possono lasciare nell'identità di un Paese e nelle sue istituzioni? Davvero si può ritenere che la

Storia si esprima attraverso di loro? Non siamo forse troppo schiacciati sul presente e troppo pronti a

inventarci un mito, o un incubo, al giorno?».

Ragionamenti che Arrigo Levi estende alle critiche rivolte a Napolitano per la sfida con certi settori della

magistratura. Le liquida con un'alzata di spalle: «Non credo, assolutamente, che un uomo come lui abbia

fatto nulla che deragliasse dai principi repubblicani, che si sia mosso fuori da una piena consapevolezza dei

suoi doveri. Lo dimostra la tranquillità - in quel caso ben più che un dono di carattere - con cui ha affrontato

quella prova di forza». Che è stata «dura», e il consigliere Levi lo ammette, «ma che non va sovrastimata».

Per lui bisognerebbe dunque relativizzare e contestualizzare criticamente quegli snodi sui quali la politica si è

dilaniata. Quando Napolitano inventò il governo «tecnico» di Mario Monti e poi tenne a battesimo le «larghe

intese» di Enrico Letta e, per ultimo, l'esecutivo «di scopo» (e lo scopo erano le riforme) di Matteo Renzi. Tre

esempi in cui si è contestato al presidente di essere andato oltre i suoi poteri costituzionali. Polemiche

malposte pure queste, per Levi. Che le respinge perché maturate «nella mente di chi ha una memoria

breve». Basta riandare indietro nel tempo, spiega, per trovare «molti precedenti» di capi dello Stato che, nei

periodi di crisi, «hanno colmato i vuoti della politica con scelte penetranti e incisive». In definitiva: «Era, ed è,

loro compito prendere certe decisioni, senza curarsi di ciò che vorrebbero le maggioranze o le opposizioni,

ma avendo come unica bussola un'idea di patriottismo repubblicano».

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I messaggi François Hollande

«Mi sia consentito unire la voce della Francia all'omaggio unanime. Sei un amico. E la Francia è orgogliosa di

avere un amico come te» Angela Merkel

«Un presidente di grande significato per l'Italia, a cui il Paese deve molto. Un interlocutore tenuto in

considerazione dal popolo tedesco» Jean-Claude Juncker

«Il mio caro amico è un'àncora di stabilità, presenza solida e rassicurante, e grande europeo. Ha superato

ogni tempesta con equilibrio»

Chi è Arrigo Levi, 88 anni, direttore de La Stampa dal 1973 al 1978, editorialista del Corriere , è stato

consigliere per le relazioni esterne del Quirinale con Ciampi e Napolitano

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 50

l'inchiesta Quel pozzo senza fondo degli sperperi nei Comuni Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella «Varie, eventuali e

generiche». Manca

solo questa dicitura, nelle

voci dei bilanci dei Comuni italiani. Per il resto c'è tutto. Con legende così fumose

che ti chiedi: cosa diavolo c'è sotto? Esempio: «Rimborso anticipazioni di cassa».

Cioè? Boh... Quattro miliardi

e mezzo di euro. Come l'Imu sulla prima casa. Lo rivela

un nuovo sito da oggi online. Dove i cittadini possono,

finalmente, confrontare

quanto spendono per le stesse cose, dal materiale di

cancelleria alle piante da

vivaio, gli oltre ottomila

municipi italiani. Alleluia! Purché questo lavoro

straordinario venga aggiustato con l'obbligo, su troppe voci,

di uscire dall'indefinito. continua alle pagine 32 e 33

È un pozzo senza fondo di informazioni fondamentali, numeri assurdi e curiosità, il sito soldipubblici.mgpf.it .

Navighi un po' e ti poni domande bizzarre: con chi sono in guerra a Micigliano, in provincia di Rieti, per

spendere in «liti e patrocinio legale» 356 euro pro capite contro il miserabile centesimo (un cent!) del comune

di Pisa o gli zero (zero carbonella) centesimi di altre migliaia di municipi?

Oppure: quali animali si sono comprati a Barengo, in provincia di Novara, per spendere 26 euro abbondanti a

testa contro i 2 centesimi di Nocera Inferiore? E cos'è questo «global service» che ha fatto scucire al Comune

di Spoleto quasi 217 euro per ogni cittadino se a Pavia non hanno tirato fuori una sola monetina?

Il pasticcio dei codici fiscali

In realtà, molti dati vanno presi con le pinze. È ovvio, ad esempio, che il Comune di Longarone non spende

un milione e mezzo di soldi pubblici per ogni cittadino: il guaio è che la banca dati originaria, il Siope (Sistema

Informativo Operazioni Enti Pubblici) di Bankitalia, non è stato ancora aggiornato di recenti ritocchi. Vedi

appunto Longarone, che dopo la fusione con Castellavazzo risulta avere 6 abitanti invece di 5.433. Peggio, la

nuova realtà comunale conserva il nome di prima ma con due codici Istat, due codici fiscali... E pasticci simili

sono segnalati per altri sei Comuni: Montoro, Fabbriche di Vergemoli, Scarperia, San Piero, Tremezzina e Val

Brembilla.

Un peccato, certo. Ma secondario rispetto alla massa enorme di numeri che consentono per la prima volta

agli abitanti di Portofino o Bergolo, Marsala o Luserna, come dicevamo, di fare dei paragoni. E capire se il

loro municipio, rispetto per esempio ai Comuni vicini, è amministrato bene o male. Per poterne poi chiedere

conto. Una trasparenza che, rimossi i piccoli errori iniziali grazie alle inevitabili precisazioni di questo o quel

municipio, dovrebbe consentire poi un maggiore controllo pubblico dei conti. E di conseguenza non solo

contenere le spese ma arginare la corruzione che conta proprio, per prosperare, sul caos totale dei bilanci.

La squadra e le falle del sistema

E dunque evviva Riccardo Luna, il giornalista esperto di startup innovative pubblicamente ringraziato per

questo lavoro anche da Matteo Renzi. Evviva l' équipe di Giovanni Menduni del Politecnico di Milano che

basandosi sui dati del Siope ha battezzato il sito soldipubblici.gov.it segnalando con onestà le iniziali

discrepanze. Ed evviva Matteo Flora, della «Thefool» di Milano (Monitoraggio, Moderazione, Gestione e

Tutela Legale della Reputazione Online) che ha fatto il passo successivo costruendo il portale

soldipubblici.mgpf.it per dare la possibilità a tutti di vedere le classifiche generali e pro capite delle varie

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 51

spese.

Certo, il sistema zoppica sulle varie voci dei bilanci. Che differenza c'è tra gli «incarichi professionali esterni»

e gli «incarichi professionali»? Peggio ancora, certe caselle sono così generiche, come scrivevamo, da

lasciare spazio a ogni interpretazione: «altre spese per servizi», «altri tributi», «altre infrastrutture» e così via.

Prova provata della necessità di cambiare le regole definendo una volta per tutte per ministeri, Regioni,

Province (finché ci saranno) e Comuni le diciture che possono essere utilizzate. Così da permettere di capire

se sotto la dicitura «altri contratti di servizio» c'è una serata di fuochi artificiali, un cenone clientelare o

l'appalto per le fognature.

I miliardi «scomparsi»

Torniamo ai 4 miliardi e mezzo dei «Rimborsi anticipazioni di cassa», metà di quanto i Comuni hanno speso

nel 2014 per gli stipendi del personale, nove miliardi. Come sono stati impiegati? Non lo sa nessuno, tranne i

cassieri municipali. Si tratta infatti di somme loro affidate per pagamenti in contanti dei quali non esistono

riscontri immediati. Ci saranno magari il mese successivo, quando si scoprirà se sono stati usati ad esempio

per viaggi o formazione professionale. O si capirà, per intuizione, dal rendiconto del bilancio. Ma la

classificazione Siope non dice nulla di più.

Una follia: la trasparenza esclude zone grigie. Per non dire di altre sovrapposizioni e intrighi che appaiono

studiati apposta per non far capire nulla. Ci sono «trasferimenti correnti ad imprese di pubblici servizi» (253

milioni) e poi «trasferimenti correnti ad aziende speciali» (220 milioni), e poi «trasferimenti correnti ad altri enti

del settore pubblico» (1,3 miliardi!) e «trasferimenti correnti ad altri» e «trasferimenti in conto capitale ad altri»

e «trasferimenti correnti a imprese pubbliche»... Di cosa parliamo? Di cosa?

Le categorie «gemelle»

E cosa distingue i soldi per «Beni di valore culturale, storico, archeologico e artistico» e quelli per le «opere

artistiche»? E come vanno distinti i denari spesi per «fabbricati civili a uso abitativo, commerciale e

istituzionale» (1,3 miliardi!) e le «locazioni» (389 milioni) e gli «altri beni immobili» (un miliardo e 552 milioni!)

e la «manutenzione ordinaria e riparazione di immobili» (752 milioni!) e le «altre spese di manutenzione

ordinaria e riparazioni» pari a 571,6 milioni? E che differenza c'è fra «beni di rappresentanza» e i «servizi di

rappresentanza»?

Non esiste nemmeno la certezza che in quelle voci i Comuni mettano tutti le stesse cose. L'addetto che

materialmente compila i mandati ha sì l'obbligo di metterci un codice: ma lo sceglie lui. Lui! E il tesoriere che

stacca l'assegno non è tenuto a controllare che sia giusto, ma solo che un codice ci sia. E così sarà fino al

prossimo 15 marzo, quando l'obbligo di fattura elettronica per le pubbliche amministrazioni almeno questo

problema, Deo gratias , dovrebbe risolverlo.

Le spese dei più piccoli

Eppure, nonostante il guazzabuglio, qualcosa di come gli enti locali spendono i soldi si riesce finalmente a

capire, grazie soprattutto al numeretto che gli «hacker» hanno messo accanto a ogni cifra: il valore pro

capite, appunto. Quel numeretto dice, ad esempio, che certe dimensioni lillipuziane dei municipi non hanno

senso. Il Comune più piccolo d'Italia, Pedesina in Provincia di Sondrio, paga per le indennità del sindaco e

dei consiglieri comunali 9.358 euro: tanto quando spende (9.679 euro) alla voce «competenze per il

personale a tempo indeterminato», forse un unico impiegato part-time. Fanno 283 euro a testa. Ovvio, con 33

abitanti, un sindaco e 11 consiglieri comunali... Moncenisio di consiglieri ne ha 11 per 34 abitanti, e spende

ancora di più: 15.449 euro. Sono 454 euro a persona, che fanno di quel paese torinese il posto dove si

stanziano più soldi pro capite per mantenere i pubblici amministratori. E anche per le consulenze: sempre che

per «incarichi professionali» si intendano quelle. La spesa pro capite nell'ultimo anno è stata di 955 euro. Per

un totale di 32.495 euro.

Una cifra modesta, in assoluto. Neppure paragonabile con i 75,1 milioni (28 euro pro capite) di una città come

Roma. Ma la dice lunga su quanto l'accorpamento dei Comuni minuscoli, pur nel rispetto delle tradizioni

storiche e del diritto di rappresentanza, sia indispensabile per mettere sotto controllo la spesa.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 52

Pro capite a confronto

I confronti, sul pro capite, possono essere micidiali. Gli amministratori locali a Roma costano 7,8 milioni: due

euro per abitante. Che salgono a 3 a Milano, 5 a Napoli, 6 a Palermo, 11 a Cosenza, 12 a Siracusa e

Caserta, 13 euro a Bolzano, 14 a Messina, 15 a Chieti, 22 a Vibo Valentia, 24 ad Aosta... Per carità, è chiaro

che più piccola è una realtà e più lo stesso identico servizio costa. Ma una regolamentazione fissa sui gettoni

di presenza decisi a livello nazionale in rapporto anche agli abitanti appare indispensabile: i 498 milioni

stanziati nel 2014 per le indennità e i gettoni alle giunte e ai consiglieri comunali potrebbero essere spesi più

equamente.

Prendiamo una delle voci più grosse? Lo smaltimento dei rifiuti, che costa agli italiani quasi 8 miliardi e mezzo

l'anno. Il Comune di Napoli nel 2014 ha sborsato 305 euro per ogni cittadino, Venezia 318: ovvio, in una città

dove i turisti sono quotidianamente il triplo degli abitanti la raccolta differenziata è complicatissima. Ma si

possono spendere 684 euro pro capite a Porto Cesareo, 760 a Capri, 802 a Caorle?

Fermo restando, si capisce, che non sempre un'alta spesa pro capite denuncia una mancanza di efficienza.

Prendiamo il trasporto pubblico locale: il Comune dove il costo è più elevato è Milano: 621 euro per abitante,

contro i 265 di Roma, i 230 di Napoli, i 263 di Brescia e addirittura gli 85 di Palermo. La qualità del servizio di

trasporto nel capoluogo lombardo non è minimamente paragonabile, però, non solo con quella dei capoluoghi

siciliano o campano, ma neppure quella di Roma. Dove l'incasso dei biglietti è la metà rispetto a Milano e una

società come l'Atac, fosse privata, sarebbe già fallita.

E i servizi scolastici? A Milano si spendono 33 euro per abitante. Niente, in confronto ai 118 di Basiglio, il

Comune più ricco d'Italia, o ai 108 di Maranello, il paese della Ferrari. In confronto ai 21 di Potenza, però, si

tratta di un'enormità. Ma anche in rapporto ai 17 di Firenze, agli 11 di Livorno, agli 8 di Catania e Latina, ai 7

di Cagliari, ai 6 di Catanzaro... Onestamente: siamo sicuri che i servizi milanesi, in questo settore, valgano tre

volte quelli livornesi?

È qui che servono, i confronti. Com'è possibile che Milano nel 2014 per la voce «servizi ausiliari e pulizie»

abbia speso 23 euro per abitante e Roma solo 7? Risponderete: la differenza si vede. Ma come la mettiamo

con Potenza, che ne ha spesi 103? E Salerno: 120? E Muggia, che di euro ne ha investiti 138, può davvero

dimostrare che valeva la pena di stanziare il triplo pro capite di Trieste (44 euro) con la quale confina? È così

abissale, la differenza, o c'è qualcosa che non torna?

«Varie e generiche»

Della serie «varie e generiche»: a cosa si riferisce la voce «altri materiali di consumo» che assorbe in totale

518 milioni e vede in testa per numeri assoluti Ragusa e nel pro capite il borgo sudtirolese di Tires?

Pennarelli, fotocopiatrici o sci? E come mai alla voce «Mezzi di trasporto» Roma risulta avere speso

nell'ultimo anno 77,1 milioni contro 4,2 di Milano? Spese improvvise e non previste?

Una cosa è certa. Una volta messa a punto la banca dati online con le precisazioni e le contestazioni di

questo e quel Comune, nulla sarà più come prima. Già oggi i cittadini di Pomezia, per dire, hanno il diritto di

chiedere: come mai per «carta, cancelleria e stampati» la città spende 1,4 milioni e cioè più di Milano (988

mila), Catania (971 mila) o Roma (769 mila)? E perché, si interrogheranno a Roio del Sangro, il loro Comune

per «pubblicazioni, giornali e riviste» sborsa 53 euro pro capite contro i 2 di Trento? E come mai Cittareale ha

speso 186 euro pro capite di «derrate alimentari»?

Tempi duri, per gli amministratori spendaccioni. Purché non ci si accontenti di questo primo assaggio di

trasparenza e si metta mano infine al modo insensato di fare i bilanci. E purché, dopo quelli comunali,

vengano messi online, con la stessa chiarezza, i bilanci delle Regioni e dei ministeri. Che al momento, però,

sembrano un po' sordi...

© RIPRODUZIONE RISERVATA I dati Fonte: sportale "Soldipubblici-reloaded" (soldipubblici.mgpf.it) Cifre in

euro Totale Pro capite Spese per il trasporto pubblico locale (prime dieci città) Spese per lo smaltimento dei

rifiuti (prime dieci città) Spese per manifestazioni e convegni (prime dieci città) Salerno Roma Milano Venezia

Verona San Remo Trieste Prato Padova Jesolo 6.287.662,43 5.120.109,09 4.513.816,46 3.596.225,16

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 53

3.118.703,94 2.252.818,91 1.641.599,02 1.634.112,53 1.621.423,0 1.542.072,39 47 1 3 13 12 41 8 8 7 62

Roma Milano Napoli Torino Genova Palermo Venezia Bologna Bari Padova 521.459.529,51 301.303.882,33

292.631.662,81 204.378.416,98 123.134.651,4 122.551.471,61 82.644.205,66 70.182.279,75 63.679.485,68

60.694.126,38 197 238 305 234 211 187 318 184 203 292 Milano Roma Napoli Genova Venezia Palermo

Brescia Bari Catania Padova 784.492.898,89 700.033.473,94 220.825.353,16 91.523.944,31 65.454.506,15

55.891.519,61 49.672.116,93 35.207.596,26 27.256.180,38 24.163.495,99 621 265 230 157 252 85 263 112

93 116 454,4 EURO Quanto paga all'anno ognuno degli abitanti di Moncenisio (Torino) per le indennità degli

organi istituzionali. È il comune con la cifra pro capite più alta d'Italia Le città che spendono di più Fonte:

portale «Soldipubblici-reloaded» (soldipubblici.mgpf.it) Corriere della Sera Milano 3.880.739.341,79 3.074

Napoli 2.038.637.057,48 2.125 Torino 1.670.748.859,38 1.915 Catania 1.009.464.206,89 3.472 Genova

998.080.801,55 1.713 Venezia 892.423.964,51 3.442 Palermo 847.127.849,02 1.293 Firenze 699.372.402,98

1.910 L'Aquila 688.958.963,54 10.086 Bologna 648.669.792,8 1.704 Brescia 540.536.709,37 2.867 Salerno

539.551.469,47 4.089 Messina 434.171.471,02 1.792 Padova 384.126.554,17 1.853 Bari 382.469.603,46

1.221 Trieste 366.629.922,07 1.822 Verona 360.420.093,07 1.422 Prato 338.309.667,25 1.807 Perugia

311.785.137,56 1.912 Modena 283.515.010,01 1.580 Parma 282.077.394,15 1.587 Cagliari 264.671.724,38

1.769 Trento 249.451.907,12 2.159 Bolzano 241.422.779,52 2.323 Roma 4.610.969.990,3 1.747 Alessandria

267.645.130,52 2.992 Dati in euro Totale Pro capite

In rete Matteo Flora, della «The Fool» di Milano (Monitoraggio, moderazione, gestione e tutela Legale della

reputazione online) ha realizzato il portale soldipubblici-reloaded (soldipubblici.mgpf.it) per dare la possibilità

a tutti gli italiani di vedere le classifiche generali e pro capite delle varie spese Le cifre sono ottenute dalla

banca dati Siope (Sistema informativo operazioni pubblici enti) della Banca d'Italia, anche se non aggiornata

in ogni sua parte Alcuni giorni fa un'operazione «trasparenza» sulle spese delle amministrazio-ni locali è stata

lanciata anche dal governo con il sito soldipubbli-ci.gov.it A realizzare

il sito è stata l'équipe guidata da Giovanni Menduni del Politecnico di Milano basandosi «scrupolosa-mente

sui dati ufficiali» proprio del Siope

752 Milioni di euro Sono stati spesi dai Comuni in un anno alla voce «manutenzione ordinaria e riparazioni di

immobili»

I bilanci Più in profondità nella lettura dei bilanci dei Comuni italiani si scopre, per esempio, che quello di

Milano è - nel Paese - la realtà che spende di più per l'acquisto dei quotidiani. Il capoluogo lombardo spende

1,23 milioni di euro (questo stando all'ultimo rilevamento). Al secondo posto c'è il Comune di Reggio Emilia

che sborsa 603 mila euro. Quindi Trieste (460 mila euro), Campi Bisenzio (367 mila euro) e Bolzano (330

mila euro). Roma spende poco più di 47 mila euro Milano risulta anche

al primo posto per quanto riguarda l'indennità degli organi istituzionali

con una cifra che supera gli 88 milioni di euro. Segue Roma, che spende meno di un quarto rispetto al

capoluogo lombardo (20 milioni di euro). Al terzo gradino c'è Napoli (15,1 milioni di euro), seguita da Torino

(13,47 milioni), quindi Trento (12,5 milioni)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 54

La Nota IL PREMIER CERCA DI ESORCIZZARE LO SPETTRO DI UN PD LACERATO Massimo Franco M atteo Renzi conta sullo spauracchio della primavera del 2013. Sa che allora un Pd quasi vincente alle

elezioni politiche, non riuscì a trovare un nuovo capo dello Stato. E spera che quella vicenda, dalla quale il

partito emerse lacerato dai personalismi e dalle candidature «bruciate» nel segreto dell'urna, sia un monito

per i parlamentari; che li spinga a dare un segnale di unità da spendere soprattutto con l'opinione pubblica e il

proprio elettorato. Ma il passaggio dalla delegittimazione ad una rilegittimazione non è scontato. Molto

dipenderà da come il Pd arriverà alla vigilia del pomeriggio del 29 gennaio, quando si comincerà a votare. Le

incognite si chiamano soprattutto riforme.

Sia quella elettorale che del Senato appaiono in salita. Eppure, Renzi è convinto di strappare l'approvazione

di entrambe per la fine del mese. Il segnale è il «no» che ieri i gruppi di maggioranza e FI hanno risposto alla

richiesta delle opposizioni di bloccare tutto fino alla scelta del presidente della Repubblica. È vero che al

Senato sono planati alcune decine di migliaia di emendamenti. Eppure, l'iniziativa della Lega è considerata

tattica. E si dà per probabile che alla fine le modifiche possano essere ritirate o aggirate. Il problema, di

nuovo, è il Pd. Renzi dovrà trovare un compromesso sull' Italicum con la minoranza, che non vuole troppi

candidati «nominati» dal segretario.

Solo così può esorcizzare il fantasma del 2013; e sperare di ottenere l'elezione di un «suo» capo dello Stato

alla quarta votazione, quando basterà la maggioranza assoluta dei voti e non più quella di due terzi. A piazza

del Nazareno, sede del partito, concedono che solo un rapporto più disteso con gli avversari interni può

facilitare una soluzione rapida. Altrimenti, le manovre delle tribù dei tanti candidati democratici potrebbero

trascinare il nulla di fatto per giorni: col rischio di regalare al movimento di Beppe Grillo un ruolo perfino

maggiore di quello del 2013, quando riuscì a incunearsi nelle liti della sinistra con la candidatura del professor

Stefano Rodotà.

Renzi confida non tanto nella lealtà ma nella debolezza del centrodestra. La voce grossa fatta ieri da Silvio

Berlusconi per arringare le sue truppe a Roma, convince fino ad un certo punto. Attaccare il governo e

rispolverare lo spettro dei comunisti; o peggio dichiararsi forza risolutamente all'opposizione, suona più come

un tentativo di placare i malumori della base di FI che come un annuncio di guerra al premier. La realtà è che

Berlusconi ha margini ridotti di trattativa con l'attuale Pd. E l'asse istituzionale cementato dal patto del

Nazareno lo vede in posizione subalterna. Appoggiare un capo dello Stato espresso da Renzi è una strada

obbligata per non diventare marginale.

Il problema sarà la marcia di avvicinamento al 29 gennaio: un percorso nel quale il metodo viene presentato

come il passepartout per superare le resistenze soprattutto dentro il Pd. La Lega dice di temere che il

Quirinale «sia merce di scambio tra Renzi e Berlusconi». E con Movimento 5 Stelle e Sel bolla la fretta di dire

«sì» all' Italicum come l'ennesimo indizio di una gran voglia di elezioni anticipate. Ma la clausola che non

prevede l'entrata in vigore della riforma prima del luglio del 2016 sembra rinviare qualunque desiderio di urne

di almeno un anno e mezzo. Sempre che la successione a Giorgio Napolitano non diventi un incubo. Ma lo

diventerebbe per tutti.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 55

Il retroscena La rete del premier che mantiene i contatti con tutti i candidati L'obiettivo Il leader: nessuno può fare un presidente contro di me, ma dovrò sceglierlo con gli altri Francesco Verderami ROMA Terrà fede al soprannome che gli hanno affibbiato in Consiglio dei ministri, perciò prima di lanciare un

nome per il Colle Renzi «last minute» aspetterà fino all'ultimo, fino all'ultimo studierà i candidati e i sondaggi

che sul loro conto ha commissionato. E siccome dai dati demoscopici emerge che nessun politico spicca oggi

negli indici di gradimento, non ha definitivamente accantonato l'idea della sorpresa.

Ma di questo il premier tace con i quirinabili, a cui dice o fa dire cose che non spengono le loro speranze. Per

Amato ha avuto parole commendevoli, a Del Rio ha spiegato che «tu saresti il mio ideale», a Casini non ha

opposto veti all'ipotesi di un esponente dell'area moderata al Quirinale. Tranne Cantone - a cui ieri ha

cancellato ogni aspirazione sostenendo in pubblico che «lui ha già tanto da fare all'Autorità anticorruzione» -

il leader del Pd fa sentire tutti in corsa. Se i candidati di Renzi si costituissero in Associazione, capirebbero

che a ognuno di loro è stata detta sostanzialmente la stessa cosa.

Sarà per via della sua indole o per la difficoltà politica di comporre al momento l'intricata faccenda, in ogni

caso il premier sta alimentando le ambizioni di quanti vorrebbero succedere a Napolitano. E li tiene stretti a

sé, grazie a un network di fedelissimi che risponde solo a lui e che ha il compito di monitorare i quirinabili e

riferirgli ogni dettaglio delle loro conversazioni.

Così a Delrio è stato assegnato il «fronte emiliano», dove sono di stanza Prodi e Castagnetti. Alla Boschi

sono toccate la Severino e la Finocchiaro. La Madia è stata facilitata, visto che parla ogni giorno con il figlio di

Mattarella, capo legislativo del suo dicastero. Nessuno si risparmia. Persino il sindaco di Firenze è coinvolto

da Renzi nella «rete»: è Nardella infatti a tenere in via riservata i rapporti con Amato.

Agli ex segretari del partito ci pensa invece il premier, conscio che «tutti i miei predecessori si sentono

candidati in pectore per il Quirinale». E con loro Renzi parla, più di frequente manda sms di lusinga o di

rassicurazione. Ma tra questi c'è chi ricorda com'era rassicurante il messaggio inviato dal segretario del Pd a

D'Alema quando era in ballo per una nomina in Europa: è un messaggio che l'ex premier ha tenuto nella

memoria del telefonino e che ogni tanto mostra ai suoi interlocutori per metterli sull'avviso.

In fondo però Renzi va capito. Deve gestire il passaggio più delicato della sua giovane carriera politica, con

avversari interni ed esterni al suo partito che - a scrutinio segreto - vorrebbero riservargli il trattamento della

rottamazione. Il premier però è convinto di partire nella corsa al Colle da una posizione di forza, e da lì poter

mediare: «Nessuno - spiega - potrà fare un presidente della Repubblica contro di me, anche se io dovrò farlo

insieme agli altri».

Gli «altri» sono Berlusconi, l'Area popolare di Alfano e la minoranza democratica. E pur di tenere dentro

l'accordo il Cavaliere, mette in conto di perdere un pezzo del suo stesso partito. Il problema è di non perdere

tanti pezzi del Pd e soprattutto di non ritrovarsi con una Forza Italia a pezzi. Questo è il maggior rischio,

evidenziato ieri nell'Aula della Camera e riassunto in un tweet dal renziano Giachetti: «Dal dibattito sulle

riforme si deduce che a giorni cadrà la giunta Maroni e che ad ore i fittiani usciranno da Forza Italia».

Nonostante Berlusconi faccia sfoggio dei «nostri 150 grandi elettori» per dire che «al Quirinale non voteremo

un capo dello Stato come gli ultimi tre», lo spettacolo offerto a Montecitorio non è stato un bel segnale per il

premier alla vigilia della partita per il Quirinale. E come non bastasse, in vista delle prime tre votazioni - le più

insidiose per Renzi - i dirigenti del Pd hanno segnalato a palazzo Chigi movimenti di truppe Cinquestelle,

pronte a votare Prodi per tentare di sabotare il patto del Nazareno. Come ammette il vice segretario del Pd

Guerini, il passaggio in cui è prevista la maggioranza dei due terzi dei grandi elettori, «sarà delicato».

Ecco spiegato l' endorsement per Veltroni, che di fatto viene contrapposto al fondatore dell'Ulivo. Guerini

confuta la tesi, spiegando che «comunque un candidato forte si misura poi alla prova del consenso».

Insomma, è solo l'inizio della sfida, non è pensabile sia già scritta la fine. Perciò al momento tutti nutrono

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 56

speranze. Grasso, per esempio, agli occhi di Renzi si gioca la partita della vita con il «canguro», l'arma usata

per eliminare gli emendamenti di massa presentati dalle opposizioni per fare ostruzionismo. E il presidente

del Senato - pur da supplente di Napolitano - tiene la regia dell'Aula di palazzo Madama dov'è in gioco

l'approvazione dell'Italicum prima delle votazioni per il Colle.

Nell'attesa tutti si apprestano a manovre di posizionamento. Anche quello che un tempo fu il centrodestra -

cioè i gruppi di Forza Italia e di Area popolare - dovrà decidere: marcerà in ordine sparso verso l'intesa con il

premier o darà vita a un preventivo patto di consultazione? Alfano, puntando per il Colle su una personalità

«garante di tutti e con sensibilità cattolica» si schiera per Casini. E Berlusconi?

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415 i parlamentari del Pd che prenderanno parte al voto per il futuro capo dello Stato: a loro vannoaggiunti i delegati regionali, circa 35137 i grandi elettori dei Cinque Stelle: rispetto al 2013 i pentastellati ne hanno persi 26, che sono stati espulsi

o si sono dimessi dai gruppi M5S

130 i parlamentari che fanno parte dei gruppi di Forza Italia: nel 2013 il Pdl aveva 97 deputati e 91 senatori. Il

gruppo poi si è scisso con la nascita di Ncd

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 57

L'intervista Romani: si può chiudere alla quarta votazione Il dissenso interno? Spessoserve per esistere Il presidente deve avere il consenso di tutti. Andrà oltre la legislatura ammesso che arrivi a scadenza Ildialogo «Non interrompiamo il dialogo sulle riforme. Anche se ci sono divergenze si va avanti» Daria Gorodisky ROMA Il mantra è «metodo condiviso». Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia, lo ripete e lo

ripete quando parla di elezione del nuovo capo dello Stato. Sottolineando che il suo partito «è stato e resta

determinante». «Spero solo che sia un principio acquisito. Siamo al traguardo di una riforma epocale verso il

monocameralismo e di una nuova legge elettorale che darà più forza ai futuri governi: a maggior ragione

abbiamo bisogno di una personalità di alto profilo e di massima garanzia per tutti».

Una decina di giorni fa aveva escluso che questa figura potesse essere rappresentata da un tecnico...

«Avevo parlato a titolo personale, perché ritengo che difficilmente un tecnico possa avere forte capacità

politica, di mediazione. Però non è una regola assoluta, è difficile segnare questo tipo di demarcazioni. La

qualità più importante che il futuro presidente deve avere è quella di raccogliere il consenso di tutti. Perché

apparterrà anche alle stagioni che vanno oltre la legislatura attuale, ammesso poi che questa arrivi a

scadenza naturale».

...e non concepiva per il Quirinale nessuno che avesse la tessera del Partito democratico.

«Non sono disponibile a tratteggiare identikit. Né voglio partecipare a lotterie di proposte o veti».

Dunque il confronto fra voi e il Pd va avanti, si tratta, il patto del Nazareno continua a tenere.

«Noi non interrompiamo il dialogo. Siamo stati determinanti in agosto per la riforma del Senato e in dicembre

per incardinare la legge elettorale. Ora abbiamo ancora dei punti di dissenso sul nuovo sistema di voto, ma si

va avanti».

In particolare, continuate a essere contrari al voto di lista.

«Sì, perché le opposizioni ne uscirebbero tutte fortemente frammentate e deboli».

Prevede comunque che la legge elettorale verrà votata prima del 29, quando inizierà la procedura per

scegliere il sostituto di Giorgio Napolitano?

«Per quanto riguarda il Senato, il programma è questo. Poi, naturalmente, la legge dovrà tornare alla

Camera».

Le divisioni interne al vostro partito rientreranno, riuscirete a convincere i dissenzienti?

«C'è una larga maggioranza del gruppo che condivide la linea ribadita anche oggi (ieri per chi legge, ndr ) da

Berlusconi. Certo, anche in agosto e in dicembre ci sono stati voti in difformità rispetto alle indicazioni del

capogruppo. Spesso chi dissente lo fa per consentire a se stesso di esistere. Comunque ciascuno si

assumerà le proprie responsabilità».

Non temete franchi tiratori?

«In condizioni difficili abbiamo raggiunto comunque il risultato per il Csm e per la Corte costituzionale».

Crede che l'elezione per il Colle si concluderà in tempi rapidi? Il presidente del Consiglio Matteo Renzi

prevede che avverrà entro la fine del mese.

«Non ci sembra impossibile chiudere alla quarta votazione, e sarebbe anche un bel segnale di efficienza.

Vediamo, abbiamo davanti due settimane...» .

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Chi èPaolo Romani,

67 anni, capogruppo

al Senato di FI, è stato editore televisivo.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 58

Ha ricoperto l'incarico

di ministro

allo Sviluppo economico negli anni

2010 e 2011

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 59

Il retroscena Summit con Di Maio da Casaleggio Quirinarie congelate Emanuele Buzzi Il ritorno ai territori, ai meet-up, all'«uno vale uno» da un lato e dall'altro la necessità - richiesta a gran voce

non solo da parte della base ma anche da qualche fedelissimo - di scelte di peso, di «volti forti» in grado di

catturare maggior appeal elettorale.I Cinque Stelle, dopoil post dello staff di Beppe Grillo sulle Regionaliin

Liguria («Non ci sono altre regole o salvatoridella patria o nomi noti, per "vincere"»)tornano a discutere.La

preparazione della campagna elettorale, intanto, incombe già e ieri a Milano si è tenuto un vertice alla

Casaleggio associati con - tra glialtri - Luigi Di Maioe il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque. «Questioni

territoriali legate all'organizzazione del territorio», liquida la questione il vicepresidente della Camera all'uscita

del meeting. Tuttavia è molto probabile che si sia discusso anche dell'argomento del giorno: le dimissioni di

Giorgio Napolitano e, di conseguenza, la strategia da adottare in vista della scelta dell'elezione del futuro

capo dello Stato. Punto fermo, si sa, le Quirinarie da svolgere in Rete, consultando gli attivisti. Ancora incerto,

però, il metodo da adottare. L'idea che sembra prevalere è quella di aspettare le mosse di Matteo Renzi,

senza scoprire le carte. Rispetto alla primavera 2013 l'atteggiamento è cambiato. E lo si può vedere anche

dalle parole di Danilo Toninelli, che precisa all'agenzia Adnkronos: «Non facciamo nomi non perché siamo

fermi sulle gambe ma perché è il sistema malato che non ce lo consente. Se li facciamo, ce li bruciano».

Anche sulla data delle Quirinarie vige il massimo riserbo: possibile che la consultazione sia successiva

all'ultima domenica di gennaio. Intanto, Beppe Grillo sarà a Roma giovedì prossimo, 22 gennaio, per

partecipare a una iniziativa sul reddito di cittadinanza insieme a don Ciotti. Lì avrà l'occasione per testare con

mano il puzzle sul destino del Quirinale.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 60

L'intervista Malik: «I giovani islamici sono in crisi E la jihad dà loro un sensod'identità» L'errore della sinistra Ha usato l'illuminismo come arma di battaglia tra civiltà anziché come strumento diprogresso Massimo Gaggi NEW YORK «Quello che sta accadendo ci disorienta, ma bisogna stare attenti a non sbagliare analisi:

l'islamismo radicale non è un movimento religioso ma è il modo in cui alcuni gruppi esprimono la loro

barbarica rabbia politica utilizzando a questo fine una certa interpretazione della religione. I giovani jihadisti

crescono estraniati dalla società nelle nazioni europee nei quali sono emigrati i loro genitori. Ma la stessa

cosa avviene anche nelle comunità dei Paesi musulmani. Molti detestano costumi e tradizioni delle loro

famiglie: il motivo per cui si sentono disconnessi tanto dalle società occidentali quanto dalle comunità

musulmane e abbracciano l'islamismo radicale non è religioso. Ha più a che fare con la loro crisi di identità.

La jihad dà loro un senso di appartenenza, una nuova identità: si riconoscono in obiettivi comuni

spaventosamente chiari».

Kenan Malik è un intellettuale molto particolare. Neurobiologo e psicologo indiano trapiantato in Gran

Bretagna, ha insegnato storia della scienza e filosofia della biologia a Cambridge e Oxford, ma anche in varie

università europee, da Oslo a quella europea di Firenze.

I suoi studi su multiculturalismo, pluralismo e razza lo hanno portato a pubblicare diversi libri di successo

come Uomini, bestie e zombie e Dalla Fatwa alla Jihad , un saggio sulle conseguenze del caso Salman

Rushdie. E anche ad allontanarsi dalla sinistra europea marxista nella quale aveva militato per molti anni.

Oggi lo si può definire un difensore dei valori dell'illuminismo che rifiuta il multiculturalismo ma è anche deciso

a respingere ogni tentazione xenofoba.

Quali errori attribuisce alla sinistra europea?

«Da un lato una sua ampia parte ha abbracciato il multiculturalismo e il relativismo finendo per considerare

razzista l'universalismo: lo ha accusato di imporre anche agli altri popoli le idee euro-americane della

razionalità e della oggettività. In questo modo la sinistra ha rinunciato al suo impulso progressista nel nome

del rispetto e della tolleranza. Poi c'è una sezione della sinistra, pensatori come Martin Amis o Bernard-Henry

Lévy, che sono rimasti legati ai valori dell'illuminismo ma li hanno usati in modo tribale: non valori universali

sui quali costruire una vera politica progressista, ma un mito che serve a definire l'Occidente. In questo modo

l'illuminismo diventa un'arma nella battaglia tra le civiltà anziché essere lo strumento che definisce valori e

attitudini necessarie per far avanzare diritti politici e progresso sociale».

Lei quindi crede che stiamo andando verso uno «scontro di civiltà», secondo il celebre monito di Samuel

Huntington?

«No, quella nozione la consideravo falsa vent'anni fa, quando il saggio fu pubblicato, e la considero falsa

oggi. Questo non è uno scontro di civiltà tra Occidente e Islam ma un conflitto di valori sia all'interno

dell'Occidente che nelle società islamiche. Valori chiave dell'Occidente come uguaglianza, democrazia e

secolarismo sono contestati anche da molti non musulmani nelle nostre società, soprattutto in Europa. Basti

pensare che in Francia rischia di arrivare al ballottaggio delle presidenziali una Marine Le Pen che di certo

non incarna quei valori. I figli delle ex colonie nati in Francia vengono considerati tutti "africani" e "musulmani"

anche se la maggioranza di quella comunità è più secolare, meno religiosa della vecchia Francia. Conosco

gente venuta dal Bangladesh e dal Marocco più illuminista di chi ha genitori europei».

Dunque metterla in termini di scontro di civiltà è addirittura pericoloso?

«Esaspera l'aspetto religioso mentre il vero problema è quello dell'identità e il rifiuto della modernità. Se

fossero nati 30 anni fa, i movimenti radicali islamici sarebbero stati certamente più secolari e si sarebbero

espressi attraverso campagne e organizzazioni politiche, non con l'azione di cellule tribali, come vediamo

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 61

oggi. Il problema è il cambiamento della natura delle rivolte: quelle anti-imperialiste della seconda metà del

Novecento erano comunque basate sui valori dell'illuminismo europeo. I loro leader combattevano le potenze

coloniali ma volevano modernizzare gli altri Paesi non occidentali, portare libertà, industrie, sviluppo

economico. I vecchi movimenti rivoluzionari volevano godere dei frutti del progresso come gli europei, non

contestavano il metodo scientifico né l'esistenza di valori universali. Quella dei radicali di oggi è, invece, una

rivolta nichilista contro progresso e globalizzazione. Come ho scritto l'altro giorno sul New York Times ,

abbiamo vissuto l'orrore dei 148 bimbi massacrati dai talebani in una scuola pakistana come lo choc

improvviso di un atto "disumano e medievale". Ma quell'atto non è improvviso: negli ultimi cinque anni i

talebani hanno attaccato nello stesso modo, anche se con bilanci non così tragici, ben mille scuole

pakistane».

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Chi èL'indiano Kenan Malik

ha insegnato storia della scienza e filosofia della biologia a Cambridge e Oxford. È un esperto di razza e

pluralismo Ha scritto Dalla Fatwa alla Jihad , sul caso Rushdie

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 62

La Lente Savona e i pericoli incalcolabili dei derivati Antonella Baccaro Prima regola per gestire i derivati: non crearli. L'economista Paolo Savona, ascoltato in commissione Finanze

della Camera per l'indagine su questi strumenti finanziari, è stato netto. «Qualsiasi regolamento sui derivati si

faccia, il mercato lo aggirerà». Quanto ai rischi, «nessuno è in grado di valutarli». Perciò sarebbe meglio

proibire l'uso dei derivati a chiunque oppure consentirlo a privati che operino con fondi propri. Nel pubblico,

dove le perdite ricadono sulla collettività, i derivati andrebbero evitati o almeno garantiti con un fondo di

riserva approvato dal Parlamento. Una nuova sezione della Corte dei conti potrebbe garantire controlli

«terzi».

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 63

Unicredit, i soci prenotano i posti L'ipotesi Biasi e la conferma di Vita Le fondazioni rinunciano a un seggio. Il ruolo di Aabar nella governance 29,7 miliardi la capitalizzazio-ne diUnicredit a Piazza Affari. I soci italiani (fondazioni e privati) pesano ormai in totale per il 12% circa Fabrizio Massaro Il taglio degli amministratori nel prossimo consiglio di Unicredit da 19 a 17 comporta che due consiglieri si

facciano da parte: ma chi tra i grandi soci rinuncerà al posto? La discussione in Piazza Aulenti è appena

cominciata: a giocarsi quel posto sono le Fondazioni, ma anche i soci esteri. La partita non è semplice, né lo

è il lavoro del presidente Giuseppe Vita e del vice Vincenzo Calandra Bonaura, incaricati di sondare gli umori

degli azionisti.

In Unicredit le Fondazioni contano ormai solo per il 9%, mentre sono cresciuti i soci esteri. Primo azionista è

Aabar, fondo sovrano di Abu Dhabi, con il 5,02%, seguito dal fondo Usa BlackRock al 4,66%. Il fronte degli

enti è rappresentato da Cariverona al 3,46%, Crt al 2,5% e Carimonte al 2,1% mentre hanno quote minime le

fondazioni Manodori, Sicilia e Cr Treviso. Ci sono poi Del Vecchio (3%) e Caltagirone (1%).

Nei giorni scorsi - compreso il comitato governance di martedì 13 in vista del consiglio del 20 gennaio sul

budget 2015 - si è avviata un'analisi per individuare la strada migliore per accorpare i posti mantenendo al

contempo le varie professionalità richieste dalla Banca d'Italia. «Il dialogo mi sembra molto costruttivo»,

riferisce uno dei protagonisti.

Sembra ormai certo che le fondazioni, che tre anni fa indicarono 7 consiglieri, rinunceranno a un posto. Ma

non vogliono perderne un altro. Un passo indietro toccherebbe dunque agli stranieri (oggi sono 7 nel board,

compresi i due in quota Aabar). C'è anche l'ipotesi di un taglio da 4 a 3 alle vicepresidenze, attualmente

affidate a Fabrizio Palenzona (per Crt), al vicario Candido Fois (Cariverona), Calandra Bonaura (Carimonte) e

Luca Cordero di Montezemolo (Aabar). Per Verona poi è possibile che si candidi Paolo Biasi, se lasciasse in

anticipo la presidenza di Cariverona, in scadenza a novembre non rinnovabile.

Scontata la conferma del ceo Federico Ghizzoni, è aperto il tema del presidente. Gli italiani sono compatti

per un secondo mandato a Vita. Ma Aabar avrebbe sollevato l'esigenza di una figura internazionale alla

presidenza, che però sarebbe già soddisfatta da Vita: già tre anni fa fu scelto in quanto manager italiano con

carriera di successo tutta in Germania. Toccherà a Montezemolo mediare tra arabi e italiani. In realtà ciò che

interessa ai soci è che la banca abbia buona redditività e spinga sull'internazionalizzazione. L'11 febbraio il

board approverà i conti 2014 da cui dipende il dividendo: Ghizzoni vuole centrare l'obiettivo di 2 miliardi di

utile; la stima Ubs è di 2,1. Musica per gli azionisti.

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UNICREDIT Un anno a Piazza Affari d'Arco 5,15 6,60 gen feb mar apr mag giu lug set ott nov dic gen 2014

5,02 IERI -1,28%

Le tappeAl prossimo consiglio di amministrazio-ne del 20 gennaio l'amministra-tore delegato di Unicredit Federico

Ghizzoni (nella foto ) presenterà la proposta di budget 2015. Al successivo board dell'11 febbraio saranno

invece presentati conti 2014. Ghizzoni punta a un utile annuo di 2 miliardi di euro. Il 13 maggio ci sarà

l'assemblea sul bilancio e sul rinnovo del board

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 64

Sussurri & Grida Il fondo salva aziende e la partecipazione dei privati ( f.ta. ) Il nodo da sciogliere è se il nuovo strumento per il risanamento di aziende strategiche sarà

interamente pubblico oppure se, più probabilmente, coinvolgerà capitali privati. Il programma prevede che la

scelta venga fatta in tempo per presentare il provvedimento nel Consiglio dei ministri di martedì 20 gennaio,

che dovrà approvare il pacchetto del cosiddetto investment compact. Per questo sono al lavoro i tecnici del

ministero per l'Economia e del ministero per lo Sviluppo economico, i due coinvolti insieme ai consulenti della

presidenza del consiglio e alla Cassa depositi e prestiti. L'esordio della società sarà sul caso Ilva, per poi

estendere il modello ad altre realtà. Proprio l'Ilva guidata dal commissario straordinario Piero Gnudi ( foto )

richiede interventi d'emergenza, che potranno procedere più rapidamente se lo strumento sarà

esclusivamente pubblico. Lo chiedono, in particolare, le banche creditrici, rassicurate dall'intervento dello

Stato ma preoccupate di soluzioni più complesse che richiedano tempo e, di conseguenza, la necessità di

altri finanziamenti ponte. La più esposta è Intesa Sanpaolo, seguita da Unicredit e Banco popolare. In tutto

risultano finanziatrici per quasi 1,8 miliardi, di cui 250 milioni concessi nel settembre scorso ottenendo la

prededucibilità, corsia preferenziale nel rimborso rispetto agli altri creditori.

Il coinvolgimento di capitali privati rende più complessa l'operazione ma, come sottolineano sia il Mef sia la

Cassa depositi e prestiti, ha almeno due effetti importanti: ridurre l'eventualità di una bocciatura in sede

europea per violazione del divieto di aiuti di Stato alle aziende e innescare un effetto di leva finanziaria

permettendo di sommare capitali privati a quelli pubblici. Sicuramente sarà una società a cui ne faranno capo

altre, specializzate per tipologia d'intervento, anche se la ragione sociale potrà contenere la parola fondo. La

nuova iniziativa completa la gamma degli strumenti d'intervento pubblici per la crescita delle aziende

affiancando il Fondo strategico italiano (Fsi), la società Fondi italiani per le infrastrutture (F2i), il Fondo per le

piccole e medie imprese, i finanziamenti per il venture capital.

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Favini, stop alla Borsa

I soci vendono a Guido De Vivo

(d. pol. ) Seguirà la strada già battuta dalle ex matricole Rottapharm e Intercos anche la Favini di Vicenza.

Insieme a Fedrigoni doveva celebrare in Borsa l'anno delle ipo nel settore della carta. Il progetto sospeso lo

scorso 25 ottobre torna così in un cassetto. I soci Orlando Italy (62% del capitale) e Crédit Agricole negoziano

in esclusiva con un altro private equity. Si tratta di Progressio, società che fa capo ai manager Guido De Vivo

e Filippo Gaggini, Mittel, Caritrento e Isa, che ha già firmato una lettera d'intenti. Il valore è di circa sette volte

l'ebitda, pari a 16,5 milioni su 165 di ricavi. Una cifra stimata superiore a quella che sarebbe stata spuntata a

Piazza Affari. Progressio vuole rafforzare il settore delle «carte release», trame per la produzione di eco-

pelle, con applicazioni dal lusso all'abbigliamento sportivo. Il resto del business viene dalle carte grafiche per

il packaging per Gucci, Hermès e Cartier.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 65

L'ECONOMIA L'europeista che ha difeso i conti Dino Pesole Le riforme, in primo luogo, per sostenere crescita e occupazione che per il nostro paese restano una

«necessità assoluta». Il dramma dei giovani senza lavoro, un vero «assillo quotidiano». L'equilibrio dei conti

pubblici, fondamentale per un paese che deve far fronte a un enorme debito pubblico.

L'equità nella direzione di marcia della politica economica, a partire da una redistribuzione del carico fiscale

che passi attraverso la lotta senza quartiere all'evasione.

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La necessità di affrontare a viso aperto, con azioni mirate, lo storico squilibrio tra Nord e Sud, «perché se non

si sviluppa il Mezzogiorno non si sviluppa l'Italia». Il tutto all'interno di un'azione costante di stimolo da

condurre in Europa, la nostra «casa comune» al di fuori di inutili e dannosi scontri su alcuni decimali in più o

in meno di deficit.

Nei suoi quasi nove anni al Colle, Giorgio Napolitano ha focalizzato interventi pubblici sull'economia, missioni

in Italia e all'estero, azioni dirette o di «moral suasion» nei confronti dei cinque governi che si sono succeduti

a palazzo Chigi dal 2006 a oggi, avendo come stella polare prima di tutto il ripristino di quel bene prezioso

che si chiama fiducia. Valore che si declina con quello della stabilità e del recupero della perduta

competitività. Da europeista di lungo corso, Napolitano non ha esitato, soprattutto negli ultimi due anni di

permanenza al Quirinale, a spronare Bruxelles al pari delle capitali che contano nel vecchio continente a

dirigere con forza i propri sforzi in direzione del sostegno alla crescita e all'occupazione e al rilancio degli

investimenti su scala europea. S'impone una svolta, perché l'Europa è nata con ben altre ambizioni rispetto

all'eccesso di rigore che frena la ripresa. E la cultura è un fondamentale asset di sviluppo.

Nel pieno della crisi frontale che ha investito l'eurozona, quando si trattava di spegnere l'incendio e di

azionare l'estintore, non ha esitato a guidare e condividere passo dopo passo le necessarie politiche di

contenimento del deficit. Non vi erano alternative, con lo spread che nel novembre del 2011 aveva raggiunto i

575 punti base. L'emergenza si è materializzata nei numeri che con impressionante progressione si

riversavano sulla sua scrivania. L'allarme è scattato quando la disoccupazione giovanile ha superato il 44%.

Con questo esercito di senza lavoro non c'è futuro per il paese. Occorre reagire. L'intera costruzione europea

rischia di franare. Lo ha detto chiaramente nel suo intervento del 4 febbraio dello scorso anno al Parlamento

europeo di Strasburgo, quando ha definito "drammatica" l'impennata della disoccupazione giovanile. Così

come non ha mancato di far sentire la sua voce, in molteplici occasioni, per denunciare l'assurda piaga

nazionale delle morti bianche sul lavoro.

Alla crisi si reagisce con uno sforzo collettivo, con riforme coraggiose in grado di imprimere finalmente una

svolta rispetto a oltre un decennio di stagnazione. Da qui il costante pressing nei confronti del governo

(l'attuale come i precedenti) e del Parlamento. Non a caso, uno degli ultimissimi colloqui che ha avuto al Colle

prima di chiudere in anticipo il suo secondo mandato è stato con il ministro delle Riforme, Maria Elena

Boschi, che gli ha illustrato lo stato di avanzamento sia delle riforme istituzionali che di quelle in campo

economico e fiscale. In primissimo piano la riforma del lavoro, che Napolitano ha sollecitato e condiviso, ma

anche il fondamentale riordino della macchina burocratica e amministrativa.

Napolitano lascia il Colle con questo messaggio, contenuto nel suo recente discorso di fine anno agli italiani:

«Credo sia diffuso e dominante l'assillo per le condizioni della nostra economia, per l'arretramento dell'attività

produttiva e dei consumi, per il calo del reddito nazionale e del reddito delle famiglie, per l'emergere di gravi

fenomeni di degrado ambientale, e soprattutto - questione chiave - per il dilagare della disoccupazione

giovanile e per la perdita di posti di lavoro». Non siamo ancora fuori dalla crisi mondiale in cui il paese è

precipitato dal 2009. Nemmeno nel 2014 «siamo riusciti a risollevarci». E tuttavia non mancano motivi di

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 66

ottimismo nel futuro, tra cui la «vitalità e la grande tenacia» del tessuto delle piccole e medie imprese, vera

struttura portante del nostro sistema produttivo.

Riforme fondamentali - ha avvertito Napolitano in più occasioni - per ridare dinamismo e competitività alla

nostra economia. Fondamentale il ruolo «di tutte le forze sociali». Reiterato l'appello a convergere «verso la

realizzazione di obiettivi comuni, di cui è un esempio significativo l'accordo sulla rappresentanza del maggio

2013, sottoscritto per la prima volta da tutte le parti sociali ed al quale ancora si stenta a dare conseguente

attuazione».

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Fonte: Istat

0 100 200 300 400 500 600 90 115 140 2009 G F M A M G L A S O N D 2008 G F M A M G L A S O N D

2007 G F M A M G L A S O N D 2006 M G L A S O N D 102,5 99,7 102,3 112,5 16 maggio 2006 GOVERNO

PRODI Napolitano affida a Prodi l'incarico di formare il governo 2 ELEZIONI POLITICHE Elezioni politiche:

vince il centrodestra 4 13-14 aprile 2008 PRIMA LEGGE RINVIATA ALLE CAMERE Napolitano rinvia per la

prima volta una legge alle camere: è la delega lavoro 6 31 marzo 2010 GOVERNO BERLUSCONI Entra i

carica il quarto governo Berlusconi 5 8 maggio 2008 ALLARME PER LO SPREAD A 390 PUNTI Dopo una

veloce crescita durante tutta l'estate, lo spread Btp-bund tocca l'apice dei 389 punti 7 4 agosto 2011 LA

LETTERA BCE La Bce manda all'Italia la lettera segreta in cui chiede l'anticipo del pareggio di bilancio dal

2014 al 2013 8 5 agosto 2011 32 1 CRISI GOVERNO PRODI Il governo Prodi entra in crisi: il Paese va verso

elezioni anticipate 3 24 gennaio 2008 L'ELEZIONE PER IL PRIMO MANDATO Il Parlamento elegge - dopo

Carlo Azeglio Ciampi - Giorgio Napolitano presidente della Repubblica con 543 voti su 990 1 10 maggio 2006

3 5 38 4 64 2 35 45 L'ANDAMENTO DEL DEBITO Debito/Pil - Valori in % Fonte: Istat e Commissione Ue LO

SPREAD Differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato decennali rispetto al Bund. In punti base Cambi di

governo, spread, conti: nove anni sul filo del rasoio 58,4 5/2006 55,5 11/2014 Il record di giovani senza lavoro

TASSO DI OCCUPAZIONE 6,9 5/2006 13,4 11/2014 TASSO DI DISOCCUPAZIONE TOTALE 22,2 5/2006

43,9 11/2014 TASSO DI DISOCCUPAZIONE 15-24 ANNI L'andamento del mercato del lavoro dal 2006 a

oggi - Dati destagionalizzati - Valori pecentuali 0 100 200 300 400 500 600 90 115 140 2015 G F 2014 G F M

A M G L A S O N D 2013 G F M A M G L A S O N D 2012 G F M A M G L A S O N D 2011 G F M A M G L A

S O N D 2010 G F M A M G L A S O N D 115,3 116,4 122,2 127,9 132,2* 133,8* CRISI GOVERNO

BERLUSCONI Il governo Berlusconi entra in crisi 9 8 novembre 2011 LO SPREAD TOCCA IL PICCO DI 575

PUNTI Lo spread Btp-bund tocca il picco mai raggiunto di 575 punti 10 9 novembre 2011 GOVERNO MONTI

Giura il governo Monti. Il rettore della Bocconi era stato nominato qualche giorno prima senatore a vita da

Giorgio Napolitano 11 16 novembre 2011 DIMISSIONI MONTI Mario Monti si dimette 12 21 dicembre 2012

ELEZIONI POLITICHE Si va al voto per le elezioni politiche 13 24-25 febbraio MANDATO A BERSANI

Napolitano conferisce un mandato esplorativo al segretario Pd Bersani che però non avrà i numeri per

formare l'esecutivo 14 22 marzo 2013 IL DISCORSO: VERSO GOVERNO DI LARGHE INTESE Nel discorso

d'insediamento bacchetta duramente i partiti e indica la strada di un governo di larghe intese 16 22 aprile

2013 GOVERNO RENZI Dopo le dimissioni di Letta, Matteo Renzi forma un nuovo governo 19 22 febbraio

2014 L'ANNUNCIO DELLE DIMISSIONI Durante il messaggio di fine anno Napolitano annuncia le dimissioni

imminenti 20 31 dicembre 2014 DIMISSIONI Giorgio Napolitano si dimette 21 14 gennaio 2015 127

GOVERNO LETTA Enrico Letta forma il nuovo governo 17 27 aprile 2013 RIELEZIONE NAPOLITANO PER

IL SECONDO MANDATO Dopo una fase di stallo Napolitano viene rieletto con 738 voti. È il primo presidente

rieletto 15 20 aprile 2013 DISCORSO DI NAPOLITANO A STRASBURGO Discorso di Napolitano a

Strasburgo: no alla deriva antieuro, l'austerity non regge più 18 4 febbraio 2014 6 78 309 12 298 15 285 16

214 18 194 18 286 17 135 20 21 315 14 281 13 8 380 10 575 9 491 11 520 7 396

Foto:

Rieletto

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 67

Nella foto a fianco il saluto il giorno della rielezione il 20 aprile 2013

Con Angela Merkel

A sinistra il presidente Napolitano con la cancelliera tedesca al Quirinale nel 2007

L'addio

Ieri la firma delle dimissioni e l'addio al Colle

(a destra)

Foto:

Incontri e visite.

Sopra Giorgio Napolitano con il premier Matteo Renzi, quinto presidente del Consiglio nei suoi nove anni al

Colle. A sinistra la visita ufficiale di Papa Francesco al Quirinale il 14 novembre 2013 dopo quella del Capo

dello Stato in Vaticano l'8 giugno. A destra l'incontro al Colle con il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama

alla vigilia del G8 dell'Aquila nel 2009

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 68

. L'INTERVISTA Spataro: «Serve una svolta politica sul coordinamento delle indagini Ue» Donatella Stasio Donatella Stasiopagina 10

Il dopo-Parigi? La priorità è la creazione di una «virtuosa sinergia tra polizia giudiziaria, magistratura,

intelligence, governi, per coordinare al meglio le indagini». Non sempre avviene, tanto che, purtroppo,

«proprio con Francia e Gran Bretagna in passato ci sono state difficoltà di collaborazione». Perciò occorre

una «decisa svolta politica» e l'Italia deve recuperare «un ruolo da protagonista, senza subire passivamente

le altrui strategie, come quella della raccolta a strascico dei dati».

Armando Spataro, Procuratore della Repubblica a Torino da sei mesi, ha alle spalle una lunga esperienza,

maturata quando era alla Procura di Milano, nella lotta al terrorismo interno e internazionale. Martedì sera,

insieme ai capi delle 14 Procure più impegnate su questo fronte, era al ministero della Giustizia per discutere

della nascita di una Superprocura antiterrorismo. Dopo la riunione il ministro ha deciso di presentare un

proprio ddl (o addirittura decreto).

Procuratore, la Direzione nazionale antiterrorismo sarà inglobata da quella Antimafia, ma con qualicompiti?Solo di coordinamento, non di vertice investigativo. Su questo punto c'è stata unanimità sulla base

dell'esperienza maturata fin dai tempi del sequestro Moro.

Quale può essere il suo ruolo a livello internazionale? La Superprocura può essere portatrice di una cultura dell'investigazione. Bisogna vincere la persistente

convinzione di alcuni Stati di non mettere a disposizione degli altri le informazioni di cui dispongono se non

quando si sono esaurite le esigenze interne o secondo procedure burocratiche lente e tardive, quasi ne

fossero proprietari esclusivi. Purtroppo esistono troppe resistenze rispetto al principio che la collaborazione

dev'essere spontanea e immediata. Non bastano Eurojust, Europol, il mandato di arresto europeo, le squadre

investigative comuni: occorre una decisa svolta politica che orienti unitariamente l'azione antiterrorismo di tutti

i governi. L'Italia può dare una forte spinta, anche non accettando la pretesa di altri Paesi di imporre prassi

illegali.

A quali prassi si riferisce?A quelle adottate dopo l'11 settembre, che hanno prodotto deroghe, strappi, lesioni del principio di legalità

senza risultati nella lotta al terrorismo. Penso al fermo per 28 giorni dei sospetti terroristi in Gran Bretagna;

alla pretesa di imporre il segreto sulle fonti di prova a carico dei terroristi processati; alla garde à vu che

consente alla polizia francese di trattenere per quattro giorni, e interrogare, i fermati per terrorismo senza la

presenza di magistrati e avvocati, utilizzando come prove nei processi le dichiarazioni così ottenute. Penso

alle extraordinary rendition e alle prigioni segrete che molti governi europei - come denunciato dal Parlamento

europeo e dal Consiglio d'Europa - hanno favorito o non ostacolato. Di più: le prassi illegali oltre a essere

inutili sono dannose, producono proselitismo. Non a caso nei video dell'Isis le vittime sgozzate indossano tute

arancioni, le stesse dei detenuti di Guantanamo...

C'è una confusione tra il ruolo dei Servizi e della polizia nel contrasto al terrorismo?Assolutamente sì: la polizia deve individuare e acquisire prove destinate ai processi mentre ai Servizi

compete la prevenzione dei rischi, per cui le notizie raccolte, come previsto per legge, vanno comunicate alla

polizia. Evitare sovrapposizioni ed equivoci sui rispettivi compiti è un principio categorico - di cui la

Superprocura potrà essere vigile custode - e impedirà inutili e spesso infondati allarmi su ipotetici complotti o

attentati sventati, che generano insicurezza e danneggiano le indagini.

Può fare un esempio?Mi è capitato di leggere sui giornali che sarebbero stati individuati 50 jihadisti italiani ma le Procure e gli

organi di polizia non hanno mai avuto quest'elenco. Se anche uno solo avesse commesso un reato, Pg e

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 69

Procure avrebbero dovuto essere informate. Altrimenti questi annunci generano solo insicurezza e possono

persino aizzare i folli di turno.

Il ministro Alfano è favorevole al Pnr (Passenger Name Record), l'elenco di notizie personali chedevono fornire i passeggeri in partenza per gli Usa da varie parti del mondo. È una misura utile?No, la caccia a milioni di dati secondo una procedura che già nel 2008 l'organizzazione Statewatch aveva

definito lo «tsunami digitale» sull'Europa, secondo me è inutile. Vale la regola, come nel caso del Datagate,

che milioni di dati raccolti senza selezione a monte non servono a nulla e, anzi, danneggiano le indagini,

come hanno confermato molti tra i responsabili delle nostre forze di polizia antiterrorismo.

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Procuratore Armando Spataro

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 70

I MERCATI La buona stabilità necessaria Isabella Bufacchi di Isabella Bufacchi

Inflazione e quantitative easing, Grexit ed elezioni greche, petrolio e tassi Usa. Di questo si stanno

occupando a tempo pieno i mercati, in questo inizio anno. L'uscita di scena di Napolitano e le elezioni del

presidente della Repubblica non risultano in cima alla lista degli investitori. Le dimissioni del capo dello Stato

e la scelta del successore al Quirinale in questo momento non sono considerati determinanti per le scelte di

investimento dei grandi portafogli, in senso negativo o positivo, per la loro portata destabilizzante o per le loro

aperture a nuove opportunità di profitto.

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Il rischio-Italia oltretutto è "neutralizzato" dalla prospettiva dell'avvio degli acquisti in BTp da parte della Bce

nell'ambito dell'allargamento del QE ai titoli di Stato: «Se nel peggiore dei casi la chiusura dell'era Napolitano

dovesse aprire una nuova fase di instabilità politica in Italia - ha tagliato corto ieri uno strategist - un eventuale

allargamento dello spread o un aumento del rendimento dei BTP sarebbero evitati del tutto se nel contempo

la Bce iniziasse ad acquistare i titoli di Stato italiani».

I mercati funzionano sulla base di scenari ipotetici. Lo scenario prevalente nelle strategie di investimento in

Italia e all'estero è attualmente anche quello più favorevole al rischio-Italia: il pericolo di instabilità politica in

Italia è considerato molto ridotto rispetto al passato perché Matteo Renzi è visto come un premier forte e

l'opposizione è invece molto debole, disorganizzata, frastagliata e alla ricerca di un leader a sua volta forte. In

questo contesto le elezioni del presidente della Repubblica, stando alle tesi prevalenti sui mercati,

difficilmente destabilizzeranno il sistema; in aggiunta, l'ipotesi che la Bce decida di rimandare ulteriormente gli

acquisti dei titoli di Stato nell'ambito del QE oppure di ridurli a poca cosa è considerata dai più marginale,

residuale.

I mercati tuttavia sanno anche di potersi sbagliare. Sanno che devono essere pronti a confrontarsi con

l'imprevisto o con i casi avversi. Ecco che anche per l'Italia (come per le elezioni in Grecia) si ponderano in

questi giorni anche le scelte di investimento in risposta agli scenari peggiori anche se meno probabili. Nel

caso in cui le votazioni per l'elezione del presidente della Repubblica dovessero protrarsi a oltranza (è già

capitato) facendo emergere un Renzi più debole delle attese, i mercati sarebbero di cattivo umore perché

inizierebbero a temere un rallentamento del cammino delle riforme strutturali (e istituzionali) e un

alleggerimento dell'agenda del governo sulle misure più controverse o politicamente più difficili da attuare ma

anche più necessarie ai fini di crescita e sostenibilità del debito pubblico (riforma del lavoro, della giustizia,

della pubblica amministrazione, taglio della spesa pubblica non produttiva, smantellamento delle

municipalizzate e partecipate a livello locale, snellimento della macchina pubblica). Ancor peggio verrebbe

accolto il rischio di elezioni anticipate.

Meno riforme, meno tagli improduttivi alla spesa pubblica, meno risorse per il rilancio dell'economia si

traducono in meno crescita. E tanto più la crescita potenziale italiana rimane asfittica, tanto più i mercati si

preoccupano per la sostenibilità del debito pubblico. Stando alle ultime statistiche pubblicate ieri dalla Banca

d'Italia, all'estero sono detenuti ancora oltre 700 miliardi di titoli di Stato italiani: un ammontare estremamente

elevato, che impone estrema cautela, anche quando lo scenario più probabile è anche quello migliore e più

favorevole al rischio-Italia.

L'Italia, dunque, non può permettersi colpi di testa proprio adesso in occasione dell'elezione del presidente

della Repubblica, anche se questo passaggio politico potrebbe coincidere con l'inizio degli acquisti di titoli di

Stato da parte della Bce nel QE allargato e proprio perché c'è l'attesa per questo quantitative easing.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 71

Il segnale politico che i mercati, e i partner europei che con le loro banche centrali sosterranno il QE per

contrastare la deflazione, si attendono dall'Italia è che in qualsiasi circostanza prevarrà un senso di

responsabilità e di massima affidabilità che si traduce nel voler assicurare al mondo degli investitori, a tutti i

costi e in qualsiasi circostanza, un Paese sano e in crescita in grado di garantire il pagamento puntuale e

integrale del debito pubblico in scadenza.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 72

FRANCOFORTE E BERLINO/2 Ma resta il nodo tedesco Alessandro Merli di Alessandro Merli

Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi e il canceliere tedesco Angela Merkel si sono

incontrati ieri a Berlino a un forum a porte chiuse organizzato dal quotidiano conservatore "Die Welt".

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FRANCOFORTE

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Ma è improbabile che il presidente della Bce abbia usato l'occasione per convincere il cancelleiere delle virtù

dell'acquisto di titoli di Stato dei Paesi dell'eurozona, che la Bce deciderà molto probabilmente la settimana

prossima.

Draghi è consapevole che, a differenza di due anni fa, quando il cancelliere gli venne immediatamente in

soccorso sostenendo il piano anti-crisi Omt, nel momento in cui l'area euro era a rischio spaccatura, stavolta

il meglio che ci si può attendere da Berlino è che eviti commenti pubblici stridenti sul Qe, quando certamente

si scatenerà contro Draghi la polemica di larga parte dei media e degli economisti tedeschi e di parte della

stessa maggioranza che sostiene la signora Merkel, oltre agli euroscettici di AfD.

Draghi sa che potrebbe essere controproducente lanciare un'iniziativa senza precedenti come il Qe contro

una minoranza importante del consiglio della Bce, della quale faranno quasi certamente parte il presidente

della Bundesbank, Jens Weidmann, e l'altro consigliere tedesco, Sabine Lautenschlaeger. Per minimizzare il

dissenso, può scegliere di ridurre l'importo degli acquisti, o di accettare che almeno parte dei rischi non venga

messa in comune. Uno scambio che è stato proposto più o meno esplicitamente dallo stesso Weidmann, ma

anche potenzialmente un segnale molto pericoloso di mancanza di fiducia nel progresso europeo che

potrebbe contagiare i mercati.

Intanto, Draghi si dedica a un'intensa attività di persuasione mediatica in Germania, cercando di toccare tutti i

tasti giusti per l'opinione pubblica locale, compreso, insolitamente, quello personale, ricordando, in

un'intervista al settimanale "Die Zeit" che, se la fobia dei tedeschi per l'inflazione risale agli anni 20, la perdita

dei risparmi della sua famiglia è molto più recente e quindi di non essere il solito italiano pronto a soffiare sul

fuoco dell'inflazione, affermando anzi di sentirsi «offeso» dall'insinuazione che usi il suo potere per favorire i

Paesi del sud Europa. Ma i tedeschi devono capire che il mandato della Bce, di garantire la stabilità dei

prezzi, è un'eredità della Bundesbank, non si riferisce solo alla Germania, ma a 19 Paesi. E che la politica

della banca centrale non è quella di punire i risparmiatori tedeschi, ma, con i tassi così bassi, di combattere la

deflazione. Quanto ai pericoli che il contribuente tedesco sia esposto a rischi eccessivi, Draghi ha ricordato

che finora la Bce non ha fatto perdite, ma profitti e questi sono stati redistribuiti a tutti, Germania compresa. E

all'accusa che, con la sua politica troppo accomodante, la Bce allenta la pressione sui Governi perché

facciano le riforme, il banchiere centrale ha risposto che può fare la sua parte, ma che poi anche i Governi

devono fare la loro se si vuole che la crescita economica riprenda. Ha toccato insomma le corde giuste, ma il

dissenso tedesco non si taciterà con qualche intervista ai giornali.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 73

FRANCOFORTE E BERLINO/1 Falchi senza più artigli di Donato Masciandaro Il comunicato della Corte europea di Giustizia, unito ai dati sulla deflazione in Europa, elimina ogni ragione

legale ed economica per opporsi ad una politica monetaria europea non convenzionale.

Continua pagina 7

Continua da pagina 1

Una politica basata su acquisti di titoli pubblici (Qe), che abbia come obiettivo un ritorno alla stabilità

monetaria. Anche i cosiddetti falchi dovrebbero volere un Qe, nell'interesse collettivo dell'Europa e dei singoli

Paesi, inclusa la Germania. La decisione dovrebbe concentrarsi sulle modalità del Qe, per gestire al meglio la

compresenza dei diversi rischi che tale operazione comporta.

Ieri è stata resa nota quella che sarà la posizione della Corte europea di Giustizia sulla legittimità dell'operato

della Banca centrale europea (Bce) se mai decidesse di attuare quando annunziato il 6 settembre 2012, vale

a dire un programma di intervento straordinario di politica monetaria, in una situazione di crisi finanziaria da

debito sovrano (operazioni Omt), al fine di perseguire il suo mandato, cioè tutelare il valore dell'euro - inclusa

l'esistenza stessa della moneta europea.

L'operazione Omt si tradurrebbe in acquisti sul mercato dei titoli pubblici dei Paesi sovrani in difficoltà, alle

stesse condizioni di qualunque altro acquirente e senza limiti quantitativi prefissati. Due paletti fondamentali:

per ridurre i rischi di perdite, le operazioni Omt privilegerebbero i titoli a più breve scadenza e, allo stesso

tempo, per ridurre il rischio inflazione, l'impatto sulla liquidità sarebbe completamente sterilizzato. Alla Corte

europea è stato chiesto - da parte di istituzioni e privati cittadini tedeschi - se una Omt possa essere

considerarsi una operazione di politica monetaria, e se essa non violi il divieto che la Bce finanzi un Stato

membro. La risposta della Corte è che l'Omt può essere una politica legittima, purché la Bce: a) chiarisca il

nesso tra l'operazione e il suo mandato; b) l'assunzione di rischio da parte della Bce non sia eccessiva; c) il

rischio di innescare comportamenti opportunistici nei mercati e quindi negli emittenti pubblici sia controllato;

d) non ci sia nessun finanziamento diretto del Paese (o i Paesi)in difficoltà.

La risposta della Corte dà direttive importanti anche per un possibile Qe. La Corte ci dice che acquisti di titoli

pubblici da parte della Bce possono essere legittimi, a una serie di condizioni. La condizione fondamentale è

la coerenza con il mandato della Bce, cioè la tutela della stabilità del valore dell'euro. Qual è oggi la

situazione?

Gli ultimi dati ci dicono innanzitutto che il tasso di inflazione europeo è negativo: è la prima volta che succede

dall'ottobre 2009. Inoltre sono 23 mesi di seguito che il tasso di inflazione è sotto l'obiettivo del 2%. La

disinflazione può essere buona, neutrale o cattiva a seconda che il rischio che inneschi una spirale negativa

nelle aspettative sia nullo, basso o alto. Se il 22 gennaio almeno la maggioranza del consiglio della Bce

valutasse questo rischio concreto, l'avvio di una operazione Qe soddisferebbe la prima condizione di

legittimità.

Ma come verrà valutato questo rischio? Tutta l'attenzione è puntata sui cosiddetti falchi. Se io fossi un falco,

continuerei a guardare la classica regola di politica monetaria che lega i tassi di interesse all'andamento

dell'inflazione e della crescita. Anche quando i tassi sono zero - come oggi - quella regola mi dice quanto è

espansiva la politica monetaria della Bce. Ebbene: con il prolungato ristagno dei prezzi e dell'economia la

regola mi dice che l'espansione monetaria nel periodo Draghi ha avuto il suo massimo all'inizio - novembre

2011 - e poi è andata affievolendosi, perché la situazione non migliorava, e i tassi al contempo

raggiungevano lo zero. Con gli ultimi dati congiunturali, l'espansione monetaria è nulla.

Quindi, anche se fossi un falco, dovrei riconoscere che, se l'intonazione della politica monetaria deve essere

espansiva - e questo neanche i falchi lo negano - occorre una operazione non convenzionale. Anche per una

altra ragione: l'altro indicatore primario di espansione monetaria - la moneta stampata dalla Bce - ha

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 74

raggiunto il suo massimo nel luglio 2012 - quasi 1.800 miliardi - per poi continuare a contrarsi fino a meno di

1.200 miliardi. Se tassi e moneta primaria scendono insieme, vuole dire che il sistema è sempre più bloccato

dalla trappola della liquidità.

Se il rischio deflazione diventa rilevante, anche il falco tedesco dovrebbe preoccuparsi, per l'Europa ma

anche per la Germania: una sorpresa deflazionistica fa salire in modo inatteso i salari reali, e gli effetti su

competitività e crescita sono tutt'altro che scontati e positivi. A quel punto il Qe diviene una scelta di politica

monetaria di cui non va più discussa l'opportunità, ma piuttosto il disegno delle modalità, anche per rispettare

le altre condizioni evidenziate dalle Corte.

La vera sfida è riuscire a contemperare l'esigenza di affrontare il rischio deflazione - che porterebbe verso un

disegno "radicale" del Qe - con quella di evitare eccessivi rischi in termini di perdite attese per la Bce e/o di

distorsione nei comportamenti di mercati e governanti - che consiglierebbero approcci "standard" al Qe.

Staremo a vedere.

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Garanti del diritto. La Corte di giustizia dell'Unione Europea interpreta il diritto della Ue perché venga

applicato allo stesso modo nei Paesi membri. Giudica le controversie tra i governi e le istituzioni della Ue.

Anche i privati, imprese e organizzazioni possono rivolgersi alla Corte se ritengono che un'istituzione Ue

abbia leso i loro diritti.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 75

INTERVISTA PAOLO ROVIERA AMMINISTRATORE DELEGATO Mayhoola rilancia Pal Zileri e la manifattura di Vicenza «Il marchio ha una grande storia che gli azionisti valorizzeranno» Paola Bottelli «La Pal Zileri è un'azienda con una grande storia e ha soltanto bisogno di essere rivitalizzata. La Mayhoola

for Investement ha un piano di medio termine non speculativo, che intende innanzitutto valorizzare gli 800

dipendenti di Quinto Vicentino e poi raddoppiare i ricavi sopra quota 210 milioni entro il 2019, con un ebitda a

doppia cifra».

Paolo Roviera è il nuovo ceo della Pal Zileri, il marchio controllato dalla vicentina Forall la cui maggioranza (il

65%) è stata rilevata lo scorso febbraio dal fondo del Qatar riconducibile alla famiglia dello sceicco Hamad

bin Kahlifa al Thani. È il fondo che aveva acquisito la maison Valentino, che sta realizzando un'impennata di

ricavi e redditività grazie all'iniezione di investimenti provenienti dal Medio Oriente. Per la Pal Zileri, secondo

ambienti finanziari, Mayhoola ha valutato il brand 16,5 volte l'ebitda del 2013 (stabile rispetto ai 5,73 milioni

del 2012), mantenendo come soci di minoranza gli egiziani di Arafa Holding.

Roviera, quella sulla Pal Zileri è una bella sfida.Mayhoola ha scelto di rilanciare un marchio che ha un forte know how e grandi potenzialità di sviluppo:

l'intenzione è di riportarlo fra i cinque top player dell'abbigliamento, nel segmento del lusso aspirazionale: cioè

in una fascia alta, ma non nel lusso assoluto.

Prezzo al pubblico?Per un abito fatto in Italia di fattura sartoriale partiamo da 1.300 euro per arrivare facilmente ai 3mila o,

addirittura, a 4mila nel caso di tessuti pregiati. Ovviamente ci sarà anche il su misura personalizzato, e quindi

i prezzi saranno anche più elevati.

Pal Zileri sarà dunque made in Italy?A Quinto Vicentino abbiamo una fabbrica vera che occupa 800 persone nella confezione formale: durante gli

ultimi tre anni, quando i fatturati sono calati, sono stati utilizzati gli ammortizzatori sociali per evitare decisioni

drammatiche. Ma ora siamo pronti a gestire il rilancio, anche perché siamo legati a doppio filo con il territorio.

Come avete chiuso il 2014?Il fatturato è di circa 100 milioni, escluse le licenze, rispetto ai 150,7 dell'anno precedente. L'export è l'80%.

L'ebitda del 2014, in percentuale sui ricavi, è lievemente inferiore a quello precedente. Bisogna pensare che

agli inizi del Duemila l'azienda era un benchmark nel settore e il fatturato si aggirava sui 220 milioni.

Dunque volete riconquistare la stessa posizione...Sì, nel nostro segmento, con 210 milioni di ricavi, puntiamo a raddoppiare la quota di mercato all'1,6%. Lo

faremo con un marchio totalmente made in Italy, valorizzando la competenza ineguagliabile di chi cuce un

abito a mano e dunque firmerà l'etichetta con il proprio nome, mentre per la linea Pal Zileri Lab, più

contemporary, non sarà totalmente made in Italy.

Lavoreranno con voi dei terzisti?Sì, abbiamo aggiunto ad esempio dei giubbotti in pelle morbidissima e lavorano per noi artigiani italiani di

altissimo livello, tra accessori e sportswear, dislocati tra Toscana Veneto, Marche e Lombardia.

Novità sulla distribuzione?I monomarca a gestione diretta sono 30, inclusi i corner, e gradualmente faremo un upgrade per arrivare al

23% di ricavi nel retail nel 2019 . Nel wholesale abbiamo circa 500 punti vendita e scremeremo un po'.

Qual è il mercato da conquistare?Gli Usa che pesano solo il 5% ma devono salire al 20% e dobbiamo spingere sui mercati occidentali. In

Medio Oriente siamo già forti.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 76

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Preview. Un look Pal Zileri A-I 2015-16, che sarà presentato domenica, il ceo Paolo Roviera (sopra) e

un'etichetta firmata dal sarto che ha cucito il capo

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 77

Lotta all'evasione. Le delegazioni hanno raggiunto l'intesa su monitoraggio, retroattività delle informazioni eautorizzazione per le banche Accordo Italia-Svizzera alla firma Verranno siglati due testi: contro le doppie imposizioni e sulla «trasparenza» Alessandro Galimberti Lino Terlizzi IL PUNTO

I Governi hanno

trovato un compromesso

sui dati da comunicare:

si andrà indietro

di tre anni

La prima firma sull'accordofiscale tra Italia e Svizzera, atteso da anni e "sbloccato" dalla legge sul rientro dei

capitali (186/2017 entrata in vigore il 2 gennaio) verrà apposta oggi. La conferma all'anticipazione (si veda Il

Sole 24 Ore di ieri) arriva da ambienti ministeriali italiani e svizzeri, da cui emergono le soluzioni di

compromesso - e di reciproco affidamento - raggiunte dalle delegazioni.

Se sulle questioni della doppia imposizione sui redditi, del trattamento dei frontalieri e dello status dell'enclave

di Campione d'Italia la partita era sostanzialmente risolta da tempo - anche se restano da definire dettagli,

rimessi a impegni politici futuri - lo sforzo di intesa delle ultime ore si è concentrato sulle sanzioni da

monitoraggio fiscale per mancata dichiarazione dei fondi esteri (che non beneficerebbero del dimezzamento

dei termini come effetto dell'uscita dalla black list), sull'autorizzazione per le banche svizzere a operare in

Italia e sulla retroattività dello scambio (non ancora «automatico») di informazioni fiscali.

Sul primo punto l'Italia ha garantito che nei futuri provvedimenti dell'agenzia delle Entrate ci sarà

un'interpretazione «autentica» del dimezzamento dei termini sul Quadro Rw. Del resto, dice al Sole 24 Ore il

relatore della legge sulla Vd, Giovanni Sanga , già dall'iter parlamentare risulta chiara l'intenzione (non

trasfusa però nel testo) di considerare «armonizzati» i tempi brevi dell'accertamento e delle sanzioni Rw. Sul

tavolo negoziale la Svizzera ha sempre rivendicato la «non discriminazione» della propria piazza finanziaria

nel momento della sua emersione white list, obiettivo che sembra raggiunto nel bilaterale.

Quanto alle autorizzazione alle banche svizzere in Italia, che Roma vorrebbe posticipare a un accordo quadro

con la Ue, la questione è stata risolta con un impegno dell'Italia a mutuare una parte dell'accordo Rubik tra

Svizzera e Germania (peraltro bocciato da un ramo del parlamento di Berlino e mai entrato in vigore) che

individua spazi di autonomia amministrativa degli Stati membri per agevolare l'ingresso di operatori stranieri.

La palla passa così ora a Bankitalia e Consob.

Sulla retroattività dello scambio di informazioni, invece, è probabile che alla fine si adotteranno i tre anni di

prassi nei trattati Ocse.

Anche sul versante elvetico Jacques de Watteville, che guida la Segreteria di Stato per le questioni

finanziarie internazionali (Sfi), ha confermato che l'accordo con l'Italia è ormai fatto. In un'intervista che il

Corriere del Ticino pubblica oggi, de Watteville spiega che l'esito del negoziato «viene inviato ora in

consultazione ai Cantoni, alle commissioni competenti, le associazioni economiche, secondo la procedura

normale. Ciò avviene dopo una prima consultazione presso gli uffici federali, che si è appena

conclusa».«Normalmente - spiega de Watteville - si comunica il risultato dei negoziati solo dopo che i Governi

hanno apposto la loro firma. Ma c'è una tensione talmente grande su questo tema, in particolare nel Canton

Ticino, che abbiamo deciso di anticipare l'informazione».

«Concretamente - aggiunge ancora de Watteville - verranno firmati due testi. Il primo è l'aggiornamento

dell'accordo di doppia imposizione, con l'introduzione dello scambio automatico di informazioni secondo lo

standard Ocse cui la Svizzera ha aderito. Il secondo testo invece è un documento politico, una sorta di road

map che contiene le soluzioni raggiunte per tutti gli altri dossier. Il documento contiene già tutte le soluzioni

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 78

chiave. Ora bisogna concretizzarle giuridicamente».

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LA ROAD MAP

01 EX «BLACK LIST»

La legge sul rientro dei capitali prevede una norma che, ai soli fini di questa procedura, consente l'uscita dalla

black list dei Paesi a scarsa trasparenza fiscale in relazione ai contribuenti stranieri ospitati (in sostanza, dei

Paesi con il segreto bancario). La legge 186/14 fissa però il termine di due mesi dall'entrata in vigore - quindi

il 2 marzo prossimo - per finalizzare «un accordo» sullo scambio di informazioni con l'Italia

02 IL BILATERALE

La previsione della legge sulla voluntary ha così sbloccato il trattato fiscale con la Svizzera che, per una serie

di vicissitudini politiche (tutte di parte italiana), era rimasto congelato negli ultimi anni, nonostante gli sforzi dei

tavoli negoziali tecnici

03 DOPPIA FIRMA

Oggi i negoziatori di Roma e di Berna firmeranno il primo pre-accordo della doppia intesa, che sarà

definitivamente siglata a metà febbraio, quasi certamente a Milano nel cantiere di Expo 2015

04 I TEMI DELL'ACCORDO

Il trattato riguarda la regolamentazione della doppia imposizione dei redditi, lo scambio di informazioni fiscali,

l'autorizzazione ad operare sul territorio italiano per le banche svizzere, il trattamento fiscale dei lavoratori

frontalieri e lo status doganale dell'enclave comasca di Campione d'Italia

05 I PROVVEDIMENTi

Per le questioni sensibili (sanzioni da Quadro RW e operatività delle banche) c'è l'impegno dell'Italia ad

adottare provvedimenti (Entrate e Consob) che «non discriminino» la Svizzera rispetto alle altre piazze

concorrenti

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 79

Accertamenti «a tavolino». Nel rinvio la Corte si orienta a favore dei contribuenti Sul contraddittorio preventivo la parola alle Sezioni Unite Laura Ambrosi IL PUNTO

I giudici hanno sottolineato

che l'obbligo di confronto

per ora non è previsto

ma figura tra i principi

della delega fiscale

Saranno le Sezioni Unite della Corte di Cassazione a decidere se anche per gli accertamenti a tavolino vi sia

l'obbligo del contraddittorio preventivo e della redazione di un verbale conclusivo.

A rimettere la decisione al Primo Presidente della Suprema Corte è l'ordinanza interlocutoria n. 527

depositata ieri.

Negli ultimi anni, il contraddittorio preventivo ha assunto un ruolo centrale sul presupposto dell'articolo 12

comma 7 dello Statuto del contribuente e sui principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia europea.

In passato, le Sezioni Unite, con la sentenza 18184/2013, hanno affermato che la violazione del termine di 60

giorni previsto dallo Statuto, comporta l'illegittimità dell'atto emesso, ove questo sia discendente da un

accesso presso la sede del contribuente.

La Corte di Giustizia ha ripetutamente affermato che il diritto al contraddittorio comporta che ogni individuo

debba essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo e,

quindi, postula la necessità che il contribuente sia messo al corrente delle contestazioni che l'amministrazione

finanziaria intenda muovergli, per poter manifestare utilmente il proprio punto di vista.

La Cassazione, sempre con una decisione assunta a Sezioni unite, (sentenza 19667/2014) ha affermato che

in materia tributaria, ogni volta che viene adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del

contribuente, l'amministrazione è tenuta ad attivare, a pena di invalidità dell'atto, il contraddittorio preventivo,

indipendentemente dal fatto che ciò sia previsto espressamente da una norma.

Da questi principi si è così posto il dubbio se anche per gli accertamenti "a tavolino", per i quali non risulta

espressamente applicabile l'articolo 12 dello Statuto, esista, in via generale, il diritto al contraddittorio prima

dell'emissione dell'atto. La giurisprudenza formatasi sul punto non è univoca.

Il collegio rimettente ha innanzitutto evidenziato alcune perplessità, legate anche alla sentenza 19667/2014,

poiché in ambito tributario non esiste alcuna norma che impone, in via generalizzata, il contraddittorio

preventivo. E infatti il legislatore quando ha inteso introdurre tale fase, lo ha previsto espressamente. I giudici

hanno, comunque, precisato che tale diritto, teso a consentire al contribuente di "far sentire la propria voce"

su una parte importante del materiale probatorio, può ritenersi funzionale anche alla tutela del diritto di difesa

costituzionalmente garantito. Ciò in quanto, in caso di impugnazione, su quegli stessi elementi probatori si

baserà il convincimento del giudice.

Nella sentenza di rinvio è tuttavia rilevato che un'ulteriore conferma dell'attuale inesistenza di tale obbligo è

contenuta nella delega fiscale: tra i principi è prevista la necessità di introdurre forme di contraddittorio

propedeutiche all'adozione degli atti.

Infine, il collegio rimettente ha precisato che ove le Sezioni Unite ritenessero sussistente tale diritto nel nostro

ordinamento, pur in difetto di un'espressa disposizione di legge, devono essere precisate le concrete

modalità di esecuzione di questa fase.

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L'INTERVISTA Draghi: "È l'ora del coraggio la Germania deve capire" GIOVANNI DI LORENZO DI LORENZO A PAGINA 12 E 13 LUCA di Montezemolo, che ha frequentato la sua stessa scuola, la

descrive come un alunno serio e diligente: Mario, il primo della classe...

«Esagera. Non mi sono mai considerato il migliore, niente affatto. Andavo a scuola perché mi ci

mandavano» Forse però era più responsabile degli altri, visto che ha perso il padre a 15 anni e, poco dopo,

anche la madre. Improvvisamente si è ritrovato ad essere un giovanissimo capofamiglia.

«Ricordo che a sedici anni, dopo una vacanza al mare con un amico, lui tornò a casa e poteva fare quello

che voleva, io invece trovai ad aspettarmi un cumulo di corrispondenza da sbrigare e di bollette da pagare.

Ma i giovani non pensano a quello che gli succede e a come reagirvi. Reagiscono e basta. È molto

importante, salva dalla depressione anche in situazioni difficili» Magari capiscono anche in fretta qual è il

sistema per sopravvivere, ad esempio il lavoro.

«I nostri genitori ci hanno insegnato la religione del lavoro. Mio padre diceva sempre: il lavoroè la cosa più

importante nella vita di un uomo» Chi la conosce bene sostiene che gli anni più formativi della sua vita sono

stati quelli trascorsi negli USA, a partire dal 1971. È vero? «Esatto. Prima mi ha chiesto se c'è stato un

momento in cui ho capito il senso del lavoro. Bene, in America ho imparato cosa significa lavorare sodo e

come si deve lavorare» Aveva nostalgia dell'Italia, all'epoca? «Un po' sì. Ma negli anni Settanta in Italia non si

viveva bene, erano i tempi del terrorismo, dell'inflazione al 20 per cento» L'inflazione non ha divorato il

patrimonio ereditato da suo padre? «Non era un grosso patrimonio, però è stato sufficiente a far studiare i tre

figli. Quando tornai la prima volta in Italia, nel 1976, dell'eredità era rimasto l'equivalente di qualche centinaio

di euro. Il giudice tutelare aveva disposto a garanzia delle mie due sorelle minori che il denaro fosse investito

in buoni del tesoro a tasso fisso. Così tutto il patrimonio era evaporato» Le viene mai da pensare che in

Germania lei è il personaggio pubblico meno compreso in assoluto? «Credo sia vero....» Di chiè la colpa?

Della Germaniao di Mario Draghi? «La mia posizione è semplicissima. Noi abbiamo il compito di garantire la

stabilità dei prezzi. La BCE è stata istituita nella tradizione della Bundesbank, ma con una grande differenza,

perché la BCE nonè responsabile per un solo Paese, bensì per 19. Gli strumenti per assolvere a questo

mandato sono altri. È questo direi il messaggio che alcuni in Germania devono comprendere. Il compito non

cambia, ma i tempi e le circostanze sì. È importante. Comunque probabilmente ha ragione lei, certe persone

sotto questo aspetto non vogliono capirmi» In Germania la gente si chiede come sia possibile premiare Paesi

con una gestione economica fallimentare, che da decenni procrastinano le necessarie riforme, concedendo

loro crediti e bassi tassi di interesse a spese di quei Paesi che hanno lavorato sodo e si sono sacrificati.

«Non è così. Anche grazie alla stretta vigilanza ad opera dei governi questi Paesi laboriosi hanno dovuto

pagare poco o niente. Ma anche le istituzioni europee hanno avuto un ruolo. La BCE finora non ha passivi e

ogni anno distribuisce utili di miliardi ai suoi membri. Anche alla Bundesbank, che li trasferisce al ministero

delle Finanze e quindi ai cittadini tedeschi che ne traggono vantaggio tramite crediti pubblici e privati

straordinariamente favorevoli. E pensi anche ai saldi del sistema target 2» Però quello che più disturba i

tedeschi sono i bassi tassi di interesse e lei due settimane fa ha dichiarato all'Handesblatt che resteranno tali.

«Bisogna fare una distinzione tra gli interessi stabiliti dalla nostra politica monetaria e quelli dei titoli a lungo

termine, che vengono stabiliti dal mercato. Questi ultimi sono importanti per i risparmiatori. Oltre alle nostre

direttive esistono due motivi fondamentali per cui gli interessi a lungo termine sono bassi: In primo luogo

perché tutti i Paesi del mondo e soprattutto quelli dell'Eurozona portano denaro in Germania e investono in

questi titoli - di conseguenza gli interessi scendono. In tempo di crisi la Germania assume il ruolo di porto

sicuro. Quando tornerà la fiducia non dovrebbe essere più così. In secondo luogo gli interessi a lungo termine

sono bassi perché sfortunatamente l'inflazione e la crescita economica si prevedono molto ridotte. Non

appena la nostra politica monetaria porterà il tasso di inflazione nuovamente vicino al due per cento e

15/01/2015 1Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 81

l'economia riprenderà a crescere si tornerà a tassi di interesse normali» Stando a quello che dice quindi la

BCE avrebbe fatto un buon lavoro! «Mi faccia dire chiaramente una cosa: la politica della Banca centrale non

mira a penalizzare i risparmiatori tedeschi, e nemmeno a compensare i Paesi deboli. Il mandato della Banca

Centrale Europea è un tasso di inflazione appena sotto il due per cento per l'intera eurozona. Per conseguire

un simile obiettivo in questa fase occorre tenere bassi gli interessi e puntare a una politica monetaria

espansiva, che accompagni la crescita. Questo è il punto - non punire o ricompensare. Ma qualche volta è

difficile spiegarlo in Germania, anche quando si parla con qualche politico».

Cosa le dicono? «Dicono: Così tu disincentivi i Paesi a introdurre riforme».

E non è così? L'Italia e la Francia sono due esempi.

«Il nostro compito non può e non deve consistere nel farci carico delle riforme che vanno intraprese dai

singoli governi - non ultimo perché ce ne manca la legittimazione democratica. Crede chei risparmiatori

tedeschi se la passerebbero meglio se cercassimo di aumentare il tasso di interesse?» Per come lo chiede,

la risposta è ovvia.

«La risposta è no!» Perché? «Perché poi creeremmo una deflazione e una recessione. È evidente per

chiunque che nella situazione economica presente occorre attuare una politica monetaria espansiva. Se si

praticasse una politica restrittiva, ancora più imprese fallirebbero.E allora gli interessia lungo termine - gli

interessi che influiscono sul risparmio dei tedeschi e più in generale di tutti gli europei- scenderebbero

ulteriormente» Se però il tasso di interesse scende quasi a zero e lei vuole portare l'inflazione attorno al due

per cento, allora verrà erosa una parte ancora più consistente die risparmi che i tedeschi hanno messo da

parte per la loro vecchiaia.

«Questa osservazioneè sbagliata. Infatti, se l'inflazione crescesse dovremmo alzare di nuovo gli interessi»

Che bisogno c'è di un'inflazione, se ne abbiamo una bassa? «Già, perché? Questa lezione l'abbiamo

imparata dal Giappone. Là non c'è questo obiettivo del due per cento, e negli anni Novanta i prezzi hanno

cominciato a scendere. Il problema, pero, non era che i prezzi scendevano, ma che la gente credeva che non

sarebbero mai più risaliti e avrebbero continuato a scendere.

Perciò hanno smesso di comperare perché credevano che più tardi le cose sarebbero state ancora più a

buon mercato. Di conseguenza, la produzione è scesa, i prezzi sono ulteriormente diminuitie l'economia ha

rallentato sempre più» Questa si chiama deflazione.

«Sì. Noi non siamo ancora in questa situazione. Quella che ho descritto, è una spirale negativa

deflazionistica. L'unico fattore che la possa contrastare è la credibilità del nostro obiettivo di inflazione. Per

conseguirlo, è necessario proseguire nella nostra politica monetaria espansiva. Essa ha già favorito un

deciso aumento delle erogazioni di crediti alle imprese. Ma non basta. Se le imprese non aumentano la loro

produttività, non saranno competitive» Questo significa che i Paesi e le imprese devono riformarsi.

«Giusto. La produttività deve crescere soprattutto nei Paesi del cosiddetto Sud. Già prima della crisi qui

molte imprese non erano più produttive, in parte perché non avevano investito nella nuova tecnologia, in

parte perché, nell'insieme, questi Paesi non erano più competitivi. Per molti anni le condizioni di credito

favorevoli gli avevano consentito di importare dal resto dell'eurozona, mentrei loro debiti privati e pubblici

crescevano. La crisi ha chiarito che la crescita può essere mantenuta solo se non è accompagnata da un

livello di indebitamento insostenibile. Se questa condizione non è soddisfatta, a brevi fasi di crescita

seguiranno profonde recessioni, come dimostra la storia più recente degli Stati Uniti e di alcuni Paesi europei.

Questi Paesi devono attuare le loro riforme strutturali per rendere di nuovo convenienti gli investimenti. Lo

dico da anni: noi facciamo la nostra parte, ma i governi devono adempiere ai loro compiti» Vuole dire che qui

cessa la sua influenza? «Noi possiamo soltanto procurare alle banche un accesso al finanziamento; cioè

possiamo soltanto rimuovere gli ostacoli, nient'altro» Allora: abbiamo i crediti a interesse quasi zero. E in più,

l'incredibile fortuna costituita per molti Paesi dal calo del prezzo del petrolio, che peraltro non è dovuta a lei.

Ciò nonostante, i Paesi in crisi stentanoa venirne fuori. Non le viene qualche volta da chiedersi se le sue

misure aiutino davvero? «Vede, il calo dei prezzi del petrolio è una buona cosa, ma nella misura in cui esso

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 82

ha un'influenza negativa sulle aspettative per l'inflazione, è tutt'altro che buono. Il pericolo è che la gente

cominci a credere che il tasso di inflazione non salirà molto presto al due per cento, perlomeno nei prossimi

cinque anni. E questo basterebbe ad accrescere il rischio di una recessione. Il rischio di deflazioneè ancora

basso, ma è comunque maggiore di un anno fa» Teme la deflazione più dell'inflazione? «Né l'una né l'altra

sono desiderabili. Ma dal punto di vista di un banchiere centrale l'inflazione è più facile da combattere della

deflazione. Perché? nel caso di un'inflazione si alzano gli interessi. In questo modo aumenta il prezzo del

denaro, il volume dei mezzi di pagamento in economia si riduce e la pressione sui prezzi e i salari si

alleggerisce. Con la deflazione è molto più difficile. Ora ci troviamo in una situazione nella quale dovremmo

abbassare ulteriormente il tasso di interesse, ma non è più possibile. A questo punto siamo costretti a

ricorrere a mezzi non convenzionali, cioè a modificare le dimensionie la composizione del bilancio della

Banca Centrale Europea» Intende quei mille miliardi che lei nei prossimi anni vuole spendere

prevalentemente acquistando titoli di Statoe sui quali la prossima settimana la BCE prenderà una decisione.

«Non ho mai detto "mille", ma ho soltanto citato come valore indicativo il volume di bilancio che la Banca

Centrale Europea aveva all'inizio del 2012» Ci sarà una maggioranza per il suo piano? «Tutti i membri del

Consiglio della Banca Centrale Europea sono decisia tener fede al nostro mandato. Naturalmente ci sono

differenze su come questo dovrebbe avvenire. Ma le nostre possibilità non sono infinite» Molti tedeschi

temono che gli Stati debitori non possano pagare i loro crediti.

Le opzioni rimanenti in una situazione del genere sono effettivamente terrificanti: bancarotta di Stato, crediti

prorogati in eterno, debiti che accolleremo alle generazioni future ... «In una unione monetaria, questi timori e

la pressione che ne risulta sono uno stimolo in più per i Paesi indebitati ad attuare riforme strutturali

necessarie per la crescita e per il pagamento die loro crediti. Un crollo dell'Unione monetaria non sarebbe

nell'interesse della Germania» Dove sta scritto che tutti i Paesi devono restare ad ogni costo nell'Eurozona?

Non esiste alternativa? Nel 2010 quando si discuteva se intervenire o meno a favore della Grecia, Angela

Merkel definì il salvataggio dell'euro senza alternative'. Da allora l'espressione ha assunto una valenza

particolare in Germania. La denominazione del movimento Alternativa per la Germania nasce da qui.

«I nostri Paesi hanno voluto l'euro. Doveva rappresentare un passo verso una maggiore e più significativa

unità d'Europa. Dall'euro non si torna indietro» Che male ci sarebbe se la Grecia, che tra dieci giorni va alle

urne, uscisse dall'euro, dato che una grossa fetta della popolazione non lo vuole? La UE non potrebbe

digerire la cosa? «Come comprenderà non posso esprimermi ora su questo argomento, perché di qualunque

dichiarazione, in questa fase, potrebbe essere fatto un uso politico. Parlare di un possibile esito elettorale non

ha senso».

In Germania la considerano particolarmente comprensivo nei confronti del Sud. Si trova mai nella condizione

di dover difendere la Germania di fronte agli italiani? «In Italia esistono dei pregiudizi nei confronti della

Germania che sono forti e irrazionali quanto quelli nutriti in Germania verso l'Italia.È compito di noi tutti

cittadini d'Europa combattere i pregiudizi e comportarci in maniera tale che non trovino conferma» Pregiudizio

vuole che la Germania intenda mettere in ginocchio l'Europa.

«In Italia e anche in molti altri Paesi non si capisce che in seno ad una unione monetaria le decisioni politiche

dei singoli hanno effetti sugli altri membri. Non possiamo più comportarci come se fossimo soli al mondo»

Cosa cerca quindi di far capire agli italiani e agli altri Paesi del sud? «Ci siamo dati regole comuni, che vanno

rispettate. In caso contrario cade anche la fiducia. E in assenza di fiducia si mettono in discussione le

premesse della moneta unica» L'accusa di essere un agente dei Paesi del sud la ferisce? Si. Cosa c'è di

male nell'essere considerato uno dei possibili candidati alla presidenza della Repubblica italiana? «Ripeto,

non vorrei alimentare nessuna ipotesi di questo genere. Naturalmente è un grande onore per me essere

preso in considerazione, ma non è il mio lavoro. È importante il mestiere che faccio adesso. Sono lieto di

poterlo esercitare e continuerò a farlo» Ha mai la sensazione di dover fare da capro espiatorio - in un modo o

nell'altro? «Se è questo il prezzo da pagare per svolgere bene il mio compito lo pago volentieri. Ma una cosa

è certa: nessuno in Europa finora ha vinto le elezioni invocando il mio nome».

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 83

copyright Die Zeit (Traduzione di Emilia Benghi e Carlo Sandrelli)

MANDATO EUROPEO La Germania deve comprendere che la Bce ha un mandato europeo che è quello

della stabilità dei prezzi NÉ PREMI NÉ PUNIZIONI Non siamo qui a provocare vantaggi a questo o a quel

Paese, o a punire i contribuenti tedeschi DIFFERENZE SUI MODI Tutti i membri del consiglio vogliono

adempiere al nostro mandato, è sul come che ci sono le differenzeDIE ZEIT OGGI IN EDICOLA Die Zeit

dedica tre pagine a Mario Draghi. L'autore è il direttore Giovanni di Lorenzo "PRIMO DELLA CLASSE

Non mi sono mai considerato il migliore Andavo a scuola solo perché mi ci mandavano ETICA DEL LAVORO

I miei genitori mi hanno insegnato la religione del lavoro Ma è in America che ho capito cosa significa CAPRO

ESPIATORIO "Se questo è il prezzo per svolgere bene il mio compito lo pago volentieri Non sono un agente

dei Paesi del sud

Foto: IL BANCHIERE Mario Draghi, presidente della Bce e, nelle foto a sinistra, la cancelliera Angela Merkel

e il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann

Foto:

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IL RETROSCENA Fitto, D'Alema e gli ex dc le correnti si pesano a cena Nel Pd 50 anti-premier FRANCESCO BEI GOFFREDO DE MARCHIS ROMA. Ieri sera la cena di Raffaele Fitto con i suoi parlamentari. Lunedì a porte chiuse Massimo D'Alema

riunisce i fedelissimi alla fondazione Italianieuropei. Gli ex democristiani del Pd si sono già contati martedì

sera vicino al Pantheon con qualche ora di anticipo sulle dimissioni di Giorgio Napolitano.

Erano 57. «Ma ne mancavano 4 o 5», aggiunge Beppe Fioroni.

Come dire: non facciamo nomi ma siamo una sessantina abbondante, Renzi dovrà fare i conti anche con

noi. È un calendario dell'avvento molto particolare. La data finale non è quella di Natale ma il giorno della

prima seduta per l'elezione del capo dello Stato, il 29 gennaio. È il calendario delle cene, degli incontri

segreti, delle riunioni di corrente. Per contare di più al momento della scelta, per sedersi al tavolo di chi

decide un protagonista assoluto della politica. Per ben 7 anni.

Luca Lotti, per aggiornare il pallottoliere dei grandi elettori ed evitare i rischi del voto segreto, deve

monitorare anche questi appuntamenti. Sapere chi c'era e chi non c'era, quanti erano i partecipanti e quanti i

curiosi, quale indirizzo è stato deciso. Per fare il punto, due giorni fa, Lotti ha organizzato a sua volta una

cena. Numeri piccoli: erano lui, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini e il braccio destro di Franceschini

Ettore Rosato. La corrente del ministro della Cultura (che da qualche giorno nella sede del dicastero

organizza incontri con vista Quirinale) vanta un buon numero di parlamentari, conosce bene i meccanismi

che regolano i gruppi del Pd e gli equilibri per piazzare il nome giusto.

Renzi ha affidato a questo terzetto un mandato preciso: lavorare sull'ascolto dei grandi elettori, «stavolta non

si scherza, non possiamo sbagliare». Lotti ha tirato fuori la sua lista, l'hanno guardata assieme. La

conclusione: si calcolano 50 dem sicuramente pronti ad andare contro il governo e contro il premier, 20 in

bilico ma recuperabili. La verità però è che neanche le correnti scoprono le carte sui candidati. Esattamente

come fa Renzi. Lasciano che trapeli il peso delle rispettive truppe, ma non avanzano proposte. «Non ci

impicchiamo per avere un cattolico», dice per esempio Fioroni. «Basta che sia autorevole». E condiviso dal

gruppetto degli ex Popolari, questo il sottinteso.

Loro spingono per un cattolico come Sergio Mattarella. Senza dirlo però.

Tra i renziani pesa anche l'incognita dell'atteggiamento che terranno i bersaniani. Tolti i "turchi", che si sono

riuniti martedì sera al ristorante davanti al teatro Quirino (con il ministro Orlando) e di nuovo ieri sera, i

seguaci dell'ex segretario Pd si vedranno oggi in vista della direzione. Cesare Damiano, esponente dell'ala

più dialogante, invita il premier a non forzare: «Se si dimostra flessibilità su alcuni temi, come i capilista

bloccati nella legge elettorale, qualche ritocco alla riforma costituzionale, alcune cose ancora aperte sul Jobs

Act - riflette Damiano in Transatlantico - allora anche sul Quirinale Renzi potrà correre su un tappeto rosso.

Se invece ci si irrigidisce...».

Di sicuro peserà anche la partita della legge elettorale, dove lo scontro è a livelli preoccupanti.

Miguel Gotor già preannuncia un voto contrario all'Italicum se resteranno i cento capolista bloccati voluti da

Berlusconi. E sulle sue posizioni sono attestati 40 senatori, tanto che senza il soccorso azzurro difficilmente

la legge elettorale vedrà la luce.

Anche Berlusconi ha iniziato a muovere le sue pedine. Ieri sera a palazzo Grazioli una prima riunione

dedicata proprio al Quirinale ha visto insieme, allo stesso tavolo, sia i forzisti che Gal e i popolari di Mario

Mauro.

«La prima mossa la deve fare Renzi - spiega Mauro uscendo dal vertice - ma abbiamo deciso di coordinarci

per mettere tutto il nostro peso sulla stessa mattonella». Renzi aspetta. La riunione dei dalemiani è un

passaggio di svolta. Si capirà quante truppe ha ancora l'ex premier in Parlamento. Il coordinamento dei

dissidenti Francesco Boccia, Gianni Cuperlo, Stefano Fassina e Pippo Civati è sempre attivo. E oggi Angelino

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 85

Alfano batterà un colpo riunendo Ncd, Udc sotto la sigla Area popolare.

Se Renzi vuole arrivare al traguardo deve fare i conti anche con loro. I numeri dei grandi elettori 63 Ncd 15

Gal 143 Forza Italia 39 Lega 28 Per L'Italia-Udc 33 Scelta civica 28 AutonomiePsi-Pli 446 Pd Fdl 34 Sel 136

M5s 26 Ex M5s Altri Totale 1008CHI SONO

630 DEPUTATI La quota più rilevante dei "grandi elettori" è formata dai 630 deputati 320 SENATORI Dal

Senato arrivano alla seduta comune 320 grandi elettori: Grasso resta fuori ENATORI A VITA Oltre a

Napolitano, sono Ciampi, Monti, Piano, Rubbia e Elena Cattaneo 58 DELEGATI REGIONALI Ogni Regione

invia a Roma 3 rappresentanti, salvo la Val d'Aosta che ha diritto a uno

Foto: RADUNO DEI CLUB Silvio Berlusconi ieri ha parlato ai militanti forzisti

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 86

IL PERSONAGGIO / Le interviste Il toto-Colle della Pascale "Dico Letta, Casini e Amato ma sogno laFinocchiaro" Di Napolitano apprezzo solo che sia nato e cresciuto nella mia città e che sia legato alle sue sorti CONCHITA SANNINO "DEL presidente emerito Giorgio Napolitano salva solo un requisito. «È partenopeo come me, un figlio illustre

della città, uno che ha a cuore Napoli, e soffre se le cose non vanno bene. E quello vorrei ricordare»,

sentenzia Francesca Pascale.

Con una sua singolare riflessione sul presidente che verrà, la ventinovenne fidanzata di Silvio Berlusconi

esce dal riserbo delle ultime settimane, un periodo di inusuale sottrazione - neanche un servizio sulle riviste

patinate o di gossip della casa editrice di famiglia- che sembrava coincidere con una crisi definitiva tra i due,

un allontanamento temporaneo o definitivo: evento poi smentito da entrambi.

«Il resto dei nove anni di "re Giorgio"? Un disastro», per lei. Lady B. respinge quindi l'idea di «un Veltroni o

un Prodi» al Quirinale, come «il diavolo con l'acqua santa. Peccato che nessuno sia acqua santa». Poi

snocciola: «Letta, Casini, Amato», come triade da portare avanti perché «presidente e coalizione» hanno

deciso così. E infine, a sorpresa, si fa sfuggire un sospiro di ammirazione per una signora eventuale outsider.

Quasi un piccolo sogno (istituzionale) proibito: Anna Finocchiaro. Amante delle boutade? O sta prendendo

gusto a giocare da amazzone della dialettica politica? «Io dico quello che penso, da militante convinta e da

cittadina che prova a pensare. Ma poi le scelte toccano al partito, al leader, mi sembra scontato».

Francesca Pascale, si assiste a un coro di saluti riconoscenti e calorosi per Giorgio Napolitano, il Capo dello

Stato più longevo. E lei che viene dalla stessa città, cosa ne pensa? «Devo essere finta, diplomatica,

ipocrita?». Possibilmente, no. Rispettosa, sì.

«Allora devo dire che apprezzo tantissimo solo il fatto che sia nato e cresciuto nella mia stessa cittàe che

obiettivamente sia legato, in particolare, alle sorti di Napoli, del sud. Per il resto penso che non si sia mai

liberato della sua cultura comunista. Ricordo in particolare il saluto, sì quello strano innaturale saluto, tra lui e

il neo-premier Mario Monti. Un altro governo non eletto dal popolo».

Non vale. È propaganda ed è anche datata. Non pensa? «Io penso che lui non abbia rappresentato tutta

l'Italia, che non l'abbia amata tutta».

Il paradosso, comunque, è che oggi ha più fairplay lei, che lo definisce "figlio illustre di Napoli", rispetto al

sindaco de Magistris che ieri, dopo i noti attacchi lanciati verso il Quirinale, ha ignorato le dimissioni di

Napolitano.

«Scusi, vuole mettermi a paragone con de Magistris? Quel sindaco con la bandana è un disastro».

Guardiamo al futuro, parliamo del presidente che verrà. Se proprio fosse costretta a scegliere tra Prodi o

Veltroni? «Mica sono matta».

Scelga.

«Dico Letta. Anzi dico i tre nomi della coalizione, Gianni Letta, Pierferdinando Casini o Giuliano Amato».

Non è troppo paludato come profilo, per lei? Se parlassimo di una donna, per esempio: Anna Finocchiaro?

«Eh , mi piacerebbe».

Lo ha detto al "suo" presidente Berlusconi? «Non scherziamo. Sta sull'altro schieramento, ovvio. Però non

posso negare che sia una donna di carattere, indipendente, con una sua storia. Ed elegante, sì. Il che non

guasta». Si potrebbe leggere, tra queste sue poche parole: "noi del centrodestra non ce l'abbiamo un nome di

donna così, da spendere al Quirinale".

Sorride. «Guardi, già mi massacreranno.

Vuole che non ne esca viva?» PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.forzaitalia.it

Foto: IL RITORNO Francesca Pascale è tornata al fianco di Berlusconi al comizio del leader al Divino Amore

vicino Roma

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 87

TONINELLI (MOVIMENTO 5STELLE) INTERVISTA "Dopo il quarto scrutinio c'è soltanto Prodi Renzi ci chieda il voto" ANNALISA CUZZOCREA ROMA. «Sul Quirinale è troppo presto per nomi e strategie». Danilo Toninelli sceglie la linea della cautela. Il

vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali alla Camera, plenipotenziario dei 5 stelle sulle

questioni istituzionali, dice di non avere fretta: «Non facciamo nomi, ma non perché siamo fermi sulle gambe.

È questo sistema malato che non ce lo consente. Un sistema per cui appena indichi una persona - anche se

è quella giusta - la bruci».

Alle prossime quirinarie proporrete una rosa di nomi? «Nonè stato deciso. Quello che faremo dipende anche

da cosa farà Renzi. Perché se partissimo adesso, e tra i nostri nomi ce ne fosse qualcuno buono per il Pd,

solo per il fatto di averlo fatto al momento sbagliato sarebbe fuori dai giochi».

Mancano 15 giorni alle votazioni. Non rischiate di arrivare impreparati? «Per niente. Loro hanno la

maggioranza, sono loro che devono fare una mossa. Noi non abbiamo preclusioni: se un nome è buono lo

mettiamo sul blog e lasciamo che sia la rete a decidere». Mettereste sul blog anche il nome di Pierluigi

Castagnetti? «Sceglieremo dei requisiti minimi, nonè detto che Castagnetti li abbia».

Forse Sabino Cassese, o Sergio Mattarella? «Ho visto su Internet un'intervista di Cassese che era

un'autocandidatura, di fatto diceva che il presidente della Repubblica dev'essere un notaio».

Perfetto, per voi che avete giudicato Napolitano troppo interventista.

«Sarebbe perfetto per Renzi. Cassese è una copia di Amato, un tecnocrate prostrato al premier e garante

delle banche e della finanza europea».

E Mattarella? «È un democristiano di lungo corso, in piena continuità con il passato. Sono entrambi

pericolosissimi, il contrario di ciò che servirebbe al Paese».

Potreste anticipare il Pd proponendo Romano Prodi - tra i più votati alle scorse quirinarie - e mettendo così in

difficoltà Renzi. Ci avete pensato? «Guardi, se a loro non va bene la quarta votazione, dopo - per il Pd - c'è

solo Prodi.

Se Renzi vuole tenere in piedi questa legislatura, venga a chiederci il voto. Stiamo aspettando».

Foto: Danilo Toninelli, deputato del M5S

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 88

L'INTERVISTA. GILLES VAN KOTE, DIRETTORE DI LE MONDE: "C'È UN LIMITE EVIDENTE: LA LEGGE" "Non fa satira ma incita all'odio: bisogna fermarlo" L'AUTOCENSURA Dopo la strage corriamo il rischio dell'autocensura, ma dobbiamo difendere la nostraidentità DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANAIS GINORI PARIGI. «La libertà di espressione ha un limite evidente: la legge». Il direttore di Le Monde , Gilles Van Kote,

ha aperto sulle colonne del giornale il dibattito intorno al fermo di Dieudonné e alla solidarietà manifestata

invece ai vignettisti di Charlie Hebdo . «Ci sono ovviamente molte differenze tra le persone coinvolte, anche

alla luce dei tragici eventi della settimana scorsa» nota Van Kote. «Ma nel momento in cui vogliamo difendere

un principio, dobbiamo anche domandarci quali sono i suoi confini». Fin dove si può arrivare? «In Francia ci

sono leggi che puniscono l'incitamento all'odio razzista, l'antisemitismo e l'apologia del terrorismo. Dieudonné

ha infranto diverse volte queste leggi in passato. E' recidivo. Nel momento in cui si dichiara solidale con un

terrorista il suo fermo sembra piuttosto giustificato». Dieudonné si giustifica dicendo che sono battute, è

umorismo.

«C'è una differenza tra fare battute sugli ebrei e incitare all'antisemitismo. Gli ebrei per primi scherzano tra di

loro, sono un popolo con humor. Se l'ironia sconfina nell'odio o nel negazionismo allora si infrange la legge.

Nel caso della presunta battuta su Coulibaly il reato è ancora più evidente». L'ironia di Charlie è diversa?

«Nel nostro paese non esiste il reato di blasfemia. Per le vignette di Maometto è difficile parlare di

incitamento all'odio razzista, a meno di non considerare i musulmani un gruppo etnico.

Charlie Hebdo ha avuto diversi processi in passato ma per altri reati, soprattutto la diffamazione». Oltre al

rispetto della legge, come direttore di giornale lei si pone altri limiti? « Le Monde non è giornale come Charlie

. Non pubblichiamo commenti o vignette che ci sembrano inutilmente offensive della religione altrui. Il giorno

dopo l'attacco al settimanale abbiamo ripubblicato una delle vignette di Maometto sotto accusa. L'abbiamo

fatto, come la maggior parte dei giornali, perché era parte della notizia».

Nessun dubbio sul pubblicare la vignetta in copertina del nuovo Charlie ? «No. Tra l'altro mi sembra che

vada nel senso giusto. Riesce miracolosamente a fare dell'ironia su una tragedia. Contiene una parola,

perdono, in cui tutti i credenti si possono riconoscere. Il nostro vignettista Plantu ha disegnato i rappresentanti

delle tre religioni monoteiste che tengono in mano questa copertina».

La minaccia del terrorismo rischia di provocare una forma di autocensura nei giornali? «E' il rischio che

corriamo, passata l'emozione di questi giorni. Ma non dobbiamo cedere e continuare a difendere la nostra

identità, i nostri valori democratici e repubblicani sotto attacco». Capisce alcuni giornali, come il New York

Times , che hanno deciso di non ripubblicare la nuova vignetta di Charlie Hebdo ? «Il posto della religione

negli Stati Uniti è indubbiamente diverso che in Francia. Noi non diremmo God Bless France. Siamo un

paese laico da molto tempo e continueremo ad esserlo».

Foto: IL DIRETTORE Gilles Van Kote dirige Le Monde da maggio del 2014, è succeduto a Nathalie

Nougayrède

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L'INTERVISTA Agamben: "Non siamo in guerra con una religione" (i.v.) GIORGIO Agamben, filosofo, studioso del potere, docente a Parigi, cosa pensa dei fatti francesi? Siamo

davvero in guerra come sostengono molti? «Mantenere la lucidità davanti a un delitto così atroce è difficile,

ma non per questo meno necessario. Dunque mi sembra irresponsabile che alcuni abbiano potuto parlare

apertamente di guerra. "Guerra" significa un conflitto fra Statio potenze che si possono identificare e

chiamare per nome, il che in questo caso, come in ogni atto di terrorismo, è ovviamente impossibile.

Proprio noi in Italia - dove dopo decenni non conosciamo ancora chi siano i mandanti dell'attentato di piazza

Fontana - dovremmo essere i primi a saperlo. Ed è proprio questo equivoco tra terrorismo e guerra che ha

permesso a Bush dopo l'11 settembre di scatenare quella guerra contro l'Iraq cheè costata la vitaa decine di

migliaia di persone e senza la quale forse non avremmo avuto la strage che la Francia sta oggi piangendo».

Eppure molti pensano che per l'Occidente il conflitto con l'Islam sia inevitabile.

«Invece io penso che sia non meno irresponsabile e odioso identificare genericamente nell'Islam il mandante

e il nemico da combattere. Quelli che lo hanno fatto sono senza accorgersene solidali con coloro che

vorrebbero condannare. Mi sembra che la manifestazione di domenica mostri che è possibile una reazione

ferma e politicamente consapevole, ma che non cade in questi errori. Tanto più che occorre non dimenticare

che in un atto di terrorismo, in cui a volte servizi segreti e fanatismo lavorano insieme, è sempre difficile

accertare con chiarezza i responsabili ultimi».

Sta dicendo che c'è qualcosa che è stato tenuto nascosto? «Non sono tra quelli che vedono ovunque

possibili complotti, ma la versione dei fatti cheè stata riferita presenta delle oscuritàe delle incongruenze.E

temo che ora diventi sempre più difficile accertare le responsabilità». Ma ci sono le telefonate registrate dalla

tv francese e i video di rivendicazione che sembrano spiegare tutto in maniera inequivocabile.

«Si parla molto di libertà di stampa ma dovremmo parlare anche delle conseguenze che questo crimine avrà

sulla nostra vita quotidiana e sulle libertà politiche, su cui, col pretesto del tutto illusorio di difenderci dal

terrorismo, pesa già una legislazione più restrittiva di quella che vigeva sotto il fascismo. Anche perché dopo

l'11 settembre in molti paesi, fra cui la Francia, i delitti di terrorismo sono stati sottratti alla magistratura

ordinaria. Inoltre come si è potuto vedere in Francia con l'affare Tarnac e in Italia col processo NoTav, il

rischioè che ogni dissenso politico radicale possa essere classificato come terrorismo. Non tutti sanno che il

Tulps, il Testo unico sulla pubblica sicurezza emanato sotto il fascismo, è per l'essenziale ancora in vigore,

ma che le leggi contro il terrorismo, dagli anni di piombo a oggi, hanno sensibilmente diminuito e

diminuiranno sempre più le garanzie che ancora conteneva». Ma se la società civileè così vulnerabile, a

maggior ragione abbiamo bisogno di leggi che governino la nostra sicurezza.

«La sorveglianza quasi senza limiti che, grazie anche ai dispositivi digitali, vengono esercitate in nome della

sicurezza sui cittadini sono incompatibili con una vera democrazia. Da questo punto di vista oggi senza

accorgersene stiamo scivolando in quello che i politologi americani chiamano Security State, cioè in uno

Stato in cui una vera esistenza politica è semplicemente impossibile. Di qui il progressivo declino della

partecipazione alla vita politica che caratterizza le società postindustriali. Temo che, dopo quello che è

successo a Parigi, questa situazione peggiorerà ulteriormente».

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IL PUNTO Il grande valzer delle Popolari manovre in corso per la governance dellaBpm Nell'istituto milanese posizioni diverse per l'ad Castagna e il presidente Giarda L'idea di una Fondazione deidipendenti VITTORIA PULEDDA MILANO. L'artiglieria pesante deve ancora scendere in campo ma le grandi manovre sono sicuramente in

corso da tempo.

Quello che manca, semmai, è il cantiere ufficiale, quello del consiglio di gestione della Bpm, che si è preso

ancora un paio di settimane di tempo prima di rimboccarsi le maniche (lo farà a partire da fine mese).

Gli schieramenti di massima sono comunque già noti: la gestione, guidata da Giuseppe Castagna e Mario

Anolli, punta ad una nuova governance per la popolare che ricalchi nelle linee guida lo schema già bocciato

nella precedente assemblea (più peso ai soci di capitale, consiglieri di sorveglianza ridotti da 17 a 13 e quelli

di gestione accresciuti da 5 a 7) e che continui a prevedere la netta divisione dei compiti tra consigli di

sorveglianza e di gestione, con quest'ultimo responsabile della linea strategica della banca.

Di tutt'altro avviso sulla divisione dei ruoli una parte consistente dei consiglieri di sorveglianza (e forse dello

stesso presidente Piero Giarda) che tuttavia si scontrano in questo caso con un ben preciso indirizzo voluto a

suo tempo da Bankitalia. Sullo sfondo, ben tre nuove Associazioni (che coagulano facce molto note in banca

ed ex consiglieri) e per sovramercato un'idea emergente, partorita in casa Cgil-Fisac nazionale con il

gradimento della Fabi (e sembra molto meno della Uilca) di promuovere una Fondazione tra i dipendenti, che

abbia un impatto sul consiglio di sorveglianza ma al contempo abbia come faro di cacciare il passato come il

diavolo (i tempi dell'Associazione Amici).

Siamo solo agli inizi dei giochi, che andranno avanti almeno per un mese (il nuovo Statuto dovrà passare al

vaglio di BceBankitalia, prima di approdare in assemblea ad aprile). Sempre che i mal di pancia della Bpm

non vengano risolti d'autorità, dall'esterno, con un intervento legislativo che riordini il settore delle popolari. Se

non altro, di quelle quotate, come si sente da qualche parte ventilare.

Superando anche il tentativo di autoriforma, affidato ad un gruppo di lavoro presieduto da Angelo Tantazzi.

Foto: AL TIMONE Piero Giarda è presidente della Banca popolare di Milano

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 91

INTERVISTA Castellucci:"Noi pronti ad espanderci all'estero ma lo Stato torni ad agirenell'interesse nazionale" L'ad di Atlantia: cediamo il 30% di Adr e investiremo risorse negli aeroporti stranieri ROBERTO MANIA ROMA. «Solo per farle un esempio, noi ci abbiamo messo cinque anni per ottenere l'autorizzazione per aprire

l'asilo nido aziendale al quale, ovviamente, possono iscriversi anche i bambini del quartiere.

Questo è il nostro Paese: è come se la pubblica amministrazione fosse in una trappola». Roma, quartiere

popolare del Tiburtino, headquarter di Atlantia, con azionista di riferimento la famiglia Benetton e una

capitalizzazione superiore ai 16 miliardi di euro. Giovanni Castellucci, dal 2006 amministratore delegato,

ricorda come Atlantia, con le controllate Autostrade per l'Italia e Aeroporti di Roma sia oggi il primo investitore

privato in Italia e al mondo nel settore delle infrastrutture. E pensa di continuare a espandersi all'estero.

«Siamo pronti a far entrare partner fino al 30 % del capitale di Adr - dice Castellucci - e utilizzare le nuove

risorse finanziare per crescere più velocemente nel settore degli aeroporti nel mondo». Dove? «Dove si

presenteranno opportunità su scali con forte potenziale di sviluppo». Intanto, però, avete dovuto lasciare la

Francia. Il governo di Parigi ha fatto dietrofront sull'ecotassa ed è saltato il contratto con voi, vinto con una

gara, per la gestione del telepedaggio. Il governo francese vi restituirà più di 400 milioni. Cosa ci farete? «Li

impegneremo in altri progetti, saranno di supporto ad altri investimenti in Italia e nel mondo». In poco tempo

avete risolto il contenzioso. In Italia sarebbe andato allo stesso modo? Qual è la differenza per un investitore?

«Praticamente il contenzioso non c'è stato. La differenzaè che all'estero la pubblica amministrazione ha la

possibilità di esercitare un certo livello di discrezionalità, ovviamente rendendone puntualmente conto. La

discrezionalità è normale mentre da noi il sistema di norme sembra fatto apposta affinche la PA non possa

decidere».

Nella decisione francese è prevalso l'interesse nazionale o il potere di veto della lobby dei trasportatori?

«Non penso che in questo caso la Francia abbia agito in funzione dell'interesse nazionale. Semplicemente un

progetto che era nato con il supporto di tutti l'ha via via perso. E con una decisione legittima il governo

francese ha fatto marcia indietro onorando con noi tutti gli impegni. Una decisione costosa nella quale non è

estranea la volontà di mantenere con l'Italia un rapporto privilegiato. Tra Hollande, Valls e Renzi mi sembra

esserci un rinnovato rapporto di forte collaborazione. I cui primi frutti in Europa sono già visibili. C'è una cosa

che però vorrei dire sull'interesse nazionale».

Quale? «Che in Francia, e lo stesso vale in altre grandi nazioni europee, tutto il Paese si uniforma

all'interesse nazionale. Reale, non di facciata. Ogni progetto o decisione viene valutato in funzione delle

ricadute sul sistema Paese. ».

E da noi? Sta dicendo che in Italia non è così? «Da noi nel passato parlare pubblicamente di interesse

nazionale creava un certo imbarazzo. Il pragmatismo con cui il governo Renzi ha affrontato alcune questioni

industriali segna un cambio di prospettiva». Quali operazioni industriali? «L'Alitalia ad esempio è stata

un'operazione di politica industriale di successo senza che lo Stato, questa volta, sborsasse un euro. Una

vera operazione di sistema.E poi anche l'approccio su Ilva, anche se molto differente, punta

pragmaticamente alla sostanza dei problemi».

Nei giorni scorsi si è scritto di un piano di riassetto di Autostrade con la cessione di una quota. È vero? «No,

non c'è alcun progetto in corso di cessione di quote di Autostrade. Mentre confermo che puntiamo a cedere

fino al 30% di Adr, per avere piu risorse per crescere nel mondo, non per accrescere il dividendo agli

azionisti. La nostra è da anni una strategia di crescita accelerata nel mondo, ma che lasci nell'azienda

adeguate risorse finanziarie». Quali sono i tempi della cessione della quota di minoranza di Adre il vostro

ingresso in altri aeroporti internazionali? «Entro la prossima primavera ma solo se troveremo partner disposti

a riconoscere il giusto valore di Adr. Trovare nuove risorse non è una necessità per un gruppo come il nostro

15/01/2015 30Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 92

che gode di un rating superiore di due livelli rispetto a quello assegnato alla Repubblica italiana».

C'era bisogno di un nuovo aumento delle tariffe autostradali? «Abbiamo le tariffe più basse d'Europae quelle

di Autostrade sono al di sotto della media italiana.

Aggiungo che siamo il gruppo che, in Europa, investe di più nel potenziamento e nell'ampliamento della rete.

Dopodiché l'aumento delle tariffe, peraltro sotto l'inflazione programmata, fa parte della applicazione di un

contratto».

Lei, come Marchionne, assumerà applicando il Jobs act? «Noi, a differenza di molti altri, dal 2007 a oggi

abbiamo aumentato l'occupazione diretta. Nella sola Italia da 8.300 persone a 9 mila (a cui vanno aggiunti

qualche decina di migliaia di lavoratori dell'indotto). Per noi il fattore lavoro non è un vincolo o un fastidio

bensì un valore. E l'abbiamo fatto aumentando l'efficienza e internalizzando molte attività. La parola

"outsourcing" non fa parte da anni del nostro vocabolario». "LE TARIFFE Abbiamo le tariffe più basse

d'Europa e le nostre sono sotto la media italiana. Ma noi investiamo di più AUTOSTRADE Non c'è alcun

progetto in corso di cessione di quote di minoranza di Autostrade IL JOBS ACT Noi a differenza di molti altri

dal 2007 a oggi abbiamo aumentato l'occupazione di 700 persone POLITICA INDUSTRIALE "Alitalia-Etiahd

operazione di politica industriale di successo Bene anche l'approccio sull'Ilva

Foto: IL MANAGER Giovanni Castellucci è dal 2006 l'amministra-tore delegato di Autostrade e poi anche di

Atlantia, holding del gruppo facente capo alla famiglia Benetton, che presenta, tra le aziende controllate,

anche Aeroporti di Roma

15/01/2015 30Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 93

IL RETROSCENA Mps, Profumo e Viola alla Bce per superare i dubbi sull'aumento I manager e la Nouy dibattono sulle rettifiche Ma il mercato è scettico e il governo cerca partner ANDREA GRECO MILANO. «L'aumento di Mps è un sesto grado: e il manager deve scalare con la Bce contraria, Bankitalia

fuori gioco, il mercato scettico, il cda in scadenza, e Renzi che si guarda bene dal salvare la banca del Pd».

Così un esperto banchiere vede la situazione alla vigilia dell'incontro cruciale di Alessandro Profumo e

Fabrizio Viola con Daniéle Nouy, presidente della vigilanza bancaria.

Altri protagonisti della finanza italiana condividono in parte o in toto il giudizio, per questo l'incontro di oggi a

Francoforte, e il cda di domani a Siena per informare i consiglieri, hanno una delicata importanza.

Entro fine gennaio, come da richiesta Bce del 9 dicembre, il management Mps deve redigere il piano per

colmare il deficit da 2,11 miliardi emerso nei test Bce tre mesi fa, e che si impernia su una ricapitalizzazione

da 2,5 miliardi (quarta in quattro annie superiore al valore della banca in Borsa). Ma l'effetto perverso dei test

sugli attivi (Aqr) e quelli di stress, i cui parametri la Bce chiede di applicare a tutto il libro crediti senese (120

miliardi), potrebbero ampliare le perdite del bilancio 2014. Nei primi nove mesi il rosso fu 1 miliardo, e

spesare tutto l'esito dei test di vigilanza potrebbe più che triplicare il saldo, con l'effetto di consumare più

capitale del previsto e ingrandirne il fabbisogno. Una prima avvisaglia l'ha data la stessa Bce con la capital

guidance fornitaa Siena un mese fa: il 14,3% di Cet1, superiore di circa 1,2 miliardi al 12,8% attuale. Il

14,3%è un obiettivo che nessuna banca in Italia ha, e si spiega con la particolare vulnerabilità legata al libro

crediti, al portafoglio Btp e al modello di business di Mps. Viola e Profumo contano di limare quell'obiettivo,

perché i forti accantonamenti in cantiere riducono anche gli attivi ponderati (Rwa). Solo a febbraio, quando

l'aspra dialettica tra Siena e l'Eurotower sarà chiusa, si capirà l'entità del problema, e delle soluzioni. Ma nel

consorzio che garantisce l'aumento, guidato da Ubs e Citi, cresce lo scetticismo: «Nei disegni della Banca

d'Italia Mps doveva prima risolvere i problemi patrimoniali e poi cercare un'operazione di fusione - spiega un

banchiere - ma qualche volta diventa più opportuno invertire i fattori: prima un'integrazione, poi l'aumento».

Sia come sia il "mercato", che sei mesi fa investì 5 miliardi su Mps e li ha persi, oggi scansa l'azione, caduta

del 19% l'ultimo mese. Gli investitori istituzionali Blackrock e York hanno venduto,i tre pattisti Fondazione

Mps, Btg e Fintech si leccano le ferite. E una schiera di fondi opportunisti affila le armi in vista degli eventi,

malgrado perduri il divieto di vendite allo scoperto. In questa situazione la mossa più logica sarebbe chiamare

la conversione del prestito Monti bond da un miliardo, che ai prezzi d'oggi darebbe al Tesoro circa metà delle

azioni Mps. Ma siamo in Italia. E sulla banca del "vecchio" Pd, Matteo Renzi non vuole prestare il fianco a

critiche politiche. Tuttavia Palazzo Chigi da settimane studia il dossier e le possibili ricadute occupazionali e

sulla stabilità di un sistema provato da sette anni di crisi. Nell'incertezza è difficile trovare un partner per la

fusione con Mps.

Ma dietro le quinte si preparano, discrete, Ubi bancae Bnp Paribas.

La popolare lombarda potrebbe rilevare la rete Antonveneta, i francesi forse anche il boccone intero. E in

caso di soluzione spezzatino ai fondi specializzati o alla futura bad bank andrebbe qualche credito in mora,

per lasciare a Siena il nucleo toscano del Monte.

Foto: AL BIVIO Da sinistra, l'ad del Monte dei Paschi Fabrizio Viola e il presidente Alessandro Profumo, oggi

a un bivio importante nel rapporto con la nuova vigilanza bancaria europea

15/01/2015 31Pag. La Repubblica - Ed. nazionale(diffusione:556325, tiratura:710716)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 94

5 domande a Maurizio Bianconi (Fi) «Così non va Siamo in venti, sarà battaglia» [FRA. MAE.] A metà mattinata Maurizio Bianconi, tesoriere del Pdl in liquidazione, ora in Forza Italia, prende la parola in

aula e sbotta: «Ci vuole una commissione d'inchiesta sul Patto del Nazareno». Si candida a presiederla? «E

dai, era una provocazione. Non mi fanno mai parlare, per una volta che sono riuscito a prendere la parola...».

Per dire? «Per dire che ad alcuni di noi che vengono dal Pdl la Forza Italia che c'è ora non piace. Non è mica

questa roba qui quel che ci avevano promesso quando ci siamo venuti». Alcuni di voi. «Sì, siamo una ventina

e non riteniamo quell'accordo un patto sulle riforme ma un aiuto alla maggioranza. E così si viene meno al

mandato popolare che era quello di fare opposizione». In quello c'è chi vi supera? «Certo. Lega, Sel, e poi il

M5S: loro sono proprio bravi, nomi non ne faccio ma sono forti». Vi farete sentire sul Quirinale? «Vediamo.

Se si trovasse un nome subito come con Ciampi non sarebbe male».

15/01/2015 5Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 95

L'Europa avvisa l'Italia: a febbraio nuovo esame su conti e riforme Padoan dovrà inviare un aggiornamento sul bilancio per avere l'ok alla Legge di Stabilità ALESSANDRO BARBERA MARCO ZATTERIN Chiamatela pure flessibilità, ma gli esami per il governo Renzi non sono finiti. Le procedure europee

rafforzate richiedono un ulteriore, approfondito monitoraggio della situazione economica italiana. Per poter

ottenere uno sconto sull'entità del risanamento necessario, ed ottenere così una piena promozione della

Legge di Stabilità del 2015, entro febbraio il Tesoro dovrà inviare a Bruxelles un nuovo e corposo pacchetto

di informazioni su crescita, bilancio, riforme. La Commissione Juncker, i cui tecnici in queste ore sono in

missione a Roma, sta preparando il verdetto di fine marzo anche sulla base delle previsioni economiche

previste per il cinque febbraio. Oggi a Roma ci sarà il vicepresidente Katainen, e non solo per presentare il

piano europeo sugli investimenti: in agenda c'è un incontro con il ministro Orlando sulla riforma della giustizia.

A Palazzo Chigi sono « fiduciosi» che tutto andrà per il verso giusto e che il giudizio della Commissione sarà

positivo. Le cifre Nell'impianto che chiarisce i margini di flessibilità destinati a rendere «meno stupido» il Patto

di Stabilità Ue - dossier approvato martedì dalla Commissione - una matrice (ebbene sì, quella usata in

matematica) combina fra loro crescita effettiva e potenziale. In questo modo si punta ad attribuire ai Paesi la

facoltà di correggere il deficit strutturale (al netto di ciclo e una tantum) secondo le effettive possibilità offerte

dalla congiuntura economica. Nel 2015 l'Italia potrebbe ambire ad una frenata di 0,25 punti contro gli 0,5

richiesti dai Trattati. Una soglia inferiore allo 0,3 al quale il governo si era impegnato. Conferma Roberto

Gualtieri, presidente della commissione Ecfin dell'Europarlamento: «La Commissione dovrà controllare se lo

sforzo di bilancio è corretto e se i risultati delle misure strutturali sono coerenti con le promesse. La matrice

dice chiaramente che l'aggiustamento deve essere dello 0,25». In sintesi: alla fine il governo avrà a

disposizione un miliardo extra di spesa strutturale, sempre che Bruxelles non abbia da ridire sulla versione

corretta del Piano di Stabilità e del Piano nazionale delle riforme. Se tutto andrà come previsto, se dunque

l'Italia tornerà a crescere come spera il governo Renzi, il 2015 sarà l'unico anno in cui potrà beneficiare

dell'«effetto matrice». Dal 2016 infatti la riduzione del divario fra crescita effettiva e potenziale (il famigerato

output gap) riproietterà Roma nella normalità, ovvero sarà obbligata ad un aggiustamento strutturale di

mezzo punto di prodotto l'anno. Posto che il deficit dovrà restare sotto il 3%, vuol dire che i margini per il

Tesoro saranno nuovamente stretti. Insomma, il 2015 è un'occasione da non perdere, nonostante l'aumento,

inesorabile e per ora inarrestabile del debito pubblico. Il debito A novembre, secondo le rilevazioni della

Banca d'Italia, l'ammontare complessivo del debito è arrivato a 2.160 miliardi di euro, 2,6 in più rispetto ad

ottobre e poco sotto i 2.168 miliardi toccati a giugno e luglio, il massimo di sempre. L'esame di marzo «non è

un problema», minimizza il ministro dell'Economia Padoan. E non lo sarà «indipendentemente dall'esistenza

di nuovi meccanismi di valutazione delle regole». Lo spettro di una manovra aggiuntiva, cui è stato costretto a

fare ricorso lo scorso anno il governo Letta, è «del tutto fuori luogo». Le nuove linee guida sono «favorevoli

per l'Italia, perché la politica economica italiana è basata sulle riforme e sugli investimenti», ora svincolati da

eccessive rigidità, «in una situazione di finanza pubblica sotto controllo». Il governo promette, a parole, il

rispetto del 3 per cento. L'Europa, fino a prova contraria, gli crede. Twitter @alexbarbera @straneuropa

Panorama economico nella Ue Inflazione ai minimi dal '59 n Il tasso medio d'inflazione in Italia è stato dello

0,2% nel 2014. L'Istat fa notare che si tratta del minimo dal 1959. Il dato è frutto del rallentamento dei

consumi Aumenta la produzione n Cresce la produzione industriale in Italia a novembre rispetto a ottobre

(+0,3%) mentre in confronto con novembre 2013 c'è un calo dell'1,8% Consumi elettrici in calo n Nel 2014 la

domanda di energia elettrica ha registrato (a parità di calendario) una flessione del 2,1% rispetto al 2013 Ne

dà notizia Terna. È un segno di rallentamento economico Lo scandalo LuxLeaks n All'Europarlamento i Verdi

hanno raccolto le firme per una commissione d'inchiesta su Juncker per i favori fiscali alle multinazionali.

Decide la presidenza

15/01/2015 12Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 96

Il debito pubblico italiano Livello toccato dal debito delle pubbliche amministrazioni nel corso dell'ultimo

triennio. Cifre in miliardi di euro 2013 2012 2014 OTT DIC GEN 1.996 2.016 2.104 2.170 2.140 2.110 2.080

2.050 2.020 2.000 1.990 1.960 1.930 2.107,2 2.089,5 2.022,7 1.943,4 2.120,0 2.017,6 2.146,4 1.955,1

1.936,2 2.166,3 1.974,7 1.957,4 2.168,4 2.148,4 2.168,6 1.975,6 2.134,0 2.085,3 2.068,6 2.157,5 2.020,6

2.160,1 2.068,9 1.988,36 2.034,7 2.041,3 2.072,8 2.060 1.982,2 1.977,5 - LA STAMPA Fonte: Banca d'Italia

2.074,7 2.075,1 AGO SET NOV FEB APR MAR MAG LUG GIU

15/01/2015 12Pag. La Stampa - Ed. nazionale(diffusione:309253, tiratura:418328)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 97

La tela per il successore «Fumata bianca al secondo giorno» Il piano di guerra di Palazzo Chigi Marco Conti Non si sbottona mentre benedice riunioni su riunioni. Ed è dal suo articolatissimo partito che da solo - o quasi

- potrebbe eleggere il successore di Napolitano, che Matteo Renzi parte per la conta della vita: l'elezione del

presidente della Repubblica. A pag. 3

IL RETROSCENA R O M A Non si sbottona e saltella sul posto mentre benedice riunioni su riunioni, cene su

cene di deputati e senatori le cui conversazioni il super fidato Luca Lotti trasforma in appunti preziosi per

disegnare la geografia interna al Pd. E' da qui, dal suo articolatissimo partito che da solo - o quasi - potrebbe

eleggere il successore di Napolitano, che Matteo Renzi parte per la conta della vita: l'elezione del presidente

della Repubblica.

MASSIMO Dettagliatissimi report all'americana degni di "House of Cards", accompagnati da "alberi

genealogici" delle amicizie e delle inimicizie di ogni singolo potenziale candidato al Quirinale, sono i

misuratori di pressione della temperatura interna al partito affidati al vicesegretario Lorenzo Guerini al quale il

premier ha chiesto di «non perdersi una riunione e una cena». Un metodo, quello di Renzi, che - oltre a

mettere in crisi la dieta di Guerini - capovolge quello a suo tempo adottato da Pier Luigi Bersani. «Nessun

nome calato dall'alto o frutto di riunioni a quattro o cinque», spiegano a palazzo Chigi dove raccontano anche

della volontà di Renzi di accelerare al massimo. «Avremo un presidente della Repubblica entro gennaio»,

continua a ripetere il premier che è infatti pronto a chiedere ai presidenti delle Camere di intensificare il

numero delle votazioni. Renzi la prossima settimana vuole che le Camere - riunite in seduta comune -

facciano due votazioni giovedì e tre venerdì, e non una il 29 e due il 30 come invece stabilito ieri dalla

riunione dei capigruppo. «Si decide tutti insieme e si chiude», sostiene Renzi che solo dopo aver

"tranquillizzato" il Pd, incontrerà con i vicesegretari Serracchiani e Guerini, tutte le delegazioni dei partiti.

Berlusconi compreso. Preoccupato e attento più alle mosse degli altri che a proporne di proprie, Renzi ha

iniziato con molta cautela la partita del Quirinale sulla quale in Italia, e soprattutto all'estero, misureranno la

stoffa della sua leadership. Rispetto ai tentativi di Bersani, Renzi parte da una maggioranza di governo

consolidata da un anno e da un'opposizione - interna ed esterna - molto più frastagliata e incapace di

proporre un candidato unitario fin dalle prime tre votazioni. Tenuta del Pd e tenuta della maggioranza, sono

sempre stati per il presidente del Consiglio i due capisaldi dai quali partire. «Sarebbe assurdo che un

Parlamento che ha dato la fiducia a questo governo eleggesse un presidente della Repubbli

ca con una maggioranza diversa», chiosa il senatore del Pd Giorgio Tonini che a palazzo Madama è

impegnato nel rush finale sull'Italicum. Quindi non un presidente "creatura" di Renzi, ma nemmeno un

presidente contro l'attuale assetto e il programma di riforme in calendario in Parlamento. Solo dalla quarta

votazione, nella quale sono sufficienti 505 voti su 1009, Renzi proporrà a Forza Italia una ristrettissima rosa di

candidati chiedendo invece di votare scheda bianca nelle prime tre votazioni. Analoga offerta verrà rivolta al

M5S e agli ex grillini, ma le conclusioni della ricognizione le tirerà personalmente Matteo Renzi all'ora di

pranzo di venerdì e prima della quarta chiama.

SEGNALI Venerdì, alla riunione della direzione del suo partito il premier insisterà molto sul metodo e sul

coordinamento stretto che la segreteria intende avere con i gruppi parlamentari. Stavolta «niente sms»,

assicurano dal Nazareno, ma «dialogo e confronto», come sostengono i capigruppo Zanda e Speranza. E

che al premier interessi ora dare segnali più al suo partito che a Berlusconi lo dimostrano le parole usate

dallo stesso Renzi ieri sera in tv alle "Invasioni Barbariche": «Se Silvio Berlusconi dice no al nostro candidato

per il Quirinale, ce lo eleggiamo da soli». In realtà il Patto del Nazareno regge e anche il Cavaliere ieri ha

voluto tranquillizzare i suoi dando prova di "opposizione" con la manifestazione di ieri al Divino Amore.

Pantomime a parte, l'intesa regge anche per il ritrovato dialogo tra Ncd e FI che profila una ricomposizione

del centrodestra utile anche a chi nel Pd sostiene sia la volta di un cattolico. Sarà anche per questo che nel

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 98

fanta-borsino del Quirinale i nomi di Sergio Mattarella e Pierluigi Castagnetti sono in rapida ascesa seguiti da

esponenti degli ex Ds come Fassino e Finocchiaro.

La "supplenza"Istituto regolamentato dall'ar ticolo 86 della Costituzione è via del Cor so ANSA palazzo Giustiniani

Monteranno la guardia davanti al por tone di palazzo Giustiniani Pietro Grasso Presidente del Senato

L'UFFICIO Il "Miniquirinale" è palazzo ' COSA PREVEDE Le funzioni del presidente della Repubblica, ove

egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato fino al giuramento del nuovo Capo

dello Stato POTERI DEL SUPPLENTE Emanare leggi Promulgare leggi Accreditare diplomatici Ricevere

credenziali ambasciatori Sciogliere le Camere SIMBOLI I CORAZZIERI Lo Stendardo del Supplente

sventolerà,insieme al Tricolore e alla bandiera europea, fuori da palazzo Giustiniani

Foto: Sopra, Matteo Renzi segue da palazzo Chigi le cerimonie per Napolitano. A destra la bandiera del

presidente supplente. Sotto, il vessillo presidenziale ammainato

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 99

L'intervista Pasquale Cascella (ex portavoce) «Quando dopo la vittoria al Mondiale festeggiò con i giocatori neglispogliatoi» NON È MAI STATO UN UOMO FREDDO E LE MANIFESTAZIONI DI ITALIA 150 LO HANNODIMOSTRATO RICORDO IL SUO SFORZO PER COMPORRE LE FRATTURE NAZIONALI, L'INCONTROTRA LE VEDOVE CALABRESI E PINELLI Mario Ajello Pasquale Cascella, visto dall'interno, Napolitano com'era? «Come dall'esterno. Un personaggio di grande

caratura istituzionale. E dotato di una sottile ironia». L'episodio che più le è rimasto impresso della sua vita

accanto al presidente? «Mi colpisce, ancora adesso, la vicenda della finale della nazionale ai mondiali di

calcio. Andare o non andare a Berlino? Il precedente di Sandro Pertini in Spagna, nel 1982, destava in me

qualche preoccupazione legata al paragone. Pertini era un tipo travolgente e un tifoso accanito, e fu quello

che tornando da Madrid si mise a giocare a scopone sull'aereo con i campioni azzurri. Saremmo riusciti a

stare all'altezza di quel precedente? I dubbi erano nostri - a cominciare dal fatto che non era scontato che

avremmo vinto la partita - e non del presidente. Il quale decise di andare e andammo». E che cosa accadde?

«Ancora ricordo come si lasciò trascinare, dopo la vittoria, dall'entusiasmo dei giocatori che ballavano in

mutande e sudati nello spogliatoio. E lui lì in mezzo, con giacca, cravatta e il suo aplomb. Credo che fosse la

prima volta che Napolitano sia entrato nello spogliatoio di una squadra di calcio. Anche attraverso quel

momento dei mondiali, cominciò ad uscire fuori l'immagine di Napolitano per quella che è e i cittadini si sono

riconosciuti in questo uomo delle istituzioni che ha saputo rappresentare i sentimenti del Paese». Non è un

tipo freddo? «Tutt'altro. E le manifestazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia hanno trasmesso il suo calore. Se

uno non ha una sintonia vera con gli italiani, non potrebbe raggiungere i livelli di popolarità e di consenso che

il presidente ha toccato». E' stata una costruzione pianificata? «Con un uomo così non ci può essere la

costruzione di un personaggio da marketing. Ma il dato più importante è questo. La sua vera preoccupazione

è stata quella di ricomporre le fratture storiche dell'Italia. La frattura tra Nord e Sud. Quella tra le forze

politiche travolte dall'incapacità di rinnovamento». In questo sforzo è riuscito? «Non dimentichiamo che nel

2006, quando è stato eletto la prima volta, era palpabile il rischio di una dissoluzione del sistema politico.

Questa dissoluzione in atto avrebbe potuto travolgere le istituzioni. La sua capacità d'interpretare la massima

istituzione del Paese, che è un'istituzione monocratica, ha consentito allo Stato in quanto tale di non essere

schiacciato dall'anti-politica». Un altro episodio che le è rimasto impresso? «L'incontro al Quirinale tra le due

vedove, la signora Calabresi e la signora Pinelli. Anche qui il discorso è lo stesso: riguarda lo sforzo del

presidente per ricomporre le fratture nazionali. C'erano due mondi separati e contrapposti, quello delle vittime

del terrorismo di destra e quello delle vittime del terrorismo di sinistra, e in mezzo i servitori dello Stato. Con

molta tenacia, Napolitano cercò di far crollare quel muro e quando le due vedove - che avevano viaggiato

insieme in aereo da Milano - arrivarono al Quirinale la distanza tra quei due mondi ancora si percepiva. Ma

poi, ricordo perfettamente che le due signore andarono a salutare il presidente e si abbracciarono tra di loro.

Cominciando a parlare l'una con l'altra, e non lo avevano mai fatto prima. Quello fu un momento di grande

svolta». La pacificazione? «No, qualcosa di più. Quell'abbraccio rappresenta la comprensione tra ragioni

contrapposte. Senza nulla concedere alla rimozione e cercando invece un impegno consapevole nella ricerca

della verità storica». Altra frattura ricomposta? «Quella tra le generazioni. Anche su questo Napolitano si è

impegnato allo stremo. Ricordo ancora la scena di una ragazza la quale, arrivata con una delegazione di

studenti al Quirinale per parlare con il presidente durante le proteste universitarie nel 2010, uscì dallo studio

di Napolitano e esclamò contenta: "Il presidente ci ha trattati da adulti!"». Non è stato troppo tenero con

Berlusconi? «Guarda caso, è stato accusato da una parte e dall'altra, dai berlusconiani e dagli anti-

berlusconiani, per avere compiuto scelte rigorosamente istituzionali. Che di volta in volta non andavano bene

agli uni o agli altri». E con Renzi? «Un uomo come Napolitano, con la sua età, avverte l'affanno del mancato

15/01/2015 3Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 100

cambiamento e vede in Renzi la voglia di correre. Ma il cambiamento bisogna costruirlo mettendo mattone

dopo mattone».

15/01/2015 3Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 101

«L'auspicio dell'Europa: un garante per le riforme» Parla l'ambasciatore di Berlino Schaefers: «Napolitano è stato un'ancora L'Italia è in una navigazione difficile,serve un successore che dia stabilità» Alessandro Di Lellis L'INTERVISTA Con Giorgio Napolitano lascia il Quirinale il garante della stabilità italiana; la Germania, come

successore di quello che considera un amico, si augura una figura altrettanto autorevole che, in stretta

collaborazione col governo Renzi, faccia camminare le riforme. Anche perché la crisi italiana è tutt'altro che

superata. È quanto dice, in questa intervista, l'ambasciatore tedesco Reinhard Schaefers. E nel giorno delle

dimissioni, il presidente tedesco Joachim Gauck vuole ricordare la visita congiunta a Sant'Anna di Stazzema,

teatro di una delle più gravi stragi naziste in Italia: «Le sono profondamente grato per aver percorso insieme a

me questo cammino», scrive Gauck al collega italiano con il quale ha sempre avuto una vera sintonia.

Ambasciatore Schaefers, qual è il giudizio della Germania su Napolitano? «La considerazione verso di lui, in

Germania, senza esagerazione, è superiore a quella verso quasi ogni altro politico italiano degli ultimi anni;

da quando sono ambasciatore a Roma non ricordo alcun visitatore dal mio Paese che non abbia cercato un

incontro con Napolitano; non è la norma, per un presidente non esecutivo, ed è un indizio di quanto sia stata

ampia la sua fama entro e oltre i confini della classe politica, economica e culturale da noi e non solo. L'ho

potuto constatare personalmente durante la visita di febbraio 2013 che era nata come la sua ultima visita di

Stato in Germania (poi le cose sono andate diversamente)». E il suo giudizio? «Agli occhi di tutti i tedeschi

Napolitano è stato un'ancora di stabilità per l'Italia in questi anni. I tedeschi, ben al di là della classe politica,

hanno visto Napolitano come colui del quale, in tempi di crisi, ci si poteva fidare. Un grande europeo, che ha

sempre puntato all'integrazione dal punto di vista dell'Italia. E in secondo luogo un grande amico della

Germania e del rapporto italo-tedesco, come si è visto a dicembre a Torino nell'incontro con il nostro

presidente Joachim Gauck». Si è molto parlato del ruolo del presidente nelle dimissioni di Berlusconi. E dei

contatti con la Germania. «E' fuori discussione che Napolitano abbia esercitato le prerogative del suo ruolo

fino agli estremi limiti previsti dalla Costituzione, non per ambizione personale ma perché lo richiedevano

difficili circostanze. E quei limiti non li ha mai oltrepassati. Per tornare al novembre 2011, ciò che talvolta

viene raccontato è falso. Napolitano non ha avuto alcun contatto o accordo con la Cancelliera Merkel prima

del ritiro di Berlusconi. E' una favola. Non è possibile in alcun modo attribuire un comportamento del genere a

Napolitano, né questo è lo stile della Cancelliera». E subito dopo le dimissioni di Berlusconi, ci sono stati

contatti tra Quirinale e Cancelleria? «Non saprei. Angela Merkel in genere ha avuto molto raramente contatti

diretti con Napolitano. Subito dopo la nomina a premier di Monti, la Cancelliera ha avuto colloqui diretti con

quest'ultimo, in virtù dei buoni contatti con lui, che durano anche oggi. Ma questo non autorizza nessuno a

dire che ci sia stato un complotto». Che cosa vi aspettate dal prossimo presidente italiano? «Che sia

altrettanto valido come Napolitano». Vale a dire? «Che sia un'ancora di stabilità. Nel caso la crisi continui,

che ci sia un uomo o una donna di profilo (come credo si augurino tutti gli italiani e tutti gli europei) che

rappresenti l'unità del Paese. L'Italia non è ancora fuori dalla crisi; che il vostro Paese sia in una navigazione

difficile dal punto di vista economico e sociale è obiettivo, per questo è importante avere un presidente

fortemente integrativo. Poi, ci auguriamo che sia un motore per le riforme, giocando sia in modo discreto, sia

talvolta in primo piano, come ha fatto Napolitano». E se, di fronte alla crisi, il prossimo presidente metterà

l'accento piuttosto sulla flessibilità e meno sulle riforme? «Adesso non possiamo dirlo. Noi tedeschi speriamo

in un ruolo stabilizzante, integratore, che smussi i contrasti. E che si concentri sulla necessità di riforme, di

concerto con il governo e il presidente del Consiglio, perché lì c'è una chiara agenda riformista. Napolitano,

sia in privato che in pubblico, spesso è uscito allo scoperto dicendo ai connazionali e anche a chi in

Parlamento non era convinto di certe misure: qui abbiamo necessità di cambiare le cose, lasciatevelo dire

dall'alto della mia esperienza. Sarebbe eccellente se il prossimo presidente facesse lo stesso». Renzi è una

15/01/2015 7Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 102

garanzia di riforma per Germania? «Come minimo di sforzi di riforma. E' in carica da meno di un anno.

Vediamo un'agenda di riforme chiara, plausibile, politicamente importante e giusta; ci possono essere ritardi e

discussioni; ma vediamo un'agenda di riforme che sistematicamente viene elaborata. E di questo parleranno

il 22 a Firenze il premier e Angela Merkel, nell'incontro bilaterale? «Certo, di che cos'altro dovrebbero

parlare?»

Foto: Reinhard Schaefers

15/01/2015 7Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 103

Il messaggio di Bergoglio e quei timori per la crisi Fra.gia. IL RETROSCENA dal nostro inviato Colombo ( Sri Lanka ) La notizia gli è stata riferita mentre si trovava nel

santuario della Madonna di Madhu, nel cuore dello Sri Lanka. «Santità il presidente Napolitano si è dimesso».

Bergoglio ha dato subito disposizioni perché gli venisse inoltrato un messaggio affettuoso. «Le sono

spiritualmente vicino, desidero esprimerle sentimenti di sincera stima e vivo apprezzamento» per «il generoso

ed esemplare servizio all'Italia». Bergoglio gli riconosce «l'autorevolezza, la fedeltà e l'instancabile dedizione

al bene comune». Si è trattato di una «azione illuminata e saggia» che «ha contribuito a rafforzare» negli

italiani gli ideali di «solidarietà, unità e concordia» in un periodo difficile, segnato da parecchie difficoltà. Il

Papa ha condiviso con Napolitano alcune preoccupazioni sulla tenuta del tessuto sociale, reso fragile dalle

conseguenze della crisi. Tre giorni fa, parlando al corpo diplomatico aveva denunciato «il perdurante clima di

incertezza sociale, politica ed economica». La sua speranza è che «il popolo non ceda al disimpegno e alla

tentazione dello scontro».

Foto: Il Papa con Napolitano

15/01/2015 7Pag. Il Messaggero - Ed. nazionale(diffusione:210842, tiratura:295190)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 104

Ultima mediazione: salire a 750 miliardi con una manovra legataall'inflazione QUALCHE BANCHIERE ITALIANO HA PARLATO CON IL LEADER BCE RISCHIO CONDIVISO SULTAVOLO C'È L'ARMA DI EMERGENZA Rosario Dimito IL RETROSCENA R O M A Prima, tra fine novembre 2008 e marzo 2010, poi fra novembre 2010 e maggio

2011, la Fed allora guidata da Ben Bernanke spese in tutto 2.000 miliardi di dollari in titoli di stato Usa a lunga

scadenza: l'obiettivo, disse il governatore, non era finanziare l'amministrazione, ma contrastare i rischi del

crollo dei prezzi. In queste settimane nell'eurozona, i prezzi sono caduti vicino allo zero, siamo in deflazione,

l'imminente blitz della Bce di Mario Draghi vuol essere un toccasana per stabilizzare i prezzi. C'è chi fa un

parallelo con le due manovre dell'ex numero uno della banca centrale Usa di qualche anno fa, per trovare

una chiave di lettura sulla mossa che il consiglio direttivo di Eurotower varerà giovedì 22. I giochi sono aperti,

di sicuro il presidente della Bce sta alla finestra a guardare, mentre per suo conto, altri stanno conducendo

sondaggi per confezionare una posizione unitaria o di larga maggioranza. INVESTMENT GRADE Draghi

potrebbe spendere anche più dei 500 miliardi in agenda, arrivare a quota 750, con un'operazione di

condivisione del rischio che verrebbe ripartito in proporzione alle quote di capitale detenute dai singoli stati (la

Germania ha il 26%, l'Italia il 18%), scegliendo titoli investment grade e con una durata degli acquisti non

prefissata ma indicizzata all'inflazione: quindi fino a quando non si dovesse raggiungere un livello prefissato

(per esempio 1,8%) il programma resterebbe in piedi. Ci sono 2-3 banchieri italiani che hanno frequentazioni

regolari con Draghi. E chi ha avuto modo di parlargli di recente a Francoforte, dove si è recato in occasione

degli incontri bilaterali banche-Bce sugli sprep (processo di revisione della vigilanza) ha capito le sue

intenzioni. Ma il capo dei banchieri centrali si sarebbe mantenuto una soluzione alternativa o «di emergenza»

che sfocerebbe nell'ultimo dei compromessi ai quali vorrebbe ricorrere perchè lascerebbe con l'amaro in

bocca i mercati: annunciare la decisione del varo di un programma di acquisto di titoli di stato, rinviando a un

secondo tempo, le modalità. Questa soluzione estrema consentirebbe di scavalcare le elezioni in Grecia del

nuovo presidente della Repubblica, in programma domenica 25 ed evitare che la scelta di una tipologia di

titoli o dell'altra (in pratica comprare Sirtaki bond o non comprarli) possa condizionare l'esito della tornata

elettorale. «I tedeschi devono capire che la Bce fa una politica pan europea», ha spiegato ieri il banchiere

italiano che, ormai con cadenza quotidiana, sta distillando l'intenzione di non voler perdere altro tempo e

utilizzare il bazooka che, per la prima volta, ha annunciato nell'estate 2012. Il 26 luglio da Londra, infatti,

proclamò: «La Bce farà di tutto per salvare l'euro». E poi, poco prima di San Silvestro dello stesso anno con

tre parole («Credetemi, sarà abbastanza») galvanizzò le borse per qualche settimana nell'aspettativa di

un'iniezione di liquidità pari almeno a 1.000 miliardi di euro. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti, il

fronte guidato da Jens Weidmann ha sempre contrastato ogni azione. A parte il governatore tedesco e

qualche altro adepto, gli altri potrebbero accettare soluzioni mediane. Ed è quello che stanno cercando di

confezionare l'economista Peter Praet, nato a Herchen (Nord Reno) da padre belga e madre tedesca, uno

dei 20 membri del consiglio della Bce e Vitor Constancio, vicepresidente: entrambi appartenenti alla

maggioranza di Draghi, sarebbero al lavoro per uscire dal guado.

Foto: Victor Costancio, vicepresidente della Bce

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 105

L'angolo di Granzotto Per il Corano siamo malvagi «associatori» Paolo Granzotto Caro Granzotto, sono disgustato dall'ignoranza, o dalla falsità del politicamente corretto, di tante persone

(compreso Papa Francesco) che affermano che l'islam condanna questi omicidi. Ma il Corano , libro sacro

dell'Islam, intima invece di uccidere gli idolatri (compreso Papa Francesco). Nella IX sura si legge: «Uccidete

questi associatori ovunque li incontriate». Così nella traduzione, da lei ripotata, a cura di Hamza Piccardo. Un

po' ambigua perché il vocabolo «associatore» l'ho trovato solo nel Dizionario Enciclopedico col significato: di

«chi procura nuovi associati ad un'opera in corso di stampa». Siamo nel ridicolo. In una traduzione in inglese,

con a fianco il testo in arabo, si legge: idolatri. Antonio Sabatini e-mail Pur essendo di non immediata

comprensione il termine è legittimo, caro Sabatini. «Dicono i giudei: "Esdra è figlio di Allah"; e i nazareni

dicono: "Il Messia è figlio di Allah". Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Ripetono le parole di quanti già

prima di loro furono miscredenti. Li annienti Allah» si legge nel Corano . Giudei e cristiani sono dunque

miscredenti per aver associato - ed ecco gli «associatori» altri dei all'unicità di Allah. Questo è uno dei versetti

che creano imbarazzo («Li annienti Allah»!) a quanti, musulmani e non, si prodigano per sostenere il Corano

monumento alla pace, alla tolleranza e al dialogo. Ed è anche argomento a sostegno delle argomentazioni di

Matteo Salvini - se ne parlava ieri - circa l'errata interpretazione musulmana della Torah . Affermazione che

parendogli bischera fece sbellicare dalle risate Marco Travaglio. In nessun passo della Torah Esdra viene

infatti indicato quale figlio di Dio. Figura eminentissima per l'ebraismo, scriba e custode dei libri sacri Esdra

salva il suo popolo dall'ignoranza della Torah assicurandone la rinascita spirituale. Ma da figlio dell'uomo, non

di Allah.

15/01/2015 30Pag. Il Giornale - Ed. nazionale(diffusione:192677, tiratura:292798)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 106

la stanza di Mario Cervi Obama ha fatto un grosso sbaglio a non presenziare a Parigi Mario Cervi Sta passando in cavalleria l'evidente sgarbo di Obama alla Francia e all'Europa. I giornali americani si sono

scandalizzati per la mancanza di peso politico americano alla manifestazione di Parigi. Non siamo analistidi

politica internazionale,ma èevidente che l'assenzaUsa aParigi voglia dire ben altro. Nessuno sembra

interessato a scoprire il perché dell' assenza. Causato dalla politica nazionale e internazionale della Francia

che va per conto suo? Forse per l'azione in Libia nonostante Obama avesse chiesto l'intervento, che non

doveva andare come gli Usa speravano? Variazioni e decisoni in Mali o qualcosa d'altro che non

conosciamo? insomma qual'è il motivo dell'assenza del Presidente Usa? Roberto Zanella e-mail Caro

Zanella, ho probabilmente il vizio di semplificare e banalizzare i problemi. Incluso oggi anche quello

dell'assenza Usa, o d'una presenza di modesto livello, che è quasi peggio, alla grande manifestazione di

Parigi. Secondo me non è necessario scomodare retroscena complicati, sofisticati e magari tenebrosi per

spiegare la decisione della Casa Bianca e delle sue maggiori propaggini. Obama ha sbagliato

grossolanamente disertando la straordinaria marcia per la libertà e contro il terrorismo. Non è che volesse

deliberatamente offendere quanti alla marcia hanno partecipato. Semplicemente non aveva capito il valore

simbolico e l'importanza politica del corteo: con una quarantina di capi di Stato e di governo: tranne lui. Lo

statista più potente del globo non è nuovo a errori internazionali e a gaffes clamorose che gli sono valsi un

crollo dei consensi elettorali: e che evidentemente hanno pesato di più d'un bilancio economico positivo e

quasi trionfale. A quanto pare non è vero che gli interessi bottegai prevalgono sempre sulle motivazioni ideali.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 107

intervista IL GIORNALISTA Mentana, 60 anni: "Cairo magari fa cazzate, però mi lascia libero" Malcom Pagani IL GIORNALISTA Mentana, 60 anni: " Cairo magari fa cazzate, però mi lascia libero " Pagani » pag. 22 - 23

Sansa tutto il rispetto, vediamo riforme figlie dei dissidi tra il ministro Boschi e Corradino Mineo. Sarà un ' altra

cosa o no? Assistiamo alla dipartita del merito? È scomparso il merito e la gavetta è considerata

inessenziale. È un peccato perché è ancora imprescindibile. Ai pochi giovani che ho in redazione dico che

bisogna essere concentratissimi e umili nel fare tutto. Dal titolo alla didascalia. Il tipico giornalista di mezza

tacca di oggi è quello che non essendo più l ' ultimo della fila, si monta la testa, storce il naso e si rifiuta di

fare ciò che improvvisamente considera sminuente. Senza capire che non c ' è nulla di più appagante del

lavoro giornalistico in comune. Un gusto antico che è al tempo stesso individuale e collettivo. Un gusto che si

è perso. Ha molti amici giornalisti? Ho pochi amici in generale e nessun giornalista tra loro. Ho buoni rapporti

con i miei Gli occhiali sono finiti in un cassetto: " Non li metto da un paio di mesi. Ormai la vita la conosco e

non ho più bisogno di guardare i dettagli. Intuisco le cose. Le percepisco. Mi oriento e tanto mi basta " . Oggi

Enrico Mentana compie 60 anni. Dal Villaggio dei giornalisti, periferia a Nord di Milano, complice una patente

mai conseguita: " Continuo a camminare molto e non mi pesa " , Mentana è arrivato a raccontare quello

globale con un certo anticipo sui tempi, senza credere che la rotta prevedesse tappe o liturgie obbligate: "

Non ho preso neanche la laurea " . Ragazzo di bottega appena maggiorenne a La Gazzetta dello Sport : "

Correggevo bozze " . Praticante al Tg1 a 25 anni: " Facevo le brevi con una felicità che non so dirle e da

milanese in trasferta romana dormivo negli alberghetti. Spendevo di meno e annullavo le incombenze. Aprivo

una porta, mi buttavo sul letto e la mattina dopo ripartivo senza dover controllare se il gas fosse chiuso " .

Direttore a 36: " Il Tg5 partì proprio a gennaio, in queste ore, nel ' 92 " . Con le sigarette sotto chiave e un

primo caffè a cui seguirà corposa replica, Mentana non aspira più a niente: " C ' erano illustri colleghi che

avevano un difetto terribile: appena si sedevano in un posto, pensavano alla poltrona successiva. Non l ' ho

mai fatto e non inizio adesso. Sono a La7 e anche se dire ' non lo farò mai ' è un indizio di cretineria,

proiettandomi in un ipotetico domani non mi vedo in un ' altra tv, ma ai giardinetti. Sono sincero. Conduco un

Tg quasi tutti i giorni, scrivo su un settimanale, collaboro in radio. Ma a un dato punto devi smettere di correre

e - suggeriva Goethe - ricordarti anche di vivere " . Sulla strada del bar scelto per l ' incontro passano coppie

di bucanieri pomeridiani, Marco Giusti e Freccero: " Carlo, ma è vero che vai in tv per farti lavare i capelli? " ,

avvocati che un tempo duellarono per Valpreda e Pasolini di nome Guido Calvi: " Salve santità! " , colleghi,

ammiratori occasionali. A tutti una battuta, un abbraccio, una stretta di mano. In sottofondo la risata di

Mentana. Rumorosa. Coinvolgente. Vagamente cavallina: " Tutto ciò che ti fa staccare almeno per un istante

dalla serietà porta con sé dei meriti. Non mi sono mai fatto una canna, se non per provare, più di 30 anni fa,

ma amo l ' aspetto ludico dell ' esistenza e non me lo sono mai negato. Scherzo, gioco alla Playstation e ho

imparato che l ' ironia è importante, ma l ' autoironia è fondamentale. L ' ho sempre praticata e applicata

anche alle mie manie " . R a cco n t i . Da ragazzo leggevo i giornali dalla prima all ' ultima riga e proprio

come lo stolto di C r isto si è fermato a Eboli sapeva le formazioni di calcio a memoria, io conoscevo anche le

firme dei corrispondenti più oscuri. Ero uno scemo simile. I compagni di Liceo mi prendevano in giro: ' Enrico,

chi scrive da Biella oggi? ' . Quell ' ossessione a qualcosa è servita. Forse era una forma di autismo, ma al

tempo stesso era vera passione. Mio padre Franco lavorava alla Gazzetta dello Sport , tornava a casa per

cenare tutte le sante sere e la domenica mi portava a San Siro. Era il nostro rito. Lo pagavano per scrivere di

calcio. A me sembrava facesse il mestiere più bello del mondo. In breve tempo divenne anche il suo. Sapevo

che non avrei mai fatto il giornalista sportivo. Quello era il lavoro di mio padre. E tutto può fare un figlio nella

vita tranne che calcare i suoi stessi passi. Mi sono comportato di conseguenza. Per due volte mi hanno

offerto di dirigere la G a zze t ta e per due volte ho detto no. Sono pazzo dello sport, ma esistono confini che

non vanno superati. Alla fine degli Anni 70 lei si trasferì a Roma e trovò occupazione in Rai. Mio padre cercò

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 108

un equilibrio tra stima e disappunto. Vedermi partire lo addolorava, ma considerava lo strappo inevitabile. A

vent ' anni, provare a costruire il tuo futuro più che un diritto è un dovere. I miei lo sapevano e avevano

vissuto ben altro. Mia madre era ebrea e a 12 era rimasta chiusa e nascosta per molti mesi in un casolare

isolato. Papà, sorpreso dall ' 8 settembre era andato con i partigiani in montagna. Relativizzare, a casa mia,

rappresentava più di una filosofia. Cosa altro c ' era a casa Mentana? La semplicità dello stupore. Quando mi

regalarono il mio primo registratore, il Geloso, mi sembrò di essere in rampa di lancio a Cape Canaveral.

Oggi i bambini sono ipertecnologizzati e hanno lo smartphone a 7 anni. È meglio? È peggio? Non lo so. So

che la mia generazione è cresciuta in un mondo diverso. C ' era la politica. C ' erano le assemblee. C ' era

una gara a conoscere di più e a primeggiare con la parola per smania di sapere, bisogno di autostima,

necessità di far colpo sulle ragazze. C ' era un bagaglio di nozioni e di ideali da mettere al servizio di

qualcosa. Abbiamo fatto l ' unico lavoro che ci permetteva di non sapere un cazzo di niente e tutto di tutto. Il

mio. Sognavate di cambiare il mondo? Non abbiamo cambiato il mondo, ma ci siamo dati gli strumenti per

raccontarlo. In fin dei conti, un prolungamento e un ' appendice di quel sogno. Siamo a contatto con i fatti. E

con la crisi del mestiere. C ' è un rattrappimento, una regressione che accomuna tv e carta stampata. Il

giornalismo si trova in una situazione terrificante. È arroccato, in difesa, terrorizzato dal cambiamento. È un

prodotto fatto da sessantenni che parlano solo ai sessantenni. In parallelo cresce una generazione che ha

dimostrato di avere un altro calendario e di non ritenere più rilevanti le messe che officiamo. È un passaggio

epocale davanti al quale siamo disarmati. Sembra disarmata anche la politica. Come alla fine del

Rinascimento, l ' Italia somiglia a un paese appassito e preso alla sprovvista dalla modernità. Dal passaggio

all ' euro come dalla rivoluzione digitale. La politica, poi, è finita. Sono cambiati i riferimenti. Crollate le sezioni

e il sistema di cooptazione. Oggi siamo alla democrazia rappresentativa svuotata dalla politica. Un tempo, a

prezzo di notevoli abomini, i partiti coltivavano un ' idea di società che era discriminante. O di qua, o di là. Per

affermare la propria identità ci si scannava. Oggi è tutto liquido. Indistinto. Il Pd governa con il delfino di

Berlusconi. E la verità è che, al di là della capacità operativa di ognuno, nessuno percepisce grandi differenze

tra i leader delle nostre formazioni politiche. Ma idea di come si confrontassero sui modelli alternativi di

società quei meravigliosi pazzi dei nostri padri costituenti? Oggi, con EDITORI colleghi, ma gli amici veri sono

un ' altra cosa. Nel nostro mestiere è tutto un ' ciao, come va? ' . Non ho mai creduto a quelli che hanno 100

amici. Amico è una parola seria. Per contare i miei, basta la mano destra. Ribalto il sillogismo. Colpa del

mestiere che f a? Nel giornalismo funziona così: quel che hai fatto è merito tuo, quel che non sei riuscito a

fare è sempre colpa di qualcun altro. Il sacramento principale, il primo comandamento della professione, è l '

autoassoluzione. E anche con la gratitudine, soprattutto con chi è stato miracolato, non siamo messi tanto

bene. È stato ingrato anche lei? Possibile. Ad alcune persone, penso a Emilio Rossi, già fondatore e direttore

del Tg1, l ' u omo pudico, schivo e coraggioso che mi assunse nel ' 79, sono stato sempre grato. Ma per me è

più semplice. Ho avuto successo e mi sono potuto permettere di dividerne la paternità. Quando resti a metà

del guado, essere generosi è più difficile. Mentana, dicono, è vanesio. Verissimo. Anzi, a tratti direi molto

vanesio. Ma, credo, capace di moderazione. Devi stare attento alle trappole. Amare te stesso non significa

amare il giornalismo. Io ad esempio non mi rivedo mai. Il 13 gennaio 1992 se lo ricorda? Prima edizione del

Tg5. Mi venne offerta un ' occasione incredibile. Potevo assumere chi mi pareva e lo feci. Puntai sui giovani

ed edificammo un telegiornale alternativo a quelli paludati e prigionieri della politica che andavano in onda

sulla Rai. Erano attaccabili. Erodibili. bisognava solo trovare qualcuno che lo facesse. Avevo due regole che

valevano per tutti. Quali? La prima era che i miei giornalisti, 40 in tutto, per usare un termine orrendo,

dovevano essere m u l t i ta s k i n g . Scambiarsi di ruolo. Saper fare ogni cosa. E la seconda? Dovevano

stare lontani dal corridoio. Il vero nemico del giornalismo è il corridoio. L ' antro in cui ci si lamenta e si parla

male del collega per noia o frustrazione. Io li mandavo in onda dalle 6 di mattina alle 9 di sera. L '

occupazione è un ottimo antidoto alla cattiveria gratuita sussurrata di fronte alla macchinetta del caffè. Da

Mani pulite ai sequestri di persona, dalla Guerra in Serbia alle Torri Gemelle, il suo Tg raccontò un decennio

rivoluzionario. Diedi grande spazio alla cronaca. Alle storie eccezionali che capitavano alle persone normali.

15/01/2015 1Pag. Il Fatto Quotidiano(tiratura:100000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 109

C ' era quello spazio e lo occupammo. Poi la cronaca venne monopolizzata da Mario Chiesa, dalle tangenti e

dal crollo della Prima Repubblica e ci trovammo a lavorare su tutto un altro film. Raccontammo tutto senza

guardare in faccia a nessuno che era esattamente ciò che la Rai, per ovvie ragioni politiche, non era in grado

di fare. Superaste il Tg1 fin dalla prima sera. Dopo un anno, Adriano Galliani, un signore che più in là del suo

ruolo nel Milan, disbrigava per Mediaset anche alcune questioni operative, mi chiese di cosa avessi bisogno.

Se volevo un aumento. ' Vorrei un corrispondente a Torino e uno a Bari ' risposi. Non avevamo abbastanza

elementi. Pensi che a Palermo, nel ' 92, per coprire la stagione delle stragi di mafia, fummo costretti a

ingaggiare un ragazzino. Quel ragazzino era Salvo Sottile. Con Berlusconi il rapporto è stato alterno. Nelle

pieghe di una lunga dialettica tra editore e dipendente, c ' è stato spazio anche per una guerra non dichiarata

a bassa intensità? Abbiamo assistito a una gara di celodurismo tra lei e l ' ex premier? I risvolti psicologici,

anche senza scomodare Freud, esistono. E le cose sono sempre più complicate di quanto appaiano in prima

battuta. Pensi a quest ' uomo, ai tempi già molto spregiudicato, che mi assume per fare un telegiornale da

zero e non mi dice ' aiutiamo Bettino ' ma soltanto: ' Faccia il giornale più libero che può ' . E poi pensi a

questa stessa persona che due anni dopo scende in campo e si candida alla guida del Paese. Berlusconi è

sempre stato ambivalente. Lo è tuttora. In cosa consiste l ' a m b i va l e n za? Nel provare a convincerti dell '

esattezza del suo punto di vista. Nel godere a sostenere la genuinità della sua ascendenza libertaria. ' Sì,

sono Berlusconi, ma sono anche l ' editore di G o m o r ra , lo stesso che ha messo Mentana a dirigere il mio

telegiornale di punta ' . Le dava fastidio? No, nella mia situazione specifica caso e necessità si sono

mischiati. Il caso è stato il successo. Andavamo bene e nessuno come il padrone di una società calcistica sa

che ' squadra che vince non si cambia ' . La necessità invece confinava con la paraculaggine. Se hai una rete

in cui si muovono Ricci e Costanzo, con un Tg che dà prima di tutti gli altri la notizia che il tuo editore è

indagato per mafia, farti passare per illiberale è dura. Quindi si è sentito libero in Med i a s e t? Fino a un

certo punto del percorso, con Confalonieri come garante, ho fatto il cazzo che mi pareva. Per questa ragione

non ce l ' ho mai avuta con l ' e d itore Berlusconi e fino a quando è stato possibile, pur essendo stato

destituito dal Tg5, rimasi in azienda e mi diedi un ' altra occasione con Matrix . Solo dopo il quadro si

immalinconì e si corruppe. Come succede in una coppia non più felice in cui ogni pretesto può portare alla

separazione. Vi separaste infatti. Ma sono testimone del fatto che Berlusconi non è un angelo e non è un

diavolo. Senza di lui non avrei fatto il Tg5 e sarei probabilmente finito nel gorgo della lottizzazione Rai. Se

non ci fosse stata alternativa all ' i n f o r m azione canonica, ne avremmo patito tutti. Un ruolo trainante,

Berlusconi l ' ha avuto eccome. Stupisce sentirglielo dire. Il dopo condiziona sempre il prima, quindi se oggi

dici una cosa del genere ti prendono per pazzo, ma fu così. Garantisco. Per fortuna oggi non mi chiedono più

da che parte sto. Non voto e non sono più visto come disertore. Faccio ormai parte della maggioranza

assoluta. Il futuro di Renzi è in salita? Renzi è stato un vero crac, ma oggi ha il problema di maturare e

presentarsi in una veste diversa. L ' effetto iniziale della novità sta svanendo. Anche Aldo Giovanni e

Giacomo erano straordinari quando apparvero a Mai Dire Gol , poi però arriva un momento in cui devi

rivedere il repertorio. Quel momento è giunto anche per Renzi. Non mi dirà che Berlusconi potrebbe persino r

i v i n ce re? Tecnicamente può accadere. Ora tra i due schieramenti ci sono 5 punti di distanza, domani può

succedere di tutto. Quante volte nella nostra storia recente abbiamo visto personaggi destinati al

dimenticatoio riemergere e affermarsi? Non so se sarà il caso di Berlusconi, ma so che abbiamo passato anni

a tentare di prevedere cosa avrebbe fatto e abbiamo sbagliato spesso. Nessuno di noi lo votava e nessuno

faceva parte del suo ' p opolo ' . Ergo, nessuno può dirlo oggi con certezza. Ora a La7 è felice? Quando ho

preso in mano il Tg ero consapevole di dover fare il contrario di quello che avevo fatto nel ' 92. Lasciare la

cronaca per dare spazio anche ad altri mondi. È avvenuto. Come sono i suoi rapporti con Cairo? È vero che

la spending review di La7 è selvaggia? L ' ho visto con i miei occhi, in situazioni delicate e con i potenti

infuriati alla porta, prendere senza titubare le parti dei giornalisti e degli autori. Mi offre libertà assoluta e la

cosa incredibile è che rompiamo le palle da sempre lamentandoci dell ' assenza di un editore puro e io l ' ho

trovato dopo 35 anni di televisione. Magari fa delle cazzate, ma si occupa di carta stampata, editoria e

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 110

televisione. Non di altro. Ci sarebbe anche il Torino Fc, ma è un ' altra storia. Però taglia i costi, giusto? Non è

prodigo e tra uno con le mani bucate e Scrooge, il secondo gli è più affine. Ma con i numeri de La7 si poteva

operare drasticamente e lui ha evitato. È vero, siamo in spending review, ma chiedo? Conta più la libertà o l '

optional? A me di guadagnare un po ' di meno frega zero. Anche perché noi ' vecchi ' a bbiamo una

responsabilità della Madonna. Q u a l e? Redistribuire un po ' dei soldi che guadagniamo. Noi lavoriamo e i

giovani no. Per giustificarci ci diciamo che li manteniamo noi, ma forse, se potessero scegliere, i ragazzi

farebbero per conto loro. Cosa propone? Un atto di solidarietà generazionale. Se ci dicessimo davvero '

guadagniamo un decimo in meno e assumiamo altre 3 o 4 persone tra i 25 e i 30 anni ' firmerei subito.

Quante cose si potrebbero fare con quei soldi? Si faranno? Non lo so. Lo spero. Andrebbe invertita la

tendenza. Lei sa quanto guadagna un direttore di giornale? Sfiora il milione di euro. Con la metà starebbe

peggio? La verità è che certi giornalisti passano la vita a fare i giornalisti dipendenti e, anche se non lo

ammetterebbero neanche sotto tortura, sono assetati di soldi. Eppure potrebbero fare un gesto importante e

rendere un servizio serio. Si lavora per la gloria, per il potere, soprattutto per non stare a casa. Non certo solo

per la pecunia. Lei per che cosa lavora? Compatisco gli schiavi della mondanità, quelli che trovi a tutte le

feste. Io riesco ad andare al cinema un paio di volte l ' anno e cerco di essere un uomo del mio tempo. Non è

facile. Me ne sono reso conto quando mi hanno indicato una ragazza ' quella somiglia a Lady Gaga ' . Non

sapevo chi fosse. Qualcosa per strada te la perdi, tutto non puoi inseguire. A scuola non ero un secchione,

ma quello che studiava affannato la notte prima degli esami. Umberto Eco sostiene che invecchiare sia

merav i g l i o s o. È presto per dirlo. Quando comincerò a invecchiare le darò la mia opinione.

A Mediaset, fino a quando Confalonieri è stato il mio garante, ho fatto quello che mi pareva. Per questo non

ce l ' ho con l ' imprenditore Berlusconi e fino a quando è stato possibile, pur destituito dal Tg5, rimasi in

azienda con Matrix. Solo dopo il quadro si corruppe

Cairo mi offre libertà assoluta e la cosa incredibile è che rompiamo le palle da sempre lamentandoci dell '

assenza di un editore puro e io l ' ho trovato dopo 35 anni. Magari fa delle cazzate, ma si occupa di editoria e

televisione. Non di altro. Ci sarebbe anche il Torino, ma è un ' altra storia

Ai pochi giovani che ho dico di rimanere concentrati e umili nel fare tutto. Il tipico giornalista di mezza tacca si

monta la testa, storce il naso, si rifiuta di fare ciò che considera sminuente. Senza capire che non c ' è nulla di

più appagante del lavoro giornalistico in comune

Foto: IN TELEVISIONE DAL 1980 Dal Tg2 a La7, passando per il Tg5 Enrico Mentana è nato a Milano il 15

gennaio 1955. Assunto in Rai nel 1980, ha fondato e diretto il Tg5 dal 1992 al 2004. Lascia Mediaset nel

2009; dal 30 giugno 2010 è direttore del telegiornale de La7 Ansa A fianco, Silvio Berlusconi in una foto dei

primi Anni 90 e Urbano Cairo, proprietario de La7. Nella pagina a fianco, Enrico Mentana e la prima

redazione del Tg5 Ansa

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 111

Sacconi «Il mio dissenso su Eluana, lavoro e anomalia giudici» Intervista/2 Il capogruppo Ncd in Senato: «Onoro una grande personalità della politica, anche se non sonostato sempre d'accordo con lui» Giovanni Grasso "Napolitano è stato un grande presidente, che onoro. Senza però dimenticare anche i grandi dissensi che ho

avuto con lui». Il capogruppo di Ncd al Senato, Maurizio Sacconi, socialista di lungo corso, spiega: «In un

giorno come questo, in cui prevalgono sentimentalismi e retorica, credo che una personalità come Napolitano

non possa che apprezzare anche un po' di sano, franco e rispettoso esercizio della critica». Un ritratto in

chiaro-scuro? Conosco e stimo Napolitano da molto tempo, da quando era all'interno del Pci il riferimento

dell'area migliorista, che sosteneva la necessità di un confronto ravvicinato con il partito socialista di Craxi.

Ho sempre apprezzato il suo posizionamento nel partito avendo egli partecipato con spirito critico ai suoi

errori storici. E da capo dello Stato che giudizio ne dà? Un uomo sicuramente dotato di una grande

intelligenza politica, merce rara nella cosiddetta Seconda Repubblica. Ha esercitato le funzioni di capo dello

Stato svolgendo con forza il suo ruolo di garante della Costituzione, che lo ha portato anche a intervenire nel

merito dei provvedimenti. Devo dire che a me non dispiace un ruolo forte del capo dello Stato e mi auguro

che il Parlamento trovi un successore altrettanto autorevole. Quanto ai dissensi? Innanzitutto ricordo quando

noi, con il governo Berlusconi, tentammo di salvare la vita di Eluana Englaro, con un provvedimento urgente

perfettamente rispondente al nostro ordinamento costituzionale e a quello del nostro Servizio Sanitario

Nazionale che è istituzionalmente orientato alla vita. Come è noto, con una iniziativa senza precedenti,

Napolitano ci fece sapere che non avrebbe controfirmato la legge. Si trattò di uno stop preventivo senza

precedenti che non ci impedì tuttavia di deliberare il decreto poi bloccato al Quirinale. Ce ne sono stati altri?

Essenzialmente altri due. Non ho condiviso le posizioni del presidente sulle riforme del lavoro: Napolitano è

stato a mio giudizio troppo attento a difendere e conservare il vecchio impianto lavoristico e delle relazioni

industriali. Poi devo dire che avrei sperato di più dal suo ruolo di presidente del Csm per risolvere l'anomalia

giudiziaria che ancora persiste nel nostro Paese e che Napolitano ha sperimentato su se stesso durante

alcune fasi di indagine sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Proviamo a fare un bilancio conclusivo? Un

politico a tutto tondo, una personalità autorevole, che continuerà, ne sono sicuro, anche nel suo nuovo ruolo

di senatore a vita, a essere operoso sulla base delle sue forti convinzioni.

Foto: CRITICO. Maurizio Sacconi

15/01/2015 4Pag. Avvenire - Ed. nazionale(diffusione:105812, tiratura:151233)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 112

PICCOLA POSTA Adriano Sofri Il Quirinale è un po' una prigione, ha detto Napolitano a una bambina. Alle bambine si dicono le cose più

importanti. Per una volta i carcerati italiani si saranno rammaricati dell'uscita di uno di loro.

15/01/2015 2Pag. Il Foglio(diffusione:25000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 113

IL PUNTO I mercati vogliono tagli alla spesa pubblica. E alla fi ne li otterranno La prudenza di Padon non porta fuori dalla stagnazione EDOARDO NARDUZZI Pier Carlo Padoan ha fatto sapere che nel 2015 la recessione, entrata nel suo quarantatreesimo mese,

dovrebbe terminare. Nessuna, purtroppo, dichiarazione un minimo più coraggiosa, come la situazione

richiederebbe, sulla crescita attesa nel 2015 post forte deprezzamento dell'euro e calo del barile, lasciando il

serio dubbio che senza il soccorso inaspettato della congiuntura internazionale il pil sarebbe restato ancora al

palo anche nell'anno appena iniziato. Padoan si augura anche la partenza del Qe, acquisto di titoli di stato,

da parte della Bce per arginare il pericolo deflazione. Cosa effettivamente succederà il 22 gennaio al board

della banca centrale europea è difficile da prevedere, ma è sicuro che i falchi anti quantitative easing avranno

facili argomenti da mettere sul tavolo: non è ancora chiaro se si tratta di un calo dei prezzi o di vera de azione

perché le aspettative non sono facilmente decifrabili; non è ancora chiaro quanta in azione sarà importata dal

deprezzamento dell'euro; non è per nulla intellegibile il ciclo dei prezzi del barile petrolifero. In più ci sono le

elezioni greche del 25 gennaio. Insomma tanti argomenti per sterilizzare ogni decisione ed evitare un Qe che

per dimensioni annunciate servirebbe a poco e sarebbe ancor più nocivo per l'eurozona se attuato per singoli

paesi con le banche centrali nazionali incaricate di comprare i loro titoli di stato. In questo modo tutto il premio

per il rischio fi nirebbe sui loro bilanci. La Bce sarebbe un consolidatore non il vero compratore dei Btp.

L'impressione è che ci sia un'eccessiva timidezza, in primis da parte del ministro dell'economia Padoan, nel

dire con la necessaria chiarezza e determinazione la verità che si sta già incorporando nelle aspettative del

mercato: l'eurozona rischia la stagnazione secolare e rischia più di ogni altra area economica del globo,

perché offre degli arbitraggi con guadagno sicuro a chiunque vuole muoversi all'interno del suo mercato. La

stagnazione secolare è un evento dalla probabilità molto vicina a 1, senza un Qe all'inglese o riforme alla

lituana in Italia e in Francia, mentre è un'ipotesi molto remota in Germania. Il pil tedesco potrà anche

rallentare ma diffi cilmente entrerà in stagnazione prolungata, mentre quello italiano ci è già da quasi quattro

anni. Il rischio della stagnazione secolare necessiterebbe in Italia di una capacità di azione e di intervento

nelle riforme di gran lunga più incisiva di quella che l'accademico Padoan riesce a produrre. Tutti gli investitori

sanno che nella contabilità del pil il costo della spesa corrente pubblica entra al nominale: senza la partita di

giro dell'intermediazione pubblica il pil sarebbe perfi no più basso di quanto non sia oggi. E i mercati il taglio

della spesa improduttiva lo vogliono e, Padoan o meno, lo otterranno. Altrimenti sarà stagnazione secolare.

15/01/2015 2Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 114

Marco Taradash: dobbiamo difenderci, non solo dai terroristi, ma anche dalla loro cultura Lotta dura al nazismo musulmano In caso contrario, fi niremo sottomessi a una religione I musulmani hanno diritto a costruirsi le loro moschee.Oggi però, chi le gestisce, deve dare sempre la massima collaborazione nella lotta all'estremismo tra le loro fila I "no euro" vogliono "meno Europa". E invece le gravissime sfi de che ci attendono oggi, esigono, anche inquesto campo, molta più integrazione fra le varie polizie nazionali I cristiani, anche se nel Vangelo si predical'amore, hanno commesso tante persecuzioni. I GOFFREDO PISTELLI Nei giorni scorsi ha pubblicato, via Twitter, un estratto del Palestinian Information Center, organo di Hamas,

che lanciava la stessa accusa di doppiopesismo circolata in questi giorni da più parti: silenzio sui «milioni di

morti musulmani» e l'indignazione per i 12 uccisi di Parigi, oltretutto «coinvolti nell'oltraggio al Profeta

dell'Islam». Marco Taradash, livornese, classe 1950, consigliere regionale del Ncd in Toscana, ha voluto così

ricordare che c'è tutto un mondo, per così dire «terzista», che fra i terroristi e le democrazie europee e

occidentali decide di non schierarsi. Domanda. È un pensiero che tenta anche un po' di Europei,

ammettiamolo... Risposta. Corre per l'Europa (e c'è fra gli europei) una voglia di venire sottomessi più di

quanto ne abbiano certi musulmani di sottometterci. D. Già all'indomani delle raffiche dei kalanshnikov e

mentre i due killer erano i fuga e un terzo arraffava ostaggi, la preoccupazione di molti, specialmente a

sinistra, pareva unicamente quella di dire che non esiste una questione islamica. Tanto che Francois

Hollande, la sera della strage, è riuscito a non pronunciare questo aggettivo. R. Qui occorre una

digressione... D. Facciamola pure... R. Dio è Dio, che ci si creda o no. Ora la religione è il tentativo degli

uomini di interpretare la divinità, socialmente, statualmente, e di promuovere il loro credo. Insomma si parla di

uomini, chiaro? D. Chiarissimo, sin qui... R. Bene, è un fatto che ci siano uomini i quali danno una lettura del

Corano che è violenta e militare, e ambiscono a una diffusione di tipo imperiale dell'Islam. Un fatto non

controvertibile. È un po' come se da noi, 30 anni fa, si fosse voluto parlare del rapimento e dell'uccisione di

Aldo Moro, tacendo del desiderio delle Br di costruire il comunismo. E infatti c'era chi parlava di «sedicenti

Brigate rosse». Ora sappiamo bene che non è la sola lettura dell'Islam e del Corano possibili. E d'altra parte...

D. D'altra parte? R. Anche noi cristiani, nell'accezione culturale, di civiltà intendo, sappiamo bene come il

cristianesimo sia stato una concausa di veri e propri massacri, nonostante nel Vangelo non si trovi una riga

che giustifi ca l'uccisione ma che, anzi, Gesù Cristo abbia predicato l'amore cioè l'esatto contrario della

violenza. Eppure, nonostante questo, uomini cristiani hanno lasciato una lunga scia di persecuzione e di

morte. Figurarsi, allora, che cosa può provocare la lettura di certi versetti coranici che inneggiando

chiaramente alla guerra santa. D. E dunque che cosa si deve fare, o non fare? R. Si deve distinguere. Credo

che valga l'insegnamento di Karl Popper: dialogare con chi vuole dialogare e nessuna tolleranza contro gli

intolleranti. D. Cos'altro scorge nell'atteggiamento europeo di cui stiamo parlando? R. C'è un senso di colpa,

tutto occidentale, di chi è diventato abbastanza liberale e abbastanza democratico sconfiggendo, via via, i

nemici della libertà e della democrazia. Una lotta fra bene e male, anche sanguinosa. E oggi si sarebbe

disposti a sacrifi care il bene conquistato, in nome del male. Un convulsione ideologica, un paradosso che

porterebbe a volere la sottomissione a una religione. Una cosa che non vuole neppure minimamente la

maggioranza dei musulmani europei, per esempio. D. Lei, poc'anzi, ricordava gli anni '70 e certi Italiani

dinnanzi al terrorismo rosso. A me pare che siamo un po' ritornati a quell'affermazione di Leonardo Sciascia,

caro a lei come a tutti i radicali, che tuttavia disse: «Né con lo Stato né con le Br». R. No, innanzitutto

Sciascia non disse quella frase, ma gli fu attribuita dai suoi detrattori. D. Puntualizzazione utile ma era la

frase, più che il suo effettivo autore, che mi interessava... R. In ogni caso a quell'atteggiamento, che c'è, ha

risposto molto bene il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio sabato scorso... D. E cioè? R. A un lettore, un

sacerdote, che gli scriveva di non voler essere « Charlie », perché non poteva accettare quelle vignette

blasfeme, il direttore del quotidiano dei vescovi rispondeva che era legittimo ma che, di fronte a una carnefi

cina, non ci poteva essere incertezza. I n s o m m a che neutralità, oggi, s i g n i f i c a giustificazionismo. Ora

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 115

è chiaro che la satira, mi perdoni, è fatta per rompere i coglioni. Dopodiché la risposta è, eventualmente, di

non leggerla. D. Veniamo ai ri essi sulla politica italiana. La Lega e altre forze hanno utilizzato temi da sempre

a loro cari, come la necessità di bloccare l'apertura di nuove moschee o centri islamici. Che ne pensa? R.

Che bisogna calare tutto nelle realtà e nel tempo che viviamo. Oggi si richiede a chi guida le moschee

qualcosa di più, vale a dire che siano nostri fratelli nella lotta all'estremismo islamico. Bisogna cioè chiedere l

la loro collaborazione m a s s i m a nella lotta al nazismo musulmano, chiamiamolo pure così, dato che ci

sono presenze di nazismo vero e proprio e non si può far fi nta che non sia così. D. Viene chiesta una lealtà

ancora maggiore, lei dice? R. Dico che se viene data questa collaborazione, in modo chiaro e trasparente,

non c'è nessuna ragione per limitare la diffusione dei centri di culto islamici. Ma ci deve essere. D. Un'intesa

con lo Stato, come avviene con altre religioni, sarebbe utile? R. Sì lo sarebbe. Il problema è che il mondo

islamico appare molto frazionato e ci sono problemi di rappresentanza. Purché, ripeto, la lotta a questo

nazismo sia al centro di ogni accordo con la parte musulmana: devono farsi sentire e non chiudere gli occhi.

D. Che cosa le è piaciuto e cosa no della manifestazione parigina di domenica. R. Abbiamo visto sfi lare fra i

capi di Stato anche personaggi che non sono campioni di libertà. D. Beh, secondo i nostri canoni non è

semplice mettere insieme troppi Paesi. R. Sì, per capirlo, basta prendere come criterio la persecuzione dei

cristiani: tra i 20 stati che lo fanno, oggi, tolti Vietnam e Corea del Nord, tutti gli altri sono musulmani. D. E

quindi, che facciamo? R. Fra questi ultimi stati, tutti illiberali, ci sono i nazisti veri e propri e poi i fascisti, che

sono la maggior parte. Ossia illiberali ma meno fanatici che dicono: all'interno dei nostri confi ni facciamo i

fatti nostri, ma voi usateci come alleati. In effetti la manifestazione di Parigi metteva in mostra questa

ipocrisia. D. Infatti torna di moda il generale egiziano Al Sisi, oggi visto come uno statista moderno, pur

essendo un golpista... R. Viviamo nell'anno 2015, e bisogna accettare di vivere nelle contraddizioni.

Chiuderle è più facile. D. Veniamo alle soluzioni pratiche. Si parla di fare dietrofront rispetto al Trattato di

Schengen. Che ne pensa? R. Signifi ca rinunciare all'Europa. Come se gli Stati Uniti, l'11 settembre avessero

chiuso la frontiera fra New York e il New Jersey. Saremmo il nulla assoluto, allora meglio cedere alla

sottomissione islamica. D. Si parla di rivedere il diritto alla privacy, per acquisire le liste passeggeri degli aerei

da e per l'Europa. R. Mi paiono cose che si possano fare uffi cialmente o non uffi cialmente, cioè a livello di

servizi di intelligence. Io spero ci pensino questi ultimi e, se non lo fanno, sbagliano: tener sotto controllo

persone che potrebbe dar luogo a una militarizzazione dell'Islam è necessario. Se una cosa emerge in questi

giorni è proprio quella che i «No euro» sbeffeggiano e cioè più Europa: più integrazione, più polizia servizi e

più polizia continentali.E mi faccia dire un'altra cosa... D. Prego... R. Non è possibile nessun cedimento

culturale, neppure in nome della lotta al terrorismo, sarebbe una sconfitta. Siamo l'Europa e dobbiamo

difenderci non solo dai terroristi ma anche dalla loro cultura. twitter @pistelligoffr © Riproduzione riservata

15/01/2015 9Pag. ItaliaOggi(diffusione:88538, tiratura:156000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 116

CARTA CANTA Soddisfazioni dalla finanziaria di Mediobanca (Fin.Priv.) Restyling del Gruppo di Renzo Rosso (jeans) ANDREA GIACOBINO Finalmente buone soddisfazioni di fine anno per i sei grandi soci di Fin.Priv., la finanziaria che detiene

l'1,66% di Mediobanca e che è presente nel patto di sindacato dell'istituto. Qualche giorno prima della fine

dello scorso anno, infatti, l'assemblea della società, presieduta dall'amministratore unico Franco Zambon, ha

deciso di distribuire agli azionisti un dividendo di 2,1 milioni di euro in misura proporzionale alle quote

possedute, quasi triplicato rispetto alla cedola di 720 mila euro dello scorso esercizio. Fin.Priv. con un

capitale di 20 milioni vede come soci Fonsai (Unipol) col 20% mentre Assicurazioni Generali, Fca,

Italmobiliare, Pirelli & C.e Telecom Italia si spartiscono equamente il resto delle quote. Si tratta di soggetti

che, ad esclusione del gruppo tlc, sono già anche azionisti diretti, nonché pattisti, dell'istituto di Piazzetta

Cuccia. Il dividendo è stato attinto per metà circa dagli utili portati a nuovo (pari a 1 milione circa) e per il

restante dai 2,1 milioni di profi tto d'esercizio, chiuso a fi ne dello scorso novembre, frutto dell'incasso della

cedola della quota in Mediobanca. Fin. Priv. che nell'attivo evidenzia crediti verso enti creditizi sotto forma di

liquidità depositata temporaneamente su c/c bancari e depositi vincolati per 6,4 milioni, ha mantenuto in

carico i 14,34 milioni di titoli dell'istituto di Piazzetta Cuccia a 91,09 milioni pari a 6,35 euro ad azione, in linea

con le attuali quotazioni. Tra le voci dell'attivo di Fin.Priv., che fu costituita nel 1996 e la cui sede legale è la

stessa dell'istituto di Piazzetta Cuccia, compare un fi nanziamento soci in conto capitale, invariato rispetto

all'esercizio precedente e pari a 94,24 milioni. Renzo Rosso mette ordine nel suo gruppo. Il «re del jeans»,

infatti, ha trasferito alcuni asset dalla capogruppo industriale Diesel alla holding Otb attraverso un atto di

scissione parziale semplifi cata. In particolare alla cassaforte sono fi niti il ramo information & technology,

l'area della prestazione di servizi contabili, di bilancio, tesoreria e fi scali, gli acquisti generali, il safety &

facility, il travel offi ce e il centralino di Diesel.I cespiti oggetto di scissione presentano attività per 15,1 milioni

di euro a fronte di passività per 10 milioni e impiegano 160 addetti. Conseguentemente alla scissione il

patrimonio netto di Diesel, interamente controllata da Otb, si è ridotto di 5,1 milioni mentre il capitale si

contrae da 25 a 22,5 milioni per effetto di annullamento di azioni proprie. La cassaforte dal re del jeans ha

registrato nel 2013 un utile civilistico di 15,1 milioni e 4 milioni di profi tto nel consolidato.

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 117

Montepaschi, oggi faccia a faccia Viola-Bce Luca Gualtieri (Gualtieri a pagina 11) Montepaschi, oggi faccia a faccia Viola-Bce L'appuntamento è di quelli più attesi,

anche se le comunicazioni ufficiali potrebbero non essere immediate. Oggi i vertici del Monte di Paschi -

l'amministratore delegato Fabrizio Viola e il presidente Alessandro Profumo - dovrebbero essere a

Francoforte per incontrare gli emissari del supervisory board della Banca centrale europea in relazione all'iter

autorizzativo del capital plan. Nel novembre scorso, infatti, Rocca Salimbeni ha messo in cantiere una serie di

interventi che dovrebbero colmare ampiamente il deficit di capitale da 2,11 miliardi calcolato da Francoforte a

seguito del comprehensive assessment. Il piatto forte è rappresentato da un aumento di capitale fino a 2,5

miliardi che dovrebbe servire anche per il rimborso anticipato degli 1,07 miliardi di Monti bond ancora in

portafoglio in largo anticipo rispetto alla scadenza del 2017. La scelta di raccogliere sul mercato capitale di

elevata qualità («un'operazione trasparente e semplice», come l'ha definita l'amministratore delegato Fabrizio

Viola in una recente intervista a MF-Milano Finanza) va proprio nella direzione suggerita da Francoforte e

difficilmente ci saranno intoppi su questo aspetto. Meno scontata sembra invece la luce verde sulla richiesta

di mitigazione del deficit per 390 milioni avanzata dalla banca. Questo valore rappresenta infatti la differenza

positiva tra gli utili operativi stimati per il 2014 e i medesimi valori stimati nello scenario avverso dello stress

test della Bce. Oggi dovrebbe insomma concludersi il round negoziale, mentre il via libera ufficiale del

direttivo Bce dovrebbe arrivare soltanto il prossimo 4 febbraio. A quel punto, se tutto andrà come previsto,

dovrebbe partire il conto alla rovescia per l'assemblea. Per domani, intanto, è attesa una riunione del

consiglio di amministrazione da cui potrebbero uscire indicazioni preziose in merito al capital plan. Sul

mercato continua a tenere banco l'anticipazione riportata da MF-Milano Finanza in merito a un piano

antisofferenze dell'istituto. Mps dovrebbe infatti esternalizzare la gestione operativa delle pratiche con un

taglio medio inferiore ai 150 mila euro che rappresentano circa l'80% del numero complessivo di pratiche. Per

Equita «l'operazione, qualora finalizzata, avrebbe un forte razionale strategico per rendere più efficiente la

gestione dei non performing loan». (riproduzione riservata)

MONTE PASCHI SIENA14 ott '14 14 gen '15 Quotazioni in euro 0,46 € -0,63% IERI

Foto: Fabrizio Viola Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/mps

15/01/2015 1Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 118

Decolla il progetto UnipolSai Tower a Milano Andrea Montanari (Montanari a pagina 13) Decolla il progetto UnipolSai Tower a Milano Il concetto di tower, come sede unica e

unificata di lavoro, lanciato a Milano nel comparto bancario e finanziario da Unicredit, inizia a fare scuola. E

così dopo il maxi progetto dell'istituto di credito guidato da Federico Ghizzoni che ha rilanciato l'intera area di

sviluppo residenziale e commerciale Porta NuovaGaribaldi-Varesine, sviluppata da Hines, ecco che anche

UnipolSai sta studiando con attenzione il progetto. La compagnia assicurativa bolognese, secondo quanto

appreso da MF-Milano Finanza da più fonti del settore immobiliare, sta per definire il rendering della nuova

sede centrale da erigere nel capoluogo lombardo. Individuata la zona di competenza, ovvero lo spazio di

3.300 metri quadrati tuttora vuoto che si è venuto a trovare tra piazza Gae Aulenti e l'area dove sorgono le

torri Solaria e Diamond e lungo via Melchiorre Gioia. Spazio che è di proprietà di UnipolSai e che deriva

dall'acquisizione e fusione della vecchia Fondiaria-Sai della famiglia Ligresti. Dove ora c'è di fatto un cratere,

sovrastato dalla passarella pedonale inaugurata nei mesi scorsi, sorgeva il Gilli Cube, progetto voluto da

Giulia Ligresti per valorizzare il brand di moda che aveva creato e che aveva lo showroom principale in via

della Spiga, nel Quadrilatero della moda milanese, per celebrare gli eventi del settore in città. Si tratta,

secondo indiscrezioni, di un progetto rilevante che una volta completato avrà un valore di almeno 100 milioni,

anche se qualche esperto del settore suppone che la cifra alla fine possa anche lievitare. In questo modo si

chiude il cerchio anche sullo scontro in atto da tempo tra la stessa UnipolSai e la Hines sgr gestita da

Manfredi Catella, della quale aveva riferito MF-Milano Finanza lo scorso 5 agosto. Il fondo che ha sviluppato

tutto il progetto miliardario aveva minacciato di portare in tribunale la controparte. Ma ora tutto è rientrato

visto che la piena proprietà dell'area oggetto del contendere è ed è sempre stata del gruppo assicurativo

presieduto da Fabio Cerchiai e guidato dall'amministratore delegato Carlo Cimbri, che quindi intende gestirla

direttamente. Ora, dopo mesi di riflessioni sulle modalità di destinazione della superficie, da Bologna è

arrivato il via non ancora formale al progetto di costruzione della torre direzionale. Se sarà approvato il

progetto iniziale, il building potrebbe avere un'altezza compresa tra 70 e 90 metri rispetto ai 143 metri della

torre residenziale Solaria e i 231 metri (contando gli 85 metri di pennone) della Unicredit Tower, il grattacielo

più alto di Milano. Ma l'arrivo futuro di Unipol completerà la presenza di aziende nella zona, dopo appunto la

stessa Unicredit (tre torri direzionali) in Gae Aulenti, Google e Pandora (gioielli) che hanno già preso

possesso degli spazi a ridosso del Bosco Verticale nel quartiere Isola e Samsung, che di recente ha stretto

un accordo con Hines per occupare a breve la Diamond Tower con l'intero quartier generale italiano. Ora per

la sgr guidata da Catella l'obiettivo è completare l'occupazione degli appartamenti nelle torri delle tre aree di

riferimento e anche le palazzine circostanti. Nel frattempo in piazza Gae Aulenti ha inaugurato il nuovo Illy

Caffè. (riproduzione riservata)

UNIPOLSAI14 ott '14 14 gen '15 quotazioni in euro 2,17 € -0,91% IERI

Foto: L 'area dove sorgerà la nuova torre Unipol Quotazioni , a l t re news e anal is i su

www.mi lanof inanza. i t /unipol

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 119

ORA L'EUROTOWER HA AMPI SPAZI DI MANOVRA INTERVISTA Vaciago: penso già al Qe2 Elisa Strada (MF-DOW JONES) Il programma Outright Monetary Transactions (Omt) della Bce è compatibile con la legislazione europea,

secondo l'avvocato generale della Corte europea di Giustizia. Alla luce di questo parere, Giacomo Vaciago,

docente di Economia politica all'Università Cattolica di Milano, spiega che l'Eurotower ha ampio spazio di

manovra, purché motivi bene le proprie azioni e le ancori strettamente all'obiettivo del mandato, cioè la

stabilità dei prezzi. Questo vale anche per il Qe, che appare sempre più imminente e che potrebbe essere

seguito da altri programmi simili di allentamento quantitativo. Domanda. Professor Vaciago, che impatto

avranno le conclusioni della Corte sulle decisioni della Bce di giovedì prossimo circa il possibile Qe?

Risposta. Il parere dell'avvocato generale è importante e utile anche al board della Bce e a Draghi, ma

riguarda una cosa molto diversa da quella di cui stiamo discutendo oggi. Le Omt del 2012 erano finalizzate a

preservare l'euro: servivano con interventi illimitati (e questa era la principale critica della Bundesbank alla

Corte Costituzionale tedesca), ma limitati al caso di un Paese che veniva sottoposto a vigilanza politica.

Diciamo che la Bce - in situazioni di emergenza e quindi ben giustificate e con una copertura politica

adeguata - avrebbe fatto tutto quanto necessario, e quindi senza limiti, per evitare un rischio di dissolvimento

dell'euro. Secondo la Buba, così veniva meno al dovere di essere indipendente dai governi. L'avvocato

Villalon si limita a dire che l'Eurotower può fare tutto ciò, ma lo deve motivare bene. D. Ora l'Eurotower può

sentirsi più libera nell'ideazione di un allentamento quantitativo? R. Il Qe di cui si parla oggi è completamente

diverso. La maggioranza del board della Bce ritiene infatti che serve a rispettare il mandato incontestabile di

mantenere l'inflazione nell'Eurozona vicina al 2%. Cosa che al momento nessuno prevede per i prossimi anni.

La Bce continua a dimenticarsi del suo primo dovere: la stabilità monetaria non significa solo evitare

l'inflazione, ma significa anche evitare la deflazione, ed è questo che i tedeschi faticano a capire. D. Le

conclusioni condizioneranno le modalità dell'eventuale programma di acquisto di titoli di Stato? Come

verranno organizzati gli acquisti? R. La Bce deve dunque costruire un provvedimento che sia molto efficace

all'obiettivo incontestabile di garantire un'inflazione vicina al 2% nella media europea, senza lasciarsi distrarre

da differenze all'interno di questa media. Inoltre, l'istituto non deve discriminare tra Paesi più o meno

bisognosi di aiuto, come invece insito nello spirito e nell'obiettivo delle Omt. Nel caso del Qe è vero l'opposto.

Anche il concetto di unlimited, esplicito in Draghi 2012, non ha senso oggi: nel Qe fatto dalla Fed e dalla BoE

erano chiari l'obiettivo finale e la quantità dell'intervento annunciato. Nell'Eurozona però se non basterà un

Qe1, si potrà poi fare un Qe2 e un Qe3. D. In definitiva quanto deve spendere la Bce per risollevare

l'inflazione dell'Eurozona? R. Partirei con i primi 500 miliardi di euro, in tre mesi, e valuterei in seguito se e

quanto ancora fare, anche alla luce del modificarsi delle aspettative di mercato. In altre parole, occorre

vedere quanto ci vorrà affinché il valore atteso (a tre anni) dell'inflazione dell'Eurozona torni prossimo al 2%.

(riproduzione riservata)

Foto: Giacomo Vaciago

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 120

FCA LA BANCA ALZA IL PREZZO OBIETTIVO DEL TITOLO CONFERMANDO L'OVERWEIGHT Mediobanca, c'è vita senza Ferrari La separazione del Cavallino non pregiudica le opportunità di crescita in borsa. Il nuovo target price è fissatoa 13,2 euro, mentre Marchionne ha confermato che tra qualche anno lascerà l'incarico Francesca Gerosa Un divorzio indolore. In un report intitolato La vita dopo la Ferrari Mediobanca ha alzato il prezzo obiettivo del

titolo Fca da 12 a 13,2 euro, confermando la raccomandazione outperform. «Un divorzio indolore» quello del

Cavallino da Fiat Chrysler, spiega la nota, visto che rimangono brand del gruppo ancora da sfruttare. La

banca d'affari ritiene, infatti, che in virtù di un debito molto più leggero, Fiat Chrysler possa completare il piano

industriale presentato a maggio 2014, volto a rifocalizzare il gruppo verso i segmenti premium (da Maserati a

Jeep) lontano dal mercato di massa, un business con bassi margini. Mentre a prima vista, scrive la nota, il

salto da 4,4 milioni di unità vendute nel 2013 a 7 milioni di unità entro il 2018 può sembrare troppo ambizioso,

questi due numeri non sono comparabili. I 2,6 milioni di unità supplementari sono equamente divisi tra i

prodotti completamente nuovi (Renegade, Levante, Alfa, per citarne alcuni), i nuovi mercati (Jeep in Asia e in

America Latina) e la crescita del mercato sottostante o il miglioramento della quota di mercato. Le stime degli

esperti di Mediobanca indicano 6 milioni di unità entro il 2018. Ancora una volta le stime di Mediobanca su

Fca sono al di sopra di quelle del consenso. Le stime degli analisti sulla spesa per investimenti sono

addirittura al di sotto delle ipotesi della società. La banca ha anche stimato, dopo una riduzione del debito per

1,5 miliardi di euro, che la separazione-ipo della Ferrari diluirà l'utile per azione di Fca di circa il 10%.

«Questo non è male considerando che la casa di Maranello rappresenta il 21% dell'enterprise value di Fca e

il 33% del valore del patrimonio netto». Il Cavallino Rampante per Mediobanca vale 4,7 euro per ogni azione

Fca (enterprise value di 8 miliardi di euro), mentre Fca senza la Ferrari ora vale di più: da 7,3 a 8,5 euro. La

società che rimane - quindi ex Ferrari - sulla base dei numeri 2015 vale dunque 5,2 volte il multiplo

prezzo/utile. Nella notte, intanto, l'amministratore delegato di Fca , Sergio Marchionne, parlando a una

conferenza di Automotive News ha confermato di voler lasciare l'incarico tra 4 anni notando che «sono meno

di 10» i candidati in corsa alla sua successione. Il manager ha assicurato inoltre che la Ferrari non costruirà

un suv né entrerà in questa nicchia. (riproduzione riservata)

FIAT CHRYSLER 14 ott '14 14 gen '15 quotazioni Italia in euro 10,2 € -1,83% IERI

Foto: Sergio Marchionne

Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/fca

15/01/2015 14Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 121

CONTRARIAN PORTOGHESI CHIAMATI A RACCOLTA (DI FONDI) PER IL NOVO BANCO Per salvare una banca storica del Paese, in ortogallo si pensa anche a una mobilitazione popolare e a una

raccolta fondi alla portata di tutte le tasche. La partita per la vendita del Novo Banco (dove sono confluiti i

crediti sani dell'ex Espirito Santo) si è arricchito di un nuovo capitolo. Dopo che finora si sono registrate 15

manifestazioni di interesse e si sono messi in lizza pesi massimi quali gli spagnoli del Santander, il fondo di

private equity Apollo global management, la quarta banca del Portogallo Bpi e la banca iberica Popoluar,

ecco che ora si affaccia al tavolo della trattativa un nuovo soggetto. Si tratta dell'Associazione nazionale dei

cittadini per l'acquisto del Novo Banco (Ananob) che fa quadrato attorno a quella che fu la prima banca del

Paese, almeno prima dello scandalo che portò al crack finanziario e coinvolse i vertici in pesanti vicende

giudiziarie. L'associazione è sostenuta da una cordata di imprenditori prevalentemente del nord del Paese e

si è rivolta ai portoghesi chiedendo a ogni cittadino 25 euro per sostenere l'acquisto della banca. Chi

partecipa all'iniziativa potrebbe diventare azionista del Novo Banco in modo proporzionale alla quota

sottoscritta, qualora il progetto andasse a buon fine. «Con la partecipazione dei portoghesi i 500 milioni di

euro di patrimonio netto necessari per salvare il Novo Banco e impedire l'ingresso di un socio finanziario

esterno appariranno velocemente», ha detto al quotidiano economico portoghese Negocios uno degli

imprenditori che stanno promuovendo l'iniziativa. Il manifesto di Ananob è già stato inviato a tutti i partiti

politici dai quale l'associazione si attende un sostegno. Il denaro raccolto sarà impiegato per l'acquisto del

Novo Banco e, nel caso in cui non venisse raggiunta la somma necessaria per essere della partita, sarà

devoluto in beneficienza. Come è sorto questo movimento? Molti imprenditori del Nord del Paese sono clienti

del Novo Banco da tre, quattro, in alcuni casi cinque generazioni. I promotori dell'iniziativa dichiarano di

essere stati, negli anni, sostenuti con forza dalla banca che ha immesso liquidità nelle imprese e non si è

tirata indietro sul fronte dei prestiti. Per quanto possa sembrare in parte ambiziosa e in parte bizzarra, quella

imbastita da Ananob non è la prima iniziativa nata in Portogallo a sostegno di una banca locale da parte di

investitori privati. Nel 2011 la Strategic Investor Center è arrivata alle battute finali nel processo di vendita di

Bpn (Nuestro Banco), ma la sua proposta è stata messa fuori combattimento dalla mancanza di capacità

finanziaria per garantire prestazioni. Nel Novo Banco, come detto, sono confluiti i crediti sani dell'ex Espirito

Santo. Il piano, come comunicato il 5 agosto, ha previsto la scissione dell'istituto di credito in due realtà. Al

Novo Banco fanno capo tutte le attività core e i depositi. Il capitale, pari a 4,9 miliardi di euro, è stato

sottoscritto dal Fondo di risoluzione bancaria predisposto nel 2012. Tale fondo aveva però in cassa soltanto

185 milioni, e a intervenire è stato quindi lo Stato portoghese attraverso un prestito. Il vecchio Banco Espirito

Santo si è trasformato in una bad bank nella quale sono rimaste le attività in sofferenza. La bad bank è

destinata a essere chiusa e le perdite a ricadere sugli azionisti, in primo luogo la famiglia Espirito.

Foto: Una filiale del Banco Espirito Santo

15/01/2015 18Pag. MF - Ed. nazionale(diffusione:104189, tiratura:173386)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 122

Legal ruling paves way for eurozone easing European Court of Justice CLAIRE JONES - FRANKFURT The removal of a big legal hurdle to government bond buying by the European Central Bank pushed the euro

to a nine-year low yesterday and paved the way for policy makers to press ahead with quantitative easing

next week. A top adviser to the European Court of Justice bolstered the case for aggressive action by the

ECB next Thursday, after he said an earlier, more controversial sovereign debt-buying plan lay within the

ECB's mandate. Pedro Cruz Villalón, an ECJ advocate-general, said the ECB's pledge in the summer of 2012

to do "whatever it takes" to save the region from economic ruin by buying government bonds was compatible

with EU law. The final decision on the Outright Monetary Transactions programme, expected in four to six

months, is likely to follow the advocate-general's opinion. The euro fell to $1.1731 against the dollar in early

trading as investors increased bets the ECB would soon buy government bonds in bulk, but later recouped its

losses after disappointing signs on US consumer spending sent the dollar down. Challenges to the OMT's

legality would have exacerbated investors' fears that a government bond-buying package the market is

expecting from the ECB next week could underwhelm. Instead of undermining the chances of a strong

quantitative easing programme, the advocate-general's opinion was viewed as weakening the case of

German opposition to purchases of sovereign debt. "The opinion provides that little bit of extra comfort for the

ECB," said Stephanie Flanders of JPMorgan. "It will add to the sense that the central bank is winning the

political debate with Germany." Hans-Werner Sinn, president of the Ifo think-tank and a fierce critic of

quantitative easing, said the EU prosecutor had "blatantly contradicted" the opinion of the German

Constitutional Court in Karlsruhe, which referred the decision to the ECJ in Luxembourg. "This is tantamount

to a carte blanche for the ECB, provided that it justifies its behaviour," said Mr Sinn. Karlsruhe said last

February that OMT exceeded the ECB's monetary policy mandate. Berlin claimed that the advocate-general's

ruling "fundamentally supported" the government's position on OMT, with a finance ministry spokesperson

adding that the ECJ had yet to rule on the final decision. With prices in the eurozone falling for the first time in

more than five years, the case for buying government bonds is more clear-cut than in 2012. The ECB's

primary mandate is to keep inflation below but close to 2 per cent. Mario Draghi, ECB president, has

championed quantitative easing as a way to prevent the eurozone from falling into a damaging spell of

deflation, which would raise debt burdens and wipe out demand. The advocate-general said the OMT

programme was "an unconventional monetary policy measure", which had been "necessary" and

"proportionate in the strict sense". Mr Cruz Villalón's insistence that certain conditions are met - including that

the ECB refrain from "direct involvement in a financial assistance programme" for a country receiving OMT

support - opens the way for a possible compromise between the central bank and the German court. The

advocate-general insisted the ECB give a "proper account" of the "extraordinary circumstances" that would

trigger OMT. While Karlsruhe viewed the OMT as illegal, it conceded it would be "possible that, if the . . .

decision were interpreted restrictively", it could conform with the law. There could still be some wrangling

among the eight German Constitutional Court judges involved in the OMT ruling. Two of them opposed the

referral to the ECJ on the grounds that the decision was one for Germany's sovereign authorities: the

government and parliament. The Karlsruhe-based court will wait for the ECJ's final ruling before beginning its

own review. Additional reporting by Alice Ross in Washington, Peter Spiegel in Brussels, Stefan Wagstyl in

Berlin and Jamie Chisholm in London Editorial Comment   page 8

15/01/2015 3Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 123

Inquiry into 'sweetheart' tax deals is setback for Juncker European Parliament ALEX BARKER - BRUSSELS The European Parliament is poised to launch a full inquiry into "sweetheart" tax deals with multinational

companies, in a political setback for Jean-Claude Juncker, the European Commission president and former

premier of Luxembourg. More than a quarter of MEPs - many in defiance of their party leaders - have called

for a thorough probe into state-facilitated tax avoidance across the EU, sufficient to trigger a formal request

for a committee of inquiry. Senior MEPs say the groundswell of opinion makes it all but impossible to stop a

full inquiry, which is likely to include public hearings with top politicians and chief executives. Mr Juncker has

denied being the "architect" of Luxembourg tax system and insisted the Grand Duchy's tax deals were signed

off by an independent authority. Last year he saw off a motion of censure over the issue, led by the anti-EU

UK Independence party and France's rightwing National Front. Sven Giegold, one of the Green MEP who led

efforts to gather the 189 signatures, said: "The fact that it is the pro-European forces that have supported the

inquiry committee, and not the far right or Ukip, underlines that this is not an exercise in Europe or Juncker

bashing but an attempt to ensure a credible EU response." Parliament's main political group leaders had

assured Mr Juncker privately last year that they would stop an inquiry that might politically embarrass him

over Luxembourg's hosting of large-scale tax avoidance. Yet dozens of MEPs rebelled to demand a full

committee investigation, including senior MEPs from Mr Juncker's own political family. Any parliamentary

inquiry would not focus solely on Luxembourg or Mr Juncker but examine tax arrangement for multinationals

in many EU states. It would run in parallel to the existing commission state aid investigations into tax

arrangements between Ireland and Apple, the Netherlands and Starbucks and Luxembourg's rulings for Fiat

and Amazon. Martin Schulz, president of the parliament, is known to have private concerns over the legal

basis for the inquiry. Gianni Pittella, the Socialist group leader, said he would "accept the will of the

parliament" but added: "We do not believe a committee looking at the past is the best way to tackle future tax

fraud and avoidance." If formed, the inquiry committee, whose mandate and make-up would be decided by a

majority vote in parliament, would be the first in almost a decade. Philippe Lamberts, leader of the Greens,

said parliament should "move swiftly and take relevant steps to ensure the committee is set up, so no more

time is lost". MEPs from the economics and monetary affairs committee were tasked last year with looking

into tax avoidance and drawing up proposals, but the initiative was low key and did not involve a special

committee.

15/01/2015 4Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 124

Sweden central bank governor defends inflation strategy as priceincreases stall Stefan Ingves RICHARD MILNE - STOCKHOLM Sweden's central bank governor is no stranger to controversy. The decision by Stefan Ingves and his

colleagues to raise interest rates seven times in 2010-11 has been criticised for pushing Sweden towards

deflation. But despite negative inflation rates in 18 of the past 26 months, even as interest rates fell to zero in

October, Mr Ingves cuts a defiant figure. Figures released yesterday showed headline inflation at minus 0.3

per cent in December. However, the Riksbank's preferred measure of core inflation, which excludes the

impact of falling interest rates, has not yet been negative and was 0.5 per cent in 2014, the lowest since

records began. Speaking to the Financial Times before the latest inflation figures, he said: "We don't think

that [deflation] is going to happen. Essentially, given where we are in the cycle - given that global growth

seems to be reasonably OK - that means inflation is going to go up over the coming couple of years." Mr

Ingves expects Swedish growth of about 2 per cent this year and 3.3 per cent in 2015. If global growth also

held up, he said, "then eventually there will be enough demand to make it easier to pass price increases on to

consumers". He talks of a "highly unusual" combination of numbers: relatively strong growth (Sweden's

economy has expanded more since the financial crisis than that of almost any other western country); falling

unemployment and improving labour participation; and much lower inflation. "You just cannot say that things

are bad, except that inflation is low," he added. The Riksbank is not the only central bank fighting falling

prices. The euro-zone sank into deflation in December for the first time in five years. Inflation rates have also

fallen in recent months in the US, UK and Japan. The Riksbank says it will leave interest rates at zero until

2016. If that is not enough to boost prices, it could introduce quantitative easing, extend cheap loans to banks

or even consider negative interest rates. The bank will next update markets on its plans on February 12. But

each of the potential extraordinary measures has its pitfalls. QE, or buying sovereign bonds, could be of

limited impact with Sweden's benchmark 10-year bond yields at a record low of 0.83 per cent. Companies

and households are also borrowing at historically very low rates. Negative deposit rates have been tried,

including in Sweden, but taking the main policy rate below zero would be unprecedented. Mr Ingves stressed

that zero interest rates should be enough to lift inflation up to 2 per cent. "So something quite dramatic would

have to happen either in the country or around us for us to have to change tack completely. But, if that were

to happen, we are ready to do whatever it takes to get the inflation rate up," he added, in an echo of

comments on the eurozone by Mario Draghi, president of the European Central Bank. But he said those

options were not on the horizon just yet. "If we are wrong, then we have to do these other things, expand our

balance sheet in one way or the other but I'm not ordering these measures as of today." The Riksbank has

certainly been wrong in its inflation forecasts before. Core inflation fell consistently after the central bank

began raising rates in 2010, a decision Paul Krugman, the Nobel Prize-winning economist, has called

"possibly the most gratuitous" policy error after the financial crisis. The US Federal Reserve, seen as the

western central bank most likely to raise rates first, is known to have studied what happened in Sweden

closely. Mr Ingves is weary of the criticism: "People can have all sorts of views on what to do and what not to

do." In his defence, he said economic growth was 6 per cent in 2010 while core inflation was about 2 per

cent, the Riksbank's target, and there was a consensus among economists that rate rises were needed. "It

was very, very reasonable back then to assume we would move to some kind of normalisation. Then what

happened was that normalisation took a lot longer than we and many others expected and that we just have

to live with." Unlike the US and UK, Sweden did not have "to put the pieces back together after a catastrophe"

in the banking sector. The Riksbank's mistake was that it thought global growth would recover quicker than it

did. External events could blow the Riksbank off course again, he said. The rapidly falling oil price helped the

15/01/2015 4Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 125

economy as a whole but made inflation lower. And global growth could disappoint again. "As a central banker,

you always try to do your best and if the world changes, you have to change . . . you just have to live with

that."

15/01/2015 4Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 126

Draghi fights a battle for independence at the ECB Combating deflation requires the central bank to be unshackled Monetary policy making is usually portrayed as a fine judgment that balances the risk of inflation against the

demand for growth. But this has long ceased to be the case for the European Central Bank. The need for

economic stimulus has never been more glaring. Unemployment is high and inflation in negative territory.

Europe still has not regained the ground lost since 2008. Fiscal policy is largely constrained, by fears of

insolvency in weak economies and plain ideological obstinacy in the strong. Further monetary ease is the

best that can be hoped for. Mario Draghi, the president of the ECB, understands this. Yet instead of plotting a

dose of stimulus he has had to waste efforts wrestling with the law. This week the European Court of Justice

came to his rescue when it issued an opinion that monetary policy is the exclusive competence of the ECB.

This should be uncontroversial, but courts such as Germany's Karlsruhe had sought to constrain the ECB

with accusations of illegal monetary financing. The ECJ has declared that these naysayers are overstepping

the mark. In particular, there is nothing illegal about Mr Draghi's "outright monetary transactions", the weapon

he unveiled in 2012 when promising to do whatever it takes to bring order to sovereign debt markets. Despite

keeping this bazooka holstered - the ECB has not bought a single sovereign bond under the programme - the

mere announcement of OMT did indeed achieve its aim. It should not have taken an ECJ decision to confirm

that the ECB can act like a fully independent central bank. This news is nevertheless welcome and helps

bring closer full-blown quantitative easing. In taking such a step Europe would be following in the footsteps of

the US and UK. Not coincidentally, each have long enjoyed stronger growth than the EU. Mr Draghi's task still

remains difficult. His international peers can carry out QE by purchasing debt from just one sovereign nation,

but the ECB needs to divide its operations between many different markets. This inevitably leads to difficult

questions that stray into politics. It is not clear whether purchases should be determined by the size of each

respective economy, their bond market or who should bear the risk of default. Finding an acceptable answer

to these questions is hindered by the ECB's tradition of consensus. A bare five-four majority was all Haruhiko

Kuroda needed to unleash shock-and-awe on Japanese markets but Mr Draghi has to win over dissenting

colleagues on the governing council. A quarter have already opposed steps preparatory to further stimulus.

Even if Mr Draghi went ahead regardless, monetary policy is less effective when temporary or constrained, a

likely consequence of vocal Germanic dissent. Finally, there are doubts about whether QE would work as well

in the eurozone as elsewhere. Monetary policy is transmitted differently across the world. The US has deep

and varied bond markets, whereas the European economy is still dependent on large troubled banks that

have little ability or inclination to boost economic activity. Ideally, any monetary stimulus should be bolstered

with fiscal support - something Mr Draghi has appeared to demand in the past. It is difficult to remember that

the ECB was once to the fore in taking bold action to grapple with the credit crunch. Now it has become a

laggard. Rather than waste time on pedantry about the definition of monetary financing, Europe's policy

makers could best preserve the integrity of the euro by getting behind Mr Draghi. It is high time the shackles

came off.

15/01/2015 8Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 127

Short View Ralph Atkins Trust them, they are central bankers. That, in essence, will be the European Court of Justice's thinking on

government bond buying by the European Central Bank - at least if, as expected, it follows the opinion of its

top adviser, published yesterday. With admirable humility (for a lawyer), Pedro Cruz Villalón, an advocate-

general, urged courts to "exercise a considerable degree of caution when reviewing the ECB's activities"

because they lacked the central bank's expertise and experience. His opinion was a dig at Germany's

constitutional court, which referred the case. More importantly for markets, it gave Mario Draghi, ECB

president, the legal all clear to launch - possibly as early as next week - a quantitative easing programme to

avert eurozone deflation. The result was a further lurch downwards in government bond yields, which move

inversely to prices. French five-year bonds are close to joining the universe of negative yielding assets, and

the effects are seeping beyond the eurozone. US government borrowing costs were tumbling before

yesterday's weak US retail data. Yields on 30-year US Treasuries dropped to just 2.4 per cent - the lowest

ever. But while eurozone QE is seen as increasingly likely, markets are increasingly sceptical that it will work.

Yields are not only falling because central banks are heavy bond buyers, as in Japan, or might become heavy

buyers, as in the eurozone. They are also falling because tumbling oil prices mean inflation is expected to

remain low for longer - despite all central bankers' efforts. Just how powerful the latter effects are becoming is

shown by sharp drops this week in markets' long-term inflation expectations. The ECB's preferred gauge of

expected eurozone inflation rates over five years, starting in five years, hit another record low yesterday. A

similar US gauge watched by the Federal Reserve is lower even than it was after the collapse of Lehman

Brothers in 2008 and when the Fed launched its QE programmes. The falls are largely related to oil prices,

but also suggest markets are losing faith in central bankers to lift inflation back within safe levels. They are

central bankers, trust them - but for how long?

15/01/2015 13Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 128

Worries over deflation have been puffed up by prophets of doom INSIDE BUSINESS EUROPE Sarah Gordon The Cassandras have finally been proved right. After months of predictions to that effect, the eurozone has

finally fallen into deflation. Despite the hand-wringing, though, this is not necessarily bad news for Europe's

companies. Price falls affect companies' costs, as well as what they can charge for their products. The key

thing for any business is whether it can maintain its margin - the difference between costs and revenues.

European companies' net income margins, though low, are actually rising, rather than falling, from 4.2 per

cent in 2013 to 5.4 per cent now, according to UBS's European equity strategists. The Cassandras argue that

a period of sustained deflation is negative for demand as consumers delay purchases in the expectation of

lower prices tomorrow. However, given the performance of the different components of the inflation index,

there is no sign that the price of products that shoppers buy is falling in a sustained manner. The consumer

price index may have dropped 0.2 per cent in December, but this was almost entirely due to the oil price, and

core CPI actually increased by 0.8 per cent. "Good" deflation - which lowers the prices of essentials like fuel -

could actually free up household spending power. It is true that a rise in the latter has been long promised.

But if Europe's consumers are hanging on to their pennies it is not because of deflation. Rather, they remain

highly indebted, worried about their jobs and pinpricked by political uncertainties. Deflation will not make any

of these factors any better. But motorists filling their tanks have not had this much encouragement to spend in

years. The news from Europe's companies also supports a more positive scenario than the gloomy

prognostications from the European Central Bank and elsewhere would suggest. Metro, Europe's fourth-

largest retailer by sales, said on Tuesday that Christmas trading had been strong and sales of consumer

electronics were the highest since 2006. Amazon announced it had created 6,000 new jobs in Europe in 2014

to respond to booming demand, and had every expectation that this would continue into 2015. Fiat Chrysler is

even reopening idled plants in Italy and taking on new workers. The falling oil price is, of course, negative for

some of Europe's largest companies. Earnings of the listed European energy sector are expected to fall by 13

per cent in 2015. But even for some of the mining companies, energy accounts for some of their highest input

costs, and for other sectors - cars, retailers, leisure, airline and transport - falling oil prices are an unequivocal

positive. Deflation is also playing out against a backdrop of small improvements in other key leading

economic indicators, such as money supply and industrial activity measures. Euro-area industrial production

increased more than expected in November (and was revised up in October) and the German Ifo index rose

in November and December, after six consecutive months of decline. European retail sales, meanwhile, rose

2 per cent in the fourth quarter. Finally, if the ECB responded to deflation with full-blown quantitative easing -

in the form of sovereign bond buying, or even corporate bond buying - this could have positive effects on

companies. Even if corporate bond purchases seem less likely than they once did, falling sovereign bond

yields would lower the cost of borrowing by large listed companies in the public debt markets even further.

And corporate bond buying by the ECB - while likely to skew further any realistic pricing of risk in the

eurozone - would be even more positive. JPMorgan Cazenove, for one, still expects any sovereign bond

buying to be paired with €50bn of non-financial investment grade corporate bond purchases. The biggest

impact of QE could be on the euro. It is already down 15 per cent against the dollar since its peak last year,

and about 6 per cent on a trade-weighted basis. A year ago, one of the main reasons why so many

companies missed consensus revenue forecasts was because of the - then - relatively strong euro, and it is

reasonable to expect a currency-related fillip to earnings as the next quarterly reporting season gets under

way in Europe. The region's companies face significant challenges. But the prophets of doom are wrong to

suggest that deflation looms largest in their list.   [email protected]

15/01/2015 14Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 129

Alfa raises flag on zero to 150,000 sales dash Cars ANDY SHARMAN - DETROIT Alfa Romeo's stand at the Detroit motor show recalled past glories, with the Italian marque showing off

models from 1932, 1951 and 1967. Those cars helped create many fans, known as Alfisti. Then, like much of

Alfa's model line-up, they largely disappeared. "The real Alfisti, those who fell in love with the beauty of the

cars, the performance, the power-to-weight ratios - they are driving something else today," says Harald

Wester, head of Alfa and sister brand Maserati, speaking on the sidelines of the show. The jamboree marked

Alfa's first appearance at the show since it pulled out of the US market in 1995. Then, it was selling models in

the country through a venture with Chrysler. Twenty years on, and part of Fiat Chrysler Automobiles, Alfa is

back. It has big plans. These include eight new models over the next four years, including a sport utility

vehicle built on a new manufacturing platform and with new engines, part of a €5bn investment. It wants sales

of 400,000 units by 2018, almost twice the previous peak in the late 1980s. This compares with expected

volume sales of about 65,000 for 2014. "Is that ambitious? It's more than ambitious, particularly within the

time-frame," says Stefano Aversa, co-president at the AlixPartners consultancy. The rebirth of Alfa is part of a

plan set out in May by FCA chief executive Sergio Marchionne, who wants the wider group to take sales up

more than 50 per cent to 7m by 2018. He sees Alfa and Jeep, the US 4x4 maker, as the two most important

pieces of that puzzle. Investors may feel they have been here before. Plans in 2006 and 2010 - eyeing Alfa

sales of 300,000 and 500,000 respectively - flopped. The current range extends to two models and the

limited-run two-door 4C coupe, a version of which was shown in Detroit. "Over the past decade there have

always been expectations of big things from Alfa," says Ian Fletcher, analyst at IHS Automotive. "But every

time, for one reason or another, Fiat has choked." In 2013, 45 per cent of Alfas were sold in Italy. It has scant

presence in the two biggest car markets, the US and China. Alfa needs the US to bring in the bulk of its

targeted 150,000 North American sales by 2018. That would take the brand from close to zero sales in the

US to a share twice that of Jaguar Land Rover. Alfa is driving into a crowded market. There is no shortage of

candidates vying to compete with the German premium manufacturers, with JLR, Volvo, Lexus and Infiniti

jockeying for position. By the time Alfa enters the crossover SUV market - possibly as late as 2018 - that

category will be close to saturation, according to analysts. Mr Wester says Alfa's customer base will be

"anybody who loves cars and is tired of the other stuff out there. We are only waiting for the day we are no

longer forced to only buy premium and top cars from Germans". But the company has ground to make up if it

is to rival the likes of BMW, Mercedes-Benz and Audi. "To succeed, Alfa needs to achieve in four years what

it took Audi 20 years to do in the US, and what it took JLR 10 years to do in China," Stuart Pearson, analyst

at Exane BNP Paribas, wrote in a research note last year. Yet Maserati has shown that rapid growth is

possible. The marque has found success over the past 18 months ahead of the release of its Levante sport

utility vehicle. Maserati sold 15,400 vehicles in 2013, is expected to have delivered more than 35,000 units

last year, and is planning 50,000 this year. FCA is taking the turnround of Alfa so seriously that it has 600

designers and engineers working on the product plan at a so-called skunk works in Modena, an experimental

lab split off from the rest of the FCA group. The first of the new models - offering the Alfisti-favoured rear-

wheel drive architecture - will be unveiled in June to coincide with the 105th anniversary of the Turin-based

brand's founding. The eventual model range is expected to compete with the Volkswagen Golf and the Audi

TT. All vehicles will be made in Italy. FCA wants its Italian plants focused on premium models, which are

profit drivers in Europe, where margins are wafer-thin and much production has moved away from high-cost

countries. "It's a very pragmatic approach," says Mr Wester. "We have investments not utilised, we have the

culture, we have the competence, we have the people, we have everything in place. Why the hell should we

do it elsewhere?" Alfa Romeo has made its first appearance at the Detroit motor show since it pulled out of

15/01/2015 17Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 130

the US in 1995, with the Alfa Romeo 4C convertible - Scott Olson/Getty

15/01/2015 17Pag. Financial Times(diffusione:265676, tiratura:903298)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 131

Central bank set to buy bonds, but how? BY JACK EWING A court opinion issued Wednesday makes it all but certain that, after months of contentious internal debate,

the European Central Bank will announce next week that it is ready to begin, in effect, printing money in

hopes of reviving the eurozone economy.But much mystery remains about how the bank will deploy so-called

quantitative easing - a large-scale program of buying government bonds to pump money into the

economy.The questions include whose bonds the central bank should buy, and how many; whether risky

nations like Greece should be avoided; and how to avoid an explosive reaction from Germany, whose

opposition to E.C.B. bond buying has long been the main impediment to action.If it is not big or broad enough,

the program might not work to revive the region. And many economists, who have been advocating for a year

or more for the European Central Bank to take this stimulus step, contend that when the move finally comes,

it could be too little, too late. Some even predict that at its much anticipated meeting next week, the central

bank will announce only its intention to engage in bond buying and wait until the next meeting, in March, to

provide the details.It is a moment of truth for the central bank and a test of whether its president, Mario

Draghi, can finesse the details while leaving no doubt about its resolve to kick-start the eurozone economy.In

his favor, a solid majority on the central bank's 25-member Governing Council appears, based on recent

public statements, to favor broad-based bond buying. Their position was strengthened by the opinion

submitted to the highest European appeals court on Wednesday in response to a lawsuit by German citizens

seeking to block a previously planned bond-buying program that Mr. Draghi announced in 2012 but never

deployed.Investors on Wednesday were betting that the court opinion would open the door to significant

central bank bond buying, snapping up 10-year bonds of eurozone governments in hopes that their value

would soon increase.The opinion, by an adviser who considers legal arguments for the court, affirmed the

European Central Bank's freedom to intervene in bond markets, with only minor restrictions. The opinion - it is

not binding, but the court typically follows such guidance - could also help insulate the E.C.B. from lawsuits by

warning lower courts to be cautious about interfering in monetary policy.In principle, quantitative easing is

simple and well tested. It has been used by the Federal Reserve in the United States, which began a series of

bondbuying programs in 2008 in the aftermath of the financial crisis that are credited with helping to revive the

American economy. Britain, too, has used quantitative easing to similar effect.Under such a program, the

central bank buys large amounts of government bonds and other assets, paid for with newly created money,

as a way to drive down market interest rates, injecting money into the economy and pushing inflation up from

dangerously low levels considered incompatible with growth. After that it gets complicated. Should the central

bank buy bonds from all 19 eurozone countries, and in what proportions? If from all members, then how

should it handle Greece? The country is poised to elect a new government that could repudiate someof the

billions of euros of loans the country owes as part of its international bailout. And how to keep the Germans

on board?Mr. Draghi has resolved to jolt inflation back to the bank's official target of ''below, but close to'' 2

percent. And yet, consumer prices fell at an annual rate of minus 0.2 percent in December, raising the specter

of a downward price spiral that could undercut wages and growth.Critics say that the European Central Bank,

which has not hit its inflation target for two years, has itself to blame for the complexity of the task it now

faces.''They have always been too late,'' said Adalbert Winkler, a former economist at the central bank who is

now a professor at the Frankfurt School of Finance and Management and an advocate of quantitative easing.

''The last five years, if they had been more aggressive, maybe we could have avoided this

discussion.''Because of the large number of unanswered questions, the European Central Bank may not be

ready to announce details of a bond-buying program next week. The Governing Council could simply express

a general intention to buy government bonds but wait until March to fill in the fine print.''It's almost impossible

for the E.C.B. in this environment not to act,'' said Mujtaba Rahman, an analyst at Eurasia Group. But, he

15/01/2015 1.16Pag. International New York Times(diffusione:222930, tiratura:500000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 132

said, ''We think it's a two-step move - announcement in January, further details in March.''Some elements of

such a program are a given. The central bank would buy bonds on the open market - not directly from

governments, which would be a violation of its charter.But the bank will have to figure out how to deal with the

lack of a Pan-European asset comparable to the United States Treasury bonds that the Fed purchased in its

quantitative easing program.The simplest and most likely option would be for the European Central Bank to

buy bonds in proportion to each eurozone country's share of central bank capital, which is calculated

according to each member state's population and gross domestic product.The drawback to this method is that

it would mean buying large quantities of German government bonds, which are already in heavy demand - so

much so that on Wednesday the yield, or interest rate, on the 10-year German bond, which falls as the price

goes up, reached a new low.Germany accounts for 18 percent of European Central Bank's capital, more than

any other country. (Malta, with 0.65 percent of bank's capital, has the smallest share.) Market interest rates

on some other German government bonds are already below zero. So it is not clear what purpose, if any,

would be served by pushing the rates even lower, as would happen if the European Central Bank started

buying.A second option would be to buy only highly rated government bonds - those of France, Finland and

Germany, say, while avoiding the bonds of governments with riskier finances, like Portugal or Greece. That

approach would answer German concerns that taxpayers could be stuck with the bill if some eurozone

governments later defaulted on their debt.In theory, if the European Central Bank drove up prices of highly

rated bonds, private investors would turn to bonds of weaker countries instead and push down their rates -

lowering their borrowing costs, in other words. But it is not certain that would happen. If not, the E.C.B. would

not achieve its goal of providing relief in countries like Italy, where individuals and businesses have trouble

getting credit at interest rates they can afford.A third option would be to buy bonds in proportion to the

outstanding debt of each eurozone country - the higher the debt level, the more bonds the bank would buy.

This alternative would favor countries that are most deeply in debt and need the most help, like Italy. But

conservative critics in Germany would probably rail that these countries were being rewarded for irresponsibly

running up huge debts.Every option has negative side effects. But Mr. Adalbert of the Frankfurt School said

that did not mean the central bank should sit on its hands. ''If you are about to drown,'' he said, ''you don't

worry about the possibility of having a heart attack a week later.''Whatever the method, the next big question

is how much to buy. The central bank has implicitly set a target of expanding its balance sheet, a measure of

the volume of its stimulus, by 1 trillion euros, or about $1.18 trillion.The bank has already been buying private-

sector assets, including bundles of real estate loans. But the amount so far, about ¤33 billion, is clearly

inadequate to meet the balance-sheet goal. Most of the rest would have to come from government bonds, the

most abundant asset available.Analysts at Nomura in London estimate that the European Central Bank would

have to spend at least ¤700 billion on eurozone government bonds. But rather than setting the long-range

target, Nomura analysts said in a note to clients last week, the central bank will probably announce monthly

targets of around ¤55 billion, which could be adjusted to reflect changes in the inflation rate or other economic

data.Among economists, there is widespread skepticism whether any amount of bond buying will solve the

eurozone's growth and inflation problem. There is already plenty of money in the system, they say. The

problems, many economists argue, lay in economic drags beyond the control of Mr. Draghi and the central

bank - that it takes too long to get a building permit in Italy, for example, or that there are too many restrictions

on hiring and firing in France.''I don't think what he does,'' said Carl Weinberg, chief economist at High

Frequency Economics in Valhalla, N.Y., ''is going to make any difference for the economy.''

15/01/2015 1.16Pag. International New York Times(diffusione:222930, tiratura:500000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 133

E.C.B. BOND PROGRAM DEEMED LEGAL Early ruling on purchases to bolster euro economies seen as victory for Draghi BY JAMES KANTER AND JACK EWING A preliminary appeals-court ruling is a victory for the European Central Bank president, Mario Draghi. An

adviser to Europe's highest appeals court on Wednesday broadly endorsed the authority of the European

Central Bank to buy unlimited quantities of eurozone countries' bonds to stabilize their economies during a

crisis.The preliminary ruling represented a victory for Mario Draghi, the president of the central bank, as he

considers a major round of stimulus.The opinion involved a bond-buying program that Mr. Draghi outlined in

2012, although he has yet to deploy it. The bank is expected to unveil plans soon for an even broader

program of large-scale buying of government debt, or so-called quantitative easing. The adviser's decision

could diminish the potential legal hurdles to the plan.Many economists have long advocated that the

European Central Bank begin a quantitative easing program as a way to stimulate growth in the eurozone.

The United States and Britain have used such methods to bolster their economies.On the expectation that Mr.

Draghi will announce such a plan when the central bank meets next week in Frankfurt, investors on

Wednesday bid up eurozone bonds. German 10-year government bonds rose, driving their yields, which

move in the opposition direction of their prices, to a low just above 0.4 percent. The bonds of a number of

other eurozone members, including Finland, France and the Netherlands, also touched new lows.The euro,

which would be relatively less attractive if the central bank pumped many more of them into the market

through a bond-buying program, continued its fall of recent weeks, dropping on Wednesday to $1.18, the

lowest since the end of 2005.The preliminary ruling was made by one of the advocates general at the Court of

Justice of the European Union in Luxembourg, Pedro Cruz Villalón, who said that the bond-buying plan Mr.

Draghi proposed in 2012 was ''compatible'' with European Union treaties. Mr. Cruz Villalón wrote that the

program would be ''suitable for bringing about a reduction in the interest rates on government bonds'' and

said the central bank would not be assuming ''a risk that will necessarily make it vulnerable to insolvency.''But

he also warned that the central bank should ''proceed with particular caution'' when buying government

bonds, to avoid creating speculative behavior in the market.Judges at the Court of Justice endorse the advice

of their advocates general in a majority of cases, although their decisions typically come months later.For

now, though, the ruling seems to validate the broader powers that the European Central Bank has taken on,

and aspires to, under Mr. Draghi, who became its president in late 2011. Besides seeking the ability to take

potentially powerful steps to stimulate the economy, the central bank has taken on main oversight of the

eurozone's biggest banks - a regulatory role that was previously parceled out among member states.Mr. Cruz

Villalón did not suggest any explicit limits on the size of the central bank's bond buying. Nor did he say that

the European Central Bank should have priority over other bondholders if a debtor defaulted, a point that is

likely to be viewed favorably by the central bank.If the central bank were a so-called senior bondholder,

private investors might have been reluctant to buy the bonds. That, in turn, could undercut the aim of the

bond-buying program, which is to create more demand and push down market interest rates.The opinion did

warn the German constitutional court, which had referred the case to the Court of Justice, against meddling

too much with European Central Bank-policy. ''The courts must exercise a considerable degree of caution

when reviewing the E.C.B.'s activity, since they lack the expertise and experience which the E.C.B. has in this

area,'' it said.The opinion did, however, admonish the European Central Bank to better explain the rationale

behind its policies. It also said the central bank should not buy government bonds immediately after they are

issued, but should wait to allow markets to determine a price.The bond-buying program that the court was

assessing is one that Mr. Draghi announced at the height of the European sovereign debt crisis as part of his

effort to do ''whatever it takes'' to save the euro.The program, called Outright Monetary Transactions, has

never been deployed. But its mere announcement is widely credited with helping to rescue the currency by

15/01/2015 1,14,16Pag. International New York Times(diffusione:222930, tiratura:500000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 134

calming market forces that were pushing bond rates in Italy and Spain to dangerously high levels.The

program drew consternation from a group of German lawyers and academics, who sued at their country's

constitutional court. They argued that the program opened the way to sharing the debt of member states in

danger of defaulting. The German court then referred the case to the top European court for further

guidance.Yves Mersch, a member of the executive board of the European Central Bank, called the opinion

announced on Wednesday ''an important milestone.''''We have always been convinced'' that the bond-buying

programat issue is ''legally sound and in line with our mandate,'' Mr. Mersch said in a statement.Jonathan

Loynes, the chief European economist at Capital Economics in London, wrote in a research note that the

ruling ''would seem to clear the path for the implementation of a full-blown quantitative easing'' at the bank's

policy meeting on Jan. 22.Some elements of the opinion could affect the way the program intended to help

individual distressed economies would operate, but ''there seems little here to prevent a Q.E. program aimed

at loosening monetary policy across the eurozone as a whole,'' Mr. Loynes wrote, referring to quantitative

easing.Even though the adviser effectively said an expanded program could go ahead, Mr. Draghi still faces

challenges from the central bank's ''natural caution'' and from Germany's objections, Mr. Loynes wrote. Many

Germans fear that they will be stuck with the bill if eurozone countries like Greece or Italy are unable to pay

their debts.Proponents of quantitative easing are concerned that limits on the program could undercut its

psychological impact on financial markets by raising doubts about how far the central bank would be able to

go to restore inflation.Consumer prices fell at an annual rate of 0.2 percent in December, according to an

official estimate, raising concerns that the eurozone could sink into deflation, an economic condition where

people delay purchases because they expect prices to fall further. Deflation eventually undermines company

profits and leads to higher unemployment.The central bank's official target for inflation is below, but close to,

2 percent.The core inflation rate, which excludes energy and food prices, ticked up to 0.8 percent in

December from 0.7 percent the month before.

15/01/2015 1,14,16Pag. International New York Times(diffusione:222930, tiratura:500000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 135

Italian premier faces test after president's resignation (AP) Italy's president resigned on Wednesday, setting off a scramble for a new head of state that will test Prime

Minister Matteo Renzi's ability to unite his own party without losing support of opposition parties for electoral

overhauls.Two years ago, President Giorgio Napolitano reluctantly accepted a second term after lawmakers

could not agree on a successor. But citing his advanced age, Mr. Napolitano, who is now 89, said he did not

plan to serve all seven years of the term.Parliament and regional electors must now hold a special election

within 15 days for a new president. The largely ceremonial office is traditionally held by someone considered

above the political fray.

15/01/2015 3Pag. International New York Times(diffusione:222930, tiratura:500000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 136

Italy's economy could come to Renzi's aid International New York Times Matteo Renzi has achieved more in his 11 months as Italy's prime minister than skeptics had feared. But his

weak position in Parliament is holding him back. The election of a new president and another year of low

growth could throw doubt on Mr. Renzi's ability to end Italy's long crisis.Having seized power last February,

Mr. Renzi has delivered on some but not all of his promises. To be fair, he has a slim parliamentary majority

and enemies in his own center-left party. His labor overhaul cut the cost of firings, with the goal of making

hiring more attractive. His fiscal policy has been less impressive, relying on tax giveaways without equivalent

spending cuts. And he has spent much time trying to come up with an overhaul of the electoral system, a

necessary step before he can implement his program in full.Barring a major crisis in Greece, the economy

could give Mr. Renzi a breather in 2015. Italy would benefit from the bond-buying program the European

Central Bank may begin this month or next. The weaker euro makes Italian exports more competitive, and

lower oil prices will spur the economy. The European Commission expects growth in Italy of 0.6 percent next

year, a slight improvement from the two-year recession.If Parliament finally passes Mr. Renzi's changes to

the political system, he could go on the offensive and seek a mandate for more meaningful overhauls by

calling elections in late 2015 or early 2016. These aren't bad times to try: The older political class has lost

credibility.But recent months have seen a resurgence of the Northern League, an antieuro party. And the

election of the next president by Parliament could be a roadblock, if it is used by Mr. Renzi's opponents to

vent their frustration - all the more easily because the vote is secret.That would undermine the prime

minister's authority and compromise his drive for change. Another year of fragile growth and half measures

would leave in tatters his claim to change Italy. Then Italians might start looking for more radical choices.

NEIL UNMACK

15/01/2015 18Pag. International New York Times(diffusione:222930, tiratura:500000)

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Middle tier of luxury market gets squeezed International New York Times Demand for $5,000 cashmere sweaters kept Brunello Cucinelli's looms busy last year. The company, based

in the Italian province of Umbria, reported double-digit sales growth in 2014, with more of the same forecast

for the next 12 months. Burberry's third-quarter numbers were also robust, a rarity in today's luxury sector.As

these companies demonstrate, the fortunes of high-end brands are becoming increasingly polarized.

Cucinelli, and other super-exclusive labels like Bottega Veneta, are shrugging off the troubles afflicting the

rest of the sector. There's also demand at the ''accessible'' end of the market, with companies like Michael

Kors shifting $450 handbags by the thousand. But those in the middle, including Kering's flagship brand,

Gucci, and the Louis Vuitton label of LVMH-Moët-Hennessy Louis Vuitton, are looking squeezed.Since

floating in April 2012, Cucinelli's shares have jumped more than 140 percent. Compare this with the fortunes

of Prada, one of its prominent Italian peers. Prada floated a year earlier in Hong Kong, and despite pinning its

hopes on the Chinese consumer, its latest sales figures show a 6 percent drop. Shares are up 8 percent

compared to the float price, and down 50 percent from their March 2013 peak.Cucinelli's eye-watering prices

mean its products are in little danger of joining the ranks of mass luxury. That means it should avoid the

problem of overexposure that is punishing some of the industry's biggest names. But Cucinelli's premium

valuation, as measured on a price-to-earnings basis, may be sustained only if it retains the ability to sell at the

pinnacle of the market while pushing sales forward. Cucinelli's forward price-to-earnings ratio is 33 compared

to Hermès's 29. The industry average is 22.Burberry, meanwhile, is leagues ahead of most of its peers in

digital innovation, and its slick marketing is powering sales. It will have to work hard to protect its edge with

other players waking up to the potential of e-commerce. Clothing lines look more vulnerable than branded

accessories, too. Burberry's task is to avoid slipping into luxury's squeezed middle ground. That's where the

pain is being felt. CAROL RYAN

15/01/2015 18Pag. International New York Times(diffusione:222930, tiratura:500000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 138

Shares fall after World Bank warning on growth Mining firms that supply metals take biggest hit Poor US retail sales sap confidence in recovery Court backs QE Standard Chartered, which has a large number of clients in the far east and China, lost almost 5% of its value

yesterday to 886p, pushing its shares down more than a quarter on a year ago.Poor retail sales data in the

US compounded the loss of confidence among traders worried that China, the eurozone and the US still have

some way to go before achieving a stable recovery. The Dow Jones index of leading US shares was heading

for a fourth straight loss at 6pm after falling 256 points or 1.5%.Rob Carnell, an economist at ING Financial

Markets, said the month- onmonth drop in US retail sales in December showed the US recovery was facing

difficulties. "Worryingly, with the US about the only beacon of growth globally, if even this engine is spluttering

then a more substantial market correction than we have already seen may well be on the cards," he said.The

German Dax also fell, dropping 1%, and the French CAC slipped 1.2%. Political instability in the eurozone

has also unnerved markets since the announcement of snap elections in Greece raised the prospect of

Athens pulling the plug on its membership and potentially triggering a break up of the single currency.While

most investors have accounted for the prospect of another year of stagnation in the eurozone, the continuing

credit squeeze in China and lacklustre consumer spending in the US have proved surprising drags on the

world's two biggest economies.The influential twice-yearly World Bank forecast said on Tuesday the US

would continue to expand along with the UK, but blamed reduced prospects for growth in the eurozone,

spiralling debts in Japan and weak growth in some emerging economies for a decision to cut its 2015 global

growth estimate to 3% from 3.4%. An adviser to the European court of justice has ruled that a bond-buying

programme by the European Central Bank is legal in principle - clearing the way for the ECB to make big

purchases of government bonds, spending billions to fight deflation in the eurozone. The advocate general's

opinion, likely to be endorsed by the court, said bond-buying could be considered legal so long as it was

proportionate and the ECB explained its reasons for the action. No upper limits were placed on the scale of

the operation that would be allowed.ECB boss Mario Draghi is now expected to launch a substantial

quantitative easing-style operation to kickstart the economy.Speaking to an all-party group of MPs, the deputy

governor of the Bank of England, Sir Jon Cunliffe, said there was a political will inside the eurozone to keep

the membership together, but he recognised that should the currency bloc break up it would create a "very

major disturbance" in financial markets.Bank of England governor Mark Carney said he expected the

European Central Bank (ECB) to step in to ensure inflation in the eurozone pushes back up to its 2% target

and that this mattered to the UK.The governor, who will have to write a letter to Chancellor George Osborne

to explain a fall in UK inflation to 0.5%, said the eurozone has experienced persistently low inflation which

was different to the UK experience.The World Bank urged eurozone policymakers to embark on a large-scale

programme of economic stimulus to boost demand and prevent a period of deflation.

15/01/2015 26Pag. The Guardian

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 139

Davos mission Will.i.am to lobby leaders for charity The Guardian Domestic edition Will.i.am will swap his big chair on The Voice UK for the snowy peaks of Davos next week, to seek support

from world leaders for his charitable foundation.The rapper and music producerturned-tech investor will rub

shoulders with more than 40 heads of state and government as the Swiss resort hosts the 45th World

Economic Forum.Will.i.am, or William Adams, will be promoting his i.am.angel Foundation, a charity that aims

to transform lives through "education, inspiration and opportunity". Adams will lobby the rich and powerful to

embrace philanthropy to improve local communities.Will.i.am is following in the footsteps of the Hollywood

star Matt Damon, who attended WEF 2014 to seek funding for his charity Water.org.Leaders of Europe's

leading economies will also be attending the event. Angela Merkel returns to the throng after missing last

year. France's president, François Hollande, has been lured up the mountains for the first time, and Italy's

prime minister, Matteo Renzi, is breaking his own Davos duck. David Cameron, though, is not attending, the

first time Britain's prime minister has skipped a Forum meeting since 2007.Facebook's Sheryl Sandberg,

Yahoo's Marissa Mayer, Satya Nadella, of Microsoft, and Eric Schmidt, of Google, are all attending, as is Jack

Ma, founder of China's web firm Alibaba. Despite the presence of Merkel, Sandberg and Mayer, just 17% of

the Davos delegates are female. WEF is trying to improve its gender balance, offering delegations an extra

place if they bring at least one woman. Last year about 16% of the delegates were women.The 2015 event,

entitled The New Global Context, focuses on climate change, economic growth, social inclusion, and the

internet.

15/01/2015 27Pag. The Guardian

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 140

QUELS SONT LES PRODUITS DONT LES PRIX ONT LE PLUS RECULE EN2014 ? FABIEN PILIU Selon l'Insee, l'indice des prix à la consommation n'a progressé que de 0,1% en décembre sur un an.

Certains produits ont vu leur prix chuter. Lesquels ? Quel est l'impact de cette très faible inflation sur l'activité

? La période où la Banque centrale européenne (BCE) s'inquiétait du niveau de l'inflation en France et dans

la zone euro est actuellement révolue. En janvier 2008, quelques mois avant le déclenchement de la crise

des subprimes aux Etats-Unis et la faillite de Lehman Brothers, cet indice affichait une progression de 2,9%

sur un an. Cinq ans plus tard, la BCE n'a plus les mêmes craintes. Le spectre de la déflation étant dans tous

les esprits, la banque centrale se démène pour relancer l'inflation et la porter à un niveau annuel fixé à 2%. "

Tous les membres du conseil des gouverneurs sont déterminés à remplir leur mandat. Bien sûr, il y a des

divergences sur la manière de le faire. Mais ce n'est pas comme si nos possibilités étaient infinies ", a déclaré

jeudi Mario Draghi, le président de la BCE dans un entretien accordé à l'hebdomadaire allemand Die Zeit,

offrant ainsi un signal supplémentaire de l'imminence de rachats massifs de detteUNE INFLATION QUASI

NULLE SUR UN ANEn effet, en décembre, l'indice des prix n'a progressé que de 0,1% en France selon

l'Insee. Sur un an, il signe une hausse identique, quasi nulle donc.

15/01/2015 13,14Pag. La Tribune Quotidien

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 141

LE PRESIDENT ITALIEN GIORGIO NAPOLITANO DEMISSIONNE GIULIETTA GAMBERINI Pendant ses neuf années à la tête du pays, ce communiste et ancien antifasciste a su se construire une vraie

légitimité. Comme attendu, Giorgio Napolitano a quitté le palais du Quirinal mercredi. Son dernier souhait:

que "le pays soit uni et serein". Il est redevenu un citoyen comme les autres. Mercredi 14 janvier, à 10h35, le

président de la République italienne Giorgio Napolitano a signé sa lettre de démission. Après presque neuf

ans à la tête du pays, il a quitté autour de midi le palais présidentiel du Quirinal pour regagner son

appartement privé à Rome. Le départ de Napolitano, âgé de 89 ans, était attendu. Elu une première fois

président de la Répulique en 2006, il avait accepté d'être réélu en 2013, faute d'accord entre les partis sur un

successeur. Il avait toutefois dès les débuts manifesté son intention d'abandonner ses fonctions bien avant la

fin de son mandat en 2020, pour des raisons d'âge et de santé. Mardi, alors qu'il assistait à une cérémonie

publique, à la question d'un enfant qui lui demandait s'il était content de "rentrer chez lui", Giorgio Napolitano

avait d'ailleurs sincèrement répondu: "Bien sûr que je suis content. Ici [au Quirinal: NDLR] on est bien, tout

est très beau, mais c'est un peu une prison. A la maison je serai bien et je me promenerai".LE PREMIER

ANCIEN COMMUNISTE ÉLU AUPALAIS DU QUIRINAL Vedi pagina 42Da pagina 41 Né à Naples en 1925,

titulaire d'une maîtrise en droit, Giorgio Napolitano intègre dès 1942 un groupe de jeunes antifascistes. Il

adhère ensuite en 1945 au Parti communiste italien, dont il sera l'un des acteurs de la réfondation dans les

années 90. Il est élu pour la première fois député en 1953 et est membre de 1989 à 1992, puis de 1999 à

2004, du Parlement européen. De 1992 à 1994, il est président de la Chambre des députés, puis, de 1996 à

1998, il est ministre de l'Intérieur dans le gouvernement Prodi, se distinguant comme le premier titulaire de ce

ministère issu des rangs communistes. En 2006, il devient le premier ancien communiste élu au palais du

Quirinal et, en 2013, le seul président de l'histoire de la République italienne à avoir été réélu à la fonction de

chef de l'Etat. Il conférera la charge de former un nouveau gouvernement respectivement à Prodi en 2006 et

à Berlusconi en 2008, puis à Monti en 2011, Letta en 2013 et Renzi en 2014).UN VOEU D'UNITÉ ET DE

SÉRÉNITÉAprès avoir exercé pendant près d'une décennie son rôle présidentiel de garant de la stabilité

constitutionnelle, avec... ... un sens de l'équilibre unanimement salué ( y compris par le New York Times en

2011), Giorgio Napolitano a tenu sa dernière rencontre avec Matteo Renzi lundi 12 janvier.Son dernier

souhait: que "le pays soit uni et serein". Une référence aux évènements tragiques qui ont frappé la semaine

dernière Paris et l'Europe toute entière. mais aussi une mise en garde aux forces politiques qui doivent

désormais élire son successeur. La présidente de la Chambre des députés doit en effet convoquer dans les

15 jours l'assemblée des "grands électeurs" (députés, sénateurs et 58 représentants des régions) pour

l'élection du nouveau chef de l'Etat, dont l'issue est très incertaine. Dans l'attente, les fonctions de chef de

l'Etat seront exercées par le président du sénat, Pietro Grasso.SÉNATEUR À VIEPar sa démission, Giorgio

Napolitano retrouve, lui, son titre de sénateur à vie, qu'il avait acquis en 2005. Selon ses proches, cités par Il

Sole 24 Ore, si son départ représente un vrai soulagement pour l'ancien président, qui souffrait du poids de

ses fonctions en raison de son grand âge, Giorgio Napolitano n'arrêtera pas pour autant la politique. Et en

raison de la légitimité qu'il a su se construire pendant les 9 ans de son mandat, ses choix pourraient peser

lourd dans les arbitrages à venir.

15/01/2015 41,42Pag. La Tribune Quotidien

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 142

L'euro retrouve son cours d'introduction de janvier 1999 La monnaie européenne est tombée à un nouveau plus bas depuis neuf ans. La perspective d'une action dela BCE est confortée par les propos de Mario Draghi et une décision favorable de la Cour de justiceeuropéenne. ALEXANDRINE BOUILHET L'euro a pris un coup de jeune. Il est passé mercredi à 1,1727 dollar, sous son cours d'introduction du 4

janvier 1999 à 1,1747 dollar, sur les écrans des salles de marchés du monde entier. « C'est plus symbolique

qu'autre chose » , estime Gilles Moec, économiste à Bank of America. L'euro est à son plus bas niveau face

au dollar depuis neuf ans, mais il est loin de son point bas historique, de 0,8272 dollar, atteint en octobre

2000. À l'époque, la devise européenne, balbutiante, avait été sauvée par une action concertée des banques

centrales du G7.Si l'euro baisse aujourd'hui, c'est en raison de l'action envisagée par la BCE, visant à sortir le

Vieux Continent du piège de la déflation renforcé par la chute du pétrole. La Banque centrale européenne

envisage de faire marcher sa « planche à billets » pour racheter des dettes d'État, comme le font la Fed, la

Banque d'Angleterre et la Banque du Japon, dans les situations de crise. Cette technique controversée de

politique monétaire, dite « QE » - quantitative easing en anglais -, revient à créer des euros supplémentaires,

ce qui se traduit toujours par une dépréciation du change.L'hypothèse d'un QE a été renforcée par Mario

Draghi, qui plaide à nouveau pour une politique monétaire « expansive » dans un entretien à la presse

allemande, ce mercredi. Une action est attendue dès la semaine prochaine, le 22 janvier.Un autre élément

important a pesé sur le cours de l'euro : la décision de la Cour de justice européenne (CEJ) qui a validé, dans

ses réquisitions, le fameux « bazooka » de la BCE, brandi en 2012, par Mario Draghi pour venir au secours

des États, attaqués sur les marchés. D'après l'avocat général de la CEJ, ce programme de rachat de dettes

d'État, baptisé « OMT » (opérations monétaires sur titres), est compatible avec les traités européens. Aux

yeux des investisseurs, cela lève la dernière hypothèque légale sur l'action attendue de la BCE, « même si le

QE et l'OMT sont deux animaux très différents » , rappelle Gilles Moec.Réticences allemandesLa BCE a

salué la décision de la Cour sur son compte Twitter. Mais l'OMT n'a encore jamais été utilisée. Cette arme de

« prêteur en dernier ressort », qui permet à la BCE de racheter des dettes d'État en quantité « illimitée », est

restée dans les tiroirs de la banque. Son existence même a suffi à éloigner les spéculateurs, mi-2012,

lorsque la zone euro était sur le point d'exploser.En Allemagne, où l'action de Mario Draghi est contestée, des

personnalités politiques et économiques, des professeurs de droit, ainsi que le parti de gauche Die Linke ont

attaqué le programme OMT de la BCE devant la Cour constitutionnelle allemande, laquelle s'est déclarée

incompétente au profit de la Cour de justice européenne, en 2014.Ce qui pose problème aux Allemands,

c'est le financement monétaire des États par la BCE, interdit par le traité de Maastricht. Argument balayé par

le parquet de la Cour de justice européenne : les opérations sur le marché secondaire sont légales, dit la

CEJ, « faute de quoi l'Eurosystème serait privé d'un outil crucial pour la conduite ordinaire de la politique

monétaire ».La Cour pose aussi quelques bornes à l'action de la BCE en temps de crise. Si elle utilise l'OMT,

elle devra se justifier en détail et faire preuve de « prudence » afin d'éviter « les comportements spéculatifs »

. D'après l'avocat général, il faut qu'une différence de prix existe entre le marché primaire (émission de

dettes) et le marché secondaire (achat de dettes déjà émises). Il s'agit de garantir « la formation d'un prix de

marché des dettes publiques » . La BCE devra aussi s'abstenir de participer à un programme de type troïka

si elle déclenche une OMT, dans le but de bien limiter son rôle à la politique monétaire, afin que la BCE ne

s'immisce pas aussi dans la politique économique des États. Chef économiste de Goldman Sachs, Jan

Hatzius est spécialiste des États-Unis, et de la recherche macrointernationale. Il explique l'impact positif de la

baisse des prix du pétrole, alors que Goldman Sachs a révisé en forte baisse ses prévisions pour 2015 et

2016, anticipant un baril de Brent sous les 50 dollars sur l'essentiel de cette année. Ce qui a contribué à la

baisse des prix de marchés. LE FIGARO.La baisse des prix du pétrole sera-t-elle aussi bénéfique à l'Europe

15/01/2015 20Pag. Le Figaro

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 143

qu'aux États-Unis ? Jan HATZIUS. - Le prix du brut a chuté de 60 % en dollar. C'est considérable. À moins

de 50 dollars le baril, on n'est plus très loin des prix de 2009, en pleine crise financière. La baisse du pétrole,

c'est l'événement économique le plus important pour 2015. Cela devrait apporter un surcroît de croissance

similaire en Europe et aux États-Unis, de l'ordre de 0,6 % à 0,7 % du PIB sur les quatre prochains trimestres.

Car si les Européens consomment moins de pétrole que les Américains, ils ne subiront pas, comme les

producteurs américains de pétrole de schiste, l'effet négatif de la baisse des prix du brut. En zone euro, le

pétrole fera-t-il plus pour la croissance que la dépréciation de l'euro ? C'est en effet un moteur plus puissant.

Le prix du pétrole en euro a baissé de 40 %. Le taux de change effectif de l'euro - contre toutes les monnaies

partenaires - n'a baissé que de 10 % environ, alors que, face au dollar, l'euro a baissé de 20 %. Ce surcroît

de croissance empêchera-t-il la déflation en zone euro ? Nous ne le pensons pas, car le chômage élevé et la

faible production potentielle tirent tous les prix vers le bas. L'inflation sousjacente - hors prix de l'énergie - est

très faible à 0,7 % sur un an, et très éloignée de l'objectif d'inflation de la BCE, qui est d'être en dessous ou

proche de 2 % à moyen terme. Les anticipations d'inflation sont en baisse. Il y a un doute sur la capacité de

la BCE à atteindre son objectif d'inflation... Elle doit donc agir vite et fort.

15/01/2015 20Pag. Le Figaro

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 144

Hollande maintient sa participation à Davos Le Figaro Plus de 300 dirigeants politiques de premier plan vont participer la semaine prochaine au 45e Forum

économique mondial de Davos. Parmi les participants : la chancelière allemande Angela Merkel, le président

français François Hollande (qui maintient sa participation), le premier ministre italien Massimo Renzi, le

premier ministre chinois Li Keqiang et le secrétaire d'État américain John Kerry.

15/01/2015 22Pag. Le Figaro

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 145

Déficits : la Commission Juncker sera plus souple Cécile Ducourtieux C'était dit et répété depuis plusieurs mois déjà. C'est désormais formalisé par écrit : la Commission de Jean-

Claude Juncker veut changer le " logiciel " économique européen.Mardi 13 janvier, devant les eurodéputés

réunis en plénière à Strasbourg, le président de l'institution communautaire a présenté " une dose

supplémentaire de flexibilité " dans le pacte de stabilité et de croissance - qui fixe un déficit public ne devant

pas dépasser 3 % du produit intérieur brut (PIB) et une dette sous les 60 % du PIB.La priorité de Bruxelles

n'est désormais plus seulement la discipline budgétaire - certains diraient l'austérité. Elle acte le fait que la

réduction des déficits à elle seule n'a pas suffi à relancer la croissance.L'heure est aux réformes de structure

et à l'investissement. Pour relancer la croissance et pour créer à nouveau des emplois, dans une Union

européenne (UE) où le chômage, notamment des jeunes, atteint des niveaux alarmants. Et tant pis - dans

une certaine mesure évidemment - si les Etats membres qui investissent et qui se réforment s'éloignent un

peu des " clous " du pacte de stabilité et de croissance ou mettent plus de temps pour y revenir.Cette

nouvelle grille de lecture devrait, logiquement, être bien accueillie à Paris et à Rome, où depuis des mois, le

président français, François Hollande et le premier ministre italien, Matteo Renzi, plaident pour plus de

flexibilité. Pour autant, la " Commission européenne ne leur donne pas un chèque en blanc ", précise aussitôt

une source européenne.

15/01/2015 1Pag. Le Monde - Dossier(diffusione:30179, tiratura:91840)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 146

Pourquoi un Patriot Act à la française est impossible Jacques Follorou, et Franck Johannès voix contre le " PNR "En avril 2013, au sein de la commission des libertés civiles du Parlement européen, la

proposition de création d'un fichier commun des données des passagers aériens (PNR, pour " passenger

name record "), présentée en 2011 par la Commission européenne, a reçu 30 voix contre et 25 pour.inscrits

sur la " no fly list "Un demi-million de personnes du monde entier sont inscrites par les autorités américaines

sur la liste d'interdiction de séjour sur le sol américain, appelée la " no fly list ".Quelques heures, à peine,

après la tuerie perpétrée, mercredi 7 janvier, dans les locaux de Charlie Hebdo, le mot " Patriot act "

apparaissait déjà dans les échanges informels entre certains conseillers présidentiels et ministériels sur les

conséquences politiques d'une telle violence pour le pays. Cette loi, votée aux Etats-Unis, dans la foulée des

attentats du 11 septembre 2001, donnait, notamment, tout pouvoir au monde du renseignement face au

judiciaire. Le deuxième pilier du " Patriot act " consistait à réviser en profondeur le contrôle des frontières de

manière à empêcher la menace de rentrer sur le sol américain.Quatre jours après le dénouement d'une crise

qui a fait vingt morts (dont les trois terroristes), Manuel Valls a livré, mardi 13 janvier, devant les députés, une

première réponse visant à mieux protéger le pays du terrorisme. Son intervention a montré que la France

n'était pas en mesure de dupliquer une forme de " Patriot act " à l'américaine car une bonne partie de sa

sécurité ne dépend plus de Paris mais de Bruxelles et de ses partenaires occidentaux.M. Valls a ainsi prié,

avec insistance, les parlementaires européens d'adopter le système sur les échanges de données des

passagers européens dit " PNR " (Passenger name record). " J'appelle solennellement le Parlement

européen à prendre enfin toute la mesure de ces enjeux, et à voter, comme nous le lui demandons depuis

deux ans, avec l'ensemble des gouvernements, ce dispositif qui est indispensable ", a-t-il lancé avant d'en

souligner l'urgence, " nous ne pouvons plus perdre de temps ".Fin novembre, le Parlement européen a gelé

l'accord conclu avec le Canada dans l'attente d'un avis de la justice européenne, montrant ainsi sa défiance

envers cet instrument réclamé pour lutter contre les djihadistes. Il a été accepté, sous conditions, en 2012,

avec les Etats-Unis. Les données " PNR " comportent des informations sur les passagers aériens, noms,

dates et itinéraire du voyage, adresses, numéros de téléphone, moyens de paiement, numéro de carte de

crédit et de siège ainsi que des éléments sur les bagages.La commission des libertés civiles, de la justice et

des affaires intérieures du Parlement européen a expliqué, le 21 février 2014, les raisons de cette méfiance

dans son rapport d'enquête sur " l'incidence des programmes de surveillance de la NSA et des Etats

membres sur les droits fondamentaux des citoyens européens ". Selon elle, " les mesures de sécurité,

notamment dans le cadre de la lutte contre le terrorisme, doivent s'inscrire dans l'Etat de droit et respecter les

obligations en matière de droits de l'homme, y compris celles qui ont trait à la vie privée et à la protection des

données ".Les traités relatifs aux transferts de données personnelles ou financières européennes vers les

Etats-Unis sont jugés " dépassés " par la commission. " Le cadre juridique des Etats-Unis en matière de

protection des données, dit-elle, ne garantit pas à un niveau adéquat les citoyens de l'Union européenne ".

Pour cette commission, souvent en pointe sur le terrain des libertés, les quinze dernières années

d'antiterrorisme ont vu surgir des " programmes de surveillance - qui - constituent une nouvelle étape vers la

mise en place d'un Etat ultra-préventif s'éloignant du modèle du droit pénal en vigueur dans les sociétés

démocratiques ". Pour les rapporteurs de l'enquête, " un mélange d'activités de répression et de

renseignement avec des garanties juridiques floues et affaiblies allant bien souvent à l'encontre des freins et

contrepoids démocratiques se substitue à la loi ".De dépit, M. Valls a annoncé que la France lancerait son

propre système " PNR " en septembre avant d'appeler aussi l'Europe " à une plus forte contribution aux

opérations militaires menées par la France contre le djihadisme au Sahel ". Interrogé par Le Monde, Gilles de

Kerchove, coordinateur européen de la lutte contre le terrorisme, a soutenu la demande de M. Valls sur le "

PNR " mais rappelé que " l'Europe fait déjà beaucoup pour le Sahel avec des centaines de millions d'euros

15/01/2015 4Pag. Le Monde(diffusione:30179, tiratura:91840)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 147

pour le développement " qui ont un impact sur la sécurité des pays en les stabilisant. Bruxelles dépense

aussi, dit-il, " des dizaines de millions d'euros pour soutenir les polices et les armées régionales ".Enfin, si le

Premier ministre ne l'a pas évoqué directement, le contrôle des entrées et sorties dans l'espace Schengen,

au sein duquel 26 Etats européens ont déclaré la totale liberté de circulation, sous-tend le débat. Paris

reproche aux frontières extérieures d'être poreuses. " Schengen est une affaire européenne, ce n'est pas un

problème, c'est la solution, répond M. de Kerchove. C'est le cadre dans lequel on doit bâtir cette sécurité

européenne en harmonisant tout d'abord les indicateurs de risque. "Pour être complète, la liste de M. Valls

des moyens nécessaires à une lutte plus efficace contre le terrorisme aurait dû mentionner la question

centrale du renseignement. Le silence du premier ministre illustre la situation de porte-à-faux dans lequel se

trouvent les Etats-membres. Si le président du conseil italien Matteo Renzi a souhaité, vendredi 9 janvier, la "

création d'une agence européenne du renseignement ", ses partenaires ne veulent pas en entendre parler. Ils

ont fait inscrire, en 2007, dans le Traité de Lisbonne, que cette matière relevait de la stricte souveraineté

nationale.Interrogé par Le Monde, Jean-Paul Laborde, directeur du Comité contre le terrorisme au Conseil de

sécurité des Nations unies, constate également que " les Etats ont chacun leurs méthodes et privilégient la

coopération bilatérale " en matière de renseignement. Ce qui compte, ajoute-t-il, " c'est qu'ils mettent cette

menace au premier rang de leur travail national de renseignement. Ne serait-il donc pas plus judicieux, si

cela est nécessaire, de renforcer les structures existantes plutôt que d'en créer de nouvelles et d'ajuster leurs

méthodes de travail aux menaces actuelles. (...) Personne n'a le monopole de la lutte contre le terrorisme,

mais tout le monde doit faire face à ses responsabilités ".

15/01/2015 4Pag. Le Monde(diffusione:30179, tiratura:91840)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 148

Austérité : l'étau européen se desserre afin de relancer l'investissementpublic Anne Bauer L'adaptation du Pacte de stabilité a été le fruit d'une intense bagarre politique. Les Allemands font bonne

figure même si le texte leur paraît généreux. La Commission européenne a clairement chaussé de nouvelles

lunettes. Elle revisite le Pacte de stabilité, qui impose aux Etats de ramener leur déficit public sous la barre

des 3 % et leurs dettes sous les 60 % du PIB, en desserrant les écrous. Au point qu'il est désormais

improbable que la Commission européenne se voit contrainte à la mi-mars de sanctionner la France et l'Italie

sur leur inaptitude à respecter les règles. Seuls les députés socialistes européens ont crié hier victoire sur le

texte adopté par l'exécutif européen en catimini à la suite d'une bataille d'experts qui s'est déroulée porte

fermée. Une bagarre menée notamment par le chef de gouvernement italien Matteo Renzi et par son ministre

des Finances, Pier Carlo Padoan. Tourner la page Mardi, Matteo Renzi n'a pourtant rien dit lors d'une

conférence de presse au Parlement européen, alors même que ce texte répond à ses demandes répétées de

relâcher l'austérité pour permettre la relance de l'investissement public. De fait, lors de sa conférence,

organisée à la mi-journée, la menace d'un veto allemand n'était pas encore totalement levée. Au même

moment, le président de la Commission, Jean-Claude Juncker défendait le texte face au collège des 28

commissaires européens et s'appuyait sur ses membres socialistes pour trancher en faveur de la proposition

soigneusement cuisinée par le commissaire aux Affaires économiques Pierre Moscovici et le vice-président

en charge de l'euro, Valdis Dombrovskis. Un texte gardé au secret jusqu'à la dernière minute. « Il y a eu une

intense bagarre, certains voulaient reporter son adoption, raconte un acteur des négociations, mais

heureusement, Jean-Claude Juncker a arbitré en sa faveur contre les faucons, en en minorant l'importance. »

En décembre dernier, une première version avait alerté la France et l'Italie. Pour obtenir que les réformes

structurelles soient prises en compte, certains proposaient de passer par une procédure très contraignante et

le gouvernement italien ne s'y retrouvait pas sur le dossier des investissements. Pier Carlo Padoan a alors

fait campagne, prenant contact avec ses homologues français, britannique, polonais et néerlandais pour

obtenir davantage. Rassemblé, le camp socialiste a menacé le président Juncker de lui retirer son soutien si

la version n'était pas assouplie. Fragilisé par l'affaire Luxleaks et convaincu de la nécessité de tourner la

page de la stricte austérité pour donner une chance de réussite à son plan de relance de l'investissement,

Jean-Claude Juncker a été facilement convaincu. Hier, le gouvernement allemand tentait de faire bonne

figure. « Pour le gouvernement fédéral, l'important est que la crédibilité, la fiabilité du Pacte de stabilité et de

croissance reste garantie », a déclaré son porte-parole Steffen Seibert. Mais au ministère des Finances,

certains points font déjà grincer des dents, par exemple la possibilité de tenir compte de réformes

structurelles annoncées, mais pas encore en vigueur.

15/01/2015 7Pag. Les Echos(diffusione:118722, tiratura:579000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 149

intervista Gianni Pittella : « La nouvelle interprétation du Pacte de stabilité marqueune réelle rupture » Anne Bauer La communication sur le Pacte de stabilité marque-t-elle un changement important ? Elle marque une réelle

rupture, celle que nous, socialistes et démocrates, réclamons depuis des années par rapport à la politique

d'austérité suivie par le passé. Le Pacte de stabilité devient enfin aussi un pacte de croissance. Il devient plus

intelligent. Je remercie donc les commissaires Pierre Moscovici et Valdis Dombrovskis d'avoir réussi à

convaincre leurs pairs d'insuffler un tel changement. En attendez-vous une relance des investissements en

Europe ? Oui, nombre de pays vont bénéficier de ces changements de règles et pourront ainsi financer des

programmes qu'ils s'interdisaient jusqu'à présent afin de maintenir coûte que coûte leur déficit sous la barre

de 3 % du PIB. La neutralisation des contributions des Etats dans le Fonds européen d'investissement

stratégique (FEIS) devrait permettre aux Etats de l'abonder et de lui donner davantage de crédibilité. Ensuite,

les investissements publics nationaux dans des projets d'infrastructures également financés par Bruxelles

pourront être soustraits dans certaines conditions du calcul de la trajectoire d'ajustement budgétaire ou de la

dette. Cela aura des conséquences pratiques immédiates. Par exemple, un pays comme l'Italie a du mal à

financer la lutte contre les catastrophes naturelles depuis longtemps, à cause des limites imposées par une

lecture rigide du Pacte de stabilité. Elle pourra désormais participer à des programmes européens jugés

importants à Bruxelles. Globalement, d'après le commissaire Dombrovskis, cette « flexibilité » pourrait lui

rendre une marge de manoeuvre d'investissements supplémentaires de l'ordre de 5 milliards d'euros par an.

Mais cette nouvelle règle bénéficiera d'après nos estimations aussi aux Pays-Bas, à la Finlande, au

Luxembourg, à la Slovaquie au sein de la zone euro, ainsi qu'à la Suède, au Danemark et à la République

tchèque hors de la zone euro. Tous ces pays respectent le Pacte de stabilité mais souffrent d'un déficit de

croissance supérieur à 1,5 %. Le débat a été rude, craignez-vous encore une contre-offensive ? Le débat est

tranché, ce qui va ouvrir un dialogue serein avec la France, l'Italie et la Belgique, qui attendent de Bruxelles

un verdict final sur leur trajectoire budgétaire. Mais ce débat a duré longtemps. Il a commencé dès l'élection

du président de la Commission européenne. La famille socialiste a alors conditionné son soutien à la

candidature de Jean-Claude Juncker à une vraie relance de l'investissement et à une plus grande « flexibilité

». Ensuite, la présidence italienne de l'Union européenne a mené un combat incessant pour cette flexibilité

depuis l'été dernier. Enfin, Jean-Claude Juncker a tranché en faveur de la souplesse, afin de défendre son

plan de relance des investissements. L'incertitude sur la Grèce peut-elle raviver les tensions ? Au contraire,

cette communication apaise car elle permet de ne pas stigmatiser la Grèce. Nous attendons la décision

souveraine du peuple grec mais discuter de la renégociation de la dette grecque ne doit plus être un sujet

tabou.

15/01/2015 7Pag. Les Echos(diffusione:118722, tiratura:579000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 150

Gaz : la tension monte entre Bruxelles et Moscou La Russie a décidé de hausser le ton. Moscou a averti hier les Européens qu'ils devraient construire au plus

vite et à leurs frais des gazoducs s'ils voulaient continuer de lui acheter du gaz, car la Russie de Vladimir

Poutine n'a plus l'intention de les approvisionner via l'Ukraine. Une déclaration faite à l'issue de la première

visite à Moscou du nouveau vice-président de la Commission européenne chargé de l'Energie, Maros Sefovi.

Cette rencontre intervient après un an de discussions tendues, marqué par une nouvelle guerre du gaz entre

Moscou et Kiev et l'abandon du projet de gazoduc South Stream, remplacé par un tuyau entre la Russie et la

Turquie. Le patron de Gazprom, Alexeï Miller, a signifié au représentant de Bruxelles que cette réorientation

était la conséquence directe des projets de création d'une Union énergétique européenne, censée justement

permettre aux pays membres de resserrer les rangs face au groupe russe. « Le gazoduc Turkish Stream

constitue le seul itinéraire par lequel seront livrés les 63 milliards de mètres cubes de gaz russe qui transitent

actuellement par l'Ukraine », a sèchement affirmé Alexeï Miller après la rencontre. « Il n'y a pas d'autre

possibilité. » Autrement dit : il faudra aller chercher ce gaz en Turquie et charge aux Européens de « créer les

infrastructures gazières nécessaires à partir de la frontière gréco-turque », a assuré le patron de Gazprom.

Ce dernier estime que les travaux devaient commencer « tout de suite ». « Dans le cas inverse ces volumes

de gaz iront vers d'autres pays », a-t-il averti. L'annonce de l'abandon de South Stream le 1er décembre par

Vladimir Poutine a constitué une surprise, à peine un an avant son ouverture prévue et alors que des

sommes importantes avaient déjà été investies. Estimé au total à 16 milliards d'euros, ce projet de Gazprom,

mené avec l'italien ENI et le français EDF, devait relier sur 3.600 kilomètres la Russie à la Bulgarie par la mer

Noire pour se diriger ensuite vers l'Europe occidentale via la Serbie, la Hongrie et la Slovénie. A la place, la

Russie compte construire un nouveau gazoduc vers la Turquie via la mer Noire et faire du pays un important

centre de transit pour le gaz russe. Pour Moscou, l'objectif est de tourner la page de son histoire gazière avec

l'Ukraine, après l'arrivée au pouvoir de pro-Européens à Kiev. Il s'agit aussi de montrer que la Russie a de

nouveaux clients en Chine et Turquie, et qu'elle compte se libérer de règles européennes qu'elle dénonce

depuis longtemps. Bruxelles a tenté d'imposer à Gazprom d'ouvrir ses gazoducs à d'autres producteurs, ce

que refuse le groupe russe, invoquant les sommes massives investies pour leur construction.

15/01/2015 17Pag. Les Echos(diffusione:118722, tiratura:579000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 151

La famille Benetton prête à céder le contrôle de World Duty Free Pierre de Gasquet World Duty Free cherche un partenaire. Aelia (Lagardère) et le sud-coréen Lotte DF figurent parmi les

partenaires potentiels. La consolidation semble s'accélérer dans le secteur du « travel retail ». Six mois après

la reprise de l'opérateur Nuance par le numéro un mondial du commerce hors taxes Dufry, l'italien World Duty

Free (contrôlé à 50,1 % par le groupe Edizione Holding de la famille Benetton) est à la recherche d'un

partenaire. Dans la foulée de l'arrivée de son nouveau patron espagnol, Eugenio Andrades, WDF présentera

aujourd'hui son plan de développement 2015-2017, à Milan, dans l'optique d'une consolidation éventuelle.

Outre le sud-coréen Lotte, la société Aelia du groupe Lagardère, qui a déjà repris la concession des

boutiques hors taxes des aéroports de Rome en 2012, fait figure de candidat potentiel. « La famille Benetton

est prête à se laisser diluer pour favoriser une alliance avec un autre opérateur. Il n'y a pas encore de

discussions formelles, mais nous sommes ouverts aux propositions », indiquait-on, hier, dans l'entourage de

Gilberto Benetton. Selon la presse italienne, des contacts ont déjà été pris avec le numéro un mondial, Dufry,

et le sud-coréen Lotte Duty Free. L'objectif est de créer un poids lourd du « travel retail » dans les aéroports,

véritable métier de WDF qui tire 60 % de ses résultats des aéroports britanniques (hors zone euro).

Eventuelles alliances En revanche, bien que la famille Benetton ait récemment conclu un accord avec la

filiale DFS du groupe LVMH (propriétaire des « Echos ») pour ouvrir un mégamagasin de luxe dans la

Fondaco dei Tedeschi, à Venise, une alliance dans le duty free avec le groupe français est jugée «

improbable », du fait du virage de ce dernier dans les « department stores », estime un proche du dossier.

Dès l'annonce de la scission de WDF du groupe Edizione Holding en 2013, les Benetton n'avaient pas caché

leur intention de réduire leurs intérêts. Aujourd'hui, ils sont prêts à réduire de moitié leur participation, voire à

15 %. Avec un réseau de 490 points de vente dans 19 pays, WDF a enregistré un résultat net de 111 millions

d'euros sur un chiffre d'affaires de 2,07 milliards d'euros en 2013. Mais son endettement a pratiquement

doublé en un an, à plus de 1 milliard d'euros. « Le plan industriel sera un élément essentiel sur lequel

construire d'éventuelles alliances », souligne-t-on au siège de l'opérateur italien. Deux mois après la

démission de son ex-patron - José Maria Palencia -, pour désaccord stratégique, WDF se fixe pour objectifs

prioritaires de redresser les comptes de sa filiale espagnole et d'améliorer la rentabilité de ses activités aux

Etats-Unis. Sur la base du cours actuel (8,40 euros le titre), la valorisation de WDF est proche de 2 milliards

d'euros. Mais la famille Benetton estime que sa valeur intrinsèque serait plus proche de 3 milliards.

15/01/2015 19Pag. Les Echos(diffusione:118722, tiratura:579000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 152

La BCE confortée dans ses projets d'achat de dette publique Jean-Philippe Lacour L'avocat général de la Cour de justice européenne a dégagé la voie légale pour un QE. La Banque centrale

européenne (BCE) peut désormais lancer son programme d'achats de dette souveraine (« quantitative

easing », QE) avec la quasi-bénédiction de la justice européenne. Le précédent programme, conçu en 2012

et baptisé « OMT », est compatible « en principe » avec le droit européen, a déclaré hier l'avocat général de

la Cour de justice européenne, dont l'avis est généralement suivi par la Cour quelques mois après. Très

attendue, cette opinion équivaut à un feu vert assorti de conditions formelles. Elle devrait en tout cas

permettre à Mario Draghi, le président de la BCE, d'annoncer un QE dès le 22 janvier prochain. Rejet des

critiques allemandes En se rangeant du côté de l'institut d'émission, le magistrat a démonté les critiques de la

Cour constitutionnelle allemande dans sa décision de février 2014. Selon lui, le flou laissé sur le volume de

titres à racheter, le fait d'avoir opté pour un statut de créancier non privilégié et d'avoir ciblé des titres de pays

en crise, avec le risque d'insolvabilité afférent, ne permettent pas de conclure à du financement d'Etat de la

part de la BCE (ce qui est interdit par le traité). Surtout, il importe que le prix des titres souverains sur le

marché se forme sans que les interventions de l'institut monétaire ne provoquent de distorsions. Pour cela, la

BCE ne devrait pas s'engager à détenir jusqu'à échéance les titres amassés sur le marché secondaire. Elle

devrait aussi laisser du temps entre ses achats et ceux effectués par les investisseurs sur le marché primaire.

Les discussions sur les modalités d'un QE à venir seront donc surtout politiques et techniques, commente

Gilles Moec, chez Bank of America. En particulier, l'opinion émise hier « ne règle en rien le débat sur la

mutualisation des risques entre banques centrales qui se pose aujourd'hui dans le cadre du probable QE à

venir », note Olivier Garnier, économiste de la Société Générale. Il faut dire que cette question n'avait pas été

posée par la cour allemande... En attendant l'arrêt de la Cour du Luxembourg (probablement au début de

l'été), Mario Draghi s'est engagé hier à mener une stratégie qui garantisse l'objectif d'une inflation de

quasiment 2 % sur le moyen terme. La BCE « doit travailler à une politique monétaire expansive qui

accompagne la croissance », a-t-il déclaré à l'hebdomadaire « Die Zeit ». Un premier obstacle est levé. La

BCE va maintenant devoir résoudre l'équation compliquée liée aux élections en Grèce...

15/01/2015 27Pag. Les Echos(diffusione:118722, tiratura:579000)

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 153

Analyse. La chute de la devise européenne, qui s'accélère à mesure que se profile une injection de liquiditéspar la BCE, ne suffit pas à dissiper les doutes sur la reprise. La baisse de l'euro, une bonne nouvelle de mauvais augure ? Économie - Par Vittorio de Filippis C'est une épée de Damoclès en moins sur la tête de la BCE. C'est surtout la (quasi) certitude de voir l'euro

perdre de sa valeur. Mercredi, il est passé sous 1,1747 dollar pour rejoindre son niveau d'introduction du

début 1999. A l'origine de cette nouvelle glisse ? L'avis de l'avocat général de la Cour de justice de l'Union

européenne. Ce dernier, dont les conclusions seront certainement suivies par la Cour de justice européenne,

estime que le fameux «bazooka» de la Banque centrale européenne (BCE), agité en 2012, par Mario Draghi

pour venir au secours de la zone euro attaquée par les marchés est compatible avec le droit européen.

Déflation. Plus rien n'empêche la BCE de passer à la vitesse supérieure en soutenant la zone euro à travers

un nouveau programme d'assouplissement quantitatif (QE), par des rachats massifs d'actifs financiers, en

particulier de dette publique. Mario Draghi, le président de la BCE, a donné mercredi un nouveau signal de

l'imminence de cette offensive monétaire, tout en pointant que la BCE n'avait «pas des possibilités infinies»

de soutien à une zone guettée par la déflation. Une telle mesure aurait pour effet d'inonder les marchés de

liquidités. Ce sont près de 500 milliards d'euros qui pourraient être déversés par la BCE dès le 22 janvier. Or,

plus la masse monétaire augmente, plus la valeur d'une monnaie se déprécie. La baisse de la valeur de

l'euro est d'autant plus spectaculaire qu'elle est rapide. Depuis un mois, elle a perdu 5% face au dollar après

un plongeon de près de 12% en un an. «C'est une bonne chose pour l'économie française et pour la zone

euro dans son ensemble», estime Céline Antonin de l'Observatoire français des conjonctures économiques

(OFCE). Et de rappeler qu'une dépréciation de 10% de l'euro devrait se traduire (en théorie) par une hausse

des exportations made in France de 1,1% hors zone euro et d'une baisse des importations de près de 2%.

Quant à la zone euro, le gain de croissance pourrait être de 0,5% sur un an (soit 1,5% fin 2015). Ceux qui

vont jusqu'à parier sur une parité euro-dollar préfèrent se contenter d'un «pourvu que ça dure» évitant toute

prévision de croissance. Si nombre d'économistes estiment que l'horizon se dégage, d'autres estiment qu'«il

faut raison garder». Selon eux, la politique de la BCE n'explique pas tout. Ils pointent la politique monétaire

de la banque centrale américaine, la Réserve fédérale. Ou plutôt des petites phrases prononcées par Janet

Yellen. La présidente de la Fed ne cesse de préparer les marchés à une remontée des taux d'intérêt, lorsque

la BCE les fait au contraire baisser. Mais comme son prédécesseur, Ben Bernanke, Janet Yellen le laisse

entendre dans la novlangue des banquiers centraux... sans agir. Qu'importe. Les marchés font comme si.

Censés anticiper l'avenir, ils ont déjà intégré une prochaine remontée des taux américains. Résultat : les

opérations de change de l'euro au profit du dollar s'accélèrent. Inflation. Rassurés par ce mouvement, de

nombreux économistes estiment qu'un euro faible, c'est aussi une petite dose d'antidote contre le mal qui

menace l'Europe : la déflation. Pourtant, même si un euro faible renchérit mécaniquement le prix des produits

importés, pas sûr qu'il suffise à inoculer un peu d'inflation dans le niveau général des prix. Les plus dubitatifs

ne manquent pas de souligner que la baisse de l'euro sera d'autant plus bénéfique que la demande adressée

à la zone euro sera forte. Et là, rien ne garantit qu'un euro faible se traduise par une relance des

exportations. Il y a d'abord le commerce mondial. Voilà trois ans que les pays émergents sont à la traîne. Il y

a la Chine, mais aussi le Brésil, la Russie, la Turquie ou encore l'Afrique du Sud... tout le monde accuse une

baisse de régime. La tentation pour ces pays de relancer leur économie en jouant sur une baisse des taux

d'intérêt, et donc de la valeur de leur monnaie, est de plus en plus forte. Le Japon l'a déjà fait. «Il existe un

risque que les marchés imaginent ce scénario. Si cela devait être le cas, alors les marchés européens,

asiatiques et sud-américains chercheront à se prémunir d'une érosion de la valeur de leurs devises

respectives en achetant des billets verts», souligne un analyste financier. Avec, en prime, le risque de voir la

Fed repousser aux calendes grecques une remontée des taux d'intérêt. «Certes, rien n'exclut une guerre

monétaire où chaque grand pays exportateur cherchera à en s'en sortir en jouant sur la valeur de sa

15/01/2015 18Pag. Liberation

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 154

monnaie, donc de son taux de change. Mais c'est peu probable, estime Philippe Waechter de Natixis Asset

Management. Nous allons bénéficier de la baisse de la valeur de l'euro.» Un scénario valable à condition que

les partenaires de la zone euro, c'est-à-dire le reste du monde, acceptent que la zone euro ait un excédent

commercial encore plus élevé qu'aujourd'hui. Or, ce dernier atteint déjà les 250 milliards d'euros (2,5% du

PIB). A ceux qui doutent des possibilités d'une reprise grâce à la BCE et à la baisse de l'euro, beaucoup

répondent que ces deux facteurs se conjuguent désormais à la baisse du pétrole. Depuis juin, le prix du baril

s'est effondré de près de 50%, soit moins de 50 dollars le baril. De quoi booster l'économie européenne de

0,7 point de croissance cette année. Puisqu'on vous dit que tout va mieux...

15/01/2015 18Pag. Liberation

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 155

ECB Clears Stimulus Hurdle BY MATTHEW DALTON -Todd Buell contributed to this article. LUXEMBOURG-An adviser to Europe's top court said the European Central Bank can legally buy large

quantities of eurozone government debt to stabilize the currency area's economy, delivering a key

endorsement for the bank as it prepares another round of stimulus measures.The opinion from the European

Court of Justice's advocate general, Pedro Cruz Villalón, comes in response to a lawsuit brought by German

opponents of loose monetary policy claiming that the ECB's Outright Monetary Transactions program,

announced in August 2012 and widely credited with saving the euro, violates the European Union treaty.

While Wednesday's opinion isn't binding on the court, the judges usually follow the advocate general's

reasoning. A ruling is expected in four to six months.A negative opinion could have thrown the ECB's next

stimulus efforts into turmoil. ECB President Mario Draghi and other officials have been drawing up

quantitativeeasing plans, in which the bank would buy large amounts of eurozone government debt, to boost

the economy of the 19-nation currency area and prevent an extended period of deflation, a broad-based

decline in prices that can have disastrous economic consequences."The opinion removes another

inconvenient obstacle to Draghi's big quantitative-easing gamble, which will now almost certainly be

announced next week," said Wolfgang Kuhn, head of the European debt division at Aberdeen Asset

Management.Soon after the ECJ announcement, the ECB posted on its Twitter page that the advocate

general's opinion "is an important milestone in request for preliminary ruling. OMT is ready and available."At a

news briefing later, ECB Executive Board member Yves Mersch sidestepped the question of whether the

opinion meant the ECB could now embark on unlimited sovereigndebt purchases. "This is an opinion of the

advocate general in the OMT case, and it is constrained by the questions that were asked" pertaining to that

case, he said.Falling energy prices, which are pushing the eurozone's inflation rate into negative territory,

have added pressure on the ECB to act. The eurozone's stagnant growth and stubbornly high unemployment

have also become more glaring recently, as the U. S. economy has been growing swiftly and adding jobs at a

strong clip over the past year.Yet German officials at the central bank, led by hawk Jens Weidmann, have

warned that quantitative easing would violate provisions in the EU treaty that prevent the ECB from directly

financing the bloc's national governments. Wednesday's opinion from Mr. Villalón challenges that view,

though it does propose restrictions on the ECB's bond-buying activities that could limit its stimulus efforts.The

EU treaty gives extensive leeway to the ECB to conduct monetary policy, Mr. Villalón noted. "The courts,

when reviewing the ECB's activity, must therefore avoid the risk of supplanting the bank, by venturing into

highly technical terrain in which it is necessary to have an expertise and experience which, according to the

treaties, devolves solely upon the ECB."The OMT program allows the ECB to purchase large quantities of the

bonds of any eurozone government that agrees to accept emergency loans from the eurozone's bailout funds

and adopt economic overhauls. The German plaintiffs said these purchases could expose the bank to take on

huge risks, including insolvency, if governments defaulted on bonds held by the ECB.Mr. Villalón responded

that large sovereign-bond purchases wouldn't necessarily cause the ECB to run unacceptable risks."Precisely

because of activation of the OMT program, it may be assumed that the state concerned will be able to issue

debt on terms which are more sustainable for its finances and which, as a consequence, will increase its

chances of meeting its obligations," he wrote.Though the ECB wouldn't be a preferred creditor of the

governments under the OMT program, Mr. Villalón wrote that this feature would limit distortions in the

government-bond markets caused by the OMT program. The fact that the bank has the same status as other

creditors "may be regarded as a means that seeks to ensure that the ECB disrupts the normal functioning of

the market as little as possible," he wrote.

15/01/2015 1.6Pag. Wall Street Journal

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 156

Italy's President Napolitano Resigns BY GIADA ZAMPANO ROME-President Giorgio Napolitano, who led Italy through one of its stormiest political periods, resigned

Wednesday, opening a phase of political uncertainty that will test the strength of Prime Minister Matteo

Renzi's young government.Mr. Napolitano, who turns 90 in June, announced in December that he had

decided to end his second mandate ahead of time due to his age and increasing "signs of fatigue," which

made it increasingly difficult for him to fulfill his duties."I'm happy to go back home," he said while greeting the

public in front of the presidential palace on Tuesday.Mr. Napolitano has been a crucial ally as Mr. Renzi

pushes institutional and economic changes in a country that suffers from poor competitiveness and is locked

in a tripledip recession, often helping to prod its quarrelsome parties into supporting Mr. Renzi's plans,

including a new electoral law and constitutional overhaul aimed at making the country's cumbersome

legislative process more efficient.Mr. Napolitano has helped to steer Italian politics since 2011, when the

country was almost pushed to the center of the eurozone crisis amid spiraling borrowing costs and prolonged

political instability. He spearheaded the creation of two consecutive reform-minded governments, led by Mario

Monti and, in 2013, by Enrico Letta. In February 2014, he backed the ascent of Mr. Renzi.The election of the

next president is likely to have a big impact on the future of Mr. Renzi's government and the outcome of his

reformist push.Under the Italian constitution, the two chambers of Parliament, along with regional

representatives, elect the head of state.An expanded parliamentary session will start to vote on Mr.

Napolitano's successor on Jan. 29. The election will involve more than 1,000 voters from the upper house,

the lower house and representatives nominated by regional councils. In the first three votes, a super-majority

of two-thirds is needed to elect the new president, while a simple majority suffices after that.Smooth elections

are fairly rare in Italy, and in one- third of cases it takes more than 10 days to strike a compromise on a

credible candidate, analysts say."We'll reasonably have the name of the new president by the end of the

month," Mr. Renzi said Wednesday, indicating that he will try to speed up the election process as much as

possible.The Italian premier has repeatedly said he wants his center- left Democratic Party and the other

political parties to coalesce around a presidential candidate who is able to attract large support, given his

nonpartisan role as guarantor of the Italian constitution.Mr. Renzi relies on a fragile majority. He has been

forced repeatedly to call confidence votes in Parliament to force the passage of legislation. He depends on a

pact with his longtime political foe and centerright party leader Silvio Berlusconi to push through electoral and

institutional overhauls. The presidential election could test this alliance."Renzi comes to the election process

numerically strong but politically weakened," said Wolfango Piccoli, managing director of consulting firm

Teneo Intelligence. "A messy outcome would be problematic for [ the premier's] authority within the governing

coalition and may destabilize his reform pact."Some analysts say that if Mr. Renzi and his coalition partners

succeed in electing a suitable candidate in the fourth or fifth round of voting, the premier's leadership will be

reaffirmed and the balance of power in Parliament will remain substantially unchanged. But if the presidential

election drags on past the fifth round, with internal defections within Mr. Renzi's governing coalition, that

would spell trouble for the 40- year- old leader.Names of possible candidates have emerged in the Italian

press in recent weeks, including former prime ministers Giuliano Amato and Romano Prodi. Mr. Prodi,

however, already suffered a failure in the 2013 presidential election due to last-minute defections among

Democratic Party voters, making his candidacy unlikely.Democratic Party veteran and former party secretary

Walter Veltroni is also among the possible candidates, along with Anna Finocchiaro, a senior member of Mr.

Renzi's center-left party, who would be the first woman in the role, if elected.

15/01/2015 6Pag. Wall Street Journal

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SCENARIO POLITICO/ECONOMICO - Rassegna Stampa 15/01/2015 157