I RAPPORTI DI LAVORO NEL SETTORE DEL NO PROFIT · - forme di controllo e accertamento...

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I RAPPORTI DI LAVORO NEL SETTORE DEL NO PROFIT a cura di Rapisarda Alessandro

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I RAPPORTI DI LAVORO NEL SETTORE DEL NO PROFIT

a cura di Rapisarda Alessandro

L’IMPRESA SOCIALE

Art. 1 del D. Lgs. n. 155/2006

Possono assumere la qualifica di impresa sociale tutte leorganizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V delcodice civile, che esercitano in via stabile e principaleun'attività economica organizzata al fine della produzione odello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta arealizzare finalità di interesse generale, e che hannodeterminati requisiti.

L’IMPRESA SOCIALE : REQUISITI

- UTILITA’ SOCIALE;

- ASSENZA DELLO SCOPO DI LUCRO;

- STRUTTURA PROPRIETARIA.

L’IMPRESA SOCIALE : REQUISITIUTILITA’ SOCIALE

Settori:a) assistenza sociale;

b) assistenza sanitaria;

c) assistenza socio-sanitaria;

d) educazione, istruzione e formazione;

e) tutela dell'ambiente e dell'ecosistema;

f) valorizzazione del patrimonio culturale;

Art. 2 del D. Lgs. n. 155/2006

L’IMPRESA SOCIALE : REQUISITIUTILITA’ SOCIALE

Settori:h) formazione universitaria e post-universitaria;

i) ricerca ed erogazione di servizi culturali;

l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione delladispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo;

m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti compostiin misura superiore al settanta per cento da organizzazioni cheesercitano un'impresa sociale;

Art. 2 del D. Lgs. n. 155/2006

L’IMPRESA SOCIALE : REQUISITIUTILITA’ SOCIALE

Settori:n) cooperazione allo sviluppo;

o) inserimento lavorativo di soggetti che siano lavoratorisvantaggiati o lavoratori disabili.

Art. 2 del D. Lgs. n. 155/2006

L’IMPRESA SOCIALE : REQUISITIASSENZA DELLO SCOPO DI LUCRO

L'organizzazione che esercita un'impresa sociale destina gli utilie gli avanzi di gestione allo svolgimento dell'attività statutaria oad incremento del patrimonio.A tale fine è vietata la distribuzione, anche in forma indiretta,di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, nonchéfondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti,lavoratori o collaboratori.

Art. 3 del D. Lgs. n. 155/2006

L’IMPRESA SOCIALE : REQUISITISTRUTTURA PROPRIETARIA

All'attività di direzione e controllo di un'impresa sociale siapplicano, in quanto compatibili, le norme del codice civile. Siconsidera, in ogni caso, esercitare attività di direzione econtrollo il soggetto che, per previsioni statutarie o perqualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nomina dellamaggioranza degli organi di amministrazione.Le imprese private con finalità lucrative non possono esercitareattività di direzione e detenere il controllo di un'impresasociale.

Art. 4 del D. Lgs. n. 155/2006

L’IMPRESA SOCIALE

Art. 14 del D. Lgs. n. 155/2006

LAVORO NELL’IMPRESA SOCIALE

Ai lavoratori dell'impresa sociale non può essere corrisposto untrattamento economico e normativo inferiore a quello previstodai contratti e accordi collettivi applicabili.E’ ammessa la prestazione di attività di volontariato, nei limitidel cinquanta per cento dei lavoratori a qualunque titoloimpiegati nell'impresa sociale.

L’IMPRESA SOCIALE

Art. 14 del D. Lgs. n. 155/2006

LAVORO NELL’IMPRESA SOCIALE

I lavoratori dell'impresa sociale, a qualunque titolo prestino laloro opera, hanno i diritti di informazione, consultazione epartecipazione nei termini e con le modalità specificate neiregolamenti aziendali o concordati dagli organi diamministrazione dell'impresa sociale con loro rappresentanti.Degli esiti del coinvolgimento deve essere fatta menzione nelbilancio sociale.

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

OBIETTIVI

- COSTRUIRE UN NUOVO WELFARE PARTECIPATIVO;

- VALORIZZARE LA CRESCITA E L’OCCUPAZIONENELL’ECONOMIA E NELLE ATTIVITA’ SVOLTE DAL TERZOSETTORE;

- PREMIARE CON INCENTIVI E STRUMENTI DI SOSTEGNOTUTTI I COMPORTAMENTI DONATIVI FINALIZZATI AGENERARE COESIONE E RESPONSABILITA’ SOCIALE.

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

RICONOSCERE I SOGGETTI COME «PRIVATI» SOTTO ILPROFILO DELLA VESTE GIURIDICA, MA ANCHE COME«PUBBLICI» PER LE FINALITA’ DI UTILITA’ E PROMOZIONESOCIALE CHE PERSEGUONO1) RIFORMANDO IL TITOLO II DEL CODICE CIVILE ALLA LUCEDELL’ART. 118 DELLA COSTITUZIONE, INTRODUCENDO ORIVISITANDO LE NORME IN MATERIA DI:- costituzione degli enti e valorizzazione della loro autonomiastatutaria con specifico riguardo a quelli privi di personalitàgiuridica;

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- requisiti sostanziali degli enti non profit ed eventualilimitazioni di attività;

- struttura di governance, affermando pienamente il principiodemocratico e partecipativo negli organi sociali;

- responsabilità degli organi di governo e obblighi ditrasparenza e di comunicazione economica e sociale rivoltiall’esterno;

- semplificazione e snellimento delle procedure per ilriconoscimento della personalità giuridica, anche attraversola digitalizzazione telematica delle pratiche;

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- diversificazione dei modelli organizzativi in ragione delladimensione economica dell’attività svolta, dell’utilizzazioneprevalente o comunque rilevante di risorse pubbliche e delcoinvolgimento della fede pubblica;

- criteri per la gestione economica degli enti non profit;- forme di controllo e accertamento dell’autenticità

sostanziale dell’attività realizzata;- regime di contabilità separata tra attività istituzionale e

imprenditoriale;- codificazione dell’impresa sociale;

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2) AGGIORNANDO LA LEGGE 266/91 SUL VOLONTARIATO,SULLA BASE DEI SEGUENTI CRITERI:- formazione alla cittadinanza del volontariato nella scuola;- riconoscimento delle reti di volontariato di secondo livello;- revisione del sistema degli albi regionali e istituzione del

registro nazionale;- ridefinizione dei compiti e delle modalità di funzionamento

dell’Osservatorio nazionale;

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- riduzione degli adempimenti burocratici e introduzione dimodalità adeguate e unitarie di rendicontazione economicae sociale;

- introduzione di criteri più trasparenti nel sistema diaffidamento in convenzione dei servizi al volontariato;

- promozione e riorganizzazione del sistema dei centri diservizio quali strumenti di sostegno e supporto alleassociazioni di volontariato;

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3) REVISIONANDO LA LEGGE 383/2000 SULLE ASSOCIAZIONIDI PROMOZIONE SOCIALE AL FINE DI:- razionalizzare le modalità di iscrizione ai registri;- ridefinire l'Osservatorio Nazionale dell'Associazionismo;- una migliore definizione delle modalità di selezione delle

iniziative e dei progetti di formazione e sviluppo;- armonizzare il regime delle agevolazioni fiscali rispetto a

quello di altre categorie di enti non profit;

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4) ISTITUENDO UNA AUTHORITY DEL TERZO SETTORE;

5) COORDINANDO LA DISCIPLINA CIVILISTICA, LE SINGOLELEGGI SPECIALI E LA DISCIPLINA FISCALE, CON LA REDAZIONEDI UN TESTO UNICO DEL TERZO SETTORE.

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VALORIZZARE IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’ VERTICALE EORIZZONTALE: adottare nuovi modelli di assistenza in cuil’azione pubblica possa essere affiancata in modo più incisivodai soggetti operanti nel privato solidale.1) AGGIORNANDO LA LEGGE 328/2000 CON RIFERIMENTOALLA PROGRAMMAZIONE E GESTIONE DEI SERVIZI SOCIALI AIFINI DELLA DEFINIZIONE DI NUOVI CRITERI E MODULIOPERATIVI PER ASSICURARE LA COLLABORAZIONE DEGLI ENTINON PROFIT ALLA PROGRAMMAZIONE E NON SOLODELL’ESECUZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE A LIVELLOTERRITORIALE.

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2) REVISIONANDO I REQUISITI PER L’AUTORIZZAZIONE /ACCREDITAMENTO DELLE STRUTTURE E DEI SERVIZI SOCIALI EDELLE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO PER L’EROGAZIONE DEISERVIZI SOCIALI DA PARTE DEGLI ENTI LOCALI ADORGANIZZAZIONI DEL TERZO SETTORE;

3) INTRODUCENDO DEGLI INCENTIVI PER LA LIBERA SCELTADELL’UTENTE A FAVORE DELLE IMPRESE SOCIALI MEDIANTEDEDUZIONI O DETRAZIONI FISCALI OPPURE MEDIANTEVOUCHER.

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

AMPLIARE IL PANORAMA DELL’IMPRESA SOCIALE:1) SUPERAMENTO DELLA QUALIFICA OPZIONALE DI IMPRESASOCIALE,RENDENDO NON FACOLTATIVA, MA OBBLIGATORIAL’ASSUNZIONE DELLO STATUS DI IMPRESA SOCIALE PER TUTTELE ORGANIZZAZIONI CHE NE ABBIANO LE CARATTERISTICHE;

2) AMPLIAMENTO DELLE “MATERIE DI PARTICOLARE RILIEVOSOCIALE” CHE DEFINISCONO L’ATTIVITÀ DI IMPRESA SOCIALE;

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

3) AMPLIAMENTO DELLE CATEGORIE DI LAVORATORISVANTAGGIATI;

4) PREVISIONE DI FORME LIMITATE DI REMUNERAZIONE DELCAPITALE SOCIALE;

5) RICONOSCIMENTO DELLE COOPERATIVE SOCIALI COMEIMPRESE SOCIALI DI DIRITTO SENZA NECESSITÀ DI MODIFICHESTATUTARIE E SEMPLIFICAZIONE DELLE MODALITÀ DIFORMAZIONE E PRESENTAZIONE DEL BILANCIO SOCIALE, PURMANTENENDONE L’OBBLIGATORIETÀ;

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6) ARMONIZZAZIONE DELLE AGEVOLAZIONI E DEI BENEFICI DILEGGE RICONOSCIUTI ALLE DIVERSE FORME DEL NON PROFIT;

7) PROMOZIONE DEL FONDO PER LE IMPRESE SOCIALI ESOSTEGNO ALLA RETE DI FINANZA ETICA.

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

ASSICURARE UNA LEVA DI GIOVANI PER LA «DIFESA DELLAPATRIA» ACCANTO AL SERVIZIO MILITARE: UN SERVIZIOCIVILE NAZIONALE UNIVERSALE, DA DISCIPLINARE SULLA BASEDEI SEGUENTI CRITERI:

1) GARANTIRE AI GIOVANI CHE LO RICHIEDONO DI POTERSVOLGERE IL SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE, FINO AD UNMASSIMO DI 100.000 GIOVANI ALL’ANNO PER IL PRIMOTRIENNIO DALL’ISTITUZIONE DEL SERVIZIO;

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

2) TEMPI DI SERVIZIO IN LINEA CON LA VELOCITÀ DELLETRASFORMAZIONI CHE PERMETTANO AI GIOVANI DI FARE UNAESPERIENZA SIGNIFICATIVA CHE NON LI TENGA BLOCCATI PERTROPPO TEMPO (8 MESI EVENTUALMENTE PROROGABILI DI 4 MESI);

3) PARTECIPAZIONE DEGLI STRANIERI AL SCN;

4)PREVISIONE DI BENEFIT PER I VOLONTARI, QUALI: CREDITIFORMATIVI UNIVERSITARI; TIROCINI UNIVERSITARI EPROFESSIONALI; RICONOSCIMENTO DELLE COMPETENZE ACQUISITEDURANTE L’ESPLETAMENTO DEL SERVIZIO;

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

5) STIPULA DI ACCORDI DI REGIONI E LE PROVINCE AUTONOMECON LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIE DEGLI IMPRENDITORI,ASSOCIAZIONI DELLE COOPERATIVE E DEL TERZO SETTORE PERFACILITARE L'INGRESSO SUL MERCATO DEL LAVORO DEIVOLONTARI, LA REALIZZAZIONE DI TIROCINI O DI CORSI DIFORMAZIONE PER I VOLONTARI;

6) POSSIBILITÀ DI UN PERIODO DI SERVIZIO IN UNO DEI PAESIDELL’UNIONE EUROPEA AVENTE IL SERVIZIO CIVILE VOLONTARIOIN REGIME DI RECIPROCITÀ;

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

DARE STABILITA’ E AMPLIARE LE FORME DI SOSTEGNOECONOMICO, PUBBLICO E PRIVATO, DEGLI ENTI DEL TERZOSETTORE, ASSICURANDO LA TRASPARENZA, ELIMINANDOCONTRADDIZIONI E AMBIGUITA’ E FUGANDO I RISCHI DIELUSIONE, ATTRAVERSO:1) IL RIORDINO E L’ARMONIZZAZIONE DELLE DIVERSE FORMEDI FISCALITÀ DI VANTAGGIO PER GLI ENTI DEL TERZOSETTORE, CON RIFERIMENTO AI REGIMI SIA DELLE IMPOSTEDIRETTE CHE INDIRETTE, ANCHE AL FINE DI MEGLIO CHIARIRELA CONTROVERSA ACCEZIONE DI “MODALITÀ NONCOMMERCIALE”;

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE2) IL POTENZIAMENTO DEL 5 PER MILLE;

3) LA PROMOZIONE DEI TITOLI DI SOLIDARIETÀ GIÀ PREVISTI DALD.LGS. 460/97;

4) L’ALLARGAMENTO DELLA PLATEA DEI BENEFICIARI DELL’EQUITYCROWDFUNDING AD OGGI LIMITATO ALLE SOLE START UP;

5) UNA DISCIPLINA SPERIMENTALE DEL "VOUCHER UNIVERSALEPER I SERVIZI ALLA PERSONA E ALLA FAMIGLIA", COMESTRUMENTO DI INFRASTRUTTURAZIONE DEL "SECONDOWELFARE";

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

6) LA DEFINIZIONE DI UN TRATTAMENTO FISCALE DI FAVOREPER "TITOLI FINANZIARI ETICI", COSÌ DA PREMIARE QUEICITTADINI CHE INVESTONO NELLA FINANZA ETICA I LORORISPARMI;

7) L’INTRODUZIONE DI NUOVE MODALITÀ PER ASSEGNAREALLE ORGANIZZAZIONI DI TERZO SETTORE IN CONVENZIONED'USO IMMOBILI PUBBLICI INUTILIZZATI;

LINEE GUIDA PER UNA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

8) LA RIFORMA DELL’ATTUALE MECCANISMO DIDESTINAZIONE E ASSEGNAZIONE DEI BENI MOBILI EIMMOBILI CONFISCATI ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, AIFINI DI UN MAGGIORE COINVOLGIMENTO DEGLI ENTI DELTERZO SETTORE NELLA GESTIONE DEI BENI MEDESIMI E PERIL CONSOLIDAMENTO E LO SVILUPPO DI INIZIATIVE DIIMPRENDITORIALITÀ SOCIALE.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

LAVORO SUBORDINATO

E’ definito lavoratore subordinato colui che «si obbligamediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando ilproprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sottola direzione dell’imprenditore». (Art. 2094 c.c.)

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

LAVORO AUTONOMO

Contratto d’opera: « quando una persona si obbliga a compiereverso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoroprevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione neiconfronti del committente…» (Art. 2222 c.c.)- IN REGIME DI PARTITA IVA;- OCCASIONALE.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE

E’ caratterizzato dall’AUTONOMIA e dalla OCCASIONALITA’ concui il prestatore svolge la propria attività.

Per le prestazioni di lavoro autonomo occasionale il cuicompenso sia superiore ad euro 5.000 annui è obbligatorial’iscrizione alla Gestione Separata dell’INPS ed il versamentodei contributi sulla parte di compenso che eccede il predettoammontare annuo.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

LAVORO OCCASIONALE ACCESSORIO

Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attivitàlavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalitàdei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso diun anno solare. Fermo restando il limite suindicato, neiconfronti dei committenti imprenditori commerciali oprofessionisti, le attività lavorative possono essere svolte afavore di ciascun singolo committente per compensi nonsuperiori a 2.000 euro.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

LAVORO PARASUBORDINATOPer lavoro parasubordinato si intendono quei rapporti dicollaborazione svolti in modo continuativo nel tempo, coordinaticon la struttura organizzativa del datore di lavoro committente,in modo prevalentemente personale e senza vincolo disubordinazione.Per effetto della legge Biagi le collaborazioni (tranne alcuneeccezioni: prestazioni occasionali, collaborazioni dei pensionatidi vecchiaia, collaborazioni con le pubbliche amministrazioniecc.) devono essere ricondotte a uno o più progetti specifici.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

In particolare per progetto si intende quell’attività produttivaben identificabile e funzionalmente collegata ad un risultatofinale cui il collaboratore partecipa personalmente con la suaprestazione.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

Se il contratto non prevede l’indicazione di uno specificoprogetto, il rapporto si deve considerare di lavoro subordinatoa tempo indeterminato.Il lavoratore può svolgere la sua attività di collaborazione afavore di più committenti, salvo diverso accordo tra le parti.Il contratto deve necessariamente avere forma scritta e

termina nel momento della realizzazione del progetto.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

La legge n. 92/2012 ha introdotto un regime di recesso anticipatodifferenziato per il committente e per il collaboratore.Entrambe le parti possono recedere in via anticipata dal contrattoqualora sussista una giusta causa, ossia un inadempimento talmentegrave da non consentire la prosecuzione del rapporto neppure in viaprovvisoria.Al di fuori dell’ipotesi di giusta causa, il committente può recedere dalcontratto solo allorchè siano emersi gravi profili di inidoneitàprofessionale del collaboratore tali da rendere impossibile larealizzazione del progetto.Se il contratto lo prevede espressamente, il collaboratore potrà ancherecedere liberamente con preavviso.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

Nel caso in cui il contratto a progetto venga interrotto da una delleparti prima della scadenza, la parte che ha subito il recesso antetempus avrà diritto al risarcimento del danno. In particolare nel casoin cui sia il committente a recedere illegittimamente prima dellascadenza del termine previsto, egli sarà tenuto a risarcire il danno daquantificarsi in un importo pari al residuo del compenso globalepattuito.

Dal 28 giugno 2013 anche al collaboratore a progetto che receda persua volontà dal contratto si applicano le norme in materia di convalidadelle dimissioni previste per i lavoratori dipendenti.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

CONTRATTO A PROGETTO E ORGANIZZAZIONI NONGOVERNATIVE – chiarimenti del Ministero«Come già chiarito da questo Ministero con circolare n.29/2012, il progetto gestito autonomamente dal collaboratorenon può sinteticamente identificarsi con l’oggetto sociale, madeve essere caratterizzato da una sua specificità, compiutezza,autonomia ontologica e predeterminatezza del risultato attesoe rappresentare una vera e propria “linea guida” contenente lemodalità di esplicitazione dell’obbligazione del collaboratore».

Circ. n. 7/2013 Min. Lav.

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«In merito alle ONG/ONLUS e ad altre e diverse tipologie diorganizzazioni socio assistenziali, si ricorda che le stesseoperano prioritariamente per il raggiungimento di scopi socialie umanitari (ad esempio miglioramento dell’ambiente, rispettodei diritti umani, incremento del benessere per le fasce dipopolazione meno abbienti ecc.). La finalità sociale di ciascunaorganizzazione non governativa caratterizza evidentemente ilsuo oggetto e dunque l’attività svolta dagli appartenenti allastessa, che operano attraverso forme di collaborazionegratuite ovvero mediante tipologie contrattuali di naturasubordinata o autonoma.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

Nell’ambito di tale attività è possibile individuare specifici progettiche, pur contribuendo al raggiungimento dello scopo sociale, se nedistinguono per una puntuale declinazione di elementi specializzantiche consentono anche l’attivazione di forme di collaborazionecoordinata e continuativa riconducibili alla disciplina di cui agli artt.61 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003. In sostanza, ove l’attività delcollaboratore sia connotata da elementi di specificità puntualmentedeclinati nel progetto e finalizzati al raggiungimento di un autonomorisultato conseguito attraverso una attività che presenti margini diautodeterminazione del prestatore, appare possibile l’utilizzo dellatipologia contrattuale in esame.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

Più in particolare, la sussistenza di una genuina co.co.pro. è condizionata,nei settori in esame, alla presenza dei seguenti elementi:- assoluta determinatezza dell’oggetto dell’attività inteso anche come

parte integrante del più generale obiettivo perseguitodall’organizzazione;

- circoscritta individuazione dell’arco temporale per l’espletamentodell’attività progettuale in funzione dello specifico risultato finale;

- apprezzabili margini di autonomia anche di tipo operativo da parte delcollaboratore, obiettivamente riconoscibili nelle modalità di svolgimentodella prestazione stessa ossia per lo svolgimento di compiti nonmeramente esecutivi;

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

- possibilità di obiettiva verifica circa il raggiungimento dei risultati attesi.A titolo esemplificativo, l’attività del collaboratore svolta in ambito socioassistenziale non può rispondere a puntuali direttive o specificheindicazioni operative da parte del committente che vanifichino ognimargine di autonomia tecnica e metodologica nella scelta delleprestazioni in funzione delle esigenze degli utenti beneficiari e dellefinalità dell’intervento. In ordine alle modalità concrete di svolgimentodella prestazione è possibile rinvenire, infatti, margini di autonomialaddove i collaboratori concordino di volta in volta con il destinatariofinale della prestazione gli aspetti operativi afferenti alla tipologia diintervento, gli orari di assistenza nonché le concrete modalità dierogazione del servizio».

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

CONTRATTO A PROGETTO E ORGANIZZAZIONI NONGOVERNATIVE.Il 24 aprile 2013 i rappresentanti dell’Associazione ONG Italiane eLINK 2007 da un lato e i sindacati FeLSA-CISL, NidiL-CGIL e UILTEMPdall’altro lato, hanno stipulato il nuovo Accordo Collettivo Nazionaleper la regolamentazione dei rapporti di collaborazione a progetto,con l’intento di armonizzare le esigenze tipiche del settore nonprofit e le novità delle diposizioni in tema di contratto a progettointrodotte dalla Legge n. 92/2012.Tale accordo, che sostituisce quello precedente siglato nel 2004,avrà efficacia sino al 31 dicembre 2016

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

La parti sociali hanno innanzitutto chiarito che il rapporto dilavoro subordinato deve costituire la forma tipica di lavoro per leattività di struttura o più in generale per quelle attività dalcontenuto meramente esecutivo e ripetitivo. Esse hanno poiriconosciuto l’ammissibilità al ricorso a tipologie di lavoroparasubordinato per attività che, seppur non coincidenti con loscopo sociale dell’Organizzazione, sono concorrenti alraggiungimento dello stesso. In tale ottica, sono stati definiti 4moduli funzionali che identificano altrettante tipologie di progettie che consentono di definire le competenze di cui deve disporreciascun operatore e di determinarne il corrispettivo adeguato.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

MODULO 1 Pianificazione delle strategie di intervento e progetti assimilabili in

cui ricadono i progetti di rilevante importanza e difficoltà la cui

realizzazione richiede esperienza, elevate competenze linguistiche e

settoriali da parte del collaboratore;

MODULO 2 Consolidamento degli interventi e progetti assimilabili in cui si

raggruppano i progetti di elevato grado di difficoltà e per la cui

realizzazione sono richieste specifiche e attestate competenze e

perfette conoscenze linguistiche da parte del collaboratore;

MODULO 3 Rafforzamento dell’intervento e progetti assimilabili in cui sono

riconducibili progetti di medio livello di difficoltà;

MODULO 4 Avvio o start up e progetti assimilabili ossia progetti non

particolarmente complessi che non richiedono particolare

esperienza di settore da parte del collaboratore.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

Definiti i moduli di cui sopra, l’Accordo disciplina lo svolgimento dellaprestazione lavorativa del collaboratore declinando nel concreto iprincipi e le prescrizioni della normativa sul contratto a progetto.Viene innanzitutto ribadita la possibilità per il collaboratore di svolgerela propria attività a favore di altri committenti, purché non inconcorrenza o in contrasto con la committente e purché non siacompromessa la tempestiva realizzazione del progetto. L’accordoprecisa che nel caso in cui sia inserita nei contratti individuali unaclausola di esclusiva a favore del committente, il collaboratore avràdiritto a una indennità economica aggiuntiva non inferiore al 5% delcompenso lordo.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

L’accordo si preoccupa poi di armonizzare il carattere autonomodelle collaborazioni a progetto con la necessità di coordinamentodelle attività di cooperazione in capo al Committente.Si precisa in particolare che:I. il Collaboratore deve coordinarsi con i referenti del Committente che gli

vengono indicati;II. il Committente può richiedere ai Collaboratori relazioni periodiche

sull’attività svolta e relazioni di fine missione;III. il Collaboratore deve agire in conformità di eventuali specifici regolamenti

e/o codici etici adottati dal Committente;

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

IV. il Committente può esercitare periodicamente, tramiteappositi delegati, forme di indirizzo e coordinamento delleattività progettuali, al fine di garantire l’integrazione,l’unitarietà e l’efficienza delle attività;

V. qualora per ragioni di rendicontazione all’ente finanziatore ilCommittente avesse la necessità di registrare le giornate e/ole ore di effettiva prestazione, ciò non costituisce per ilCollaboratore assoggettamento a vincoli di orario.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

Dal momento che il contratto a progetto non conosce l’istituto del periodo diferie retribuito (istituto del rapporto di lavoro subordinato), le parti socialihanno espressamente previsto il diritto del Collaboratore a un periodo diastensione del lavoro da destinare al riposo psicofisico. In particolare ilCollaboratore ha diritto a un periodo di 30 giorni di astensione dall’attivitàlavorativa nell’ambito di dodici mesi continuativi di collaborazioni. L’Accordoprecisa che, essendo tale astensione concordata tra le parti, essa nondetermina una riduzione del corrispettivo. Tale periodo dovrà essereriparametrato sulla base dell’effettiva durata del rapporto di collaborazione ein caso di progetti inferiori ai sei mesi durante i quali non sia possibile fruire ditale periodo di riposo, le parti possono prevedere un’indennità economicasostitutiva dei giorni di mancata astensione dall’attività lavorativa.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

L’accordo prevede che il contratto possa essere risolto permutuo consenso o che ciascuna delle parti possa recederequalora si verifichi una giusta causa di recesso.Il Collaboratore può sempre recedere senza preavviso in casodi giusta causa, altrimenti egli deve garantire alla Committenteun periodo di preavviso di 60 giorni per i progetti rientranti neimoduli funzionali 3 e 4 e di 90 giorni per i progetti rientrantinei moduli funzionali 1 e 2. Si segnala che conformemente aldettato normativo, il Committente non può mai recedere conpreavviso.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

LE C.D. MINI CO.CO.CO.Sono delle collaborazioni occasionali e continuative per le qualiil legislatore ha ritenuto, data la loro limitata portata, che nonfosse necessario fare riferimento al progetto e, dunque, disottrarle dall’ambito di applicazione della relativa disciplina.Pertanto per tali collaborazioni non è necessarial’individuazione di un progetto.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

Tali collaborazioni devono avere una durata non superiore a 30giorni nell’anno solare con lo stesso committente e ilcompenso complessivo, sempre con lo stesso committente,non può essere superiore ad euro 5.000,00.

Il superamento del limite «temporale» di 30 giorni ovvero dei5.000,00 euro di compenso annui comporta l’applicazioneintegrale delle disciplina delle collaborazioni coordinate econtinuative a progetto ed il relativo obbligo sancito diriconduzione ad un progetto specifico ed al relativo risultato.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

IL LAVORO DEI VOLONTARIL’articolo 2 della Legge quadro sul volontariato 266/91 “inquadra” la figuradel volontario definendo il fine e le modalità con cui deve essere prestatal’opera del volontario. Il primo comma dell’art. 2 stabilisce infatti chel’attività del volontario è: “quella prestata in modo personale, spontaneo egratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini dilucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.” La figuradel volontario viene ulteriormente definita e delimitata dal terzo commadel medesimo articolo che stabilisce l’incompatibilità del volontario conqualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ognialtro rapporto di contenuto patrimoniale con l’Organizzazione di cui faparte.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

L’attività del volontario, per espressa previsione dellaLegge, non può essere in alcun modo retribuitanemmeno dal beneficiario della prestazione.

L’attività del volontario oltre che gratuita deve essereprestata in modo personale e spontaneo dagli aderentidell’organizzazione.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

Tuttavia la Legge 266/91 consente di rimborsare alvolontario le spese effettivamente sostenute perl’attività prestata, entro limiti preventivamente stabilitidalla Organizzazione cui il volontario aderisce, ma:• le spese devono essere effettivamente sostenute perl’attività di volontariato prestata;• il limite della spesa rimborsabile deve essere

preventivamente fissato dall’Organizzazione.

TIPOLOGIE CONTRATTUALI RICORRENTI NEI RAPPORTI DI LAVORO DEL TERZO SETTORE

L’articolo 4 della Legge 266/91 impone alleOrganizzazioni di volontariato l’obbligo di assicurare ipropri aderenti, che prestano attività di volontariato,per i rischi di infortunio e di malattia connessi con losvolgimento dell’attività stessa, nonché per laresponsabilità civile verso i terzi. L’obbligo sussiste aprescindere dal grado di pericolosità dell’attività svolta.

IL LICENZIAMENTO NEL TERZO SETTORE

Parere n. 28/2010 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

AI «datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini dilucro attività di natura politica, sindacale, culturale, diistruzione ovvero di religione o di culto» per espressaprevisione del legislatore, non si applica la tutela reale per leipotesi di licenziamento ingiustificato (articolo 18 dello Statutodei lavoratori, la legge n. 300/1970), e sono assoggettate allasola tutela obbligatoria (articolo 4 della legge n. 108/1990),salvo per le ipotesi di vizio di forma o di licenziamentodiscriminatorio.

IL LICENZIAMENTO NEL TERZO SETTORE

Parere n. 28/2010 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

Questo è vero solo al ricorrere di tre condizioni:

1) NON IMPRENDITORIALITA’ DELL’ ATTIVITA’Assenza di una struttura imprenditoriale, intesa comeorganizzazione economica complessa di personale e di benistrumentali

IL LICENZIAMENTO NEL TERZO SETTORE

Parere n. 28/2010 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

2) ASSENZA DELLO SCOPO DI LUCROL’attività svolta non può essere finalizzata al raggiungimento diutili, mentre è irrilevante che gli eventuali proventi vadano acopertura dei costi di gestione.

IL LICENZIAMENTO NEL TERZO SETTORE

Parere n. 28/2010 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

3) NATURA DI TENDENZA DELL’ ATTIVITA’ SVOLTAL’attività svolta deve essere “di natura politica, sindacale,culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto”, cioèrientrare in una delle categorie espressamente indicatedall’art. 4 L. n. 108/90.Peraltro, rientrano tra le organizzazioni di tendenza anche queidatori di lavoro che non hanno finalità “orientate” ma checomunque svolgono attività culturali e di rilevanza sociale.

IL LICENZIAMENTO NEL TERZO SETTORE

Parere n. 28/2010 della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

Parte minoritaria della giurisprudenza (Pret. Milano, 24 luglio1987; Cass., 6 novembre 2001, n. 13721) ha ritenutoapplicabile la tutela obbligatoria soltanto ai lavoratori chesvolgano mansioni “di tendenza”, cioè caratterizzatedall’influenza dei fini perseguiti dal datore di lavoro,garantendo invece l’art. 18 St. lav. a chi svolge mansioni“neutre”. Tuttavia, tale differenziazione non ha un riscontronormativo.

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

Art. 9 comma 2 dello schema decreto attuativo approvato da

governo il 20 febbraio 2015.

Prescindendo dalle dimensioni aziendali, come già nel quadroregolatorio precedente, per i licenziamenti nulli e per quellidiscriminatori seguiterà ad operare la reintegrazione dellavoratore illegittimamente licenziato.

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

Art. 9 comma 2 dello schema decreto attuativo approvato da

governo il 20 febbraio 2015.

PIU’ DI 15 DIPENDENTI

Per quanto concerne le sole ipotesi di licenziamento pergiustificato motivo soggettivo o per giusta causa (c.d.licenziamento disciplinare) in cui sia direttamente dimostratain giudizio la non sussistenza del fatto materiale contestato allavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazionecirca la sproporzione del licenziamento.

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

Dalla indennità così determinata deve essere sottrattoquanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento dialtre attività lavorative (aliunde perceptum), nonché quantoavrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta dilavoro ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera c), del decretolegislativo n. 181/2000 (aliunde percipiendi).

PIU’ DI 15 DIPENDENTI

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

In ogni caso la misura della indennità risarcitoria relativa alperiodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione nonpuò essere superiore a 12 mensilità dell'ultima retribuzionedi riferimento per il calcolo del TFR. Il datore di lavoro ècondannato, altresì, al versamento dei contributiprevidenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento finoa quello dell’effettiva reintegrazione.

PIU’ DI 15 DIPENDENTI

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

Nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi dellicenziamento per giustificato motivo oggettivo o pergiustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiaraestinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento econdanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita nonassoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari adue mensilita dell’ultima retribuzione di riferimento per ilcalcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno diservizio, in misura comunque non inferiore a quattro e nonsuperiore a ventiquattro mensilita .

PIU’ DI 15 DIPENDENTI

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACTPIU’ DI 15 DIPENDENTI

Offerta di conciliazione: il datore di lavoro puo offrire al

lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del

licenziamento, un importo che non costituisce reddito

imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche

e non e assoggettata a contribuzione previdenziale, di

ammontare pari a una mensilità della retribuzione di

riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per

ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a

due e non superiore a diciotto mensilita , mediante

consegna al lavoratore di un assegno circolare.

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACTPIU’ DI 15 DIPENDENTI

Offerta di conciliazione: L’accettazione dell’assegno da parte

del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del

licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento.

Le eventuali ulteriori somme pattuite in sede di conciliazione a

chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro

sono soggette al regime fiscale ordinario.

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

Art. 9 comma 2 dello schema decreto attuativo approvato da

governo il 20 febbraio 2015.

Ai datori di lavoro non imprenditori, che occupano fino a 15

dipendenti e che svolgono senza fine di lucro attività di

natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di

religione o di culto, vine quantificato il risarcimento

prendendo a riferimento quello previsto all’art. 3 comma 1,

dell’articolo 4, comma 1 e dell’articolo 6, comma 1, dello

schema del decreto approvato dal governo, ma ridotti della

metà, comunque non oltre il limite massimo di sei mensilità.

FINOA A 15 DIPENDENTI

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

Nel caso in cui risulta accertato che non ricorrono gli

estremi del licenziamento: il giudice dichiara estinto il rapporto

di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di

lavoro al pagamento di un'indennita non assoggettata a

contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilita

dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del

trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura

comunque non inferiore a due e non superiore a sei

mensilita .

FINOA A 15 DIPENDENTI

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con

violazione del requisito di motivazione o della procedura di

cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970: il giudice dichiara

estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e

condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennita non

assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a

mezza menislità dell’ultima retribuzione di riferimento per il

calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio,

in misura comunque non inferiore a una e non superiore a sei

mensilità.

FINOA A 15 DIPENDENTI

IL LICENZIAMENTO DOPO IL JOBS ACT

Offerta di conciliazione: il datore di lavoro puo offrire al

lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del

licenziamento, un importo che non costituisce reddito

imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche

e non e assoggettata a contribuzione previdenziale, di

ammontare pari a mezza mensilità della retribuzione di

riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per

ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a

uno e non superiore a sei mensilita , mediante consegna al

lavoratore di un assegno circolare.

FINOA A 15 DIPENDENTI