I wormholes: dalla relativit a generale all’entanglement quantistico glement per le variabili...

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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI CAMERINO SCUOLA DI SCIENZE E TECNOLOGIE Corso di Laurea in Fisica (classe L-30) I wormholes: dalla relativit` a generale all’entanglement quantistico Tesi di Laurea Triennale in Fisica Laureanda Relatore Alessia Cardinali Prof. Stefano Mancini Matricola: Co-relatore 095361 Prof. Orlando Luongo ANNO ACCADEMICO (2017-2018)

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  • UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAMERINO

    SCUOLA DI SCIENZE E TECNOLOGIE

    Corso di Laurea in Fisica (classe L-30)

    I wormholes: dalla relatività generaleall’entanglement quantistico

    Tesi di Laurea Triennale in Fisica

    Laureanda Relatore

    Alessia Cardinali Prof. Stefano ManciniMatricola: Co-relatore095361 Prof. Orlando Luongo

    ANNO ACCADEMICO (2017-2018)

  • Indice

    Indice 1

    1 La relatività generale 41.1 I concetti principali della relatività speciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

    1.1.1 La geometria di Minkowski . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.1.2 Le trasformazioni di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.1.3 Le trasformazioni delle velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

    1.2 Dalla relatività speciale alla relatività generale: il principio di equivalenza . 81.3 La geometria riemanniana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

    1.3.1 I simboli di Christoffel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111.3.2 I tensori di Riemann e di Ricci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

    1.4 Le equazioni di campo di Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141.4.1 Il tensore energia-impulso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

    2 L’approccio di Wheeler-DeWitt alla quantizzazione della gravità 172.1 La formulazione hamiltoniana della relatività generale . . . . . . . . . . . . 172.2 L’equazione di Wheeler-DeWitt e il concetto di superspazio . . . . . . . . . 222.3 Il ruolo del tempo in cosmologia quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

    3 I wormholes in relatività generale 283.1 Il buco nero di Schwarzschild . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283.2 Il wormhole di Schwarzschild . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323.3 I wormholes traversabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

    3.3.1 La forma della metrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343.3.2 Le equazioni della struttura di un wormhole . . . . . . . . . . . . . . 353.3.3 Wormholes e tensore energia-impulso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

    4 I wormholes in meccanica quantistica 384.1 Il metodo degli integrali di cammino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 394.2 Le condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404.3 L’accoppiamento minimo con campi scalari non massivi . . . . . . . . . . . 414.4 L’accoppiamento minimo con campi scalari conformi . . . . . . . . . . . . . 44

    5 Entanglement quantistico e wormholes 455.1 L’ottica lineare e non-lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 485.2 L’entanglement bipartito e i wormholes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

    Bibliografia 55

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  • Introduzione

    Lo sviluppo della teoria della Relatività Generale risale a circa un secolo fa e fu pubblica-ta da Einstein nel 1915. L’affermarsi di questa teoria sul panorama della fisica modernaportò allo stravolgimento del modo di pensare l’universo. Già con la teoria della Relativitàspeciale del 1905 erano stati introdotti concetti rivoluzionari: il tempo e lo spazio sonofortemente connessi fra loro. Per ottenerne una una rappresentazione è necessario utiliz-zare lo spazio di Minkowski, ossia uno spazio quadridimensionale dove un punto, dettoevento, è caratterizzato da quattro coordinate una temporale e le altre tre di tipo spazio.La necessità della formulazione della RG era diretta conseguenza del fatto che molti pro-blemi rimanevano irrisolti con la RS. In particolare erano due le limitazioni: privilegiava isistemi di riferimento inerziali e non descriveva i fenomeni gravitazionali. L’elaborazionedi una nuova teoria molto più complessa e completa si estese per dieci anni, al terminedei quali Einstein giunse alla conclusione che lo spazio non dovesse essere semplicementecurvo, ma che dovesse essere deformato o distorto dalla materia e da sorgenti di energia.La possibilità di vivere in uno spazio che si potesse deformare rese meno fantascientifica ladomanda ”sono possibili viaggi temporali?”. A risposta di ciò la scoperta di una soluzionedell’equazioni di campo di Einstein, quella relativa agli wormhole. Questi sono uno deiprincipali oggetti cosmologici a cui fa riferimento l’industria cinematografica. In realtàsono dei cunicoli spazio-temporali che permettono di collegare tra loro punti dello spaziomolto distanti. Risultano essere ancora oggi alla base di molte ricerche scientifiche, nonsolo per la loro natura affascinante su scala cosmologica, ma anche per un riscontro piùpratico nelle nanotecnologie. Un esperimento a tale scopo è stato svolto dall’Università diNapoli Federico II, dove si è realizzato su piccola scala con due fogli di grafene un proto-tipo di wormhole. La struttura ottenuta è neutra e stabile, ma se sollecitata, inserendovidei difetti, genera correnti in entrata e in uscita. Risulta oggi ancora solo un sogno lapossibilità di ottenere a livello industriale degli strumenti capaci di trasmettere segnalicon la precisione a livello atomico. Tuttavia, come abbiamo visto nell’ultimo secolo, moltidegli aspetti che prima facevano parte del mondo fantascientifico stanno ora diventandooggetti di studio della fisica moderna.In tale di tesi ci occuperemo di illustrare in modo rigoroso gli aspetti e le caratteristichedegli wormhole, a partire dalla presentazione dei concetti chiave della RG. Questo lavorosi conclude con un altro degli aspetti fondamentali della fisica moderna: l’entanglement.In particolare nel primo capitolo di questo lavoro di tesi affronteremo e illustreremo quelliche sono gli aspetti fondamentali per comprendere la teoria della RG. Partendo dalla RSintrodurremo il concetto di metrica di Minkowski. Mostreremo i tensori e le nozioni fon-damentali per comprendere questo spazio topologico. Arriveremo infine ad ottenere quelleche sono le equazioni di campo gravitazionale elaborate da Einstein e che governano l’an-damento di tutto l’universo.Nel secondo capitolo ci occuperemo invece di presentare quello che è il procedimento diquantizzazione della gravità. Illustreremo dapprima una nuova notazione per lo spazio

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  • INDICE 3

    curvo e che ci permetta di scrivere la formulazione hamiltoniana della teoria. Arriveremoalla scrittura delle equazioni di Wheeler-DeWitt ed infine mostreremo il problema cheancora rimane irrisolto e che impedisce una formulazione completa della quantizzazionedella gravità: il concetto di tempo.Nel terzo capitolo andremo a mostrare la struttura di due oggetti dello spazio tempo. Par-tiremo dai buchi neri di Schwarzschild per giungere agli wormhole. In particolare andremoad analizzare la singolarità presente per il raggio di Schwarzschild, le proprietà e le carat-teristiche che deve avere un wormhole per soddisfare la condizione di essere traversabile.Nel quarto capitolo ci occuperemo di approfondire la trattazione sulla funzione d’ondadegli wormhole, andando in particolare a considerare la soluzione all’equazioni di Wheeler-DeWitt e non la soluzione classica. Quindi ricaveremo una scrittura per cui questa risultaessere una combinazione di oscillatori armonici.Infine nell’ultimo capitolo presenteremo gli aspetti fondamentali per comprendere l’entan-glement per le variabili continue, andando anche a definire diversi criteri che ci permettonodi comprende quando effettivamente due stati risultano essere entangled.

  • Capitolo 1

    La relatività generale

    La teoria della relatività generale rappresenta uno dei risultati più importanti della fisicateorica del XX secolo. L’idea di fondo, su cui essa si basa, è tanto sensazionale quantorivoluzionaria, perché fa uso di concetti che, sino al momento della sua formulazione, eranoconsiderati assolutamente lontani dal senso fisico comune.

    Nella sua formulazione più elegante, la teoria della relatività generale risulta completa:poiché dai principi primi vengono derivate le equazioni necessarie a descrivere il compor-tamento dei corpi nel campo gravitazionale, autoconsistente: perché la predizione deirisultati di un dato esperimento, ottenuta con metodi differenti, è unica1, relativistica:perché nel limite in cui il campo gravitazionale risulti trascurabile, le leggi della teoria siriconducono a quelle della relatività speciale, implicando il limite newtoniano, secondo cuiquando il campo gravitazionale è trascurabile, e le particelle si muovono lentamente, lateoria ritrova le leggi della fisica di Newton.

    La teoria della relatività generale supera i suddetti criteri e risulta, ad oggi, il migliormodello teorico che descrive gli effetti gravitazionali locali, nonché quelli cosmologici alarga scala. Sulla base di queste considerazioni, possiamo chiederci, pertanto, quali sianole implicazioni e gli aspetti nuovi della teoria. Rispondere a questa domanda in totorisulterebbe eccessivamente prolisso per gli scopi del presente lavoro di tesi. Tuttavia, cifocalizzeremo su alcuni aspetti interessanti che aprono le porte ad una nuova fisica, oggettosicuro di speculazione moderna e di ricerca futura.

    Lo scopo principale del presente capitolo è riportare, pertanto, alcuni tra gli aspettiessenziali della teoria di Einstein. Nella fattispecie, un punto cruciale che svilupperemonel seguito sarà il concetto di gravità usando l’approccio metrico. La gravità e la corri-spondente teoria della gravitazione, infatti, intese come teorie metriche, aprono, in modoinequivocabile, degli scenari assolutamente nuovi ed inaspettati. Uno di questi, nodocruciale del lavoro di tesi, è la possibilità di considerare l’esistenza di wormhole, comeconseguenza dell’approccio metrico considerato. Pertanto, al fine di caratterizzare il con-cetto di wormhole, in relatività, riporteremo nel seguito varie considerazioni circa la teoriadella relatività generale formulata da Einstein.

    1.1 I concetti principali della relatività speciale

    In questa sezione riportiamo alcuni elementi teorici, inerenti alla formulazione della teoriadella relatività ristretta, detta anche teoria della relatività speciale. Introdurre alcuniconcetti di relatività speciale è decisamente importante per il prosieguo del presente lavoro

    1Per esempio: la deflessione della luce calcolata considerando le Equazioni di Maxwell o il moto diparticelle di massa nulla.

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  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 5

    di tesi, perché mediante essi sarà possibile comprendere meglio le basi della relativitàgenerale. Nello specifico, la teoria speciale della relatività esprime, per la prima volta, unarivisitazione del concetto di moto, partendo dalle problematiche inerenti al connubio delcampo elettromagnetico con la relatività galileiana. La relatività speciale ci servirà perprendere coscienza del concetto di metrica di Minkowski e di metrica in generale.

    In particolare, nel XIX secolo vennero formulate le equazioni di Maxwell in grado didefinire in modo completo il legame tra campo elettrico e campo magnetico. Il problemadi fondo è che le equazioni di Maxwell non risultano invarianti per trasformazioni di Ga-lileo. In altre parole, queste ultime non erano in accordo con i principi della meccanicanewtoniana, cosicché sistemi di riferimento inerziali differenti2 avrebbero dovuto misurareeffetti elettromagnetici diversi, cosa che, sperimentalmente, non era verificata. Una pos-sibilità fu quella di considerare un vento di etere che preservasse i concetti di spazio etempo assoluti, propri della teoria di Newton. Nessuna esperienza di laboratorio portòalla determinazione del vento d’etere.

    Pertanto, l’idea di Einstein fu quella di rivedere le leggi della meccanica classica e dellarelatività galileana attraverso due postulati:

    1) il principio di relatività: le leggi della fisica sono le stesse in tutti i SRI e nonvariano se si passa da un SRI a un altro;

    2) il principio della costanza della velocità della luce: la velocità della luce nelvuoto, c, non dipende dal moto della sorgente ed il suo valore risulta isotropo rispetto allasorgente stessa3.

    La naturale conseguenza di ciò definisce un’ulteriore condizione secondo cui valga ilprincipio della consevazione della quantità di moto e del momento della quantità di moto.Infatti, la quantità di moto totale e il momento angolare totale di un SRI (isolato) risultainvariante rispetto al tempo.

    1.1.1 La geometria di Minkowski

    Dal punto di vista della formulazione geometrica delle leggi fisiche, passiamo, cos̀ı, dalcalcolo vettoriale nello spazio euclideo R3 al calcolo tensoriale nello spazio-tempo di Min-kowski (3 + 1) dimensionale. Questo spazio è quadridimensionale poiché le quaterne dinumeri (x, y, z, t) definiscono un evento. Le coordinate in questo caso diventano:

    x0 = ct, x1 = x, x2 = y, x3 = z . (1.1)

    In modo compatto possiamo indicare un vettore nello spazio-tempo di Minkowski con xµ,laddove µ = (0, 1, 2, 3). Più avanti dovremo fare distinzioni rispetto al fatto che l’indicegreco sia posizionato in alto (nella forma detta controvariante) o in basso (nella formacovariante).

    Introduciamo ora il concetto di metrica nello spazio-tempo di Minkowski. Per farloricordiamo che il concetto di metrica è già noto in geometria euclidea. La metrica, cioè, chedescrive un elemento di linea è il tensore di Knonecker, che ci permette di compattare lelunghezze e di preservarne la misura. In pratica, in uno spazio tridimensionale, è possibileriottenere attraverso la delta di Kronecker, il teorema di Pitagora. Ci chiediamo, quindi,come generalizzare la metrica al caso di Minkowski (3 + 1) dimensionale.

    2Da qui in avanti, chiamati per brevità, SRI.3Euristicamente diremo che la velocità della luce è costante.

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 6

    Per far ciò, definiamo la metrica in questo caso, come foma quadratica differenziale4:

    ds2 =3∑

    µ=0

    3∑ν=0

    gµνdxµdxν . (1.2)

    Resta cos̀ı definito il tensore metrico gµν in forma covariante. Per esso vale la definizione

    g =

    +1 0 0 00 −1 0 00 0 −1 00 0 0 −1

    ,per cui esso risulta simmetrico. Inoltre, è immediato vedere che questo differisce daltensore metrico in R4, come detto in precedenza, in quanto gli elementi relativi alla partespaziale sono invertiti nel segno.

    Possiamo riscrivere le coordinate covarianti in termini di tensore metrico nel modoseguente:

    xµ = gµνxν . (1.3)

    Queste differiscono dalle covarianti di segno per la sola parte spaziale. Per cui l’invariantepuò essere riscritto in modo compatto

    ds2 = dxµdxµ . (1.4)

    In modo analogo è possibile ridefinire il tensore metrico in forma controvariante gµν , checorrisponde all’inverso di g. Deve essere verificato che g g−1 = I

    gµνgνρ = gµρ = δ

    µρ , (1.5)

    dove δ è la delta di Kronecker.Poiché lo spazio-tempo di Minkowski è piatto, banalmente risulta che gµν = g

    µν .Come conseguenza, la forma dell’invariante per il tensore metrico controvariante risultads2 = gµνdxµdxν .

    1.1.2 Le trasformazioni di Lorentz

    Avendo definito la metrica per lo spazio di Minkoskwi, e quindi l’invariante ds2, è possibiledefinire le trasformazioni tra sistemi riferimento inerziali. Queste trasformazioni manten-gono invariato l’intervallo tra due eventi, passando da un sistema di riferimento inerzialeall’altro. Usualmente queste trasformazioni sono chiamate trasformazioni di Lorentz,Λ, e sono scrivibili in forma tensoriale. Esse giocano un ruolo analogo alle rotazioni neglispazi euclidei. Possono, quindi, essere pensate come rotazioni nello spazio di Minkowski.Si ottiene, pertanto:

    x′µ = Λµνxν , (1.6)

    dove le Λ sono 16 costanti reali indipendenti dalle coordinate.Passando al differenziale l’eq. (1.6), si trova:

    dx′µ = Λµνdxν =

    ∂x′µ

    ∂xνdxν quindi Λµν =

    ∂x′µ

    ∂xν. (1.7)

    4Dopo l’equazione seguente, adotteremo la convenzione di somma di Einstein, secondo cui ds2 =gµνdx

    µdxν .

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 7

    Per definizione di trasformazioni di Lorentz, Λ mantiene invariato ds2. Perciò si ha:

    gµνdx′νdx′ν = gρσdx

    ρdxσ , (1.8)

    gµνΛµρΛ

    νσdx

    ρdxσ = gρσdxρdxσ . (1.9)

    Si ottiene, cos̀ı, la condizione che deve soddisfare Λ per essere una trasformazione diLorentz

    gµνΛµρΛ

    νσ = gρσ . (1.10)

    Analogalmente si definisce la trasformazione di Lorentz in coordinate covarianti

    x′µ = gµνx′ν = gµνΛ

    νρxρ = gµνΛ

    νρgρσxσ = Λ

    σµ xσ . (1.11)

    Le trasformazioni di Lorentz Λ soddisfano anche la condizione

    ΛµρΛτµ = δ

    τρ , (1.12)

    dalla quale si vede facilmente che i vettori covarianti si trasformano secondo la matrice diLorentz inversa

    x′µ = (Λ−1)σµxσ . (1.13)

    In forma differenziale, si ha:

    dx′µ =∂xσ

    ∂x′µdxσ . (1.14)

    Le trasformazioni di Lorentz si possono classificare a seconda del valore del determinantedetΛ=±1. Nel caso detΛ = +1, le trasformazioni si dicono proprie, in caso contrarioimproprie.

    Un’ulteriore classificazione si ha rispetto a Λ00: se questo è maggiore di +1 sono detteortocrone, se è minore di -1 sono dette anticrone. Per le trasformazione anticrone il cambiodi segno per la coordinata x0 indica un inversione temporale.Esempi di trasformazioni di Lorentz sono le trasformazioni di velocità e di rotazione. Leprime fanno parte della classe delle trasfomazioni di Lorentz ristrette (proprie e ortocrone).

    1.1.3 Le trasformazioni delle velocità

    Supponiamo ora di considerare due sistemi di riferimento con velocità relativa ~v lungo ladirezione dell’asse x, otteniamo che la matrice della trasformazione di velocità è

    Bx(β) =

    γ −βγ 0 0−βγ γ 0 0

    0 0 1 00 0 0 1

    ,abbiamo utilizzato la notazione β=~vc e γ=

    1√1−β2

    . Se esprimiamo la trasformazione di

    Lorentz mediante il parametro rapidità η

    η = tanh−1 β , (1.15)

    allora la matrice di Lorentz è

    Bx(η) =

    coshη −sinhη 0 0−sinhη coshη 0 0

    0 0 1 00 0 0 1

    .

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 8

    In generale la trasformazione di velocità lungo asse generico j può essere vista in modoanalogo ad una rotazione sul piano immaginario (xj , x0) di un angolo iθ.Una rotazione reale è rappresentata da una matrice di Lorentz del tipo

    R(θ) =

    1 0 0 00 cosθ sinθ 00 −sinθ cosθ 00 0 0 1

    ,con θ angolo di rotazione attorno all’asse z. Questa risulta essere una trasformazione diLorentz ristretta se il determinante della parte radiale è +1.

    Importante caratteristica delle trasformazioni di Lorentz ristrette è che possono sempreessere scomposte come il prodotto di una trasformazione di velocità e una rotazione.

    1.2 Dalla relatività speciale alla relatività generale: il prin-cipio di equivalenza

    In questa sezione analizzeremo il principio di equivalenza in entrambe le sue formulazioni:debole e forte. Questo principio è alla base di tutte le teorie metriche della gravitazione5.

    Cos̀ı come in meccanica classica l’equivalenza tra due SRI è garantita dal principiodi relatività di Newton, anche nella teoria della gravitazione troviamo un principio diequivalenza. Questo applica l’equivalenza dei riferimenti ad un sistema soggetto solo allaforza gravitazionale (caduta libera) confrontato con un riferimento inerziale.

    Il principio di equivalenza in forma debole afferma che la massa gravitazionale e quellainerziale di un corpo sono equivalenti. Questa uguaglianza per la fisica newtoniana era dataper assodata, senza fornire giustificazioni teoriche. Einstein invece si propose di spiegarequesta proporzionalità, in quanto non credeva fosse frutto di semplici coincidenze, maespressione della natura della gravitazione.

    Soffermandoci sul concetto di massa, dalla fisica newtoniana sappiamo che un corposoggetto ad una forza acquista un’accelerazione proporzionale alla forza stessa. Definiamoquindi con massa inerziale mi la costante di proporzionalità in:

    F = mia. (1.16)

    Consideriamo adesso la forza gravitazionale

    F = GM

    R2mg, (1.17)

    dove M è la massa della terra, R il suo raggio e G la costante di gravitazione di Newton.Vediamo che anche questa forza è proporzionale alle masse dei corpi coinvolti, in questocaso parliamo di massa gravitazionale mg. A questo punto, uguagliando la (1.16) e (1.17)otteniamo:

    a = GM

    R2mgmi

    . (1.18)

    Già dalle osservazioni di Galileo sapevamo che due corpi, lasciati liberi nel campogravitazionale della Terra, sono soggetti alla stessa accelerazione indipendentemente dalla

    5Noi siamo interessati esclusivamente alla relatività generale. Tuttavia, in letteratura, ci si può imbat-tere sovente in teorie che estendono la lagrangiana di Hilbert-Einstein, di cui parleremo successivamente,mediante termini ulteriori in curvatura, torsione, invarianti geometrici e cos̀ı via. Queste teorie, altrimentidette estensioni della relatività generale, rientrano nel caleidoscopio delle teorie della gravitazione, in sensolato.

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 9

    loro massa, ossia tutti i corpi in caduta libera manifestano uguale accelerazione. Segueche:

    mgmi

    = costante universale e ridefinendo G mi = mg. (1.19)

    Abbiamo cos̀ı ottenuto la formulazione del principio di equivalenza debole. Ne deriva chela forza gravitazionale differentemente dalle altre forze fondamentali è proporzionale allamassa inerziale. In questo risulta essere simile alle forze inerziali che agiscono nei sistemidi riferimento accelerati.

    Illustreremo ora la spiegazione del principio di equivalenza data da Einstein attraversol’esperimento ideale, noto come “ascensore di Einstein”. Consideriamo un ascensore incaduta libera soggetto al campo gravitazionale della Terra. Ponendoci nel SR dell’ascen-sore, questo non risulta essere un SRI in quanto è soggetto ad un accelerazione g verso ilbasso. Se ora consideriamo che all’interno di questo vi sia un oggetto di massa m, essosarà soggetto ad una forza peso P = mg e da una forza inerziale F = −ma (dove con aindichiamo l’accelerazione del SR). Essendo a = g, le due forze sono uguali e opposte e larisultante è quindi nulla in quanto vale l’uguaglianza della massa inerziale e gravitazionale.

    È importante notare che se il campo gravitazionale non fosse omogeneo e statico,un’accelerazione globale non può annullarlo completamente e resterebbero cos̀ı delle forzeresidue. In generale la cancellazione della forza gravitazionale ad opera di una inerzialevale solo localmente. Se, ad esempio, consideriamo una navicella che ruota intorno allaTerra (SR in caduta libera), la forza di gravità Fg in due punti di massa distinti del sistemaavrà moduli differenti.

    Figura 1.1: Navicella in caduta libera nel campo gravitazionale terrestre

    La navicella cadrà con una certa accelerazione, il punto di massa più vicino alla Terraavrà un’accelerazione leggermente più grande e l’altro un’accelerazione leggermente piùpiccola. Un osservatore all’interno della navicella, posto sul centro di massa, noterà chedopo un certo tempo la prima massa si è spostata in basso e la seconda verso l’alto.Poiché la forza di gravità non risulta omogenea nei diversi punti della navicella sembrerebbeviolato il principio di equivalenza, ossia che due masse lasciate libere non rimangano fermeall’interno della navicella. Nel caso in cui le dimensioni della navicella sono piccole e il

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 10

    tempo dell’osservazione è breve, la distanza tra le due masse è trascurabile non si pone ilproblema.

    In entrambi gli esperimenti vediamo che almeno in una regione limitata dello spazio-tempo risulta che la forza gravitazionale è indistinguibile da quella inerziale. Dunque,scegliendo un opportuno sistema di coordinate, possiamo annullare gli effetti del campogravitazionale. Il SR apparirà inerziale. Partendo da queste osservazioni Einstein formulòil principio di equivalenza forte:

    “In un laboratorio non ruotante, che sia schermato da forze elettromagnetichee che si trovi in caduta libera, le leggi della fisica e il loro contenuto numericosono indipendenti dalla posizione del laboratorio. In tale laboratorio, inol-tre, tutte le particelle, che siano abbastanza piccole da poter trascurare su diloro le forze mareali e libere da forze non gravitazionali, si muovono senzaaccelerazioni.”

    Ossia che in ogni evento dello spazio-tempo in un campo di gravitazione arbitrario, èpossibile scegliere un sistema di coordinate localmente inerziali tale che, in un intornosufficientemente piccolo dell’evento in questione, le leggi della fisica hanno la stessa formadi quelle in un sistema di coordinate inerziali, cioè obbediscono alla relatività speciale.Oppure possiamo trasferire le proprietà della forza gravitazionale alla geometria dellospazio, e questo è il concetto alla base di tutte le teorie metriche della relatività.

    1.3 La geometria riemanniana

    In questa sezione tratteremo i concetti fondamentali della geometria riemanniana perla comprensione delle equazioni di campo di Einstein e di tutta la teoria generale dellarelatività. In particolare nella teoria della RG lo spazio-tempo, che possiamo indicarecon U, viene considerato come una varietà differenziabile quadridimensionale dotata distruttura riemanniana.

    Con varietà differenziabile quadrimensionale intendiamo uno spazio topologico rico-perto da sistemi locali (carte) che associano ad ogni evento una quaterna xµ, di modo chenella regione in cui ho sovrapposizione tra due carte l’applicazione che fa passare dall’unaall’altra è differenziabile. Il fatto che possieda anche una struttura riemanniana ci permet-te di definire la distanza tra due eventi in una generica carta di coordinate xµ nel modoseguente:

    ds2 = gµν(x)dxµdxν , (1.20)

    dove gµν è il tensore metrico covariante, che possiamo considerare simmetrico, senzaperdere di generalità, quindi con 10 componenti indipendenti.

    Dal principio di equivalenza sappiamo che nell’intorno di qualunque evento possiamoscegliere un sistema di coordinate inerziale, che quindi obbedisce alla relatività speciale.Quindi esiste una carta inerziale in cui ds2 è espresso:

    ds2 = ηµν(x)dxµdxν , (1.21)

    dove ηµν è il tensore metrico della relatività speciale. Il limite per cui gµν si può scriverecome ηµν è valido esclusivamente in un intorno locale di un evento; questo fatto è conse-guenza fisica del principio di equivalenza ed è supportato matematicamente dal fatto cheU è uno spazio curvo.

    Un’altra assunzione fondamentale della RG è che tutte le grandezze siano dei tensori.Scrivere le leggi della fisica in forma tensoriale ci garantisce che queste abbiano stessa formain tutti i sistemi di coordinate: questo è noto come principio di covarianza generale.

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 11

    Tale principio estende la covarianza rispetto alle trasformazioni di Lorentz nello spaziodi Minkowski alle trasformazioni generali in U.

    1.3.1 I simboli di Christoffel

    Differentemente da quanto accade nello spazio minkowskiano, in una varietà riemannia-na generica il calcolo tensoriale presenta un’importante differenza: dato un tensore lesue derivate non costituiscono in generale un tensore. Questa problematica fu superatada Levi-Civita introducendo il concetto di trasporto parallelo e derivata covariante, chevengono definiti mediante i simboli di Christoffel.

    Consideriamo ora un vettore A′µ=∂x′µ

    ∂xν Aν e andiamo a calcolare il suo differenziale:

    dA′µ =∂x′µ

    ∂xνdAν +

    ∂2x′µ

    ∂xν∂xσAνdxσ. (1.22)

    Possiamo notare che questa non è la legge di trasformazioni di un vettore. Non risultaessere un vettore perché è dato dalla differenza di due vettori valutati in punti diversidello spazio, e in una varietà curva le leggi di trasformazione dei vettori dipendono dallaposizione. Se vogliamo costruire un differenziale vettoriale dobbiamo fare la differenza trail vettore valutato in xσ + dxσ e il vettore trasportato parallelamente nello stesso punto,partendo da xσ.

    Introduciamo, quindi, il differenziale covariante, che indichiamo con DAµ:

    DAµ = Aµ(x+ dx)− (Aµ(x) + δAµ) = dAµ − δAµ, (1.23)

    dove l’azione del trasporto parallelo è indicata con δAµ.Avremo che DAµ = dAµ in spazi piatti, come nello spazio di Minkowski.Sapendo che la somma di due vettori deve trasformarsi come i singoli vettori, allora

    δAµ deve essere lineare in Aµ. Risulta che:

    δAµ = −ΓµρσAρdxσ. (1.24)

    Abbiamo cos̀ı introdotto i simboli di Christoffel di seconda specie Γµρσ, che sono dellefunzioni delle xν . Questi si annullano su una carta inerziale, da cui δAµ=0. Si mostra cheessi non possono essere tensori perché non si trasformano come tensori. A supporto di ciò,non potrebbero essere tensori perché se nulli su un sistema di coordinate, lo diventerebberoin tutti.

    In caso di tensori, la scrittura è la seguente:

    δTµν = −(ΓρµσTρν + ΓρνσTµρ)dxσ, (1.25)

    Tµν,σ =∂Tµν∂xσ

    − ΓρµσTρν − ΓρνσTµρ. (1.26)

    Ora supponiamo di porci su una carta inerziale e consideriamo che DA′µ si comporti comeun vettore. Si ha allora la seguente legge di trasformazione:

    DA′µ =∂x′µ

    ∂xνDAν (1.27)

    vale anche:

    DA′µ =∂x′µ

    ∂xνdAν +

    ∂x′µ

    ∂xνΓνρσA

    ρdxρ. (1.28)

    Ci siamo posti su una carta inerziale, quindi DA′µ = dA′µ.

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 12

    Combinando le equazioni (1.22) e (1.28) otteniamo:

    ∂2x′µ

    ∂xνδxσ=∂x′µ

    ∂xνΓνρσ (1.29)

    e di conseguente i simboli di Christoffel si possono scrivere come:

    Γνρσ =∂2x′µ

    ∂xν∂xσ∂xν

    ∂x′µ. (1.30)

    In questo modo è evidente che sono simmetrici negli indici inferiori e quindi hanno 40componenti indipendenti.

    Per ricavare la scrittura in termini del tensore metrico partiamo dal fatto che la derivatacovariante di gµν è nulla. Per dimostrarlo riscriviamo la derivata covariante:

    DAµ = D(gµνAν) = gµνDA

    ν +AνDgµν , (1.31)

    poiché DAµ = gµνDAν e Aν è arbitrario, risulta che Dgµν = 0 e quindi gµν,σ = 0.

    Applicando l’equazione (1.26) a gµν,σ = 0 otteniamo:

    ∂gµν∂xσ

    = Γρµσgρν + Γρνσgµρ. (1.32)

    Attraverso operazioni di permutazione e combinazione si ottiene l’equazione finale per Γτνσin termini di tensore metrico:

    Γτνσ =1

    2gτµ(

    ∂gµν∂xσ

    +∂gµσ∂xν

    − ∂gνν∂xµ

    ). (1.33)

    1.3.2 I tensori di Riemann e di Ricci

    Nelle precedenti sezioni abbiamo visto che RS è descritta dallo spazio di Minkowski, cheè piatto, dotato di una geometria a segnatura lorentziana pseudoeuclidea (cfr. sezione1.1.2). Nella RG, descritta da spazi di Riemann, due linee inizialmente parallele in generalenon rimangono tali, come in RS. Questo effetto è dovuto alla non uniformità del campogravitazionale. Di conseguenza lo spazio non è più piatto, ma si appiatterà solo localmente,come espresso dal principio di equivalenza forte.

    Per descrivere gli effetti della gravità, Einstein utilizzò gli spazi curvi. Nella seguentesezione introduciamo il tensore di Riemann e il tensore di Ricci al fine di descrivere lacurvatura dello spazio dal punto di vista matematico.

    Pensiamo ora di trasportare parallelamente un vettore Aµ lungo una curva chiusainfinitesima γ . La variazione del vettore covariante Aµ per il trasporto parallelo lungo γsarà

    ∆Aµ =

    ∮γ

    ΓµνρAµdxρ. (1.34)

    Applichiamo il teorema di Stokes alla precedente equazione:∮γVµdx

    µ =

    ∫σ∂µVνdf

    µν =1

    2

    ∫σ(∂µVν − ∂νVµ)dfµν , (1.35)

    otteniamo

    ∆Aµ '1

    2[∂(ΓµνσAµ)

    ∂xρ− ∂(Γ

    µνρAµ)

    ∂xσ]∆fρσ =

    1

    2[∂Γµνσ∂xρ

    Aµ−∂Γµνρ∂xσ

    Aµ+Γµνσ

    ∂Aµ∂xρ−Γµνρ

    ∂Aµ∂xσ

    ]∆fρσ,

    (1.36)

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 13

    dove con ∆fρσ indichiamo la superficie infinitesima racchiusa da γ.In quanto la variazione del vettore Aµ è dovuta al trasporto parallelo, vale:

    ∂Aµ∂xρ

    = ΓτµρAτ . (1.37)

    Se sostituiamo (1.37) in (1.36), otteniamo la seguente espressione per ∆Aµ:

    ∆Aµ '1

    2RµνρσAµ∆f

    ρσ, (1.38)

    dove

    Rµνρσ =∂Γµνσ∂xρ

    − ∂Γµνρ

    ∂xσ+ ΓµτρΓ

    τνσ − ΓµτσΓτνρ, (1.39)

    è il tensore di Reimann o tensore di curvatura.Possiamo riscriverlo in forma completamente covariante come

    Rµνρσ = gµτRτνρσ, (1.40)

    e in termini di tensore metrico

    Rµνρσ =1

    2(∂2gνρ∂xµ∂xσ

    +∂2gµσ∂xν∂xρ

    − ∂2gνσ

    ∂xµ∂xρ− ∂

    2gµρ∂xν∂xσ

    ) + gαβΓαµσΓ

    βνρ − gαβΓαµρΓβνσ. (1.41)

    Se risulta che Rµνρσ = 0 ovunque lo spazio, allora, sarà piatto. Esiste, quindi, unatrasformazione che ci permette di passare dalla metrica gµν a quella di Minkowski ηµν sututto lo spazio.

    Dall’equazione (1.41) possiamo ricavare le seguenti equazioni e da queste le proprietàdi simmetria del tensore di Riemann:

    Rµνρσ = −Rνµρσ = −Rµνσρ (1.42)

    Rµνρσ = −Rρσµν (1.43)

    Rµνρσ +Rµρσν +Rµσνρ = 0. (1.44)

    Di conseguenza le componenti indipendenti di Rµνρσ, che è tensore del quart’ordine, sono20.

    Possiamo contrarre il tensore di Reimann con il tensore metrico e ottenere il tensoredi Ricci:

    Rνσ = gµρRµνρσ. (1.45)

    Con un ulteriore contrazione otteniamo:

    R = gνσRνσ, (1.46)

    detto scalare di Ricci.Vale inoltre in tutti i sistemi la seguente identità:

    Rαβµν;λ +Rαβλµ;ν +Rαβνλ;µ = 0. (1.47)

    detta identità di Bianchi.Se ora applichiamo la contrazione di Ricci all’identità di Bianchi otteniamo:

    gαµ[Rαβµν;λ +Rαβλµ;ν +Rαβνλ;µ] = 0 (1.48)

    Rβν;λ −Rβλ;ν +Rµβνλ;µ = 0. (1.49)

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 14

    Applicando nuovamente la contrazione di Ricci rispetto agli indici βν otteniamo:

    R;λ −Rνλ;ν + (−Rµλ;µ) = 0. (1.50)

    Possiamo scrivere l’identità di Bianchi contratta due volte come:

    (R;λ − 2Rµλ;µ) = 0. (1.51)

    Introducendo il tensore di Einstein, definito come:

    Gαβ = Rαβ − 12gαβR, (1.52)

    con Gαβ = Gβα. L’eq. (1.51) soddisfa:

    Gαβ;β = 0. (1.53)

    1.4 Le equazioni di campo di Einstein

    In questa sezione andiamo a considerare le equazioni di campo gravitazionale elaborate daEinstein. Queste mostrano come il tensore energia-impulso, che rappresenta le sorgenti diun campo gravitazionale, determina la metrica che descrive lo spazio-tempo.

    Consideriamo le equazioni di campo newtoniane:

    ∇2Φ = 4πGρm, (1.54)

    dove Φ il potenziale gravitazionale newtoniano e ρm la densità di massa.Risulta evidente dall’eq. (1.54) che ρm rappresenta la sorgente del campo.In RG, la sola densità ρm risulta inadatta a ricoprire tale ruolo, in quanto non contiene

    alcun termine relativistico. Un buon candidato sembrerebbe la densità di energia totaleρ, purché essa includa anche il termine relativistico. Tuttavia, per un fluido ρ rappresentala densità di energia misurata da un singolo osservatore, mentre negli altri SR la densitàdi energia corrisponde alla componente T 00 del tensore energia-impulso. Per rendere leequazioni valide per ogni sistema di coordinate la scelta più semplice per una sorgentegravitazionale è assumere che questa sia il tensore energia-impulso di un fluido perfettoTµν .

    Illustriamo ora come Einstein derivò le equazioni di campo nel vuoto e in seguito con-sidereremo quelle in presenza di una sorgente.

    Einstein derivò le equazioni di campo in modo che fosse soddisfatto il principio dicovarianza e che, nel caso di campi deboli, queste si dovessero ricondurre alle equazioni diNewton; dovevano quindi essere del secondo ordine nelle derivate parziali del potenziale.

    Come prima ipotesi, tenendo conto del principio di equivalenza, considerò che il tensoredi Riemann dovesse essere nullo. L’unica soluzione fisica corrispondente è uno spaziopiatto, cioè non vi sono campi gravitazionali; questa situazione è quindi priva d’interesse.

    Postulò in seguito che il tensore di Ricci fosse nullo

    Rαβ = 0 (1.55)

    cosicché fossero nulle solo alcune combinazioni delle componenti del tensore di Riemann.In questo modo però l’equazione risulta essere incompleta. Infatti applicando la quadri-divergenza ad ambo i membri dell’eq. (1.55), questa non è più valida in quanto risulta

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 15

    ∇βRαβ 6= 0, mentre il membro sinistro è sempre nullo. Infatti, anche in presenza disorgenti, per la conservazione dell’energia e del momento si ha sempre che ∇βTαβ = 0.Questa formulazione comporta la violazione del principio di conservazione.Dunque la forma deve essere del tipo:

    ∇β[Rαβ ± ( )] = 0. (1.56)

    Per ricavare la forma esatta dell’equazioni di campo si applica il principio variazionaleall’Azione di Einsten-Hilbert, definita:

    S = − 116πGc−4

    ∫R√−gd4x, (1.57)

    dove R è lo scalare di Ricci, g è il determinante del tensore metrico, G la costante digravità e c la velocità della luce. Da cui otteniamo le equazioni di campo:

    Gµν = Rµν −1

    2gµνR = 0. (1.58)

    Se ora contraiamo gli indici applicando il tensore gµν all’eq. (1.58) lo scalare di Riccirisulta nullo nel vuoto. Segue che Rµν = 0 ossia che le ipotesi di partenza di Einsteinerano esatte.

    Ora consideriamo le equazioni di campo con sorgente, che sono definite:

    Gµν = Rµν −1

    2gµνR =

    8πG

    c4Tµν = χTµν . (1.59)

    Contraendo gli indici con il tensore gµν otteniamo che in presenza di sorgente R = −χT ,con T = gµνTµν . Possiamo riscrivere l’eq. (1.59) nel modo seguente:

    Tµν −1

    2gµνT =

    1

    χRµν . (1.60)

    1.4.1 Il tensore energia-impulso

    Nelle equazioni di campo di Einstein abbiamo definito il tensore energia-impluso di unfluido perfetto come la più semplice sorgente del campo gravitazionale.

    Con fluido perfetto indichiamo un fluido privo di viscosità e in cui non si ha conduzionedi calore. Quest’ultima proprietà comporta che il flusso di energia è associato soltanto alflusso di particelle. Se consideriamo quindi il sistema a riposo istantaneo risulta che lecomponenti

    Θi0 = Θ0i = 0, (1.61)

    dove con la componente Θi0 indichiamo la densità di flusso di energia nella direzione xi, econ la componente Θ0i la densità di momento Θ0i = π∂iφ.A causa dell’assenza di viscosità il tensore Θij è diagonale. Queste assunzioni devono esse-re valide per tutti i sistemi di riferimento comobili: quindi Θij è proporzionale all’identitàcon costante di proporzionalità p, che è la pressione del fluido. Infine, la componente Θ00

    rappresenta la densità di energia totale del fluido ρ.

    Il tensore energia-impluso è quindi:

    Θµν = Tµν =

    ρ 0 0 00 −p 0 00 0 −p 00 0 0 −p

    .

  • CAPITOLO 1. LA RELATIVITÀ GENERALE 16

    In modo compatto possiamo riscriverlo:

    Tµν = (ρ+ p)uµuν − gµνp, (1.62)

    dove uµ è la quadrivelocità locale.

  • Capitolo 2

    L’approccio di Wheeler-DeWittalla quantizzazione della gravità

    Nel seguente capitolo ci occuperemo di quantizzare la gravità. L’idea di quantizzare lagravità è basata su diverse motivazioni. La più euristica consiste probabilmente nel volerquantizzare un campo classico alla stregua di quello che si fa in teorica quantistica deicampi. Questo concetto definisce l’idea di unificare il campo classico di Einstein allameccanica quantistica. Infatti, l’unica interazione che non è ancora stata descritta inmodo completo da una teoria quantistica è l’interazione gravitazionale. Tutte le altreinterazioni sono unificate in una teoria quantistica di campo, detta modello standard delleparticelle elementari.

    Un altro motivo che spinge verso la quantizzazione della gravità deriva dalla cosmolo-gia e dalla fisica dei buchi neri. La RG, infatti, non risulta valida a livello fondamentale,come mostra il teorema della singolarità. D’altronde, mediante condizioni molto generiche,le singolarità nello spazio-tempo sono inevitabili e di conseguenza la RG entra in crisi.

    Poiché le singolarità in fisica non sono sempre molto chiare, al fine di comprenderel’origine universo, ed in particolare le condizioni iniziali in prossimità del Big Bang, nonchélo stato finale di evoluzione di un buco nero, è probabilmente necessaria l’introduzione diuna nuova teoria unificante che faccia uso, cioè, della quantum gravity. In questo sensol’intero universo deve essere descritto in termini quantistici, ciò porta alla formulazionedel concetto di cosmologia quantistica e di funzione d’onda dell’universo.

    L’ultima è data dal concetto di tempo. In RG e nelle teorie quantistiche il concettodi tempo è completamente differente. Una unificazione delle teorie quantistiche con la RGnecessiterà quindi della modifica della nozione di tempo.

    Risulta di cruciale importanza arrivare ad una formulazione della quantizzazione dellagravità. In questo lavoro di tesi seguiremo l’approccio di Wheeler-DeWitt. Il primo passosarà quello di scegliere in modo appropriato le variabili canoniche e di formulare l’azione diEinsten-Hilbert nella forma hamiltoniana attraverso la decomposizione 3+1 della gravità.

    2.1 La formulazione hamiltoniana della relatività generale

    Come prima cosa sottolineiamo la differenza tra la formulazione lagrangiana e quella ha-miltoniana della RG. Nella prima il campo fondamentale è il tensore metrico gµν e laformulazione rimane covariante. Introduciamo l’azione di Einstein-Hilbert, con il fine diderivare da questa le equazioni di campo:

    SE−H =1

    16πGN

    ∫Vd4x√−g[R(g)− 2Λ] + 1

    8πGN

    ∫∂V

    √hK, (2.1)

    17

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 18

    dove K ≡ hijKij è la traccia del tensore di curvatura estrinseca Kij dell’ipersuperficiecompatta ∂V la quale è immersa in una varietà, V, di dimensione 4, e h il determinantedella metrica indotta sulla superficie tridimensionale.

    La formulazione hamiltoniana, tuttavia, non è covariante perché non fa uso della metri-ca dello spazio-tempo come campo fondamentale. Possiamo quindi pensare di decomporrela metrica nelle sue parti, effettuando una decomposizione 3+1 dello spazio-tempo, uti-lizzando il formalismo di Arnowitt, Deser e Misner, detto formalismo ADM. Con questadescrizione la RG è espressa in modo che il tempo risulta distinto dalle coordinate spaziali,che costituiscono i gradi di libertà dinamici.La decomposizione 3+1 si realizza foliando lo spazio-tempo, descritto da (M, g) in unset di ipersuperfici tridimensionali di genere spazio Σt. La covarianza della RG risultagarantita se consideriamo tutte le possibili foliazioni di questo tipo.

    Una condizione necessaria per (M, g) è di essere globalmente iperbolica. Ossia possiedeuna superficie di Cauchy Σ, ad un certo istante di tempo, in cui l’intero spazio-tempoè descritto dalle condizioni iniziali. Inoltre un teorema ci garantisce l’esistenza di unafunzione globale del tempo f tale che ogni superficie in cui f= costante è una superficiedi Cauchy; di conseguenza M può essere foliata in superfici di Cauchy. La topologia èespressa:

    M∼= R× Σ. (2.2)

    Questa è fissa, in modo da evitare le singolarità.Riassumendo abbiamo foliato lo spazio-tempo in superfici di Cauchy Σt, dove con

    t indichiamo la funzione globale del tempo. In questa rappresentazione le coordinanteinerziali sono definite

    Xα = Xα(x0, xi), (2.3)

    dove le coordinate spaziali xi costituiranno una scelta di coordinate locali su ciascunaipersuperficie mentre la coordinata temporale x0 ci da il fogliettamento. Per ciascunaipersuperficie avremo che i vettori di base sono costituiti dai suoi vettori tangenti e orto-normali, Xαi ≡ Xα,i e nα rispettivamente.Nella fig. (2.1) è rappresentata la relazione tra superfici contigue, dove con

    Nα ≡ Ẋα = ∂0Xα(x0, xi), (2.4)

    indichiamo il vettore di deformazione che connette i punti con le stesse coordinate localixi su superfici contigue.Decompondendo il vettore Nα secondo la base locale dei vettori nα, Xα,i , otteniamo

    Nα ≡ Nnα +N iXαi , (2.5)

    dove N e N i sono le funzioni di lapse e shift . Queste descrivono rispettivamente lospostamento locale e tangente alla superficie avente x0=costante.

    Introduciamo ora la metrica tridimensionale hµν su ogni Σt:

    hµν = gµν + nµnν , (2.6)

    che descrive la geometria intrinseca dell’ipersuperficie nelle coordinate locali xi.E’ possibile scrivere la metrica spazio-temporale nel modo seguente:

    ds2 = gµνdXµdXν , (2.7)

    ds2 = −(N2 −N jNj)dt2 + 2N idxidt+ hijdxidxj . (2.8)

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 19

    Figura 2.1: Interpretazione geometrica dei vettori lapse e shift

    Sfruttando le definizioni di hµν , N,Nj , la definizione di differenziale e le condizioni:{gµνn

    µnν = −1,gµνn

    µXνj = 0,(2.9)

    il cui significato è che nµ è un versore di genere tempo ortogonale a Xνj .L’eq. (2.8) è la forma ADM o 3+1 standard della metrica dello spazio-tempo. Questa èuna parametrizzazione di gµν in termini di N,N

    j ,hij , che possiamo anche riscrivere come:

    gµν =

    (N jNj −N2 N i

    Ni hij

    ). (2.10)

    Possiamo anche considerare (M, g) come l’evoluzione temporale di una metrica Rie-manniana su un’ipersuperficie Σ fissa, ossia come un evoluzione da hij(t0) a hij(t). Daquesta prospettiva hij sembra una scelta appropriata per le variabili dinamiche del forma-lismo canonico. Prima di introdurre la corrispondente ”velocità”, andiamo a considerareil seguente tensore:

    Kµν = −hρµ∇ρnν . (2.11)

    La cui interpretazione geometrica è presentata in fig (2.2).Consideriamo il vettore normale all’ipersuperficie Σ in due punti diversi P e Q. Con il vet-tore ñµ indichiamo il risultato del trasporto parallelo da Q a P del vettore nµ. Osserviamoche nµ e ñµ non coincidono a causa della curvatura di Σ quando essi sono valutati nelpunto P. Il significato fisico di Kµν è proprio la misura di questa differenza, infatti prendeil nome di curvatura estrinseca e risulta nulla se nµ = ñµ. Questa può essere riespressa intermini di vettori di lapse e shift, come:

    Kij =1

    2N(Ni|j −Nj|i − ḣij), (2.12)

    dove con ”|” indichiamo la derivata covariante rispetto al tempo e con ”.” la derivataparziale rispetto al tempo.

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 20

    Figura 2.2: Interpretazione geometrica della curvatura estrinseca

    Per ricavare la forma hamiltoniana dell’azione di Einstein-Hilbert eq. (2.1), la rifor-muliamo in termini delle variabili tridimensionali hij e Kij .A questo scopo introduciamo le equazioni di Gauss e Codazzi:

    Rρµνλ = hµ′µ h

    ν′ν h

    λ′λ h

    ρρ′R

    ρ′

    µ′ν′λ′ −KµλKρν +KνλK

    ρµ, (2.13)

    Kνλ|µ −Kµλ|ν = hµ′µ h

    ν′ν h

    λ′λ Rµ′ν′λ′ρn

    ρ, (2.14)

    che ci forniscono le relazioni tra la curvatura quadridimensionale e quella tridimensionale.L’eq. (2.13) è il teorema egregium di Gauss, nel caso di una ipersuperficie bidimensionaleimmersa in uno spazio euclideo piatto tridimensionale.L’eq. (2.14) si può riscrivere, contraendola con gµν , come:

    Kµν|µ −K|ν = Rρλnλhρν . (2.15)

    Riformuliamo l’equazione di Einstein nel vuoto Gµν = 0 per queste coordinate dello spaziotempo:

    hµρGµνnν = hµρRµνn

    ν = 0, (2.16)

    che riscriviamo utilizzando l’eq. (2.15), come:

    Kji|j −K|i = 0, (2.17)

    nella sola parte temporale:K2 −KijKij +(3) R = 0. (2.18)

    Questa è la versione 3+1 del teorema egregium, eq. (2.13). Con lo scopo di riformularel’azione di Einstein-Hilbert, riesprimiamo anche l’elemento di volume e lo scalare di Ricciin termini di hij e Kij .Definiamo l’elemento di volume tridimensionale come:

    (3)eµνλ = eρµνλNρ, (2.19)

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 21

    dove Nρ è definito dall’eq. (2.5) e eρµνλ indica l’elemento di volume quadridimensionaleindipendente dal tempo. Utilizzando la relazione �ρµνλ =

    √−geρµνλ, otteniamo:

    �ρµνλNρ =√−geµνλ =

    √−gh�µνλ, (2.20)

    quindi per l’elemento di volume troviamo che:

    √−g = N

    √h. (2.21)

    Consideriamo che Σ sia compatta e senza confini. Per ricavare la formulazioni delloscalare di Ricci, in termini di hij e Kij , utilizziamo la seguente equazione:

    R = (3)R+K2 −KijJ ij − 2Rµνnµnν . (2.22)

    Utilizzando la definizione del tensore di Riemann in termini delle derivate seconde cova-rianti, riscriviamo il quarto termine dell’eq. (2.22), come:

    −2Rµνnµnν = 2(∇ρnν)(∇νnρ)−2∇ρ(nν∇νnρ)−2(∇νnν)(∇ρnρ)+2∇nu(nν∇ρnρ). (2.23)

    Il secondo e quarto termine sono divergenze totali, quindi possono essere raggruppate inun termine superficiale. Il primo termine di superficie −2∇ρ(nν∇νnρ)nρ è nullo mentre ilsecondo è 2∇νnν = −2K. Gli altri due termini possono essere riscritti come 2KijKij ecome −2K2.L’azione di Einstein-Hilbert allora risulta:

    SEH =

    ∫Mdtd3xL, (2.24)

    con densità di lagrangiana:

    L = N√h(KijK

    ij −K2 +(3) R), (2.25)

    nel caso di universi chiusi, mentre per modelli cosmologici aperti si aggiunge un terminedi superficie. La densità di lagrangiana ha la classica forma energia cinetica meno energiapotenziale, dove la curvatura estrinseca gioca il ruolo di energia cinetica. Infatti vediamodall’eq. (2.12) che la curvatura estrinseca contiene le ”velocità” ḣij .Notiamo che nell’espressione di L, ossia in eq. (2.25), non compaiono le derivate temporalidi N e Ni, di conseguenza:

    π ≡ ∂L∂Ṅ

    = 0, (2.26)

    πi ≡∂L∂Ṅi

    = 0. (2.27)

    Questo perché i vettori di lapse e shift svolgono il ruolo di moltiplicatori di Lagrange, ossiadi vincolo per il sistema. In particolare vengono detti vincoli primari, in quanto non sonocoinvolti nelle equazioni della dinamica. Quindi risulta che le uniche variabili dinamichesono le hij componenti della metrica dell’ipersuperficie. I momenti coniugati di hij sono:

    πij ≡ ∂L∂ḣij

    =

    √h

    16πG(Kij −Khij). (2.28)

    Riprendendo l’eq. (2.12) possiamo esprimere le velocità ḣij in termini dei momenti πattraverso:

    ḣij =32πGN√

    h(πij −

    1

    2πhij) +Ni|j +Nj|i, (2.29)

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 22

    dove π ≡ πijhij . Ora possiamo calcolare la densità di Hamiltoniana:

    H = πij ḣij − L, (2.30)

    H = 16πGNGijklπijπkl −N√h

    16πG(3)R− 2Niπji |j , (2.31)

    dove con:

    Gijkl =1√h

    (hikhjl + hilhjk − hilhkl), (2.32)

    rappresentiamo la supermetrica di DeWitt.

    Ora otteniamo l’hamiltoniana integrando sull’ipersuperficie:

    H ≡∫d3xH ≡

    ∫d3x(NH⊥ +N iHi). (2.33)

    dove abbiamo scomposto la densità di hamiltoniana in due termini:

    H⊥ = 16πGGijklπijπkl −√h

    16πG(3)R ≈ 0, (2.34)

    Hi = −2NJπji |j ≈ 0, (2.35)

    questi sono approssimativamente uguali a zero per preservare i vincoli primari eq. (2.26)-(2.27), quindi deve verificarsi che {π,H} = 0 = {πi, H}.In particolare H⊥ è detta superhamiltoniana e Hi supermomento.All’eq. (2.33) si aggiunge un termine di superficie in caso di modelli cosmologici aperti:∫

    ∂MdSkN

    √hhij(hik,j − jij,k). (2.36)

    Questo termine rappresenta l’energia totale.Nell’eq. (2.25) il termine (3)R è dato dalla combinazione lineare delle derivate seconde dihij . Queste si possono eliminare con l’integrazione per parti, il risultato di questo proce-dimento è dato dal termine superficiale dell’eq. (2.36). Essendo un termine superficialenon interviene nelle equazioni della dinamica. Tuttavia, poiché esso non è una costante,dipenderà dallo stato dell’universo, e quindi non può in generale essere omesso.Possiamo inoltre notare che l’energia totale è conservata, in quanto né la lagrangiana néil termine di superficie dipendono esplicitamente dal tempo. Di conseguenza la RG puòessere espressa come un integrale di superficie.

    2.2 L’equazione di Wheeler-DeWitt e il concetto di super-spazio

    Nella precedente sezione si è formulata la descrizione hamiltoniana della RG. Questo èun buon inizio per sviluppare la procedura della quantizzazione canonica. Notiamo chela nostra è una teoria hamiltoniana con vincoli secondari, come si vede dalle eq. (2.34)-(2.35). Ci chiediamo quindi come dobbiamo procedere per la quantizzazione. Seguiremoil metodo illustrato da Dirac. Non è possibile considerare i vincoli secondari come dellecondizioni aggiuntive alla funzione d’onda a differenza dei vincoli primari. I vincoli secon-dari indicheranno invece che ci sono alcuni gradi di libertà che non hanno un importantesignificato fisico. Andremo allora a definire nuove parentesi di Poisson che si riferiscono

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 23

    solo agli altri gradi di libertà, che possiedono un significato fisico. Passeremo poi allateoria quantistica esprimendola in termini di questi nuove parentesi di Poisson.Abbiamo visto che solo alcuni gradi di libertà hanno significato fisico. Andiamo a vederese effettivamente il numero di variabili implicate per la descrizione dello stato è corretto.La 3-metrica hij è caratterizzata da sei numeri per ogni punto dello spazio (6×∞3). Ilvincolo dei diffeomorfismi, vedi eq. (2.35), permette la scelta arbitraria delle coordinatespaziali. Queste sono caratterizzate da tre numeri, detti di ”pura gauge”. Restano quindi6−3 = 3 numeri per punto. Il vincolo dell’eq. (2.34) corrisponde ad una variabile per pun-to dello spazio. Questo descrive la posizione di Σ nello spazio, ossia corrisponde al tempo.Rimangono allora 2×∞ gradi di libertà. Questo è il numero corretto di gradi di libertàassociati ad un campo senza massa di spin 2, come quello dei gravitoni. Procediamo oracon la quantizzazione, il primo passo consiste nel trasformare le variabili dinamiche dellateoria classica in operatori che soddisfino regole di commutazione appropriate. Nel nostrocaso, varietà fissa M3, le variabili dinamiche sono hij , π

    ij . Le regole di commutazione nellarappresentazione di Schrödinger sono:

    [ĥij(x), π̂kl(x′)] = iδklij δ

    (3)(x, x′), (x, x′ ∈M3)[ĥij , ĥkl] = 0,

    [π̂ij , π̂kl] = 0,

    (2.37)

    dove:

    δ jlij ≡1

    2(δ ki δ

    lj + δ

    li δ

    kj ). (2.38)

    Sostituiamo ora in H⊥ e in Hi gli operatori ottenuti con le relazioni (2.37). In questo modola superhamiltoniana e il supermomento diventano anch’essi operatori che agiscono sullostato |Ψ〉. Esprimiamo anche i vincoli secondari eq.(2.34)-(2.35) in termini di operatori,otteniamo: {

    Ĥ⊥ |Ψ〉 = 0Ĥi |Ψ〉 = 0.

    (2.39)

    Il passo successivo consiste nella costruzione di un appropriata rappresentazione dellospazio per le variabili dinamiche, dove queste agiscono come operatori. Utilizzeremo larappresentazione di Schrödinger, dove gli operatori agiscono sulle funzioni d’onda nel modoseguente:

    ĥij |Ψ〉 = hij |Ψ〉 , (2.40)

    π̂ij |Ψ〉 = − δδhij

    |Ψ〉 , (2.41)

    π̂i |Ψ〉 = − δδNi|Ψ〉 , (2.42)

    π̂ |Ψ〉 = − δδN|Ψ〉 , (2.43)

    dove in questa rappresentazione la |Ψ〉 è un funzionale del tensore metrico, Ψ[hij(x)].Possiamo inoltre notare come l’espressione dei vincoli primari come operatori, cioè le eq.(2.42)-(2.43), mostra che la |Ψ〉 dipenda solo dalle componenti di hij(x). Nel compierequesta procedura si presentano due problemi: l’ordinamento dei fattori e il problemadel tempo.

    Il primo deriva dalla non commutatività degli operatori ĥij e π̂ij . Il secondo deriva

    dal fatto che le equazioni per lo stato quantistico dell’universo e il funzionale d’onda nondipendono esplicitamente dal tempo. Questo sembrerebbe portare a modelli in contrasto

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 24

    con la realtà. Il motivo per cui si ha indipendenza da t è dovuto al fatto che la RG èuna teoria parametrizzata, dove il tempo costituisce una semplice etichetta, non ha uneffettivo significato fisico. Dobbiamo considerare che il tempo è contenuto e descritto dallevariabili dinamiche hij .Riscriviamo ora le equazioni vincolari, eq. (2.39), nella rappresentazione di Schrödinger:[

    16πG∇2 +√h

    16πG(3)R

    ]Ψ[hij ] = 0, (2.44)

    2ihkmDlδΨ[hij ]

    δhij= 0, (2.45)

    dove:

    ∇2 ≡ Gijklδ

    δhij

    δ

    δhkl+ γij

    δ

    δhij, (2.46)

    e il coefficiente γij dipende dalla scelta dell’ordinamento dei fattori e Dj è lal derivatacovariante nella metrica hij . L’equazione (2.44) è detta equazione di Wheeler-DeWitt e lasua soluzione Ψ[hij(x)] è detta funzione d’onda dell’universo.Presentiamo ora un’altra metodologia con cui ottenere il vincolo dei diffeomorfismi, eq.(2.45). Abbiamo visto che nell’accezione classica il vincolo Hi genera trasformazioni perle coordinate tridimensionali, mentre la presenza di questo nella descrizione quantisticaesprime l’invarianza del funzionale Ψ sotto queste trasformazioni, più precisamente, pertrasformazioni infinitesime delle coordinate.Per trasformazioni infinitesime:

    xi 7→ x̄i = xi + δN i(x), (2.47)

    la 3-metrica si trasforma:

    hij 7→ h̄ij(x̄) = hij(x)−DiδNj(x)−DjδN i(x), (2.48)

    mentre per il funzionale d’onda:

    Ψ[hij ] 7→ Ψ[h̄ij ] = Ψ[hij ]− 2∫Md3x

    δΨ

    δhijDiδNi(x). (2.49)

    Integrando per parti, il termine di bordo si annulla poiché la 3-varietà è compatta. Risultache:

    δΨ = −2∫Md3x δNjDi

    δΨ

    δhij= i

    ∫Md3x δNjHiΨ, (2.50)

    richiediamo che il funzionale dipenda solo dalla geometria tridimensionale, ossia δΨ =0, allora data l’arbitrarietà di δNj risulta che il vincolo è soddisfatto. Il fatto che Ψnon dipenda dalla metrica, indica che è definito sul superspazio, che introdurremo piùavanti. Abbiamo dimostrato che il vincolo sul momento esprime l’invarianza della teoriaper trasformazioni di coordinate tridimensionali.

    Passiamo ora ad analizzare l’ultimo vincolo, eq. (2.44), che esprime l’invarianza perriparametrizzazione temporale. Per illustrarlo utilizzeremo un modello semplificato, quellodi una particella non relativistica, la cui dinamica è descritta dall’azione:

    S[X(T )] =

    ∫dTL

    (dX

    dT,X

    ). (2.51)

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 25

    Consideriamo che entrambe X e T sono funzioni del parametro τ . Ora il tempo risultaessere una variabile dinamica, lo introduciamo nell’azione:

    S[X(τ), T (τ)] =

    ∫dτṪL

    (Ẋ

    Ṫ,X

    )≡∫dτ L̃(X, Ẋ, Ṫ ), (2.52)

    dove con ”·” indichiamo la derivata rispetto al parametro τ . L’azione risulta invarianteper riparametrizzazioni del tempo, ossia:

    τ = f(r′), X ′(τ ′) = X(f(r′)), T ′(r′) = T (f(r′)). (2.53)

    Se ora calcoliamo la nuova hamiltoniana relativa alla lagrangiana L̃ definita nell’eq. (2.52),troviamo:

    H̃ = Ṫ (pT +H), (2.54)

    dove pT è il momento coniugato a T, ed è pari a -H, e H la hamiltoniana associata a L.Risulta che:

    H̃ = 0. (2.55)

    Possiamo affermare che l’annullamento della hamiltoniana è una caratteristica tipica del-le teorie invarianti per riparametrizzazione del tempo. Finora abbiamo trattato questoprocedimento classicamente, in termini quantistici il vincolo diventa una relazione fra glioperatori: (

    −i ∂∂T

    + Ĥ

    )Ψ(X,T ) = 0. (2.56)

    Possiamo osservare che l’annullamento della hamiltoniana, in una teoria parametrizzata,non provoca l’assenza della dinamica, bens̀ı il contrario: è proprio la relazione della di-namica. Se ora applichiamo questa procedura alla teoria della RG, ritroviamo il vincolo,eq. (2.44), che causa l’annullamento della hamiltoniana. Esso prende il nome di vincolohamiltoniano.

    Introduciamo ora il concetto di superspazio, questo è indicato con S, ed è dato dal-lo spazio di tutte le possibili 3-metriche G = Riem(M3) meno i loro diffeomorfismiDiff(M3). Più brevemente avremo:

    S = GDiff(M3)

    . (2.57)

    Questa è la configurazione di uno spazio infinito dimensionale di 3-geometrie hij su unipesuperficie di genere spazio Σ. Questa configurazione è descritta dalla supermetrica Gijklche diventa, pertanto, una estensione della metrica di DeWitt. Il tensore supermetricocovariante è l’inverso di quello definito nell’eq. (2.32), soddisfa quindi la relazione:

    GijklGklmn = δijmn, (2.58)

    esplicitamente lo possiamo scrivere:

    Gijkl =1

    2

    √h(hikhjl + hilhjk − 2hijhkl). (2.59)

    Grazie alle sue proprietà di simmetria Gijkl può essere considerata come una matrice 6×6simmetrica in ogni punto dello spazio. Inoltre può essere diagonalizzata e la signaturarisulta:

    diag(−,+,+,+,+,+), (2.60)

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 26

    iperbolica e indipendente dalla segnatura dello spazio-tempo. Nel superspazio allora l’e-quazione di Wheeler-DeWitt risulta di tipo iperbolico.Abbiamo mostrato come il vincolo hamiltoniana sia la relazione della dinamica. Possiamopensare che l’equazione di Wheeler-DeWitt descriva la propagazione del funzionale d’ondada un ipersuperficie a un’altra. Dove è il tempo che definisce la famiglia delle ipersuperfici.Nell’approccio canonico abbiamo visto che è indispensabile richiedere che la varietà M3

    sia fissa, in quanto classicamente non sono ritenuti possibili cambiamenti di topologia.Rimane un problema ancora aperto quello di renderli possibili nella teoria quantistica.Uno studio a tal fine è stato proposto da Hartle e Hawking con un approccio differente daquello canonico, ossia eseguito tramite integrali funzionali su cammini euclidei. Inoltre lanozione di superspazio andrebbe implementata da delle condizioni al bordo della varietàconsiderata. Infatti in caso di universi aperti abbiamo che all’hamiltoniana si aggiunge iltermine di superficie definito dall’eq.(2.36) e quindi anche il funzionale d’onda dipenderàdalla condizione di bordo. Inoltre per questi universi non è possibile che campi classicienucleino da campi quantistici definiti da metriche euclidee.

    Come ultima cosa ci occupiamo di generalizzare la formulazione inserendo la costantecosmologica e i campi della materia. In questo caso il superspazio sarà dato sia da tutte le3-geometrie che da tutte le configurazioni locali dei campi della materia. Definiamo ancheper i momenti del campo Φ la rappresentazione di Schrödinger:

    π̂Φ ≡ −i δδΦ

    , (2.61)

    la generalizzazione del vincolo del diffeomorfismo, definito dall’eq.2.45, è:[2ihkmDl

    δ

    δhij− ihijΦ,j

    δ

    δΦ

    ]Ψ[hij ,Φ(x)] = 0, (2.62)

    mentre l’equazione di Wheeler-DeWitt, diventa:[16πG∇2 +

    √h

    ((3)R− 2Λ

    16πG− 1

    2hijΦ,iΦ,j − V (Φ)

    )]Ψ[hij ,Φ(x)] = 0, (2.63)

    che può essere riscritta come:(16πG∇2 − 1

    16πGU

    )Ψ[hij ,Φ(x)] = 0, (2.64)

    dove U è il superpotenziale e ∇2 è definito come:

    ∇2 ≡ Gijklδ

    δhij

    δ

    δhij+ γij

    δ

    δhij+

    1

    32πG√h

    δ2

    δΦ2. (2.65)

    2.3 Il ruolo del tempo in cosmologia quantistica

    Come abbiamo visto nelle precedenti sezioni il tempo diventa fondamentale nella formu-lazione hamiltoniana della meccanica quantistica. Il problema legato al tempo è dovutoalla diversa accezione che questo assume nella RG e nella teoria quantistica. Per la RG èuna variabile dinamica mentre per la meccanica quantistica è un parametro esterno.Il fatto che questo sia un elemento assoluto è di cruciale importanza per la teoria quanti-stica. Per l’interpretazione della scuola di Copenhagen è fondamentale che un esperimento

  • CAPITOLO 2. L’APPROCCIO DI WHEELER-DEWITT ALLA QUANTIZZAZIONE DELLA GRAVITÀ 27

    sia fatto ad un particolare istante di tempo. In particolare che le osservabili possono esseremisurate ad un tempo fisso. Inoltre una richiesta fondamentale per il prodotto scalare nellospazio di Hilbert degli stati quantistici è che questo si conserva per evoluzioni temporali.Infine è fondamentale per la costruzione dello spazio di Hilbert di un sistema quantistico,in quanto si richiede che le osservabili commutano ad un istante di tempo fissato.Il parametro t appare esplicitamente nell’equazione di Schrödinger, ma questo tempo èsolo un’astrazione, nel senso che nessun orologio può misurarlo precisamente. Tuttaviadefinire un operatore temporale in meccanica quantistica risulta problematico, in quan-to è incompatibile con la richiesta che Ĥ sia un operatore positivo. Risulta quindi unaproprietà fondamentale della teoria quantistica l’impossibilità di rappresentare il tempo”newtoniano” come un osservabile fisica.

    Il tutto si complica se si considera la meccanica quantistica relativistica. Nella RG lospazio-tempo è dinamico e quindi non esiste più il concetto di tempo assoluto. L’orologiofisico influenza la metrica e cambia la geometria. Perciò una quantizzazione della metricapuò essere interpretata come una quantizzazione del concetto di tempo.Si parla quindi di problema del tempo, perché non è ancora stato definito in modo chiaronella formulazione quantistica della gravità. Esiste una soluzione, quella di usare comevariabile temporale quella associata al riferimento di Lorentz.

    Mostriamo ora gli aspetti principali del problema del tempo nella quantizzazione dellaRG. Il primo, che abbiamo già incontrato nelle precedenti sezioni, è l’apparente stazio-narietà dell’equazione della dinamica quantistica. Questo è stato risolto introducendo untempo intrinseco, in questo modo il tempo è diventato una variabile dinamica. Il se-condo è che per la formulazione hamiltoniana degli spazi curvi è necessario fogliettarelo spazio-tempo, ossia attuare la decomposizione 3+1. Si mostra però cos̀ı un conflittofra l’approccio canonico alla quantizzazione della gravità e la covarianza delle leggi dellaRG. In quanto le equazioni della RG si trasformano in modo covariante per cambi dellecoordinate dello spazio-tempo, ma per la quantizzazione della gravità il tempo viene con-siderato come un parametro della foliazione. Inoltre non è possibile dimostrare che dueteorie definite su due diversi fogliettamenti, risultino unitariamente equivalenti.Ricordiamo infine che energia e tempo sono concetti coniugati. Non è allora possibiledefinire l’operatore dell’energia nell’universo quantistico, cioè non è possibile ricondurrela funzione d’onda dello stato di minima eccitazione allo stato fondamentale dell’hamilto-niana. Se identifichiamo l’hamiltoniana con il generatore che ci porta da un ipersuperficiealla successiva, abbiamo il problema che non è possibile definire un hamiltoniana indi-pendente dal tempo, su questo fogliettamento, per cui si possa costruire un unico statofondamentale.

    Risulta quindi fondamentale per la formulazione di una teoria quantistica della gravitàdare una definizione consistente dell’operatore tempo.

  • Capitolo 3

    I wormholes in relatività generale

    Nei precedenti capitoli abbiamo introdotto i concetti fondamentali alla base della teoriadella relatività generale e la quantizzazione di questa. Ora ci occuperemo di andare adefinire il concetto di wormhole. Con il fine di raggiungere questo scopo definiamo primacosa sia un buco nero.Si indica con il termine buco nero una regione dello spazio-tempo in cui il campo gravi-tazionale è cos̀ı forte che anche la luce non può scappare all’infinito. Infatti risulta che lavelocità richiesta per sfuggirne è pari alla velocità della luce. Tuttavia questa è una velo-cità limite quindi gli oggetti possono caderci dentro, ma niente vi emerge. In particolareil buco nero ha orgine dalla contrazione di un corpo di massa M. Ossia quando il raggiodi questo raggiunge una dimensione minore del raggio si Schwarzschild RS = 2GM/c

    2.Si definisce inoltre orizzonte del buco nero la superficie che separa la parte interna del bu-co con l’universo esterno. Questa superficie per soddisfare la caratteristica che gli oggettifisici vi possano cadere all’interno ma non uscire, deve essere di tipo nullo. In particolareall’orizzonte degli eventi di un buco nero le forze mareali producono accelerazioni enormi.1

    Attualmente l’urto tra buchi neri e stelle di neutroni, nonché la coalescenza di una coppiadi buchi neri e/o di stelle di neutroni, siano sorgenti di segnali forti di onde gravitazionali.Una ipotesi alternativa è che il segnale osservato il 14 Settembre del 2015, che ha permessodi determinare l’esistenza delle onde gravitazionali, in realtà non sia dovuto alla fusione didue buchi neri, ma all’urto di due wormholes. Al fine di comprendere questi ultimi oggetti,che per ora non sono ancora mai stati osservati, in questo capitolo andremo ad analizzareil buco nero di Schwarzschild con l’obiettivo di descrivere il più semplice cunicolo spazio-temporale: il ponte di Einstein-Rosen. Questa descrizione dei wormholes è ancora classica.Ci occuperemo delle descrizione quantistica dei wormholes successivamente nella tesi.

    3.1 Il buco nero di Schwarzschild

    I buchi neri emergono dallo studio delle singolarità delle metriche dello spazio-tempo.Assumendo, in particolare, una simmetria sferica, si trova il buco nero di Schwarzschild,che oltre ad essere il prototipo di qualunque altro buco nero, definisce una nuova quantitàdetta raggio di Schwarzschild. La metrica di Schwarzschild è:

    ds2 =

    (1− 2GM

    c2r

    )c2dt2 −

    (1− 2GM

    c2r

    )−1dr2 − r2(dθ2 + sin2θdψ2). (3.1)

    1Se consideriamo i buchi neri come possibili oggetti che permettono i viaggi temporali, abbiamo che acausa di queste accelerazioni relative enormi, un astronauta verrebbe ucciso dalle forze gravitazionali dimarea ancor prima di affacciarsi al suo orizzonte.

    28

  • CAPITOLO 3. I WORMHOLES IN RELATIVITÀ GENERALE 29

    Vi è una singolarità per:

    r =2GM

    c2≡ RS . (3.2)

    Tuttavia la presenza di questa singolarità non costituisce generalmente un vero problema,in primis perché la metrica descrive l’esterno di un sistema avente simmetria sferica edinoltre perché r = RS non costituisce una singolarità fisica, ma può essere eliminato conun opportuna scelta di coordinate, per esempio quelle di Kruskal. Per cui questa metricaè continuabile analiticamente anche per r < RS .Andiamo ora ad analizzare l’estensione di Kruskal. Consideriamo d’ora in poi per sem-plicità che G=c=1 e che solo la parte bidimesionale t,r della metrica è importante perl’analisi della singolarità. Di conseguenza l’eq. (3.1) si riduce:

    ds2 =

    (1− 2M

    r

    )dt2 −

    (1− 2M

    r

    )−1dr2. (3.3)

    Per analizzare le singolarità di coordinata introdurremo le coordinate di tipo nullo, percui si ha che le uniche singolarità di coordinate che si possono presentare sono dovute aduna cattiva parametrizzazione delle geodetiche2. Per cui queste possono essere corretteconfrontando la parametrizzazione di coordinata con una affine. Per lo spazio tempo diSchwarzschild le geodetiche nulle si ottengono dalla condizione:

    gµνkµkν =

    (1− 2M

    r

    )ṫ2 −

    (1− 2M

    r

    )−1ṙ2 = 0, (3.5)

    dove kµ è il vettore tangente alla geodetica e il punto indica la derivata rispetto alparametro affine. Da questa condizione segue che:(

    dt

    dr

    )2=

    (r

    r − 2M

    )2. (3.6)

    Di conseguenza le geodetiche nulle che si propagano lungo la direzione radiale soddisfano:

    t = ±r∗ + cost, (3.7)

    dove ± differenzia le geodetiche uscenti e quelle entranti, e r∗ è la coordinata radiale diRegge-Wheeler definita come:

    r∗ = r + 2M ln

    (r

    2M− 1), (3.8)

    che soddisfa l’eq. (3.6).Ora definiamo le coordinate nulle:

    u = t− r∗v = t+ r∗

    (3.9)

    da cui segue che la metrica, eq. (3.3), diventa:

    ds2 =

    (1− 2M

    r

    )du dv, (3.10)

    2Definamo con geodetiche le curve per cui il seguente integrale assume valore estremale:

    sAB =

    ∫ BA

    ds =

    ∫ BA

    √gµν(x)dxµdxν . (3.4)

  • CAPITOLO 3. I WORMHOLES IN RELATIVITÀ GENERALE 30

    dove r dipende da u e v:

    r∗ = r + 2M ln

    (r

    2M− 1)

    =v − u

    2. (3.11)

    Per cui l’eq. (3.10) risulta:

    ds2 =2Me−

    r2M

    re

    (v−u)4M du dv. (3.12)

    Fattorizzando la metrica come sopra, si trova che essa non è più singolare al limite per r →RS = 2M . Tuttavia le coordinate u e v non sono sufficienti per analizzare la singolaritàin r = RS , perché corrispondono ancora alla regione r > RS . Per cui introduciamo nuovecoordinate:

    U = −e−u

    4M

    V = ev

    4M

    (3.13)

    per questa scelta la metrica diventa:

    ds2 =32M3e−

    r2M

    rdUdV. (3.14)

    La singolarità r = RS non c’è più, dove U e V assumono tutti i valori compatibili conr > 0. Resta però presente la singolarità per r = 0, che non può essere eliminata conun’ulteriore trasformazione perché è una singolarità reale.Infine per ottenere la metrica di Schwarzschild nella forma di Kruskal facciamo un ultimocambio di coordinate:

    T =U + V

    2

    X =V − U

    2

    (3.15)

    da cui segue:

    ds2 = −32M3e−

    r2M

    r(−dT 2 + dX2). (3.16)

    La relazione tra le coordinata di partenza (t,r) e quelle di Kruskal (T,X) è data:(r

    2M− 1)e

    r2M = X2 − T 2

    t

    2M= ln

    (T +X

    X − T

    )= 2tanh−1

    (T

    X

    ).

    (3.17)

    Per cui la condizione che r > 0 si traduce con:

    X2 − T 2 > −1. (3.18)

    Una rappresentazione dello spazio tempo per l’estensione di Kruskal è rappresentatain fig. (3.1). In questa rappresentazione le geodetiche radiali nulle sia entranti che uscen-ti sono rappresentate come rette in questo nuovo sistema di coordinate. Inoltre a causadella condizione sul raggio (si veda eq. (3.17)), per ogni valore di r corrispondono dueipersuperfici nel diagramma (T,X). Osserviamo subito che alla condizione r = 0 nel dia-gramma di Kruskal corrisponde un’iperbole equilatera di equazione: T 2 −X2 = 2M . Le

  • CAPITOLO 3. I WORMHOLES IN RELATIVITÀ GENERALE 31

    Figura 3.1: Estensione di Kruskal dello spazio-tempo di Schwarzschild

    due ipersuperfici relative a questo valore di r prendono nome di singolarità passata (perT0). Invece per r = 2M otteniamo che le ipersuperficicorrispondenti al raggio di Schwarzschild sono delle rette inclinate di ±45◦ passanti perl’origine degli assi, di equazione: T 2−X2 = 0. Queste dividono lo spazio-tempo in quattroregioni distinte:

    • regione I: corrisponde a quella dello spazio r > 2M , ossia descrive il campo gravi-tazionale presente all’esterno di un corpo avente simmetria sferica. Gli osservatoristazionari della metrica di Schwarzschild si trovano in questa regione e corrispondonoalle iperboli ad r costante.

    • regione II: viene definita più propriamente buco nero. Un qualsiasi osservatore unavolta entrato in questa regione non può più uscirne, dato che la massima velocità concui può muoversi corrisponde a quella della luce, ma questo corrisponde a rimanerenella regione r < 2M . Inoltre se consideriamo un intervallo finito di tempo proprioper l’osservatore che si trova in questa regione, abbiamo che cadrà inevitabilmentesulla singolarità r = 0, come possiamo vedere dalla linea in verde della fig. (3.1) chene rappresenta la linea di universo 3. Per questo la retta r = 2M T=+∞ viene dettaorizzonte degli eventi. Infatti un osservatore che si trova nella regione I non puòricevere segnali dall’osservatore posto nella regione II.

    • regione III: prende invece il nome di buco bianco, in quanto possiede proprietàopposte a quelle della regione II. Ossia qualsiasi segnale presente nella regione IIIdeve essere stato originato dalla singolarità r=0 e, entro un intervallo di tempo finito,abbandonerà la regione stessa.

    • regione IV: ha proprietà analoghe a quelle della regione I, ossia rappresenta un’altraregione asintoticamente piatta dello spazio-tempo. Notiamo che però queste due nonrisultano causalmente connesse in quanto un segnale luminoso inviato dalla regioneI verso la regione IV cadrà sempre sul buco nero e quindi sulla singolarità.

    3Con linea di universo di una particella, intendiamo la curva che rappresenta la successione degli eventiche riguardano il moto di questa.

  • CAPITOLO 3. I WORMHOLES IN RELATIVITÀ GENERALE 32

    Infine ricordiamo che finora i diagrammi spazio-temporali che abbiamo rappresentatosono delle semplificazioni, in quanto abbiamo tenuto conto solo di due dimensioni suquattro (T,X,θ,φ). Perciò ogni punto del diagramma risulta essere in realtà una sferabidimensionale di raggio r.

    3.2 Il wormhole di Schwarzschild

    Nella precedente sezione abbiamo definito il buco nero di Schwarzschild ora andiamo adintrodurre un esempio di spazio-tempo con topologia non banale: il ponte di Einstein-Rosen, anche detto wormhole di Schwarzschild.Come prima cosa definiamo un wormhole come un collegamento tra due diverse regionidello spazio-tempo. Secondo questa definizione possiamo distinguerlo in due tipi:

    inter-universe wormholes : ossia wormholes che connettono due universi differenti,

    intra-universe wormholes : ossia wormholes che connettono regioni diverse di unostesso universo.

    Un’altra distinzione può essere fatta in base alla varietà in cui è immerso, parliamocos̀ı di: wormhole Lorentziano se la varietà è Lorentziana (pseudo-Reimanniana) oppurewormhole Euclideo se la varietà è Riemanniana (con metrica Euclidea).Dal punto di vista geometrico, il wormhole si può descrivere come una regione dello spazio-tempo che vincola la deformazione di superfici chiuse, ossia una regione nella quale un worldtube4 non può ridursi ad un world line5 con una trasformazione continua.Andiamo ora ad introdurre la metrica per il wormhole di Schwarzschild, senza perdere digeneralità ma solo per semplificare i calcoli possiamo fare la richiesta che la metrica debbaessere a simmetria sferica e statica (ossia indipendente dal tempo), per cui risulta:

    ds2 = e−2φ(r)(

    1− b(r)r

    )dt2 − dr

    2

    1− b(r)r− r2dΩ2, (3.19)

    Introduciamo ora una nuova coordinata u:

    u2 = r − rH , (3.20)

    dove rH è un parametro caratteristico del wormhole, indica il valore minimo di r os-sia quanto vale nella gola. Possiamo riscrivere l’eq. (3.19) in termini di questa nuovacoordinata:

    ds2 = e−φ(rH+u2)

    (rH + u

    2 − b(rH + u2)rH + u2

    )dt2−4 rH + u

    2

    rH + u2 − b(rH + u2)u2du2−(rH+u2)2dΩ2.

    (3.21)Abbiamo che la regione vicina alla gola, ossia per u = 0, è il ponte che collega la regioneasintoticamente piatta vicina a u = +∞ a quella asintoticamente piatta a u = −∞.Andiamo ad analizzare gli andamenti per l’eq. (3.21) per u ≈ 0 e u→ ±∞.In prossimità della gola del wormhole, ossia per u ≈ 0, otteniamo:

    ds2 = e−φ(rH)u2[1− b′(rH)]

    rHdt2 − 4 rH + u

    2

    1− b′(rH)du2 − (rH + u2)2dΩ2. (3.22)

    4Con cui indichiamo l’evoluzione temporale di una superficie chiusa.5Ossia l’evoluzione temporale di un punto.

  • CAPITOLO 3. I WORMHOLES IN RELATIVITÀ GENERALE 33

    dove con l’apice indichiamo la derivata rispetto alla coordinata radiale.Mentre per u→ ±∞, abbiamo che φ→ 0 e b→ 2M , per cui la metrica diventa:

    ds2 =rH + u

    2 − 2MrH + u2

    dt2 − 4 rH + u2

    rH + u2 − 2Mu2du2 − (rH + u2)2dΩ2. (3.23)

    Figura 3.2: Rappresentazione della geometria di un wormhole inter-universe in undeterminante istante di tempo (t=cost).

    Figura 3.3: Rappresentazione della geometria di un wormhole intra-universe in undeterminante istante di tempo (t=cost).

    Una rappresentazione completa per il wormhole di Schwarzschild è data dalla fig. (3.3),dove l’orizzonte degli eventi si trova in corrispondenza della gola.Da questa descrizione per il wormhole di Schwarzschild deduciamo che è sempre presentel’orizzonte degli eventi, di conseguenza il wormhole non può essere traversabile in quantoqualsiasi segnale che cerchi di attraversarlo cadrà sulla singolarità. La non attraversabilitàè dovuta al fatto che le forze di marea presenti alla gola del wormhole di Schwarzschildsono della stessa intensità di quelle presente all’orizzonte di un buco nero di Schwarzschild.Inoltre il wormhole di Schwarzschild è dinamico e non statico. Di conseguenza il tempopassa, si espanderà da un valore nullo per la circonferenza della gola fino ad un valoremassimo. Queste contrazioni e dilatazioni sono cos̀ı veloci che anche se un osservatoresi muovesse alla velocità della luce non riuscirebbe ad attraversare il wormhole senzaconseguenze. Infine il wormhole di Schwarzschild possiede un orizzonte passato anchedetto antiorizzonte, come il buco bianco nel caso di buco nero di Schwarzschild, che èinstabile per piccole perturbazioni.

  • CAPITOLO 3. I WORMHOLES IN RELATIVITÀ GENERALE 34

    3.3 I wormholes traversabili

    Come abbiamo appena osservato nella precedente sezione il wormhole di Schwarzschildè non traversabile. Per cui in questa sezione ci occupiamo di descrivere un wormholetraversabile. Come prima cosa andiamo ad elencare le proprietà, che poi analizzeremodal punto di vista matematico, che deve possedere per essere traversabile. Facciamo larichiesta che la metrica debba essere a simmetria sferica e statica, come per il wormholedi Schwarzschild. Segue che:

    • la soluzione deve obbedire all’equazioni di campo di Einstein;

    • la soluzione del wormhole deve possedere una gola che connetta due regioni asinto-ticamente piatte dello spazio-tempo;

    • non devono esserci orizzonti degli eventi;

    • le forze mareali devono essere sufficientemente piccole;

    • un osservare deve poter attraversare il wormhole in un tempo proprio finito e rela-tivamente breve, che possa essere osservato sia da esso stesso sia da un osservatoreche si trova fuori dal wormhole;

    • la materia e i campi che generano la curvatura dello spazio-tempo del wormholedevono avere un tensore energia-impulso con significato fisico 6.

    3.3.1 La forma della metrica

    Descriveremo il wormhole traversabile utilizzando la metrica di Morris-Thorne:

    ds2 = −e2φ(r)c2dt2 + dr2

    1− b(r)/r+ r2(dθ2 + sin2θdψ2). (3.24)

    dove φ(r) e b(r) sono due funzioni arbitrarie, la prima determinerà il redshift gravitazio-nale, mentre la seconda la forma spaziale del wormhole. Inoltre la coordinata spaziale rha un significato geometrico speciale: 2πr è la circonferenza di un cerchio centrato nellagola del wormhole. Possiamo osservare dalla rappresentazione del diagramma di un wor-mhole visto di profilo fig.(3.4) che r sarà non monotona. Decresce da +∞ fino al valoreminimo r0 se ci si muove dall’universo più basso fino al centro della gola del wormhole epoi incrementa dal valore minimo r0 tornando a +∞ se usciamo dalla gola del wormholeandando verso l’universo superiore. In particolare questa metrica presenterà orizzonti incorrispondenza di quei valori di r per cui b(r0) = r0.Per qualsiasi metrica statica e asintoticamente piatta abbiamo che gli orizzonti sono de-finiti come superfici non singolari in cui g00 = e

    −2φ → 0. Per soddisfare la condizioneche il wormhole traversabile non possieda orizzonti, si impone che φ(r) abbia valore finitoper ogni r. Per garantire invece che lo spazio sia asintoticamente piatto, richiediamo chei campi vadano a zero per r →∞, ossia:

    b

    r→ 0 e φ(r)→ 0 per r →∞ (3.25)

    Gli ultimi due vincoli da imporre per far si che la scrittura della metrica sia valida sono:

    • flaring-out condition b−b′r2b2

    > 0;

    • b(r)r ≤ 1 cos̀ı che la distanza radiale propria l(r) = ±∫ rr0

    dr√1−b(r)/r

    abbia valore finito

    e che la componente grr del tensore metrico non cambi segno per ogni r ≥ r0.6Vedremo che a causa di tutte queste richieste la forma del tensore sarà fortemente vincolata.

  • CAPITOLO 3. I WORMHOLES IN RELATIVITÀ GENERALE 35

    Figura 3.4: Diagramma per un generico wormhole, visto di profilo (deve essere ruotatoattorno all’asse z per esssere completo)

    3.3.2 Le equazioni della struttura di un wormhole

    Affinché le soluzioni di wormhole soddisfino le equazioni di campo di Einstein, dobbiamodefinire il tensore di Riemann e successivamente il tensore di Einstein per questa metrica.Per semplicità scegliamo un set di vettori ortonormali (t̂, r̂, θ̂, φ̂), definiti in funzione dellevecchie coordinante del sistema (t,r,θ, φ):

    et̂ = e−φet, er̂ = (1− b/r)

    12 er,

    eθ̂ = r−1eθ, eφ̂ = (rsinθ)

    −1eφ.(3.26)

    In questa base la forma dei coefficienti della metrica è quella standard della RS:

    gα̂,β̂ = eα̂ėβ̂ =

    −1 0 0 00 1 0 00 0 1 00 0 0 1

    (3.27)Possiamo quindi ottenere da questa la scrittura per il tensore di Riemann con cui ricaviamoil tensore di Einstein, le cui uniche componenti non nulle sono:

    Gt̂t̂ = b′/r2;

    Gr̂r̂ = −b/r3 + 2(1− b/r)φ′/r;

    Gθ̂θ̂ = Gφ̂φ̂ =

    (1− b

    r

    )(φ′′ − b

    ′r − b2r(r − b)

    φ′ + (φ′)2 +φ′

    r− b

    ′r − b2r2(r − b)

    ).

    (3.28)

    In RG grazie al teorema di Birkhoff sappiamo che soltanto un tipo di wormhole a simme-tria sferica e nel vuoto è ammesso dalle equazioni di campo di Einstein: il wormhole diSchwarzschild. Perciò per avere un wormhole traversabile è necessario introdurre materiao campi con tensori energia-impulso diversi da zero.Le equazion