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I sette IO SONO di Gesù
Gianluca Imperitura
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Indice
Introduzione 1
1 “Io sono il pane della vita” 6
2 “Io sono la luce del mondo” 9
3 “Io sono la porta” 12
4 “Io sono il buon pastore” 15
5 “Io sono la resurrezione e la vita” 19
6 “Io sono la via, la verità e la vita” 23
7 “Io sono la vera vite” 27
iii
Introduzione Tony Evans ha definito Gesù come “il selfie di Dio”.
Tutti noi sappiamo cosa è un selfie nella nostra
cultura. Nel caso non lo sapessi, un selfie è quando
qualcuno scatta una foto di se stesso. Un selfie può
includere altre persone, ma deve anche includere la
persona che scatta la foto. Se qualcuno ti scatta una
foto, questo non si può considerare un selfie. Perché?
Perchè un selfie riflette sempre l’immagine della
persona che scatta la foto. Gesù è il selfie di Dio. Egli
è l’esatta rappresentazione e manifestazione di Dio
stesso. In qualità di esseri umani limitati, non
possiamo comprendere o vedere Dio pienamente;
non possiamo conoscere appieno il Suo cuore, la Sua
persona, il Suo carattere. Ma a motivo del grande
amore per noi, Egli ha desiderato farsi conoscere più
intimamente. Ha desiderato farsi vedere. Per farlo è
venuto a noi nella persona di Gesù. Gesù è
l’immagine del Dio invisibile, la pienezza della deità
1
in forma corporea. In Giovanni 8 Gesù, alla
domanda dei Giudei: “«Chi pretendi di essere?»”,
rispose: “«Abrahamo, vostro padre, ha gioito nella
speranza di vedere il mio giorno; e l’ha visto, e se n’è
rallegrato». I Giudei gli dissero: “«Tu non hai ancora
cinquant'anni e hai visto Abrahamo?». Gesù disse
loro: «In verità, in verità io vi dico: prima che
Abramo fosse nato, io sono». Allora essi presero
delle pietre per tirargliele; ma Gesú si nascose e uscí
dal tempio, passando in mezzo a loro, e cosí se ne
andò” (vv. 53, 56-59). Se Gesù avesse semplicemente
voluto dire che era esistito fin da prima dei tempi di
Abramo, avrebbe detto: “Prima di Abramo, io ero.”
La parola greca tradotta come "fosse o fosse nato" nel
caso di Abramo, e "sono" nel caso di Gesù, sono
molto differenti. Le parole scelte dallo Spirito
rendono chiaro che ad Abramo era stata "data vita"
ma che Gesù esisteva dall’eternità. Non c’è dubbio
che gli Ebrei avessero capito ciò che Egli stava
dicendo loro. Presero infatti delle pietre per lapidarlo
2
proprio perché si era reso uguale a Dio (Giovanni
5:18). Un’affermazione del genere, se non fosse stata
vera, sarebbe stata considerata una blasfemia e la
punizione prevista dalla Legge Mosaica per essa era
la morte (Levitico 24:11-14). Ma Gesù non aveva
commesso alcuna blasfemia. Egli era ed è Dio, la
seconda Persona della Trinità, equivalente al Padre
sotto ogni aspetto. L’"IO SONO" rappresentava
l’attributo che Dio aveva usato per chiamare Mosè a
liberare il Suo popolo dall’oppressione egiziana. In
Esodo 3:13-14: “Mosè disse a Dio: «Ecco, quando
sarò andato dai figli d’Israele e avrò detto loro: Il Dio
dei vostri padri mi ha mandato da voi, se essi dicono:
Qual è il suo nome? che cosa risponderò loro?» Dio
disse a Mosè: «Io sono colui che sono». Poi disse:
«Dirai così ai figli d’Israele: L’ IO SONO mi ha
mandato da voi»”. Gesù stava prendendo per sé il
titolo “io sono” con il quale Dio si definisce come
Colui che esiste in eterno, il Dio che è la fonte della
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sua propria esistenza e che è sempre stato e sempre
sarà.
Il Vangelo di Giovanni si apre con un'immediata
proclamazione della divinità di Cristo: “Nel principio
era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era
Dio” (Giovanni 1:1). Ricalcando le prime parole della
Genesi, viene reinterpretata l'identità e la vita del
Signore, portando chiarezza laddove poteva esserci
confusione. Il Vangelo di Giovanni è contraddistinto
anche dai segni e miracoli che ne scandiscono la
narrazione. Oltre a tutto questo però, evidenzia
anche sette circostanze nelle quali il Signore Gesù si
presenta in un modo particolare, richiamando alla
memoria il nome di Dio così come è stato rivelato
nell'Antico Testamento.
Questa è la mia sfida per te: fai un passo alla volta
verso una conoscenza più profonda di Gesù,
meditando ogni giorno sul significato di ogni singola
espressione.
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1
“Io sono il pane della vita”
Giovanni 6:35 “Io sono il pane della vita;chi viene a me non avrà più fame e chi crede
in me non avrà mai più sete”
In tante culture del mondo, il pane viene considerato
un alimento essenziale per tanti pasti. Senza pane,
quello stesso piatto ha un sapore diverso. All’inizio del
capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, Gesù sfamò una
folla di quasi 20,000 persone, moltiplicando cinque
pani e due pesci. Saziò la loro fame fisica. Il giorno
seguente lo ritroviamo nuovamente circondato da una
folla di persone ansiose di essere sfamate, ma in
questo caso, diversamente da prima, li rimproverò in
quanto il solo motivo che li aveva condotti da lui era
il desiderio di essere sfamati fisicamente. Di fatto non
avevano compreso il valore spirituale della persona e
della missione di quest’uomo straordinario con cui si
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stavano relazionando. La più grande preoccupazione
di Gesù per le persone è sempre stata la fame
spirituale. Si stimano circa 38 milioni di persone
morti ogni anno per carenze alimentari, ma le morti
per solitudine, depressione e sensi di colpa sono di
gran lunga maggiori. Nella Bibbia, il pane
rappresenta la vita spirituale. Ogni essere umano
cerca di saziare la propria anima con qualcosa. Chi
prova con il successo, chi con il potere, chi con
droghe o alcol, chi con un lavoro, un partner, una
macchina, uno smartphone ecc. Tutte queste cose,
buone o meno buone, possono soddisfare per un
tempo ma poi il vuoto si fa sentire nuovamente. In
realtà c’è una cosa sola che può realmente soddisfare
la nostra anima ed è Gesù. Tutti coloro che vanno a
lui trovano ciò che appaga la loro fame spirituale per
sempre. Lui stesso ha detto “«Io sono il pane vivente,
che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno»” (Giovanni 6:51). Gesù è il pane
vivente. Egli non solo è vita in sé, ma è anche
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donatore di vita. Chi mangia di questo pane vivrà in
eterno. Forse stai attraversando un momento di
difficoltà economica, familiare, lavorativa o di
qualsiasi altro genere. Senti un vuoto dentro di te che
non riesci a colmare. Hai provato a cibarti di
qualcosa ma non è servito a niente. Prenditi del
tempo per pregare.
Chiedi a Dio di colmare quella fessura dell’anima, in modo tale che Lui possa saziare la fame del tuo cuore.
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2 “Io sono la
luce del mondo” Giovanni 8.12 “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita”
Nessuna pianta, essere animale o umano potrebbe
vivere su questo pianeta senza luce. Dio ha messo il
Sole ad una precisa distanza dalla Terra. Se il Sole
fosse qualche migliaio di chilometri più vicino alla
Terra, saremmo tutti carbonizzati. Se invece fosse un
po’ più lontano da noi, moriremmo molto presto per
congelamento. La luce del Sole è la base della vita.
Così come il Sole è vitale per il nostro pianeta, allo
stesso modo lo è Gesù per la nostra anima. Gesù ha
detto “«Io sono la luce del mondo; chi mi segue non
camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della
vita»” (Giovanni 8:12). L’affermazione di Gesù è
radicata nelle immagini dell’Antico Testamento (es. 9
Esodo 13:21-22, 14:19-25; Salmo 27:1, 119:105;
Proverbi 6:23; Ezechiele 1:4, 13, 26-28; Abacuc
3:3-49) e sottolinea il suo ruolo come Messia e Figlio
di Dio. L’Antico Testamento indica che nella futura
età messianica il Signore sarebbe stato una luce per il
suo popolo come anche per tutta la terra. Senza
Cristo ogni essere umano si trova nella più completa
oscurità e non ha una visione corretta della vita, della
morte e dell’eternità. Una cosa è esistere, tutt’altra
cosa è sapere come vivere, conoscere il vero scopo
della vita e la strada che porta al cielo. La società in
cui viviamo è avvolta dall’oscurità. Si avanza a tastoni
cercando quell’interruttore che accenda la luce e
porti chiarezza e rivelazione. Questa ricerca, spesso, è
frustrante. Richiede energie fisiche e mentali.
Quando si pensa di aver trovato la soluzione, in poco
tempo ci si ritrova nuovamente al buio. Questo
perché la sola e unica luce che illumina senza
interruzioni, che rivela chi siamo veramente e qual è
il motivo per cui viviamo, è Gesù. Gesù illumina il
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sentiero che percorriamo; seguendo Lui, cioè
credendo in Lui, non cammineremo nelle tenebre ma
avremo la luce della vita. Camminare in questa luce
ci permetterà di condividere il carattere di Dio e
riflettere la Sua santità, segno della vera comunione
con Lui.
Cosa ti sta impedendo di camminare nella luce di Gesù? Prenditi del tempo per pregare. Chiedi a Dio di rivelarti quali
sono questi impedimenti. Poi confessali davanti a Lui e impegnati a seguirLo, desiderando più di ogni altra cosa i benefici derivanti dal vivere alla luce della Sua presenza.
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3 “Io sono la porta”
Giovanni 10:7,9 “Io sono la porta delle pecore...Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e
troverà pastura”.
L’ovile era il luogo in cui le pecore trovavano riposo
per la notte. Si trattava di un’area recintata a cui si
accedeva da una porticina. I pastori mediorientali
dormivano nei pressi della porta per sorvegliare le
pecore. Qui Gesù raffigura se stesso come la porta. La
porta, quindi, è un’immagine semplice che ci parla di
un punto d’accesso. Le pecore hanno bisogno di una
porta per entrare nell’ovile, così come l’uomo ha
bisogno di Gesù per avere accesso al Padre. In ogni
abitazione ci sono diverse porte ma c’è ne solo una
che si usa come ingresso. Così anche nel Regno di
Dio esiste una sola porta d’ingresso e quella porta è
Gesù.
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Questa sezione fa eco alle parole di Gesù in Giovanni
14:6 (che guarderemo più avanti). Egli è l’unica via
d’accesso al Padre, l’unica via per ricevere la salvezza
promessa da Dio. La porta ci parla di protezione e
libertà. Protezione: tutti conosciamo bene il senso di
sicurezza che ci dà chiudere la porta di casa dietro le
nostre spalle. E’ lo stesso per una pecora. La porta
dell’ovile che si chiude dietro le sue spalle le dà la
certezza di essere al sicuro. Gesù rappresenta quella
porta che si mette a protezione della Sua chiesa, il
gregge per il quale ha dato la Sua vita.
Libertà: la porta non serve solo per entrare ma anche
per uscire. Le pecore entravano dalla porta per
trovare riposo e protezione durante la notte. Ma la
mattina uscivano dalla stessa per raggiungere il
pascolo. Gesù ha detto: “«se uno entra per me, sarà
salvato, entrerà e uscirà, e troverà
pastura»” (Giovanni 10:9). Questo ci parla di libertà,
nel senso che un tempo eravamo schiavi del peccato
ma in virtù del sacrificio di Cristo siamo stati liberati. 13
Ma non ci offre solo salvezza; Egli ci offre anche
pastura, l’alimento necessario che soddisfa la nostra
vita ogni giorno.
Alla luce di tutto questo, cosa sei chiamato a fare? Semplicemente, “passa” per Cristo, l’unico Salvatore.
Riconoscilo ogni giorno come l’unico riferimento della tua vita nel quale puoi trovare protezione, libertà e
soddisfazione.
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“Io sono il buon pastore” Giovanni 10:11 “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà
la sua vita per le pecore”.(leggi fino al v.18)
Al tempo di Gesù, tutti sapevano tutto di pecore e
pastori. Il pastore faceva parte della loro vita così
come automobili e computer fanno parte delle nostre
vite oggi. Molti di noi non sanno troppo su pecore e
pastori. Il compito del pastore è prendersi cura delle
pecore. Le pecore sono creature di Dio ma non sanno
prendersi cura di sé stesse. Il pastore fa tante cose per
le pecore: le procura acqua pulita, cibo, campi di erba
verde, le tiene al sicuro da animali selvatici, briganti e
tanto altro. Gesù ha usato le pecore come simbolo per
le persone e il pastore come simbolo di sé stesso.
L’aggettivo “buon” qui significa “ideale, degno,
scelto, eccellente”, in netto contrasto con l’immagine
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del mercenario, che non ha a cuore le pecore ma è
più interessato al proprio benessere che al loro. Gesù
invece incarna tutte quelle qualità che esprimono il
legame profondo che esiste fra lui e le pecore. Egli
conosce le sue pecore ed esse lo conoscono; lui dà la
sua vita per loro (vv. 14-15). Thomas Kelly scrisse:
“Quando doveva scorrere il sangue di una vittima,
questo Pastore fu spinto dalla pietà a frapporsi fra noi
e il nemico. E di buon grado morì al posto nostro”. In
questi versetti del vangelo di Giovanni, troviamo una
delle numerose rivelazioni nelle quali Gesù annuncia
la propria morte sulla croce al posto dei peccatori.
“Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di
noi seguiva la propria via” (Isaia 53:6a). Andavamo in
giro come ciechi, senza sapere la direzione; eravamo
lontani da Dio. “..ma il Signore ha fatto ricadere su di
lui l’iniquità di noi tutti” (Isaia 53:6b). In Luca 15
Gesù racconta la parabola della pecora smarrita.
Novantanove erano al sicuro mentre una si era persa
e, senza pensarci troppo, il pastore va alla ricerca di
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questa pecora fin quando non la ritrova e la riporta al
gregge, chiama i suoi amici e fa festa insieme a loro.
Se tu fossi stata l’unica pecora smarrita sulla Terra,
Gesù sarebbe morto solo per te! Il cuore
dell’immagine del pastore usata da Gesù per
descrivere il suo ministero è rappresentato dall’idea
del sacrificio e della relazione. Il buon pastore
conosce le sue pecore e dà la sua vita per loro. Nella
vita reale la morte del pastore sarebbe un disastro per
le pecore; invece, nel caso di Gesù, la sua morte è un
trionfo per tutti coloro che gli appartengono.
Il pastore vive con le sue pecore. Dà loro protezione e
sicurezza. Qualunque cosa possa accadere nella tua
vita, per quanto tu possa ammalarti, perdere un
familiare, un amico, essere licenziato, cadere preda
della depressione, Gesù è sempre a tua disposizione,
pronto a risollevarti, a prendersi cura di te perché ti
ama e ha dato la sua vita per te. Il diavolo, il mondo e
la nostra carne cercheranno sempre di distorcere le
verità su di noi e su Dio. L’apostolo Paolo, nella sua 17
seconda Lettera ai Corinzi, scrive di “fare prigioniero
ogni pensiero fin a renderlo ubbidiente a Cristo (2
Corinzi 10:5). E’ come dominare una bestia feroce e
metterla in gabbia. Questo è quello che dobbiamo
fare quotidianamente con i nostri pensieri -
dominarli, catturarli e metterli in gabbia. Spesso ci
sentiamo come pecore smarrite, non amate, a cui Dio
non è più interessato.
Oggi prenditi del tempo e rifletti su queste verità: Dio ti ama, ha dato la sua vita per te, è sempre pronto a venirti
incontro e curare le tue ferite. Lui è il buon pastore! Tu sei la sua amata pecora!
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“Io sono la
resurrezione e la vita”
Giovanni 11:25-26 “Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà, e chiunque vive e crede
in me, non morirà mai”.
L’affermazione di Gesù si inserisce nel contesto della
risurrezione di Lazzaro, suo amato amico e fratello di
Marta e Maria. E’ un momento di grande dolore per
questa famiglia. Leggendo tutto il capitolo possiamo
notare due esempi di come le persone rispondono a
Gesù in circostanze difficili. Un atteggiamento di
dolore accompagnato dalla speranza (da parte di
Marta) e uno di dolore senza speranza (da parte di
Maria). Lazzaro è nella tomba già da quattro giorni e
in casa del defunto c’era un ambiente sopraffatto
dalla tristezza e dallo sconforto.
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Marta esce, parla con Gesù e gli dice apertamente
che se fosse stato lì, suo fratello non sarebbe morto.
Allo stesso tempo, notiamo che ha anche una
profonda conoscenza di ciò che Gesù può fare e
aggiunge qualcosa di straordinario: “«ma anche
adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te
lo darà»” (Giovanni 11:22). Marta non è a
conoscenza della fine della storia, eppure esprime
speranza anche dopo la morte. Ed è proprio a lei che
Gesù dice di essere la resurrezione e la vita. In altre
parole, indipendentemente da come lottiamo per
capirlo, Gesù è colui che dà vita a ciò che muore. In
tutti i miracoli di Gesù, vediamo che Lui non si
aspetta che le persone comprendano appieno;
richiede solo di avere fede. Qui vediamo la fede di
Marta. Riconosce in Gesù, il Cristo, il Messia
promesso, collegando la sua dichiarazione a 2
Samuele 7:12-13, in cui Dio promette a Davide che
dalla sua progenie nascerà colui che governerà per
sempre. E se governerà per sempre non potrà morire.
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Maria sceglie inizialmente di non andare a vedere
Gesù. Semplicemente non vuole parlare con lui. Il
dolore è tale che non riesce nemmeno ad uscire di
casa. Nel momento in cui viene a sapere che Gesù la
stava cercando, gli va incontro ripetendo la stessa
frase di Marta ma con una sostanziale differenza: lo
stesso dolore ma privo di speranza. Maria dice solo
che Gesù avrebbe potuto impedire la morte di
Lazzaro ma ormai era morto e non si poteva fare più
niente. La mancanza di speranza di Maria di fronte
alla morte è comprensibile. Ovviamente, Gesù è
potente e può fare cose straordinarie, ma senza la Sua
potenza nessun altro può fare nulla per la morte. Con
tutta la scienza e medicina del mondo, il meglio che
possiamo fare è ritardare la morte. Ma non possiamo
impedire che accada. Maria ha visto la morte come la
fine, Marta invece è andata oltre, sperando nella
potenza di Gesù.
E’ ovvio pensare che l’esempio per noi è Marta, ma
dobbiamo essere anche onesti nel dire che non 21
sempre è così. A prescindere da questo, possiamo
essere sicuri di una cosa: Dio non è indifferente alle
nostre ferite. Dio è disposto ad ascoltarci in situazioni
che ci riempiono di dolore, rabbia e frustrazione. Non
abbiamo paura di parlare con Dio di ciò che fa male.
Dio comprende i limiti della nostra fede ma allo
stesso tempo desidera ricordarci che la vita non è
tutto qui ed ora: Gesù è la resurrezione e la vita,
chiunque crede in lui, anche se muore, vivrà. Credere
in Gesù per la salvezza ci apre le porte dell’eternità
con Dio.
Chiedi oggi stesso al Signore di aiutarti a camminare con fede, vivendo questa vita sempre in vista dell’eternità.
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“Io sono la via,
la verità e la vita” Giovanni 14:6 “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno
viene al Padre se non per mezzo di me”.
Tutte le principali religioni del mondo ritengono di
avere le risposte alle grandi domande della vita.
Promettono alle persone gloria e salvezza eterna. In
varia misura richiedono di impegnarti per un insieme
di valori e di regole di vita. Ma queste religioni mi
possono portare più vicino a Dio? E portano tutte allo
stesso Dio? Molte persone credono in Dio in una
forma o nell’altra. In tanti dicono: “Tutte le strade
portano a Dio; non importa in cosa tu credi,
l’importante è che credi in qualcosa; c’è un solo Dio
ed è lo stesso per tutti; indipendentemente da quello
in cui credi, Dio ti ama”. Ma è corretto? Nel
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cristianesimo Gesù è al centro. C’è un ampio
consenso sul fatto che lui sia stato una figura storica
importante, che ha avuto un’enorme influenza. Ma è
anche qualcosa di più di questo? Qualche giorno
prima del suo tradimento e della sua morte, Gesù
stava preparando i suoi discepoli per quello che
sarebbe successo da li a poco. Per tre anni questi
uomini avevano seguito Gesù, ascoltato i suoi
insegnamenti, visto i suoi miracoli, avevano posto le
loro speranza nel Messia promesso, ma ancora non
avevano capito bene cosa lui stesse per compiere.
Tommaso chiese spiegazioni a Gesù sulla via che
avrebbe percorso e Gesù non si limitò solamente ad
indicare la via ma affermò di essere la via, l’unica che
porta a Dio. Le tante religioni rendono complicato
quello che Dio rende semplice. La via per arrivare in
cielo non è una dottrina, non è una vita fatta di tante
buone opere; non si trova nei dieci comandamenti, nè
nella regola d’oro, nè nei rituali, nè nell’appartenenza
ad una chiesa. Questi sono tutti risultati di una vera
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fede in Cristo. Non sono il mezzo per arrivare in
cielo. Il mezzo è Cristo. Gesù Cristo è la via, la verità,
e la vita. La Via: Gesù è la via. È in Gesù, e
solamente in Gesù, che arriviamo al Padre. Come lui
stesso dichiara: nessuno viene al Padre se non per
mezzo di me. Pietro ha ripetuto questa stessa verità
anni dopo ai governanti di Gerusalemme, dicendo di
Gesù: “«In nessun altro è la salvezza; perché non vi è
sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli
uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere
salvati»” (Atti 4:12) . La natura esclusiva dell'unica via
per la salvezza è espressa dalle parole “Io sono la
via”. La Verità: Inoltre, Gesù è la verità; non è
solamente una verità o soltanto uno che insegna la
verità, ma è la verità. Le sue parole hanno rivelato la
verità riguardo a Dio. L’apostolo Paolo scrive in
Efesini 4.21 che la “verità è in Gesù” e questo ci dà il
corretto significato di questa parola. Non si tratta di
una verità semplicemente etica, ma di una verità in
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tutta la sua pienezza, incarnata nella persona di
Gesù. Lui è la perfetta espressione della verità.
La Vita: Gesù Cristo è anche la vita. La vera vita
esiste solamente in Gesù Cristo. Chi non è in Gesù
Cristo non ha la vera vita, ed è spiritualmente morto.
Gesù è la fonte della vera vita. La scorsa volta
abbiamo letto che Gesù avrebbe dato la sua vita per
le sue pecore, per poi riprenderla di nuovo. Ha
parlato della sua autorità sulla vita e sulla morte come
concessogli dal Padre. In Giovanni 14:19, ha
promesso che “poichè lui vive, vivrai anche tu”. La
liberazione che stava per offrire non era una
liberazione politica o sociale (che la maggior parte
degli ebrei cercava), ma una vera liberazione da una
vita di schiavitù al peccato e alla morte ad una vita di
libertà nell'eternità.
La domanda più importante della vita, con la quale ti sfido a confrontarti oggi è: ti stai aggrappando a Gesù Cristo, e
solo a Cristo, per la salvezza? Credi che Gesù è l’unica via, l’unica verità e l’unica fonte di vita?
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“Io sono la vera vite”
Giovanni 15:1,5 “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo... Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora
in me, e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me
non potete fare nulla”.
Su quali cose stai concentrando la tua attenzione e i
tuoi sforzi? Per qualcosa che avrai per l’eternità o per
qualcosa che perderai per l’eternità? A cosa o a chi ti
stai aggrappando? Su cosa o su chi è basata la tua
dipendenza?
In questo brano Gesù ci spiega l'unico modo in cui
possiamo sperimentare un vero legame affidabile che
porterà frutto attraverso le nostre vite. Gesù usa il
rapporto fra la vite e i tralci per descrivere il rapporto
fra Lui ed i credenti. Qual è il rapporto fra una vite e
i suoi tralci? Ovviamente, i tralci sono totalmente
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legati e dipendenti dalla vite. Non possono vivere
senza di essa, dipendono totalmente da essa. È la vite
che tiene in vita i tralci, i quali trovano in essa forza e
capacità di portare frutto. La vite non solo dà vita al
tralcio all'inizio della sua esistenza, ma continua a
dargli vita. Il tralcio non può esistere se non è
attaccato alla vite. Gesù dichiara che noi siamo i
tralci, e Lui è la vite. Perciò, è impossibile, per noi,
vivere spiritualmente se non dimoriamo in Lui. Ogni
vero credente ha bisogno di rimanere strettamente
attaccato a Cristo perché è solo da Lui che riceve
forza, vita e grazia giorno per giorno, allo scopo di
camminare vittoriosamente sul peccato e di riuscire a
portare un frutto che dura. E’ un grande
incoraggiamento ricordare questa verità. Non
dobbiamo affrontare le difficoltà o combattere contro
i nostri peccati da soli; la nostra salvezza non dipende
dai nostri sforzi o dalle nostre capacità. Se siamo in
Cristo, da Lui prendiamo tutto il necessario per
crescere, così come il tralcio prende dalla vite tutto il
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necessario per crescere. Il significato principale del
nostro dimorare in Cristo è l’atto di confidare in Lui
in tutto. Se un tralcio rimane attaccato alla vite in
modo tale da ricevere tutto ciò che gli serve per
portare frutto, allora questa è l’immagine di ciò che
Giovanni dice al cap.1:12 del suo vangelo: “a tutti
coloro che lo hanno ricevuto egli ha dato il diritto di
diventare figli di Dio”. Credere è ricevere Cristo nella
propria vita, fidarsi di Lui, assaporare la sua presenza
quotidianamente. Il tralcio non vive per giovare alla
vite, bensì per riceverne la vita e lasciarla fluire
attraverso di sé. Un tralcio ha un grande scopo:
portare frutto. Non serve per fare mobili o costruire
case. Non va bene nemmeno per accendere il fuoco.
Ma è utile per produrre frutto, fintanto che rimane
attaccato alla vite.
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Rifletti per un attimo su questo: Stai vivendo la tua
vita in Cristo? Stai permettendo a Cristo di vivere la
sua vita attraverso di te?
Chiedi a Dio di rivelarti quali sono quelle aree della tua vita che sono attualmente scollegate da Cristo. E una volta
individuate permetti allo Spirito Santo di risanarle affinché torni a fluire la linfa vitale di cui ha bisogno la tua anima.
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Gianluca Imperitura lavora a tempo pieno per Agape Italia, un’organizzazione che ha a cuore i bisogni materiali e spirituali
delle persone. Ricopre il ruolo di Team Leader nel ministero studentesco a Firenze. E’ iscritto ad un corso di Teologia a distanza, presso il “Moore Theological College” di Sydney,
Australia; inoltre, segue periodicamente alcune classi on line del “Biblical Training” del Dr. Bill Mounce.
Sposato con Simona da 12 anni. Insieme desiderano collaborare con Dio per permettere allo Spirito Santo di trasformare gli
studenti universitari in discepoli di Gesù.
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