CRISTO Ł RISORTO...Basilio di Cesarea, Le regole UmiltÜ e misericordia. Virtô di san Macario...

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PADRI DELLA CHIESA D’ORIENTE CRISTO RISORTO Omelie pasquali inedite Introduzione, traduzione e note a cura di Maria Benedetta Artioli EDIZIONI QIQAJON COMUNITA ` DI BOSE

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  • PADRI DELLA CHIESA D’ORIENTE

    CRISTO RISORTOOmelie pasquali inedite

    Introduzione, traduzione e notea cura di Maria Benedetta Artioli

    EDIZIONI QIQAJONCOMUNITÀ DI BOSE

  • Nella stessa collana PADRI ORIENTALI

    Basilio di Cesarea, Le regoleUmiltÜ e misericordia. Virtô di san MacarioEvagrio Pontico, Contro i pensieri malvagiEvagrio Pontico, Per conoscere LuiPseudo-Macario, Spirito e fuoco. Omelie spiritualiNella tradizione basiliana. Costituzioni ascetiche, Ammonizione a un figlio spiritualeNel deserto accanto ai fratelli. Vite di Gerasimo e Giorgio di ChozibaGiovanni Climaco, La scalaIsacco di Ninive, Discorsi ascetici. Terza collezioneIsacco di Ninive, Discorsi spirituali e altri opuscoliTeodoro Studita, Nelle prove, la fiducia. Piccole catechesiNersēs di Lambron, Il primato della caritÜ. Discorso sinodaleTeolepto di Filadelfia, Lettere e discorsi

    Invieremo gratuitamenteil nostro Catalogo generalee i successivi aggiornamentia quanti ce ne faranno richiesta.

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    AUTORE: Padri della chiesa d’orienteTITOLO: Cristo à risortoSOTTOTITOLO: Omelie pasquali inediteCOLLANA: Padri orientaliFORMATO: 20 cmPAGINE: 164TRADUZIONE: dal greco a cura di Maria Benedetta ArtioliIN COPERTINA: Gesô risorto e Tommaso, miniatura (ca. 1275), particolare, Secondo

    Evangeliario del principe Vasak, Patriarcato armeno, Gerusalemme

    ß 2008 EDIZIONI QIQAJONCOMUNITÀ DI BOSE13887 MAGNANO (BI)Tel. 015.679.264 - Fax 015.679.290 isbn 978-88-8227-249-4

  • INTRODUZIONE

    La piccola raccolta di omelie presentata in questo volume1vorrebbe offrire ai cristiani della nostra epoca uno squarcio lu-minoso sulla vastità di pensiero teologico, sulla radicalità di fedee sulla profondità di lettura biblica ai diversi livelli messi inopera dalla chiesa antica intorno al mistero pasquale. È per noiuna buona opportunità per aprirci alla magnificenza del miste-ro pasquale e dei suoi effetti, quando lo si guardi e lo si viva senzariduzioni, senza sovrastrutture di pensiero, riportandolo alla suaverità, così com’è nato dal cuore di Dio per l’umanità e per ilcosmo. Oggi questo mistero è divenuto troppo sfocato perchépossa avere ancora la forza di trasformare le nostre vite, di porsicome affascinante, anzi travolgente attrattiva di fronte alle fra-gili ma ossessive e insidiose offerte del mondo e del “progressosenza limiti”.

    Le prime cinque omelie pasquali tradotte in questo volumeprovengono da una serie di sette omelie un tempo attribuite aGiovanni Crisostomo. Ma già Henry Savile nel 1612 e in segui-to Bernard de Montfaucon nel 1728, al momento di inserirlenella loro edizione delle opere del Crisostomo, si resero conto chenon potevano essere sue e le misero in appendice. Jacques-Paul

    1 La traduzione delle prime cinque omelie anonime è stata condotta sul testo gre-co pubblicato in Homélies Pascales I-III, a cura di P. Nautin, SC 27, 36, 48, Cerf, Pa-ris 2003-2004. Le altre sette sono state tradotte da Homélies Pascales. Cinq homeliesinedites, a cura di M. Aubineau, SC 187, Cerf, Paris 1972.

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  • Migne fece lo stesso, collocandole tra le opere spurie, nel vo-lume 59 della Patrologia Graeca. Qui restarono per moltissimotempo, ignorate dagli studiosi, finché nel 1926 il gesuita Char-les Martin le riscoprì nel corso di alcune ricerche sull’omileticaantica e si occupò in particolare della prima, sperando che po-tesse essere lo stesso testo del trattato Sulla Pasqua di Ippoli-to di Roma, di cui si conosce l’esistenza solo in base a fram-menti riportati da altri autori.

    1. L’omelia pasquale ispirata al Trattato sulla Pasqua di Ippolito

    L’attribuzione a Ippolito di Roma, di cui si è detto sopra, sidovette presto mettere da parte. Nel 1950 Pierre Nautin, pub-blicando nella collana Sources Chrétiennes la prima edizione cri-tica francese di questa omelia, dimostrò l’impossibilità di unatale attribuzione. Tuttavia, la fonte dell’omelia pare essere real-mente il Trattato di Ippolito, e comunque essa costituisce il ri-sultato di un ambiente vicino alla sua teologia: questo la rendepreziosa come autentica espressione della fede e dell’intelligen-za che l’alta antichità cristiana aveva del mistero della Pasqua.

    L’ambiente di origine dell’omelia sarebbe quindi l’Asia Mino-re, mentre la sua datazione resta discussa. Infatti, solo dopo lostudio pionieristico di Nautin – dedicato a un ambito che sinoad allora non era stato oggetto di analisi – si accese l’interessedegli specialisti per queste omelie, favorendo l’approfondimentoe il dibattito intorno a esse. Nautin era propenso a ritenerla deliv secolo2, mentre in seguito, per un certo tempo, fu convinzio-

    2 Per questi riferimenti alle opinioni di P. Nautin a proposito della prima omelia,cf. la sua introduzione a Homélies Pascales I, SC 27.

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  • ne comune collocarla intorno alla seconda metà del ii secolo3. Piùtardi altri studiosi ritornarono alle posizioni di Nautin4, ma unacertezza definitiva sulla datazione non è stata ancora raggiunta.

    L’omelia è già stata tradotta una prima volta in italiano dapadre Raniero Cantalamessa, insieme all’omelia Sulla Pasqua diMelitone e ad altri frammenti di testi sulla Pasqua, in un volu-me molto ben curato5. Ora si è voluto ripresentarla insieme adaltre quattro omelie provenienti dalla collezione di cui si è detto,per offrire un’ulteriore possibilità di approfondimento e confron-to su tale argomento.

    Questa mirabile omelia, che in certi passaggi sembra elevar-si a una forma innodica, stabilisce un parallelo tra il racconto del-l’antica Pasqua – leggendo versetto per versetto il testo di Esodo12 contenente la codificazione delle norme della Pasqua ebrai-ca – e la “vera” Pasqua, di cui quella era annuncio profetico efigura. Nel suo modo di considerare il mistero della Pasqua cri-stiana, a ogni riga l’omileta attribuisce il massimo rilievo allamaestà divina del “grande” Cristo, per usare un aggettivo chegli è caro: forse l’uso frequente, nell’omelia, di questo terminetanto comune suggerisce l’impotenza, fortemente avvertita dal-l’autore, a esprimersi in modo adeguato alla realtà del misteroineffabile del Risorto.

    Dopo l’analisi dei versetti di Esodo 12 – spesso già collegatial loro corrispettivo neotestamentario – il testo passa a trattaredirettamente della Pasqua cristiana, premettendo un capitolo de-dicato al motivo dell’incarnazione. La passione, nei suoi vari mo-

    3 Per questa posizione cf. in particolare R. Cantalamessa, L’omelia “In sanctum Pa-scha” dello Pseudo-Ippolito di Roma. Ricerche sulla teologia dell’Asia Minore nella secon-da metà del II secolo, Vita e Pensiero, Milano 1967.

    4 In questo senso cf. G. Visonà, Pseudo Ippolito. “In sanctum Pascha”. Studio, edi-zione, commento, Vita e Pensiero, Milano 1988 e S. J. Voicu, “Note (pseudo-)ippoli-tee”, in Augustinianum 39 (1999), pp. 265-273.

    5 Cf. I più antichi testi pasquali della Chiesa. Le omelie di Melitone di Sardi e dell’A-nonimo Quartodecimano e altri testi del II secolo, a cura di R. Cantalamessa, Edizioniliturgiche, Roma 1972 (rist. 1991).

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  • menti, viene commentata in modo tale da evidenziare, anchenella sofferenza e nell’umiliazione, la maestà del Lottatore divi-no e la sua invincibile potenza nella lotta cosmica che deve af-frontare. Il Crocifisso resta come “radicato ai confini dell’univer-so, presentando la sua stessa persona quale trionfale trofeo di vit-toria contro il nemico”6.

    Dopo aver contemplato tanto ampiamente la forza vittoriosadel mistero che Cristo ha portato a termine in se stesso per noi,basta poco all’autore per descrivere la gloria finale della resur-rezione e dell’ascensione. Il testo si conclude quindi con un lungoinno di adorazione rivolto al Cristo-Pasqua.

    Sulla scorta di Paolo, in particolare delle lettere agli Efesi-ni e ai Colossesi, l’autore intende evidenziare per i suoi ascol-tatori l’aspetto di evento cosmico proprio della Pasqua cristia-na. Il Verbo di Dio incarnato scende in terra per risalire, dopola grande lotta, con l’immagine dell’uomo nuovo, l’uomo cele-ste da lui creato in se stesso con la sua passione e resurrezione;quell’uomo celeste al quale ciascuno ormai può partecipare tra-mite la fede, il battesimo che lo unisce al Risorto e l’eucaristiache consiste nel mangiare il frutto del vero albero della vita inun Eden rinnovato7. Ma la lotta per risollevare l’uomo impli-ca anche una lotta a favore dell’intero cosmo, che nella cadutae nella corruzione dell’uomo ha sperimentato la propria deca-denza: “La creazione stessa attende con impazienza la rivela-zione dei figli di Dio; essa, infatti, è stata sottomessa alla ca-ducità” (Rm 8,19-20). La croce vittoriosa del Verbo incarnatoe la sua ascensione, con una natura umana completamente rin-novata, sono già – per ora in mistero, nell’attesa della secondavenuta del Cristo – il compimento della nuova creazione, per-ché la sorte del cosmo è legata al rinnovamento dell’uomo8.

    6 Cf. infra, Sulla santa Pasqua, § 55, p. 46.7 Ibid., §§ 50-52, pp. 44-46.8 Ibid., §§ 62-63, pp. 49-50.

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  • 2. Tre omelie pasquali secondo la tradizione di Origene

    È stato proposto di attribuire questo gruppo di tre omeliead Apollinare da Laodicea9. Tale attribuzione non rimane peròsenza incertezze e lati oscuri. Secondo Nautin non è facile sta-bilire se l’autore abbia potuto consultare direttamente il tratta-to Sulla Pasqua di Origene, mentre non è difficile rendersi contodel suo legame con l’esegesi e la teologia dell’alessandrino, anchequella specificamente riguardante la Pasqua e constatabile daframmenti vari di opere origeniane10.

    Come Origene, anche il redattore di queste tre omelie si sof-ferma, più che sulla grandiosa figura del Risorto che ricapito-la tutto in sé, sull’applicazione delle antiche figure pasquali al-l’uomo cui sarà dato di vivere pienamente della vera Pasqua.

    Nella prima, che è incentrata sull’immolazione dell’agnello,vediamo, per esempio, come la Pasqua divenga il vero dies nata-lis di ciascuno di noi e come tutto ciò che in essa si è compiu-to divenga realmente operante in noi, richiedendo la nostra ade-sione. Per questo motivo il mese di Pasqua era considerato dallaLegge il primo dei mesi (cf. Es 12,2):

    Sicché chiunque conosca la Pasqua immolata per lui, consi-deri questo l’inizio della propria vita, il momento dell’immo-lazione di Cristo per la sua salvezza. Ma [Cristo] è immola-to per lui quando egli riconosce questa grazia e comprendela vita che gli viene da quella immolazione. Conoscendo que-sto, abbia desiderio di ricevere il principio di questa vita nuova

    9 Cf. E. Cattaneo, Trois homélies pseudo-chrysostomiennes sur la Pâque comme oeu-vre d’Apollinaire de Laodicée. Attribution et étude théologique, Beauchesne, Paris 1981.Apollinare di Laodicea, vissuto nel iv secolo, è l’iniziatore dell’eresia detta apollina-rismo. Le tre omelie risalirebbero però alla prima fase del suo pensiero, precedente lastrutturazione esplicita del suo sistema teologico.

    10 Cf. Homélies Pascales II, SC 36, pp. 40-41, n. 1.

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  • e non si volga più a quella vecchia, della quale egli è perve-nuto al termine; infatti è detto: Quanti siamo morti al pecca-to, come potremo vivere ancora in esso (Rm 6,2)11?

    Nella seconda, che tratta dell’unzione delle porte con il san-gue e del pasto sacro, l’unzione è vista come “analoga al rivestir-si, allorché noi, conformandoci alla passione di Cristo, ci av-volgiamo nella santità di Cristo, e non cediamo alle voluttà, néci induriamo con la collera”12. L’architrave, tinto con il sanguedell’agnello nell’antica Legge, è simbolo della nostra capacità dipensare, che può essere deformata dalle passioni, quindi “ancheper i pensieri è giusto parlare di unzione e definire rivestimen-to la sapienza non carnale, ma conforme a Cristo, con la qualenoi ci mortifichiamo quanto all’intelletto carnale e diveniamocome morti, mentre ci rivestiamo della sapienza spirituale”13. Ècosì anche per tutti gli altri elementi dell’antica Pasqua, che ven-gono interpretati simbolicamente, spesso in un modo affascinan-te che completa l’interpretazione tipologica dell’omelia ispira-ta al trattato ippoliteo sulla Pasqua.

    L’autore sottolinea come la nostra fede, per poter vivere e nonsubire scosse pericolose, deve saper tenere insieme i “due av-venti” del Signore, quello nell’umiliazione e nella sofferenza perlui e nel chiaroscuro della fede per noi, e quello della rivelazio-ne piena del mistero, di Cristo e nostro, che – sebbene già com-piuto – sarà mostrato nella sua evidenza solo con la seconda ve-nuta del Cristo nella gloria. Se non teniamo insieme questi dueavventi, è allora giustificata la posizione di Israele che non ritie-ne possibile credere in questo Messia umiliato, sconfitto e che,visibilmente, non pare aver cambiato nulla nel mondo14.

    11 Infra, Prima omelia sulla Pasqua, pp. 54-55.12 Infra, Seconda omelia sulla Pasqua, pp. 63-64.13 Ibid., p. 64.14 Ibid., pp. 66-67.

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  • La terza omelia è sempre di tradizione origeniana, ma presen-ta una tematica nettamente eucaristica, del tutto nuova rispet-to a Origene, che ne determina il particolare interesse. L’auto-re aveva già accennato a questo tema nell’omelia precedente, ilche dimostra come fosse spontaneo per lui il collegamento cheora stabilisce più esplicitamente. Egli vede, infatti, nella vitti-ma pasquale il corpo immolato e risorto che ogni fedele ricevenella comunione eucaristica, e sviluppa una sorta di piccolo ma-nuale di condizioni per il cristiano che si prepara al sacro pasto,che vi partecipa con la manducazione del sacro corpo e che, inseguito, deve vivere conformando la propria vita al dono rice-vuto, dono che ha il potere di renderlo tutto “cristiforme”, nellamisura della sua fedele accoglienza.

    Deponendo “il vecchio uomo mediante la grazia del battesimoe lo zelo per le opere spirituali, ti accosterai a Cristo e partecipe-rai di lui”15: prima di tutto, dunque, una misura di lotta, nellaforza del battesimo, per deporre le nostre passioni. Poi è detto:

    Lo mangerete così: con i lombi cinti, i sandali ai piedi e i basto-ni in mano (Es 12,11). Questo abito da viaggio leggero e spe-dito, indica la prontezza nel correre verso le promesse di Dio,come Israele un tempo era equipaggiato, quando viaggiavaproteso verso la promessa della terra buona. Ma ascoltami eosserva quanto sia superiore il viaggiatore spirituale a quel-l’altro, colui cioè che non si affretta verso la promessa di unaterra di quaggiù, che non persegue beni effimeri, che non cam-bia una terra con un’altra, la Giudea al posto dell’Egitto; ec-co cosa dice un tale viaggiatore del proprio viaggio: Dimenti-cando ciò che è dietro, proteso verso ciò che sta davanti, perseguen-do la meta, cioè il premio della vocazione celeste (Fil 3,13-14)16.

    15 Infra, Terza omelia sulla Pasqua, pp. 72-73.16 Ibid., p. 73.

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  • Nell’ultima parte, sempre in base alle antiche indicazioni dellaPasqua legale, l’autore mostra quale sia la vita che il cristiano devecondurre dopo aver partecipato al banchetto pasquale e a quellaPasqua che si rinnova in ogni eucaristia, dato che per il cristia-no il Cristo stesso è la Pasqua, e la Pasqua è il Cristo immolatoe risorto (cf. 1Cor 5,7). Del resto, una teologia dell’eucaristiacome quella soggiacente all’omelia dipende da una teologia del-l’incarnazione più avanzata rispetto a quella dei tempi di Orige-ne, attribuibile quindi al iv secolo, nel quale appunto scrive ilnostro anonimo autore. Sono i problemi teologici propri del ivsecolo che hanno progressivamente indotto la chiesa a una rifles-sione più chiara e avanzata sul mistero dell’incarnazione e, quin-di, su tutto ciò che questo implica per noi, con un approfondi-mento in ottica sacramentale che troverà un vertice ammirabilenel testo tardo bizantino di Nicola Cabasilas, La vita in Cristo17.

    Per quanto attiene al rapporto di questi testi omiletici con laScrittura, possiamo notare come l’omelia pasquale ispirata al trat-tato di Ippolito legga le pagine bibliche – nel nostro caso quel-le sull’antica Pasqua – scrutando in esse le prefigurazioni delCristo e del suo mistero, pur senza annullare la verità del valo-re storico e del significato salvifico che avevano al tempo dellaLegge per il popolo eletto. Le tre omelie che seguono, invece,sulla scia della lettura origeniana della Scrittura, propongonoin genere un’interpretazione di tipo più allegorico, che vede ne-gli antichi eventi, nei riti e nelle istituzioni legali, i simboli del-la vita della chiesa e delle singole anime in Cristo. È una for-ma di lettura per così dire “spirituale”, incentrata – più che sulmistero del Cristo-Pasqua – sull’applicazione delle antiche figu-re del mistero pasquale alla chiesa e ai cristiani.

    Peraltro tutti questi livelli di lettura della Scrittura e altri an-cora sono realmente possibili nel testo sacro e, come tali, coesi-

    17 Cf. N. Cabasilas, La vita in Cristo, a cura di U. Neri, Città Nuova, Roma 19943.

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  • stono nei commenti patristici e nell’omiletica antica, e seguonofondamentalmente i passi del popolo ebraico nel suo anticomodo di accostarsi alla Parola. Se non si ammettono questimolteplici sensi nella Scrittura, diversi ma nello stesso tempointimamente connessi e inscindibili, non sarà mai possibile com-prendere i padri. Solo così la loro lettura diviene un’occasioneper aprirci a nuovi orizzonti di fede e di contemplazione, dis-chiusi dalla Parola sotto gli occhi di chi rifugge da facili lettu-re riduttive.

    Nel nostro caso poi, trattandosi di omelie e non di trattati,siamo di fronte a un discorso vivo di vescovi o di omileti rivol-to ad assemblee liturgiche composte da ogni genere di fedeli, nonda dotti e specialisti, il che può farci ulteriormente riflettere.

    3. Un’omelia anatoliana sulla data di Pasqua del 387

    Anche questa omelia è di incerta attribuzione. Tuttavia, Nau-tin dedica molte pagine della sua introduzione al terzo volumedelle Homélies Pascales18 a sottolineare notevoli affinità di pen-siero e di espressioni con Gregorio di Nissa19 e non pare esse-re stato smentito da ulteriori studi, benché si tratti di un’ipote-si ancora da verificare.

    L’indicazione nel titolo si riferisce indubbiamente alle affi-nità di certe tesi dell’omelia con i Canoni pasquali di Anatoliodi Laodicea, un testo del iii secolo dedicato alla data della Pas-qua. Anatolio fissava la regola di celebrare la Pasqua sempre dopol’equinozio di primavera, mai prima. Questa è una delle tesi su

    18 Cf. Homélies Pascales III, SC 48.19 Ibid., pp. 84 ss.

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  • cui l’autore insiste di più, spiegandone le ragioni spirituali, le-gate tanto alla creazione quanto alla redenzione dell’uomo e delcosmo. Comunque sia, con questa omelia ci troviamo dinanzi aun argomento certamente poco noto e a prima vista arido o privodi interesse per noi: si tratta appunto delle ragioni per cui la Pas-qua è considerata una “festa mobile” e del significato del con-corso di date necessario per celebrarla. La chiesa antica era tut-t’altro che indifferente a questo problema, non per un motivo le-galista bensì teologico. Infatti, essa aveva ben presto osservatole coincidenze degli avvenimenti pasquali con altri elementi si-gnificativi dei dati rivelati, vi aveva riflettuto e ne aveva elabo-rato una profonda lettura mistica.

    Al vescovo che ne tratta in questa omelia, davanti a un udi-torio di semplici fedeli, l’occasione è stata suggerita dall’insoli-to ritardo con cui nell’anno 387 si doveva celebrare la Pasqua.C’erano stati cristiani, ben più coscienti di noi del valore di certedate, che avevano mostrato disapprovazione e pensavano cheil computo fatto fosse sbagliato. Così, prima di arrivare a rispon-dere all’interrogativo specifico riguardante quell’anno, dopo unabreve confutazione di modi sbagliati di calcolare la data pasqua-le, l’oratore tratta, punto per punto, la spiegazione spirituale omistica della Pasqua che è legata proprio a queste date. Nell’in-troduzione al terzo volume delle Homélies Pascales, Nautin fanotare come “non esiste in tutta la letteratura patristica un’e-sposizione più completa delle ragioni spirituali con le quali lachiesa cristiana ha giustificato, e per le quali ha conservato sinoa oggi il suo modo di datare la Pasqua”20.

    Anche se per molti lettori risulterà un argomento del tuttonuovo – e in parte faticoso, a causa dei dati tecnici che vengo-no richiamati per effettuare il computo esatto – credo si trattidi una lettura proficua, in grado di gettare nuova luce sulla com-

    20 Ibid., p. 7.

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  • prensione che la chiesa antica aveva della Pasqua e sulla cura conla quale ne aveva studiato ogni aspetto, giungendo a un’amplis-sima intelligenza di un mistero che ingloba tempo, spazio, storia,vita e morte, per ricapitolare tutto in Cristo. Un mistero nel qualenoi già eravamo presenti tutti, uno per uno, e del quale convie-ne raggiungere una coscienza sempre più avanzata.

    4. Altre sette omelie per la Pasqua

    Di queste sette brevissime omelie – in merito alle quali pro-poniamo soltanto qualche breve osservazione relativa ai lorotemi principali – conosciamo i cinque autori, anche se le infor-mazioni biografiche sono spesso parziali e frammentarie.

    4.1. Esichio di Gerusalemme

    Incomplete sono ad esempio le notizie su Esichio di Gerusa-lemme, del quale non sono ancora state pubblicate tutte le opere.Sappiamo che visse nel v secolo, divenendo prima monaco e poipresbitero a Gerusalemme, dove esercitò la sua attività di mae-stro, esegeta e teologo. La sua morte dovrebbe collocarsi pocodopo il 45021.

    La prima delle sue omelie qui tradotte è incentrata sulla croce,un vero e proprio inno che ne canta la gloria: è per la potenzadella croce, accolta per noi dal Verbo incarnato, che si hannola resurrezione e la glorificazione del Cristo. La vittoria è giàtutta presente nel Crocifisso: dalla croce il potere delle tene-

    21 Per altre notizie cf. G. Ladocsi, s.v. “Esichio”, in DPAC I, coll. 1224-1225.

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  • bre è distrutto insieme al demonio e alla morte che ne sono idetentori. La croce è il trofeo di vittoria con il quale il Cristorisorto riapre il paradiso per i figli di Adamo, che può ora pre-sentare al Padre come veri figli generati dalla fecondità dell’a-more crocifisso: “Eccomi, o Dio, io e i figli che mi hai dato” (Is8,18)22.

    La seconda omelia di Esichio si apre con un’immagine sin-golare: il Signore viene paragonato a una tromba. Infatti, dicel’autore, questa tromba ha il potere di convocare il popolo diDio e di annunciare da se stessa, con il suo echeggiare, il miste-ro del Dio-uomo. La sacra tromba, figura del Verbo di Dio in-carnato, è formata in un luogo specifico, Betlemme, e in un altroluogo specifico, Gerusalemme, è “arroventata”23, perché lì ilCristo ha sofferto, è morto, è stato sepolto. Ma nel paragrafosuccessivo Esichio, celebrando il “sepolcro senza corruzione”,passa al mistero che più gli preme sottolineare: l’unità della per-sona del Verbo incarnato, nelle due nature, divina e umana.Mentre infatti il corpo giace nel sepolcro, il Cristo, come Dio,distrugge la morte, fa risalire i morti dall’ade e risorge egli stes-so, lasciando il suo sepolcro “libero da corruzione”24. Non si puòmai scindere, avverte Esichio, la persona unica del Verbo incar-nato, nella quale sono presenti e operanti la natura divina e quel-la umana.

    4.2. Basilio di Seleucia

    Come per Esichio, anche della vita di Basilio di Seleucia pos-sediamo poche informazioni. Seleucia, la città di cui fu vesco-vo a partire dal 444 (o forse dal 448), era la metropoli dell’Isau-

    22 Cf. la prima omelia di Esichio Per la santa Pasqua, infra p. 110.23 Infra, seconda omelia di Esichio Per il santo giorno di Pasqua, p. 111.24 Cf. ibid.

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  • ria, in Asia Minore, di fronte all’isola di Cipro. Con certezzasappiamo solo che Basilio partecipò al concilio di Costantino-poli nel 448, al “latrocinio” di Efeso nel 449 e al concilio di Cal-cedonia nel 451, dimostrando sempre un atteggiamento incertoe incostante. Dopo Calcedonia, tuttavia, rimase sempre fede-le alle posizioni più ortodosse, fino alla sua morte, avvenuta si-curamente dopo il 468. Le sue omelie si trovano nel volume 85della Patrologia Graeca. Sembra che i testi di Basilio abbianoispirato diverse composizioni poetiche di Romano il Melode,benché Basilio non sia stato un omileta molto originale, ma abbiaattinto a sua volta da altri autori25.

    Nel primo paragrafo la sua omelia pasquale eleva un inno allegrandi opere dell’amore di Cristo per l’uomo e al supremo even-to della resurrezione come sorgente di ogni beneficio. Nel secon-do paragrafo sottolinea fortemente come il Signore sia realmen-te il Verbo di Dio, il Verbo eterno cantato dall’evangelista Gio-vanni. Fatte queste premesse, l’omelia si rivolge a quanti stannoper essere battezzati affinché si rendano conto dell’immensitàdei misteri di cui sono fatti partecipi mediante il battesimo e,comprendendone il divino valore, non abbiano mai a volgersi in-dietro. La Pasqua è strettamente legata alla rinascita battesima-le, perché è nel battesimo che noi moriamo immersi nell’acquae ne risaliamo per una vita nuova. Dunque la notte di Pasquaè notte di battesimi. Così l’omelia si svolge su tre piani: l’ope-ra salvifica del Cristo nella resurrezione; la sua eterna esistenzacome Verbo del Padre, che da lui viene e in lui sempre perma-ne; e infine l’applicazione alla vita dei nuovi cristiani dei gran-di misteri di cui ora partecipano e la responsabilità che ne deri-va per loro.

    25 Cf. S. J. Voicu, s.v. “Basilio di Seleucia”, in DPAC I, coll. 498-499.

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  • 4.3. Giovanni di Berito

    A livello biografico, ancor meno sappiamo del terzo autoredelle omelie, Giovanni di Berito, che ha lasciato dietro di sé solopallidissime tracce. Fu vescovo di Berito, l’attuale Beirut, nellaseconda metà del v secolo e si hanno notizie del suo impegnonella lotta contro la magia e del suo contributo per la fondazio-ne di un monastero.

    Il testo qui tradotto è l’unico scritto di Giovanni che sia per-venuto fino a noi: più che un’omelia, potremmo definirlo il gridodi chi proclama una “buona novella”. Partita dalle donne chetrovano la tomba vuota e ricevono dall’angelo l’annuncio dellaresurrezione, la buona novella è giunta fino a noi attraverso gliapostoli e i discepoli del Signore. Ma a questo punto l’autore faun’interessante osservazione, che mi sembra la nota peculiare diquesta breve composizione: nel giorno della resurrezione solo aun angelo è stato possibile trasmettere in modo efficace questabella notizia, solo a un essere celeste le donne potevano credere;ora invece la grande grazia dell’annuncio è data alla chiesa cherende i suoi pastori, uomini come noi, capaci di proclamare que-sto evento tanto grande e di gridarlo con gioia.

    4.4. Pseudo-Crisostomo

    All’interno di questa piccola collezione di sette omelie pas-quali, la quinta – che definiamo dello Pseudo-Crisostomo – èl’unica di cui non si conosca con certezza il vero autore. Il cu-ratore del testo edito nella collana Sources Chrétiennes, da cuitraduco, avverte che non era sua iniziale intenzione unirla allealtre, ma ciò che lo ha indotto a pubblicarla in edizione criti-ca, con traduzione, è stato – oltre al fatto che si trattava di undocumento quasi irreperibile – l’aver scoperto che l’esordio dellaprima delle omelie di Leonzio di Costantinopoli è tratto quasi

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  • letteralmente da questa omelia dello Pseudo-Crisostomo26. Alsuo interno, l’autore enumera quegli aspetti della vita cristia-na che appaiono segni dell’avvenuta resurrezione del Cristo edelle primizie in noi di questa resurrezione. Quindi, sulla scor-ta del versetto 24 del salmo 117, dichiara l’assoluta unicità diquesto giorno divino e spiega come un cristiano debba trascor-rerlo e celebrarlo. Da ultimo, con un elenco di prodigi, cantaesultante le infinite meraviglie di questo giorno.

    4.5. Leonzio di Costantinopoli

    Infine, riguardo all’autore delle due omelie pasquali che con-cludono questa raccolta – Leonzio di Costantinopoli – ci è notosoltanto che fu un presbitero e un omileta che esercitò la sua at-tività a Costantinopoli nel vi secolo27.

    La prima omelia, nei due paragrafi iniziali, riporta quasi te-stualmente l’incipit dell’omelia dello Pseudo-Crisostomo. Segueuna sorta di confronto con il giudaismo dai toni piuttosto duri,dove l’autore mostra come ciò che ora avviene era stato da lungotempo predetto dalle Scritture. Nel settimo paragrafo, sulla scor-ta di un versetto del salmo 106, salmo pasquale nell’uso dellachiesa bizantina, Leonzio sviluppa una bella esortazione a quan-ti stanno per ricevere il battesimo, invitandoli a raccontare imeravigliosi eventi salvifici dei quali divengono partecipi gra-zie all’acqua del fonte battesimale. L’omelia è dunque incen-trata in modo particolare sui benefici che provengono dalla vit-toria pasquale e, insieme, sul confronto con l’antica economiache può trovare pienezza solo nell’economia attuale della grazia,come del resto i profeti avevano annunciato.

    26 Cf. Homélies Pascales III, pp. 307-308.27 Cf. L. Perrone, s.v. “Leonzio di Costantinopoli”, in DPAC II, col. 1931.

    19

  • La seconda omelia esordisce ricorrendo ancora al salmo 117,testo pasquale per eccellenza, e prosegue con una serie di escla-mazioni che cantano questo giorno assolutamente unico. L’auto-re esamina poi un problema peculiare della Costantinopoli delsuo tempo, l’esistenza di una piccola setta locale, che si era stac-cata dalla più ampia eresia dei novaziani: il rigorismo che la con-traddistingueva impediva ai suoi appartenenti di festeggiare laPasqua con tutti i segni di gioia che le sono propri. L’autoreprende lo spunto per affermare che anima e corpo devono risplen-dere nel giorno della resurrezione e che tutto l’uomo deve con-fessare la resurrezione dai morti in corpo e anima.

    20

  • 151

    INTRODUZIONE1. L’omelia pasquale ispirata al Trattato sulla Pasqua di Ippolito2. Tre omelie pasquali secondo la tradizione di Origene3. Un’omelia anatoliana sulla data di Pasqua del 3874. Altre sette omelie per la Pasqua

    4.1. Esichio di Gerusalemme4.2. Basilio di Seleucia4.3. Giovanni di Berito4.4. Pseudo-Crisostomo4.5. Leonzio di Costantinopoli

    OMELIA PASQUALE ISPIRATA AL TRATTATO SULLA PASQUA DI IPPOLITO

    SULLA SANTA PASQUA EsordioEsposizione del temaPrima parte: le immagini

    La LeggeLa Pasqua

    Seconda parte: la veritàInno al Cristo-Pasqua e supplica finale

    TRE OMELIE PASQUALI SECONDO LA TRADIZIONE DI ORIGENE

    PRIMA OMELIA SULLA PASQUA. IL SACRIFICIO DELL’AGNELLOLa dataDove si mangia la PasquaCome deve essere l’agnello

    569

    13151516181819

    21

    2323252929314049

    51

    53

    535658

    INDICE

  • 152

    SECONDA OMELIA SULLA PASQUA. L’UNZIONE E IL PASTOL’unzioneIl pasto

    TERZA OMELIA SULLA PASQUA. PRIMA, DURANTE E DOPO IL PASTOPreparazione alla comunioneLe disposizioni necessarie per comunicarsiDopo la comunione

    OMELIA ANATOLIANA SULLA DATA DI PASQUA DEL 387

    ESORDIO

    PRIMA PARTE. USI DI QUELLI DI FUORIEsposizione

    Giudei e quartodecimaniI novazianiI montanisti

    Confutazione

    SECONDA PARTE. LA PRASSI DELLA CHIESALa Pasqua, prototipo del SalvatoreLa Pasqua cristiana

    TERZA PARTE. LA DATA DI PASQUA DEL PRESENTE ANNO (387)Ragioni del ritardo

    SETTE OMELIE PER LA PASQUA

    ESICHIO DI GERUSALEMME Del beato Esichio, presbitero di Gerusalemme, per la santa PasquaDello stesso, per il santo giorno di Pasqua

    BASILIO DI SELEUCIADel nostro santo padre Basilio, vescovo di Seleucia, discorso per la santa Pasqua

    61

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    717274

    77

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    87

    8795

    101

    101

    105

    107107110

    113113

  • 153

    GIOVANNI DI BERITODel beato Giovanni, vescovo di Berito, per la santa resurrezione del salvatore nostro Gesù Cristo

    PSEUDO-CRISOSTOMODel nostro santo padre Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli, discorso per la resurrezione del Signore nostro Gesù Cristo

    LEONZIO DI COSTANTINOPOLIDel nostro santo padre Leonzio, presbitero di Costantinopoli, per la santa PasquaDel nostro santo padre Leonzio, presbitero di Costantinopoli, per la resurrezione del Signore

    SIGLE

    BIBLIOGRAFIA

    INDICE BIBLICO

    119119

    121121

    125125

    133

    139

    141

    145