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CONSIDERAZIONI DI STORIA ED ARCHEOLOGIA I QUADERNI IV 2013

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CONSIDERAZIONIDI STORIA ED ARCHEOLOGIA

I QUADERNIIV

2013

QUESTO QUADERNO È STATO STAMPATOGRAZIE AL CONTRIBUTO DELL’IRESMO

ISTITUTO REGIONALE PER GLI STUDI STORICI DEL MOLISE “V. CUOCO”ENTE DI DIRITTO PUBBLICO REGIONALE

ISTITUITO CON L. R. nr. 26 DEL 2 SETTEMBRE 1977

Copyright by De Benedittis 2013

Supplemento al numero 6 (2013) della rivista

Considerazioni di Storia ed Archeologia

I disegni e le fotografie sono dell’autrice.

In copertina: schnabelkanne

QUESTO QUADERNO ESCE CON IL PATROCINIO DELLA PRESIDENZA DELCONSIGLIO REGIONALE DEL MOLISE

C O N S I D E R A Z I O N IDI

STORIA ED ARCHEOLOGIARIVISTA DIRETTA DA GIANFRANCO DE BENEDITTIS

I Q U A D E R N IIV

Comitato di redazione

Angela DI NIRO Paolo MAURIELLO

Valeria CEGLIA Maria Assunta CUOZZO

Mariadiletta COLOMBO Carlo EBANISTA

Segreteria

Andrea CAPOZZI

Anna MANDATO

Francesca MASCITELLI

Federico RUSSO

Mario ZICCARDI

Autorizzazione del Tribunale di Campobasso nr. 6/08 cr. n. 2502 del 17.09.2008La rivista può essere scaricata gratuitamente dal sito www.samnitium.com

CONSIDERAZIONI DI STORIA ED ARCHEOLOGIA

I QUADERNIIV

IL MUSEO CIVICO ‘G. BARONE’I VETRI E I BRONZI

di

AMELIA PISTILLO

CAMPOBASSO

INDICE

9INTRODUZIONE

68I VETRI

87I BRONZI

139BIBLIOGRAFIA

143FIGURE

INTRODUZIONE

Questo studio nasce dalla constatazione dell’assenza di ricerche su molti dei materiali archeo-logici conservati nel Museo Civico “G. Barone” di Baranello. La nostra attenzione si è rivolta aimateriali vitrei e bronzei conservati in tre vetrine del museo; ancora oggi essi, ad esclusione di al-cuni bronzetti raffiguranti Ercole, pubblicati da Giovanni Colonna e Angela Di Niro, non sonostati sottoposti ad esame scientifico.

Gli oggetti sono stati suddivisi sulla base della loro destinazione d’uso. Questo criterio è dovutosoprattutto all’impossibilità di una loro contestualizzazione esatta, data l’assenza dei dati sulla pro-venienza, ma anche all’estrema varietà delle tipologie presenti per le quali una classificazione se-condo criteri cronologici renderebbe meno chiara l’esposizione.

Di questo gioiello museale è autore Giuseppe Barone. Egli nasce a Baranello il 1° marzo 1837da Giovanni e Teresa Iannotti, una famiglia benestante e di buone tradizioni civili e morali, ed è ilsecondogenito di otto fratelli1. E’ inviato a completare gli studi superiori a Maddaloni (CE). Si tra-sferisce quindi a Napoli, dove nel 1859, consegue il diploma di laurea in Architettura2. Il suo ope-rato riscontra immediatamente successo raggiungendo fama e notorietà. Angelo Tirabasso nel suoBreve dizionario biografico del Molise, nell’illustrare le personalità più celebri della Regione scrivecosì a proposito del nostro benefattore:“Appassionato delle arti belle, egli fu un perseverante as-sertore dei suoi ideali, raccogliendo in lunghe lotte, lodi e premi numerosi”3.

Negli anni sono stati condotti diversi lavori di approfondimento4, dove è ribadito il credito cheBarone ha saputo guadagnarsi. Inoltre, nel Museo è presente la raccolta di progetti, disegni, studi,schizzi e plastici, riguardante una parte significativa della produzione professionale di GiuseppeBarone che ci permette di avere un quadro ancora più esaustivo delle sue opere. La raccolta deiprogetti di architettura fu catalogata dall’architetto stesso che, minuziosamente, riportò il titolodell’opera, la data e il luogo. Anche il resto del materiale, tra cui disegni realizzati con altre tecni-che, è stato raccolto in una specie di libretto e fascicolato dall’architetto. Giuseppe Barone ha or-dinato i suoi lavori con perizia affinchè fossero testimonianza della sua febbrile attività, svoltamaggiormente nella Napoli della seconda metà dell’Ottocento, una metropoli ancora molto attentaalle avanguardie europee.

Il nome dell’architetto compare per importanti concorsi a livello nazionale: nel 1862 partecipacon un progetto di un Ospizio al concorso Vittadini indetto dall’Accademia di Milano5; due annipiù tardi, nel 1864, partecipa alla realizzazione del Teatro Massimo a Palermo, per il quale verrà

1 Niro 2002, p. 143.2 Bertolini, Frattolillo 1998, p. 24. Il diploma è ancora custodito nella Libreria del Museo Civico.3 Tirabasso 1932, p. 25.4 Appare subito evidente la marcata professionalità del cittadino baranellese che operò maggiormente nella Napoli

della seconda metà dell’Ottocento. Nonostante si sono prodigati in molti, è ancora assente una biografia sistematicadi Giuseppe Barone. Ancora inediti sono i dati raccolti dall’Arch. Angelo Bradascio nella sua Tesi di laurea inStoria dell’Architettura Contemporanea dal titolo Giuseppe Barone e l’Architettura dell‘Ottocento. Opere e progetti,2003, così pure le relazioni dell’arch. Cinzia Benvenuto, Giuseppe Barone Architetto in Italia e in Europa e dall’ing.Domenico Fornaro Giuseppe Barone Architetto in Molise.presentate nel recente Convegno, tenutosi a Baranello il15 dicembre 2011, organizzato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise, con il pa-trocinio del Comune di Baranello e la Pro Loco “Giuseppe Zurlo”.

5 Questo concorso non arriverà mai a termine per sopraggiunte difficoltà di procedura e il risentimento dell’architettosi esplicita in una lettera del 1879 indirizzata al giornale Il Pungolo di Napoli, condivisa da molti suoi colleghi.

premiato nel 1870, in occasione del Primo Congresso ArtisticoItaliano e la Esposizone delle Arti Belle in Parma6. Un’altra men-zione ufficiale arriva nello stesso anno per il progetto di unaChiesa Cattedrale a Roma alla Esposizione Romana di Ogni Arteper il Culto Cattolico7. Riceve una medaglia d’argento per variprogetti di monumenti e di un Teatro anche dal Ministero di Agri-coltura e Commercio, in data 25 aprile 1880.

Tra i suoi progetti legati ai monumenti commemorativi, ricor-diamo: il monumento dedicato a Luigi Vanvitelli nella piazza diCaserta8 e quello dedicato a Giovanni da Procida a Napoli 9; ilmonumento al duca Martino Placido di Sangro nella tenuta Du-cale di San Basilio nell’agro del comune di Mottola in provinciadi Taranto10 e gli edifici di trattenimento nella Villa nazionale diNapoli, di cui si possono ammirare i disegni nella Biblioteca pro-vinciale di Campobasso11.

Il suo nome compare, oltre che in relazione a committenze perpersonaggi illustri dell’epoca, anche per aver partecipato a concorsi con i più noti artisti del pano-rama internazionale: nel Museo è presente il modellino in rilievo dello scultore Onofrio Buccinisu progetto di Giuseppe Barone del Monumento all’Unità d’Italia con l’annessione di Roma Ca-pitale; il primo concorso, indetto il 18 agosto 1871, prevedeva il diritto di partecipazione di tuttigli artisti con modelli in rilievo che potevano essere presentati fino al 1 ottobre 187212. L’effettivarealizzazione dell’Altare della Patria, a piazza Venezia a Roma, fu opera di Giuseppe Sacconi chesi impose nel secondo concorso svoltosi tra il 1885 e il 1911. L’interesse al concorso dell’architetto

6 Il progetto prevedeva la copertura di un’area rettangolare di m 55 x 95 a ridosso di via Mosqueta per garantire larealizzazione del Teatro Massino dotato di tremila posti. Anche Gotffried Semper farà parte dell’illustre della giuria.Il vincitore di questo concorso sarà G.B. Basile. L’Arch. Barone da Napoli verrà premiato con medaglia d’argentodal nr. 86 al 101 “…considerata la natura del soggetto e dello sviluppo del quale occorrono profondi studi architet-tonici e conoscenze…” dal Giornale Ufficiale del Primo Congresso Artistico Italiano e l’Esposizione delle ArtiBelle in Parma nel 1870, 1871, p. 151. La menzione ufficiale è riportata anche in Atti ufficiali del Primo CongressoArtistico Italiano, 1871, pp. 211 - 212.

7 L’Arch. Barone viene premiato con medaglia per la Terza Classe grazie al suo progetto comprensivo di sei disegniad acquerello, conservati presso il Museo (dal Giornale Ufficiale della Esposizione Romana delle Opere di OgniArte eseguite per il culto Cattolico, 1870, p. 103). Probabilmente il concorso si riferisce alla ricostruzione di S.Paolo fuori le mura, dopo l’incendio del 1823.

8 Il modellino, conservato nel Museo Civico, è in gesso con base in legno di noce, modellato dallo scultore OnofrioBuccini. Il Monumento è stato effettivamente realizzato e inaugurato nel 1879 e a tuttora in sito nella Piazza di Ca-serta.

9 Pietravalle 1998, p. 74.10 Tra il 1883 e il 1884 Barone realizza il progetto per commemorare la morte del Conte De’ Marsi Riccardo Maria

De’ Sangro figlio suicida del suo amico Duca di Martina. Il modellino in legno di tiglio e base di sostegno in noceè conservato presso il Museo e fu esposto nella Galleria nord a Torino in occasione dell’Esposizione Generale te-nutasi nel 1884 (da Napoli all’Esposizione Generale Italiana in Torino nel 1884, Moschitti 1884, n. 24, p. 106). Ilmonumento commemorativo fu realizzato con un’altezza considerevole, circa 20 metri, in stile neogotico e in marmodi Carrara, probabilmente ispirato ad una guglia del Duomo di Milano; la statua fu realizzata dallo scultore RaffaeleBelliazzi. Purtroppo il monumento è crollato, colpito da un fulmine nel 1974.

11 Bertolini, Frattolillo 1998, p. 24.12 Barone 1877, pp. 5 - 6.

AMELIA PISTILLO10

- L’arch. Giuseppe Barone in una fo-tografia dell’epoca.

Barone fu da lui spiegata in una sua pubblicazione del 1877Cenno esplicativo del Monumento all’Unità d’Italia13.

Il suo talento interessò anche l’arredamento d’interni:l’esempio più esplicativo è il dono di una culla che fece allaprincipessa Margherita in occasione della nascita di VittorioEmanuele III14.

Giuseppe Barone ha il merito di essere stato anche inse-gnante di Architettura e Disegno Applicato alle Arti Industrialinel 1866 presso le scuole della Società Operaia di Napoli, pre-miato per via della sua professionalità nel campo dell’archi-tettura. Inoltre, a sottolineare la sua competenza anche nelcampo della ricerca pedagogica e didattica, vi è un saggio pub-blicato a Napoli nel 1871 sul Disegno Applicato alle Arti In-dustriali, pensato in occasione del VII Congresso Pedagogico.

Nell’ambito molisano ebbe un meritato riconoscimento:nel 1900 il Presidente della Deputazione Provinciale di Cam-pobasso lo nominò membro della Commissione Provinciale deimonumenti e delle belle arti15.

Per il suo paese natìo, Baranello, ha progettato nel 1892 un monumento a Giuseppe Zurlo16,tra il 1894 e il 1896 la fontana monumentale dedicata a Cerere17, il monumento alla Vergine inPiazza Santa Maria18, che sorge al lato della Chiesa del SS. Rosario, di cui ridisegnò la facciata inuna successiva opera di restauro del 1875. Ha restaurato, inoltre, la Chiesa di San Michele Arcan-gelo e la facciata dell’ex palazzo del Comune che ospita al secondo piano il Museo Civico.

Per tutte le costruzioni ex-novo o vari rifacimenti, incluso l’intervento per la dotazione in Ba-ranello di una pavimentazione stradale, di un’illuminazione pubblica e dell’approvvigionamentoidrico, probabilmente attinse a risorse personali facendosi carico di parte delle spese economichenecessarie, al fine di agire per il miglioramento della vita dei concittadini baranellesi.

Giuseppe Barone muore a Napoli il 6 febbraio 1902 colto da una grave malattia19.Molti sono gli elogi e le parole di stima che accompagnano il nome Giuseppe Barone ma le

frasi più lodevoli sono impiegate per aver donato la sua collezione di oggetti d’arte al suo paesenatìo:“Fu il creatore del Museo Civico del suo paese nativo, che deve essere memore e grato a

13 Nella pubblicazione sintetizza la sua idea di Unità d’Italia: la figura simbolica dell’Italia, protetta da un leone, è cir-condata dalle statue di Dante, Machiavelli, Cavour e Vittorio Emanuele II, quattro personaggi fondamentali e sintesidelle aspirazioni italiane del Pensiero e Azione. I primi due, promossero la rivoluzione delle idee, quindi il Pensiero,gli altri due, diressero ed operarono la rivoluzione della forza, l’Azione appunto (Barone 1877, pp. 5 - 12).

14 Il progetto è conservato presso il Museo Civico. L’onore di tale committenza è esplicitato anche in Tirabasso 1932,p. 25.

15 Niro 2002, pp. 144 - 145.16 Il monumento è in travertino di Bellona (CE). Il mezzo busto originario, in bronzo, è opera di Achille d’Orsi di Na-

poli, trafugato nel 1943 e sostituito da una copia attualmente in situ.17 La fontana è in marmo di Carrara con statua ed altorilievi in bronzo, fornita anche di pubblico lavatoio. Si colloca

all’interno di un progetto per un acquedotto di cui la fontana risulta essere l’elemento terminale.18 Il monumento è in pietra da taglio con statua in marmo. Sono evidenti i segni del bombardamento del Secondo Con-

flitto Mondiale.19 Tirabasso 1932, p. 25.

INTRODUZIONE 11

- Il plastico del monumento a Vanvitellidell’arch. Barone.

questo suo gratissimo e munifico suo figlio20.” In effetti, è forte il legame dei baranellesi per il pro-prio benefattore e a tal proposito, nel 1908, è stata posta una lapide di marmo sulla facciata dellacasa paterna in piazza S. Maria, tuttora in situ, con un’epigrafe dettata da Francesco D’Ovidio,che rappresenta l’omaggio corale che i compaesani vollero donargli. Inoltre, a suo nome, è stataintitolata la scuola media statale di Baranello21.

Le scelte di Giuseppe Barone derivano dalla cultura illuministica dell’epoca: salvaguardare etramandare il sapere ai posteri; la Raccolta Barone ne è una chiara testimonianza; è il riflesso diuna rinnovata borghesia che accoglie il nuovo spirito e i nuovi fermenti di “ricerca delle proprieradici” e di “civiche virtù”, conseguenze innovative dell’Unità di Italia22. La sua formazione intel-lettuale nasce è si sviluppa nell’ambiente napoletano; molte sono le personalità con cui entrò incontatto e che hanno di sicuro orientato il suo operato. Tra il 1870 e il 1890 sono testimoniati con-tatti con l’archeologo Giuseppe Fiorelli, allora Direttore del Museo Nazionale di Napoli, con ilcavaliere Annibale Sacco dell’entourage borbonico, che fu uno degli artefici della Raccolta Bor-bonica di Porcellane, con l’amico Placido de Sangro, il Duca di Martina23 e non ultimo i suoi con-tatti con il principe Gaetano Filangieri24.

Sulla scia del collezionismo ottocentesco, esortato da una passione per l’antico, Giuseppe Ba-rone spese ingenti somme per acquistare tutto ciò che in quegli anni destava interesse e figuravanei mercati, soprattutto di Napoli. Collezionò numerose opere d’arte che, con cura e perizia, cata-logò evidenziando il suo raffinato gusto per l’arte e padronanza della materia. Ne è prova il catalogoredatto da lui stesso nel 1897 e successivamente ampliato nell’edizione del 1899, dopo l’accresci-mento della collezione25. Nel catalogo sono analizzati i reperti con spiegazioni relative a manifat-tura e talvolta è precisata la provenienza. Ad arricchirlo vi è una sua calorosa prefazione che innalzal’opera a “manifesto del suo tempo”26: “…l’amore verso le cose antiche ha già da gran tempo in-vaso gli animi delle persone colte, e il cercare e conservare le antiche reliquie è opera non sola-mente dei dotti ma anche nobile ambizione di municipio…”, “…i musei sono una istituzioneeminentemente civile ed educatrice…”, ”…m’auguro con l’attuazione di questo nuovo progettoche il Museo Civico con le sue collezioni, per quanto estranee alle nuove industrie e manifatture,valga sempre a formare il buon gusto dé cittadini, educandoli al senso del bello artistico per ilvantaggio delle loro produzioni…”27.

Conservare per salvaguardare e tramandare per incoraggiare la formazione professionale deigiovani sono dunque gli imperativi categorici, risultato di un periodo di grande concitazione spi-rituale, nonché di impulso propositivo verso un orizzonte moderno aperto all’artigianato e all’in-

20 Masciotta 1915, p. 41.21 Con D.M. del 12 maggio 1967 (Boll. Uff. Ministero P.I. nr. 22 - 23 dell’8 giugno 1967).22 D’Agostino, presentazione in Di Niro 1978, p. 8.23 È testimoniato lo stretto rapporto di stima tra l’Arch. Barone e il Duca, un’amicizia legata peraltro dalla comune

passione per il collezionismo di oggetti antichi: le loro raccolte convergeranno nella nascita di due importanti isti-tuzioni museali “Il Museo Duca di Martina a Napoli” e il Museo Civico “G. Barone” (CB), Il museo del Duca diMartina ha sede nell’edificio voluto da Ferdinando I in Villa Floridiana e comprende circa seimila oggetti tra cuiporcellane e maioliche, che costituiscono la raccolta principale, oltre a reperti minori.

24 Carola Perrotti 2004, pp. 26 - 28.25 L’edizione del 1899 accoglie altre donazioni di Giuseppe Barone negli anni 1898 e 1899 segnalate con numeri rossi.

Corrispondono ai materiali cumani della Vetrina XXVI e altri oggetti d’arte.26 Carola Perrotti 2004, p. 27.27 Barone 1899, pp. V - XIV, dal discorso inaugurale del 10 ottobre 1897.

AMELIA PISTILLO12

dustrializzazione. Il 20 aprile 1895 esortaval’Amministrazione Comunale con queste parole:“…per dare al mio paese nativo una prova delmio affetto, io fin da oggi dichiaro: essere dispo-sto a donargli tutta la mia collezione di oggettid’arte antica e moderna consistente in antichitàclassiche, maioliche, porcellane, bronzi, avori,medaglie, monete, vetri, quadri e svariati oggettidi interesse storico, artistico e industriale”.

Nel frattempo si pensava alla sistemazionedella raccolta Barone e la sede prescelta fu il Pa-lazzo Comunale, in via S. Maria, con un’impo-nente facciata in stile fiorentino. In seguito sicreò la sopraelevazione di un nuovo piano suprogetto dell’architetto Barone.

Il 1 dicembre del 1897 si diede ufficialità alladonazione con un legale contratto stipulato permano del notaio Desiderio De Feo. Un espe-diente che qualifica il Barone come una persona“illuminata” è una precisa clausola presentenell’atto notarile che stabilisce l’inalienabilità el’inamovibilità degli oggetti a qualsiasi titolo,compresi i prestiti per le mostre. Al Comune fuaffidato l’onere di farsi carico della gestione edella custodia del Museo, inteso come patrimo-nio collettivo. Questo ha garantito che la collezione sia stata e sia ancora oggi estranea a dispersioni.Purtroppo, dopo meno di mezzo secolo, nel novembre del 1944, in seguito ad un controllo effet-tuato per accertare le perdite verificatesi durante il Secondo Conflitto Mondiale, fu redatto un“Elenco degli oggetti rinvenuti mancanti nel Museo Civico di Baranello” a ragion veduta dellamanomissione da parte di tedeschi. Si è così appurato che furono asportati cinquantasei oggettipreziosi in oro, argento, avorio e cristallo, nonché alcune centinaia di monete antiche28.

Il Museo Civico “G. Barone” è sicuramente una delle più importanti istituzioni culturali re-gionali, sia per la quantità dei reperti collezionati sia per il loro indubbio valore storico-artistico29.

Nel Museo Civico sono conservati circa duemila reperti e grazie alle due edizioni del catalogoBarone si ha un’idea dell’importanza della raccolta. Il catalogo propone, in una descrizione deisingoli reperti archeologici contenuti all’interno delle ventisette vetrine; per aiutare il lettore nelcomprendere la tipologia dell’oggetto sono inserite tavole che aiutano a compredere il rapportotra termine scientifico e forma dell’oggetto.

Bisogna sottolineare la quasi totale assenza come in tutti i Musei del 1800 dei dati relativi allaprovenienza, necessari per garantire ai reperti una dignità scientifica e per inquadrarli negli aspettigenerali di produzione, uso e scambi.

28 Carano 1967, pp. 12 - 13.29 Secondo una classificazione fatta con D.M. del 15 settembre 1965, figura nell’elenco dei musei minori non statali.

INTRODUZIONE 13

- Copertina del catalogo del museo civico di Baranelloredatto da G. Barone.

I materiali collezionati sono stati individuati dal Barone in diverse sezioni tematiche a partiredalla prima Vetrina secondo un criterio cronologico in parte stravolto dall’incremento del materialecumano contenuto nella Vetrina XXVI. I materiali contenuti in questa Vetrina sono gli unici ad es-sere corredati dei dati relativi alla provenienza; essi sono di particolare importanza in quanto Ba-rone li acquista nel 1899, appena dopo la scoperta dell’area archeologica. Nella nota del catalogoche Barone dedica al materiale preellenico, ci informa che gli oggetti furono recuperati in alcunesepolture del fondo di Gennaro Provenzano e riporta una serie di dettagliati particolari del ritualefunerario, della posizione dei reperti all’interno delle tombe e alle caratteristiche del materiale;dati che sicuramente l’architetto apprese dagli autori della scoperta o promotori dell’acquisto30.Tali reperti sono stati approfonditi da Pia Criscuolo nella sua tesi di dottorato del 2004.

Ogni Vetrina è munita superiormente di un numero progressivo in lettere romane e di una placcain metallo dove, in linea di massima, è spiegato il contenuto.

Per evitare la dispersione del materiale vi è un doppio sistema di serratura, preventivamentestudiato da Barone, che garantisce l’apertura di ogni singola Vetrina solo con due chiavi, detenuteper contratto dagli eredi Barone e dal Sindaco in carica.

Ogni reperto è corredato di un numero d’inventario che corrisponde al medesimo nei cataloghiBarone. Il numero è reso attraverso un’etichetta che riporta una siglatura sia in cifre arabe che incifre romane seguite da lettera S. Alcuni reperti recano una siglatura a china o a cifre arabe prece-dute da X e Y; gli autori di queste catalogazioni, sicuramente successive, sono probabilmente fun-zionari della Soprintendenza del Molise.

Tra il materiale relativo alla sezione archeologica, figurano dapprima le ceramiche, partendodai vasi geometrici e italioti, seguono i vasi attici a figure nere e rosse, i vasi fittili provenienti daisiti della Magna Grecia. Seguono i reperti in terracotta tra cui antefisse, lucerne e statuette votive.La sezione archeologica comprende anche la Vetrina XXVI, di Cuma, la Vetrina XXVII posta sullabalaustra della prima sala che contiene reperti arcaici definiti da Barone “minima”, recuperatoanch’esso in un secondo momento e altri sistemati sulla balaustra.

Nella seconda sala continua la presentazione dei reperti archeologici con la Vetrina dedicata aibronzi antichi e la successiva dedicata a vasi più tardi e al materiale vitreo.

Dalla Vetrina IX parte la sezione non relativa ai materiali archeologici o almeno in parte: me-daglie e bronzi con una datazione più recente e altre suppellettili in diverso materiale. In succes-sione seguono altre vetrine contenenti materiale anche neolitico, sistemato insieme a materialerecente per essere inquadrato nella sezione tematica dedicata alle armi. La Vetrina XII è dedicataa elementi del Presepe napoletano e le successive riguardano esempi molto pregiati di maiolica eporcellana provenienti dalle fabbriche più autorevoli come quelle dell’Europa Settentrionale o leitaliane come Capodimonte a Napoli, senza tralasciare i reperti provenienti da Cina e Giappone.

La collezione non si esaurisce solo all’interno delle vetrine e solo con i reperti appena accennati:fanno parte della collezione Barone anche molti quadri collocati nella parete nord della prima salae molti libri citati nei cataloghi Barone e conservati nella Vetrina XXV. A rendere ancora più sug-gestive le sale, vi sono molti altri reperti posizionati, sia ai piedi delle finestre, che su ogni Vetrinae addirittura in ogni spazio utile.

Il criterio adottato da Barone rispecchia la sua figura di collezionista eclettico, sfruttare il pic-colo spazio per l’esposizione di una mole di materiale che sicuramente avrebbe avuto maggiore

30 Barone 1899, nota 2, pp. 278 - 280.

AMELIA PISTILLO14

dignità se avesse occupato delle Sale più ca-pienti. Alla fine degli anni sessanta si parlavadi un eventuale trasferimento degli uffici co-munali affinchè vi fosse uno spazio maggioreda dedicare al Museo all’interno dello stessostabile. Negli anni settanta correvano voci suun definitivo spostamento della collezione innuovo edificio, attualmente sito in via delMunicipio31; ovviamente tutto ciò non fu pos-sibile in virtù del contratto redatto cento anniaddietro dal Barone.

Un’aggiunta importante alla collezione ècostituita dai reperti emersi dal sito sanniticodi Monte Vairano, che dopo una temporaneaesposizione all’interno della mostra “Sam-nium” del 1991 tenutasi a Campobasso, sonostati ordinati nella Vetrina XXIII, ex-moneta-rio, priva ormai dei reperti trafugati durantela Seconda Guerra Mondiale.

Riguardo alla pubblicazione scientificainerente alla collezione Barone, negli anni set-tanta è stata avviata dalla Direzione Generaledelle Antichità e delle Belle Arti del Molise,patrocinata dal Ministero della Pubblica Istru-zione, una ricerca finalizzata alla creazione diuna collana dei Materiali del Museo di Baranello. I materiali selezionati furono le ceramiche ita-liote e attiche studiate analiticamente dall’archeologa Gianna Dareggi. Il primo volume del 1972,dal titolo Ceramica italiota nel Museo di Baranello, prevede la pubblicazione dei reperti più si-gnificativi della produzione italiota analizzati in sedici schede di catalogo. Il volume accoglieanche una ventina di reperti pubblicati e non riprodotti dal Trendall32, alcuni dei quali inseriti nellostudio. Nel 1974 segue il secondo volume dedicato alla ceramica attica conservata nella Vetrina IIe dal titolo Ceramica attica nel Museo di Baranello, che prosegue con lo studio di trenta formeceramiche più significative a vernice nera e rossa, databili alla fine del VI e al IV secolo a.C.33

Altri materiali editi sono i bronzetti di Ercole riportati in due pubblicazioni risalenti al 197034 e al197735. Ad una data recente (2007) si deve la pubblicazione dei materiali cumani36.

31 Dareggi 1972, p. 5.32 Trendall 1970, n. 26.33 La speranza del proseguo di una pubblicazione della collana dei Materiali del Museo di Baranello si esaurisce con

l’ultimo volume che accorpa gli studi sulle ceramiche greche e italiote, edito nel 1977 dal titolo Ceramica greca eitaliota nel Museo di Baranello.

34 Colonna 1970.35 Di Niro 1977.36 Criscuolo 2007, pp. 263 - 309.

INTRODUZIONE 15

- L’edifico in stile neogotico fiorentino in cui è ubicato il museo.

IL MATERIALE VITREO- Origine e sviluppo del vetro

L’uomo conobbe il vetro come prodotto naturale poiché è esistente sotto diverse forme, la piùconosciuta è l’ossidiana37.

Per quanto concerne la sua origine è stata proposta per anni e ritenuta valida la leggenda feniciache racconta di alcuni mercanti di ritorno dall’Egitto con un grosso carico di carbonato di sodio(detto anche natrum cioè salnitro), i quali si fermarono una sera sulle rive del fiume Belo, in Fe-nicia, per riposare. Non avendo pietre a disposizione su cui collocare gli utensili per la preparazionedelle vivande presero alcuni blocchi di salnitro e vi accesero sotto il fuoco, che continuò a bruciareper tutta la notte. Al mattino i mercanti videro con stupore che al posto della sabbia del fiume edel carbonato di soda, vi era una nuova materia lucente e trasparente, il vetro. Secondo Plinioquesta è l’origine del vetro e tanti autori antichi furono inclini a considerare vera la storia da luiraccontata38. Oramai si ritiene apocrifo e fantastico l’aneddoto che attribuisce la scoperta fortuitadel vetro ai fenici39 perché vi si riscontrano ovvi problemi a livello di fabbricazione, ad esempiole temperature raggiunte, utilizzando la legna all’aria aperta come combustibile, sono troppo basseper la fusione che richiedeva minimo 1000°. Un ragionamento dal punto di vista chimico inducea pensare che il vetro sia stato una scoperta consequenziale all’utilizzo del ferro e del bronzo: leganghe dei minerali producono, con il calore, dei vetri effettivi; le scorie che accompagnano laproduzione di questi metalli sono vetro fusibile40. A dispetto del racconto pliniano, le tracce ar-cheologiche della più antica lavorazione del vetro ci portano in Mesopotamia, a Eshnunna, dov’èstata ritrovata una sbarra di vetro blu risalente al XXIII secolo a.C. e a Eridu, dove due secoli piùtardi si data un blocco di vetro blu. Sono questi i più antichi ritrovamenti che attestano la lavora-zione del vetro nel III millennio. Esso era impiegato, soprattutto, per la produzione di monili e in-tarsi ad imitazione delle pietre preziose sicuramente più costose e meno disponibili. Più tardi, dallaseconda metà del II millennio a.C., sono ipotizzabili almeno tre aree di produzione: l’area mitan-nica, l’area egizia e l’area micenea41. Intorno al 1200 cominciò “l’epoca buia” del MediterraneoOrientale che vede meno la richiesta di prodotti di lusso, inclusi quelli in vetro, un processo di re-gressione avvertito soprattutto in Egitto. Dal IX secolo a.C. le produzioni sembrano intensificarsiin Persia ma anche in territorio italico, nello specifico si tratta di crogioli rinvenuti nel Veneto, aFratta Polesine, che attestano produzioni già dalla tarda età del bronzo42. L’VIII e il VII secolo

37 Franceschini 1955, p. 11.8 Plinio, Nat. Hist. XXVI, 65 - 70. Lo storico ci riferisce della leggenda sulla scoperta del vetro da parte dei fenici e

inoltre indica con precisione due località dove si trovavano sabbie adatte a far vetro: la foce del Belus (oggi chiamatoNa’ Mân Nâhal, un piccolo fiume che scorre tra Haifa e S. Giovanni d’Acri in Israele) e una ridotta area costiera inCampania, tra Cuma e Literno, presso la foce del Volturno. Flavio Giuseppe, Bellum Judaicum II, 189 - 191, allostesso modo di Plinio, racconta l’evento nei pressi del fiume Belo. Tacito, Hist. V,7, ci riferisce della straordinarietàdella sabbia del fiume Belo, che mescolate con il nitro, erano usate per la fusione del vetro.

39 Lo stesso Barone ritiene superata questa ipotesi nella piccola introduzione che offre per i Vetri antichi, Barone 1899,pp. 75 - 76.

40 Figuier 1877, p. 2.41 L’area mitannica corrisponde alla parte settentrionale dell’attuale Siria e Iraq, i rinvenimenti sono perlopiù prodotti

con la tecnica della modellazione su nucleo preformato nella forma di bottiglie piriformi, bicchieri cilindrici, coppebasse. Nell’area egizia le più antiche attestazioni di vasi in vetro sono da ricondursi alla tomba di Tumtosi I (1525 -1495 a.C.). Nell’area micenea prevalgono monili fusi in matrice aperta rispetto ai vasi. Si suppone che artigiani pro-venienti dalla Mesopotamia si spostarono in questi altri centri e diffusero l’arte del vetro. Sternini 1995, pp. 11 - 16.

42 Sternini 1995, p. 182.

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a.C. conoscono l’affermarsi dell’arte vetraria e il progressivo competere con i prodotti di ceramicae metallo tradizionalmente consacrati come le manifatture per eccellenza dell’instrumentum do-mesticum. È solo con l’età ellenistica e la conseguente apertura delle porte del commercio Medi-terraneo, dall’Egitto soprattutto, che il mondo romano conosce in larga misura questa nuovaproduzione economica.

Nel I secolo a.C. l’invenzione della soffiatura garantirà la fortuna dell’arte vetraria, da Sidonee Alessandria prima, per poi investire tutto il mondo Romano d’Occidente e continuare a prosperarefino al IV secolo d.C. con la creazione di nuove forme e modelli decorativi43.

- Composizione e produzioneL’elemento essenziale, nonché ingrediente base di tutti i vetri, sono i silicati. Preferita era la

sabbia ma anche scaglie di quarzo, pietra arenaria e ciottoli che, richiedevano il lavoro supple-mentare per la loro frantumazione e polverizzazione. Alla sabbia venivano mescolati gli alcali, ifondenti che permettevano la fusione a temperature meno elevate44. Altre sostanze entrano a farparte della composizione di una miscela vetrosa, i coloranti. Eventuali colorazioni si ottengonoagendo intenzionalmente con aggiunte di ossidi metallici, anche se il vetro, ha una sua colorazionenaturale. La colorazione verde degli antichi manufatti era dovuta agli ossidi di ferro e ad altre im-purità presenti nella miscela. Con il rame si otteneva vetro azzurro, verde o rosso opaco; con ilmanganese vetro purpureo mentre il cobalto dava al vetro una colorazione turchino scuro. In qualitàdi agenti coloranti potevano essere usate anche le tessere di mosaico colorate come è stato confer-mato da un crogiolo di S. Vincenzo al Volturno nel cui fondo la massa del vetro presenta una tesseragialla fusa45.

La resa finale del prodotto non dipendeva soltanto dall’aggiunta di tali additivi ma anche dallecondizioni delle fornaci e in particolare dalla durata della permanenza in essi e dall’atmosfera46. Èproprio sulle tecniche di cottura antiche che le fonti letterarie o iconografiche scarseggiano; le uni-che testimonianze risalgono al XIV - XII secolo a.C. e sono le tavolette di Ninive, dove si nominanoi tre forni, Kuru, Atunu e Tenuru. Il più citato è il primo descritto in due varianti con le relativefunzioni: la prima riguarda forni a quattro bocche per la realizzazione della fritta; l’altra variantepossedeva una camera con copertura, dove si lavorava il vetro vero e proprio47. Per quanto riguardai forni romani si ricava la possibile struttura dal disco di due lucerne a volute, datate seconda metàdel I secolo d.C.; è rappresentato il forno a due livelli uno inferiore per il combustibile dotato di

43 Nel I sec. d.C. sorsero officine nei dintorni di Roma, in Spagna, in Germania, in Gallia e nel Nord Africa. Basile2004, pp. 17 - 18.

44 Gli alcali sono l’ingrediente fondamentale per abbassare il punto di fusione dei silicati altrimenti troppo elevato eper rendere la massa vetrosa più a lungo lavorabile. Sono conosciuti come composti di carbonato di sodio ed eranodi origine minerale, come la soda, o vegetale chiamata potassa, derivante dalla cenere della combustione dei vegetali.La soda era contenuta nei già conosciuti blocchi di nitro presenti naturalmente e in abbondanza in Egitto e Asia Mi-nore. L’utilizzo della soda di origine minerale è attestato ancora fino al VI sec. d.C., poi venne gradualmente sostituitadalla potassa nell’Alto Medioevo. Figuier 1877, pp. 20 - 24.

45 La colorazione verdastra dei manufatti vitrei si ritrova nelle produzioni più comuni di età romana. Nelle produzionitardo-antiche predomina il colore verde-oliva. Sternini 1995, pp. 43 - 44.

46 La colorazione bluastra era indice di un’atmosfera riducente all’interno dei forni. Al contrario, l’atmosfera ossidantegarantiva la colorazione verde e ambra. Tali fattori non influenzano solo le tonalità ma anche trasparenza e opacitàdei manufatti. Mannoni, Giannichedda 2003, p. 91.

47 La fritta è il risultato della prima fusione delle materie prime nella fase di preparazione del vetro. Sternini 1995, p. 33.

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sportello, l’altro superiore per la cottura. Plinio ci descrive soltanto il procedimento di cotturasenza citare la struttura dei forni48. Durante il processo di fusione all’interno dei forni erano utiliz-zati i crogioli, vasi di terracotta o pietra utilizzati per contenere la miscela vetrosa nelle diversefasi.

Prima della scoperta della soffiatura tutte le lavorazioni del vetro erano fatte allo stato pastosocon il sistema di rivestire un supporto mobile o uno stampo49.

La vera diffusione del vetro si deve sicuramente all’invenzione della soffiatura concepita pre-sumibilmente nella seconda metà del I secolo a.C., in qualche centro della regione siro-palesti-nese50. Tale tecnica, utilizzata ancora oggi, conobbe una notevole diffusione sotto gli imperatoridella dinastia giulio-claudia. Nel tempo la soffiatura sostituì i procedimenti di lavorazione a nucleofriabile e a colatura entro stampo51. La canna da soffio e la relativa tecnologia appaiono una set-tantina di anni dopo l’invenzione della soffiatura libera. Questa innovazione consentiva ai vetraidi produrre grandi quantità di oggetti di uso quotidiano alla portata di tutte le classi sociali del-l’impero romano, permettendo costi minori ed una produzione più rapida. Veniva utilizzato un ci-lindro di vetro cavo e si assicurava intorno all’apertura della canna da soffio fatta in ferro o inbronzo. Il produttore, soffiando all’interno della canna, portava il vetro a trasformarsi in un corpocavo potendone regolare le dimensioni in relazione alla portata del soffio e della quantità di vetroutilizzata. Una volta fatto questo il soffiatore lisciava la superficie dell’abbozzo tramite la mar-morizzazione ed il passaggio all’interno di una forma in legno a coppa; tra l’una e l’altra operazioneera importante che la canna venisse fatta girare ripetutamente su se stessa per evitare che il vetro,ancora malleabile, potesse esercitare il proprio peso in una sola direzione, deformando così l’og-getto.

- Classificazione: forme e tipiI vetri si dividono in tre grandi categorie: i balsamari, le stoviglie da tavola tra cui ciotole,

piatti, bicchieri, bottiglie e i grandi contenitori da dispensa usati anche nelle deposizioni funerarie.In vetro erano tuttavia molti altri oggetti, ad esempio collane, braccialetti, anelli, sigilli, bastoncini,

48 La prima fase consisteva nella cottura della massa di vetro grezzo con sabbia e nitro, rifuse per ottenere la fritta. Laterza fase prevedeva ancora una volta una rifusione per ottenere il vetro lavorabile. Plinio, Nat. Hist XXXVI, pp.193 - 194.

49 Mannoni, Giannichedda 2003, pp. 89 - 90.50 L’ipotesi è stata confermata da scavi inerenti delle vasche in un quartiere di Gerusalemme. Le vasche hanno regalato

numerosi unguentari rudimentali, precisamente dei tubi di vetro, che denotano l’utilizzo della soffiatura libera,quindi ancora non era attestato l’uso della matrice, ovvero della canna da soffio. Il quartiere archeologico è statodatato alla seconda metà del I sec. a.C. Sternini 1995, pp. 25 - 26.

51 Queste due tecniche erano già conosciute perché utilizzate nella produzione metallurgica e successivamente riadattateal nuovo materiale. La tecnica a nucleo friabile risale alla metà del II millennio a. C. Questa tecnica, che apparvenell’Età del bronzo, e si diffuse dalla Mesopotamia all’Egitto, comportava la modellazione di un’anima con la formadell’oggetto desiderato attorno ad una verga metallica. L’anima, che consisteva in una combinazione d’argilla, sabbiae un collante organico (escrementi), era poi ricoperta con vetro caldo, sia per immersione in un crogiolo sia medianteripetuti avvolgimenti di un filo vitreo e quindi si faceva rotolare per far aderire i filamenti su una superficie liscia.Al termine si aggiungevano le anse, la base e il bordo. Una volta pronto il vaso, l’anima d’argilla era rimossa. Latecnica della colatura a stampo è anch’essa usata fin dall’Età del Bronzo e prevedeva vari e molteplici metodi, im-piegati per la produzione di vasellame, contenitori, perline, gioielli, intarsi, placchette e lastre di vetro. Il procedi-mento più semplice consisteva nel mettere vetro triturato in uno stampo precedentemente fabbricato con la formadesiderata. Basile 2004, pp. 21 - 22.

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cucchiaini, giocattoli. Dei vetri da finestra, a motivo della loro estrema frammentarietà, ben pococi è pervenuto52.

La parte più cospicua del materiale vitreo conservato nel Museo Civico “G. Barone” è espostanella Vetrina VIII della seconda sala e nella Vetrina XXVII posta sulla balaustra della prima sala.Alla mia proposta di studio e catalogazione vanno aggiunti i materiali presenti nella Vetrina XXIII,ex-monetario53, dove sono stati accuratamente esposti altri materiali non concernenti la raccolta“Barone” ma provenienti da Monte Vairano, anch’essi oggetto di studio. Benchè rappresentinouna parte cospicua della collezione Barone, ancora non vi è stata una catalogazione sistematica euno studio analitico.

Nel repertorio tipologico dei contenitori vitrei conservati al Museo Civico di Baranello pre-valgono in assoluto le classi relative ai balsamari nelle diverse forme. Di gran lunga inferiori sonole percentuali di vasellame da mensa e da dispensa, come le coppe, rappresentate purtroppo soloda frammenti. Nel dettaglio lo studio è riferito a sessanta forme chiuse per la maggior parte integre,a trentacinque frammenti, di cui tredici orli e solo cinque forme aperte. Sono stati analizzati anchetre tappi, quattro bacchette, quindici pedine circolari e due astragali oltre che gli oggetti di orna-mento: sei collane, un bracciale e un vago.

La maggior parte dei reperti presi in considerazione è dotato di un numero di inventario che fariferimento alla catalogazione Barone riportata nelle edizioni del 1897 e del 1899 del catalogo; iframmenti sono stati numerati in ordine di schedatura con cifre arabe progressive; tale criterio èstato adottato anche per altri reperti privi di numero d’inventario. I materiali della Vetrina XXVIIsono provvisti di una numerazione speciale che non è presente nelle edizioni del catalogo Baronesopra citate54.

Lo studio degli esemplari è organizzato per “tipi” differenti e ordinati dal momento inizialedell’attestazione. Sono presentate le caratteristiche morfologiche e discusse le problematiche ine-renti alla funzione, alla datazione, alla diffusione e alla produzione. I diversi tipi sono numeratiprogressivamente e corredati da schede tecniche dov’è specificato il numero di inventario, la de-scrizione morfologica e tipologica, nonchè i confronti possibili. Le schede sono corredate dallafoto del reperto e in alcuni casi dalla tavola relativa al disegno.

Dei singoli pezzi è quasi sempre sconosciuto il contesto di appartenenza e le relative indicazionisulle località di ritrovamento55, anche se si suppone che la maggior parte dei reperti provenga dallazona vesuviana vista la biografia del collezionista.

- Anfora miniaturisticaNella collezione Barone è presente un unico esemplare di amphoriskos in vetro policromo con

decorazione a zig zag. La cronologia del reperto è molto alta rispetto agli altri balsamari in vetro

52 Il nr. inv. 795 della Vetrina VIII si riferisce ad una patera contenente diversi frammenti di lastre di vetro per finestre,di vetro a colori marmorizzati ed a mille fiori. Barone 1899, p. 92

53 La Vetrina XXIII, attualmente denominata Ex-monetario, era dedicata alla collezione delle monete greche e romanepurtroppo trafugate durante il Secondo Conflitto Mondiale.

54 Mi riferisco ad una nuova catalogazione effettuata presumibilmente in tempi successivi all’acquisto dei materialidella Vetrina XXVII.

55 Dei reperti analizzati solo per il nr. inv. 705 è indicata la provenienza da Pompei. Il reperto non risulta presente almomento della presente tesi. Per la collana con il nr. inv. 743 è indicato da Barone il rinvenimento a Baranello. Ba-rone 1899, pp. 89, 91.

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soffiato esaminati, infatti la tipologia si attesta dal III secolo a.C. al I secolo a.C. La particolaritàdell’anfora miniaturistica sta nell’essere un esempio di modellazione su nucleo, una delle primetecniche con le quali è stato lavorato il vetro. Probabilmente la funzione di contenitore di liquidiè simile a quella dei più comuni balsamari dell’epoca romana di cui il reperto in questione rappre-senta l’esemplare più antico nonché precursore di tale destinazione d’uso.

Grazie agli studi sistematici condotti da tre studiosi internazionali D.B. Harden, M.C. McCleane D. Grose, si è giunti a classificare i balsamari modellati su nucleo, datati dalla seconda metà delVI secolo a.C., in tre grandi categorie definite “Gruppi Mediterranei” e suddivisi in base a evidentidifferenze morfologiche e di tinte usate. In generale si riconosce che i primi esemplari modellatisu nucleo riprendono le forme comuni dal mondo ceramico: alabastron, aryballoi, oinochoe e am-phoriskos. Il colore di fondo varia dal blue al verde scuro e i colori utilizzati per le decorazioni,prevalentemente a zig zag, non sembra differire nei tre gruppi, a parte l’utilizzo maggiore del colorturchese a discapito del bianco56.

Il reperto appartiene al Terzo Gruppo Mediterraneo e proviene probabilmente da fabbriche diRodi o della costa siro-palestinese attive tra l’inizio del II e la fine del I secolo a.C.57. Anche aPompei è stato rinvenuto un esemplare simile che presenta una decorazione a piccole onde serratee fitte spirali per tutto il corpo. La decorazione dell’anfora invece riporta il tipico motivo a zig zagpiù attestato per questo tipo di produzioni con i colori bianco e giallo su fondo blue scuro. Il repertoè stato ricomposto in due parti probabilmente in epoca recente. La desinenza con un piede “a bot-tone” leggermente deformato ha richiesto l’utilizzo di un supporto, all’interno della Vetrina, pergarantire la staticità.

- I balsamariÈ la categoria più rappresentata tra il materiale vitreo presente nel Museo Civico di Baranello.

In generale, nel mondo romano si legava ai balsamari l’uso maggiore del vetro antico, a ragiondel fatto che erano i veicolatori principali di profumi e sostanze aromatiche, perlopiù di origineorientale. Infatti le fonti greche e romane relative all’uso dei balsamari in vetro lo riferiscono pre-valentemente ad usi medici e cosmetici58. In questo lavoro di tesi non è possibile approfondire inquesto senso gli esemplari analizzati, poichè non saranno effettuate le analisi chimiche dei conte-nuti59 ma la vasta tradizione letteraria compensa questa mancanza designando l’uso specifico deibalsamari come contenitori soprattutto destinati alla cosmesi.

Gli unguenti si ottenevano facendo macerare erbe e fiori aromatici in olio caldo di oliva o disemi vari poi torchiati e filtrati per essere imbottigliati in appostiti contenitori. L’uso di tali sostanzeserviva per ungersi il corpo con olio dopo il bagno per restituire alla pelle la morbidezza. La dif-fusione di questa nuova moda è da ritenersi di diretta influenza del mondo Orientale e attestata aRoma già dalla fine dell’VIII secolo a.C. e in Etruria dal VII secolo a.C., come testimoniano ala-bastra e aryballoi di fabbricazione locale. Arrivano anche presso i popoli frentani tra il V e il IV

56 Per una disamina completa vedi tavv. II - XX, Basile 2004.57 Recenti studi hanno evidenziato la presenza di fabbriche a Rodi relative a questa fase della produzione. Basile 2004,

p. 34.58 Scatozza 2012, p. 34.59 Nell’ultimo lavoro di una delle studiose principali del materiale vitreo, in questo caso relativo ai reperti Pompeiani,

sono state effettuate analisi microchimiche del contenuto su numerosi unguentari in vetro (vedi Scatozza 2012, pp.343 - 359).

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secolo a.C.60. Con l’imporsi della nuova moda si è cercato di ovviare a problemi relativi l’impor-tazione delle sostanze profumate avviando produzioni locali e cominciando a fabbricare i conte-nitori non più in argilla61, bensì in vetro soffiato sicuramente più economico. Il porto campano diPozzuoli è citato spesso in relazione a questo tipo di commercio tra Oriente e Italia già dal 70 a.C.fino alla prima età imperiale. Anche se si ignorano l’entità della frequenza e del dato economico62,è probabile che sia stato uno dei porti principali per la diffusione di unguentari con sostanze pro-fumate in Campania.

In questo capitolo è importante sottolineare l’uso del vetro come materiale privilegiato per laconservazione di sostanze profumate, rapporto sicuramente avvenuto in seno alla scoperta dellasoffiatura e della conseguente diffusione di officine vetrarie. Intorno all’età augustea si registrache la produzione di unguentari in vetro aveva raggiunto dimensioni notevoli con una vasta gammadi forme e tipi.

È dalla stessa forma del recipiente che si evince il reale utilizzo come contenitori di liquidi: disolito di piccole dimensioni e stretti per evitare la dispersione del contenuto, con orli svasati peragevolare la fuoriuscita del liquido.

In questo paragrafo sono esaminati tutti i balsamari esposti nella Vetrina VIII e descritti nelleschede di riferimento; della Vetrina XXVII è esaminato l’unico esempio di amphoriskos e tredicipresumibili balsamari provenienti da Pompei.

I tipi sono stati stabiliti in base alle caratteristiche estrinseche del pezzo, alla forma del contenitoree dell’orlo possibili grazie all’utilizzo di pubblicazioni di riferimento, necessarie per l’inquadramento,sia tipologico, che cronologico63. Questi riferimenti sono stati utili anche nel caso dei tipi più comuniper la costituzione di sottogruppi in base a criteri di stretta ed evidente affinità morfologica.

Riguardo all’uso degli unguentari in vetro è opportuno ricordare anche il nome con il qualeerano designati è diverso da quello adottato oggi. Alcune forme particolari venivano chiamate“vasi lacrimatoi”64 a ragion del fatto che gli unguentari non assolvono solo alla funzione di conte-nitori di profumi esclusivi della toletta femminile e maschile, ma erano usati anche per le pratichefunerarie, come si evince dal nome antico.

- Balsamari a ventre discoidaleNel Museo Civico di Baranello è attestato un solo balsamario appartenente a questa categoria

di cui, purtroppo, si conserva solo il ventre e parte del collo, limitando così la descrizione alla solaparte inferiore. Il balsamario potrebbe riferirsi al tipo 44 della classificazione Scatozza, identificatocome balsamario con corpo lenticolare-biconico e che ritiene sia raro nell’area vesuviana, presentead Ercolano con un solo esemplare65. Non rientra in una tipologia precisa della classificazioneIsings, probabilmente al tipo 6 e 6 - 8 come per i balsamari a ventre emisferico. Per quanto riguarda

60 Ritrovati in sepolture di Guglionesi e Larino. Di Niro, 2007, p. 86.61 Per gli unguentari fittili vedi il volume di Forti, 1963.62 De Tommaso 1990, pp. 9 - 11.63 Per la schedatura dei balsamari mi sono servita di Isings 1957, Scatozza 1986, De Tommaso 1990.64 Barone cita la maggior parte degli unguentari con il nome lacrimatoj e ne sottolinea l’uso come contenitore di so-

stanze profumate ma nell’ambito delle pratiche funerarie. Gli unguentari contenevano le sostanze profumate chevenivano spruzzate sulle ceneri dei defunti. Barone 1899, p. 93. Questa denominazione attualmente non è in uso,vengono identificati come unguentari tutte le boccette di vetro contenenti profumi.

65 Scatozza 1986, p. 57.

INTRODUZIONE 21

la classificazione De Tommaso il tipo 1 sembra il più calzante in quanto vi è l’indicazione dell’al-tezza tipica di questi balsamari che è compresa tra cm 4 e 8 66, riferibile anche al nr. II.1 che puressendo un frammento sicuramente non andrebbe oltre questo limite. Il tipo è diffuso soprattuttoin Italia nord-orientale, ad Aquileia e nel Padovano, oltre che attestazioni nell’area ticinese da cuiprovengono i pochi balsamari di Pavia. Questa tipologia potrebbe configurarsi come una variantedel balsamario a corpo globulare67 ma si è preferito darle risalto in un solo sottoparagrafo, datal’eseguità degli esempi presenti in tutta la penisola.

- Balsamari a ventre emisfericoLa tradizionale classificazione riguardante i balsamari con corpo globulare o emisferico rag-

gruppa tutti gli esemplari esistenti caratterizzati da questa peculiarità morfologica e indicati anchecome balsamari a corpo bulboso. La prima attestazione di questi balsamari è documentata nelgruppo di tombe etrusche di Toscanella, ora conservati al Museo Archeologico di Firenze e datatidal I secolo d.C.68. Di questo gruppo fanno parte gli esemplari classificabili alla forma 6 e 6 - 8della studiosa Isings, al gruppo 45 e 46 della classificazione Scatozza e ai tipi 7, 12 e 13 della clas-sificazione De Tommaso, l’ultimo studioso che si è occupato del raggruppamento dei vari balsamariattestati fin dall’età augustea. Morfologicamente sono distinti da un orlo irregolare espanso o sem-plicemente tagliato da un collo cilindrico, che in alcuni esemplari risulta più sviluppato dal corpoglobulare o tendenzialmente emisferico e dal fondo completamente convesso o appiattito o leg-germente concavo. Nello specifico ci riferiamo ai balsamari nr. III.2 e 3 corrispondenti al tipoIsings 6, al tipo Scatozza 45 e al tipo De Tommaso 769. I due esemplari corrispondono alle carat-teristiche sopra elencate; il nr. III.2 presenta un collo cilindrico più alto rispetto al nr. III.3 e am-bedue sono di piccole dimensioni comprese tra cm 4,9 e 5,6. La studiosa Scatozza ritiene che,nonostante questa variante, il tipo sia comunque ascrivibile alla forma 6 Isings70. Questo tipo dibalsamario ricorre in maniera minore nell’Italia meridionale e troviamo confronti ad Ercolano,Pompei e in Sicilia realizzato sempre con vetro molto sottile. La maggior parte degli esemplaririnvenuti proviene dall’Italia nord orientale e da Aquilea. Si è supposto che il notevole addensa-mento fosse indice della presenza di centri di una forte produzione locale71. In queste zone è rile-vante anche la presenza di balsamari tipo Isings 10, ovvero i balsamari per eccellenza con corpoglobulare, che si rinvengono dall’inizio e non oltre la metà del I secolo d.C. e probabilmente laforma Isings 6 è stata la variante più fortunata e riprodotta72.

I balsamari a ventre emisferico includono anche gli esemplari con forme intermedie: il tipoIsings 6 - 8 ne è un esempio importante in quanto rappresenta i balsamari a ventre tondeggiante.Il nuovo tipo si differenzia dal precedente perché il collo si allunga e il corpo ha forma meno re-golare risultando più schiacciato. Tutte queste varianti sono giustificate dallo stesso De Tommaso

66 De Tommaso 1990, pp. 37 - 38.67 Maccabruni 1983, p. 110.68 Isings 1957, p. 22.69 Isings 1957, pp. 22 - 23. Scatozza, p. 57. De Tommaso 1990, pp. 42 - 43.70 Scatozza 1986, p. 57. La studiosa Isings precisa la caratteristica di questi balsamari definendoli Bulbus unguentarium

with short-neck, appunto con breve collo, ma vengono comunque compresi nel tipo 45 Scatozza.71 Scatozza 1986, p. 57.72 Maccabruni 1983, p. 109. Per i balsamari tipo 10 Isings vedi nr. 67 - 75 p. 139. Per i balsamari tipo 6 Isings vedi nr.

77 - 90, pp. 140 - 141.

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il quale ritiene che il tipo 12, corrispondente al tipo Isings 6 - 8, con il tempo abbia assimilato unavariante con corpo ovoidale e aspetto più tozzo, probabilmente in età neroniana ma circoscritta aRoma e alle città vesuviane e che la Scatozza ha indicato con il tipo 4673. Inoltre gli esemplari pro-venienti da Ercolano prolungano la vita della forma fino all’età flavia e ne ampliano l’orizzonte didiffusione fino all’area vesuviana74.

I balsamari corrispondenti a questa classificazione sono i numeri III.4 e 5 soffiati in vetro dicolore blue o azzurro e hanno dimensioni in altezza comprese tra cm 7,4 e 10,5. In base alla mol-titudine dei confronti con centri dell’Italia meridionale, a Pompei, Ercolano e Sepino, si può sicu-ramente stabilire che la nuova tipologia di balsamari non sia diffusa solo nella parte settentrionaledella penisola come la precedente.

Il balsamario numero III.1 appartiene tipologicamente al tipo 13 della classificazione De Tom-maso per la particolare conformazione dell’orlo più spesso e distinto, non tagliato dunque. Per laconformazione globulare del corpo si rifà ai balsamari a piccolo ventre tondeggiante con cui con-divide i confronti. Probabilmente si configura come una variante più tarda e rara del tipo 7 e 12De Tommaso75.

- Balsamari a ventre piriformeAllo stesso orizzonte cronologico dei balsamari a ventre emisferico appartengono i balsamari

a ventre piriforme, largamente diffusi dall’età augustea alla fine del III secolo d.C.76 Di questo rag-gruppamento fanno parte dieci balsamari presenti nel Museo Civico di Baranello. Le caratteristichecomuni fanno riferimento ai tipi Isings 26 e 28, al tipo Scatozza 49 e ai tipi De Tommaso 27, 32,41. La morfologia comune prevede un orlo semplicemente appiattito e ripiegato verso l’esterno,un collo cilindrico variamente lungo che presenta una strozzatura alla base e un corpo propriamentepiriforme schiacciato verso il fondo che a sua volta può essere piatto o leggermente concavo.

Al tipo 26 Isings corrispondono i numeri IV.1 e da IV.7 a 10 nella variante 26/a e sono i balsa-mari di piccole dimensioni tra cm 5,1 e 7. Questa tipologia si presenta come l’evoluzione del tipo6 Isings ovvero dei balsamari a corpo emisferico dai quali differiscono per un ventre più schiac-ciato. All’interno di questa tipologia si distinguono due varianti apportate da De Tommaso: il tipo27 corrispondente al numero IV.1 e il tipo 41 corrispondente ai numeri da IV.6 a 10. Il primo tiporisulta poco diffuso in Italia e ad Ercolano è presente un solo esemplare senza la strozzatura allabase del collo77 evidente invece nel caso del numero IV.1 ed è sicuramente più documentato nelleprovince transalpine78; il secondo tipo trova maggiori confronti nella penisola e potrebbe rientrareanche nella classificazione Isings al tipo 28/a inquadrato come l’esemplare più recente tra i balsa-mari piriformi e abbondante in contesti ercolanesi e pompeiani. Tradizionalmente viene indicatasempre un’altezza superiore ai cm 10 con il corpo che occupa la metà dell’altezza totale, renden-dolo simile ad una piccola bottiglia79 ma questo fattore non è riferibile ai quattro balsamari in que-

73 De Tommaso 1990, p. 46.74 Scatozza 1986, pp. 57 - 58.75 De Tommaso 1990, p. 47.76 Scatozza 1986, p. 64.77 Bisogna sottolineare che una delle caratteristiche morfologiche importante di questa classe di balsamari, ovvero la

strozzatura alla base del collo, è più diffusa in ambito orientale che in quello italiano. Scatozza 1986, p. 64.78 Larese 2004, p. 39.79 Isings 1957, p. 42.

INTRODUZIONE 23

stione cui l’appartenenza a questa nuova tipologia risulterebbe forzata e pertinente solo conside-rando la forma del ventre. La tipologia è ricca di confronti in tutta la penisola, anche se è partico-larmente frequente nell’Italia Settentrionale80. I quattro balsamari piriformi da numero IV.2 a 5,seppur presentano sensibili variazioni morfologiche81, sono ascrivibili al tipo 28/b della classifi-cazione Isings, sempre nel contesto dei balsamari a ventre piriforme. Questa variante della forma28 è dovuta al rapporto tra corpo e altezza totale nella misura di 1/3 o 1/4. È proprio la caratteristicadei balsamari in questione che presentano una bassa parete arrotondata verso l’interno. La formaè molto diffusa in tutta la penisola e amplia l’orizzonte cronologico fino al IV secolo d.C. 82 anchese altri studiosi non datano la forma oltre il II secolo d.C.83. Nel catalogo Barone vengono identi-ficate come piccole ampullae dai colori particolari84, infatti le tonalità variano dall’ambra, al blue,al giallo e ovviamente al tradizionale verde.

- Balsamari tubolariSono i comunissimi balsamari a orlo espanso, semplicemente tagliato, con collo cilindrico

strozzato alla base e ventre tubolare talora espanso verso il fondo. I balsamari tubolari, corrispon-denti alla forma 8 della classificazione Isings sono largamente diffusi in tutte le regioni del mondoromano, dall’inizio del I secolo d.C. all’inizio del III secolo d.C.85. La studiosa Scatozza ha propostoun’ulteriore classificazione della forma 47, tipo Isings 8, in base ad elementi ricorrenti. La sua di-stinzione riguarda quattro sottotipi che giustificano le diversità morfologiche che presentano gliesemplari. Alla forma 47/a si ascrivono i balsamari “a goccia” con ventre non distinto dal collo eil fondo desinente proprio in questa forma, quindi una base arrotondata. Nella collezione Baronenessun balsamario rientra perfettamente in questa tipologia, anche se la forma del fondo convessadei numeri V.1, 3 e 12 potrebbe rimandare al tipo 47/a86. Una variante di questa forma è il tipo 27Isings.87 È chiamata test-tube unguentarium proprio perché tipologicamente è assimilabile allaforma delle moderne provette. Appare dalla fine del I secolo d.C. e resiste addirittura fino al IVsecolo d.C. sia nelle province transalpine che in Oriente, diffondendosi ovunque compresa l’areadi Pompei ed Ercolano. Tra gli esemplari analizzati, nessuno calza perfettamente con la descrizionedi questa variante a profilo continuo; probabilmente il frammento numero V.12 non possiede larastremazione alla base del collo tipica di questo tipo e del tipo 47/a.

L’ulteriore classificazione della forma 47 in b, c, d non si riferisce a vere e proprie differenzemorfologiche: la discriminante è data dalla diversa altezza del collo in relazione con il ventre piùo meno schiacciato e un fondo appiattito e leggermente convesso rispetto alla forma 47/a88.

Al tipo 47/b si ascrivono cinque balsamari della collezione Barone soffiati in vetro di coloreambra o verde con diverse sfumature e con un’altezza compresa tra cm 8 e 11,5. La caratteristica

80 De Tommaso 1990, pp. 64 - 65.81 Gli orli dei nr. IV.4 e 5 appaiono irregolari e svasati, una chiara denuncia di quanto il materiale vitreo sia soggetto

ad errori durante la sua lavorazione per via della sua delicatezza.82 Isings 1957, pp. 34 - 3583 De Tommaso 1990, p. 58; Larese 2004, p. 67.84 Barone 1899, p. 90.85 Isings 1957, p. 24.86 Scatozza 1986, per la forma 47/a cfr. con i nr. da 147 a 171, tav. XXXV. .87 Per il tipo 27 Isings vedi Isings 1957, p. 41 e Maccabruni 1983, p. 151 e cfr. con nr. 185 p. 168.88 Scatozza 1986, pp. 58 - 62.

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che li accomuna è il collo più corto rispetto al ventre. Inoltre i numeri V.1 e 2 possono essere ul-teriormente distinti per la conformazione del ventre che non si slarga verso la base, dai quali dif-feriscono i numeri V.3, 4 e 5 che possiedono questa caratteristica. Si tratta delle varianti che DeTommaso esprime in relazione ai balsamari tubolari: il tipo 60 per i primi due e il tipo 67 per i re-stanti tre89. Entrambi i tipi ricoprono un arco temporale comune con la massima attestazione nelperiodo tiberiano e hanno diffusione in tutta la penisola90.

I balsamari tubolari da V.6 a 8 sono gli esempi che si riferiscono al tipo 47/c della classificazioneScatozza, con la caratteristica essenziale del collo più lungo rispetto al corpo tubolare. All’internodi questa classe di balsamari si riconoscono delle varianti distintive che suggeriscono un’ulterioredistinzione garantita dalla classificazione di De Tommaso; il riferimento è al tipo 71 e 72. I balsa-mari numero V.7 e 8 appartengono al tipo 71 De Tommaso in quanto hanno corpo tubolare conparete solo lievemente inclinata all’esterno. Il tipo 72 De Tommaso è invece riferibile al nr. V.6che ha la caratteristica del ventre espanso in modo accentuato rispetto al tipo 71; inoltre questobalsamario è immediatamente riconoscibile per il colore forte, il verde scuro, utilizzato per la sualavorazione che non trova esempi similari negli altri balsamari della collezione Barone.

Al tipo 47/d della classificazione Scatozza si riferiscono i restanti balsamari tubolari, caratte-rizzati da uguale lunghezza del collo e del corpo la cui parete si allarga lievemente in corrispon-denza del fondo. Non si riscontrano particolari differenze tra questi balsamari, sono tutti ascrivibilial tipo 70 della classificazione De Tommaso. La forma è assai diffusa, sia in Italia settentrionale,sia nelle regioni centro-meridionali91.

Per il numero V.12 è possibile identificare solo la tipologia generica inquadrandolo al tipo 8Isings e 47 Scatozza, senza poter proporre sottotipi in quanto si tratta di un balsamario mancantedella parte superiore. La parte inferiore è affine ai numeri V.1 e 3 che potrebbero identificarsi comebalsamari “a goccia”.

Riguardo alle minime variazioni fisiche che si registrano all’interno della grande classe deibalsamari tubolari non possono essere ristretti a tipologie minori92.

Bisogna certamente considerare che la forma Isings 8 comprende al suo interno differenziazionitipologiche evidenti, visibili nei restanti esemplari del Museo ascrivibili a questo gruppo ma è ne-cessario inquadrarle come varianti di una produzione che ebbe larga diffusione e fortuna in queisecoli senza utilizzarle per stabilire una rigorosa seriazione cronologica.

- Balsamari campanulatiGli elementi distintivi dei balsamari campanulati sono il lungo collo cilindrico e la forma del corpo

tronco-conico o campaniforme con pareti dall’andamento curvilineo più o meno accentuato e il fondopuò essere arrotondato, o appiattito contro una superficie, oppure leggermente incavato. È presentealtresì la strozzatura alla base dell’alto collo molto sviluppato in questo tipo di balsamario. Costituisceuna particolare versione del tipo di unguentario 82 B 1 della classificazione Isings datata dal I secolod.C. per tutto il secolo successivo. Isings definisce le diverse forme di balsamari a lungo collo del IIsecolo d.C. Candlestick unguentarium, considerandole come varianti dello stesso tipo, la Forma 8293.

89 De Tommaso 1990, pp. 78, 81 - 82.90 Larese 2004, il tipo 67 della classificazione De Tommaso anticipa la cronologia all’età augustea, p. 40.91 De Tommaso 1990, pp. 83 - 84.92 De Tommaso 1990, pp. 78, 81, 83.93 Isings 1957, pp. 97 - 99.

INTRODUZIONE 25

Si ascrivono uniformemente al tipo Scatozza 48 e al tipo De Tommaso 46.Sono attesti fin dall’età Flavia, tanto nel settore occidentale, che in quello orientale dell’impero

e resteranno in uso con poche varianti per tutto il corso del secolo successivo. Si è certi che leprincipali officine proliferassero in Siria, a Cipro, in Egitto, in Italia Settentrionale e nelle provinceoccidentali. Dalle forme caratteristiche della prima metà del I secolo d.C., da cui probabilmentederivano, si differenziano per le dimensioni maggiori, l’altezza è generalmente superiore a cm 10e per il notevole sviluppo del collo; non si riscontrano variazioni tipologiche sostanziali: in questocaso l’abilità del vitrarius non ha modo di manifestarsi, poiché le suddette forme sono frutto dipochi gesti ripetitivi e di una produzione standardizzata94. Stupisce che ad Ercolano vi sia un soloesempio e a Pompei nessuno rispetto alla collezione Barone che vanta dieci esemplari. Anche aSepino sono documentati altri due esemplari. Probabilmente in una collezione che proviene mag-giormente dall’area vesuviana è possibile che Barone si sia assicurato per primo i balsamari cam-panulati tanto rari anche nel resto della penisola, infatti rispetto ad altri tipi di unguentari, la formain questione non è molto frequente se non limitatamente ad alcuni settori95.

- Balsamari deformatiNella Vetrina XXVII sono esposti dodici balsamari deformati presumibilmente dalla lava vul-

canica del 79 d.C. e quindi provenienti dalle zone vesuviane. Tutti gli esemplari sono danneggiatie deformati e la maggior parte è rappresentata da frammenti per cui non è possibile pervenire aduna classificazione tipologica. Solo per i numeri VII.1, 2 e 3 si conserva tutta la presumibile altezza,per il restante si conserva o solo la parte superiore o quella inferiore con parte del collo. Vi sonodue balsamari, i numeri VII.11 e 12, che sono addirittura schiacciati su loro stessi e nella massainforme non si riconosce nessuna porzione del corpo iniziale. Anche i colori sono generalmenteopacizzati con la presenza di abrasioni varie, chiara denuncia della circostanza per la quale si tro-vano in questo stato. Inoltre all’interno dei balsamari integri vi sono ancora tracce di sostanze in-cenerite.

In conclusione non è possibile ricostruirne l’antico splendore né rintracciare il metodo di pro-duzione, anche se si potrebbe ipotizzare la soffiatura libera sicuramente la tecnica “regina” per ibalsamari in vetro.

- Balsamari di forme particolariA rappresentare la categoria di bottigliette balsamari soffiate in stampo vi sono due esempi ed

entrambi si inseriscono appieno nella tipologia che Isings identifica come la 7896. Il gusto di questitipi a stampo con decorazione naturalistica ebbe forse origine orientale e furono conosciuti almondo romano dal I secolo d.C. inoltrato. Il tipo si ispira probabilmente a modelli fittili.

Al tipo 78/a Isings, al tipo 33 Scatozza e al tipo 81 De Tommaso corrisponde la numero VIII.1ovvero la bottiglietta balsamario cefalomorfa, comunemente chiamata anche a testa di negro perchéè la tipologia meglio rappresentata nei pochi esemplari rinvenuti a Ercolano, Pompei e Padova.Altrove le varianti diffuse sono a testa di Medusa e di Giano, ma sono attestate soprattutto nelle

94 Maccabruni 1983, pp. 150 - 152.95 Larese 2004, p. 68.96 Isings 1957, pp. 93 - 94.

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regioni orientali fin oltre il III secolo d.C.97. Probabilmente in occidente e in Italia erano prodottelocalmente ma in percentuale sicuramente minore rispetto alle altre tipologie di balsamari, datal’esiguità degli esemplari.

Al tipo 78 c/e Isings, al tipo 35 Scatozza e al tipo 78/79 De Tommaso corrisponde la bottigliettabalsamario fitomorfa. La classificazione appare alquanto generica poiché non è possibile identifi-care il balsamario né a forma di pigna né a forma di grappolo d’uva. L’esemplare ha caratteristichecomuni sia all’uno che all’altro tipo: il corpo punterellato e le grinze realistiche lo accomunanoalle due tipologie; la base costolata a mò di fiore non è ascrivibile alle due tipologie citate. Infattii balsamari conformati a grappolo d’uva e a pigna terminano entrambi a punta o comunque conuna convessità accennata.

Inoltre il tipo a grappolo esiste nella variante senza anse, come l’esemplare in questione, sia aPompei che a Aquileia98 ed è ritenuta una produzione standardizzata italica. L’orizzonte cronologicoidentificato va dalla metà del I secolo d.C. al II d.C., la presenza a Ercolano e Pompei di balsamarisimilari consente di anticipare gli inizi di questa tipologia agli anni precedenti al 79 d.C.99.

Il frammento di balsamario fitomorfo potrebbe essere interpretato anche come un tappo con-siderando il breve collo cilindrico immaginato come l’innesto nella bottiglia e il corpo punterellatocome la parte che fuoriesce; purtroppo l’oggetto è un frammento e inoltre non si hanno confrontinecessari ad avvalorare questa ipotesi.

- Balsamario olliformeL’unico esemplare di balsamario olliforme in vetro è indicato con il tipo IX. L’ingresso di

questa nuova forma è ascrivibile alla seconda metà del I secolo d.C. fino al secolo successivo,anche se si pensa addirittura fino al IV secolo d.C.100. Si tratta di produzioni piuttosto comuni trail vasellame vitreo e furono rinvenuti in diverse aree della penisola tra cui la Valle del Reno, Aqui-lea, il territorio dell’Irpina ed ovviamente Pompei e Ercolano. Ai numeri 12767 e 12768 dellatavola XXI provenienti da Pompei si avvicina per caratteristiche comuni il balsamario olliformeanalizzato. L’esemplare è inquadrato nell’ambito della classificazione Isings al tipo 68 e nellostesso orizzonte cronologico che vede la produzione di ollette con ventre globoso oppure ovoidericonducibili al tipo Isings 67 a e b101. La distinzione operata dalla studiosa Scatozza è sulla basedella differenza funzionale: al tipo 58 a, b e c riconduce le ollette con funzione di contenitore diunguenti e che differiscono anche a livello morfologico: una ridotta altezza che indica sicuramentel’utilizzo di contenitore per cosmesi, anche l’orlo che risulta ripiegato orizzontalmente verso albocca. Una differenziazione necessaria perché le ollette ovoidi al tipo Isings 67 a e b sono usateanche in ambito funerario, infatti esistono varianti anche di grandi dimensioni e spesso sono dotatedi coperchi102, la stessa presenza sia in contesti funerari che abitativi ne chiarisce la duplice fun-zione.

97 De Tommaso 1990, p. 90.98 De Tommaso 1990, p. 88.99 Scatozza 1986, p. 52.100 Larese 2004, p. 69.101 Isings 1957, differisce dal tipo 68 a/b/c per via della diversa funzione, pp. 86 - 87.102 Scatozza 1986, pp. 68 - 70.

INTRODUZIONE 27

- Ampolline e fiaschetteIn questo paragrafo saranno evidenziate quattro forme particolari relative a ampullae o fia-

schette che non è possibile ricondurre alle tradizionali classificazioni Isings, Scatozza, De Tommasoma che nel panorama di contenitori di forma chiusa probabilmente in passato hanno avuto la stessadestinazione d’uso dei tipici balsamari. Purtroppo non è stato possibile giungere ad una cronologiaper via dei pochi dati in possesso e per l’assenza di confronti.

I numeri X.1 e 2 presentano caratteristiche comuni: entrambi hanno un corpo sferico e piattoche li accomuna alla moderne fiaschette e presentano un orlo poco svasato e rientrante all’internoche garantisce la minima dispersione del liquido evidentemente contenuto all’interno. Il foro ad-detto alla fuoriuscita si presenta molto stretto e avvalora ancora di più l’ipotesi che il liquido con-tenuto dovesse essere versato in piccole quantità. Per quanto riguarda i colori, presentano tonalitàiridescenti che vanno dal verde all’azzurro. Le dimensioni sono comprese tra cm 5,4 e 7,4.

Ad una differente tipologia sicuramente appartiene la numero X.3 con forma particolare: ilcorpo è rettangolare e i quattro lati sono solcati da depressioni circolari che permettono una mi-gliore presa dell’oggetto, non è quindi soltanto una caratteristica estetica. Anche il fondo apparemolto concavo e allo stesso modo dei precedenti presenta una tonalità particolare relativa al giallo.Anch’essa nel catalogo Barone è definita ampulla e sicuramente assolveva alla stessa funzione dicontenitore di liquidi. Questa tesi è avvalorata dalla conformazione dell’orlo molto svasato e im-butiforme per permettere la libera fuoriuscita del liquido contenuto.

L’ultima ampollina (X.4) è l’unico esemplare con corpo perfettamente conico dell’intera collezioneBarone. Anche l’orlo è particolare: perfettamente orizzontale e molto largo. La particolarità sta nel fo-rellino centrale, il più stretto documentato tra tutti i reperti analizzati. Anche per questa ampollina,così come per i numeri X.1 e 2, la funzione era sicuramente di dosare un liquido prezioso che non po-tesse essere disperso anzi addirittura centellinato, così come ci suggerisce anche l’altezza di 4 cm.

- Olla cinerariaSi è molte volte discusso sulla funzione principale connessa ai contenitori in vetro. Spesso è la

forma stessa che denuncia la destinazione d’uso. Il variegato mondo dell’instrumentum vitreumentra appieno, probabilmente con un ruolo principale, nell’ambito funerario attraverso la produ-zione di differenti olle.

La conformazione delle stesse e i ritrovamenti associati in contesti tombali rendono spontaneala funzione di contenitore di ossa combuste103.

Il reperto rientra nella classificazione Isings al tipo 63 e al tipo 57 Scatozza in un orizzontecronologico che va dalla seconda metà del I secolo d.C. al secolo successivo.

I vasi di questo tipo sono immediatamente riconoscibili dal corpo globulare e dalle anse a lobodoppio, definite ad “m”, per la caratteristica forma. Per quanto riguarda l’orlo si presenta con dif-ferente conformazione: con bordo arrotondato semplice, con ampio colletto ripiegato versol’esterno e verso il basso oppure con bocca carenata104. Questa differenziazione rende ancora piùdegna di nota l’olla della collezione Barone poiché presenta un orlo completamente sconosciuto

103 Scatozza 2012, l’esemplare di Pompei è stato rinvenuto anella Necropoli di Porta Nola nella tomba di ObellioFirmo, tav. LXVI.

104 Isings 1957, pp. 81 - 83.

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ai confronti e alla biografia esistente. L’orlo è alto 1,4 cm e presenta una carenatura interna per ac-cogliere il coperchio. Le olle del tipo ad “m” appaiono in minor misura rispetto alle coeve di formasimile con anse a forma di Ω (omega), molto popolari in Italia e nella Gallia meridionale105.

A sua volta il coperchio appartiene alla forma Isings 66/b, molto più numerosa rispetto aglialtri coperchi del tipo 66. Anch’esso è ovviamente coevo all’olla perché ne costituisce una partefondamentale. Si distingue nella parte superiore per la presa con orlo estroflesso e collo a bottiglia,mentre nella parte inferiore per il corpo piatto e il bordo ripiegato all’interno. Un esempio similema ricomposto in frammenti proviene da Ercolano dal contingente di vasellame vitreo della fab-brica di Publius Gessius Ampliatus106, rinvenuto imballato sul Decumano Massimo107. Altri esempicalzanti da Adria e Padova. Purtroppo l’olla cineraria di Pozzuoli manca del coperchio ma è pre-sente invece nell’altro esemplare di olla con corpo ovoidale ed è di forma conica, probabilmentenon attinente alla stessa108.

- Forme aperte e frammentiQuesto paragrafo è dedicato ai frammenti di vetro di dimensioni e colori differenti, collocati ca-

sualmente nel ripiano inferiore della Vetrina VIII. Sono presenti trentacinque frammenti, perlopiù pa-reti, e per la quasi totalità non è possibile pervenire a datazioni cronologiche o chiarimenti riguardoalla tipologia di appartenenza. I reperti sono stati prima inventariati con numeri progressivi da 1 a 35poiché non presentano il numero d’inventario che fa riferimento al catalogo Barone. Solo un frammentoè corredato del numero d’inventario 795 e corrisponde ad una patera con dentro frammenti di lastredi vetro per telai di finestre, frammenti di vetro a colori marmorizzati ed a millefiori109. Nella descri-zione non è specificato di quale materiale sia la patera, oltretutto non è rintracciabile nella Vetrinastessa: con probabilità la patera fu collocata dal Barone al momento della catalogazione e successiva-mente spostata o addirittura persa. La descrizione è però calzante per i frammenti a vetro millefiori emarmorizzato ma gli stessi non sono disposti all’interno di un contenitore.

Per una generica classificazione si è pensato di prendere in considerazione soltanto i frammenticon evidenti affinità e con presumibile appartenenza alla stessa forma integra. Solo in un caso èstato possibile accertare la tipologia e quindi arrivare ad una datazione. Si tratta della coppa emi-sferica liscia numero XII.1110, appartenente al tipo 1 della classificazione Isings e Scatozza deno-minata linear cut e frequente dal I secolo a.C. alla prima metà del I secolo d.C. È un tipo di coppache si trova comunemente associata al vetro millefiori e attestata con pochi frammenti ad Ercolanoe Pompei.

Per ottenere il vetro millefiori o mosaico si utilizzava la medesima tecnica adottata per vetri

105 Isings 1957, p. 84; Larese 2004, p. 32.106 Scatozza 2012, la gens Gessia, coinvolta nel commercio di tipici prodotti orientali, come vetri e profumi, promosse

il sorgere di una lavorazione attraverso un proprio liberto, come indica il cognomen Ampliatus, tipicamente servile.La sede fu probabilmente Puteoli, il maggior scalo commerciale dell’epoca e sede di colonie orientali. Mancano at-testazioni della gens in questione a Ercolano e Pompei, p. 63.

107 Scatozza 1986, p. 72.108 Collezioni Napoli 1986, p. 223.109 Barone 1899, p. 92.110 Fanno parte della coppa quattro frammenti non combacianti tra di loro. Si è risaliti alla forma tramite il disegno e

i relativi confronti di un solo orlo, indicato al momento della catalogazione, con il nr. XII.10.

INTRODUZIONE 29

policromi ottenuti con sezioni di canne di colori e di dimensioni diverse, fuse insieme e lavoratesuccessivamente secondo la tecnica della modellazione su forma. Tale tecnica presupponeva l’usodi una matrice emisferica sulla quale veniva colata la necessaria quantità di vetro e si assicuravaun metodo veloce ed economico per ottenere oggetti vitrei concavi111.

La coppa è stata realizzata con questa tecnica ed è in vetro millefiori turchese con elementi diforma ovale irregolare e contorni di colore bianco latte. L’orlo presenta una particolare decorazioneincisa a fitti trattini che ne delineano l’altezza.

Questo tipo di coppa è attestato oltre che in Italia, anche nelle regioni germaniche e galliche esi pensa che la produzione avvenisse proprio in Campania112.

Degli altri frammenti analizzati è stato possibile ricostruire il profilo di cinque orli: tre appar-tenenti ad una coppa o piatto di vetro bordeaux striato che presenta una scanalatura nella pareteinterna sotto l’orlo113 e due appartenenti presumibilmente ad una coppetta di vetro marmorizzato114.Purtroppo i pochi dati disponibili non ci consentono di proporre una classificazione tipologica ela datazione dei reperti.

Altri frammenti appartengono alla variegata classe dei vetri marmorizzati, ovvero quei vetriche presentano striature di diversi colori ad imitazione del marmo stesso. Due sono le ipotesi ri-guardo questa tecnica di lavorazione. Secondo la prima ipotesi si fondevano delle canne coloratein una matrice in terracotta e per creare la cavità interna veniva inserita un’asta di metallo; succes-sivamente la superficie esterna del vaso veniva polita. La seconda ipotesi prevede la soffiatura dibastoncini in vetro colorato e assemblati nell’ordine desiderato115.

Tra i frammenti della Vetrina VIII compaiono esempi di vetro per finestre. La necessità dischermare le finestre con materiali trasparenti indirizzò la produzione del vetro alla realizzazionedi lastre già in epoca romana. Le lastre di piccole dimensioni, non più di cm 50 × 80, erano prodottecolando il vetro su una piastra e tirandone le estremità con pinze o altri attrezzi fino a riempire ibordi di uno stampo. Queste lastre sono facilmente riconoscibili per l’irregolarità dello spessore,sottile al centro e spesso e arrotondato ai bordi ed evidente negli esempi descritti.

- Bacchette vetroLe bacchette di vetro sviluppate in lunghezza e con asta a sezione circolare sono definite dalla

studiosa Isings stirring-rod, ovvero bacchette per mescolare ma non specifica la destinazioned’uso116. Le differenti ipotesi proposte per spiegare la loro funzione partono dal presupposto chetali reperti sono strettamente connessi al mondo femminile. Alcuni studiosi ritengono che fosseroadoperati per mescolare e per estrarre sostanze aromatiche e profumi dai balsamari, come sembradocumentare una recente analisi svolta in alcuni contesti abitativi di Pompei in cui questi oggettisono stati rinvenuti unitamente ai balsamari117. Tali reperti vitrei sono diffusi in tutte le regioni del-

111 Sternini 1995, pp. 101 - 102.112 Scatozza 1986, p. 25.113 La coppa o piatto nr. XII.2 corrisponde alla ricostruzione dei tre orli indicati al momento della catalogazione con i

nr. da 27 a 29. Vedi scheda di riferimento.114 La coppetta nr. XII.3 corrisponde alla ricostruzione di due orli indicati al momento della catalogazione con i nr. 4

e 8. Vedi scheda di riferimento.115 Sternini 1995, pp. 108 - 109.116 Isings 1957, pp. 94 - 95.117 Larese 2004, pp. 43 - 44.

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l’Impero sia in abitati ma soprattutto in tombe femminili e attestati, seppur sporadicamente, addi-rittura dall’età ellenistica. Erano prodotte con una barra di piccolo-medio spessore di vetro fuso,non soffiato dunque e in diverse forme. I quattro esempi della collezione Barone sono probabil-mente la tipologia più semplice attestata per le bacchette.

Generalmente hanno un’estremità appiattita, ma sono frequenti anche altre terminazioni. Lastudiosa Scatozza identifica questi lunghi elementi cilindrici “lance” con alette arrotondate ai latidella punta con la medesima funzione dei mescolatoi118. Precisa, inoltre, che si conoscevano oggettiin vetro che imitavano prototipi in metallo come strigili e aghi ma non lance, che appaiono per laprima volta ad Ercolano119. Le bacchette della collezione Barone sembrano somigliare molto alle“lance” della Scatozza se non altro per l’asta a sezione circolare e l’estremità appiattita; mancanonella collezione esempi con la terminazione a punta e alette ai lati.

Altrove le bacchette hanno diverse forme come a Pompei, dove la terminazione è a calottao nelle collezioni del Museo Civico di Pavia dove sono presenti diversi esemplari sicuramentepiù elaborati grazie alla presenza di un filamento in pasta vitrea applicato a caldo che corre aspirale lungo l’asta120.

- TappiAlla tipologia dei tappi vanno ascritti tre esemplari collocati nella Vetrina VIII. Nel catalogo

Barone vengono definiti obturacula a sinonimo di tappi per chiudere bottiglie o vasi simili121. Pur-troppo non abbiamo testimonianze o confronti che ci possano chiarire la datazione. Sicuramentefurono prodotti a corredo di bottiglie in vetro e presumibilmente della stessa tonalità cromatica. Ilvetro è generalmente scuro con striature policrome e la produzione riferibile è quella a stampoanche perché sono forme molto semplici ed erano prodotte in serie. L’altezza non supera cm 2,3e il diametro della parte superiore e la parte esterna, fuori dal collo della bottiglia, non supera cm3. Grazie a questi dati si può supporre che le forme chiuse che accoglievano i tappi non dovesseroessere molto grandi.

- Pedine da giocoLe pedine da gioco, chiamate comunemente latrunculi, sono dei piccoli tasselli circolari con

un diametro non superiore a cm 2 e presentano una forma generalmente circolare con la superficiesuperiore convessa e quella inferiore piatta, rientrando appieno nella descrizione generale dedicataalle stesse122. Nel catalogo Barone vengono definite “dischi di vetro in vari colori”123, presenti innumero di quindici124, ognuna in vetro monocromo pieno che variano dal nero, al verde, al biancocon sfumature bordeaux e furono prodotte in vetro fuso oppure entro stampo. Plinio le ritiene pro-dotto della rifusione dei frammenti di vetro125. Per l’ampia diffusione di tali oggetti, dall’età pre-

118 Scatozza 1986, nr. 259, tav. XXIII.119 Scatozza 1986, pp. 72 - 73.120 Maccabruni 1983, nr. 153 - 168, pp. 148 - 149.121 Barone 1899, pp. 92 - 93.122 Glossario delle forme vitree 1998, p. 249.123 Barone 1899, p. 91.124 La nr. XV.15 è l’unica pedina collocata nella Vetrina XXIII della seconda sala appartenente al repertorio proveniente

da Monte Vairano; le restanti quattordici sono accuratamente esposte su una mensola della Vetrina VIII.125 Plinio, Nat. Hist., XXXVI, 199.

INTRODUZIONE 31

romana al Medioevo, è possibile definirne la cronologia esclusivamente sulla base dei contesti diprovenienza e sono ampiamente documentate nel mondo romano già dal III secolo a.C.

Per quanto riguarda la loro destinazione d’uso sono generalmente considerate pedine da giocoe impiegate per il ludus latrunculorum o il ludus duodecim scriptorum, ricordati da Ovidio, o an-cora in un gioco simile al moderno tris. Sono attestate sia in scavi di abitato, sia in contesti tombalima la maggior parte proviene da accampamenti militari126, suggerendo lo scopo preciso del gioco.Anche il diverso colore con il quale sono distinte indica la medesima funzione: le pedine chiare escure potrebbero presumibilmente caratterizzare i diversi giocatori o i valori delle stesse127.

La forma delle pedine potrebbe denunciare altri impieghi funzionali che vanno aldilà del con-testo ludico: la base piatta supporterebbe anche l’ipotesi di un utilizzo decorativo, affermato perle pedine non perfettamente emisferiche128. Su una coppa in vetro, conservata al Museo Archeo-logico Nazionale di Esta, figurano dei bolli colorati e monocromi utilizzati come decorazione diuna coppa inquadrata cronologicamente al IV - V secolo d.C. e ritenuta frequente sia in Occidenteche in Oriente129. Un altro esempio proviene dalla collezione del Museo Archeologico di Ragusa,dove su una bottiglia di III - IV secolo d.C., appaiono dei bottoncini colorati in pasta vitrea e ap-plicati sulla spalla130. Si potrebbe desumere che i dischetti colorati siano serviti come appliquessulle diverse forme in vetro oppure, data la cronologia piuttosto alta, che siano stati reimpiegati aquesto uso. Inoltre la base piatta e le piccole dimensioni potrebbero denunciare la funzione di ca-stoni per anello e aderire perfettamente all’interno degli spazi lasciati liberi nella parte superioredegli anelli per fungere da gemme seppur semplici, comunque considerate preziose dato che tra-dizionalmente al vetro, è dato l’incarico di sostituire i materiali più preziosi.

Nel Museo “G. Barone” sono presenti due oggetti che da sempre sono riferibili allo scopo lu-dico: gli astragali numeri XV.16 e 17131. Si tratta della riproduzione in vetro o pasta vitrea del clas-sico esemplare in osso, rintracciabile in natura perché presente nelle zampe posteriori di moltianimali, dagli ovini ai cervidi.

Sicuramente la riproposizione in vetro dell’astragalo è da leggersi come una variante del ma-teriale usato ma l’utilizzo fu identico a quello dell’oggetto considerando anche la stessa confor-mazione, simile a quella di un parallelepipedo dalla forma allungata e stretta con quattro facceconcave e altre due minori, inutilizzabili poiché l’oggetto non può restare dritto su una di esse.

Il gioco degli astragali vanta un’origine antichissima: menzionato già nel mondo classico daOmero nell’Iliade (XXIII, 83 - 88) a proposito di una disputa avvenuta tra Patroclo e il suo avver-sario e in generale si ritiene fosse usato dai greci senza distinzione di rango o status sociale e acompletamento rituale di ogni festino132. Dalla Grecia passò, con tutta probabilità, a Roma. Diversistudi hanno dimostrato che si giocava con quattro astragali di cui ad ogni faccia corrispondeva unnome diverso o valore stabilito in relazione alla frequenza della caduta. Una volta lanciati potevanosortire trentacinque combinazioni diverse, un gioco inteso sicuramente come una variante aii dadi

126 Larese 2004, pp. 44 - 45.127 Masseroli 1998, p. 79.128 Capecchi 1987, p. 209.129 Larese 2004, coppa nr. 304, tav. CXXIII, p. 89.130 Basile 2004, bottiglia nr. 123, tav. XXXII, p. 79.131 Il nr. XV.17 è collocato nella Vetrina XXIII della seconda sala appartenente al repertorio proveniente da Monte

Vairano; il nr. XV.16 è collocato nella Vetrina XXVII della prima sala e appartenente alla collezione Barone.132 Rohlfs 1965, pp. 1 - 2.

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a sei facce. Si ritiene che la combinazione più alta era il cosiddetto colpo di Venere relativo a tutte lefacce diverse dei quattro astragali; il lancio peggiore era definito la combinazione del cane e prevedevala caduta degli astragali con tutte e quattro le facce corrispondenti ad uno. Ovviamente il gioco degliastragali fu un primordiale gioco d’azzardo alla stregua dei dadi stessi con la particolarità maggioredovuta ad una diversa morfologia, infatti possiede due facce più larghe e due più strette che rendonomeno casistico e più difficile la fuoriuscita dei numeri o valori destinati alle facce più strette. Oltreche un gioco d’azzardo relativo alle generazioni più datate, l’astragalo era ricorrente anche nei giochidei bambini, assumendo il solo aspetto ludico o addirittura di premio.

Non siamo a conoscenza del contesto di ritrovamento degli astragali probabilmente anch’essi,così come la maggior parte dei corrispettivi in osso, erano destinati ai corredi funebri e ad avereuna forte valenza simbolico-religiosa nell’accompagnare il defunto verso l’aldilà133.

- Oggetti di ornamentoÈ possibile ricondurre alla medesima esigenza di voler arricchire il proprio aspetto, l’uso di orna-

menti personali quali collane e bracciali delle diverse fogge e dimensioni. La collezione Barone constadi sette collane, un bracciale e un vago vitreo descritti analiticamente nella scheda di riferimento.

Purtroppo, per questa tipologia di ornamenti, non sono stati possibili confronti che risolvesseroin modo puntuale il problema cronologico.

Si configurano come oggetti di ornamento con una datazione ampia: si parla addirittura dellaPrima Età del ferro riferendoci all’unico bracciale costituito da vaghi decorati ad occhi di colorebianco e azzurro sui diversi fondi gialli, bianco e nelle tonalità dell’azzurro134. Questa particolarecaratteristica è riscontrata in moltissimi esemplari provenienti dalla Sicilia e datati dal VI al IVsecolo a.C. anche se si amplia l’orizzonte d’uso al periodo ellenistico.

Per quanto concerne le collane in vetro e pasta vitrea, alcune con soluzioni decorative moltoricercate, non sono stati recuperati dati cronologici precisi: alcune forme particolari di vaghi, qualiil vago a melone delle collane XVI.6 e 7, rimanda ad una datazione che va dal II secolo a.C. al IIIsecolo d.C. Inoltre la doppia collana in pasta vitrea numero XVI.1 presenta dei vaghi simili ad unesemplare siciliano datato al VI secolo a.C. È importante sottolineare la particolarità del pendenteappartenente alla collana numero XVI.5 che presumibilmente ha forma fallica come un pendentedi diversa fattura conservato al Museo Archeologico di Gela e datato VI - V secolo a.C.135

Per quanto riguarda il luogo di rinvenimento probabilmente è da circoscriversi all’ambito funerario,poiché gli oggetti d’ornamento, in modo specifico le collane, sono conservati alla base del cranio deldefunto. Invece i soli vaghi, non associati a collane o bracciali, sono stati rinvenuti anche sul petto inprossimità di fibule, nel cui ago si può supporre fossero infilate136. E proprio per sostenere questaipotesi che vi sono molti esempi di vaghi utilizzati ad ornamento delle fibule, un esempio è rintraccia-bile nel Museo Civico Archeologico di Bologna, dove vi è una fibula in bronzo ad arco ribassato, ri-salente alla fine dell’VIII secolo a.C. che ha come ornamento diverse sfere di vetro verdi137.

133 Per una disamina approfondita sul gioco degli astragali cfr. Rohlfs 1965 e De Grossi Mazzorin, Minniti, 2009.134 Per qualche esempio cfr. Bietti Sestieri 1979, p. 57.135 Basile 2004, nr. 106, tav. XXVII.136 Venustas 2007, p. 147.137 www.glassway.org

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L’uso dei vaghi di vetro è quindi polivalente e si potrebbe supporre anche che le collane XVI.2,3 e 4 non siano state confezionate come si presentano nella Vetrina VIII: il dubbio è nella catenache accoglie i vaghi la cui fattura è sicuramente moderna e potrebbe non essere l’originale, magarisostituita in tempi recenti.

Nella scheda di riferimento compare anche un esempio di specchio in vetro dal colore verdeiridescente con abrasioni varie.

- IL MATERIALE BRONZEO- Origine e sviluppo del bronzo

La storia dell’origine del bronzo è strettamente connessa all’utilizzo di un altro metallo cono-sciuto fin dai primordi, il rame. Fra le leghe del rame, il bronzo è forse quello che è stato usato piùprecocemente e in modo diffuso nell’antichità.

La presenza di impurità nel rame, quali l’arsenico e lo stagno, permisero le prime, inconsapevoli,utilizzazioni di leghe di rame dando origine alla fabbricazione e alla lavorazione del bronzo. Quindipossiamo annoverare anche l’origine del bronzo ad una scoperta fortuita e degna di una conoscenzaempirica e primordiale dell’uomo che man mano si è evoluta in conoscenza tecnologica delle caratte-ristiche del metallo dando vita ad una vera e propria rivoluzione. Difatti la scoperta dei metalli in ge-nerale e delle tecniche per estrarli costituisce uno degli eventi cruciali per la storia dell’uomo, al paridella rivoluzione avvenuta in seno alla scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento. L’entità di questarivoluzione è stata avvertita già dai più illustri personaggi del passato come Esiodo o Lucrezio138, iquali cominciarono a distinguere i diversi momenti storici affrontati dall’uomo sulla base delle nuovescoperte identificando l’uso del bronzo come un momento successivo all’uso della pietra e precedenteall’uso del ferro. Solo al XIX secolo risale la distinzione nelle tre Età (del rame, del bronzo e del ferro)operata dallo studioso danese Christian J. Thomsen per l’inquadramento temporale della cultura ma-teriale pre-protostorica ponendo le basi per la cronologia moderna. La distinzione cronologica oggiha perduto il significato universale e viene usata piuttosto per indicare uno stadio, che non fu ovunquesimultaneo, dello sviluppo economico e tecnologico di quelle civiltà che fecero uso dei diversi materialiin un periodo piuttosto che in un altro139.

A suggerire l’origine della metallurgia, tema ancora controverso, vi sono due teorie fondamen-tali: la prima, sostenuta dai fautori migrazionisti e diffusionisti ipotizza che la metallurgia si siasviluppata in ambito vicino - orientale e avrebbe poi raggiunto tramite la costa anatolica e l’egeo,i Balcani, per poi approdare in Europa centrale, considerata in condizioni di maggiore arretratezzarispetto al Vicino Oriente; la seconda è quella dei fautori dello sviluppo indipendente sostengono,invece, l’esistenza di più poli indipendenti, nei quali la metallurgia si sarebbe sviluppata in tempianche diversi140.

Cronologicamente l’Età del Bronzo, come Età intermedia tra l’Età del Rame e quella delFerro in cui nella storia dell’umanità si affermò l’uso di strumenti e armi di bronzo, ha inizionel IV millennio a.C. in Oriente e si diffonde nel III millennio a.C. anche in Occidente. Inquesto arco temporale si comincia ad usare sistematicamente la nuova lega metallica sicura-

138 Esiodo (fine VIII - inizio VII sec. a.C.), Lucrezio (I sec. a.C.).139 Per il capitolo è stato consultato il sito www.treccani.it alla voce “Bronzo”.140 I massimi esponenti del filone migrazionista - diffusionista sono Verre Gordon Childe e Theodore Wertime. Giardino

1998, pp. 6 - 7.

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mente più resistente del metallo precursore, il rame.Il bronzo è costituito da ridotte percentuali di stagno disperse in soluzione entro il reticolo cri-

stallino del rame. Il rame conferisce malleabilità al bronzo e lo stagno, invece, conferisce durezza.Questa combinazione di elementi consente la lavorazione plastica della lega141. Le principali areeidentificate per l’estrazione del rame sono tutte localizzate nelle Americhe e nell’Africa centrale,zone inaccessibili per le civiltà euroasiatiche fino all’età moderna. Lo stagno proliferava invece inregioni ben precise come la Galizia, la Bretagna e la Cornovaglia e nella regione dell’Afghanistan,sicuramente la fonte principale del metallo per tutta l’Asia, purtroppo carente sotto questo puntodi vista. In Europa non esistono giacimenti o aree in cui siano presenti, in forma e percentuali uti-lizzabili, ambedue i metalli contemporaneamente, quindi l’introduzione del bronzo come lega e lasua qualità comportarono lo sviluppo di circuiti commerciali, di reti di trasporto e scambio dellemerci che giustificarono sicuramente l’importazione del metallo nelle zone dove stagno e ramescarseggiavano.

- Tecniche di lavorazioneIl bronzo può essere ottenuto in vari modi, dei quali, il più semplice e vantaggioso consiste nel

fondere insieme stagno e rame allo stato metallico nello stesso crogiolo poiché lo stagno, una voltaliquefatto, abbasserà il punto di fusione del rame. L’altra soluzione risulta più complicata poichéprevede l’ottenimento della lega mediante processi estrattivi su minerali contenenti naturalmentestagno e rame oppure mescolando intenzionalmente rame e casserite142. Questa soluzione comportal’inconveniente di far liquefare prima il rame che ha una temperatura di fusione molto alta143.

Le più antiche fornaci dovevano consistere in forni a pozzetto semplici, magari ricavati in de-pressioni o buche del suolo del diametro di circa cinquanta centimetri per poter contenere il mine-rale e il combustibile. Una variante accertata ma primitiva sembra essere il “vaso-forno” all’internodel quale erano inserite le scorie con minerale non ridotto e poi sottoposte ad alte temperature ga-rantendo il trattamento di ossidi, di solfuri e carbonati144. I forni fusori ebbero quindi una lungaevoluzione, il più utilizzato consisteva nel ricavare un pozzetto concavo e profondo circa quarantacentimetri sormontato da sovrastruttura in pietra altrettanto alta. Il successo si ebbe quando, accantoa questa struttura principale, si cominciò a pensare allo smaltimento delle scorie non più diretta-mente nel forno stesso ma scavando una buca di fronte per permetterne la rimozione agevole at-traverso un’apertura creata appositamente a questo fine145.

141 Il punto di fusione del Rame (Cu) è 1084,6 °C; lo Stagno (Sn) fonde a 231, 93 °C. L’uso dello stagno determinastrategicamente l’abbassamento del punto di fusione della lega fino agli 800 °C. Inoltre la percentuale dello stagnoinfluenza anche la lavorabilità degli oggetti ricavabili dal bronzo: con una quantità compresa tra il 3 e l’8% di stagno,il bronzo è usato per la produzione di medaglie e monete; questa particolare combinazione permette di lavorare fa-cilmente il metallo senza intaccare la sua resistenza; una lega con una percentuale variabile tra l’8 e il 12% è usataper la costruzione di armi, soprattutto asce; i bronzi con valori attorno al 20 - 30% garantivano una sonorità parti-colare ancora oggi usata per la produzione di campane; il bronzo con una quantità di stagno maggiore del 30% di-venta troppo fragile per essere utile.

142 La casserite (SnO2) rappresenta l’unica forma conosciuta in antichità dello stagno poiché non si rinviene in naturaallo stato metallico se non sotto forma di casserite o stannite, quest’ultima è la lega naturale di stagno e rame.

143 Giardino 1998, pp. 142 - 143.144 Sono stati rinvenuti diversi esemplari di “vaso-forno” in Spagna, Anatolia e Cipro. Giardino 1998, pp. 58 - 59.145 Gli esempi provengono da Timna per entrambi i forni fusori e datati rispettivamente alla fine del IV millennio; al

XIV - XII sec. a.C. è datata la variante con buca per l’evacuazione della scoria.

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Le prime tecniche di lavorazione attestate furono la fusione a stampo e la laminatura. Per laprima tecnica citata era fondamentale l’uso di matrici mono e bivalve146, in pietra o in terracotta,che permettevano la fabbricazione in serie. Ovviamente le matrici monovalve sono costituite daun solo blocco nel quale era incavata la forma che si voleva produrre, per le matrici più complessela lavorazione era prevista anche per le altre facce; nella forma si colava il metallo fuso proteggendoil tutto con una pietra piatta affinchè non si formassero bolle gassose causate dal repentino raf-freddamento del bronzo. Il riconoscimento dei manufatti in matrici monovalve è di facile com-prensione: non vi sono risalti, sporgenze o nervature al di fuori della superficie di colata. Per lamatrice bivalve occorrevano invece due differenti blocchi di pietra sovrapposti lavorati su una osu tutte le facce e la colata avveniva nella parte superiore ad incasso conico, chiamato “imbuto dicolata”. Per garantire la perfetta adesione delle due matrici si utilizza materiale isolante o perlopiùargilla. Una volta raffreddato il metallo si apriva la matrice e si otteneva ancora un manufattogrezzo, poi sottoposto ad operazioni di finitura147.

Per quanto concerne la laminatura si martellava un pane di bronzo fino ad ottenere una laminadella forma e spessore desiderato. La microstruttura del metallo si allunga con la ripetuta battiturae si indebolisce creando come conseguenza la frattura. Per evitare questo, alla battitura si alternavail riscaldamento del metallo per renderlo più duttile e recuperare l’elasticità.

Per i lavori di estrema finezza e soprattutto per l’oreficeria e la statuaria venne sviluppata latecnica della “cera persa”; all’interno della stessa si riconosce una fase primordiale ove tale tecnicaè stata riconosciuta con il nome di “tecnica diretta piena”, poiché il modello in cera era massiccio.È chiamata a “cera persa” in quanto la figura che si voleva realizzare veniva prima modellata incera, con tutti i minimi particolari, compresi i “canali di sfiato” necessari per la fuoriuscita dei gas.La fase successiva prevedeva che il modello in cera fosse ricoperto di argilla cruda che una voltacotta eliminava la cera. Successivamente il bronzo veniva colato e scorreva a riempire tutti glispazi lasciati liberi dalla cera e una volta raffreddata la forma, si rompeva ed eliminava. Inveceper l’ottenimento di manufatti cavi, come nel caso della grande statuaria, la cera da modellare ve-niva preliminarmente spalmata su un’anima in terracotta e per evitare che si spostasse, dopo loscioglimento della cera, venivano infissi dei distanziatori, perlopiù chiodi metallici sporgenti. Ilresto del procedimento è lo stesso per i manufatti “pieni”. Un’altra variante della tecnica in que-stione è definita “indiretta”, che prevedeva di ricavare dall’originale una matrice negativa in gessoo terra realizzata mediante due o più valve. All’interno della matrice veniva versata la cera liquidae una volta solidificata, permetteva di ottenere un secondo modello in cera, ovvero il modello uti-lizzato che consentiva di produrre varie copie garantendo la salvaguardia dell’originale. Tale tec-nica vide la propria origine nella zona di Cipro e nel XII secolo a.C. raggiunse notevoli livelli;arrivò nel bacino occidentale del Mediterraneo grazie al ponte di traffici costituito tra queste zonee la Sardegna nuragica148.

Per la creazione di vasellame in lamina si utilizzava la tecnica della laminazione tramite mar-tellatura di un disco di bronzo, sufficientemente riscaldato per garantire la duttilità del metallo epoi posizionato su una superficie piana o concava. Per le forme più elaborate, il disco veniva sa-

146 Le matrici erano realizzate in materiale refrattario: in argilla, in pietra, spesso la steatite, in un impasto a base disabbia o anche in lega di rame.

147 Lo Schiavo 2000, p. 43.148 Per la tecnica a “cera persa” cfr. Lo Schiavo 2000, p. 47 e Giardino 1998, pp. 66 - 68.

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gomato. Magari a corredare il vaso venivano aggiunte parti create a stampo quali anse o piedi e ri-finiti con tecniche decorative.

L’uso del tornio per la produzione del vasellame metallico è attestato dal IV secolo a.C. e fre-quente dall’età ellenistica149.

Per quanto riguarda la decorazione realizzata sui manufatti bronzei si attinse al repertorio de-corativo utilizzato anche per altri materiali: la decorazione ad incisione e a rilievo.

- Classificazione: forme e tipiI manufatti in bronzo hanno da sempre affascinato l’uomo poiché tale lega rappresenta una

delle materie prime più utilizzate in passato, tanto da attribuirne un periodo storico. Numerosi sonoi manufatti archeologici in bronzo giunti fino a noi dai secoli passati, molti purtroppo hanno subitola sorte avversa della rifusione poiché il bronzo era considerato un materiale tanto pregiato dadover essere riutilizzato.

Si hanno molte testimonianze di manufatti bronzei dalle più svariate forme e funzioni: a partiredall’instrumentum domesticum, alle necessarie armi da difesa o offesa, agli oggetti più ricercatirelativi all’ornamento personale o relativi alla toletta, fino ai complementi d’arredo con alto valoresimbolico e votivo rappresentate perlopiù da statuette figurate a fusione piena.

Il repertorio tipologico della collezione Barone è ampio tanto da dedicare l’intera Vetrina VII,all’esposizione di queste meraviglie tecnologiche del mondo antico. Anche la Vetrina XXVII con-serva maggiormente reperti bronzei dalle più squisite forme.

Il materiale preso in considerazione è eterogeneo, organizzato qui secondo generiche affinitàfunzionali, creando grandi classi tipologiche per poi procedere ad un esame analitico di ogni sin-golo pezzo corredandolo di dati importanti per la periodizzazione e per denunciarne la funzione,quando non è esplicita.

Nel dettaglio lo studio è riferito a ventinove forme relative a vasellame da mensa, a ventiseistrumenti legati alle attività lavorative, a novantasei reperti relativi all’ornamento personale, tra iquali in piccola percentuale, compaiono i reperti legati alla toletta. Sono presenti cinquantunobronzi figurati antropomorfi e zoomorfi e tra gli elementi legati all’arredo delle abitazioni compa-iono anche tre lucerne, un candelabro, sette tra chiavi e elementi di serratura, cinque elementi dicardine e sei chiodi. I restanti reperti sono inquadrati rispetto alla funzionalità esplicita o meno.La maggior parte dei reperti presi in considerazione è dotata di un numero di inventario che fa ri-ferimento alla catalogazione Barone e sono spiegati nelle edizioni del catalogo del 1897 e del 1899;i frammenti senza numero di inventario e i reperti inseriti all’interno di comparti, identificati daun solo numero di inventario, sono stati numerati provvisoriamente in ordine di schedatura concifre arabe progressive. I materiali della Vetrina XXVII sono provvisti di una numerazione specialeche non è presente nelle edizioni del catalogo Barone sopra citate150.

Lo studio degli esemplari è organizzato per “tipi” differenti e ordinati dal dal momento inizialedell’attestazione. Sono presentate le caratteristiche morfologiche e discusse le problematiche ine-renti alla funzione, alla datazione, alla diffusione e alla produzione. I diversi tipi sono numeratiprogressivamente e corredati da schede tecniche dov’è specificato il numero di inventario, la de-

149 Giardino 1998, p. 71.150 Mi riferisco ad una nuova catalogazione effettuata presumibilmente in tempi successivi al reperimento dei materiali

della Vetrina XXVII, realizzata da incaricati della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Molise.

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scrizione morfologica e tipologica, nonchè i confronti possibili. Le schede sono corredate dallafoto del reperto e in alcuni casi dalla tavola relativa al disegno archeologico.

Dei singoli pezzi è quasi sempre sconosciuto il contesto di appartenenza e le relative indicazionisulle località di ritrovamento anche se si suppone che la maggior parte dei reperti provenga dallazona vesuviana in relazione alla biografia del collezionista.

Il raffronto stilistico risulta importante ai fini di questa ricerca, invece le osservazioni possibiliattraverso l’esame delle tecniche di lavorazione utilizzate non fornisce indicazioni particolarmentesignificative, essendo possibile riconoscere solo i procedimenti di lavorazione base, fusione o la-vorazione a martellatura, comuni a tutti i centri a cui è possibile ricondurre le varie produzioni.

In seguito all’osservazione dei manufatti sono stati individuati sei gruppi principali con relativisottogruppi per procedere ad una descrizione lineare del contenuto.

Bisogna sottolineare che la maggior parte dei manufatti bronzei non presenta caratteristicheintrinseche tali da permettere una determinazione cronologica soprattutto in considerazione delfatto che certe forme e certe tecniche di fabbricazione degli oggetti di uso più comune si manten-gono invariate per molto tempo.

- Vasellame bronzeoNel Museo “G. Barone” sono presenti variegati esempi di vasellame bronzeo purtroppo senza

alcuna indicazione sulla provenienza degli stessi. Una classificazione in base alla cronologia apparequindi difficoltosa, considerando che si tratta di reperti attestati in un arco cronologico moltoampio. Si è proceduto ad una distinzione in base alla forma, chiarendone anche l’utilizzo dove èstato possibile accertandolo tramite appositi confronti esplicitati nelle schede di riferimento.

Con certezza l’utilizzo del vasellame bronzo denota la diffusione, probabilmente collegata aproduzioni anche locali, di un materiale certamente più costoso delle suppellettili fittili. La raritàche spesso accompagna i recipienti in bronzo risulta consequenziale all’alta specializzazione rag-giunta per i recipienti ceramici e alla complessità della tecnica per la realizzazione di tale materiale.Per questi motivi i bronzi erano oggetto di doni, anche a carattere diplomatico, di commerci sumedie e lunghe distanze, e talvolta di fenomeni di tesaurizzazione.

Nelle civiltà classiche i recipienti in bronzo furono creati per usi diversi: per la cucina e la mensa, perle abluzioni nella casa o nelle terme, per particolari forme di riscaldamento, per i riti religiosi. La funzionecondizionava la forma dei contenitori, ma oggi è spesso difficile comprenderne l’uso preciso.

Si è accertato che in Italia non sono ben conosciute tutte le forme relative al materiale bronzeo, ri-spetto alle regioni poste oltre il limite dell’Impero e la stessa sorte è condivisa per i reperti del bacinomediterraneo. Probabilmente le vie commerciali più praticate erano quella Danubio - Boemiania equella Gallico - Germanica. Inoltre i vari autori del passato indicano come la Campania, e in particolareCapua, culle della produzione bronzea italica ricordate anche da fonti letterarie antiche151.

Nella collezione Barone sono presenti dieci forme aperte, quattro forme chiuse e sei forme at-tinenti al repertorio miniaturistico, compresi due frammenti, relativi a questa tipologia.

- Forme chiusePer il repertorio dei recipienti di forma chiusa della collezione Barone la cronologia è molto

151 Mi riferisco a Catone, Orazio, Plinio e Isidoro che indicano la Campania come grande area di produzione di sup-pellettile bronzea. Carandini 1977, p. 163.

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alta e quindi rende ancora più apprezzabile tali reperti così datati. In genere alla forma chiusa ècomunemente deputata per contenere sostanze liquide, perlopiù da bere, una funzione sicuramenteattinente anche ai recipienti bronzei in questione.

Il numero XVII.1 è un esempio di Schnabelkanne152 di probabile origine etrusca. La forma è relativaad un oinochoe con lungo becco obliquo definito a “becco d’anatra” e corpo troncoconico, attestataagli inizi del V secolo a.C. in Etruria da numerosi esempi. Negli esemplari più antichi, come il repertoin questione, è caratterizzata da un corpo basso che si allarga marcatamente verso la spalla; nel corsodel tempo il corpo tende a divenire più alto e ad allargarsi di poco153. Altri esempi simili sono presential Museo di Villa Giulia, provenienti da Veio e Tarquinia, e in altri Musei italiani con testimonianzerelative al mondo etrusco154. La tipologia non si esaurisce soltanto nell’ambiente etrusco, altri rinve-nimenti sono attestati in Magna Grecia e in ambiente celtico155. Barone descrive il reperto come unoinochoe con manico usato per versare il vino156 e sicuramente la destinazione d’uso attinente a questaforma, considerando anche il tipo di orlo trilobo funzionale allo scopo.

Seguono tra i reperti di forma chiusa due olpai relative ad una tipologia di recipienti attestatain area etrusco-campana dall’ultimo quarto del VI alla metà del V secolo. a.C. Si ritiene che laproduzione sia etrusca, localizzata a Vulci e poi attraverso canali commerciali giunta in Campania,non ritenuta però sede di un’eventuale fabbrica di questa tipologia di brocche in bronzo. In areacampana si riscontrano numerosi esempi e probabilmente da questa zona giungono anche le dueolpai della collezione Barone. A livello morfologico sono state suddivise in base alla proporzionetra la massima espansione del corpo e il collo e le olpai in questione rientrano nella prima variante,considerando che la massima espansione è a circa metà altezza e il collo è distinto. Vengono definiteanche “affusolate” per via della conformazione del corpo che tendenzialmente è “a sacco” e ra-stremato nella parte inferiore. L’orlo, nel caso del numero XVII.2, è aggettante e ripiegato, comesi evince dai numerosi confronti rinvenuti. Entrambe sono dotate di un’ansa sopraelevata e impo-stata sull’orlo o sotto di esso; la terminazione è in placca cuoriforme per il numero XVII.2, anchese in molti esemplari si è riscontrata una terminazione a figura leonina che ha dato luogo ad unaclassificazione puntuale157. Le due brocche appaiono in uno stato di conservazione pessimo: sonolacunose in più punti del corpo e nel reperto numero XVII.3 è stato inserito del materiale lanosoprobabilmente per evitare che il reperto si rompesse.

A corredare i reperti di forma chiusa vi è una brocca inquadrabile nella classificazione dellaTassinari come una brocca con becco corto e corpo globulare158. L’orlo è molto semplice, rispettoagli esempi pompeiani, e riporta una fitta decorazione incisa su parte di esso. La caratteristica pe-culiare è la conformazione del corpo, globulare, inoltre è dotata di un’ansa a nastro, sopraelevata,molto particolare per via della placca terminante in figura bacchica.

152 La tipologia, il relativo nome e la probabile area di produzione è stata attribuita per la prima volta da Jacobsthal inun’opera del 1929, nella quale lo studioso evidenzia le relazioni con il tipo VI degli oenochoai attici della classifi-cazione Beazley. La forma compare successivamente in studi condotti da Bouloumié 1973 e più recentemente daVorlauf 1997.

153 Zaccagnino 2006, p. 218.154 Sgubini Moretti 2001, p. 85.155 Vorlauf 1997, fig. 19.156 Barone 1899, p. 65.157 Per la tipologia delle olpai in bronzo vedi Guzzo 1970, p. 87 ss.158 Tassinari 1993, pp. 90 - 91.

INTRODUZIONE 39

- Forme aperteNella scheda relativa alle forme aperte sono descritti analiticamente i reperti in bronzo carat-

terizzati tipologicamente dalla forma aperta della vasca. Per la quasi totalità degli esemplari è statopossibile ricondurli alla classificazione della studiosa Tassinari, la quale ha suddiviso il vasellamebronzeo proveniente da Pompei operando una distinzione in venticinque categorie, all’interno dellequali si riconosce un sistema gerarchico costituito da generi, specie, serie e tipi differenti159. Ilmateriale in questione si riferisce alle espressioni della cultura materiale riferibile al periodoromano: l’eruzione del 79 d.C. fornisce un terminus ante quem utile per la riflessione sulla cir-colazione di tali prodotti ma non sopperisce alla carenza di informazioni utile per un’esattacronologia. La Tassinari ipotizza una data di fabbricazione solo per i recipienti rinvenuti inmaggiore quantità affermando che il numero di tali reperti sia direttamente proporzionale allafortuna che ebbe quella determinata tipologia; tutto ciò suggerisce una fabbricazione iniziataprecedentemente l’attestazione, all’incirca all’inizio del I secolo a.C.160. Tale cronologia sembrapertinente alla casseruola numero XVII.2, anche se il Carandini circoscrive la produzione dal-l’età augustea fino alla metà del II secolo e identifica la presunta via commerciale, la Marsiglia- Rodano - Reno - Mar Baltico.161

Sono presenti in maggioranza i recipienti con ansa o manico orizzontale. Tra queste ricono-sciamo un esempio di patera, la numero XVIII.1, con manico che termina con un volto antropo-morfo162. La decorazione potrebbe riferirsi ad una maschera ispirata al tiaso dionisiaco e quindiappartenere ad un satiro o un sileno con barba folta e lunga. Un’altra forma aperta è riconoscibilenella casseruola con manico a disco e foro rotondo, che Barone identificò come una trublia, ovverouna tazza da bere con manico orizzontale163. Probabilmente la funzione del recipiente è attinentealla descrizione di Barone ma la forma è inquadrata nella categoria che la Tassinari precisa per irecipienti bronzei con tali caratteristiche morfologiche ritenendole recipienti basilari in relazioneal cospicuo rinvenimento nell’area vesuviana164. Per quanto riguarda la tecnica di lavorazione si èincerti nel proporre se si tratta di una fusione in lamina sottile e poi tornita, poiché vi è la sagoma-tura sulla superficie; il dubbio viene per l’esclusione della tecnica a fusione entro stampo che ri-guarda scuramente i manufatti più spessi165.

Tra le forme aperte conservate nel Museo Civico “G. Barone” compare in quantità notevole,in numero di cinque, una tipologia di vasellame, il colatoio, che in antichità veniva chiamato“trulla”. Abbiamo notizie relative al nome antico, utilizzato principalmente dai romani, che si pone

159 Cfr.Tassinari, 1993. Quest’opera è suddivisa in due volumi (testo e grafici) e raccoglie tutto il vasellame bronzeorinvenuto a Pompei classificandolo secondo un’articolata tipologia, ideata dall’autrice stessa, che comprende tuttigli oggetti in bronzo di uso quotidiano, come brocche, casseruole, attingitoi, teglie, imbuti, ecc. Il catalogo è orga-nizzato topograficamente, in rapporto al luogo di rinvenimento di ciascun oggetto. In conclusione, alcune osserva-zioni sulle decorazioni, sulle tecniche di fabbricazione, sull’uso dei recipienti, riflessioni su artigiani, botteghe emercanti e alcuni cenni al problema della datazione.

160 Tra le categorie rinvenute in maggior numero, per le quali la datazione presunta risulta al I secolo, compare anchela casseruola nr. XVIII.2. Tassinari 1993, pp. 213 - 214.

161 Carandini 1977, pp. 165 - 166.162 Tassinari 1993, pp. 58 - 59, 129.163 Barone 1899, p. 65.164 Tassinari 1993, pp. 52 - 57, 111 - 117, 210.165 Bolla 1991, p. 199.

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in relazione alla morfologia stessa dell’oggetto: lungo manico, vasca poco profonda e convessa esoprattutto fondo traforato. Le trullae derivano dal verbo truare che significa mescolare ma eranochiamate anche rudicola per distribuire il brodo o sostanze liquide in più parti166. Erano sostan-zialmente dei mestoli o cucchiai di varie dimensioni; tra i reperti della collezione Barone, non tuttiin stato di conservazione discreto, le dimensioni variano tra i cm 23 e i 29,8. È la forma più sem-plice e attestata durante l’ultima fase di vita dei centri vesuviani, possedute sicuramente dai cetimedi e per via dell’estrema semplicità, era poco destinata all’esportazione; nei centri posti a norddelle Alpi questi oggetti italici di medio valore assumono la connotazione di beni di lusso per unaclientela più ricercata167.

È presente anche un esempio di coppa con imboccatura ampia con forma molto semplice. Èinquadrata nella categoria coppa alla lettera “M” per via della sua altezza di cm 9 e per distinguerlada altre coppe di dimensioni minori o maggiori riferibili a categorie differenti.

Tra il vasellame bronzeo della collezione Barone compare anche un esempio di calderone, de-scritto da Barone come un ahenum168. Tra i reperti pompeiani risultano vari esemplari, indicati conquesto nome e descritti e illustrati come forme metalliche con vasca ampia ma dotati di coperchioe di collo rastremato per l’apposizione dello stesso169. Sono evidenti contraddizioni tra nome eforma reale del presunto ahenum in questione quindi si può desumere che non sia lo stesso tipo direcipiente metallico, indicato evidentemente con un nome sbagliato. Il numero XVIII.9 è caratte-rizzato da una vasca molto profonda a profilo troncoconico e da due anse elaborate con decorazionefloreale. Il reperto non è precisamente inquadrabile nella classificazione della Tassinari poiché nontrova un esempio calzante tra i reperti pompeiani; la sua forma rimanda a tre categorie principali,pentola, calderone e bacino per via dell’imponenza del reperto, il cui orlo misura cm 32, e sicura-mente la funzione è denunciata dalla forma e attinente alla cottura dei cibi. Purtroppo l’assenzadi altri elementi funzionali quali il coperchio, il gancio o il treppiedi ne limitano la distinzione ti-pologica.

L’ultimo reperto inquadrabile nelle forme aperte della collezione Barone è l’unico che denunciauna funzione non attinente al repertorio del vasellame da mensa. Il numero XVIII.10 probabilmenteassolveva a funzioni relative alla cura della persona. Un esempio simile compare tra i reperti dellaCryta Balbi a Roma purtroppo in cattivo stato di conservazione ma non abbastanza affinchè si no-tino le similitudini della vasca profonda e del particolare tipo di decorazione traforata; il repertoromano non riporta una cronologia utile per inquadrare anche il bacile della collezione Barone, siprecisa soltanto che è stato rinvenuto in insediamento e non in sepoltura, sottolineando la raritàdegli esemplari in circolazione170.

- Anse e maniciNella collezione Barone sono presenti anse e manici delle più svariate forme che facevano ori-

166 I colini romani vengono descritti da Iavarone nel capitolo dedicato ai Coli vinari, bronzi pompeiani illustrati nellatav. XXXI (Real museo borbonico 1827, vol. III, pp. 1 - 4). Anche Barone indica questi oggetti con il medesimonome antico e li descrive come mestoli o cucchiai, perforati nel fondo, per ischiumare liquidi e dimenare legumi ocarne. (1899, pp. 52 - 53).

167 Carandini 1977, pp. 165 - 166.168 Barone 1899, p. 64.169 Annecchino 1977, p. 109, tav. L,3, LI,4.170 Roma 2001, pp. 421 - 422.

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ginariamente parte di un corredo vascolare purtroppo perduto. Per le anse numero XIX.1 e 2 sipuò presumere l’appartenenza a forme chiuse, brocche o olpi, poiché l’attacco superiore ha braccilaterali con doppia sporgenza, in un caso è dotata anche di poggiapollice, che si riferiscono a questeforme metalliche. L’attacco inferiore è desinente in forme diverse: ad elementi vegetali nel casodelle numero XIX.1 e terminazione cuoriforme per l’ansa numero XIX.2. La numero XIX.3 èanch’essa un’ansa riferibile a manufatto di forma chiusa perché si sviluppa in verticale, a differenzadei precedenti esempi non ha l’attacco superiore a due bracci. Sono presenti altresì diversi manicicon decorazione ad incisione sulle parti estreme che rimandano ad un lavoro specializzato di sud-dette forme. Probabilmente i manici orizzontali sono da ricondursi a frammenti di forme originarieaperte perché sviluppati in larghezza e con le estremità definite per l’incastro in eventuali vascheaampie. Per l numero XIX.6 non si è giunti ad una conclusione fattibile ed ad un rimando a unaforma integra puntuale; per la numero XIX.7 vi è una dubbia interpretazione sulla reale funzionenonché sulla classe di appartenenza: probabilmente un’ansa orizzontale composta con una parterettangolare piana e due bastoncelli terminanti a disco.

- Forme miniaturistichePer quanto concerne i reperti miniaturistici sono sempre attestati nei vari Musei italiani e stra-

nieri perché accanto alla produzione del corrispettivo di dimensioni normali, anche il reperto mi-niaturistico trovava larga produzione e diffusione. Probabilmente lo scopo funzionale è darintracciare nella sfera votiva e quindi costituire delle offerte.

Nel Museo “G. Barone” compaiono sei reperti miniaturistici e generalmente riproducono formechiuse, denunciando magari anche la funzione di piccoli contenitori ad uso personale, non legatosicuramente al vasellame da mensa. Vi è un olpe di cm 6,6 con corpo ovoidale e un’olla di cm 6,3dal corpo sferico. Per questa particolare tipologia di ollette ariballiche si precisa una datazione cheva dalla prima metà V secolo al IV secolo a.C. ed è attestata, nella variante apoda o con piede edotata di anse o meno, soprattutto in Italia Meridionale, nell’area di Peucezia, luogo di rinveni-mento di numerosi esemplari. Si suppone, data l’eccezionale concentrazione, ad una produzioneattiva in questo ambito, ma la forma denuncia una tradizione greca per via della riproposizione inceramica acroma e a vernice nera171.

Tra i reperti miniaturistici compare un particolare esempio di oinochoe miniaturistico purtroppomolto lacunoso nel corpo. Le dimensioni di quest’ultimo sono di cm 9,5 e la particolarità sta nel-l’orlo trilobato tipico dei corrispettivi di maggiori dimensioni. A causa del cattivo stato di conser-vazione non si può escludere l’esistenza in origine di un’ansa, poiché il reperto risulta lacunosoproprio nella zone dove presumibilmente ospitava l’ansa.

Tra le forme aperte dei reperti miniaturistici compare anche un esempio di calderottino dotatodi tre piedi e di un’ansa superstite che Barone definì “occhielli pel manico”172, per descrivere leanse con un foro circolare a metà della sua altezza.

Il repertorio miniaturistico evidentemente abbracciava tutte le forme riproducibili poiché nellacollezione compare anche un esempio di piccola kotyle corrispondente ad un vasetto di formaaperta con fondo piatto; anche il reperto in questione risulta essere in cattivo stato di conservazionee mutilo di un’ansa. Infine tra le forme aperte vi è una piccola patera con vasca bassa a profilo

171 Tarditi 1996, 166 - 167.172 Barone 1899, p. 64.

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convesso.Nella scheda di riferimento, tipo XX, sono stati analizzati anche due frammenti relativi a reperti

di piccole dimensioni: un piede di vaso e un manico orizzontale di una forma aperta provenientedalla Vetrina XXVII.

- Utensili da lavoroGli strumenti da lavoro sono la categoria più articolata di manufatti e possono essere distinti a

seconda della funzione e del settore lavorativo. In questo capitolo sono considerate anche le armi,ampiamente riconosciute a corredo della figura del guerriero, una figura tanto usuale quanto cor-rispondente ad un vero e proprio lavoro. Verranno presentati altri strumenti quali scalpelli o asce,quest’ultime indicative di un doppio utilizzo, nel combattimento e come attrezzo da lavoro. Anchegli elementi per la filatura, tipici del corredo femminile sono stati analizzati per dare risalto anchead una tra le attività più attestate per le donne antiche. In questo paragrafo verranno presentatianche alcuni elementi relativi a strumenti chirurgici tipici della professione medica.

Sono realizzati tre paragrafi principali, ognuno accompagnato da una parte introduttiva che nespecifica l’utilizzo e quando è possibile, la cronologia.

- ArmiTra il repertorio delle armi della collezione Barone figurano diversi esempi di armi da offesa

tipici del guerriero antico. Sono state schedate undici armi, o elementi appartenenti a originarieforme integre chiaramente riconoscibili nella scheda di riferimento e nelle foto.

La lancia è da annoverare tra le armi più antiche presumibilmente formata da un’asta in materialedeperibile e l’estremità in bronzo, la parte che resiste in assoluto al tempo. In origine l’arma era usatanel combattimento corpo a corpo data la pesantezza, non era sicuramente utilizzata come arma dagetto. Rientra nella categoria di arma da offesa nei combattimenti proprio per la conformazione a puntache serviva ad offendere l’avversario. Nella sua essenzialità la cuspide è composta da una punta condue margini taglienti generalmente a forma di foglia inserita all’asta tramite cilindro cavo. L’applica-zione era eseguita in due modi, a codolo o a cannone: il primo, più antico, prevedeva il fissaggio dellapunta nell’asta attraverso un’appendice della punta stessa; il secondo, invece, consisteva nell’inserirel’asta lignea nell’incavatura posta alla base della punta, fissata poi da un elemento che la attraversavada parte a parte tramite due fori. La lancia, inoltre, superava generalmente i due metri, ma potevaanche andare oltre i quattro metri, come testimoniano le pitture o le raffigurazioni sulla ceramica. Nellaporzione cilindrica sono evidenti dei fori circolari necessari per il fissaggio di un ulteriore elemento econferire stabilità al pezzo173. Generalmente la cronologia delle cuspidi di lancia si ritrova in contestidella Prima età del Ferro sia in Etruria che nel meridione.

I numeri XXI.1, 2 e 3 sono riferibili a cuspidi di lancia di dimensioni comprese tra cm 11 e20,7 e presentano una lama foliata con costolatura longitudinale a sezione semicircolare, rastremataverso la punta. Il cannone è troncoconico con foro passante al centro, dotato di uno o due piccolifori. Nella Vetrina XXVI, dedicata ai reperti cumani, compaiono due esempi simili. La foggia ap-pare diffusa nelle necropoli campane sia nella fase I che nella fase II del Primo Ferro174. Un esem-

173 Di Niro 2007, p. 45.174 A Cuma il tipo è presente in due corredi del Preellenico I; altri esemplari conservati presso il Museo Archeologico

di Napoli e il Museo Pigorini. Criscuolo 2007, p. 295.

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plare, la numero XXI.3, presenta una decorazione incisa sulla lama con motivo a spina di pesce.Tra le cuspidi compare un esempio miniaturistico conservato nella Vetrina XXVII.Tra le altre armi figurano cinque frammenti di punte di freccia, esclusivi della Vetrina XXVII,

e distinguibili sulla base delle ridotte dimensioni comprese tra cm 1,8 e 2,8. Anche le frecce con-dividono la funzione delle cuspidi di lancia come armi da offesa, ma la differenza sostanziale stanelle dimensioni, e quindi nel peso ridotto che gli garantisce l’utilizzo come arma da getto. Gliesempi della collezione Barone si riferiscono a punte di freccia piramidale a tre tagli e con cannonetroncoconico con foro passante al centro, per le punte numero XXI.5, 6 e 7 e a punta prolungataoltre l’imbocco dell’immanicatura per le restanti. Le cuspidi piramidali a tre tagli, in varia artico-lazione tipologica, sono largamente diffuse in Grecia e in Asia e presenti in Italia meridionale e inEtruria, a partire dall’età arcaica e soprattutto dall’età classica175.

Quasi tutte le armi sopra descritte solitamente fanno parte o di corredi tombali, oppure pro-vengono da sepolture sconvolte per vari motivi. Al chiaro significato simbolico, ovvero connota-zione di sepolture dei guerrieri o comunque degli individui maschi della comunità, in alcuni casiciò è legato alla volontà di mostrare il proprio status all’interno del gruppo sociale, in altri a riti dipassaggio legati all’età.

Purtroppo la provenienza non è nota quindi non si può appurare per certo ciò che si è appenadescritto; determinate armi sono rinvenute di solito anche nell’ambito di complessi santuariali, ilsignificato è diverso: molti soldati offrivano armi proprie o prese in battaglia come ex-voto, di-mostrando così la propria devozione alle divinità.

Nella scheda di riferimento sono stati analizzati anche due reperti di cui il numero XXI.10, in-dicato come un puntale di fodero medievale di forma cilindrica con il tipico puntalino globulareall’estremità, l’altro, il numero XXI.11, identificato come un probabile puntale di lancia di formacilindrica frammentato all’imboccatura e utilizzato in sostituzione della cuspis della lancia in casoquesta si rompesse in battaglia o per piantare l’arma a terra176.

- Strumenti con doppio utilizzoTra gli strumenti con duplice interpretazione funzionale compare l‘ascia, strumento da taglio

utilizzato per la lavorazione del legno, entrato nell’immaginario collettivo anche come arma. Lesue caratteristiche di attrezzo completo per ogni uso di carpenteria ne hanno determinato da sempreun largo impiego.

Le asce erano costituite generalmente da un elemento rettangolare o sub-trapezoidale in cuil’estremità più stessa era il tallone e la più larga il filo, o lama, sovente allargato rispetto a quantousciva dalla fusione tramite martellatura. In alcuni casi i margini del pezzo erano rialzati a formareuna sezione ad “H”, in modo che in un’immanicatura lignea con gomito retto, la parte metallicapotesse trovare facile alloggio, con il fermi assicurato a mezzo di una ribattitura e di legacci177.

Tra i reperti della collezione Barone figurano le numero XXII.1 e 2, identificati come due va-rianti dell’ascia. In origine comprendevano sicuramente l’asta in materiale deperibile e anche inquesto caso la parte che sopravvive è la terminazione in metallo. La prima è identificata come

175 Sannibale 1998, p. 61.176 Barone 1899, p. 73.177 Martinelli 2004, p. 135.

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un’ascia a cannone inquadrabile tra il Bronzo finale e la Prima età del Ferro, con un’immanicaturatubolare e probabili occhielli laterali o appendici per fissare i legacci di unione. La seconda èun’ascia a margini rialzati differente dalla precedente per morfologia.

Gli altri esemplari identificati come scuri non sono altro che varianti dell’ascia. La scure è unostrumento antichissimo e presente ovunque utilizzato da millenni per tagliare, dividere e modellareil legno; è anche considerata un’arma in dotazione al guerriero. Sono inquadrate come asce ad oc-chio poichè l’immanicatura o testa ha foro trasversale detto a sezione ovale in cui si inseriva ilmanico ligneo178. Tra gli esempi analizzati compaiono delle varianti: scure a occhio ovale e scurea occhio e lama massiccia, rappresentata dai numeri XXII.4 e 5. All’interno dell’occhio era inseritoil manico di legno. Anche la scure condivide la scorte della lancia e dell’ascia perdendo l’asta ori-ginale in materiale deperibile. La cronologia è molto alta, in base ai confronti esplicitati nellascheda di riferimento la tipologia è inquadrata tra il Bronzo finale e la Prima età del Ferro.

Bisogna sottolineare che le asce e le sue varianti hanno avuto una lunga vita determinata sicu-ramente dall’uso “civile” oltre che militare.

Tra gli utensili da lavoro vi è anche un esempio di scalpello in bronzo dotato di lama diritta,con il tagliente disposto trasversalmente, sulla faccia all’estremità della lama, quella più lontanadall’impugnatura. Serve per fare incastri, scanalature, correzioni sulla superficie del materiale euna varietà d’altri impieghi.

- Strumenti per la filaturaTra gli strumenti relativi al lavoro femminile, compaiono nella Vetrina XXVII un esempio di

fuso e tre aghi da cucito più un elemento di dubbia interpretazione.Il fuso presenta un corpo lungo e affusolato a sezione circolare con la presenza di tre dischi di

diverse dimensioni. Lo strumento è utilizzato durante la filatura a mano per torcere il filo e avvol-gerlo sulla spola.

Anche gli aghi rappresentano una testimonianza fondamentale del lavoro della filatura. Per viadella conformazione rimasta pressocchè inalterata nel tempo, i reperti non consentono una decisadefinizione cronologica. In generale presentano uno stelo rettilineo, rastremato e appuntito versoun’estremità; l’altra estremità, chiamata cruna, presenta il tipico foro per l’immissione del filo cheservirà ad attraversare uno o più spessori di tessuto. L’ago numero XXIII.2 presenta una partico-larità maggiore dovuta alla custodia: infatti è corredato di un elemento cilindrico cavo per l’inse-rimento dell’ago quando non serviva al lavoro di cucito.

Nella scheda riferibili agli strumenti per la filatura è stato inserito anche un piccolo peso pon-derario, probabilmente attinente al telaio, a forma di globulo schiacciato. Purtroppo non reca inci-sioni sui poli in relazione al suo peso specifico, quindi in assenza della controprova il repertoappare di dubbio utilizzo.

- Strumenti chirurgiciTra gli strumenti attinenti alla professione medica abbiamo due esempi di ligula di cui uno perfet-

tamente integro ripete la conformazione utile a comprenderne l’utilizzo. Lo stelo è a sezione cilindricaspuntato ad un capo e un’estremità termina in spatoletta ovale e piatta. L’altro esemplare è mutilo e pre-

178 Martinelli 2004, p. 136.

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senta solo lo stelo a sezione circolare e purtroppo manca della terminazione come la ligula precedente.Nel mondo romano la ligula ebbe enorme diffusione per la molteplicità del suo uso. Una fun-

zione principale ricadeva nel mondo della chirurgia, essendo una variante della spathomele piùcomune e largamente attestata per questo uso, in quanto era utilizzata come sonda per via dellaspatoletta ovale all’estremità e usata per indagare cavità profonde. Un altro uso riconosciuto è re-lativo alla toletta quotidiana per l’estrazione di polveri, unguenti o pomate. Riguardo alla molte-plicità dei suoi usi ci si è espressi anche considerandolo come un auriscalpum o oriculum specillum,per la cura delle orecchie o un dentiscalpium per l’igiene orale179.

Tra i materiali utilizzati nella chirurgia si configurano come elementi fondamentali anche lepinze, definite vulselle, adatte ad afferrare i tessuti, estrarre corpi estranei, per tenere aperti i lembidelle ferite. Generalmente sono conformate da una lamina di bronzo ripiegata in due branche, in-curvate o semplicemente svasate, con una figura a “U” o a “V”. Nelle pinze della collezione Baronesi notano queste due varianti. L’apice della prima è conformato “a molla”, l’apice della seconda ècircolare. Le dimensioni sono piuttosto modeste, tra cm 10 e 19. Si configurano come oggetti po-livalenti, poiché la destinazione d’uso non si riduce solo all’ambito chirurgico ma anche all’usodomestico e alla toeletta maschile e femminile magari per la depilazione del viso o delle ascelle,oppure utilizzata nel campo domestico per sistemare lo stoppino delle lucerne180. I reperti in que-stione sembrano essere utilizzati in ambito medico proprio per via delle dimensioni notevoli. Laforma non consente una decisa definizione cronologica in quanto non sussistono varianti sostanzialinel tempo, la classe di produzione si attesta sia durante la Prima Età del Ferro181, con gli esempiprovenienti da Pontecagnano, sia durante tutta l’epoca romana.

- Ornamenti personaliNel grande paragrafo dedicato agli ornamenti personali figurano oggetti di tipologie e funzioni

differenti indossati in antichità da uomini e da donne. Non si è specificato l’uso maschile dal femminileper un pratico motivo: alcuni degli ornamenti presentati sono utilizzati da ambedue i sessi. Ovviamentein ogni sottoparagrafo sarà specificata la funzione di ogni singolo oggetto di ornamento.

Tra gli ornamenti personali compaiono collane semplici e con pendenti, bracciali semplici oarmillae, anelli digitali, spilloni per chiudere le vesti, fibule molto ricercate e con una cronologiaaltissima e ovviamente i ganci di cinturione, questi ultimi intesi come ornamenti personali e nonnecessariamente legati all’equipaggiamento militare maschile. Nel paragrafo sono stati inseritianche oggetti relativi alla toeletta maschile e femminile: lo strigile e i rasoi.

- CollaneUno tra gli ornamenti personali è immancabile nelle collezioni museali è sicuramente la collana.

Tra le collane della collezione Barone figurano esempi molto ricercati e dove è stato possibile, at-traverso opportuni confronti, si è appurata la cronologia molto alta da rendere ancora più specialisuddetti oggetti.

Nella Vetrina XXVII sono conservate due collane particolari: la collana a molla costituita da

179 Per l’uso in ambito chirurgico, cosmetico e domestico cfr. Galliazzo 1979, pp. 159,161 - 162.180 Zampieri 2000, p. 147.181 d’Agostino, Gastaldi 1988, p. 75.

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un filo unico avvolto a spirale, che trova confronto con una goliera in cattivo stato di conservazionerinvenuta a San Polo Matese, datata alla Prima età del Ferro182. L’altra collana è la numero XXV.2costituita da una verga di bronzo a capi lanceolati e con decorazione incisa, datata tramite confrontocon una simile al VI - V secolo a.C.183

Altre tre collane conservate nella Vetrina VII vantano la presenza di pendenti. La numeroXXV.7 è una collana ad anellini incastrati con undici pendenti dalle diverse forme: dalla figuraantropomorfa, come il bellissimo pendente centrale, ad altri pendenti rappresentanti altri oggetti.Anche la collana numero XXV.8 presenta la stessa struttura di base con catena ad anellini e undicipendenti di minore pregio e forma rispetto alla figura centrale identificata come Mercurio con pa-tera nella mano sinistra e probabilmente detiene il caduceo terminante in figura antropomorfa. Lanumero XXV.6 è anch’essa corredata da pendenti in questo caso denominati a “bulla” per la ca-ratteristica morfologica di ricordare la conchiglia dei bivalvi essendo costituito da due calotte com-bacianti. La particolarità di questa tipologia di pendenti è dovuta al valore e al significato altamentesimbolico che viene associato ad essi: utilizzata per primi dagli Etruschi, successivamente passòai Romani che la chiamarono Etruscorum aurum e la utilizzarono fino al IV secolo d.C. Inizial-mente aveva valore di amuleto, magari conservando all’interno un portafortuna, successivamentedivenne un vero e proprio gioiello destinato ai fanciulli che la deponevano insieme alla toga pretestae la dedicavano agli dei Lari; le fanciulle la indossavano fino al matrimonio184. La collana numeroXXV.3 presenta una forma semplice costituita da anellini incastrati e probabilmente era indossataa tre giri considerando la lunghezza che è di centoventicinque centimetri. Dalla Vetrina VIII pro-vengono altre due collane probabilmente arcaiche, una composta da cinquantotto elementi sfericidigradanti verso le estremità e l’altra costituita da nove elementi cilindrici sagomati, da tre elementicilindrici lisci e da tre pendenti a sezione ellittica con terminazione a globetto sferico. Nel catalogoBarone non è indicata come una collana integra ma come pezzi appartenenti a collana185.

- PendagliNella collezione Barone sono presenti diversi esempi di pendagli. Un pendaglio molto impor-

tante dal punto di vista artigianale è sicuramente il numero XXVI.1 costituito da un filo a sezionecircolare, avvolto a spirale. L’esemplare è datato tra il Bronzo finale e la prima Età del Ferro e co-stituisce un ornamento tipico usato per gli oggetti metallici riproposto come decorazione su diversetipologie di ornamenti186. Gli altri due pendagli possono essere anche intesi come pettorali, cosìdenominati per la collocazione sul petto del defunto.

L’altro pendaglio (XXVI.2) è costituito da una targhetta rettangolare incisa e corredata da cin-que figure umane stilizzate con gli arti divaricati, alcune frammentarie e staccate dalla targhetta.L’esemplare trova confronto con un reperto simile ma in cattivo stato di conservazione rispetto alreperto della collezione Barone, proveniente da Suessola187. Dalla Vetrina XXVII provengono altripendagli: il numero XXVI.3 costituito da una targhetta rettangolare e terminante con quattro fori

182 De Benedittis 2005, n. 47, p. 31.183 Parise Badoni, Ruggeri Giove1980, pp. 26 - 27.184 Torelli 1984, p. 26.185 Barone 1899, p. 91.186 Di Niro 2007, p. 61.187 Comstock, Vermeule 1971, p. 237.

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in cui sono inseriti i rispettibvi appicagnoli; tale pedaglio è definito pettorale o tintinnabulum pervia della riproduzione di suoni da parte degli appicagnoli con funzione apotropaica188. Il pendaglioXXVI.4 è a forma di volatile e senza numero d’inventario.

Segue un altro pendaglio in lamina di bronzo costituito da una parte superiore a forma di lunaterminante con due fori circolari e dall’altro lato con una protesi nella quale è inserito un anello.Nella scheda relativa ai pendagli sono stati considerati anche due vaghi, presumibilmente appar-tenenti a collane integre, con forma ovoidale e foro superiore per l’inserimento.

- Pendagli a batocchioNella collezione Barone sono presenti cinque pendagli relativi alla tipologia “a batocchio” e

generalmente costituiti da manico e corpo globulare. Il manico può avere altresì decorazione incisa,come il XXVII.1, o una lunghezza importante, come il XXVII.5. La maggior parte termina conun elemento di sospensione ad occhiello impostato orizzontalmente.

È una tipologia di pendaglio relativo già all’artigianato delle comunità dell’Età del Ferro anchese convenzionalmente la cronologia attribuita agli esemplari con dimensioni maggiori è tra il VIIe il VI secolo a.C. L’area di diffusione è attestata in ambito piceno e lungo la fascia adriatica, a co-stituire una vera e propria koinè culturale, o presso le comunità indigene dell’Italia meridionale,oltre che in Tessaglia, Macedonia e sulla sponda orientale dell’adriatico189. E’ possibile suddivideregeneralmente tali pendagli un due gruppi: presenza o meno del nodo mediano lungo la bassa ver-ticale. In base ai reperti di Montegiorgio, Seidel propone seriazioni tipologiche anche rispetto allevarianti evidenti nei due gruppi190. Tra i reperti della collezione Barone figurano tre esempi di pen-denti a batocchio senza nodo mediano contraddistinti nella variante con batocchio globulare(XXVII.1 - 3) e due pendenti a batocchio con nodo mediano, apparteneti alla variante con elemntidi sospensione a occhiello anche se il nr. XXVII.5 è lacunoso.

Solitamente può essere considerato come un peso sferoidale, anche Barone identifica questaparticolare tipologia come pondera191, ma trovano applicazione come pendagli o di fibule, gliesemplari di minori dimensioni, o direttamente a cinture e indossati indifferentemente da bambinio giovani donne192. I pendagli della collezione Barone hanno dimensioni comprese tra cm 6 e 11,7,quindi probabilmente erano inseriti in cinture.

- Anelli digitaliGli anelli da dito sono molto frequenti tra i ritrovamenti antichi poiché costituivano un oggetto di

ornamento usuale. Venivano portati al dito anulare o intorno ad altre dita, all’infuori del dito medio, oimpudicus, per motivi sicuramente religiosi. Nel mondo romano assumono anche altre connotazionisia come segno distintivo, a seconda del metallo utilizzato per la sua foggiatura, sia a livello simbolicodivenendo amuleto o addirittura premio e onorificenza193. L’uso degli anelli con castone inciso è statocollocato cronologicamente dal periodo augusteo fino al II secolo d.C. Probabilmente secondo la modadell’epoca gli anelli con castone inciso precedettero i successivi anelli con gemma incastonata. Sono

188 Benedettini 2012, p. 256189 Colucci Pescatori 1971, p. 536.190 Seidel 2006, p. 138.191 Barone 1899, p. 70.192 Di Niro 2007, pp. 58 - 59.193 Galliazzo 1979, p. 169.

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tipici esempi della produzione altamente industrializzata romana.La collezione Barone vanta nove anelli con castone inciso dalle più svariate decorazioni; pre-

valentemente si riconosce una verga a sezione semicircolare che si allarga in forma di castone el-littico piatto. La figurazione dei castoni è varia: il numero XXVIII.1 ha incisa una figura femminilestante che reca un ramo d’ulivo; il numero XXVIII.2 ha incisa una figura animale, probabilmenteun lupo; il numero XXVIII.5 anch’esso probabilmente riporta una figura animale poiché si rico-noscono le zampe anteriori; il numero XXVIII.8 riporta una decorazione ad onde parallele; per irestanti anelli con decorazione incisa non si è decifrata la figura. Un solo esemplare, il numeroXXVIII.11, reca un alloggio per castone purtroppo andato perduto.

Il restante gruppo di anelli digitali non presenta particolari decorazioni né elementi qualificanti.I confronti sono stati effettuati sulla base di similitudini con anelli presenti sia nel Museo Sanniticodi Campobasso sia a Carlantino sia a San Polo e datati sempre al VI secolo a.C.193

- Bracciali e armilleTra i bracciali della collezione Barone figurano quattro semplici, i numeri XXIX.1, 2, 3 e 4

costituiti da una verga a sezione circolare e con capi ornati da dentellature e decorazione longitu-dinale incisa sulla superficie. La tipologia è datata al VII - VI secolo a.C. e la loro diffusione èmolto limitata e rara194. Alcuni esempi, seppur variabili per decorazione e dimensione, sono con-servati al Museo Pigorini; altri tre esempi provengono da una tomba di Scurcola Marsicana195;inoltre trova puntuale confronto con un esemplare di Carlantino e datato al VI sec. a.C.196 Baroneli definisce clidon, ovvero bracciali indossati ai polsi197. La datazione è sicuramente giusta per que-sta tipologia di bracciali molto semplici, successivamente la forma più attestata sarà quella a spirale,presente nel Museo “G. Barone” con ben otto esempi.

La fortuna dei bracciali a spirale si risolve in una fitta produzione artigianale e in una corri-spondenza in tutta la penisola, dal Piceno alla Campania, dalla Puglia alla Calabria ed è quindidifficile individuarne la precisa collocazione cronologica che generalmente si attesta a partire dallaPrima Età del Ferro in poi198. Anche in Molise lo ritroviamo a Termoli, Guglionesi, San Polo enella collezione del Museo Sannitico di Campobasso. Probabilmente erano indossati o al braccioo all’avambraccio ed è notissimo in Italia dalla prima Età del Ferro con diverse varianti rispetto alfilo metallico utilizzato. L’adattamento al braccio è garantito dal progressivo aumento del diametronel caso di occorrenza. Nelle necropoli molisane è stata attestata la prerogativa di sesso e l’indi-cazione di appartenenza a “casta” poiché sono stati rinvenuti a corredo di donne con altri elementidi pregio. Nel caso di sepolture relative a bambini, il diametro ovviamente risulta ridimensionatoe avvolto in numerose spirali.199 Le varianti sono evidenti nelle diverse armillae presenti nel Museo“G. Barone” schedate in numero di nove. La verga metallica è a sezione rettangolare o circolare eavvolta in due o più giri di spirale, ad esempio nell’armilla numero XXIX.10 è a quattro giri. Ildiametro varia da cm 4 a 9,3 per le armillae evidentemente indossate dagli adulti. Alcune, come i

193 De Benedittis 2006, pp. 56 - 57.194 Cifarelli 1997, pp. 82 - 84.195 D’Ercole 1991, pp. 253 - 270.196 De Benedittis 2006, p. 88.197 Barone 1899, p. 69.198 Colucci Pescatori 1971, p. 534 ss.199 Di Niro 2007, p. 70.

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numeri XXIX.11, 12 e 13 presentano una decorazione incisa a fasce nella parte terminale.

- Anelli da sospensioneLa grande varietà di anelli da sospensione in bronzo ha reso necessaria una discussione su

l’eventuale impiego funzionale che ne veniva fatto. Spesso vengono confusi come anelli digitali,quelli di dimensioni minori o come bracciali utilizzati ai polsi o al braccio, anche se il diametro sirivela spesso troppo piccolo. Il ritrovamento più frequente è in tombe, in alcuni casi anche all’al-tezza della cintura, facendo ritenere che fossero e ornamenti con questa specifica destinazioned’uso; addirittura si è ipotizzato che alcuni esemplari fossero pertinenti ad un tipo di acconciatura;tutte queste ipotesi non possono essere affermate poiché mancano i dati del contesto di ritrova-mento, oltre che i dati sulla provenienza.

I nove anelli da sospensione individuati, sono stati inseriti comunque tra gli oggetti di orna-mento e intesi come elementi decorativi, lasciando aperte le ipotesi della loro destinazione d’usospecifica. Il Barone precisa il più delle volte nel suo catalogo la funzione di anelli per porta.

Vi è un esempio di anello “a stella” o “raggiato” che prende il nome dal tipo di decorazioneesterna a listelli; tale tipologia è presente fin dall’Età del Bronzo e ricorre spesso in contesti tombalifemminili, magari associati a fibule perché sospese a queste200. Anche in Molise si annoverano di-versi esempi, con varianti nella sezione della verga201.

Gli altri anelli da sospensione vengono inquadrati generalmente in tipologie attestate dagli inizidel VII secolo a.C. e frequenti anche nel secolo successivo202; tramite puntuali confronti si è ap-purato che gli anelli della collezione Barone possono condividere la stessa cronologia.

La decorazione tipica è o a tacche continue lungo la verga massiccia, come nel caso del numeroXXX.2, oppure è a ovoli e listelli alternati, decorazione dei numeri XXX.3, 4 e 5. Entrambe le va-rianti condividono un’ampia diffusione, soprattutto incentrata nell’Italia Meridionale203 e rintrac-ciabile anche in numerosi contesti molisani204. Un altro esempio è il numero XXX.6, che condividela funzione di anello da sospensione è sicuramente più semplice rispetto agli altri appena descritti,infatti è costituito da una verga a sezione romboidale, chiusa e liscia.

Tra gli anelli da sospensione compaiono anche altri due esempi, caratterizzati da una verga di-versa curvata nella parte superiore e decorata ad incisione, nel caso dell’anello numero XXX.7.

Nella scheda di riferimento sono stati analizzati altri due anelli di incerta attribuzione: il numeroXXX.9, descritto da Barone come un annulus per porta probabilmente di epoca romana e il numeroXXX.10 indicato dal collezionista come anello per vaso205.

- Spille e aghi crinaliTra gli elementi di ornamento personale nati con uno scopo essenzialmente funzionale vi sono

gli spilloni. Gli elementi costituenti uno spillone si risolvevano in un ago appuntito, per perforarei tessuti che andava a legare, una testa lasciata a vista che garantiva le diverse decorazioni tantoda configurarsi ben presto come un fermaglio ornamentale su abiti femminili.

200 Bietti Sestieri 1992, pp. 380 - 384.201 Per i confronti in Molise vedi scheda di riferimento.202 De la Grenièr1968, pp. 123, 319203 Colucci Pescatori 1971, pp. 534 - 536.204 Per i confronti in Molise vedi scheda di riferimento.205 Barone 1899, pp. 67, 69.

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Il XXXI.1 è un esempio di spillone attestato per la tipologia San Vitale nella variane B adope-rata da Carancini. Lo spillone presenta una testa conformata “a pastorale” e attestato cronologica-mente in contesti relativi alla Prima Età del Ferro206.

Anche il numero XXXI.2 è con tutta probabilità adibito alla chiusura dei tessuti poiché presentauna perforazione alla base del collo che testimonia l’uso complementare di lacci; per la sua parti-colare conformazione rientra nella tipologia Cataragna207.

Nella scheda sono stati analizzati anche altre forme metalliche, assimilabili per via del lungostelo a spilloni, ma funzionali alle pettinature delle donne antiche. Sono i cosiddetti aghi crinalis:spilloni caratterizzati da uno stelo fino e lungo e da un elemento superiore per la presa e l’orna-mento. Sono considerati come un adattamento dell’ago comune condividendo la forma dell’agoma non la cruna, assente e sostituita da ingrossamenti di varia forma e consistenza. In età romanatale oggetto era usato anche in versione di acus comatoria, ovvero come un pettine208.

Gli aghi crinali del Museo “G. Barone” presentano uno stelo a sezione circolare e la parte ter-minale decorata in vario modo: con terminazione ovale o circolare o addirittura, il numero XXXI.5,presenta una decorazione incisa molto particolare e una terminazione a testa di volatile, oltre cheun vago d’ambra inserito nell’ago.

L’ultimo esemplare analizzato nella scheda XXXI è una probabile spilletta con decorazioneincisa non precisabile sul corpo semicircolare. L’oggetto è costituito anche da un gancio sottilissimoe mobile; la presenza di questo elemento può far supporre che la numero XXXI.6 non sia una spillao un elemento legato a questa, bensì un orecchino.

- FibuleDalla fine dell’Età del Bronzo in tutti i paesi del Mediterraneo centrale e settentrionale e in

gran parte dell’Europa, in luogo dello spillone entra in uso la fibula, che per la varietà delle formeche assume in ogni epoca è un prezioso strumento per la cronologia, oltre che in molti casi, unavera e propria opera di oreficeria209. E proprio da questo variare secondo le “mode” del tempo chederiva il loro insostituibile valore di documento archeologico.

È utilizzata in primo luogo per assicurare le vesti sulle spalle ed alla vita, diventando ben prestoun oggetto di ornamento per via della particolari forme che assumerà nel tempo, svolgendo quindila funzione di bottoni che in ambito greco si diffondono solo a partire dal V secolo. a.C.

La fibula, nello schema più semplice, è costituita dall’ardiglione o ago collegato ad una mollaa spirale che si congiunge ad un elemento semicircolare chiamato arco, le cui forme diversificatedanno il nome ai corrispondenti tipi di fibule e infine dalla staffa che alloggia e ferma l’estremitàappuntita dell’ardiglione.

La collezione Barone vanta un numero abbondante di fibule con una cronologia molto alta cheoltre a renderle dei reperti degni di nota, chiariscono le differenti tipologie adottate nei secoli.

La più antica che figura nella collezione Barone è la fibula ad arco semplice, la numeroXXXII.1 possiede la caratteristica di avere l’arco ritorto reso dal filo di bronzo attorcigliato lungola maggior parte della verga semicircolare. La numero XXXII.2 è ascrivibile alla grande tipologia

206 Carancini 1975, pp. 136 - 137.207 Carancini 1975, p. 179 ss.208 Galliazzo 1979, p. 171.209 Cianfarani, Franchi Dell’Orto, La Regina, 1978, p. 157.

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delle fibule ad arco ingrossato e presenta un leggero gomito nella parte centrale dell’arco. Inoltreè caratterizzata da una fitta decorazione incisa costituita da gruppi di motivi lineari intervallati damotivi trasversali. Il tipo di fibule è attestato cronologicamente tra l’Età dal Bronzo Finale e laPrima Età del Ferro iniziale, cioè dal X alla metà del IX secolo a.C. ampiamente documentate intutta l’Italia; purtroppo non si è ancora chiarita l’origine di tale fibule o da quale direttrice proven-gano, simili sono attestate anche in Grecia e nei Balcani.

Seguono cronologicamente le fibule attestate dalla Prima Età del Ferro, le fibule “a sanguisuga” ri-conoscibili dall’arco con profilo semicircolare, ingrossato e pieno come nel caso della fibula numeroXXXII.6.

Da questa tipologia di fibule si sviluppa quasi contemporaneamente la tipologia “a navicella”,che condivide con la precedente il medesimo profilo, ma con arco vuoto, rappresenta nella colle-zione dalla numero XXXII.7. Le fibule appartenenti a queste tipologie presentano spesso decora-zioni incise molto particolari come nel caso dei reperti appartenenti alla collezione Barone,riconoscibili da decorazione a fitti trattini e a cerchielli, per la numero XXXII.7 e motivo a spina dipesce per la numero XXXII.6.

Le fibule “a navicella”, inoltre possono essere dotate di apofisi laterali a bottone, caratteristicadelle fibule numero XXXII.10, 11 e 12.

Si ritiene che sia le fibule “a sanguisuga” sia le fibule “a navicella” derivino dal prototipo dellefibule ad arco semicircolare ingrossato con coste e bottoni ripresi nelle decorazioni di entrambe letipologie: le coste incise, per le decorazioni sull’arco e i bottoni, per le apofisi laterali delle fibule“a navicella”.

Tra i reperti della collezione Barone compaiono due esempi di fibule a denominate “ad occhiali”e costituite da un arco costituito da due spirali a verga circolare, collegati al centro con un segmentodi filo obliquo ampiamente documentati a partire dall’VIII secolo a.C.

Seppur con un solo esemplare, nella collezione Barone compare anche una fibula del tipoCertosa “a drago” databili tra il VII e il VI secolo a.C. Tale fibula risulta essere l’ultimo esitodell’evoluzione delle fibule serpeggianti datate all’VIII secolo a.C. Vengono comunementechiamate “a drago” per via della somiglianza con la forma sinuosa di un animale fantastico. Sitratta di un tipo diffuso soprattutto in Italia settentrionale e caratteristico del costume ma-schile210. Nel caso specifico della numero XXXII.12 ci troviamo di fronte al solo arco; la formaoriginaria prevede una dimensione importante e la dotazione di una staffa lunga con bottonifusi o costolati.

Sempre allo stesso orizzonte cronologico sono attestate le fibule “a ghianda” caratterizzateda ovoli a forma di questo elemento disposti lungo l’arco costituito da una lamina larga. Siconservano tre frammenti, di cui due combacianti e appartenenti alla stessa fibula integra. Fi-bule di questa foggia sono attestate in Italia meridionale, in particolare in Campania e nellearee interne dell’Abruzzo e del Molise, dove si localizzano numerosi esempi. Gli esemplaripiù antichi sono presenti in contesti più tardi della seconda fase dell’orientalizzante antico nellenecropoli della Val di Sarno211.

Le fibule numero XXXII.15 e 16 rientrano nel tipo detto “Grottazzolina”, una località in pro-vincia di Ascoli Piceno, dotate di un arco allargato recante due bottoni ai lati e datate tra il VI e il

210 Guzzo 1970, p. 36, pp. 39 - 40 e pp. 44 - 45.211 Gastaldi 1979, p. 38.

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V secolo a. C. Sono molto note anche le varianti a tre bottoni, che condividono con la variante adue bottoni la diffusione in tutta la fascia adriatica e nella zona di Arezzo212.

Nella scheda di riferimento compare un frammento di fibula considerato, in questa sede, comeun occhiello appartenente ad una fibula ad arco serpeggiante. Se l’ipotesi dovesse essere esatta,tale reperto risulterebbe il più antico tra le fibule della collezione Barone, dato che questa tipologiaè attestata tra il X e il IX secolo a.C. La forma integra conosce numerose varianti e la caratteristicaprincipale, data dal nome stesso, si riferisce alla ricchezza degli avvolgimenti213.

Nello stesso paragrafo si è pensato di inserire anche alcuni esempi di fibbie, che condividonola destinazione d’uso delle fibule con l’unica differenza di essere sicuramente più recenti.

Per quanto riguarda le fibbie numero XXXII.19, 20 e 21 sono relative ad un tipo di cintura de-finito “bizantino” caratterizzato generalmente da una fibbia a gancio mobile e più raramente daun puntale. Sono diffuse tra il V e il VII secolo d.C. per tutto il bacino del Mediterraneo. Sono ri-conducibili al tipo Bolgota - Bologna indicato dal Werner e diffuse soprattutto dalla seconda metàdel VII secolo d.C. Lo studioso riscontra una sorta di omogeneità per cui ipotizza la produzione inpochi atelier, di cui uno sito probabilmente a Roma214. Sono pressocchè identiche e caratterizzateda una placca cernierata a forma di cuore, traforata, con foglia trilobata nel foro e terminante conuna piccola appendice. Per la numero XXXII.21 si riscontra una certa differenza dovuta alla de-corazione incisa a bulino che corre lungo i bordi.

Segue la fibula numero XXXII.22, molto particolare per via della sua conformazione piattache Barone confuse con un anello215. La fibula in effetti è chiamata “ad anello” e rientra in una ti-pologia attestata soprattutto nel VII secolo d.C. e si ritiene siano peculiari del costume femminilee usate sia singolarmente che in coppia a fermare il mantello. Sono noti esemplari con due varianti:ad estremità arricciate o a protomi animali. La numero XXXII.25 è probabilmente una fibula anu-lare con estremità arricciata o a voluta; anch’essa è priva dell’originario ago; quindi potrebbe essereinterpretata come un semplice anello216. La frequenza è attestata soprattutto in Italia meridionalee precisamente in Puglia e in Calabria. L’alta concentrazione nella Regio II ha fatto supporre chela produzione fosse incentrata in questa area, probabilmente ricca di officine “romanico - bizantine”poiché non sono classificabili come tipicamente longobarde, la derivazione è sicuramente ro-mana217. Solitamente sulla superficie è inciso un nome che può rimandare ad una appartenenzalongobarda o meno; alcune varianti non recano l’iscrizione. La fibula della collezione Barone ri-porta un’iscrizione purtroppo non decifrabile a causa della superficie deteriorata.

Un’altra fibula si può inquadrare cronologicamente come la precedente, la numero XXXII.24, carat-terizzata da una forma romboidale suddivisa in nove losanghe. Con tutta probabilità il campo superioreera decorato con vetri policromi e pietre più o meno preziose incastonate nel bronzo che garantivano unapolicromia tipica delle fibule più frequenti in epoca longobarda, come quelle a “a disco” e a “S”.

Al numero XXXII.23 corrisponde una probabile fibbia di dubbia interpretazione perché caratte-rizzata da un’asta a sezione circolare e desinente alle estremità con attacchi piatti e convessi. Tale mor-

212 Guzzo 1970, pp. 44 - 45.213 Guzzo 1970, p. 37.214 Werner 1955, p. 39 ss.215 Barone 1899, p. 67.216 Von Hessen 1983, p. 17.217 Salvadori 1977, pp. 354 - 356.

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fologia ha erroneamente fatto supporre che fosse una paletta218, magari corredo di una qualche formaintegra. Il tipo di oggetto può essere considerato come una fibbia bronzea dai bracci uguali, tipica deicontesti altomedievali anche se, nel caso della fibbia della collezione Barone, si nota una variante negliattacchi e una semplicità nella foggia, rispetto ad altre fibbie della stessa tipologia.

- Ganci di cinturioniI cinturioni a fascia con ganci lavorati, elemento caratteristico e non esclusivo dell’equipaggiamento

militare delle popolazioni italiche meridionali, è rappresentato nella collezione Barone soltanto dai ganci.Varie ipotesi sono state formulate in relazione all’origine e ai luoghi di produzione delle cinture

e si è supposto che venissero dalla Grecia, dal Veneto, dall’Etruria. In realtà i rinvenimenti quasiesclusivi nei territori delle tribù sabelliche o di tribù ad esse collegate economicamente o politica-mente, portano a ritenere che la produzione debba circoscriversi nell’Italia centro-meridionale,lungo la fascia tirrenica dove esperienze etrusche possono essere state incentivo alla formazionedi una metallotecnica locale219.

Il cinturone sannitico è costituito da una fascia di bronzo, generalmente di dieci centimetri dialtezza, ben visibile e allacciato all’addome degli adulti maschi. Esso era legato tramite ganci, iquali potevano o essere fusi e lavorati insieme alla lamina, oppure lavorati a parte ed applicati me-diante chiodini. La lamina, per praticità, era applicata su un supporto di stoffa o cuoio medianteborchiette poste lungo i margini della fascia. Quest’ultime avevano la duplice funzione di esserefunzionali e costituire elementi decorativi. I ganci presentano l’estremità ripiegata ad uncino inmodo da permettere l’attaccamento all’estremità femmina, dove si trovano coppie di fori studiatiper poter regolare l’ampiezza ed adattarsi a chi lo indossava .

La classificazione di questi oggetti risale al 1986220. In quell’occasione furono presi in consi-derazione 260 cinturoni e 717 ganci. In base allo studio di questi esemplari si è potuto cominciarea proporre una tipologia che comprende 9 tipi, divisi in 19 sottotipi. La distinzione viene fatta inbase al corpo del gancio, che può essere a palmetta con incisioni dalle più semplici alle più elabo-rate, a figura animale o a figura umana.

Per la schedatura dei ganci di cinturione presenti nella Vetrina VII e XXVII del Museo Civico“G. Barone” si è fatto riferimento alla tipologia adoperata dalla studiosa Suano affrontata per icinturioni italici.

Al tipo Suano 1, diffusi dalla seconda metà del IV secolo a.C., appartiene il numero XXXIII.1con corpo sagomato a palmetta doppia e volute incise e decorato con fitte incisioni; al sottotipo1/B, solo per il corpo e non per la testa, appartiene il gancio numero XXXIII.2 con corpo allungatodi forma triangolare, sagomato a palmetta doppia e volute incise, terminante in fiore stilizzato.Alla prima metà del IV secolo a.C. e al tipo 4/B della tipologia Suano appartiene il numeroXXXIII.3, con corpo a sezione convessa tendenzialmente triangolare, alla base due volute cuisegue un ventaglio di nervature incise. Il tipico ganci a forma di cicala è riferibile al numeroXXXIII.4, appartenente alla tipologia 5/B di Suano con corpo molto allungato e tendenzialmentecurvo, gli occhi dell’animale sono a rilievo ed evidenti elitre striate; termina con testa breve a pro-tome tetriomorfa. Il numero XXXIII.5 presenta la testa configurata a protome probabilmente di

218 Barone 1899, p. 71.219 Cianfarani, Franchi Dell’Orto, La Regina 1978, p. 161.220 Per le tipologie dei ganci appartenenti a cinturioni cfr. Suano 1980; Suano 1986.

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lupo con orecchie accentuate ed è ascrivibile al tipo 5/D; il numero XXXIII.6 rispecchia la descri-zione che Suano propone per il tipo 7/B, ovvero gancio con uncino caratterizzato da una protomedi animale ricurva da cui dipartono i corpi allungati a forma di animale. Purtroppo il reperto è incattivo stato di conservazione e preclude il riconoscimento dell’animale rappresentato, infatti sonoevidenti solo le teste.

Alla tipologia ganci di cinturione appartengono anche altri esemplari, non riconducibili alla ti-pologia della studiosa Suano e quindi non contestualizzabili tipologicamente.

Nello stesso paragrafo si è pensato di inserire un altro esempio di gancio provvisto di ardiglionea scudetto risalente all’epoca altomedievale, il numero XXXIII.9, riconducibile ad una produzionetipica dell’epoca longobarda.

- RasoiTra gli oggetti relativi agli ornamenti personali si è pensato di inserire anche i rasoi, tipici stru-

menti da toletta di uso esclusivamente maschile, frequentemente deposto nei corredi funebri. L’usodi questo strumento nella cura della barba e della capigliatura maschili, ha trovato conferma nelrinvenimento di diversi esemplari che conservavano ancora, aderenti al taglio, alcuni peli di barba.

La deposizione costante del rasoio all’interno delle sepolture maschili permette comunque diattribuire a questo oggetto, aldilà dell’uso pratico, un valore simbolico, forse legato al raggiungi-mento dell’età adulta anche se il rinvenimento, pur raro, in ripostigli ed in aree di abitato ne escludetuttavia un uso esclusivamente rituale e funerario.

Nella collezione Barone compare un sicuro esempio di rasoio e un altro di probabile affinitàfunzionale. Il numero XXXIV.1 corrisponde ad un rasoio lunato con dorso a curva continua e ma-nico ad anello fuso liscio con appendici ornitomorfe. Si configura come un importante esempiodella cultura villanoviana: un rasoio simile è stato rinvenuto nella necropoli di San Vitale e datatoall’VIII sec. a.C.221

Il rasoio rientra nell’ampio tipo definito Grotta Gramiccia della classificazione operata dallastudiosa Bianco Peroni, distinto da caratteri morfologici abbastanza regolari, e appartenente nellospecifico alla varietà A, solitamente inornata e senza il caratteristico ingrossamento del dorso. Iltipo ha ampia diffusione dall’VIII secolo a.C. in un’area che comprende l’Etruria meridionale,l’Umbria, il Piceno, l’Emilia-Romagna oltre che presenze isolate in altri centri anche minori del-l’Italia Settentrionale. La studiosa ritiene che la tipologia sia assente in contesti laziali o in Italiameridionale222; grazie al rasoio della collezione Barone e da un esempio rinvenuto a Cuma223 sipuò smentire tale affermazione.

Si possono citare altri esempi che rappresentano comunque espressioni del villanoviano e chedifferiscono dal rasoio della collezione Barone per via della decorazione incisa: uno riporta l’im-magine di un arciere a caccia, l’ altro esempio reca l’immagine stilizzata di un cacciatore armatodi arco composito. Sono conservati rispettivamente nel Museo Civico Archeologico di Bologna enel Museo Archeologico della Maremma a Grosseto224.

L’altro oggetto purtroppo mutilo è stato interpretato come un probabile rasoio poiché è carat-

221 Pincelli, Morigi Govi 1975, tav. 312.222 Bianco Peroni 1979, pp. 135 - 136.223 Napoli Antica 1985, nr. 9.35 tav. XIII, pp. 66, 69.224 Martinelli 2004, p. 151.

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terizzato da una lamina trapezoidale sottile che potrebbe avere un uso pratico nella toeletta ma-schile. La lamina è decorata con cinque cerchielli su due file e lungo il bordo vi sono una serie difori, in uno dei quali è inserito un manichetto costituito da un filo di bronzo. Nonostante la deco-razione incisa non sono stati possibili confronti o attestazioni sicure relative alla funzione.

- StrigileL’oggetto definito strigile viene inquadrato come un utensile da toeletta, usato perdipiù dai ma-

schi e principalmente dagli atleti dopo le competizioni poiché serviva ad eliminare l’eccesso disudore e polvere. Veniva anche usato per rimuovere una mistura di olio e sabbia, la quale avevaun’azione abrasiva, che gli atleti usavano spalmarsi addosso prima delle gare di lotta. In generalesono costituiti da un manico rigido e retto o capulus e da una specie di cucchiaio sviluppato inlunghezza, detto ligula, che termina con forma evasa per facilitare l’espulsione del liquido raccoltodurante la dispersione. Essendo un elemento molto comune e diffuso nel mondo antico è stato ado-perato in larga misura sia dai greci sia dai romani, ovviamente si distinguono delle varianti mor-fologiche: lo strigile greco non riporta la ligula a gomito, come nel caso degli strigili romani, mapiuttosto con un andamento a semicerchio; anche la conformazione del capulus differisce nelledue tipologie225.

L’unico strigile della collezione Barone condivide maggiormente le caratteristiche “greche”,infatti presenta un capulus a lama piatta, curvo all’estremità che si congiunge con la parte posterioredella ligula, quella parte che veniva passata sulle membra, leggermente concavo e con un anda-mento a semicerchio.

- SpecchiIn antichità gli specchi servivano per la toeletta di entrambi i sessi con lo scopo ovvio di riflet-

tere la propria immagine, anche se negli esemplari con decorazioni incise o a rilievo del mondomitologico o eroico il significato abbraccia sicuramente la sfera rituale226.

Purtroppo sono gli oggetti che risentono maggiormente dell’alterazione del tempo poiché lesuperfici corrose e ossidate li privano della patina riflettente e quindi della funzionalità estrinseca.

Dalla Vetrina VII provengono dodici specchi dalla diversa morfologia e decorazione più dueframmenti quadrangolari. I più attestati sono sicuramente gli specchi con manico tra i quali spiccaun esemplare, il numero XXXVI.10, provvisto di manico terminante in testa di animale, purtropponon definito. Gli altri specchi presentano decorazioni varie: incisione a fitti trattini sull’orlo delnumero XXXVI.7, decorazioni incise di forma circolare sull’intera lamina discoidale del numeroXXXVI.11 e decorazione a rilievo a tacche continue sui contorni del disco e del manico, evidentinella parte posteriore del numero XXXVI.9, che presenta inoltre una terminazione del manico nondecifrabile ma di probabile attinenza al mondo animale. Nella scheda figura un altro specchio cherisulta particolare per via della sua indubbia caratteristica funzionale: il numero XXXVI.12 presentaall’inizio del manico due terminazioni che fanno presupporre ad una funzione di aggancio a soste-gno e quindi di oggetto d’arredamento del mondo antico. Per i XXXVI.10, 11 e 12 non è statopossibile ricondurli ad una corrispondenza nel catalogo Barone poiché i reperti sono inseriti nellaVetrina attraverso solidi sostegni che hanno reso impossibile prelevare e leggere il numero di in-

225 Galliazzo 1979, pp. 138 - 140.226 Lo Schiavo 2000, p. 86.

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ventario proposto, tuttavia sono segnalati con dei numeri di inventario corrispondenti a specchivariamente decorati227. Le dimensioni variano tra cm 16,5 e 27. Lo specchio numero XXXVI.5 èannoverato anch’esso tra gli specchi con manico ma presenta una particolarità: il manico a codolorisulta molto piccolo o perché manca parte di esso, anche se non si evidenziano fratture alla base,oppure in origine prevedeva l’inserimento di un manico realizzato in altro materiale che potevasostenere il peso dello specchio e per questo spiegare le piccole dimensioni. Nel Museo Gregorianoetrusco sono state studiate diverse tipologie di specchi dotati per la maggior parte di questa carat-teristica ed uno in particolare è simile allo specchio XXXVI.5 e datato addirittura tra la fine delVI e il primo quarto del V secolo a.C.228. L’unico esempio di specchio quadrangolare è stato ri-composto interamente da due frammenti e datato anch’esso all’epoca ellenistica così come i dueframmenti, probabilmente attinenti ad uno specchio originario di tale forma. Dalla stessa Vetrinaproviene anche un esempio di specchio circolare, le dimensioni del numero XXXVI.1 sono ridotterispetto agli altri specchi senza manico della collezione Barone. Questi ultimi hanno un diametrocompreso tra cm 14,8 e 24 e una lamina discoidale spessa; solo il numero XXXVI.4 presenta isegni di un forte danneggiamento ma si tratta di fratture avvenute sicuramente in tempi recentipoiché sul retro presenta una sorta di restauro in materiale moderno.

- Suppellettili e arredamento della casaNei paragrafi che seguono verranno presentati tutti quegli oggetti in bronzo che si riferiscono

alle suppellettili domestiche di diversa forma e fattura, quali ad esempio bronzi figurati del mondoanimale o semplici statuette antropomorfe intese principalmente come ex-voto. Ad ampliare lagamma dei corredi nelle case vi sono le lucerne, che oltre ad essere funzionali perché unici sistemidi illuminazione dell’epoca, grazie al notevole lavoro di artigianato che spesso le riguarda, costi-tuiscono, insieme ai candelabri, delle invidiabili suppellettili. Inoltre saranno presentati anche ele-menti necessari e accessori che rappresentano i tipici rinvenimenti nelle case antiche quali chiodi,chiavi, elementi di serratura o semplici ordigni funzionali all’apertura delle porte.

Saranno presentate le diverse tipologie di oggetti corredati di descrizione, funzione, tipologiae orientativamente la cronologia, quando sono risultati efficaci i confronti effettuati.

- Statuette antropomorfeLe statuette raffiguranti personaggi mitici o tradizionali rappresentano il risultato più fortunato

della tecnica a fusione piena. Sono ampiamente documentate in tutti i Musei italiani e nelle colle-zioni private e fino al XIX secolo erano considerate semplicemente documenti antiquari della pro-duzione bronzistica etrusca, greca o romana, prive di uno studio sistematico atto a proporre unadatazione seria o all’eventualità della loro appartenenza a produttori diversi, quali i plasticatoriitalici. Lo studioso Colonna è stato il primo ad aver avviato un discorso sistematico sulla numerosaclasse di bronzi figurati dividendoli in quattro periodizzazioni cronologiche e indicando la presenzadi alcuni “maestri” e “gruppi” distinguibili con nomi convenzionali. L’opera prevede anche lo stu-dio e l’inquadramento di due dei bronzetti presenti nella collezione Barone: l’Ercole in assalto nu-mero XXXVII.2, inserito nel gruppo “Baranello” e nella produzione del maestro “A” e il bronzetto

227 Barone 1899, nr. inv. 471, 472 e 475, p. 64.228 Sannibale 2008, nr. 120, pp. 185 - 186.

INTRODUZIONE 57

relativo ad un probabile Marte, il numero XXXVII.1, attribuito al maestro “Adernò”, un pla-sticatore dalla vena popolaresca distinguibile per l’utilizzo di un modulo tarchiato e rozzo dellafigura229.

Tra la ricca collezione delle statuette antropomorfe presenti nella Vetrina VII del Museo,compaiono molte statue attribuibili ad Ercole230. Il culto di Ercole penetrò profondamente tragli Italici, raggiungendo tra il V e il IV secolo a.C., una popolarità eccezionale. Il suo mito sispiega attraverso la sua raffigurazione che adotterà uno schema rappresentativo preciso, cheresterà standardizzato fatta eccezione di qualche variante, fino alla produzione romana: le statueriportano un personaggio con i costanti attributi dell’arco, la clava e la leontè trilobata chepende da braccio sinistro e preferibilmente visto in assalto. Nella collezione Barone sono pre-senti nove bronzetti raffiguranti Ercole in assalto con gli arti superiori in procinto di scagliarel’arco o la clava e gli arti inferiori in posizione dinamica, spesso la gamba sinistra posa a terracon la punta. Nella produzione bronzistica relativa al periodo arcaico, si nota generalmenteuna figura longilinea e concepita secondo uno schema di rigida frontalità, lasciando al bulinoqualche annotazione anatomica. A partite dal V secolo a.C., grazie agli scambi con l’Etruria ela Magna Grecia231, si assiste ad una raffigurazione più classica nei tratti e nell’abbandono dellafrontalità in virtù di un movimento e una disinvoltura di tutto il corpo oltre che l’adozione diun nuovo schema rappresentativo, l’Ercole in riposo, o meglio una figura statica, con gli artiinferiori e superiori che non accennano a movimento. Nel Museo “G. Barone” le restanti cinquestatue attribuite ad Ercole, lo ritraggono in riposo. In generale, per il periodo classico si riscon-tra una produzione “popolare” e con moduli espressivi ancora arcaicizzanti, che cerca di imitarei modelli di derivazione classica della grande statuaria degli scultori greci, tra cui Policleto eLisippo, una ricerca della bellezza statuaria che arriverà a compimento nella piena età ellenisticacon un Ercole prestante ed energico. Nell’ambito del periodo ellenistico si riscontra una fasedi regressione stilistica, relativa al periodo medioellenistico, dovuta con tutta probabilità allacesura con i centri propulsori della cultura greca per via della guerra annibalica232 ed evidentenei bronzetti numero XXXVII.10 e 11.

Per quanto riguarda la clava si è pensato fosse un attributo di un Ercole ma per il grande valoreapotropaico e profilattico di cui spesso è investita potrebbe essere inquadrata anche da sola, even-tualmente come pendaglio di amuleto, tesi suggerita anche dalle piccole dimensioni, sei centimetriin altezza233.

Tra i bronzi figurati della collezione Barone sono rappresentati altri personaggi mitici tra cuiErote, caratterizzato da lunghi capelli ricci che ricadono sulle spalle ed incorniciano il volto tondo.Vi è un bronzetto raffigurante Mercurio provvisto di petaso, un elemento indicato come penna di

229 Colonna suggerisce una periodizzazione cronologica che affiderà a quattro volumi distinti: arcaico (525 - 375 a.C.),classico (400 - 300 a.C.), protoellenistico (325 - 150 a.C.) e tardoellenistico (150 - 50 a.C.). Ad oggi l’unica pub-blicazione è relativa al vol. I, Periodo Arcaico, si attendono i successivi volumi anche per il chiarimento dei criteridi suddette divisioni. Per il nr. XXXVII.1 cfr. pp. 120 - 122; per il nr. XXXVII.2 vedi pp. 158 - 159 del vol. I, diColonna 1970.

230 I quattordici bronzetti raffiguranti Ercole del Museo Civico G. Barone sono stati studiati e pubblicati in Di Niro1977.

231 Di Niro 1977, pp. 12 - 15.232 Colonna 1971, pp. 175 - 176.233 Galliazzo 1979, p. 129.

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Thoth o petalo di loto tipico attributo del soggetto in questione234. Il bronzetto numero XXXVII.16reggeva presumibilmente il caduceo, altro attributo tipico della divinità. Tra i bronzetti si riconosceun Lare stante corredato dei tipici attributi, quali patera e gonnellino a pieghe, un abbigliamentoritenuto analogo a quello “amazzonico” di Diana Venatrix235. È presente anche un bronzetto ascri-vibile alla tipologia di Devoto coronato: si tratta di un tipo diffuso in Italia centrale dal III secoloa.C. all’età imperiale confuso inizialmente con un baccante, per via della corona a foglia di vite,poi identificato come Lare o Genio, per via della presenza della patera. Attualmente viene identi-ficato come un sacerdote o offerente236.

Seguono i bronzetti relativi alle divinità femminili tra cui Diana cacciatrice, una delle raffigu-razioni più diffuse nel mondo romano della dea italica identificata con la greca Artemide di cuiassunse le sembianze dal punto di vista figurativo237 e una piccola Venere nuda che poggia su unavertebra fossile di cavallo238.

Nella scheda di riferimento sono stati inseriti altri bronzetti relativi a personaggi maschili efemminili e alcune testine umane, talvolta frammenti, negli altri casi integre e raffiguranti solo ilvolto, presumibilmente ideate come appliques.

Inoltre è presente il repertorio egizio con un gruppo di tre statuette raffiguranti due Ushabtycon al centro Anubis, un idoletto con caratteri chiaramente egiziani e un bronzetto attribuito pre-sumibilmente ad Osiride. I bronzetti di Osiride sono documentati già nell’Italia preromana anchese la maggior parte degli esemplari sono generalmente privi di contesto o provengono da collezioni;sicuramente circolarono già in epoca romana anche in Italia. La riproduzione del dio della morteOsiride denota la fortuna che lo stesso culto ebbe con forte significato escatologico239.

- Statuette zoomorfeA corredare la collezione delle statuette in bronzo sono presenti anche le raffigurazioni zoo-

morfe miniaturistiche. In generale si riscontra una buona abilità tecnica nella riproposizione inbronzo, in quanto spesso sono dettagliati sia i tratti del viso che i corpi degli animali; sovente si ri-scontrano lacune in questo senso e le figure sono rese approssimativamente o in modo stilizzato.La tecnica adoperata è la stessa per le statue antropomorfe: la fusione piena. Anche questo tipo disuppellettile è corredata di una base e in molti casi vi è un perno, inserito nel corpo dell’animale,per garantire la stabilità.

Il repertorio comprende diversi tipi di animali tra cui felini, anche nella riproduzione di panteree leoni, tori, uccelli, rettili, animali del mondo marino e un esempio di roditore.

Tra gli animali si riconoscono alcune scelte dettate dalla valenza simbolica: il toro è il simboloper eccellenza del fecondatore oltre che simbolo di potenza e gioventù legato a Dionisio e ad altre

234 L’iconografia della divinità romana è stata molto discussa in virtù della sua origine: la tesi principale ritiene la di-vinità variante del greco Hermes, dio della vegetazione e rappresentato spesso con animali nei pressi della figura;un’altra tesi rilevante riguarda l’assimilazione con il dio egizio Thoth, per via della penna sul capo, tipico attributodi questa divinità. Sempre nell’Egitto greco-romano, Hermes è identificato con Anubis, divinità anch’essa rappre-sentata con petalo di loto e caduceo. Franzoni 1973, pp. 51 - 52.

235 Franzoni 1973, pp. 128 - 129.236 Franzoni 1980, p. 61.237 Galliazzo 1979, pp. 58 - 59.238 Barone 1899, p. 68.239 Sannibale 2008, pp. 19 - 20.

INTRODUZIONE 59

divinità. Era frequente sia in ambito funerario che come semplice “abbellimento” domestico caricodi funzione apotropaica e votiva offerto a qualche divinità benefica240. Anche il motivo del leonerisulta largamente recepito dall’area centro-italica241.

Sono immagini senz’altro decorative come suggerisce l’incavo cilindrico nella parte inferioredel dorso che lascia intendere l’uso di queste statuette generalmente come applique, basi, o termi-nazioni.

Nella scheda di riferimento sono stati analizzati alcuni frammenti tra cui un animale in posi-zione accovacciata e con testa di lato di dubbia interpretazione: appartenente a un bracciale ser-pentiforme o addirittura essere pensato come un frammento di ansa decorativa.

- Lucerne e candelabroTra i sistemi d’illuminazione utilizzati in antichità, compaiono le lucerne tradizionalmente at-

tribuite a materiale fittile, perchè attestate in maggior misura rispetto a quelle in bronzo. La ragioneè da ricercarsi sia nel costo elevato del metallo, sia nella probabile rifusione che ne veniva fatta.Inoltre, la maggior durata d’uso degli oggetti in metallo rispetto ai più deteriorabili fittili, non con-sente la formulazione di una cronologia precisa, al contrario di quello che avviene per le lucernefittili242. Anche la classificazione tipologica appare alquanto difficoltosa considerando che la mag-gior parte dei reperti non proviene da scavi datanti ma da collezioni private o vendite antiquarie.

Nella collezione Barone sono conservati tre esempi di lucerne in bronzo conservati nelle VetrineVII e XXIII.

La lucerna XXXIX.1 risulta molto particolare per via della decorazione del disco a valva diconchiglia. Per quanto riguarda la morfologia, probabilmente è attinente al tipo “Mahdia”243 pro-posto dalla studiosa Valenza. Le lucerne appartenenti a questa tipologia sono gli antecessori deicorrispettivi fittili “a volute”, diffusi in tutto l’impero dal I secolo a.C. e corrispondono alla primaevoluzione di quelle in bronzo, diffuse dalla prima età imperiale. Il tipo nacque in territorio greco in-torno alla metà del II secolo a.C. e l’origine ellenica è avvalorata dal fatto che non esistono corrispettivifittili contemporanei nell’ambito romano244. La produzione fu poi recepita in ambiente romano e diffusaper tutto il I secolo d.C. con numerose varianti, esempio della libertà di riproduzione di un modelloche ebbe molto successo. A livello morfologico presentano becchi divergenti e ansa impostata verti-calmente decorata a forma di elemento vegetale. Anche la lucerna della collezione Barone condividela forma in più si riconosce una probabile testa di cingo che sporge dalla parte mediana della foglia. Iconfronti con lucerne inquadrate nella stessa tipologia presentano un disco più semplice rispetto allalucerna Barone, chiara denuncia delle varianti presenti nel mondo romano.

Le altre due lucerne della collezione presentano una struttura semplice. La prima lucerna è bi-licne con becchi divergenti e con un’ansa impostata verticalmente, sporgente dalla parte posterioredel serbatoio. I canali sono rotondi e terminanti con beccucci a bordi rilevati e infossati; il disco inveceè a profilo convesso liscio con un unico infundibulum centrale. La seconda lucerna è composta da dueelementi mobili a corpo rotondeggiante e disco liscio con grande infundibulum centrale.

240 Galliazzo 1979, p. 95.241 Sannibale 2008, p. 51.242 Valenza 1977, p. 157.243 Conticello, De Spagnolis, De Carolis 1988, p. 41 ss.244 Valenza 1983, pp. 29 - 30.

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Nella Vetrina VII compare anche un particolare esempio di candelabro245, la sua funzione èesplicita ed è quella di reggere in alto una lucerna. Non si può stabilire con certezza se gli elementistrutturali sono tutti originali: presenta una parte superiore con piccola ciambella circolare dallaquale si dipartono quattro rebbi con piatte terminazioni liliacee, uno stelo che appare di ridotte di-mensioni rispetto alle varie tipologie dei candelabri, infine un treppiede con elementi poggianti aforma di zampe leonine che non trova puntuale riscontro nelle classificazioni adoperate per questomanufatto. La parte superiore è databile alla prima metà del V secolo a.C. , la parte inferiore nontrova precisa collocazione cronologica ma probabilmente rientra nel discorso generale delle basicomposite che appaiono, seppur raramente, alla fine del V secolo a.C.246

- Chiavi ed elementi di serraturaNella Vetrina VII sono conservate sei chiavi necessarie per la chiusura di porte, armadi o sem-

plici cassette. Generalmente sono costituite da impugnatura ad anello e ingegno rettangolare, or-togonale al fusto con al massimo tre denti. Barone precisa l’utilizzo per la chiusura di porte, per lanumero XL.1; per le altre chiavi sottolinea l’utilizzo per la chiusura di armadi. La tecnica produttivaè essenzialmente la fusione piena. Nella scheda di riferimento sono presentati anche elementi diserratura a scorrimento in bronzo: sono dei chiavistelli che costituivano la parte principale dellaserratura di cassette e venivano spinti dalla chiave a bloccare l’anello di fissaggio sulla placca in-cernierata di chiusura247.

Gli elementi di serratura appaiono più tardi delle chiavi attestate principalmente dall’epoca ro-mana.

- Elementi di cardineSempre a corredo di una porta, nel Museo sono conservati gli elementi necessari per renderle

girevoli: i cardi.Un primo elemento è rappresentato con una forma cilindrico cavo con base piatta; seguono tre

esempi di dado o rallino conformati con un corpo quadrangolare regolare e una superficie anteriorecon depressione circolare. Inoltre vi è un esempio di bandella di bronzo che si articola come un“gomito”.

- ChiodiNella Vetrina VII e nella Vetrina XXVII sono esposti diversi esemplari di chiodi antichi. Così

come molte altre classi di oggetti, anche i chiodi condividono la sorte comune di non poter essereinquadrati cronologicamente in modo puntuale, senza le notizie del ritrovamento e del contesto diappartenenza. Presumibilmente la datazione rimanda all’epoca romana.

Nel catalogo Barone il numero XLII.1 è definito clavus trabalis248, ovvero chiodo con unostelo massiccio usato per l’assemblaggio di travi. Anche per i numeri XLII.2 e 3 il lungo stelo, tracm 19 e 19,8, denuncia l’uso connesso a strutture abitative di contesti sia preromani che romani249.

245 Lo studio principale dei candelabri etruschi in bronzo è Testa 1983 e 1989.246 Testa 1989, p. 60.247 Roma 2001, p. 413.248 Barone 1899, p. 71.249 Di Niro 2007, p. 101.

INTRODUZIONE 61

Gli altri due chiodi si differenziano per una lunghezza minore, tra cm 7,2 e 8,5, presumibilmentel’uso è da rimandare alla decorazione di mobili poiché presentano anche una testa ben conformatacon chiara funzione estetica.

- Altri oggetti con funzione esplicitaIn questo paragrafo verranno segnalati altri reperti degni di nota e caratterizzati da una desti-

nazione d’uso ancora oggi propria dei reperti. Per via della forma non si può arrivare ad una precisacollocazione temporale in quanto non sussistono delle varianti sostanziali nel tempo. Riconosciamonella scheda di riferimento, un campanello, chiamato tintinnabulum, una serie di cucchiai e for-chette, alcuni dei quali riconducibili a specifiche tipologie contestualizzate, una serie di anelli ge-mini cuspidati, anche’essi soggetti a classificazione tipologica, e a concludere una serie di sigilliin bronzo.

- TintinnabulumCome segnalazione acustica di comune utilizzazione in tutto il mondo antico vi è il campanello.

La funzione principale doveva consistere nel segnalare l’apertura o la chiusura degli edifici pubblicio delle pubbliche riunioni; inoltre si può ipotizzare anche uno scopo utilitario aggiunto, ovveroinquadrarlo come un amuleto con carattere magico e valore apotropaico magari contro sortilegi omalocchi. In questa prospettiva appare con frequenza nel mondo antico tra le suppellettili dome-stiche250. Altre funzioni ci vengono specificate da Barone nella breve presentazione della VetrinaVII ritenendo che i campanelli venissero indossati dagli animali, o utilizzati dai sacerdoti nei misteridi Bacco o come segno di richiamo dei venditori per gli avventori251.

Nella collezione Barone è presente un solo esemplare di campanello di bronzo con presa adanello e il corpo a tronco di piramide con base quadrata e spigoli arrotondati. È assimilabile al tipoC1 della classificazione operata da Galliazzo per i campanelli antichi252. Il tipo di riferimento è a“campanaccio” con campana cilindrica alta. L’esemplare baranellese trova confronto a Sepinoquest’ultimo datato I secolo d.C.253 Purtroppo manca il batacchio presumibilmente in ferro e di al-tezza quanto od oltre la base della campana stessa, come solitamente si rinvengono.

- Cucchiai e forchetteLe posate in antichità fungevano da “protesi” in sostituzione del cavo della mano umana e l’in-

tuizione dello strumento ha origini remote: già dalla preistoria è utilizzato e perfezionato con maniciin legno, avorio o altri materiali e desinente nelle forme più disparate; anche nella Grecia classicaed ellenistica erano largamente impiegati durante i pasti254.

I romani preferivano prendere il cibo con le mani direttamente dal piatto ma è largamente ri-conosciuto l’utilizzo di due tipi diversi di cucchiai: la ligula, nome che deriva dal diminutivo di“lingua”, in riferimento alla forma della conca, cucchiaio più simile a quello moderno, che, usatoabitualmente in cucina, compariva sulle tavole romane solo quando era indispensabile per assumere

250 Galliazzo 1979, pp.155 - 156.251 Barone 1899, p. 54.252 Galliazzo 1979, p. 158.253 Di Niro 2007, p. 99.254 Galliazzo 1979, p. 184.

AMELIA PISTILLO62

pietanze liquide o semiliquide; ed il piccolo cochlear, così detto dal termine latino cochlea, “lu-maca”, che veniva utilizzato in occasioni importanti e con cibi raffinati. Questo particolare cuc-chiaio possiede l’apice a punta che permetteva di infilzare molluschi o quant’altro oppure rompereil guscio delle uova o rappresentare una valida alternativa per forchette, stuzzicadenti o dentiscal-pium. Venne impiegato anche nel campo della cosmesi per mescolare sostanze colorate oppure olie unguenti. Venne altresì usato nel campo farmaceutico per amalgamare polveri e sostanze medi-cinali255.

Per gli svariati cucchiai del mondo antico la datazione è ampia e non precisa in termini di secolipoichè la classe di produzione è attestata durante tutta l’epoca romana fino all’Alto Medioevo eoltre.

Nella collezione Barone si conserva un variegato insieme di cucchiai: tre corrispondenti alle“ligulae” romane caratterizzati da una conca ovale e profonda. Per i nr. XLIV.2 e 5, conservati in-tegri, grazie alla presenza dell’apice decorato si è riusciti ad inquadrarli nella tipologia “A” fornitada Galliazzo e rispettivamente di cucchiaio con apice “a gemma stilizzata” e con apice “a zoccolodi cervide o capride”256. Gli apici dei cucchiai romani erano caratterizzati diversamente e desinentiin immagini fitomorfe, zoomorfe o umane, tutte immagini simboliche con un significato implicitodi eternità, abbondanza e felicità che rimandavano al sacro e al magico257.

Per quanto riguarda la modalità di produzione si tratta della fusione a cera perduta.Nel catalogo Barone vengono accorpati con un solo numero di inventario quattro cucchiai, di

cui due grandi e due piccoli, due forchette e altri oggetti in bronzo258. Per i cucchiai Barone specificaun uso farmaceutico, che si può sicuramente ipotizzare per i nr. XLIV.3 e 4, non per le ligulae pre-cedentemente descritte, il cui uso è sicuramente alimentare. L’uso in campo farmaceutico è sup-posto per i nr. XLIV.3 e 4 i quali presentano piccole dimensioni, massimo cm 7, e altrecaratteristiche ascrivibili a quell’uso specifico. Il nr. XLIV.4 possiede cinque fori nella profondaconca per cui si ritiene sia un cucchiaio da “filtro” per determinate sostanze mediche. Il nr. XLIV.6presenta una conca ovale molto piatta per cui si ritiene improbabile l’uso alimentare soprattutto sei romani limitavano l’utilizzo di questa posata all’assunzione di cibi liquidi.

Nella collezione figurano anche un cucchiaio frammentato nella parte anteriore e un cucchiaiodichiaratamente moderno, rispettivamente i nr. XLIV.1 e 7259.

Per quanto riguarda l’altro le forchette, tradizionalmente sono considerate di minor impiegorispetto ai cucchiai. Infatti si precisa che non comparivano quasi mai sulle tavole degli antichiromani e che l’ utilizzo era limitato alla cucina, diversamente dai versatili cucchiai. La data-zione si pone generalmente in epoca romana imperiale o tardoantica260. Nel catalogo Baronevengono indicate come fuscinulae, probabilmente si tratta del nome antico261. Le numeroXLIV.8 e 9 non presentano differenze caratterizzanti: entrambe sono a quattro rebbi e fram-mentarie dei due esterni, la lunghezza è simile, tra cm 15 e 16, e sono dotate di lungo manico.La numero XLIV.9 presenta una particolarità maggiore, ovvero la desinenza piatta del manico,magari per una presa maggiore. La datazione è pertinente sicuramente all’epoca romana, ma

255 Zampieri 2000, pp. 198 - 200.256 Per la descrizione dei tipi “A” e “B” cfr. Galliazzo 1979, pp. 184 - 186.257 Galliazzo 1979, p. 184.258 Barone 1899, p. 72.261 Barone 1899, p. 72.

INTRODUZIONE 63

compaiono più tardi dei cucchiai, ovvero nella tarda epoca romana imperiale262.

- Anelli geminiTra gli oggetti comunemente ritenuti di inquadramento incerto, normalmente documentati nelle

collezioni di antichità, figurano gli anelli gemini cuspidati, nei quali il paletnologo Pellegrino Stro-bel riconobbe, alla fine dell’ottocento, i componenti di un particolare tipo di barbozzale, interpre-tazione tra le più condivise insieme a quella di tenditore di arco o di balista263.

Nella collezione Barone compaiono in numero di tre e nella scheda di riferimento è esplicitatal’appartenenza al “gruppo” e al “tipo” stabilito dallo studioso Sannibale in occasione del catalogoredatto per gli anelli gemini cuspidati della Collezione Gorga. A livello morfologico sono ricono-scibili dalla presenza di due anelli collegati da un ponte su una delle cui facce si dipartono tre cu-spidi; la differenziazione in “gruppi” è determinata dalla presenza delle tre cuspidi, invece il “tipo”è suggerito dalla conformazione delle cuspidi, nei tre esempi della collezione, appaiate e di ugualemorfologia oppure con la cuspide singola più massiccia rispetto alle altre. Inoltre i numeri XLV.2e 3 riportano delle apofisi sugli anelli che sono state considerate come probabili simboli fallici,anche se la forma non appare perfettamente esplicita. Probabilmente la sollecitazione meccanicaera incentrata sulle parti anulari.

Riguardo la datazione si presume un ambito cronologico che va dal IV al III secolo a.C., unadatazione di massima che risente del fatto che quasi tutti i reperti sono carenti di dati relativi allaprovenienza. Il raggio di diffusione è molto ampio: l’uso è attestato per le popolazioni italiche del-l’Italia settentrionale, dell’Etruria e del Piceno264.

- SigilliMolti Musei conservano i sigilli o anelli metallici deputati a questa funzione. L’abitudine di

“sigillare”, o meglio di imprimere un marchio su un qualsiasi oggetto, nasce molto presto addirit-tura è attestata nelle civiltà orientali dal IV millennio. È stato uno strumento utilizzato da tutte leciviltà antiche soprattutto per testimoniare l’importanza giuridica dei documenti, di atti ufficiali oper corrispondenze pubbliche e private.

Le notizie sulle tecniche di produzione non sono molto chiare, probabilmente la fusione deisupporti avveniva in stampi in pietra o terracotta con la tecnica della cera persa.

Nello specifico del mondo romano i sigilli erano funzionali ad autenticare documenti e scrittureche assunsero carattere probatorio, quindi furono indispensabili, allorchè la semplice notitia diventòcharta che necessitava di una sottoscrizione. Le tipologie furono diverse: da sigilli con raffigura-zioni antropomorfe, magari attinte dal mondo mitologico, a raffigurazioni animali oltre che figureallegoriche o simboli. Diversa natura ebbero i signacula di metallo, in forma di stampiglie rettan-golari chiamati comunemente sigilli ma in realtà sono dei marchi specifici. Nel Museo “G. Barone”sono presenti sei signacula costituiti prevalentemente da una placca a forma rettangolare sagomatae lettere rilevate. Sul dorso presentano un anello variamente decorato con ramo di ulivo, con glo-

262 Zampieri 2000, p. 206.263 Lo strumento è stato oggetto di dibattito: gli studiosi Gozzadini e Tommsen riconobbero gli oggetti come strumenti

per caricare l’arco nei tipi cuspidati e per balista nei tipi dentati (assenti nella collezione Barone). Sannibale 1998,pp. 21 e 241.

264 Sannibale 1998, p. 253.

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betto in apice oppure senza decorazioni aggiuntive. La semplicità di questi manufatti spiega il lorodiverso uso rispetto ai sigilli per eccellenza: era facile la contraffazione quindi non potevano so-stituirsi a firme originali per documenti giuridici; erano invece marchi di proprietà che si appone-vano a vari oggetti dal campo edilizio per il contrassegno di laterizi, al campo artigianale perapporre il marchio sui vasi, anche nel campo alimentare per contrassegnare le derrate265.

- Oggetti di incerta identificazioneA conclusione dei paragrafi si è pensato di inserirne un altro che spieghi brevemente tutti i re-

perti di piccole dimensioni che non hanno trovato posto della classificazione adoperata e la cuifunzionalità rimane per il momento incerta.

Sono presenti nove guarnizioni che ricorrono come elemento ornamentale sia nel mondoellenistico che nel mondo romano266. Sono teste di borchie a forma di disco con bordo rialzatoe parte mediale sollevata terminante in bottone conico o cilindrico che sottolinea la funzionedi ornamento. Nella parte posteriore si scorgono elementi concavi, deputati all’inserimentomagari su chiodi, anche elementi a rilievo, probabili residui di un originario attacco. La guar-nizione nr. XLVIII.10 è invece piatta nella parte posteriore e reca nella parte anteriore unatesta di animale a rilievo.

Tra gli oggetti relativi ai lavori di costruzione figurano una grappa di cm 6,4; due viti de-sinenti a punta con la parte superiore con collegamento; due punteruoli di diversa fattura dicui uno, risulta particolarmente pregiato perché integro e con decorazione apicale traforata.Vi è la presenza di due frammenti di saltaleone, ovvero molle utilizzate per la compressionee determinate dalla particolare forma che vede un filo metallico avvolto a spirale.

Tra gli oggetti di incerta funzione compare anche uno sgabello miniaturistico: la forma è affinea quella dei moderni sgabelli, ma l’interpretazione potrebbe essere quella di un oggetto simbolicoche rimanda alla maternità e all’infanzia, perché spesso legato alla figura materna e inteso comescanno, a denotare la funzione importante della donna nella società267.

Tra i reperti compaiono un guscio di noce, un’ancora e una probabile paletta di cui non si èchiarita la funzione: probabilmente erano dei pendagli o corrispondevano al corredo di una statuettanon identificata. Seguono due ami da pesca risalenti all’epoca romana. Ripetono un tipo con agoricurvo e uncinato alla punta presente in età preistorica e ampiamente testimoniato in età greca eromana con caratteristiche pressochè immutate fino ai giorni nostri268.

Tra i piccoli oggetti si scorge anche un uncino e un bottone di piccole dimensioni oltre che altriframmenti sviluppati in lunghezza non decifrabili. Inoltre vi sono due oggetti, di diversa confor-mazione, con decorazione a rilievo, il nr. XLVII.10 presenta una figura animale. Anche uno speronee un uncino di probabile bilancia si aggiungono alla serie di reperti con varie forme e funzioni.

Sono presenti due decorazioni di forma circolare descritti da Barone quali modelli di campanao cimbali, chiamato aesthermarum, in uso nei pubblici bagni per annunciare che l’acqua calda erapronta269. Probabilmente sono delle decorazioni per scudo tipiche rinvenute anche in Molise a San

265 Per una disamina completa sulla storia dei sigilli e sulle diverse tipologie cfr. Bascapè 1969 - 1978, vol. I.266 Galliazzo 1979, p. 217.267 Lo Schiavo 2000, p. 92.268 Galliazzo 1979, p. 207.269 Barone 1899, p. 67.

INTRODUZIONE 65

Polo in località Camponi e a Vinchiaturo, risalenti alla Prima età del Ferro270.Vi è un esempio di “bottone” morfologicamente affine a quelli di epoca moderna. La forma

resta invariata nel tempo, anche in contesti protostorici sono molto frequenti e la funzione va ri-cercata nell’ambito di borchie decorative cucite su abiti. La successiva funzione di allacciare i ve-stiti arriva in età medievale e resta invariata fino a tutt’oggi271.

CONCLUSIONIIl presente lavoro, iniziato come tesi magistrale, ha determinato il rilievo grafico, fotografico

e la schedatura di 104 reperti in vetro e 304 in bronzo. Esso rappresenta il primo tentativo di studiosistematico, circoscritto al materiale vitreo e bronzeo, della collezione del Museo Civico “G. Ba-rone” di Baranello.

L’estrema varietà dei reperti ha consentito di procedere ad una presentazione critica del mate-riale basata essenzialmente su un criterio tipologico.

Gli esemplari che figurano nella collezione appaiono eterogenei per cronologia e provenienzain accordo con lo spirito “enciclopedico” della raccolta; infatti, la collezione baranellese accantoa punti di prestigio quali il consistente numero di pezzi confluiti nonché la rarità e l’eterogeneitàdi alcuni, presenta i soliti aspetti negativi del collezionismo di vecchia data: assenza di precise in-dicazioni sulla provenienza dei singoli pezzi, prolungato isolamento del materiale da ogni circuitoscientifico.

Agli aspetti deficitari di questa situazione si è cercato di porre rimedio in questa sede. Il quadrodispersivo prospettato permette comunque di discernere alcune aree culturali predominanti, chepossono fornire un’indicazione di massima sui mercati cui deve essersi rivolto il collezionista conmaggiore frequenza.

Attraverso la sua biografia si è accertato che i materiali sono stati recuperati nei mercati d’arteche proliferavano nella Napoli della seconda metà dell’Ottocento, periodo in cui venivano effettuatii primi scavi delle città antiche. I reperti esaminati rappresentano modelli di artigianato non sololocale, riferibili quindi all’area vesuviana ma riguardano anche produzioni etrusche, italiche e ro-mane.

Una buona percentuale dei reperti bronzei è datata tra il Bronzo Finale e la Prima Età del Ferro,tra cui figurano soprattutto armi, qualche esempio di fibula e dei pendagli indicatori di una produ-zione largamente attestata nella fossakultur dell’Italia meridionale che vede la diffusione delle di-verse fogge soprattutto nelle necropoli campane. Inoltre nella piena Età del Ferro è ascrivibile unafitta produzione artigianale con corrispondenza in tutta la penisola, dal Piceno alla Campania, dallaPuglia alla Calabria che fa risultare difficile un’individuazione cronologica precisa di molti dei re-perti analizzati.

Di sicura origine etrusca sono diversi esempi di vasellame da mensa di forma chiusa, come loSchnabelkanne e le due olpai riconducibili a produzioni vulcenti poi confluite in ambiente etru-sco-campano. Alla cultura villanoviana è attinente anche l’unico esempio di rasoio lunato chesmentisce una produzione rigidamente nord-italica.

All’Età Arcaica corrisponde una buona parte di manufatti in bronzo, soprattutto tra gli oggetti

270 De Benedittis 2005, p. 46; Di Niro 1980, p. 46.271 Lo Schiavo 2000, p. 88.

AMELIA PISTILLO66

di ornamento o alcuni esempi di vasellame miniaturistico; anche la produzione di statuette è atte-stata in questo periodo con la massima espressione nel periodo ellenistico romano.

La maggior parte dei reperti bronzei analizzati è inquadrabile in produzioni dell’epoca romanain linea con la diffusione di nuove officine specializzate. Le più operative sono incentrate sicura-mente in area campana come Capua e sicuramente Pompei, considerata un importante centro ditraffici commerciali soprattutto per i territori sannitici.

Non mancano esempi relativi a fogge tipiche del periodo altomedievale anche se in minor mi-sura rispetto a reperti più antichi.

Per quanto riguarda il materiale vitreo sono largamente documentati i reperti del periodo ro-mano, in particolare dal periodo augusteo fino al IV secolo d.C. La forma più fortunata e riprodottafu sicuramente quella dei balsamari in vetro, preziosi custodi di sostanze profumate utilizzate nelmondo femminile. Lo studio degli stessi ha permesso di stabilire che la provenienza è sicuramentecampana, come chiarisce l’attestazione frequente in area vesuviana. Il rinvenimento ad Ercolanoe Pompei, oltre che la presenza nella collezione Barone e ritrovamenti a Sepino, ampliano la dif-fusione e l’orizzonte cronologico di alcune tipologie fino ad ora esclusive dell’Italia settentrionalee delle province transalpine. Si riconoscono per la maggior parte manufatti soffiati, in un solo casoun reperto è stato prodotto con una tecnica più antica, quella del nucleo friabile. La collezionevitrea rispecchia, con l’etereogeneità dei colori e delle forme, la pratica di collezionare i reperti inbase all’aspetto squisitamente antiquario.

In conclusione, sulla base dei confronti è stato possibile accertare che il materiale esaminatoin questa sede è datato in un arco cronologico molto ampio, che va dall’età protostorica all’etàmoderna, rispecchiando la configurazione stessa del Museo nato come collezione privata nel XIXsecolo. Purtroppo, il già ribadito presupposto dell’assenza dei dati sulla provenienza, ha permessosolo in parte di inquadrare le diverse tipologie di materiale all’interno delle direttive principali diproduzione e diffusione.

INTRODUZIONE 67

TIPO I: Anfora miniaturistica Tav. 1I.1. Anfora miniaturistica

Nr. inv. 192; H 11,6 cm; Ø (o) 3 cm. Modellazionesu nucleo. Vetro blu; vetro giallo e bianco per le decora-zioni. Mutila, ampia lacuna al corpo. Manca una delleanse. Ricomposta in due parti. Vetrina XXVII.

Bocca con orlo imbutiforme filettato ingiallo; collo cilindrico filettato in giallo e inbianco; due anse verticali con sezione rettango-lare, impostate dall’orlo al corpo, nel punto dimassima espansione; spalla dritta; corpo ovoi-dale, decorato da motivi a zig zag in giallo ebianco marginati da linee bianche e gialle; piedea bottone leggermente deformato; anse con sol-cature verticali; sul corpo pseudo-baccellatureprodotte dallo strumento usato per la decora-zione.

Appartenente al Terzo Gruppo Mediterraneosimile alla forma 7b di Harden (1981, pp. 128ss). Appartenente alla Classe II: F4B di Grose.III - I sec. a.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

Trova confronto a Pompei (Collezioni Napoli 1986,nr. 7, pp. 218 - 219); in una tomba in Sicilia (Basile 2004,nr. 25 p. 59).

TIPO II: Balsamario discoidale Tav. 1II.1. Balsamario discoidale

Nr. inv. 703; H 4,7 cm. Vetro soffiato a canna libera.Bianco, trasparente. Frammento. Manca l’orlo e parte delcollo; ricomposto in due parti. Vetrina VIII.

Collo cilindrico con strozzatura alla base;spalla arrotondata verso l’esterno; parete arro-tondata verso l’interno; fondo leggermente con-cavo.

Tipo Isings 28a; Tipo Scatozza 44; Tipo DeTommaso 1. Età augustea - prima Età claudia.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna piccola ampulla con collo stretto e pancia larga.

Trova confronti a Pavia (Maccabruni 1983, nr. 91 -94, p. 142); a Padova (Larese 2004, nr. 26, tav. LVI e nr.

26, tav. CI); a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 127, tav.XXXV).

TIPO III: Balsamari emisferici Tav. 1III.1. Balsamario a piccolo ventre sferico

Nr. inv. 696; H 8 cm; Ø 2 (o), 2,9 (f) cm. Vetro sof-fiato a canna libera. Verdeazzurro, trasparente. Integro.Incrostazioni all’esterno. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ar-rotondata; collo cilindrico; corpo globulare;fondo piatto.

Tipo Isings 6; Tipo Scatozza 45; Tipo DeTommaso 13. Fine I sec. d.C. - inizi II sec. d.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeun’ampulla con collo basso e pancia rigonfia.

Trova confronti per la conformazione globulare delcorpo e il fondo piatto con il Tipo 7 e il Tipo 12 della clas-sificazione De Tommaso di cui si configura come una va-riante più tarda e rara (De Tommaso 1990, pp. 42 - 43,46 - 47). Trova confronti a Ercolano (Scatozza 1986, nr.128, tav. XXXV); a Palermo (Basile 2004, nr. 159, tav.XLI); nelle collezioni pavesi (Maccabruni 1983, nr. 77 -90, pp. 140 - 141); nel Museo Civico di Padova (Larese2004, nr. 33, tav. LVI) e nel Museo Civico di Cologna Ve-neta (Larese 2004, nr. 574 - 576, tav. LXXXIV).

III.2. Balsamario a piccolo ventre sfericoNr. inv. 722; H 5,6 cm; Ø 1,7 (o) cm. Vetro soffiato

a canna libera. Ambra, iridescente. Frammento. Mancaparte dell’orlo e del corpo. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; collo cilindrico; corpo globulare; fondoconvesso leggermente appiattito.

Tipo Isings 6; Tipo Scatozza 45; Tipo DeTommaso 7. Età augustea - fine I sec. d.C. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeun’ampulla colorata.

Il corpo sferico è simile al tipo Isings 10 dal qualedifferisce per la base del collo più ampia (Isings 1957, pp.25 - 26). Per i confronti vedi III.1.

III.3. Balsamario a piccolo ventre sfericoNr. inv. 728; H 4,9 cm; Ø 1,6 (o) cm. Vetro soffiato

SCHEDE DI CATALOGOI VETRI

AMELIA PISTILLO68

a canna libera. Celeste, opaco. Orlo lacunoso. Incrosta-zioni all’esterno. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; collo cilindrico; corpo globulare; fondoconvesso leggermente appiattito.

Tipo Isings 6; Tipo Scatozza 45; Tipo DeTommaso 7. Età augustea - fine I sec. d.C. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeun’ampulla colorata. Per i confronti vedi III.1.

III.4. Balsamario a piccolo ventre tondeggianteNr. inv. 713; H 10,5 cm; Ø 2,8 (o), 3,2 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Blue, trasparente. Integro. Incro-stazioni varie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; alto collo cilindrico con strozzatura allabase; corpo tondeggiante; fondo leggermenteconcavo.

Tipo Isings 6-8; Tipo Scatozza 46; Tipo DeTommaso 12. Prima metà I sec. d.C. - fine I sec.d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeun’ampulla con collo lungo e pancia rigonfia.

Trova confronto a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 130,tav. XXXV); a Pompei (Scatozza 2012, nr. 8392 tav. X;nr. 12776 e 12777, tav. XXXIII; nr. 11432 A/B/C/D/E,tav. XXXV); nelle collezioni pavesi (Maccabruni 1983,nr. 80, 82, 84, 86, 88, pp. 140 - 141); nel Museo Arch. diAdria (Larese 2004, nr. 67 - 69, tav. XX); nel Museo Ci-vico di Padova (Larese 2004, nr. 42, tav. LVI); a Sepino(Di Niro 2007, nr. 157, pp. 88 – 89).

III.5. Balsamario a piccolo ventre tondeggianteNr. inv. 720; H 7,4 cm; Ø 2,2 (o), 2.2 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Azzurro, trasparente. Integro. In-crostazioni all’esterno. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; alto collo dritto; spalla arrotondata versol’esterno; parete arrotondata verso l’interno;fondo piatto.

Tipo Isings 6-8; Tipo Scatozza 46; Tipo DeTommaso 12. Prima metà I sec. d.C. - fine I sec.d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con collo stretto e pancia sfe-rica.

Per i confronti vedi III.4. Inoltre per la base piatta

trova confronti a Pompei (Scatozza 2012, nr. 11383C, tav.XXX; nr. 11432B tav. XXXV; nr. 11994 F/R, tav. XLIII).

TIPO IV: Balsamari piriformi Tav. 1IV.1. Balsamario piriforme

Nr. inv. 694; H 6,2 cm; Ø 2,2 (o), 3,2 (f) cm. Vetrosoffiato a canna libera. Verdeazzurro, trasparente. Inte-gro. Tendenza a sfaldarsi. Vetrina VIII.

Orlo arrotondato all’interno; piccolo collocilindrico, con strozzatura alla base; corpo con-formato a bulbo schiacciato, fondo piatto.

Tipo Isings 26a; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 27. Età augustea - Età flavia. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeun’ampulla con collo basso e pancia rigonfia.

Il tipo 26a Isings e 27 De Tommaso si presentano ri-spettivamente come l’evoluzione del tipo 6 Isings e 7 DeTommaso, ovvero dei balsamari a corpo emisferico.Trova confronto con un balsamario ad Adria (Larese2004, nr. 106, p. XXII); a Pavia (Maccabruni 1983, nr.100 - 103, p. 142); a Pompei (Scatozza 2012, nr. 12499C,tav. XLVII); a Gela (Basile 2004, nr. 172, tav. XLV).Inoltre a Ercolano trova confronti con un esemplare chenon presenta la strozzatura alla base del collo (Scatozza1986, nr. 236, tav. XXXVI).

IV.2. Balsamario piriformeNr. inv. 697; H 10,2 cm; Ø 3,2 (o), 4,4 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Verde chiaro, trasparente. Integro.Vetrina VIII.

Orlo distinto, ripiegato verso l’esterno; altocollo cilindrico con strozzatura alla base; ventrepiriforme; fondo piatto.

Tipo Isings 28b; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 32. Seconda metà I d.C. - II sec. d.C.L’appartenenza al tipo Isings 28b protrae l’usofino al IV sec. d.C. (Isings 1957, pp. 42 - 43).Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeun’ampulla dal collo lungo e pancia rigonfia.

È assimilabile anche al tipo 18 e al tipo 42 della clas-sificazione De Tommaso, (1990, pp. 49 - 50, 60). Trovaconfronti a Pavia (Maccabruni 1983, nr. 204 - 205, pp.169 - 171); ad Adria (Larese 2004, nr. 145, tav. XXIV enr. 151, tav. XCIX); a Padova (Larese 2004, nr. 13, tav.LV); a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 211 - 213, tav.XXXVI) e a Pompei ritroviamo una grande maggioranzadi esempi similari (Scatozza 2012, nr. 14080, tav. LXIII;nr. 10794B, tav. XIX; nr. 14079 - 14080, tav. LXIII).

I VETRI 69

IV.3. Balsamario piriformeNr. inv. 701; H 12,6 cm; Ø 3,4 (o), 5,6 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Verdeazzurro, trasparente. Integro,tendenza a sfaldarsi. Vetrina VIII.

Orlo distinto, ripiegato verso l’esterno; altocollo cilindrico con strozzatura alla base; corpoconformato a bulbo schiacciato; fondo piatto.

Tipo Isings 28b; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 32. Seconda metà I d.C. - II sec. d.C.L’appartenenza al tipo Isings 28b protrae l’usofino al IV sec. d.C. (Isings 1957, pp. 42 - 43).Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeun’ampulla dal collo lungo e pancia rigonfia.

È assimilabile anche al tipo 18 e al tipo 42 della clas-sificazione De Tommaso, (1990, pp. 49 - 50, 60). Trovaconfronti a Pavia (Maccabruni 1983, nr. 203, p. 170); adAdria (Larese 2004, nr. 145, tav. XXIV e nr. 151, tav.XCIX); a Padova (Larese 2004, nr. 13, tav. LV); a Erco-lano (Scatozza 1986, nr. 211 - 213, tav. XXXVI); a Pom-pei ritroviamo una grande maggioranza di esempisimilari (Scatozza 2012, nr. 6858 - 6860, tav. II; nr. 11381,tav. XXX; nr. 11341A, tav. XXVII; nr. 2537 - 2538, tav.LV e nr. 78, tav. LVIII); a Sepino (Di Niro 2007, nr. 156,p. 88); a Larino (Samnium 1991, p. 296) e a Caltanissetta(Basile 2004, nr.164, tav. XLII).

IV.4. Balsamario piriformeNr. inv. 709; H max 10,2 cm; Ø max 4,7(o), 6 (f) cm.

Vetro soffiato a canna libera. Verdeazzurro, trasparente.Integro. Incrostazione biancastra su tutto l’orlo e parte delcollo superiore. Vetrina VIII.

Orlo distinto, ripiegato verso l’esterno, de-formato; alto collo cilindrico con strozzaturaalla base; corpo conformato a bulbo schiacciato;fondo piatto.

Tipo Isings 28b; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 32. Seconda metà I d.C. - II sec. d.C.

L’appartenenza al tipo Isings 28b protrael’uso fino al IV sec. d.C. (Isings 1957, pp. 42 -43). Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeun’ampulla dal collo lungo e pancia rigonfia.

È assimilabile anche al tipo 18 e al tipo 42 della clas-sificazione De Tommaso, (1990, pp. 49 - 50, 60). Trovaconfronti a Pavia (Maccabruni 1983, nr. 203, p. 170); adAdria (Larese 2004, nr. 145, tav. XXIV e nr. 151, tav.XCIX); a Padova (Larese 2004, nr. 13, tav. LV); a Erco-

lano (Scatozza 1986, nr. 211 - 213, tav. XXXVI), a Pom-pei ritroviamo una grande maggioranza di esempi simi-lari (Scatozza 2012, nr. 6858 - 6860, tav. II; nr. 11381,tav. XXX; nr. 11341A, tav. XXVII; nr. 2537 - 2538, tav.LV; nr. 12499C, tav. XLVII e nr. 78, tav. LVIII e nr.13546B, tav. LXI); a Sepino (Di Niro 2007, nr. 156, p.88); a Larino (Samnium 1991, p. 296) e a Caltanissetta(Basile 2004, nr.164, tav. XLII).

IV.5. Balsamario piriformeNr. inv. 714; H 9,7 cm; Ø 2,7 (o), 4,6 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Verde, trasparente. Integro. VetrinaVIII.

Orlo distinto, ripiegato verso l’esterno; altocollo cilindrico con strozzatura alla base; corpoconformato a bulbo schiacciato; fondo legger-mente concavo.

L’esemplare differisce dai precedenti nr.IV.7 - 8 e 10 per il fondo leggermente concavo.

Tipo Isings 28b; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 32. Seconda metà I d.C. - II sec. d.C.L’appartenenza al tipo Isings 28b protrae l’usofino al IV sec. d.C. (Isings 1957, pp. 42 - 43).Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeun’ampulla dal collo lungo e pancia rigonfia.

Il tipo è assimilabile anche al tipo 18 e al tipo 42 dellaclassificazione De Tommaso, (1990, pp. 49 - 50, 60).Trova confronti a Pavia (Maccabruni 1983, nr. 204 - 205pp. 169 - 171); ad Adria (Larese 2004, nr. 145, tav. XXIVe nr. 151, tav. XCIX); a Padova (Larese 2004, nr. 13, tav.LV); a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 211 - 213, tav.XXXVI) e a Pompei ritroviamo una grande maggioranzadi esempi similari (Scatozza 2012, nr. 14080, tav. LXIII;nr. 10794B, tav. XIX; nr. 14079 - 14080, tav. LXIII).

IV.6. Balsamario piriformeNr. inv. 724; H 6,7 cm; Ø 1,7 (o), 1,6 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Verde chiaro, trasparente. Integro.Incrostazioni varie. Vetrina VIII.

Orlo distinto, inclinato verso l’esterno;basso collo cilindrico con strozzatura alla base;corpo piriforme con bassa parete arrotondataverso l’interno; fondo appiattito.

Tipo Isings 26a; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 41. Età augustea - Epoca claudia.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto come

AMELIA PISTILLO70

71I VETRI

un’ampulla colorata.Il balsamario rientra anche nella classificazione

Isings al tipo 28a (1957, p. 42). Trova confronti a Pavia(Maccabruni 1983, nr. 95 - 103, pp. 142 - 143); ad Adria(Larese 2004, nr. 113, 119, tav. XCVIII); a Padova (La-rese 2004, nr. 119, tav XXIII e nr. 59 - 60, tav. CII); a Pa-dova (Larese 2004, nr.59, tav. LVI); a Verona (Larese2004, nr. 478, tav. LXXXIII) e nell’altro centro veneto diCologna Veneta (Larese 2004, nr. 581, tav. LXXXIV).Nell’Italia meridionale lo troviamo a Pompei (Scatozza2012, nr. 10794F, tav. XIX; nr. 12045B, tav. XXXVIII;nr. 12492C, tav. XLVII); a Ercolano (Scatozza 1986, nr.211, 236, tav. XXXVI) e a Sepino (Di Niro 2007, nr. 158,p. 90).

IV.7. Balsamario piriformeNr. inv. 726; H 5,1 cm; Ø 1,4 (o), 1,4 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Verde chiaro, trasparente. Orlo la-cunoso. Incrostazioni varie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; basso collo cilindrico; corpo piriformecon bassa parete arrotondata verso l’interno;fondo appiattito. Tipo Isings 26a; Tipo Scatozza49; Tipo De Tommaso 41. Età augustea - Epocaclaudia. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeun’ampulla colorata. Il balsamario rientra anche nellaclassificazione Isings al tipo 28a (1957, p. 42). Per i con-fronti vedi IV.6.

IV.8. Balsamario piriformeNr. inv. 736; H 7 cm; Ø 1,8 (o), 1,8 (f) cm. Vetro sof-

fiato a canna libera. Blu, trasparente. Integro. Incrosta-zioni varie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; basso collo cilindrico; corpo piriformecon bassa parete arrotondata verso l’interno;fondo leggermente convesso.

Tipo Isings 26a; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 41. Età augustea - Epoca claudia. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeun’ampulla colorata. Il balsamario rientra anche nellaclassificazione Isings al tipo 28a (1957, p. 42). Per i con-fronti vedi IV.6.

IV.9. Balsamario piriformeNr. inv. 738; H 5,3 cm; Ø 1,8 (o), 1,4 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Ambra, iridescente. Integro. In-

crostazioni varie. Vetrina VIII.Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-

gliata; basso collo cilindrico; corpo piriformecon bassa parete arrotondata verso l’interno;fondo leggermente convesso.

Tipo Isings 26a; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 41. Età augustea - Epoca claudia. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeun’ampulla colorata. Il balsamario rientra anche nellaclassificazione Isings al tipo 28a (1957, p. 42). Per i con-fronti vedi IV.6.

IV.10. Balsamario piriformeNr. inv. 740; H 6,7 cm; Ø 1,8 (o), 1,6 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Giallo, trasparente. Integro. Incro-stazioni varie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; basso collo cilindrico; corpo piriformecon bassa parete arrotondata verso l’interno;fondo leggermente convesso.

Tipo Isings 26a; Tipo Scatozza 49; Tipo DeTommaso 41. Età augustea - Epoca claudia. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeun’ampulla colorata. Il balsamario rientra anche nellaclassificazione Isings al tipo 28a (1957, p. 42). Per i con-fronti vedi IV.6.

TIPO V: Balsamari tubolari Tav. 1V.1. Balsamario tubolare con collo più corto delventre

Nr. inv. 718; H 8 cm; Ø 1,6 (o) cm. Vetro soffiato acanna libera. Marrone per la maggior parte, iridescente.Integro. Tendenza a sfaldarsi. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; breve collo cilindrico, strozzato alla base;corpo tubolare poco slargato verso la base;fondo convesso. Tipo Isings 8; Tipo Scatozza47/b; Tipo De Tommaso 60. Età tiberiana - iniziII sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica.

Trova confronti ad Adria (Larese 2004, nr. 172, tav.XXV) a Rovigo (nr. 119, tav. LXXVII; un esemplare nonnumerato della tav. CXIII). Per la marcata convessità delfondo rimanda al tipo 47/a della classificazione Scatozza

AMELIA PISTILLO72

(1986, pp. 59 - 61) e trova confronto a Ercolano (Scatozza1986, nr. 144, tav. XXXV); a Pompei (Scatozza 2012, nr.10794 G/ H/ L , tav. XIX; nr. 11505 C / D, tav. XIX; nr.11383 A / B, tav. XXX; nr. 12041G, tav. XXXVII; nr.12041 H - N, tav. XXXVIII; nr. 11907 A - G, tav. XLIV);nr. 12500D, tav. XLVII); a Enna (Basile 2004, nr. 139,tav. XXXVI).

V.2. Balsamario tubolare con collo più corto delventre

Nr. inv. 723; H 10 cm; Ø 2,2 (o) cm. Vetro soffiato acanna libera. Ambra, per la maggior parte, trasparente.Integro. Incrostazioni varie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; breve collo cilindrico, strozzato alla base;corpo tubolare poco slargato verso la base;fondo convesso. Tipo Isings 8; Tipo Scatozza47/b; Tipo De Tommaso 60. Età tiberiana - iniziII sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica. Peri confronti vedi V.1.

V.3. Balsamario tubolare con collo più corto delventre

Nr. inv. 730; H 10 cm; Ø 2,4 (o), 1,4 (f) cm. Vetrosoffiato a canna libera. Verde spesso, iridescente. Integro.Tendenza a sfaldarsi. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; breve collo cilindrico, strozzato alla base;corpo tubolare slargato verso la base; fondo leg-germente appiattito.

Tipo Isings 8; Tipo Scatozza 47/b; Tipo DeTommaso 67. Età augustea - Età flavia. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica.

Trova confronto a Adria (Larese 2004, nr. 178, 193,203, tav. XXV; a Padova (Larese 2004, nr. 91, 77, tav.LVI e nr. 104, 139, tav. LVII); a Rovigo (Larese 2004, nr.5, tav. LXXII); a Cologna Veneta (Larese 2004, nr. 588,tav. LXXXIV); a Pavia (Maccabruni 1983, nr. 111 - 113,p. 144); a Pompei (Scatozza 2012, nr. 12041 E/ F, tav.XXXVII, nr. 33510, tav. XLII) e a Enna (Basile 2004,nr. 140 - 141, tav. XXXVI).

V.4. Balsamario tubolare con collo più corto delventre

Nr. inv. 733; H 11,4 cm; Ø 2,2 (o), 1,6 (f) cm. Vetro

soffiato a canna libera. Verde, opaco. Integro. Tracce distriature sul corpo. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; collo cilindrico, strozzato alla base;corpo tubolare slargato verso la base; fondo leg-germente appiattito. Differisce dal nr. V.3 per uncollo più sviluppato ma sempre inferiore all’al-tezza del ventre.

Tipo Isings 8; Tipo Scatozza 47/b; Tipo DeTommaso 67. Età augustea - Età flavia. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica. Peri confronti vedi V.2.

V.5. Balsamario tubolare con ventre legger-mente slargato

Nr. inv. 741; H 10,5 cm; 2,2 (o), 1,5 (f) cm. Vetro sof-fiato a canna libera. Verde, iridescente. Deformato. Ve-trina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; piccolo collo, strozzato alla base; corpotubolare slargato verso la base; fondo legger-mente appiattito. Tipo Isings 8; Tipo Scatozza47/b; Tipo De Tommaso 67. Età augustea - Etàflavia. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica. Peri confronti vedi nr. V.3 e 4.

A Pompei (Scatozza 2012, nr. 13972, tav LXIII) èpresente un balsamario deformato, ma differisce dal V.4per il collo più alto del ventre.

V.6. Balsamario tubolare con collo più lungodel ventre

Nr. inv. 702; H 13,2 cm; Ø 2,5 (o), 2,6 (f) cm. Vetrosoffiato a canna libera. Verde scuro, opaco. Orlo lacu-noso. Incrostazioni marroni per tutto il corpo. VetrinaVIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; lungo collo cilindrico, strozzato allabase; ventre espanso; fondo piatto. Il tipo diffe-risce dagli altri balsamari del tipo Scatozza 47/cper la forma del ventre che è espanso e il fondomolto appiattito.

Tipo Isings 8; Tipo Scatozza 47/c; Tipo DeTommaso 72. Età flavia - Età traianea. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto come

I VETRI 73

una boccetta lacrimatoria in vetro azzurro.Trova confronti a Padova (Larese 2004, nr. 168, 170,

tav. LVIII); a Rovigo (Larese 2004, esemplare non nume-rato tav. CXIII);); a Pavia (Maccabruni 1983, nr. 143 -147, 174 - 175, pp. 146 - 147, 166 - 167); a Ercolano(Scatozza 1986, nr. 191,199, tav. XXXV); a Pompei (Sca-tozza 2012, nr. 11342B, tav. XXVII); a Solunto (Basile2004, nr. 155, tav. XL)

V.7. Balsamario tubolare con collo più lungodel ventre

Nr. inv. 731; H 14 cm; Ø 2,4 (o), 1,2 (f) cm. Vetrosoffiato a canna libera. Azzurro, trasparente. Orlo lacu-noso. Tendenza a sfaldarsi. Vetrina VIII.

Orlo distinto, inclinato verso l’esterno;lungo collo cilindrico, strozzato alla base; corpotubolare; fondo leggermente appiattito.

Tipo Isings 8; Tipo Scatozza 47/c; Tipo DeTommaso 71. Metà I sec. d.C - secondo decen-nio II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica.

Trova confronto a Adria (Larese 2004, nr. 252, 256 ,263, tav. XXVI; a Padova (Larese 2004, nr. 179, 185); aPavia (Maccabruni 1983, nr. 139 - 149, 176 - 177, pp. 146- 147, 167); a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 185, tav.XXXV); a Pompei (Scatozza 2012, nr. 10794D, tav. XIX;nr. 12041 D/ C, tav. XXXVII); inoltre nel Museo Arch.di Palermo vi è un confronto di cui non si conosce la pro-venienza (Basile 2004, nr. 156, tav. XL).

V.8. Balsamario tubolare con collo più lungodel ventre

Nr. inv. 735; H 11,7 cm; Ø 2,1 (o), 1,2 (f) cm. Vetrosoffiato a canna libera. Celeste, trasparente. Integro. Ten-denza a sfaldarsi. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; lungo collo cilindrico, strozzato allabase; corpo tubolare; fondo leggermente appiat-tito. Tipo Isings 8; Tipo Scatozza 47/c; Tipo DeTommaso 71. Metà I sec. d.C - secondo decen-nio II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica. Peri confronti vedi V.6.

V.9. Balsamario tubolare con uguale altezza delcollo e del ventre

Nr. inv. 727; H 13 cm; Ø 2,2 (o), 1,2 (f) cm. Vetrosoffiato a canna libera. Verdeazzurro, trasparente. Integro.Incrostazioni varie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; lungo collo cilindrico, strozzato allabase; corpo tubolare; fondo leggermente appiat-tito. Tipo Isings 8; Tipo Scatozza 47/d; Tipo DeTommaso 70. Fine I sec. a.C.- inizi II sec. d.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica.

Trova confronti ad Adria (Larese 2004, nr. 215, tav.XXV e nr. 231, tav. XXVI); a Padova (Larese 2004, nr.86, tav. LVI; nr. 126, tav. LVII; nr. 156, 158, 161, tav.LVIII); a Verona (Larese 2001, nr. 300, tav. LXXX); aPavia (Maccabruni 1983, nr. 114 - 125, 131, 133, pp. 144- 145); a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 185 - 186, 201 -202, tav. XXXV); a Pompei (Scatozza 2012, nr. 12777F,tav. XXIII e il nr. 12041F, tav. XXXVII); a Sepino (DiNiro 2007, nr. 162 - 164, pp. 89 - 91); inoltre nel MuseoArch. di Palermo vi è un confronto di cui non si conoscela provenienza (Basile 2004, nr. 156, tav. XL).

V.10. Balsamario tubolare con uguale altezzadel collo e del ventre

Nr. inv. 737; H 10,7 cm; Ø 2 (o), 1,2 (f) cm. Vetrosoffiato a canna libera. Azzurro, trasparente. Integro. In-crostazioni su tutto il corpo. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; lungo collo cilindrico, strozzato allabase; corpo tubolare; fondo leggermente appiat-tito.

Tipo Isings 8; Tipo Scatozza 47/d; Tipo DeTommaso 70. Fine I sec. a.C. - inizi II sec. d.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica. Peri confronti vedi V.6.

V.11. Balsamario tubolare con uguale altezzadel collo e del ventre.

Nr. inv. 739; H 10,7 cm; Ø 2 (o), 1 (f) cm. Vetro sof-fiato a canna libera. Verdeazzurro, trasparente. Orlo lacu-noso. Incrostazioni su tutto il corpo. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; lungo collo cilindrico, strozzato alla base;corpo tubolare; fondo leggermente appiattito. TipoIsings 8; Tipo Scatozza 47/d; Tipo De Tommaso

AMELIA PISTILLO74

70. Fine I sec. a.C.- inizi II sec. d.C. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto come

una boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica. Peri confronti vedi V.8.

V.12. Balsamario tubolareNr. inv. 721; H 9,4 cm. Vetro soffiato a canna libera.

Verde, trasparente. Frammento. Manca presumibilmenteil collo e tutto l’orlo. Corpo tubolare; fondo convesso. Ve-trina VIII.

Corpo tubolare poco slargato verso la base;fondo convesso. Tipo Isings 8; Tipo Scatozza47. Fine I sec. a.C. - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria con piccola pancia sferica.

Non è possibile identificare il sottotipo Scatozza e iltipo De Tommaso In quanto manca la parte superiore ne-cessaria alla diversa classificazione. Potrebbe identificarsicome un balsamario “a goccia” e rimanderebbe al tipo47/a della classificazione Scatozza (1986, pp. 59 - 61) pervia della marcata convessità del fondo.

Trova confronto a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 144,tav. XXXV); Pompei (Scatozza 2012, nr. 10794 G / H/ L, tav. XIX; nr. 11505 C / D, tav. XIX; nr. 11383 A / B, tav.XXX; nr. 12041G, tav. XXXVII; nr. 12041 H - N, tav.XXXVIII; nr. 11907 A - G, tav. XLIV); nr. 12500D, tav.XLVII); a Enna (Basile 2004, nr. 139, tav. XXXVI). Inol-tre nel Museo Provinciale Sannitico (Di Niro 2007, nr.161, pp. 90 - 91) vi è un esemplare anch’esso privo dellaparte superiore ma che si può accomunare al nr. V.12 peraffinità della parte inferiore; non è indicata la prove-nienza.

TIPO VI: Balsamari campanulati Tav. 2VI.1. Balsamario campanulato

Nr. inv. 695; H 9,8 cm; Ø 2,4 (o), 2,8 (f) cm. Vetrosoffiato. Azzurro trasparente. Orlo lacunoso. Incrostazionivarie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; alto collo cilindrico, leggermente bom-bato e con strozzatura alla base; corpotronco-conico, con leggera depressione orizzon-tale; fondo leggermente concavo. Tipo Isings,82 B 1; Tipo Scatozza 48; Tipo De Tommaso46. Fine I sec. d.C. - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata.

Trova confronti a Padova (Larese 2004, nr. 120, tav.LVII); a Cologna Veneta (Larese 2004, nr. 584, tav.

LXXXIV); a Pavia (Maccabruni 1983, nr. 195 - 197, p.168). Vi è un unico esemplare proveniente da Ercolano(Scatozza 1986, nr. 211, tav. XXXVI); a Sepino (Di Niro2007, nr. 159 - 160, pp. 90 - 91); a Enna (Basile 2004,nr. 143, tav. XXXVII); a Lipari (Basile 2004, nr. 150, tav.XXXIX) e sempre in Sicilia nella necropoli Lilibeo (Ba-sile 2004, nr. 160 - 161, tav. XLII).

VI.2. Balsamario campanulatoNr. inv. 698; H 13,8 cm; Ø 2,6 (o), 3,6 (f) cm. Vetro

soffiato. Verdeazzurro, trasparente. Integro, lieve intac-catura sull’orlo. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera depres-sione orizzontale; fondo leggermente concavo.

Tipo Isings, 82 B 1; Tipo Scatozza 48; TipoDe Tommaso 46. Fine I sec. d.C. - II sec. d.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

VI.3. Balsamario campanulatoNr. inv. 700; H 15, cm; Ø 3 (o), 4 (f) cm. Vetro sof-

fiato. Verdeazzurro, trasparente. Integro, lieve intaccaturasull’orlo. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera depres-sione orizzontale; fondo piatto. Tipo Isings, 82B 1; Tipo Scatozza 48; Tipo De Tommaso 46.Fine I sec. d.C. - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

VI.4. Balsamario campanulatoNr. inv. 708; H 14,3 cm; Ø 2,9 (o), 3,2 (f) cm. Vetro

soffiato. Verdeazzurro, iridescente. Orlo lacunoso. Incro-stazioni biancastre. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera depres-sione orizzontale; fondo leggermente concavo.Tipo Isings, 82 B 1; Tipo Scatozza 48; Tipo DeTommaso 46. Fine I sec. d.C. - II sec. d.C. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

I VETRI 75

VI.5. Balsamario campanulatoNr. inv. 710; H 12,2 cm; Ø 2,4 (o), 3,4 (f) cm. Vetro

soffiato. Verde chiaro, trasparente. Integro. Incrostazionivarie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera depres-sione orizzontale; fondo piatto. Tipo Isings, 82B 1; Tipo Scatozza 48; Tipo De Tommaso 46.Fine I sec. d.C. - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

VI.6. Balsamario campanulatoNr. inv. 712; H 11,6 cm; Ø 2,7 (o), 3,2 (f) cm. Vetro

soffiato. Verde chiaro, trasparente. Integro. Incrostazionivarie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera de-pressione orizzontale; fondo leggermenteconcavo.

Tipo Isings, 82 B 1; Tipo Scatozza 48; TipoDe Tommaso 46. Fine I sec. d.C. - II sec. d.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

VI.7. Balsamario campanulatoNr. inv. 715; h. 10,5 cm; Ø 2,7 (o), 3,3 (f) cm. Vetro

soffiato. Verdeazzurro, trasparente. Integro. Incrostazionivarie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera depres-sione orizzontale; fondo leggermente concavo.

Tipo Isings, 82 B 1; Tipo Scatozza 48; TipoDe Tommaso 46. Fine I sec. d.C. - II sec. d.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

VI.8. Balsamario campanulatoNr. inv. 719; h. 9,3 cm; Ø 2,2 (o), 2,6 (f) cm. Vetro

soffiato. Verdeazzurro, trasparente. Integro. Incrostazionivarie. Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera depres-

sione orizzontale; fondo leggermente concavo.Tipo Isings, 82 B 1; Tipo Scatozza 48; Tipo DeTommaso 46. Fine I sec. d.C. - II sec. d.C. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

VI.9. Balsamario campanulatoNr. inv. 725; h. 10,9 cm; Ø 2,8 (o), 3,1 (f) cm. Vetro

soffiato. Azzurro, trasparente. Integro. Incrostazioni varie.Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera depres-sione orizzontale; fondo piatto. Tipo Isings, 82B 1; Tipo Scatozza 48; Tipo De Tommaso 46.Fine I sec. d.C. - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

VI.10. Balsamario campanulatoNr. inv. 729; H 10,3 cm; Ø 2,1 (o), 2,5 (f) cm. Vetro

soffiato. Azzurro trasparente. Integro. Incrostazioni varie.Vetrina VIII.

Orlo inclinato verso l’esterno, estremità ta-gliata; corpo tronco-conico, con leggera depres-sione orizzontale; fondo piatto. Tipo Isings, 82B 1; Tipo Scatozza 48; Tipo De Tommaso 46.Fine I sec. d.C. - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna boccetta lacrimatoria lunga e con base spianata. Peri confronti vedi VI.1.

TIPO VII: Balsamari deformatiVII.1. Balsamario deformato

Nr. inv. Y28a; lungh. 8,4 cm; largh. base 3,3 cm.Vetro opacizzato chiaro. Integro. Deformato. VetrinaXXVII.

Il balsamario presenta un orlo svasato eun lungo collo tubolare; il corpo è ovale.L’intero reperto risulta schiacciato e curvo.All’interno è visibile ancora la cenere vulca-nica che probabilmente ha combusto il con-tenuto. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

AMELIA PISTILLO76

VII.2. Balsamario deformatoNr. inv. Y28l; lungh. 7,5 cm; largh. base 2,5 cm.

Vetro opacizzato scuro. Integro. Deformato. VetrinaXXVII.

Il balsamario presenta un orlo molto svasatoe un lungo collo tubolare; il corpo è ovale. L’in-tero reperto risulta schiacciato. All’interno è vi-sibile ancora la cenere vulcanica cheprobabilmente ha combusto il contenuto. Ine-dito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.3. Balsamario deformatoNr. inv. Y28m; lungh. 6,2 cm; largh. base 3,2 cm.

Vetro opacizzato chiaro. Integro. Deformato. VetrinaXXVII.

Il balsamario presenta un lungo collo tubo-lare; il corpo è ovale e schiacciato. L’intero re-perto risulta ricurvo in se stesso. All’interno èvisibile ancora la cenere vulcanica che proba-bilmente ha combusto il contenuto. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.4. Balsamario deformatoNr. inv. Y28i; lungh. 5,2 cm; largh. base 4,5 cm.

Vetro verde chiaro, opaco. Frammento deformato. Incro-stazioni varie. Vetrina XXVII.

È presente parte del collo cilindrico e ilcorpo ovale. L’intero frammento risulta schiac-ciato. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.5. Balsamario deformatoNr. inv. Y28f; lungh. 3,5 cm; largh. base 2,9 cm.

Vetro verde chiaro, opaco. Frammento deformato. Incro-stazioni varie. Vetrina XXVII.

È presente parte del collo cilindrico e ilcorpo ovale. L’intero frammento risulta schiac-ciato. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.6. Balsamario deformatoNr. inv. Y28h; lungh. 4,7 cm; largh. base 4,2 cm.

Vetro verde chiaro, opaco. Frammento deformato. Incro-

stazioni varie. Vetrina XXVII.È presente parte del collo cilindrico e il

corpo ovale. L’intero frammento risulta schiac-ciato. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.7. Balsamario deformatoNr. inv. Y28d; lungh. 4,5 cm; largh. base 3,1 cm.

Vetro opacizzato scuro. Frammento deformato. Incrosta-zioni varie. Vetrina XXVII.

È presente parte del collo cilindrico con foridovuti alla lava vulcanica il corpo ovale. L’in-tero frammento risulta schiacciato. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.8. Balsamario deformatoNr. inv. Y28e; lungh. 4,1 cm; largh. base 3,3 cm.

Vetro opacizzato, scuro. Frammento deformato. Incrosta-zioni varie. Vetrina XXVII.

Rimane la parte inferiore del corpo, presu-mibilmente ovale e ricurva su se stessa. La de-corazione è ancora evidente con filamentibianchi circolari che corrono su tutto il corpo.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.9. Balsamario deformatoNr. inv. Y28g; lungh. 5,1 cm. Vetro verde chiaro,

opaco. Frammento deformato. Incrostazioni varie. VetrinaXXVII.

Rimane solo l’orlo presumibilmente estro-flesso e parte del collo cilindrico. L’intero re-perto risulta schiacciato e curvo. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.10. Balsamario deformatoNr. inv. Y28c; lungh. 4,9 cm. Vetro verde chiaro,

opaco. Frammento deformato. Incrostazioni varie. VetrinaXXVII.

Rimane solo l’orlo presumibilmente moltosvasato e parte del collo cilindrico. L’intero re-perto risulta schiacciato. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

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VII.11. Balsamario deformatoNr. inv. Y28n; largh. 6 cm. Vetro verde chiaro, opaco.

Frammento deformato. Incrostazioni varie. VetrinaXXVII.

L’ingombro del frammento è riferibile alcorpo inferiore. Non si distinguono altri ele-menti. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

VII.12. Balsamario deformatoNr. inv. Y28b, 251; lungh. 4,9 cm. Vetro verde scuro,

opaco. Frammento deformato. Incrostazioni varie. VetrinaXXVII.

L’ingombro del frammento è riferibile alcorpo inferiore. Non si distinguono altri ele-menti. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO VIII: Forme particolariVIII.1. Bottiglietta balsamario cefalomorfa

Nr. inv. 716; H 12,3 cm; Ø 5 (o), (f) 3,3 cm. Vetro in-sufflato in doppio stampo. Verde pallido, trasparente. In-tegro. Incrostazioni esterne ed interne dovute ai residuidel contenuto. Vetrina VIII.

Orlo distinto e svasato; collo cilindrico;corpo conformato a testa umana su due lati;ansa verticale a nastro che parte dall’inizio delcollo all’inizio del corpo; fondo piatto. Ben ri-levati i caratteri etnici, bocca stretta, particola-reggiati occhi, naso e orecchie.

Tipo Isings 78/a; Tipo Scatozza 33; Tipo DeTommaso 81. II sec. d.C. - IV sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritta comeun’ampulla con manico e due impronte di volti umani.

Anche se i confronti sono possibili solo con 3 balsa-mari a forma di testa negroide, la tipologia è attestata aErcolano (Scatozza 1986, nr. 103, tav. 33); a Pompei (cfr.Le collezioni 1986, nr. 46, p. 224, tav. XV); a Padova (La-rese 2004, nr. 5, tav. LIV).

VIII.2. Bottiglietta balsamario/ Tappo (?) fito-morfo

Nr. inv. 717; H 3,8 cm; Ø 0,9 (o), (f) 2,5 cm. Vetroinsufflato in uno stampo. Verde pallido con tratti in ocra,opaco. Manca quasi integralmente l’orlo con parte delcollo. Vetrina VIII.

Breve collo cilindrico, costolato; corpo pun-terellato conformato a pigna o grappolo d’uva;base costolata con piccolo distinto.

Tipo Isings 78 c/e; Tipo Scatozza 35. TipoDe Tommaso 78/79. I sec. d.C. - inizi II sec.d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritta comeun’ampulla a forma di grappolo frammentata.

Trova confronto con un esemplare simile a Ercolano(Scatozza 1986, nr. 105, tav. 33); a Pompei troviamo dueesempi a forma di pigna e di dattero (Scatozza 2012, nr.1248 A / B, tav. XV) e a forma di cedro o pigna/dattero(Scatozza 2012, nr. 11568 A / B, tav. XXVIII).

TIPO IX: Balsamario olliforme Tav. 2IX.1. Olletta ovoide

Nr. inv. 699; H 6,7 cm; Ø 6,2 (o), 3,2 (f) cm. Vetrosoffiato a canna libera. Vetro di colore verdeazzurro,opaco con striature. Integra. Sottile pellicola biancastrain alcuni punti, formatasi per deterioramento. VetrinaVIII.

Orlo ripiegato orizzontalmente verso labocca; larga imboccatura; accenno di collo im-butiforme; ventre ovoidale basso e largo; fondoleggermente introflesso.

Tipo Isings 68; Tipo Scatozza 58/a. Se-conda metà I sec. d.C. - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeun vasetto di vetro a forma di dolium.

Trova confronti a Pompei (Scatozza 2012, nr. 12767e 12768, tav. XXI) e nel Museo Nazionale di Napoli (Lecollezioni 1986, nr. 14, p. 220, (2 ollette)); a Adria (Larese2004, nr. 277 - 278, tav. XXVI); a Padova (Larese 2004,nr. 204 - 205, 207 - 208, tav. LIX e nr. 204 - 208, tav.CVII).

TIPO X: Ampolline e fiaschette Tav. 2X.1. Ampollina

Nr. inv. 732; H 7,4 cm; Ø (o) 1,9 cm; spessore corpo2 cm. Vetro soffiato. Verdeazzurro, iridescente. Integro.Lievi intaccature sull’orlo. Incrostazioni interne. VetrinaVIII.

Orlo orizzontale all’interno; breve collo ci-lindrico, strozzato alla base; corpo globularepiatto.

Per la particolare conformazione del corpopiatto non è ascrivibile a nessuna tipologia tra-dizionale. Inedito.

AMELIA PISTILLO78

Nel catalogo Barone (Barone, p. 90) è indicata comeun’ampolla dalla splendida iridescenza.

X.2. AmpollinaNr. inv. 734; H 5,4 cm; Ø (o) 2,4 cm; spessore corpo

1 cm. Vetro soffiato. Azzurro, con striature bianche e blu,iridescente. Integro. Orlo lacunoso. Incrostazioni varie.Vetrina VIII.

Orlo lievemente espanso; breve collo cilin-drico; corpo globulare piatto.

Per la particolare conformazione del corpopiatto non è ascrivibile a nessuna tipologia tra-dizionale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è indicata comeun’ampolla dalla splendida iridescenza.

X.3. AmpollinaNr. inv. 706; H 4,6 cm; Ø 2,8 (o), 3 (f) cm. Vetro sof-

fiato. Giallo opaco, iridescente. Integro. Lievi intaccaturesull’orlo. Integro. Vetrina VIII.

Orlo espanso verso l’esterno; breve collo ci-lindrico; corpo rettangolare con depressioni alcentro di ogni lato; fondo concavo.

Per la particolare conformazione del corponon è ascrivibile a nessuna tipologia tradizio-nale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è indicata comeun’ampolla di vetro bianco con bocca larga e pancia ri-gonfia.

X.4. AmpollinaNr. inv. 704; H 4 cm; Ø 3,3 (o), 3,3 (f) cm. Vetro sof-

fiato. Verde, opaco. Integro. Intaccatura che percorre tuttol’orlo. Integro. Vetrina VIII.

Orlo espanso verso l’esterno da cui parte unpiccolo foro centrale; corpo conico; fondo leg-germente concavo.

Per la particolare conformazione del corponon è ascrivibile a nessuna tipologia tradizio-nale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è indicata comeun’ampolla di vetro verde con forma conica e becco spia-nato con piccolo forellino.

TIPO XI: Olla cineraria Tav. 2XI.1. Olla cineraria

Nr. inv. 1043B; H 25,3 cm; Ø 16,8 (o), 10,8 (f) cm.

Vetro soffiato. Verdeazzurro, iridato. Integro. Tendenza asfaldarsi. Molteplici lesioni su tutto il corpo. Vetrina VIII.

Orlo estroflesso e piatto con scanalatura pepermettere l’adesione del coperchio; collo con-cavo basso; corpo globulare terminante in ovoi-dale; anse a lobo doppio conformate a “m”,applicate a caldo; fondo concavo. L’olla è cor-redata di un coperchio del Tipo Isings 66/b.

Tipo Isings 63; Tipo Scatozza 57. Secondametà I - II sec. d.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

Trova confronti con un frammento di un orlo e diun’ansa a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 252, tav.XXXIX); a Pozzuoli (Le collezioni 1986, nr. 43, p. 224(seconda olla)); a Pompei (Scatozza 2012, nr. 17052, tav.LXVI); a Taormina (Basile 2004, nr. 137, tav. XXXVI).

XI.2. Coperchio circolare con collo a bottigliaNr. inv. 1043Ba; H 25,3 cm; Ø 4,6 (o), 15,4 (f) cm.

Vetro soffiato. Verdeazzurro, iridato. Integro. Tendenza asfaldarsi. Molteplici lesioni su tutto il corpo. Vetrina VIII.

Orlo estroflesso, distinto; Presa cilindrica acono; bordo ripiegato verso l'interno; corpo ap-piattito orizzontale.

Tipo Isings 66/b; Tipo Scatozza 59. Se-conda metà I - II sec. d.C. Inedito.

Non presenta il nr. inv. Trova confronti a Ercolano(Scatozza 1986, nr. 256, tav. XXXIX); a Adria (Larese2004, nr. 419, tav. L); a Padova (Larese 2004, nr. 321, tav.LXVIII).

TIPO XII: Forme aperte e frammenti Tav. 2XII.1. Coppa emisferica liscia

Nr. inv. 10; H max 3,3; sp. 0,3 cm. Vetro pressato li-scio. Millefiori a fondo turchese, con elementi di formaovale irregolare con contorni di colore bianco latte. De-corazione incisa sull’orlo. Frammento di orlo con partedella parete. Vetrina VIII.

Orlo verticale arrotondato con decorazionea fitti trattini incisi, sottolineato esternamenteda una linea incisa; parete convessa. Fannoparte della coppa altri 3 frammenti, nr. 11, 12,13, non combacianti tra loro

Tipo Isings 1; Tipo Scatozza 1. I sec. a.C. -prima metà I sec. d.C. Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone. Per il particolare vetro millefiori trova un unico

I VETRI 79

confronto a Ercolano (Scatozza 1986, nr. 2, tav. XXIV).Per la forma rimanda ad altri confronti sia a Ercolano(Scatozza 1986, nr. 1, tav. XXIV) che a Pompei (Scatozza2012 nr. 2221, tav. XXVIII).

XII.2. Coppa o piattoNr. inv. 27,28,29; H max 4 cm; sp. 0,5 cm. Vetro sof-

fiato bordeaux, striato, opaco. Tre frammenti di orli com-bacianti tra di loro. Vetrina VIII.

Orlo svasato, labbro arrotondato, pareteobliqua inclinata verso l’interno; scanalatura in-terna sotto l’orlo. Fanno parte della coppa opiatto altri 7 frammenti, nr. 14, 15, 16, 17, 30,31, 32 non combacianti tra di loro. Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone.

XII.3. CoppettaNr. inv. 4,8; H max 3,3 cm; sp. 0,5 cm. Vetro mar-

morizzato con striature blu, bianche, giallo, oro. Coloriopacizzati. Due frammenti di orli combacianti tra loro.Vetrina VIII.

Orlo leggermente svasato e arrotondato; pa-rete obliqua inclinata verso l’interno. Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone.

XII.4. CoppettaNr. inv. 23; H max 2,5 cm; sp. max 0,6 cm. Vetro

marmorizzato con striature blu, bianche, giallo, oro. Co-lori opacizzati. Vetrina VIII.

Orlo verticale arrotondato; parete inclinataispessita verso l’interno. Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone. Il frammento appare simile al XII.3.

XII.5. Frammento pareteNr. inv. 26; H max 3,8 x 3,4 cm; sp. max 0,6 cm.

Vetro marmorizzato bordeaux e bruno con striature bian-che. Frammento di parete. Vetrina VIII.

Il frammento presenta due elementi a rilievopresumibilmente anse o prese, ottenuti in ununico momento della colatura entro stampo.Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone.

XII.6. Frammento parete

Nr. inv. 25; H max 5,2 x 4 cm; sp. max 0,9 cm. Vetrosoffiato bruno. Iridescente. Frammento di parete. VetrinaVIII.

Il frammento presenta due elementi a rilievopresumibilmente anse o prese, ottenuti in ununico momento della soffiatura entro stampo.Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone. Il frammento differisce dal precedente per la tec-nica di lavorazione.

XII.7. Frammento pareteNr. inv. 6; H max 5,4 x 4,5 cm; sp. 1,1. Vetro mar-

morizzato con striature verdi e blue. Colore opacizzatosu una superficie. Vetrina VIII.

Frammento di parete di una forma integrapresumibilmente grande. Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone.

XII.8. Frammento pareteNr. inv. 5; H max 5,2 x 4 cm; sp. 1,1. Vetro marmo-

rizzato con striature verdi e blue. Colore opacizzato suentrambi le superfici. Vetrina VIII.

Frammento con forma particolare a “cuore”facente parte di una forma integra presumibil-mente grande. Nella parte superiore è presenteun forellino di 0,4 cm di diametro. Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone. Il frammento ha lo stesso spessore del precedentee il colore evidente in sezione.

XII.9. ParetiNr. inv. 1,2,3,18,19,20,21,22; mis. max 5,5 cm. Pasta

vitrea verde opalino. Opacizzata. Vetrina VIII.Gli 8 frammenti presentano una superficie

piana. Probabilmente appartengono tutti allamedesima forma integra. Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone.

XII.10. Vetri per finestreNr. inv 795; H max 10,6 cm; sp. 0.5. Vetro verdeaz-

zurro, trasparente. Bollicine all’interno. Fanno parte dellamedesima forma integra altri due frammenti (nr. 34, 35)non combacianti tra di loro. Vetrina VIII.

I frammenti hanno una superficie liscia epresentano bordi arrotondati e più spessi ri-

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spetto alla parte piana. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 92) il nr. inv. corri-

sponde ad una patera con frammenti di vetro per telai difinestre e altri frammenti di differenti colori.

XII.11. Piede di vasoNr. inv. 707; H 3,5 cm; Ø 6,2 cm. Vetro soffiato.

Bianco spesso, iridescente. Frammento. Incrostazioni in-terne Vetrina VIII.

Base circolare di forma conica, desinente apunta. Presenta al centro una fascia frammenta-ria che accoglieva presumibilmente il corpo delvaso. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 89) è descritto comeuna base di vetro bianco opalizzato appartenente ad unvaso.

TIPO XIII: BacchetteXIII.1. Bacchetta di vetro

Nr. inv. 1; lungh. 13 cm; Ø max in sezione 1,3 cm.Vetro fuso verde, opaco. Tendenza a sfaldarsi. VetrinaVIII.

Bacchetta di vetro spessa con una nervaturaa rilievo che accompagna tutto il corpo. Estre-mità appiattita.

Tipo Isings 79. Età augustea - inizi II sec.d.C. Inedito.

Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione diBarone. Trova confronto puntuale a Ercolano (Scatozza1986, nr. 260, tav. XXIII).

XIII.2. Bacchetta di vetroNr. inv.2; lungh. 13,7 cm; Ø max in sezione 0,7 cm.

Vetro fuso verde, iridescente. Vetrina VIII.Bacchetta di vetro con estremità appiattita.Tipo Isings 79. Età augustea - inizi II sec.

d.C. Inedito.Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione di

Barone. Per i confronti vedi XIII.1.

XIII.3. Bacchetta di vetroNr. inv. 3; lungh. 13 cm; Ø max in sezione 0,9 cm.

Vetro fuso verde, opaco. Striature irregolari brune. VetrinaVIII.

Bacchetta di vetro con estremità appiattita.Tipo Isings 79. Età augustea - inizi II sec.

d.C. Inedito.Non presenta il nr. inv. relativo alla catalogazione di

Barone. Per i confronti vedi XIII.1.

XIII.4. Bacchetta di vetroNr. inv. 4; lungh. 12,2 cm; Ø max in sezione 0,9 cm.

Vetro fuso verde, opaco. Incrostazioni biancastre. VetrinaVIII.

Bacchetta di vetro con estremità appiattita.Tipo Isings 79. Età augustea - inizi II sec.

d.C. Inedito.Non presenta il Nr. inv. relativo alla catalogazione di

Barone. Per i confronti vedi XIII.1.

TIPO XIV: Tappi Tav. 2XIV.1. Tappo di bottiglia

Nr. inv. 796/1; H. 2,2 cm; Ø 2,4 cm. Modellato astampo. Vetro scuro con striature policrome. Discreto.Manca parte del disco superiore. Vetrina VIII.

Tappo di bottiglia prodotto in un unicopezzo; parte inferiore pseudoconica e parte su-periore circolare piatta. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, pp. 92-93) è descrittocome un obturacula per la chiusura di bottiglie o vasi si-mili.

XIV.2. Tappo di bottigliaNr. inv. 796/2; H 2,3 cm; Ø 3 cm. Modellato a

stampo. Vetro scuro con striature policrome. Integro. Ve-trina VIII.

Tappo di bottiglia prodotto in un unicopezzo; parte inferiore pseudoconica e parte su-periore circolare piatta. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, pp. 92-93) è descrittocome un obturacula per la chiusura di bottiglie o vasi si-mili.

XIV.3. Tappo di bottigliaNr. inv. 796/3; H 2 cm; Ø 2,6 cm. Vetro scuro con

striature policrome. Discreto. Manca parte del disco su-periore. Vetrina VIII.

Tappo di bottiglia prodotto in un unicopezzo; parte inferiore pseudoconica e parte su-periore circolare piatta. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, pp. 92 - 93) è descrittocome un obturacula per la chiusura di bottiglie o vasi si-mili.

TIPO XV: Pedine da giocoXV.1. Pedina circolare

AMELIA PISTILLO82

Nr. inv. 782/1; H 0,6 cm; Ø 1,6 cm. Vetro a stampobianco. Integra. Vetrina VIII.

Forma circolare, parte inferiore piana, partesuperiore a profilo convesso. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata comeun piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza.

Per l’ampia diffusione di tali oggetti, dall’età prero-mana al Medioevo, è possibile definirne la cronologiaesclusivamente sulla base dei contesti di provenienza.

Alcuni esempi sono rintracciabili nella necropoli del-l’attuale sede dell’Università Cattolica di Milano (Mas-seroli 1998, nr.1, tav. XX); nel Veneto (Larese 2004, tab.nr. 82); a Taranto (Museo 1988, nr. 17.10 c, tav. XLII enr. 17.12 g, tav. XLIII).

Per quanto riguarda la funzione, comunemente ven-gono definite pedine da gioco, i latruncoli, anche se sisuppone che alcune forme più ovalizzate possano fungereda gemme per castoni o appliques di vasi (Capecchi 1987,nr. 369, p. 209).

XV.2. Pedina circolareNr. inv. 782/2; H 0,7 cm; Ø 1,6 cm. Vetro a stampo

nero. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.3. Pedina circolareNr. inv. 782/3; H 0,7 cm; Ø 1,7 cm. Vetro a stampo

bianco e bordeaux. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.4. Pedina circolareNr. inv. 782/4; H 0,6 cm; Ø 1,7 cm. Vetro a stampo

blu e bordeaux. Colori opacizzati. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.XV.5. Pedina circolare

Nr. inv. 782/5; H 0,7 cm; Ø 1,6 cm. Vetro a stamponero. Integra. Vetrina VIII.

Forma circolare, parte inferiore piana, partesuperiore a profilo convesso. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata comeun piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.6. Pedina circolareNr. inv. 782/6; H 0,7 cm; Ø 2 cm. Vetro a stampo

nero e grigio. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.7. Pedina circolareNr. inv. 782/7; H 0,6 cm; Ø 1,4 cm. Vetro a stampo

verde, opaco. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.8. Pedina circolareNr. inv. 782/8; H 0,6 cm; Ø 1,5 cm. Vetro a stampo

bianco e bordeaux. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1..

XV.9. Pedina circolareNr. inv. 782/9; H 0,7 cm; Ø 1,7 cm. Vetro a stampo

nero e beige. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana e pic-

cola appendice e parte superiore a profilo con-vesso. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata comeun piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.10. Pedina circolareNr. inv. 782/10; H 0,6 cm; Ø 1,5 cm. Vetro a stampo

beige e bordeaux, opaco. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.

I VETRI 83

Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata comeun piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.11. Pedina circolareNr. inv. 782/11; H 0,6 cm; Ø 1,5 cm. Vetro a stampo

beige e bordeaux, opaco. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.12. Pedina circolareNr. inv. 782/12; H 0,6 cm; Ø 1,8 cm. Vetro a stampo

bordeaux e nero. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.13. Pedina circolareNr. inv. 782/13; H 0,6 cm; Ø 1,8 cm. Vetro a stampo

nero. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.14. Pedina circolareNr. inv. 782/14; H 0,7cm; Ø 1,6 cm. Vetro a stampo

nero. Integra. Vetrina VIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicata come

un piccolo disco di vetro insieme ad altri tredici di diversagrandezza. Per i confronti vedi XV.1.

XV.15. Pedina circolareNr. inv. 238; H 0,9 cm; Ø 1 cm. Vetro a stampo nero.

Integra. Vetrina XXIII.Forma circolare, parte inferiore piana, parte

superiore a profilo convesso. Inedito.Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione relativa

ai materiali della Vetrina XXIII purtroppo sconosciuta.Per i confronti vedi XV.1.

XV.16. AstragaloNr. inv. 134; largh. 1,3 cm; lungh. 2,1 cm. Vetro sof-

fiato. Verde chiaro, trasparente. Integro. Incrostazionivarie. Vetrina XXVII.

Forma cuboide, allungata e stretta; quattrofacce principali lunghe e concave; altre due ri-dotte. Su una faccia principale è presente unforo circolare.

Si tratta della riproduzione in vetro del clas-sico esemplare in osso, probabilmente usatosempre a scopo ludico. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XV.17. AstragaloNr. inv. Z42; largh. 1,1 cm; lungh. 2,1 cm. Pasta vi-

trea. Blu. Integro. Incrostazioni varie. Vetrina XXIII.Forma cuboide, allungata e stretta; quattro

facce principali lunghe e concave; altre due ri-dotte. Si tratta della riproduzione in pasta vitreadel classico esemplare in osso, probabilmenteusato sempre a scopo ludico. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione relativaai materiali della Vetrina XXIII purtroppo sconosciuta.

TIPO XVI: Oggetti di ornamentoXVI.1. Collana costituita da sfere e cilindretti

Nr. inv. 751 - 752; lungh. 85,5 (a due giri) cm. Pastavitrea verde, rossa, bianca. Integra. Vetrina VIII.

Collana a due giri ma unita in un solo pezzo.Vaghi discoidali di diverso colore si alternanoin numero di 4 o 5 alla parte cilindrica della col-lana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 91) i nr. 751 e 752 in-dicano due collane distinte in pasta vitrea ma con la me-desima decorazione.

Per la forma dei vaghi discoidali si rimanda alla col-lana da Gela risalente alla prima metà del VI sec. a.C.(Basile 2004, nr. 98, tav. XXV).

XVI.2. Collana costituita da sfere e cilindrettiNr. inv. 744; lungh. 30 cm. Pasta vitrea gialla e az-

zurra. Leggere scalfiture su alcuni vaghi. Vetrina VIII.La collana è costituita da 16 vaghi cilindrici

gialli posti a due a due tra 9 vaghi lenticolariblu. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritta come

AMELIA PISTILLO84

una collana con piccole nocciuole di vetro azzurro e giallod’oro. La forma e il colore dei vaghi trova confronto conle collane XVI.3 e 4.

XVI.3. Collana costituita da sfere di vetroNr. inv. 745; lungh. 31 cm. Vetro verde, azzurro,

rosso, giallo. Presumibilmente integra. Vetrina VIII.Collana costituita da 64 vaghi di dimensione

e colore variabile, con sezione subcilindrica eprovvisti di foro centrale passante. La catenapassante è in materiale moderno. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritta comeuna collana “con piccole nocciuole di vetro di diversi co-lori”.

XVI.4. Collana costituita da sfere di vetroNr. inv. 750; lungh. 36 cm. Vetro verde, azzurro, mar-

rone, bordeaux, giallo. Presumibilmente integra. VetrinaVIII.

Collana costituita da 80 vaghi di dimensionee colore variabile, con sezione subcilindrica eprovvisti di foro centrale passante. La catenapassante è in materiale moderno.

In questa collana sembra riproporsi unoschema preciso per tutta la sequenza dei vaghi:i vaghi blu in numero di tre e immediatamenteil vago verde per poi continuare con tre vaghiblu e arrivare all’ottavo giallo. La ripetizione èeffettuata per tutta la lunghezza della collana,esclusa la parte centrale con l’immissione divaghi più grandi, color marrone e bordeaux.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritta comeuna collana con piccole nocciuole di vetro di diversi co-lori. Simile alla XVI.3.

XVI.5. Collana costituita da vaghi cilindricicon pendente fallico (?)

Nr. inv. 747; lungh. 26,5 cm. Modellazione suasta; uso di stampo. Vetro turchese, nero. Discreto,corrosioni. Vetrina VIII.

La collana è composta da 21 vaghi cilindricilunghi. Al centro vi è un pendente di formaignota, uno “a melone” striato e con piccoloforo in superficie, uno anulare e il pendente fi-nale di forma oblunga appuntita (simbolo fal-lico?). Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritta comeuna collana di vetri azzurri e nerastri.

Il pendente a “melone” trova confronto con lo stessodi uguale colore a Gela (Basile 2004, nr. 105, tav.XXVII). Il pendente finale trova confronto con un esem-plare, diverso per fattura, proveniente da Birgi e datatoVI - V sec. a.C. (Basile 2004, nr. 106, tav. XXVII).

XVI.6. Collana costituita da sfere di vetro a“melone”

Nr. inv. 749; lungh. 29,4 cm. Modellazione su asta.Vetro verde acqua, striato. Discreto, abrasioni varie. Ve-trina VIII.

La collana è costituita da 22 vaghi “a me-lone” sulle tonalità del verde con il più grandeal centro. Vi è un vago di fattura diversa, colorbianco perla con striature arancioni. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è descritta comeuna collana di pallottole di vetro, striate e ossidate di tintediverse.

I pendenti a “melone” trovano confronto con dueesempi a Gela ma di diverso colore e datati II sec. a.C. -III sec. d.C. (Basile 2004, nr. 101,105, tav. XXVI,XXVII) e con un esempio ad Aquileia non datato (Aqui-leia Romana 1991, nr. 56, p. 124).

XVI.7. Collana costituita da sfere di vetroNr. inv. 743; lungh. 21,2 cm. Modellazione su asta.

Vetro verde, azzurro, giallo e ambra. Opaco. Discreto,abrasioni varie. Vetrina VIII.

Collana costituita da 23 vaghi di forma sfe-rica più o meno schiacciati verso l’estremitàdella collana e da 5 vaghi di forma bicoconica.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è descritta comeuna collana con grosse pallottole digradanti dal centro alleestremità. Inoltre vi è l’indicazione del ritrovamento a Ba-ranello. I vaghi di forma biconica trovano confronto conaltrettanti, ma di colore diverso, provenienti da Termoli(Cb) e datati per contesto al VI sec. a.C. (Venustas, 2007,nr. 137, p. 150).

XVI.8. Bracciale ad “occhi”Nr. inv. X113; lungh. 14 cm. Modellazione su asta.

Pasta vitrea gialla, celeste e bianca. Leggere intaccaturesu alcuni vaghi. Vetrina XXVII.

Il bracciale è costituito da 29 vaghi con foropassante, di cui uno solo non ha la decorazioniad “occhi”. Le dimensioni dei vaghi variano inmaniera digradante verso l’estremità dei ganci

I VETRI 85

e il vago centrale ha forma cilindrica allungata.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Trova confronto con i vaghi ce-lesti ad “occhi” della collana rinvenuta a Gela e datata VIsec. a.C. (Basile 2004, nr. 99, tav. XXV) ed a Birgi datataVI-IV sec. a.C. (Basile 2004, nr. 107, tav. XXVII); con ivaghi celesti e gialli ad “occhi” della collana rinvenutaad Agrigento e datata VI - V sec. a.C. (Basile 2004, nr.102, tav. XXVI); con un vago proveniente da San Polo(De Benedittis 2005, nr. 114, p. 49); con i vaghi gialli ad“occhi” provenienti da Termoli (Cb) e datati per contestoal IV sec. a.C. (Venustas, 2007, nr. 141, p. 151).

XVI.9. Vago di collanaNr. inv. Z37; Ø 1,5 cm. Modellazione su asta Vetro

verdeazzurro, opaco. Discreto, abrasioni varie. VetrinaXXIII.

Vago di forma lenticolare con foro passante.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione relativaalla Vetrina XXIII, appartenente ai reperti di Monte Vai-rano, purtroppo sconosciuta.

XVI.10. SpecchioNr. inv. 755; H 8,5 cm. Vetro verde scuro, opaco. Di-

screto. Vetrina 8.Specchio di forma quadrangolare, regolare.

Colore verde con abrasioni biancastre. Nellaparte centrale probabilmente vi era attaccato unelemento di forma rettangolare poiché è rimastoil negativo. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 91) è indicato comeun piccolo specchio in vetro.

AMELIA PISTILLO86

TIPO XVII: Forme chiuse Tav. 3XVII.1. Schnabelkanne

Nr. inv. 488; H 21 cm; Ø 9,5 cm. Lamina di bronzotirata a martello, ansa fusa separatamente. Patina verdechiaro. Integro. Superfici deteriorate. Vetrina VII.

Lungo becco obliquo e arrotondato all’estre-mità; alto collo cilindrico rastremato versol’alto; corpo troncoconico; piede ad anello; ansaverticale a sezione troncoconica ad andamentosinuoso, costolata, prominente in linguetta. Se-condo quarto del V sec. a.C. Inedito.

Il Barone (1899, p. 65) lo definisce una oinochoe inbronzo con manico usato per versare il vino. La tipologiadelle Schnabelkanne rimanda ad un’origine etrusca. È at-testata in Etruria ma anche in ambito magnogreco e cel-tico (vedi cartina di distribuzione, Vorlauf 1997, fig. 19).Trova confronto puntuale con un esemplare provenienteda Veio e conservato al Museo di Villa Giulia (SgubiniMoretti 2001, nr. 1f.7. 10 p. 85).

XVII.2. OlpeNr. inv. 485; H 12,9, con ansa 16,5 cm; Ø (o) 5,6, Ø

(f) 5 cm. Bronzo. Patina verde chiaro, non omogenea.Frammentario nel corpo. Superfici molto ossidate e cor-rose. Vetrina VII.

Orlo rettilineo con labbro svasato esterna-mente; breve collo; corpo troncoconico; ansa asezione ovoide; ansa soprelevata con scanala-ture longitudinali, inchiodata nella parte supe-riore sull’orlo e saldata nella parte inferiore delventre dove si appiattisce a guisa di linguetta;fondo piatto. Variante 1: massima espansione acirca metà altezza e collo distinto (Guzzo 1970,p. 96). Fine VI - metà V sec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è indicata insiemeal nr. inv. 490 come oinochoe con manico. La tipologiadelle brocche è attestata in area etrusco - campana dal-l’ultimo quarto del VI sec. alla metà del V sec. a.C. Si ri-tiene che la produzione sia etrusca, localizzata a Vulci epoi attraverso canali commerciali giunta in Campania,non ritenuta però sede di un’eventuale fabbrica di brocchein bronzo. Si riconoscono due varianti della sagoma inrelazione alla massima espansione tra collo e corpo. Inol-tre, la forma è stata studiata per via della dell’ansa termi-nante a forma di leone, che non si riscontra nei nr. XVII.2e 3 della collezione Barone. (Guzzo 1970, pp. 103 - 110).

Trova confronti, solo per quanto concerne la sagoma,

con brocche provenienti da Monte Adranone e conservatepresso il Museo Arch. di Agrigento (Guzzo 1970, nr. 9,tav. I.3; tav. IX.18); con altre simili provenienti dalla zonacampana ed ora al Museo di Villa Giulia (Guzzo 1970,nr. 12, tav. II.4; nr. 16, tav. III.6; nr. 32, tav. VI. 32) e contre brocche provenienti dalla necropoli di via Nicotera aVico Equense (Bonghi Jovino 1982, nr. 7, tav.12. 3. 5 etav. 87.2; nr. 8, tav. 12. 3. 4 e tav. 87.1; nr. 9, tav. 12. 3. 1e tav. 85.4) e con un’altra di incerta provenienza (Guzzo1970, nr. 35, tav. VI.12). Inoltre nell’Italia settentrionaletrova confronto con una brocca conservata presso ilMuseo di Modena e proveniente dalla necropoli della No-sadella (Labate 2006, p. 54).

XVII.3. OlpeNr. inv. 490; H 18, con ansa 22 cm; Ø (o) 6,9, Ø (f)

5,9 cm. Bronzo. Patina verde scuro, non omogenea.Frammentario nel corpo. Superfici ossidate e corrose. Ve-trina VII.

Orlo aggettante e ripiegato; breve collo espalla scoscesa; corpo a sacco, rastremato nellaparte inferiore; ansa a sezione ovoide, soprae-levata, inchiodata nella parte superiore sottol’orlo e staccata dal corpo del vaso nella parteinferiore; fondo piatto. All’interno dell’olpe viè un materiale lanoso inserito in tempi succes-sivi, probabilmente per evitare che il reperto sirompesse, data l’estrema fragilità. Variante 1:massima espansione a circa metà altezza e collodistinto (Guzzo 1970, p. 96). Fine VI - metà Vsec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è indicata insiemeal nr. inv. 485 come oinochoe con manico.

Come la precedente. Per il problema cronologico, ladiffusione e i confronti vedi XVII.2.

XVII.4. BroccaNr. inv. 487; H 15,6, con ansa 19,6 cm; Ø (o) 8,6, Ø (f)

7 cm. Bronzo. Patina verde chiaro, non omogenea. Deco-razione incisa. Integro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Orlo rettilineo decorato con linee paralleleincise, nella parte superiore; labbro svasato;corpo globulare. Presenta un'ansa a nastro so-prelevata con scanalature longitudinali, saldatanella parte superiore sotto l’orlo e nella parte in-feriore del ventre dove termina con una placca

MATERIALE BRONZEO

I BRONZI 87

inferiore circolare, sormontata da incisioni atrattini e una figura centrale relativa ad una ma-schera bacchica (?) con ricci capelli resi a vo-lute, viso pieno e bocca aperta con lingua difuori. Fondo ad anello. Età romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 487) è indicato comeun’oinochoe. Trova confronti nella Categoria E5110 dellaclassificazione Tassinari: brocca con becco corto e corpoglobulare (1993, pp. 90 - 91). È confrontabile per la formaglobulare e la conformazione dell’ansa con un vaso simileproveniente dalla necropoli di via Nicotera a VicoEquense (Bonghi Jovino 1982, nr. 5, tav. 12. 3. 2 e tav.85.1).

TIPO XVIII: Forme aperte Tav. 3XVIII.1. Patera con manico

Nr. inv. 477; H 7,3 cm; lungh. manico 10,3 cm; Ø (o)23,4, Ø (f) 13 cm. Bronzo. Patina verde chiaro, non omo-genea. Integro. Decorazione incisa. Superficie deteriorata.Vetrina VII.

Orlo piatto; bassa vasca a profilo convesso;fondo piatto. Manico a sezione sub-ellittica condecorazione incisa superiormente, attaccato allavasca da una placca per mezzo di due chiodini.Il manico ha terminazione antropomorfa. La ter-minazione potrebbe riferirsi ad una mascheradionisiaca ed essere interpretata come un satiroo un sileno con barba folta e lunga. Al di sottodell’orlo evidente striatura di ossidazione.Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 64) è descritta comeuna casserola con manico a scannetto riccamente deco-rato. Trova confronti nella Categoria H1200 della classi-ficazione Tassinari: patera con manico a terminazioneantropomorfa (1993, pp. 58 - 59, 129).

XVIII.2. Casseruola con manico a discoNr. inv. 486; H 8,9 cm; lungh. manico 13 cm; Ø (o)

14,8, Ø (f) 9 cm. Bronzo. Patina verde chiaro, non omo-genea. Integro. Decorazione incisa. Superficie deteriorata.Vetrina VII.

Labbro breve, svasato orizzontalmente;vasca profonda a profilo convesso, delimitatada quattro solcature; fondo concavo con scana-lature concentriche. Lungo manico orizzontalea disco con foro rotondo. Fabbricata in un solopezzo con il manico. All’intero sono conservati

dei frammenti indicati con i tipi LXIII.1 e 2. Etàaugustea - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è descritta come unatrublia, ovvero una tazza da bere con manico orizzontale.Questo tipo di casseruola è la forma più attestata durantel’ultima fase di vita dei centri vesuviani e prodotto presu-mibilmente dall’età augustea fino alla metà del II secolo.La presunta via commerciale seguita è quella Marsiglia -Rodano - Reno - Mar Baltico (Carandini 1977, pp. 165 -166). Trova confronti nella Categoria G3100 della classifi-cazione Tassinari: casseruola con manico a disco con fororotondo e vasca profonda. (1993, pp. 52 - 57, 111 - 117).Nel Museo Naz. di Napoli sono conservati diversi esempi,alcuni muniti anche di bollo (Carandini 1977, nr. 16 - 17,tav. LXXIX; nr. 19, tav. LXXX).

XVIII.3. ColatoioNr. inv. 448, 478; Ø 12,5 cm; lungh. con manico 27,6.

Bronzo. Patina verde scuro, non omogenea. Decorazioneincisa. Mutilo, coppetta lacunosa. Superfici ossidate ecorrose. Vetrina VII.

Lungo manico a nastro a sezione quadran-golare, applicato mediante borchiette, ricurvodecorato con incisioni a motivi floreali e termi-nante con protome di volatile. Fondo convessocostituito da una lamina traforata. Epoca ro-mana. Inedito.

Sul reperto sono presenti due nr. inv.: il nr. inv. giustoè 478 perchè trova corrispondenza nel catalogo Barone(1899, p. 64) ove è descritto come una trulla, ovvero cuc-chiaio traforato con manico adunco e variamente deco-rato. Trova confronti nella Categoria K3100 - K3200 eS2100 della classificazione Tassinari: colini con fondotraforato e differenti nella forma del manico. (1993, pp.69, 159 - 162).

XVIII.4. ColatoioNr. inv. 481; lungh. con manico 24,3 cm; Ø 11,7 cm.

Bronzo. Patina verde chiaro, non omogenea. Decorazioneincisa. Integro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Lungo manico a nastro a sezione quadran-golare, ricurvo, decorato con incisioni a motivia palmetta e terminante con protome di volatile.Il manico è fissato al corpo mediante chiodini.Fondo convesso costituito da una lamina trafo-rata. Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 64) e descritto comeuna trulla, ovvero cucchiaio traforato con manico aduncoe variamente decorato.

AMELIA PISTILLO88

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Trova confronti nella Categoria K3100 - K3200 eS2100 della classificazione Tassinari: colini con fondotraforato e differenti nella forma del manico. (1993, pp.69, 159 - 162).

XVIII.5. ColatoioNr. inv. 480, 486; lungh. con manico 29,8 cm; Ø 13,5

cm. Bronzo. Patina verde chiaro, non omogenea. Integro,lacuna nella vasca. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Lungo manico a sezione quadrangolare, ter-minante ad anello con due anitrelle stilizzate.Bordi fortemente rientranti; fondo convesso co-stituito da una lamina traforata. Epoca romana.Inedito.

Sul reperto sono presenti due nr. inv.: il nr. inv. giustoè 480 perchè trova corrispondenza nel catalogo Barone(1899, p. 64) e descritto come una trulla, ovvero cuc-chiaio traforato con manico adunco e variamente deco-rato. Trova confronti nella Categoria K3100 - K3200 eS2100 della classificazione Tassinari: colini con fondotraforato e differenti nella forma del manico. (1993, pp.69, 159 - 162).

XVIII.6. ColatoioNr. inv. 479; lungh. con manico 26 cm; Ø 13 cm.

Bronzo. Patina verde chiaro, non omogenea. Decorazioneincisa. Mutilo, manca il fondo traforato. Superficie ossi-data e corrosa. Vetrina VII.

Lungo manico a sezione quadrangolare de-corato ad incisione e terminante ad anello condue anitrelle stilizzate. Bordi fortemente rien-tranti. Epoca romana. Inedito.

Il nr. inv. non è indicato sul reperto ma con tutta pro-babilità corrisponde al colatoio nr. inv. 479 che manca dicorrispondenza. All’interno di un altro reperto è stato rin-venuto il corpo traforato con il nr. inv. 479, attinente alcolatoio descritto e indicato nel catalogo Barone (1899,p. 64) come altra trulla.

Trova confronti nella Categoria K3100 - K3200 eS2100 della classificazione Tassinari: colini con fondotraforato e differenti nella forma del manico. (1993, pp.69, 159 - 162).

XVIII.7. ColatoioNr. inv. 493; lungh. con manico 23 cm; Ø 10, 5 cm.

Bronzo. Patina verde chiaro, non omogenea. Decorazioneincisa. Mutilo, resta una piccola parte del corpo a fondotraforato. Superficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

Lungo manico a sezione ellittica ricavato da

un unico pezzo ripiegato e ondulato, applicatomediante borchiette a protome animale (?).Bordi fortemente rientranti. Il corpo è a fondotraforato. Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) e descritto comeuna trulla, con manico a zig zag in filo di rame. Trovaconfronti nella Categoria K3100 - K3200 e S2100 dellaclassificazione Tassinari: colini con fondo traforato e dif-ferenti nella forma del manico. (1993, pp. 69, 159 - 162).

XVIII.8. CoppaNr. inv. 489; H 9 cm; Ø (o) 15, Ø (f) 6 cm. Bronzo.

Patina verde chiaro, non omogenea. Integro. Decorazioneincisa. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Orlo svasato con decorazione incisa a trat-tini paralleli; vasca profonda a profilo convesso;fondo profilato concavo. All’intero sono con-servati dei frammenti di bronzo non catalogatie un frammento probabile di colino indicato conil nr. inv. XVIII.6. Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è descritta comeuna trublia, ovvero una tazza da bere con manico oriz-zontale. Trova confronti nella Categoria M1000 dellaclassificazione Tassinari: coppe con imboccatura ampia.(1993, pp. 77, 163 - 165).

XVIII.9. CalderoneNr. inv. 437; H 13,8 cm; Ø orlo 32 cm. Bronzo. Pa-

tina verde scuro, non omogenea. Decorazione incisa. In-tegro, lacunoso nel fondo. Superficie ossidata e corrosa.Vetrina VII.

Orlo piatto rientrante; vasca molto profondaa profilo troncoconico; fondo arrotondato, con-cavo. Due anse applicate tramite chiodi, moltoelaborate e divise in due parti: un’ansa sormon-tante mobile a sezione sub-ellittica con due glo-betti ovoidali profilati; l’altra è fissata alla vascae formata da due globetti ovoidali terminante apalmetta cuoriforme sagomata. Epoca romana.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 64) è descritta comeun ahenum, ovvero calderotto di bronzo con due manici.

Il reperto rientra in tre categorie della classificazioneTassinari: pentola, Categoria 1000 (1993, p. 99); caldaia,Categoria V1000 (1993, p. 103); bollitore, inteso comecalderone, Categoria Y2000 (1993, p. 114). L’assenza dialtri elementi funzionali quali coperchio, gancio o deltreppiedi ne limitano la distinzione tipologica.

AMELIA PISTILLO90

XVIII.10. BacileNr. inv. 474; H 9 cm; Ø (o) 27,4, Ø (f) 14,4 cm.

Bronzo. Patina verde scuro, non omogenea. DecorazioneIncisa. Integro. Superfici deteriorate. Vetrina VII.

Orlo distinto con labbro estroflesso; vascaprofonda emisferica, al centro decorazione in-cisa a cerchi concentrici; piede traforato a formadi triangoli. Prese laterali fisse a sezione circo-lare attaccate al labbro; anelli a sezione circolarecon decorazione incisa a tacche continue, inse-riti nelle prese fisse. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 64) è descritto comeuna malluvia, ovvero catinella di bronzo con piede trafo-rato ed anelli agli orli. Trova confronto con un esemplareconservato al Museo della Crypta Balbi (Roma 2001, nr.II.4.1016, pp. 421 - 422).

TIPO XIX: Anse e maniciXIX.1. Ansa di brocca

Nr. inv. 482; lungh. 14,7 cm. Bronzo. Patina verdescuro. Integra. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Ansa verticale a sezione poligonale. L’at-tacco superiore ha bracci laterali con doppiasporgenza arrotondata. L’attacco inferiore, se-parato da una modanatura a tondino, è compo-sto da una palmetta plastica di nove foglie dacui si originano le due terminazioni simmetrichea corpo di serpente rivolte verso l’alto. Epocaromana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è indicata comeun’ansa o manico decorato. Per un confronto generico eper l’identificazione del probabile vaso di riferimentovedi categoria B1000: Brocche con un’ansa verticale eimboccatura media; categoria C1000: Brocche conun’ansa e imboccatura ampia; D1000/ 2000: Brocche aimboccatura bi-trilobata; E2000/ 5000: Brocche fornitedi becco (Tassinari 1993, pp. 38 - 91). Trova confrontoper quanto concerne l’attacco inferiore con tre anse con-servate nel Museo Gregoriano Etrusco (Sannibale 2008,nr. 36 - 38, pp. 69 - 75).

XIX.2. Ansa di broccaNr. inv. 554; lungh. 15 cm. Bronzo. Patina verde

scuro. Integra. Incrostazioni varie. Vetrina VII.Ansa verticale a sezione quadrangolare.

L’attacco superiore ha bracci laterali con doppiasporgenza arrotondata ed alto poggiapollice alcentro. L’attacco inferiore è conformato ad ele-

mento cuoriforme desinente in maniera orizzon-tale. Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicata comeun manico per vaso. Per un confronto generico e perl’identificazione del probabile vaso di riferimento vedicategoria B1000: Brocche con un’ansa verticale e imboc-catura media; categoria C1000: Brocche con un’ansa eimboccatura ampia; D1000/ 2000: Brocche a imboccaturabi-trilobata; E2000/ 5000: Brocche fornite di becco (Tas-sinari 1993, da pp. 38 - 91). Trova confronto puntuale aPompei (Tassinari 1993, nr. 4, tav. IX).

XIX.3. AnsaNr. inv. 483; lungh. 17 cm. Bronzo. Patina verde

scuro, non omogenea. Integra. Superficie deteriorata. Ve-trina VII.

Ansa verticale a sezione poligonale con evi-denti scanalature sulla superficie sia verticaliche orizzontali. L’attacco superiore è costituitoda una placca rettangolare decorata a rilievocome la parte centrale. L’attacco inferiore è con-formato a elemento vegetale e traforato negliotto petali. La terminazione è desinente in unglobetto sferico. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è indicata comeun’ansa o manico decorato.

XIX.4. AnsaNr. inv. 512; lungh. 13 cm. Bronzo. Patina verde

scuro, non omogenea. Decorazione incisa. Integra. Su-perficie deteriorata. Vetrina VII.

Ansa orizzontale a sezione circolare con laparte centrale liscia e nella parte superiore vi èun globetto circolare. Le estremità sono confor-mate a forma circolare, incise con linee parallelee precedute da tre profilature. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicata comeun’ansa di bronzo.

XIX.5. Manico di calderone (?)Nr. inv. 513; lungh. 14,4 cm; h. 4,2 cm. Superficie

opaca, patina verde chiaro. Integra. Superficie molto os-sidata e corrosa. Vetrina VII.

Ansa orizzontale a sezione quadrangolare dibronzo, estremità desinenti a globetto. Suun’estremità è incastrato un elemento verticalemobile. Probabilmente è attinente ad una formaaperta e nello specifico ad un calderone. Inedito.

I BRONZI 91

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicata comeun’ansa di bronzo.

XIX.6. Manico di bilancia (?)Nr. inv. 555; h 15 cm. Bronzo. Patina verde scuro.

Integro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.Manico orizzontale a sezione quadrango-

lare, con estremità ripiegate di bronzo. Al centrodel manico è incastrato un elemento verticalemobile, probabilmente un gancio. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicato comemanico di vaso.

XIX.7. Ansa (?)Nr. inv. 649; h 5 cm; Ø (attacco) 3 cm; largh. 11 cm.

Bronzo. Patina verde chiaro, piuttosto omogenea. Deco-razione incisa. Integra. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Elemento composto di una parte rettango-lare piana a margini concavi e brevi appendicilaterali. Su un lato si impostano due bastoncelliricurvi a sezione circolare e terminanti a disco.Sui dischi vi è una decorazione di otto elementitrapezoidali. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è descritta comeun’ansa o manico di grande vaso. Trova puntuale con-fronto con un esemplare proveniente dalla CollezioneGorga (Benedettini 2012, nr. 1526, pp. 494 - 495).

TIPO XX: Forme miniaturistiche Tav. 3XX.1. Olpe miniaturistica

Nr. inv. 535, H 6,6 cm; Ø (o) 2,7, Ø (f) 2,6 cm .Bronzo fuso. Patina verde scuro, piuttosto omogenea. In-tegro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Orlo leggermente svasato; collo cilindricoespanso; spalla arrotondata; corpo ovoidale;piede ad anello. Ansa ad anello a sezione qua-drangolare. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicato comeun piccolo ariballoe di bronzo.

XX.2. Olla miniaturisticaNr. inv. 556; H 6,3 cm; Ø (o) 4,6, Ø (f) 4,2 cm.

Bronzo fuso. Patina verde chiaro. Integro. Integra. Super-ficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

Orlo estroflesso, orizzontale liscio; brevecollo concavo; corpo sferico; fondo piatto pro-filato. Tipo A: olletta ariballica apoda (Tarditi1996, p. 166). Prima metà V sec. a.C. - IV sec.

a.C. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicato come

una piccola oinochoe di bronzo e senza manico. La tipo-logia di ollette, con o senza anse, è attestata soprattuttoin Italia meridionale, con particolare localizzazione aPeucezia; compare anche in Grecia e nella versioneacroma e a vernice nera, per cui si è ipotizzata un’originegreca della forma (Tarditi 1996, pp. 166 - 167). Trova nu-merosi confronti a Rutigliano (Tarditi 1996, nr. 203 - 208,pp. 94 - 95).

XX.3. Oinochoe miniaturisticaNr. inv. 484; h 9,5 cm; Ø base max 4,9 cm. Bronzo.

Patina verde chiaro. Mutilo della base e di parte del corpo.Superfici ossidate e corrose. Vetrina VII.

Orlo trilobato; basso collo cilindrico; spallaespansa; ventre ovoidale tozzo. Non è da esclu-dere che in origine fosse dotata di un’ansa. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è indicato comeuna piccola oinochoe di bronzo e senza manico.

XX.4. Calderone miniaturisticoNr. inv. 470; h 13,6 cm; Ø (o) 11,5, (f) 9,5 cm.

Bronzo fuso. Patina verde chiaro. Mutilo, manca unapresa. Superficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

Orlo appena svasato con labbro appiattito;corpo a profilo appena concavo bipartito da treserie di linee a rilievo; fondo concavo con trepiedi a sezione circolare e un globetto centralea rilievo. Ansa sormontante, semicircolare e fo-rata, ricavata dalla stessa lamina del corpo, pro-babilmente simmetrica all’altra mancante. Etàimperiale romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 64) è descritto comeun “calderottino con tre piedi ed occhielli pel manico chemanca”.

Trova confronto puntuale nel Museo Arch. di Padova(Zampieri 2000, nr. 293, pp. 167, 170) indicato come unpiccolo mortaio per l’assenza delle prese che in originecorredavano probabilmente il manufatto lacunoso proprionella zona che ospitava le prese.

XX.5. Vasetto miniaturisticoNr. inv. 661; h 3 cm; Ø (o) 5, Ø (f) 3 cm. Bronzo fuso.

Patina verde chiaro. Mutilo, manca un’ansa. Superficieossidata e corrosa. Vetrina VII.

Orlo orizzontale; pareti oblique inclinateverso l’interno; fondo piatto con un globetto a

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rilievo centrale. Ansa sormontante semicircolarefissata al corpo mediante piccoli chiodi. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è descritto comeun piccolo Kotylos contenente un dorso di statuetta fram-mentata e un delfino in bronzo; al momento della sche-datura non vi era nessun reperto all’interno del vaso.

XX.6. Piccola pateraNr. inv. 530; h 2,1 cm; Ø 9,5 cm. Bronzo fuso. Su-

perficie opaca, patina verde scuro. Integra. Superficie cor-rosa. Vetrina VII.

Orlo piatto; bassa vasca a profilo convesso.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è descritta come una“piccola patera speciosa per la patina di un nero ebano”.

XX.7. Base di vaso miniaturisticoNr. inv. 557; h 2,4 cm; Ø inf. 4,6 cm; Ø sup. 1,9 cm.

Bronzo fuso. Patina verde chiaro, piuttosto omogenea.Frammento. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Probabile piede a disco di vaso miniaturi-stico formato da una base concava e una parte asezione cilindrica che termina in un disco piùpiccolo da dove probabilmente si sviluppava ilcorpo del vaso. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicato comepiede di vaso.

XX.8. ManicoNr. inv. X103; lungh. 4,5 cm. Bronzo. Patina verde

scuro. Integro. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.Manico orizzontale con sezione romboidale,

estremità curvate a ricciolo. Presumibilmenteappartiene ad una forma aperta miniaturistica.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO XXI: ArmiXXI.1. Cuspide di lancia

Nr. inv. 652; lungh. 18,2 cm; Ø 2,2 cm. Bronzo fuso.Patina verde scuro, non omogenea. Integro. Superficiedeteriorata. Vetrina VII.

Lama foliata con costolatura longitudinale asezione semicircolare, rastremata verso lapunta. Cannone troncoconico con foro passanteal centro, un piccolo foro circolare su un lato del

cannone. Prima Età del Ferro. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicata insieme

ai nr. 656 e 657 come cuspides, ovvero punte di lancia.Trova confronto nella Vetrina XXVI dei reperti pro-

venienti da Cuma del Museo Civico “G. Barone” (Cri-scuolo 2007, nr. 68 - 69, pp. 295 - 296); nel MuseoSannitico di Cb (Di Niro 2007, nr. 27 - 29, 32, 38 - 41 pp.40 - 44); con una simile proveniente da Ortucchio (Cian-farani, Franchi dell’Orto, La Regina 1978, tav. 6, p. 161).

XXI.2. Cuspide di lanciaNr. inv. 656; lungh. 11 cm; largh. 2,5 cm. Bronzo

fuso. Patina verde scuro, non omogenea. Integra. Super-ficie corrosa. Vetrina VII.

Lama foliata con costolatura longitudinale asezione semicircolare, rastremata verso lapunta. Cannone troncoconico con foro passanteal centro, un piccolo foro circolare su un lato delcannone. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicata insiemeai nr. 652 e 657 come cuspides, ovvero punte di lancia.

XXI.3. Cuspide di lanciaNr. inv. 657; lungh. 20,7 cm; Ø 2 cm. Bronzo fuso.

Superficie lucente, priva di patina. Decorazione incisa.Integra, contorni lacunosi. Vetrina VII.

Lama foliata con costolatura longitudinale asezione semicircolare, rastremata verso lapunta. Cannone troncoconico con foro passanteal centro, due piccoli fori circolari in prossimitàdell’inizio della lama, un piccolo foro circolaresu un lato del cannone. Decorazione incisa sullalama con motivo a spina di pesce. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicata insiemeai nr. 652 e 656 come cuspides, ovvero punte di lancia.

XXI.4. Cuspide di lancia miniaturisticaNr. inv. 160; lungh. 3,4 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro, non omogenea. Integra, contorni irregolari.Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.

Lama foliata con costolatura longitudinale asezione semicircolare, rastremata verso lapunta. Cannone troncoconico con foro passanteal centro. Margini della lama ritoccati e non re-golari. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

I BRONZI 93

XXI.5. Punta di frecciaNr. inv. s.n. 1; lungh. 2,7 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro. Integra. Superficie deteriorata. VetrinaXXVII.

Punta di freccia piramidale a tre tagli termi-nante a punta sottile; cannone troncoconico conforo passante al centro. Età arcaica. Inedito.

Non possiede il nr. inv. Le cuspidi piramidali a tretagli, in varia articolazione tipologica, sono largamentediffuse in Grecia e in Asia e presenti in Italia meridionalee in Etruria, a partire dall’età arcaica e soprattutto dall’etàclassica (Sannibale 1998, p. 61). Trova confronto tra learmi della Collezione Gorga (Sannibale 1998, nr. 44 - 46,pp. 60 - 61).

XXI.6. Punta di frecciaNr. inv. s.n. 3; lungh. 2,8 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro. Mutila del cannone. Superficie deteriorata.Vetrina XXVII.

Punta di freccia piramidale a tre tagli termi-nante a punta sottile; cannone frammentariotroncoconico con foro passante al centro. Età ar-caica. Inedito.

Non possiede il nr. inv. Per la diffusione e confrontivedi XXI.5.

XXI.7. Punta di frecciaNr. inv. s.n. 2; lungh. 2,2 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro. Mutila del cannone. Superficie deteriorata.Vetrina XXVII.

Punta di freccia piramidale a tre tagli termi-nante a punta sottile e prolungata oltre l’im-bocco dell’immanicatura. Età arcaica. Inedito.

Non possiede il nr. inv. Per la diffusione e confrontivedi XXI.5.

XXI.8. Punta di frecciaNr. inv. s.n. 4; lungh. 1,8 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro. Mutila del cannone. Superficie deteriorata.Vetrina XXVII.

Punta di freccia piramidale a tre tagli termi-nante a punta sottile e prolungata oltre l’im-bocco dell’immanicatura. Età arcaica. Inedito.Non possiede il nr. inv. Simile alla precedente. Per la dif-fusione e confronti vedi XXI.5.

XXI.9. Punta di frecciaNr. inv. s.n. 5; lungh. 2,2 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro. Mutila del cannone. Superficie deteriorata.Vetrina XXVII.

Punta di freccia piramidale a tre tagli termi-nante a punta sottile e prolungata oltre l’im-bocco dell’immanicatura. Età arcaica. Inedito.

Non possiede il nr. inv. Simile alla precedente. Per ladiffusione e confronti vedi XXI.5.

XXI.10. Puntale di foderoNr. inv. 664; h 7,8 cm; Ø 2,4 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro, omogenea. Integro. Superficie corrosa. Ve-trina VII.

Puntale in un unico pezzo, di forma cilin-drica; puntalino globulare all’estremità. Pre-senta un’imboccatura trasversale, costolataanteriormente e desinente con un una laminamartellata circolare con foro. Età medievale.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicato comeun manico di coltello. Trova confronto con oggetti similinella Collezione Gorga (Sannibale 1998, nr. 74 - 84, pp.82 - 86).

XXI.11. Puntale di lancia (?)Nr. inv. 654; h 11,6 cm. Bronzo fuso. Patina verde

scuro, omogenea. Mutilo, nella parte anteriore. Superficiedeteriorata. Vetrina VII.

Puntale in un unico pezzo, di forma conica,massiccio con innesto presumibilmente a can-none. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è descritto comeuno spiculum usato all’estremità inferiore della lancia peraffligerla nel terreno o utilizzarlo per estrema difesa nelcaso in cui la punta, la cuspis, si spezzava.

TIPO XXII: Strumenti con doppio utilizzoXXII.1. Ascia a cannone

Nr. inv. 653; lungh. 13,5 cm; largh. 4 cm. Bronzofuso. Patina verde chiaro. Integra. Superficie deteriorata.Vetrina VII.

Cannone con breve cordone liscio all’im-boccatura, a sezione rettangolare, distinto dallalama da un gradino semicircolare; due spor-genze ai lati della spalla forse mutile; lama tra-pezoidale con margini concavi. Bronzofinale/prima età del Ferro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicata comeuno scalprum, ovvero uno scalpello in bronzo. Trova con-

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i confronti vedi XXII.3.

XXII.5. Scure a occhio e lama massicciaNr. inv. 659; lungh. 15,5 cm; largh. 5,5 cm. Bronzo

fuso. Superficie lucente. Patina verde scuro. Integra. Ve-trina VII.

Tallone ingrossato distinto con tre ampie co-stolature, occhio largo ovale; immanicatura el-littica non distinta dalla lama trapezoidale, conmargini concavi. Testa ornata da tre nervature arilievo. Tipo “Cuma”. Bronzo finale/prima etàdel Ferro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicata insiemeai nr. 655 e 658 come secures, ovvero accette o scuri.Trova confronto a Cuma (Napoli Antica 1985, nr. 9.1 tav.XII, p. 64).

XXII.6. Scalpello a taglio piattoNr. inv. 660; lungh. 9,4 cm. Bronzo fuso. Superficie

lucente, patina verde scuro. Integro. Superficie deterio-rata. Vetrina VII.

Forma rettangolare con margini laterali aprofilo concavo; manichetto rettangolare. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicato comeuno scalprum in bronzo.

TIPO XXIII: Strumenti per la filaturaXXIII.1. Fuso

Nr. inv. 170; lungh. 29 cm. Bronzo. Patina verdescuro, non omogenea. Integro. Superficie ossidata e cor-rosa. Vetrina XXVII.

Asta cilindrica, leggermente ingrossata vi-cino un’estremità, con tre rondelle piatte e cir-colari, le due minori verso le estremità, lamaggiore più centrale. L’oggetto è costituito daun corpo lungo e affusolato e a sezione circo-lare; alle due estremità vi sono due dischi cir-colari e di spessore sottile, al centro un altrodisco più grande rispetto agli altri due. BronzoFinale - Età del Ferro. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Trova confronto con uno similema con decorazione incisa a Cuma (Napoli Antica 1985,nr. 9.12 tav. XIV, pp. 67 - 68).

XXIII.2. Ago con custodia da cucito

fronto a Cuma (Napoli Antica 1985, nr. 9.3 - 9.4 tav. XII,pp. 64 - 65); nel Molise (Di Niro 1980, nr. 3, tav.1, p. 45)e con uno simile conservato nel Museo Sannitico di Cb(Di Niro 2007, nr. 395, pp. 193 - 194) indicato con pro-venienza da Baranello.

XXII.2. Ascia a margini rialzatiNr. inv. 654; lungh. 19,3 cm; largh. 6,5 cm. Bronzo

fuso. Patina verde chiaro. Integra. Superficie deteriorata.Vetrina VII.

Tallone non distinto. Forma allungata a mar-gini rialzati, poco pronunciati; lama espansa nellaparte terminale con taglio convesso e lati concavi.

Tipo Paestum (Carancini 1995, p. 33 ss.)Bronzo finale/Prima età del Ferro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è descritta comeuno spiculum, ovvero un puntale di bronzo usato unita-mente alla lancia per infliggerla nel terreno o per difesapersonale. Trova confronto in Molise (Samnium 1991,tav. III, pp. 22 - 23) e nel Museo Sannitico di Cb (Di Niro2007, nr. 391, p. 193).

XXII.3. Scure a occhio ovaleNr. inv. 655; lungh. 10,7 cm; largh. 5,6 cm. Bronzo

fuso. Patina verde chiaro. Integra. Superficie corrosa. Ve-trina VII.

Tallone appiattito rettangolare, occhio largoovale; immanicatura non distinta dalla lamalarga, con margini lievemente concavi. Bronzofinale/Prima età del Ferro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicata insiemeai nr. 658 e 659 come secures, ovvero accette o scuri.

Trova confronto in Molise (Di Niro 1980, nr. 2, tav.1, p. 47); nel Museo Sannitico di CB (Di Niro 2007, nr.393, p. 193) indicato con provenienza da Baranello; aCuma (Napoli Antica 1985, nr. 9.5 tav. XII, pp. 64 - 65);con una simile conservata al Museo Pigorini (Cianfarani,Franchi dell’Orto, La Regina 1978, tav. 6, p. 161).

XXII.4. Scure a occhio e lama massicciaNr. inv. 658; lungh. 16,2 cm; largh. 7 cm. Bronzo

fuso. Superficie lucente. Patina verde scuro. Integra. Ve-trina VII.

Tallone appiattito rettangolare, occhio largoovale; immanicatura non distinta dalla lamalarga, trapezoidale, con margini lievemente con-cavi. Bronzo finale/Prima età del Ferro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicata insiemeai nr. 655 e 659 come secures, ovvero accette o scuri. Per

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Nr. inv. 166; lungh. ago 9 cm; Ø 0,3 cm; lungh. cu-stodia 8 cm. Bronzo. Patina verde scuro, non omogenea.Integro. Superficie ossidata e corrosa. Vetrina XXVII.

L’ago è corredato di una custodia rigida pro-babilmente frammentaria alle estremità. L’agopresenta uno stelo a sezione circolare e rettili-neo, rastremato e appuntito verso la fine; l’estre-mità opposta è costituita dal foro ovale perl’immissione del filo. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XXIII.3. Ago da cucitoNr. inv. s.nr.1; lungh. 14,2; sp. 0,2 cm. Bronzo. Pa-

tina verde scuro, non omogenea. Integro. Superficie os-sidata e corrosa. Vetrina XXVII.

L’ago presenta uno stelo a sezione circolaree rettilineo, rastremato e appuntito verso la fine;piccola cruna pervia. Inedito.

Non presenta il nr. inv. Trova confronto in Molise conuno simile a San Polo Matese (De Benedittis 2005, nr.135 p. 53) e Monte Vairano (De Benedittis 1980, nr. 101,p. 30).

XXIII.4. Ago da cucitoNr. inv. s.nr.2; lungh. 14,5; sp. 0,2 cm. Bronzo. Patina

verde scuro, non omogenea. Integro. Superficie ossidatae corrosa. Vetrina XXVII.

L’ago presenta uno stelo a sezione circolare,rastremato e appuntito verso la fine con una leg-gera curvatura dello stelo; cruna pervia. Inedito.

Non presenta il nr. inv. Per i confronti vedi XXIII.3.

XXIII.5. Peso da telaio (?)Nr. inv. 156; Ø 2,4 cm. Bronzo. Patina verde scuro,

non omogenea. Integro. Superficie deteriorata. VetrinaXXVII.

L’elemento è a forma di globulo schiacciato.Non reca incisioni sui poli in relazione al suopeso specifico. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Trova confronto con pesi similinella forma e datati al I - II sec. d.C. (Zampieri 2000, nr.387 - 388, p. 197).

TIPO XXIV: Strumenti chirurgiciXXIV.1. Ligula

Nr. inv. 639/8; lungh. 8,5 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro. Integro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.Stelo a sezione cilindrica spuntato ad un

capo; estremità terminante in spatoletta ovale epiatta. La parte dell’impugnatura è delimitata daquattro modanature a spirale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicato comespecilla o tenta chirurgica e inserito in un comparto conaltri otto oggetti. Trova confronti nel Museo di Treviso(Galliazzo 1979, nr. 7 - 10, pp. 161 - 162).

XXIV.2. LigulaNr. inv. 639/7; lungh. 9,6 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro. Mutila. Superficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.Stelo a sezione cilindrica, curvato presso le

estremità e terminante in punte. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicato come

specilla o tenta chirurgica e inserito in un comparto conaltri otto oggetti. Probabilmente un capo terminava ad“oliva” e quindi rientrare nella tipologia degli specilla(Galliazzo 1979, nr. 10, p. 161); oppure terminare con uncapo simile alla ligula precedente, vedi confronti.

XXIV.3. PinzettaNr. inv. 514bis; lungh. 10 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro. Integra. Leggermente ossidata. Vetrina VII.Lamina a sezione rettangolare, ripiegata a

U; apice conformato “a molla”; branche incur-vate all’estremità; estremità appiattite. Inedito.Epoca romana. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Per l’uso in ambito chirurgico,cosmetico e domestico cfr. Galliazzo 1979, nr. 3 - 4, pp.159, 161 - 162. Trova confronto a Taranto (Museo Ta-ranto 1988, nr. 17.8 a, g, tav. XLI e nr. 17.9f, tav. XLII);con un esemplare proveniente da San Polo Matese (Cb)(De Benedittis 2005, nr. 117, pp. 49 - 50) differisce perl’estremità ad angolo; con simili dalla necropoli di Pon-tecagnano (d’Agostino, Gastaldi 1988, p. 75, tipo 48A)relativi alla Prima Età del Ferro; con un esempio conser-vato nel Museo Arch. di Padova (Zampieri 2000, nr. 257a,p. 147).

XXIV.4. PinzettaNr. inv. 153; lungh. 19 cm. Bronzo. Patina verde

scuro. Integra. Corrosioni varie. Vetrina XXVII.Lamina a sezione rettangolare, ripiegata a V;

apice a forma circolare; branche rettilinee sva-sate, estremità appiattite. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-

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siva a quella di Barone. Per l’uso in ambito chirurgico,cosmetico e domestico cfr. Galliazzo 1979, nr. 3 - 4, pp.159, 161 - 162. Trova confronto puntuale con una simileconservato nel Museo Arch. di Padova (Zampieri 2000,nr. 257b, p. 147).

TIPO XXV: CollaneXXV.1. Collare

Nr. inv. 172; Ø 14,2 cm. Verga di bronzo fuso e ri-battuto. Patina verde chiaro, non omogenea. Decorazioneincisa. Integro. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.

Verga a sezione rettangolare con capi lan-ceolati ripiegati. La faccia a vista è decorata contriangoli incisi, riempiti con cerchielli. Presso icapi, fitte incisioni parallele. VI - V sec. a.C.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Trova confronto con un collaresimile proveniente da una tomba di Alfedena (Parise Ba-doni, Ruggeri Giove 1980, fig. 48 nr. 55.1, pp. 26 - 27).

XXV.2. CollanaNr. inv. 173; lungh. 46. Bronzo. Patina verde scuro.

Integra nel filo, mutila nei ganci. Vetrina XXVII.Filo di bronzo sottile torto a spirale. Man-

cano i ganci per la chiusura. Inedito.Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-

siva a quella di Barone. Trova confronto per il motivo afilo torto a spirale con una goliera in cattivo stato di con-servazione rinvenuta a San Polo Matese (Cb) (De Bene-dittis 2005, nr. 47, p. 31) e datata alla Prima età del Ferro.

XXV.3. CollanaNr. inv. 532; lungh. 125 cm. Bronzo. Superficie

opaca, patina verde chiaro. Mutila, presumibilmente diuno dei ganci. Vetrina VIII.

Collana ad anellini incastrati a due a due.Probabilmente era indossata a tre giri. All’estre-mità vi è un anello più grande circolare che ser-viva probabilmente per l’aggancio. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicata comepiccola catena di bronzo destinata ad usi differenti. Trovaconfronto in una tomba di Alfedena (Parise Badoni, Rug-geri Giove 1980, t. 55, nr.1, tav. 20).

XXV.4. CollanaNr. inv. 748; lungh. 26, 8 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro. Integra. Superficie deteriorata. Vetrina VIII.Collana composta da cinquantotto elementi

sferici digradanti verso le estremità. Provvistadi ganci circolari per la chiusura. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 90) è indicata comeuna collana a pallottoline digradanti e non è specificatoil materiale.

XXV.5. Collana con pendentiNr. inv. 753; lungh. 29 cm. Bronzo fuso. Patina verde

scuro, non omogenea. Decorazione incisa. Integra. Su-perficie deteriorata. Vetrina VIII.

Collana costituita da nove elementi cilin-drici sagomati, da tre elementi cilindrici rastre-mati alle estremità, lisci e da tre pendenti asezione ellittica con terminazione a globetto sfe-rico. Età arcaica. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 91) non è indicatacome una collana ma come pezzi appartenenti a collanain bronzo. Trova confronto per gli elementi cilindrici co-stituenti con una collana proveniente da Palestrina e con-servata al Museo di Boston (Comstock, Vermeule 1971,nr. 302, pp. 220 - 221).

XXV.6. Collana con pendentiNr. inv. 534; lungh. 43,5 cm. Bronzo. Superficie

opaca, patina verde scuro. Integra. Vetrina VII.Collana ad anellini incastrati con otto ele-

menti cilindrici alternati a sette pendenti a bullabivalve a profilo biconvesso con appicagnolo ri-cavato nella stessa lamina delle valve, di variedimensioni. Età arcaica. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicata comeuna collana con sospese sette cassuole chiamate bullae.Trova confronto con il pendente a bulla di una collanaproveniente da Palestrina (Comstock, Vermuele 1971, nr.303, p. 221).

XXV.7. Collana con pendentiNr. inv. 531; lungh. 40 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde scuro. Decorazione incisa. Mancante di duependenti. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Collana ad anellini incastrati con undici pen-denti dalle diverse forme: il primo da sinistra èun pendente a forma sferica; il secondo è aforma antropomorfa; il terzo è a forma di cuc-chiaio o paletta; il quarto è a forma cilindricasagomato con la parte superiore a figura antro-pomorfa; il quinto è a forma di vaso; il pendentecentrale, il sesto, è a figura antropomorfa con

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toga e incisioni del panneggio; il settimo è atesta umana; l’ottavo è a forma di pala con ter-minazione zoomorfa; il nono e il decimo nonhanno forma particolare; l’ultimo, l’undicesimo,è a testa umana. Alle estremità due anelli chefungevano da gancio. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicata comeuna collana con tredici oggettini che fanno da ciondoletti.Probabilmente i due ciondoletti che non figurano sonoandati perduti dopo la catalogazione compiuta da Barone,ed erano inseriti alle due estremità, poiché sono presentisolo gli anelli nei quali evidentemente erano inseriti.

XXV.8. Collana con pendentiNr. inv. 533; lungh. 38 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde scuro. Integro. Vetrina VII.Collana ad anellini incastrati con tredici

pendenti dalle diverse forme: alle estremità duependenti simili ai batacchi; seguono sei pen-denti di forma ovoide alternati a quattro pen-denti di forma troncoconica. Al centro figura ilpendente che rappresenta Mercurio con pateranella mano sinistra e caduceo (?) terminante infigura zoomorfa, nella mano destra. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicata comeun monile formata da gocciole pendenti e statuina di Mer-curio centrale. Trova confronto per i pendenti di formaovoide e troncoconici con simili appartenenti alla collanaproveniente da Palestrina e conservata al Museo di Bo-ston (Comstock, Vermeule 1971, nr. 302, pp. 220 - 221).

TIPO XXVI: PendagliXXVI.1. Pendaglio ad occhiali

Nr. inv. 301; Ø 11,2 cm. Bronzo fuso. Patina verdechiaro. Mutilo: manca ca. della superficie originaria. Ve-trina XXVII.

Filo a sezione circolare, avvolto a spirale innumero di dieci. L’estremità del filo termina alinguetta. Bronzo finale/ Prima Età del Ferro.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Trova confronto con un pendagliosimile (Di Niro 1980, p. 45).

XXVI.2. PendaglioNr. inv. 309; h max 11 cm. Bronzo fuso. Patina verde

chiaro. Mutilo. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.Targhetta rettangolare con la parte superiore

traforata in due triangoli vuoti e uno pieno.Sono sormontati da elementi indefiniti, proba-bilmente frammentari, poiché non si rileva unaforma ad anello circolare necessario per essereappeso. La targhetta, decorata con cerchielli,reca cinque piccoli fori, da cui pendono cinquefigure umane stilizzate, tre di queste risultanostaccate dalla targhetta e due sono mutile dellegambe. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Trova confronto con un pendagliointegro proveniente da Suessola e conservato al Museodi Boston (Comstock, Vermeule 1971, nr. 347, p. 237) econ un unico pendaglio a figura antropomorfa prove-niente da San Polo Matese (Cb) (De Benedittis 2005, nr.41, p. 30) e datato alla Prima Età del Ferro.

XXVI.3. PendaglioNr. inv. 300; h 7,8 cm. Bronzo fuso. Patina verde

scuro. Integro. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.Targhetta di forma triangolare: l’estremità

superiore termina ad anello e quella inferiore,con quattro fori circolari necessari per l’immis-sione dei rispettivi appicagnoli. Gli stessi sonoinseriti nei quattro fori tramite anelli a sezionecircolare e hanno forma quadrangolare con sol-chi circolari ai lati. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

Tale pendaglio è denominato anche pettorale o tin-tinnabulum per la probabile funzione di riprodurre suonigarantito dagli appicagnoli. Trova confronto per la mor-fologia con due esemplari della Collezione Gorga (Bene-dettini 2012, nr. 682 - 683, pp. 256 - 257).

XXVI.4. PendaglioNr. inv. s.nr. 1; h 6,5 cm. Bronzo fuso. Patina

verde scuro, non omogenea. Integro. Superficie dete-riorata. Vetrina XXVII.

Pendaglio costituito da un volatile nellaparte superiore e due elementi di forma tronco-conica che partono dalle zampe dell’animale.Inedito.

Non presenta il nr. inv.

XXVI.5. PendaglioNr. inv. 302; h 11,5 cm; largh. max 6,6 cm. Bronzo.

Patina verde scuro. Mutilo, probabilmente dei ganci. Su-

AMELIA PISTILLO98

perficie deteriorata. Vetrina XXVII.Pendaglio in lamina di bronzo costituito da

una parte superiore a forma di luna terminantecon due fori circolari e dall’altro lato con unaprotesi nella quale è inserito un anello. Dal-l’anello si dipartono due pendagli di forma tra-pezoidale con due chiodi a vista. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XXVI.6. Pendaglio/vagoNr. inv. 158; h 2,6 cm; Ø 2 cm. Bronzo fuso. Patina

verde chiaro. Integro. Superficie deteriorata. VetrinaXXVII.

Il vago ha forma ovoidale e termina con unglobetto forato per l’inserimento e preceduto daprofilatura. Probabilmente faceva parte di unacollana. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XXVI.7. Pendaglio/vagoNr. inv. 159; h 2,6 cm; Ø 2 cm. Bronzo fuso. Patina

verde chiaro. Integro. Superficie deteriorata. VetrinaXXVII.

Il vago ha forma ovoidale e termina con unglobetto forato desinente a punta e preceduto daprofilatura. Probabilmente faceva parte di unacollana. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO XXVII: Pendagli a batocchioXXVII.1. Pendaglio a batocchio senza nodomediano

Nr. inv. 606; h 11,7 cm; largh. 6 cm. Bronzo fuso. Su-perficie lucida, priva di patina. Decorazione incisa. Inte-gro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Pendaglio globulare, manicato. Il manicopresenta decorazione incisa a spirale e terminacon elementi di sospensione ad occhiello. Unabugna nella terminazione inferiore. Varietà conbatocchio globulare. VII - VI secolo a.C. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicato comepondera di bronzo, ovvero peso sferoidale. La diffusioneè attestata in ambito piceno, medio-adriatico e in Italiameridionale oltre che in Tessaglia, Macedonia. In gene-

rale sono riconducibili al Piceno III e Seidel posticipa ipendagli a batocchio con nodo mediano al Piceno IV a eIV b (per la bibl. relativa alle aree di diffusione e alle di-stinzioni tipologiche formulate cfr. Colucci Pescatori1971, p. 536; Percossi Serenelli 1989, p. 90; Naso 2003,p.183; Seidel 2006, p. 138) Trova confronti in Molise nelMuseo Sannitico di Campobasso (Di Niro 2007, nr. 71 -72, p. 58); a Termoli (Cb) (Venustas 2007, nr. 160, pp.160 - 161), a Carlantino (De Benedittis 2006, nr. 24, p.57; nr. 8, p. 89) e in un pendaglio di probabile collana edi dimensioni inferiori rinvenuto a San Polo Matese (Cb)(De Benedittis 2005, nr. 76, p. 38) e datato alla Prima Etàdel Ferro; nella Collezione Gorga (Benedettini 2012, nr.824 - 832, p. 299)

XXVII.2. Pendaglio a batocchio senza nodomediano

Nr. inv. 607; h 6 cm; largh. 3 cm. Bronzo fuso. Patinaverde scuro, non omogenea. Integro. Superficie ossidatae corrosa. Vetrina VII.

Pendaglio globulare, manicato. Il manicopresenta un elemento di sospensione ad oc-chiello. Una bugna nella terminazione inferiore.Varietà con batocchio globulare. VII - VI secoloa.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicato comepondera di bronzo, ovvero peso sferoidale. Per la diffu-sione e i confronti vedi XXVII.1.

XXVII.3. Pendaglio a batocchio senza nodomediano

Nr. inv. 608; h 8 cm; largh. 2,2 cm. Bronzo fuso. Pa-tina verde scuro, omogenea. Mutilo, forse nella parte ter-minale del manico. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Pendaglio globulare, manicato. Il manicopresenta una terminazione presumibilmente adocchiello, purtroppo mutilo. Varietà con batoc-chio globulare. VII - VI secolo a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicato comepondera di bronzo, ovvero peso sferoidale. Per la diffu-sione e i confronti vedi XXVII.1.

XXVII.4. Pendaglio a batocchio con nodo me-diano

Nr. inv. 609; h 7 cm; largh. 2,4 cm. Bronzo fuso. Pa-tina verde scuro, omogenea. Integro. Superficie deterio-rata. Vetrina VII.

Pendaglio sferoidale, manicato. Il manicopresenta elemento di sospensione ad occhiello

I BRONZI 99

e nodo mediano di forma globulare schiacciatalungo la barra verticale. Varietà con elementodi sospensione ad occhiello. VI - V secolo a.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicato comepondera di bronzo, ovvero peso sferoidale.Per la diffu-sione e i confronti vedi XXVII.1.

XXVII.5. Pendaglio a batocchio con nodo me-diano (?)

Nr. inv. 610; h 9,8 cm; largh. 2,1 cm. Bronzo fuso.Superficie lucida, priva di patina. Mutilo, probabilmentedell’elemento di sospensione. Superficie deteriorata. Ve-trina VII.

Pendaglio sferoidale, con lungo manico asezione circolare. La barra verticale presenta ilnodo mediano di forma globulare schiacciata.VI - V secolo a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicato comepondera di bronzo, ovvero peso sferoidale. Per la diffu-sione e i confronti vedi XXVII.1.

TIPO XXVIII: Anelli digitaliXXVIII.1. Anello digitale con castone inciso

Nr. inv. 236; Ø 3 cm; sp. 0,7 cm; lungh. castone 2cm. Bronzo fuso. Patina verde scuro. Castone inciso. In-tegro. Vetrina XXVII.

Verga a sezione semicircolare che si allargain forma di castone ellittico. Castone figuratopiatto: è incisa una figura femminile stante, convolto rivolto alla sua sinistra e reca nella destraun ramo presumibilmente d’olivo. Veste drap-peggiata, non si riconoscono i tratti del viso.Epoca augustea - II sec. d.C.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Altri esempi di anelli digitali concastone provengono dal territorio trevigiano (Galliazzo1979, nr. 2 - 3, p. 169).

XXVIII.2. Anello digitale con castone incisoNr. inv. 237; Ø2 cm; sp. 0,3 cm; lungh. castone 1,7

cm. Bronzo fuso. Patina verde scuro. Castone inciso. In-tegro. Vetrina XXVII.

Verga a sezione circolare che si allarga informa di castone ovale. Castone figurato piatto:è incisa una figura animale, probabilmente unlupo, curvo in avanti. Figura stilizzata, assenti

particolari. Epoca augustea - II sec. d.C. Inedito.Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-

siva a quella di Barone.

XXVIII.3. Anello digitale con castone incisoNr. inv. 238; Ø 2,3 cm; sp. 0,5 cm; lungh. castone 3

cm. Bronzo fuso. Patina verde scuro. Castone inciso. In-tegro. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.

Verga a sezione piano-convessa piatta che siallarga in forma di castone ellittico. Castone fi-gurato piatto: è incisa una figura indecifrabile.Epoca augustea - II sec. d.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XXVIII.4. Anello digitale con castone incisoNr. inv. 239; Ø 2,4 cm; sp. 1 cm; lungh. castone 3

cm. Bronzo fuso. Patina verde scuro. Castone inciso. In-tegro. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.

Verga a sezione semicircolare che si allargain forma di castone ellittico. Castone figuratopiatto: è incisa una figura non decifrabile. Epocaaugustea - II sec. d.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XXVIII.5. Anello digitale con castone incisoNr. inv. 241; Ø 3,1 cm; sp. 0,3 cm; lungh. castone 3,1

cm. Bronzo fuso. Patina verde scuro. Castone inciso. In-tegro. Superfice deteriorata. Vetrina XXVII.

Verga a sezione semicircolare che si allargain forma di castone ellittico. Castone figuratopiatto: è incisa una figura animale, si ricono-scono le zampe anteriori. Epoca augustea - IIsec. d.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XXVIII.6. Anello digitale con castone incisoNr. inv. 637/8; Ø 2,1 cm; sp. 0,2 cm. Bronzo fuso.

Patina verde scuro. Castone inciso. Integro. Superficiedeteriorata. Vetrina VII.

Verga a sezione piano-convessa che si al-larga in forma di castone rettangolare. Castonefigurato piatto: è incisa una figura non decifra-bile. Epoca augustea - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è descritto comeanello con impronte per sugello quo signantem signet.

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XXVIII.7. Anello digitale con castone incisoNr. inv. 637/12; Ø 2,4 cm; sp. 0,2 cm. Bronzo fuso.

Patina verde scuro. Castone inciso. Integro. Superficiedeteriorata. Vetrina VII.

Verga a sezione piano-convessa che si al-larga in forma di castone ellittico. Castone figu-rato piatto: è incisa una figura non decifrabile.Epoca augustea - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è descritto comeanello con impronte per sugello quo signantem signet.

XXVIII.8. Anello digitale con castone incisoNr. inv. 637/4; Ø 2,5 cm; sp. 0,5 cm. Bronzo fuso.

Patina verde scuro. Castone inciso. Integro. Vetrina VII.Verga a sezione piano-convessa che si al-

larga in forma di castone rettangolare. Castonepiatto con motivi incisi a onde parallele. Epocaaugustea - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è descritto comeanello con impronte per sugello quo signantem signet.

XXVIII.9. Anello digitale con castone incisoNr. inv. 637/9; Ø 2,4 cm; sp. 0,2 cm. Bronzo fuso.

Patina verde scuro. Integro. Superficie molto deteriorata.Vetrina VII.

Verga a sezione piano-convessa che si al-larga in forma di castone ovale. Castone piattoleggermente concavo; probabilmente ospitavauna decorazione incisa ma per via del forte de-terioramento non è visibile. Epoca augustea - IIsec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è segnalato comeun semplice anello in bronzo.

XXVIII.10. Anello con castone incisoNr. inv. 637/2; lungh. 1,7 cm; sp. 0,6 cm. Bronzo

fuso. Patina verde scuro. Castone inciso. Frammento,manca parte della verga. Superficie molto deteriorata.Vetrina VII.

Verga a sezione piano-convessa che si al-larga in forma di castone ellittico. Castone con-vesso con semplice decorazione a spirale.Epoca augustea - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è segnalato comeun semplice anello in bronzo.

XXVIII.11. Anello digitale con alloggio per ca-

stoneNr. inv. 637/10; Ø 2 cm; sp. 0,3 cm. Bronzo fuso. Su-

perficie opaca, patina verde scuro. Frammentario del ca-stone. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Verga a sezione semicircolare che si allargain prossimità dell’alloggio per castone. Alloggiovacante presumibilmente di un castone ellittico.Epoca augustea - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è segnalato comeun semplice anello in bronzo.

XXVIII.12. Anello a capi sovrappostiNr. inv. 637/5; Ø 2 cm; sp. 0,3 cm. Bronzo fuso. Pa-

tina verde scuro. Integro. Superficie deteriorata. VetrinaVII.

Verga a sezione pseudo-convessa; capi so-vrapposti; estremità semplici. VI sec. a.C. (?)Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è segnalato comeun semplice anello in bronzo. Trova confronto a Carlan-tino (De Benedittis 2006, nr. 11, p. 85 e nr. 6 p. 87) e aTermoli nella necropoli Porticone (Di Niro 1981, T11).

XXVIII.13. Anello digitaleNr. inv. 637/3; Ø 2,6 cm; sp. 0,4 cm. Bronzo fuso.

Patina verde scuro. Integro. Superficie deteriorata. VetrinaVII.

Verga a sezione circolare, chiusa; due glo-betti sulla superficie. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è segnalato comeun semplice anello in bronzo.

XXVIII.14. Anello digitaleNr. inv. 637/7; Ø 2,2 cm; sp. 0,3 cm. Bronzo fuso.

Patina verde scuro. Integro. Superficie deteriorata. VetrinaVII.

Verga a sezione semicircolare, chiusa. PrimaEtà del Ferro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è segnalato comeun semplice anello in bronzo. Trova confronto in Molisecon anelli presenti al Museo Sannitico di Cb (Di Niro2007, nr. 119 - 120, p. 73) e a San Polo (De Benedittis2005, T23 e T24, p. 88); inoltre trova confronti a Carlan-tino (De Benedittis 2006, nr. 6, p. 56 e nr. 26, p. 57) datatial VI sec. a.C.

XXVIII.15. Anello digitaleNr. inv. X128; Ø 4 cm; sp. 0,4 cm. Bronzo fuso. Pa-

tina verde scuro. Integro. Superficie deteriorata. VetrinaVII.

I BRONZI 101

Verga a sezione circolare, chiusa. Prima Etàdel Ferro. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Per i confronti vedi XXVIII.14.

XXVIII.16. Anello digitaleNr. inv. X127; Ø 3 cm; sp. 0,7 cm. Bronzo fuso. Pa-

tina verde scuro. Integro. Vetrina VII.Verga massiccia a sezione ellittico-romboi-

dale, chiusa. Prima Età del Ferro. Inedito.Il nr. di inv. corrisponde ad una catalogazione suc-

cessiva a quella di Barone. Trova confronto con anelli si-mile a Carlantino datati al VI sec. a.C. (De Benedittis2006, nr. 6, p. 32 e nr. 7 - 8, p. 56) e nella necropoli Por-ticone, a Termoli (Cb) (Di Niro 1981, T11, T16). Po-trebbe essere inteso anche come un anello da sospensionee per questo trovare confronti nel Museo Sannitico di Cb(Di Niro 2007, nr. 96 - 97, pp. 67 - 68).

TIPO XXIX: Bracciali e armillaeXXIX.1. Bracciale a capi accostati

Nr. inv. 561; Ø est 7,7 cm; sp. 0,5 cm. Bronzo. Su-perficie opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa.Integro. Vetrina VII.

Verga a sezione circolare, capi accostati;estremità ornate con sette dentellature. Presentadecorazione longitudinale incisa su tutta la su-perficie. VII - VI sec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è definito clidon,un braccialetto per il polso. La tipologia del bracciale concapi ornati da dentellature e decorazione incisa sulla su-perficie sono datati al VII -VI sec. a.C. e ritenuti rari (Ci-farelli 1997, pp. 82 - 84). Gli esemplari ascrivibili aquesta tipologia, seppur variabili per decorazione e di-mensione, sono conservati al Museo Pigorini (Cifarelli1997, figg. 12,15, pp. 82 - 84); altri tre esempi proven-gono da una tomba di Scurcola Marsicana (D’Ercole1991, pp. 253 - 270); inoltre trova puntuale confronto aCarlantino (De Benedittis 2006, nr. 3, p. 88).

XXIX.2. BraccialeNr. inv. 573; Ø est 8 cm; sp. 0,5 cm. Bronzo. Super-

ficie opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa. In-tegro. Vetrina VII.

Verga a sezione circolare, chiusa; tratto de-corato con otto dentellature. Presenta decora-zione longitudinale incisa su tutta la superficie.VII - VI sec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è definito armilla

a spirale (probabilmente durante la catalogazione sonostati confusi i reperti). Simile al precedente. Per il pro-blema cronologico e i confronti vedi XXIX.1.

XXIX.3. Bracciale di bronzoNr. inv. 599; Ø est 7,4 cm; sp 0,7 cm. Bronzo. Super-

ficie opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa. In-tegro. Vetrina VII.

Verga a sezione circolare, chiusa; tratto de-corato con otto dentellature. Presenta decora-zione longitudinale incisa su tutta la superficie.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) il numero non cor-risponde ad un bracciale ma ad una crepida (probabil-mente durante la catalogazione sono stati confusi ireperti). Simile ai precedenti. Per il problema cronologicoe i confronti vedi XXIX.1.

XXIX.4. Bracciale di bronzoNr. inv. 565; Ø est 9 cm; sp. 0,5. Bronzo. Superficie

opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa. Integro.Vetrina VII.

Verga a sezione circolare, chiusa; tratto de-corato con sei dentellature. Presenta decora-zione longitudinale incisa su tutta la superficie.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è definito amphi-dea o pericarpion, descritti rispettivamente come braccia-letti per il braccio o per il piede. Simile ai precedenti. Peril problema cronologico e i confronti vedi XXIX.1.

XXIX.5. ArmillaNr. inv. 559; h 1,7 cm; Ø est 6,2 cm; sp. 0,8 cm.

Bronzo. Superficie opaca, patina verde scuro. Integra. In-crostazioni varie. Vetrina VII.

Verga tubolare a sezione circolare; capiaperti sovrapposti. VII - VI sec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è descritta comeuno spinther, ovvero un braccialetto utilizzato dalle donneal braccio sinistro. Trova confronto a Termoli (Cb) (Ve-nustas 2007, nr. 179, p. 170) e nella Collezione Gorga(Benedettini 2012, nr. 1169 - 1188, pp. 389 - 390).

XXIX.6. ArmillaNr. inv. 575; h 1,5 cm; Ø est 4,2 cm; sp. 0,3 cm.

Bronzo. Superficie lucida priva di patina. Integra. VetrinaVII.

Verga a sezione circolare; capi aperti sovrap-posti quasi a formare un secondo giro di spirale;

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estremità appuntite. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è descritta come

un bracciale di piccole dimensioni a tre o quattro cerchidi spira. Simile a XXIX.5.

XXIX.7. Armilla a spiraliNr. inv. X117; h 5,4 cm; Ø est 8,4 cm; sp. 0,4 cm.

Bronzo. Superficie opaca, patina verde chiaro. Integra,sfaldata in alcune parti. Vetrina VII.

Verga a sezione rettangolare avvolta a quat-tro giri di spirali. Le estremità presentano dueglobetti profilati preceduti da un tratto decoratoa fitte linee parallele incise denominati a “pi-gnetta”. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone; probabilmente è accomunato alladescrizione del nr. inv. 566 (Barone 1899, nr. 566 - 571 -573 - 576, p. 69) poichè tre armillae non sono state rin-venute nella Vetrina VII.

L’armilla rientra in una classe ampiamente diffusa, apartire dalla Prima Età del Ferro in poi, in Italia centromeridionale, dal Piceno alla Campania, dalla Puglia allaCalabria ed è quindi difficile individuarne la precisa col-locazione cronologica. Per la diffusione del tipo vedi (Co-lucci Pescatori 1971, p. 534 ss.). Trova confronti conesemplari della collezione Gorga ad una spirale (Bene-dettini 2012, nr. 1200 - 1209, p. 395).

XXIX.8. Armilla a spiraliNr. inv. 566; h 3,4 cm; Ø est 8 cm; sp. 0,4 cm.

Bronzo. Superficie opaca, patina verde chiaro. Decora-zione incisa. Integra, sfaldata in alcune parti. Vetrina VII.

Verga a sezione circolare avvolta a due giridi spirali che diventa rettangolare verso le estre-mità. Le estremità presentano due globetti pro-filati preceduti da un tratto decorato a fitte lineeparallele incise denominati a “pignetta”. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è descritta comeun’armilla a spira o serpentiforme. Per il problema cro-nologico e per i confronti vedi XXIX.7.

XXIX.9. Armilla a spiraliNr. inv. X118; h 2,8 cm; Ø 8,3 cm; sp. 0,3 cm.

Bronzo. Superficie opaca, patina verde chiaro. Decora-zione incisa. Integra, sfaldata in alcune parti. Vetrina VII.

Verga a sezione circolare avvolta a due giridi spirali che diventa rettangolare verso le estre-mità. Le estremità presentano due globetti pro-

filati preceduti da un tratto decorato a fitte lineeparallele incise denominati a “pignetta”. Ine-dito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone; probabilmente è accomunato alladescrizione del nr. inv. 566 (Barone 1899, nr. 566 - 571 -573 - 576, p. 69) poichè tre armillae non sono state rin-venute nella Vetrina VII. Per il problema cronologico eper i confronti vedi XXIX.7.

XXIX.10. Armilla a spiraliNr. inv. X119; h 4 cm; Ø est 5,4 cm; sp. 0,2 cm.

Bronzo. Superficie opaca, patina verde scuro. Integra. Ve-trina VII.

Verga a sezione rettangolare avvolta a quat-tro giri di spirali; estremità a punta. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone; probabilmente è accomunato alladescrizione del nr. inv. 566 (Barone 1899, nr. 566 - 571 -573 - 576, p. 69) poichè tre armillae non sono state rin-venute nella Vetrina VII. Per il problema cronologico vediXXIX.7.

XXIX.11. Armilla a spiraliNr. inv. X120; h 1,7 cm; Ø 5,2 cm. . Bronzo. Super-

ficie opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa. In-tegra, sfaldata in alcune parti. Vetrina VII.

Verga a sezione circolare avvolta a quattrogiri di spirali; presenta una sola estremità termi-nante a punta preceduta da decorazione incisa aspirale e digradante verso la fine. L’altra estre-mità non è riavvolta ma ricurva su se stessa.Non vi è spazio tra le spirali. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone; probabilmente è accomunato alladescrizione del nr. inv. 566 (Barone 1899, nr. 566 - 571 -573 - 576, p. 69) poichè tre armillae non sono state rin-venute nella Vetrina VII. L’armilla rientra in una classeampiamente diffusa, a partire dalla Prima Età del Ferroin poi, in Italia centro meridionale, dal Piceno alla Cam-pania, dalla Puglia alla Calabria ed è quindi difficile in-dividuarne la precisa collocazione cronologica. Per ladiffusione del tipo vedi (Colucci Pescatori 1971, p. 534ss.). Trova confronti con un esemplare della collezioneGorga (Benedettini 2012, nr. 1246, p. 402).

XXIX.12. Armilla a spiraliNr. inv. X121; h 2 cm; Ø 9,1 cm. Bronzo. Superficie

opaca, patina verde scuro. Decorazione incisa. Integra.

I BRONZI 103

Incrostazioni varie. Vetrina VII.Verga a sezione circolare avvolta a quattro

giri di spirali; presenta una sola estremità termi-nante a punta preceduta da decorazione incisa aspirale e digradante verso la fine. L’altra estre-mità non è riavvolta ma ricurva su se stessa.Non vi è spazio tra le spirali. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone; probabilmente è accomunato alladescrizione del nr. inv. 566 (Barone 1899, nr. 566 - 571 -573 - 576, p. 69) poichè tre armillae non sono state rin-venute nella Vetrina VII. Per il problema cronologico eper i confronti vedi XXIX.11.

XXIX.13. Armilla a spiraliNr. inv. X122; h 1,6 cm; Ø 5,3 cm. Bronzo. Superfi-

cie opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa. Incro-stazioni varie. Vetrina VII.

Verga a sezione circolare avvolta a quattrogiri di spirali; presenta una sola estremità termi-nante a punta preceduta da decorazione incisa aspirale e digradante verso la fine. L’altra estre-mità non è riavvolta ma ricurva su se stessa.Non vi è spazio tra le spirali. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone; probabilmente è accomunato alladescrizione del nr. inv. 566 (Barone 1899, nr. 566 - 571 -573 - 576, p. 69) poichè tre armillae non sono state rin-venute nella Vetrina VII. Per il problema cronologico eper i confronti vedi XXIX.11.

TIPO XXX: Anelli da sospensioneXXX.1. Anello da sospensione

Nr. inv. 526 bis; Ø est 4,4 cm; sp. max 1,2 cm.Bronzo fuso. Superficie lucida priva di patina. Integro.Vetrina VII.

Verga a sezione sub-ellittica, chiusa; pre-senta una decorazione esterna con tredici listellialternati a formare un anello “raggiato” o “astella”; la parte interna è piatta.

Gli anelli tipologicamente inquadrati come“a stella”, con differenti sezioni, sono presentisin dall’Età del Bronzo in contesti tombali fem-minili. Tipo 45 (Bietti Sestieri 1992, pp. 380 -384).

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è in coppia con ilnr. inv. 526 ed è specificata la funzione di anello per porta.Bibl. A. Di Niro 2007, p. 67, l’anello è soltanto citato. In

Molise trova confronti con anelli “a stella” ma con se-zione diversa, a S. Polo Matese (De Benedittis 2005, nr.1 - 2, p. 90).

XXX.2. Anello da sospensioneNr. inv. 563; Ø est 7,5 cm; sp. 1 cm. Bronzo fuso. Pa-

tina verde scuro, non omogenea. Decorazione incisa. In-tegro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Verga a sezione sub-ellittica con lato internopiatto, aperta; presenta una decorazione esternaa tacche continue. VII - VI sec. a.C.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è descritto come“ansa ostii” e specificata la funzione di anello per porta;al nr. inv. 563 appartiene un altro anello uguale, non rin-tracciato. Bibl. A. Di Niro 2007, p. 67, l’anello è soltantocitato insieme ai nr. inv. 526, 568, 573.

La cronologia suggerita per questi anelli è l’inizio delVII sec. a.C. (un bracciale simile proviene da una tombadel periodo IIIA di Sala Consilina, Colucci Pescatori1971, p. 536) anche se perdurano oltre il secolo succes-sivo (De la Genière 1968, pp. 123, 319); per quanto ri-guarda la diffusione sono attesti in Italia Meridionale,nello specifico in Campania, e in zone d’oltralpe (ColucciPescatori 1971, p. 534 ss.). Potrebbe essere inteso comeanche come un bracciale a capi accostati di bronzo e perquesto trovare confronto con simili a Carlantino (De Be-nedittis 2006, nr. 1 - 2, p. 88) e Monte Vairano (Cb) (DeBenedittis 1980, pp. 342 - 348). Altri esemplari fannoparte della Collezione Gorga (Benedettini 2012, nr. 1146- 1152, pp. 385 - 386).

XXX.3. Anello da sospensioneNr. inv. 526; Ø est 7 cm; sp. 1 cm. Bronzo fuso. Pa-

tina verde chiaro, non omogenea. Decorazione incisa. In-tegro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Verga a sezione a D con lato interno piatto,chiusa; presenta decorazione esterna con dodiciovoli alternati a listelli. VII - VI sec. a.C.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è in coppia con ilnr. inv. 526bis ed è specificata la funzione di anello perporta. Bibl. A. Di Niro 2007, p. 67, l’anello è soltanto ci-tato insieme ai nr. inv. 563, 568, 573. Per problemi di ca-rattere cronologico e diffusione vedi bibliografia XXX.1.Inoltre la decorazione a ovoli è trattata in altri testi (Peroni1973, passim; Gastaldi 1979, tipo c6, p. 25; d’Agostino1980, p. 22). Trova confronto con bracciali simili conser-vati al Museo Pigorini (Cifarelli 1997, figg. 12 - 13, pp.81 - 82). In Molise è attestato nel Museo Sannitico diCampobasso (Di Niro 2007, nr. 99-101, pp. 67 - 69);compare a Torella e a Campodipietra (Di Niro 1980, nr.3, 5, p. 46, tav. 2); a Sepino (Matteini Chiari 2004, nr. 2,

AMELIA PISTILLO104

p. 34); a San Polo Matese (De Benedittis 2005, nr. 1, p.89); ad Agnone (Samnium 1991, nr. c25 - c28). Altriesemplari fanno parte della Collezione Gorga (Benedet-tini 2012, nr. 1142 - 1145, pp. 383 - 384).

XXX.4. Anello da sospensioneNr. inv. 568; Ø est 6 cm; sp. 1 cm. Bronzo fuso. Su-

perficie lucida, patina verde scuro. Decorazione incisa.Integro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Verga a sezione ellittico-romboidale con latointerno piatto, chiusa; presenta decorazioneesterna con dodici ovoli alternati a listelli. VII -VI sec. a.C.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è specificata lafunzione di anello per porta. Simile al precedente. Perproblemi di carattere cronologico, diffusione e confrontivedi XXX.3. Bibl. A. Di Niro 2007, p. 67, 69, l’anello èsoltanto citato. Probabilmente sono stati confusi i nr. diinv. poiché i nr. esatti sono 568 - 569.

XXX.5. Anello da sospensioneNr. inv. 569; Ø est 5,5 cm; sp. 0,8 cm. Bronzo fuso.

Superficie lucida, patina verde scuro. Decorazione incisa.Integro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Verga a sezione ellittico-romboidale con latointerno piatto, chiusa; presenta decorazioneesterna con dieci ovoli alternati a listelli. VII -VI sec. a.C.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è specificata lafunzione di anello per porta. Simile ai precedenti. Per pro-blemi di carattere cronologico, diffusione e confronti vediXXX.3. Bibl. A. Di Niro 2007, p. 69, l’anello è soltantocitato. Probabilmente sono stati confusi i nr. di inv. poichéi nr. esatti sono 568 - 569.

XXX.6. Anello da sospensioneNr. inv. 570; Ø est 11,5 cm; sp. 0,5 cm. Bronzo fuso.

Privo di patina. Superficie deteriorata. Vetrina VII.Verga a sezione romboidale, chiusa. VII - VI

sec. a.C. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è descritto come

un grande anello per porta. Il tipo di anello risulta moltosemplice rispetto ai precedenti. Trova confronto conanelli simili ma di dimensioni minori nel Museo Sanni-tico di Cb (Di Niro 2007, nr. 91 - 93, pp. 66 - 68).

XXX.7. Anello da sospensioneNr. inv. 560; h 1,6 cm; Ø est 7 cm; sp. 1 cm. Bronzo

fuso. Patina verde chiaro, non omogenea. Decorazione

incisa. Integro. Superficie molto deteriorata. Vetrina VII.Verga a sezione rettangolare con angoli

smussati, aperta. La parte interna è liscia; laparte esterna presenta decorazione a tacche con-tinue. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è descritto comeun anello a doppia curvatura e aperto per porta.

XXX.8. Anello da sospensioneNr. inv. 562; h 1 cm; Ø est 7,2 cm; sp. 0,6 cm. Bronzo

fuso. Superficie opaca, patina verde scuro. Integro. Incro-stazioni varie. Vetrina VII.

Verga a sezione rettangolare, aperta. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è descritto come

un anello a doppia curvatura e aperto per porta.

XXX.9. Anello da sospensioneNr. inv. 558; Ø est 5,8 cm; sp. 0,5 cm. Gancio 1,5 x

0,8 cm. Bronzo fuso. Superficie opaca, patina verdescuro. Decorazione incisa. Integro nella parte ampia;forse mutilo nel gancio. Superficie deteriorata. VetrinaVII.

Verga a sezione piatta, chiusa. La superficieè profilata. Gancio a sezione rettangolare.Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è descritto comeun annulus per porta. Trova confronto con uno simile nelMuseo Arch. di Padova (Zampieri 2000, nr. 343b, p. 184).

XXX.10. Anello per vasoNr. inv. 525; lungh. 5,5 cm; sp. max 1 cm. Bronzo

fuso. Superficie opaca, patina verde chiaro. Decorazioneincisa. Integro. Superficie molto deteriorata. Vetrina VII.

Verga a sezione circolare, chiusa. La deco-razione a incisa a scanalature parallele, interessatutto l’anello. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è descritto comeun anello per vaso.

TIPO XXXI: Spille e aghi crinaliXXXI.1. Spillone a pastorale

Nr. inv. 221,121; lungh. 27 cm. Bronzo. Patina verdescuro, non omogenea. Integro. Superficie ossidata e cor-rosa. Vetrina XXVII.

L’elemento presenta uno stelo a sezione cir-colare rastremato ma non appuntito ad un’estre-mità; la testa è conformata a pastorale e hasezione quadrata, desinente in una forma vege-

I BRONZI 105

tale. Tipo S.Vitale/variante B (Carancini 1975,pp. 136 - 137). IX - VIII sec. a.C. Inedito.

I nr. inv. corrispondono ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Trova confronto con un esem-plare simile conservato al Museo Sannitico di Cb (DiNiro 2007, nr. 51, p. 49) e diffuso soprattutto in Italia Set-tentrionale a Bologna (Carancini 1975, nr. 668 - 669, p.137).

XXXI.2. Spillone con perforazione ad asolaNr. inv. s.n. 2; lungh. 15,5 cm; Ø testa 1,1 cm; Ø 0,3

cm. Bronzo. Patina verde scuro. Integro. Superficie dete-riorata. Vetrina XXVII.

Stelo a sezione circolare, lievemente rastre-mato e appuntito. L’estremità conserva una testasferica terminante in piccolo globetto. Perfora-zione ad asola posta appena dopo la capocchia.

Tipo Cataragna (Carancini 1975, p. 179 ss.).Bronzo finale. Inedito.

Non presenta il nr. inv. Il tipo conosce una diffusioneprincipale tra la zona del Garda, in generale nel territoriolombardo, e la regione emiliana fino a Forlì. Trova con-fronto nella Collezione Gorga (Benedettini 2012, nr. 90 -91, p. 45).

XXXI.3. Ago crinaleNr. inv. s.n. 1; lungh. 14,4 cm; Ø testa 1 cm; Ø 0,4

cm. Bronzo. Patina verde scuro. Integro. Superficie dete-riorata. Vetrina XXVII.

Stelo a sezione circolare, lievemente rastre-mato e non appuntito. L’estremità conserva unatesta a forma di globetto preceduto da tre profi-lature. Inedito.

Non presenta il nr. inv.

XXXI.4. Ago crinaleNr. inv. 639/10; lungh. 10,2 cm. Bronzo. Patina verde

scuro. Mutilo. Superficie deteriorata. Vetrina VII.Stelo a sezione circolare, lievemente rastre-

mato e mutilo nella parte terminale. L’estremitàconserva una testa sferica terminante in piccologlobetto ovale, preceduto da una profilatura eterminante in dischetto circolare appiattito. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è identificato comeuno spillone e inserito in un comparto con altri sette og-getti.

XXXI.5. Ago crinaleNr. inv. s.n. 3; lungh. 12,2 cm. Bronzo. Patina verde

scuro. Decorazione incisa. Integro. Superficie deteriorata.Vetrina VII.

Lo stelo è conformato in due modi: nellaparte centrale è conformato a spirale e terminaa sezione circolare e a punta; nella parte supe-riore è a sezione piatta e termina in testa di uc-cello con foro centrale, probabilmente adindicare l’occhio dell’animale. A metà altezzadello stelo è posizionato un vago d’ambra a se-zione ovale con scanalature parallele. Sullostelo piatto vi è una decorazione incisa a fittitrattini. Inedito.

Non presenta il nr. inv.

XXXI.6. Spilletta (?)Nr. inv. s.nr. 4; lungh. 1,7 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro. Integra. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.L’oggetto presumibilmente appartiene ad

una spilletta. Il corpo è semicircolare con deco-razione incisa non decifrabile. Al corpo è colle-gato un piccolo gancio mobile. L’oggetto potrebbeessere interpretato anche come un orecchino. Ine-dito.

Non presenta il nr. inv.

TIPO XXXII: Fibule e fibbie Tav. 4XXXII.1. Fibula ad arco semplice ritorto

Nr. inv. 598, X109; lungh. 6,9 cm. Bronzo. Patinaverde chiaro. Decorazione incisa. Superficie corrosa e os-sidata. Vetrina VII.

Arco semicircolare ritorto a cordicella;molla a tre avvolgimenti; ago dritto; breve staffasimmetrica. Bronzo Finale - Prima Età delFerro. Inedito.

Il nr. inv. 598 relativo alla catalogazione Barone(1899, p. 70) è sbagliato poiché corrisponde ad un piccolomortale con pistillo in bronzo. Il nr. inv. X109 corri-sponde ad una catalogazione successiva a quella di Ba-rone Le fibule ad arco semplice ritorto sono diffuse intutta l’Italia ma anche in Grecia e nei Balcani. Trova con-fronti puntuali a Cuma (Napoli antica 1985, nr. 9.20, tav.XIV, p. 67) e in Sardegna (Lo Schiavo 2000, nr. 3, p. 83).

XXXII.2. Fibula ad arco ingrossatoNr. inv. 616; h 9,5 cm; lungh. 15 cm. Bronzo. Patina

AMELIA PISTILLO106

verde scuro. Decorazione incisa. Mutila, mancano ago emolla. Vetrina VII.

Arco semplice ingrossato nella parte cen-trale dove si rileva un leggero gomito; staffa ri-piegata asimmetrica. Sull’arco decorazionecostituita da gruppi di motivi lineari intervallatida motivi trasversali incisi. Prima Età del Ferro.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è descritta comeuna grande fibula mancante dell’ardiglione. L’esemplarerientra in un vasto gruppo tipologico caratterizzato da set-tori dell’arco variamente campiti (spina di pesce, lineeanulari, graticcio) diffuso in Etruria e nel Lazio in contestifunerari dalla fine della I all’inizio della II fase dellaprima Età del Ferro (Pacciarelli 2000, fig. 33A.20, p. 60)con distribuzione anche in Italia Settentrionale. Per la de-corazione simile trova confronto in Campania (Johan-nowsky 1973, p. 89 - 91, tav. II - III) e nella CollezioneGorga (Benedettini 2012, nr. 195 - 207, pp. 60 - 63)

XXXII.3. Fibula ad arco con globetto centraleNr. inv. 582; h 1,6 cm; lungh. 5,6 cm. Bronzo. Patina

verde chiaro. Integra. Superficie corrosa. Vetrina VII.Arco semplice e contratto che presenta al

centro un globetto o nocciolo a sezione circolareche presenta una costolatura trasversale; mollaa tre avvolgimenti; lunga staffa a canale, ago di-ritto. Fine VIII - inizi VII sec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è indicata comeuna fibula insieme ad altre cinque di differente forma. Laclasse di fibule con arco a globetto, alquanto rare in Italia,è attestata sia in ambito adriatico che tirrenico escludendointerazioni tra queste aree geografiche. Tali fibule si in-seriscono in contesti sepolcrali femminili (Benedettini2012, pp. 71 - 72). Trova confronto nella CollezioneGorga (Benedettini 2012, nr. 225, pp. 71 - 72).

XXXII.4. Fibula ad occhialiNr. inv. 580; h max 2,5 cm; lungh. 9,1 cm. Bronzo.

Superficie opaca, patina verde scuro. Integra. Superficieossidata e corrosa. Vetrina VII.

Arco costituito da due spirali a verga circo-lare, collegati al centro con un segmento di filoobliquo; in corrispondenza dei chiodi di fissag-gio due piccole sporgenze coniche; sul retro fa-scia larga inchiodata terminante con staffaripiegata, simmetrica; lungo ago. VIII sec. a.C.Inedito.

Il nr. inv. è sbagliato, probabilmente per errore di tra-scrizione. Nel catalogo Barone (1899, p. 69) i nr. inv. 584e 589 sono indicate come fibule a disco con ardiglioneretrostante; il nr. inv. esatto è 589.

Trova confronto con altre fibule simili rinvenute aNapoli e confluite in raccolte private (Comstock, Ver-muele 1971, nr. 268, p. 206; nr. 335, p. 233); con una fi-bula proveniente da Porto S. Elpidio, Ancona (Guzzo1970, tav. XI) e con altri esemplari della CollezioneGorga (Benedettini 2012, nr. 215 - 220, p. 69).

XXXII.5. Fibula ad occhialiNr. inv. 584; h max 2,8 cm lungh. 9,7 cm. Bronzo.

Superficie opaca, patina verde scuro. Integra. Superficieossidata e corrosa. Vetrina VII.

Arco costituito da due spirali a verga circo-lare, collegati al centro con un segmento di filoobliquo; in corrispondenza dei chiodi di fissag-gio due piccole sporgenze coniche; sul retro fa-scia larga inchiodata terminante con staffaripiegata, simmetrica; lungo ago. VIII sec. a.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è indicata, insiemeal nr. inv. 589, come fibula a disco con ardiglione retro-stante. Simile alla precedente. Per i confronti vediXXXII.4.

XXXII.6. Fibula a sanguisugaNr. inv. 602; lungh. 6 cm. Bronzo. Superficie

opaca con patina verde chiaro. Decorazione in-cisa. Integra. Superficie ossidata. Vetrina VII.

Arco a profilo semicircolare, ingrossato epieno; molla a tre avvolgimenti; ago dritto;staffa simmetrica. Decorazione a fitti trattini in-cisi con motivo a spina di pesce.

Variante ad arco espanso, staffa allungata edecorazione dorsale e ventrale Prima Età delferro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) il nr. di inv. è cor-rispondente a delle piastrine circolari di metallo. Per latipologia vedi Guzzo (1970, nr. 45, 47, pp. 37 ss., tav. IV).La foggia di questo esemplare rimanda ad un esemplaredi diretta evoluzione dalle fibule ad arco ingrossato o asanguisuga con decorazione dorsale e ventrale. Tali fibulesono diffuse in ambito etrusco, in particolare nel Lazio enella Campania e frequenti dall’VIII agli inizi del VII sec.a.C. (Benedettini 2012 , pp. 84 - 86). Trova confronto confibule simili nella morfologia e nella decorazione prove-nienti da Prenestina (Comstock, Vermuele 1971, nr. 319,

I BRONZI 107

p. 228; nr. 341, p. 235). Inoltre trova confronto per lamorfologia con una fibula proveniente da Porto S. Elpidio(An) (Guzzo 1970, tav. XII) e dalla Collezione Gorga(Benedettini 2012, nr. 266, p. 84).

XXXII.7. Fibula a navicellaNr. inv. 585; lungh. 10 cm. Bronzo. Superficie opaca

con patina verde chiaro in pochi punti. Decorazione in-cisa. Mutila, resta l’arco e parte della staffa. Superficieossidata con incrostazioni di ferro. Vetrina VII.

Arco a profilo semicircolare, cavo; cortastaffa asimmetrica. Decorazione a incisione epunzonature sull’intero arco: fasce longitudinalidivise da una doppia linea e riempite ciascunada una fila di cerchielli concentrici punzonati,le fasce estreme presentano decorazione a fittitrattini. Prima Età del ferro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è indicata comeuna fibula insieme ad altre cinque di differente forma. Perla tipologia vedi Guzzo (1970, nr. 45, 47, 49, p. 37 ss.,tav. IV). Per il medesimo motivo decorativo trova con-fronto con una fibula proveniente da Prenestina (Com-stock, Vermuele 1971, nr. 340, p. 234) e con altre fibuleintegre conservate nel Museo Gregoriano Etrusco (Man-dolesi 2005, nr. 241 - 249, pp. 338 - 343). Per la tipologiae la decorazione trova confronto con diversi esemplariappartenenti alla Collezione Gorga (Benedettini 2012, nr.290 - 301, pp. 98 - 102).

XXXII.8. Fibula a navicellaNr. inv. 596; lungh. 12 cm; largh. max 2,2 cm.

Bronzo. Superficie opaca, patina verde scuro. Decora-zione incisa. Mutila, manca l’ago. Superficie deteriorata.Vetrina VII.

Arco a profilo semicircolare vuoto, lungastaffa con ingrossamento terminale. Decora-zione costituita da linee incise in senso longitu-dinale campite da linee trasversali. VII - VI sec.a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è indicata comeuna fibula insieme ad altre cinque di differente forma egrandezza. È ricondotta da Guzzo nell’ambito della tipo-logia di fibule etrusche “a sanguisuga” con ornati incisi elunga staffa terminante a bottone (Guzzo1970, nr. 46, pp.37 - 38, tavv. IV, XII) anche se la l’arco vuoto denuncial’appartenenza alla tipologia “a navicella”. Trova con-fronto con una simile proveniente da Prenestina (Com-stock, Vermuele 1971, nr. 344, p. 236) e con due fibulaad arco pieno della Collezione Gorga (Benedettini 2012,nr. 267 - 268, pp. 84 - 86).

XXXII.9. Fibula a navicellaNr. inv. 595; lungh. 9 cm; largh. max 4 cm.Bronzo.

Superficie opaca, patina verde chiaro. Mutila, manca lastaffa. Superficie ossidata. Vetrina VII.

Arco a navicella aperta a losanga, dallaforma romboidale, con apofisi laterali a bottonenella zona di massima espansione dell’arco;molla a tre giri di spirale; lungo ago. Ultimoquarto VIII - prima metà VII sec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è indicata comeuna fibula insieme ad altre cinque di differente forma egrandezza. Per la tipologia vedi Guzzo (1970, nr. 49, p.37 ss., tav. IV). È comunque inserita nella tipologia di fi-bule a navicella, nonostante l’arco di forma romboidalee i bottoni laterali. Trova confronto puntuale con fibuleappartenenti alla stessa tipologia e conservate nel Museodi Napoli (Johannowsky 1973, nr. 42 - 43, p. 166, tav. LII,30); nel Museo Gregoriano Etrusco (Mandolesi 2005, nr.241 - 249, pp. 338 - 343).

XXXII.10. Fibula a navicellaNr. inv. X113; lungh. 5,1 cm; largh. max 2,4 cm.

Bronzo. Superficie lucida, patina verde chiaro. Mutila,resta solo l’arco. Vetrina VII.

Arco a navicella vuoto con due piccole apo-fisi laterali nella zona di massima espansionedell’arco. Attacco della staffa. L’arco sembra es-sere conformato “a delfino”. Ultimo quarto VIII- prima metà VII sec. a.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XXXII.11. Fibula a navicellaNr. inv. X112; lungh. 2,9 cm;largh. max 1,8 cm.

Bronzo. Patina verde chiaro. Mutila, manca parte dellastaffa. Superficie corrosa. Vetrina VII.

Arco a navicella vuoto con due ingrossa-menti laterali nella zona di massima espansionedell’arco; crestina sulla sommità dell’arco.Molla a tre avvolgimenti; ago curvo; staffaasimmetrica.

Ultimo quarto VIII - prima metà VII sec. a.C. Inedito.Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione successiva aquella di Barone. Trova confronto per le ridotte dimen-sioni con fibule in oro da Veio (Guzzo 1970, tav. XIV) econ altre da Loreto Aprutino definite ad arco ingrossatoe utilizzate per coprire il velo della defunta, poiché rin-venute ai lati dell’occipite (Cianfarani, Franchi Dell’Orto,La Regina 1978, nr. 94, pp. 304 - 305).

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XXXII.12. Fibula tipo Certosa “a drago”Nr. inv. 563, X115; lungh. 5,3 cm. Bronzo. Superficie

opaca con patina verde chiaro in un punto. Mutila, restal’arco. Vetrina VIII.

Arco serpeggiante con gomito a occhielli efermapieghe a disco. VII - VI sec. a.C. Inedito.

Il nr. inv. 563 relativo alla catalogazione Barone(1899, p. 69) è sbagliato poiché corrisponde a due anelliper porta. Il nr. inv. X115 corrisponde ad una cataloga-zione successiva a quella di Barone. Si tratta di un tipodiffuso soprattutto in Italia settentrionale. Il tipo di fibulaè caratteristico del costume maschile nel VII e nel VI sec.a.C. (Guzzo1970, p. 45). Trova confronto puntuale nelMuseo di Padova (Zampieri 2000, nr. 212 - 213, p. 133).

XXXII.13. Fibula a ghiandeNr. inv. 583; lungh. primo frm 9,6 cm e largh. 4,2.

Lungh. secondo frm 5,3 cm e largh. 4,1. Bronzo. Patinaverde scuro. Frammentaria, nr.2 frammenti pertinentiall’arco. Superfici ossidate e corrose. Vetrina VII.

Arco costituito da lamina larga; ai due latidell’arco sono disposti complessivamente ottoelementi in bronzo fuso, a forma di ghianda. At-tacco della staffa. Tipo E11 Gastaldi. VII - VIsec. a.C. (Gastaldi 1979, p. 38). Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 595) è indicata comeuna grande fibula “a lagrime”.

Fibule di questa foggia sono attestate in Italia meri-dionale, in particolare in Campania e nelle aree internedell’Abruzzo e del Molise. Gli esemplari più antichi sonopresenti in contesti più tardi della seconda fase dell’orien-talizzante antico nelle necropoli della Val di Sarno (Ga-staldi 1979, Tipo E11, p. 38). In ambito molisanoesemplari simili sono stati rinvenuti a San Polo Matese(Macchiarola 1991, nr. c43, p. 81; (De Benedittis 2005,nr.1 - 2, pp. 90 - 91); un esempio è conservato al MuseoSannitico di Campobasso (Di Niro 2007, nr. 61, p. 54) enel testo l’autrice cita anche gli esempi del Museo di Ba-ranello. Trova confronti con una simile proveniente daNapoli e ora in una raccolta privata (Comstock, Vermuele1971, nr. 318, p. 227) e nella Collezione Gorga (Benedet-tini 2012, nr. 395 - 396, pp. 128 - 129).

XXXII.14. Fibula a ghiandeNr. inv. LXXXIS, X100; lungh. 3,6 cm; largh. 4,7.

Bronzo. Superficie opaca, senza patina. Frammentaria,resta parte dell’arco. Superfici molto ossidate e corrose.Vetrina VII.

Arco costituito da lamina larga; ai due latidell’arco sono disposti complessivamente ele-

menti in bronzo fuso, a forma di ghianda. At-tacco della staffa. Tipo E11 Gastaldi. VII - VIsec. a.C. (Gastaldi 1979, p. 38). Inedito.

Simile alla precedente. Per la diffusione e i confrontivedi XXXII.13.

XXXII.15. Fibula“Grottazzolina”Nr. inv. 591; h 3,7 cm; lungh. 10,9 cm; largh. 3,6.

Bronzo. Patina verde chiaro. Decorazione incisa. Mutila,mancano parte dell’arco, l’ago e la molla. Superfici ossi-date e corrose. Vetrina VII.

Arco allargato recante due bottoni ai lati,lunga staffa desinente con peduccio sagomato.Arco decorato con serie parallele di tratti incisiin senso circolare e longitudinale. VI - V seca.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è indicata comeuna fibula insieme ad altre cinque di differente forma egrandezza. La forma rientra nel tipo detto di “Grottazzo-lina” nella classificazione del Guzzo; fibule simili, macon tre bottoni, sono molto diffuse in tutta la fascia adria-tica e nella zona di Arezzo (Guzzo 1970, pp. 44 - 45, tav.IV).

XXXII.16. Fibula “Grottazzolina”Nr. inv. 581; lungh. 5,6 cm; largh. max 2,2 cm.

Bronzo. Patina verde chiaro. Integra. Superficie moltocorrosa e ossidata. Vetrina VII.

Arco allargato recante due bottoni ai lati,molla a due avvolgimenti, ago diritto, lungastaffa desinente con peduccio sagomato. VI - Vsec. a. C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è indicata comeuna fibula insieme ad altre cinque di differente forma egrandezza. Per la tipologia e diffusione vedi XXXII.17.

XXXII.17. Fibula ad arco serpeggiante (?)Nr. inv. 616; lungh. 7 cm; largh. 3,6 cm. Bronzo. Su-

perficie opaca, senza patina. Decorazione incisa. Mutila.Vetrina VII.

Evidente solo l’occhiello aperto al di sopradella staffa con filo a sezione circolare, decora-zione incisa sulla superficie. Le estremità ter-minano in protomi animali (?). Inedito.

Il nr. inv. è sbagliato poiché corrisponde ad unagrande fibula mancante solo dell’ardiglione. Il frammentopuò essere considerato un occhiello relativo ad una co-mune fibula ad arco serpeggiante, datata tra il X e il IX

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sec. a.C. (Guzzo 1970, nr. 43, tav. IV). Inoltre per fibulaintegra vedi (Lo Schiavo 2000, nr. 10 - 11, p. 83).

XXXII.18. FibbiaNr. inv. 638/3; lungh. 4 cm; largh. 4,5 cm. Bronzo.

Patina verde scuro. Decorazione incisa. Integro. Superfi-cie deteriorata. Vetrina VII.

Elemento semicircolare a sezione sub-ellit-tica, con decorazione incisa a puntini alternati alinee parallele in rilievo. Parte inferiore a se-zione circolare, collegata al semicerchio tramiteelementi circolari pieni. Età imperiale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, pp. 71-72) è indicatacome una lunetta e inserita nel comparto con altri tre og-getti.

XXXII.19. FibbiaNr. inv. 552; lungh. 5,6 cm. Bronzo. Superficie

opaca, patina chiara. Integra. Superficie deteriorata. Ve-trina VII.

Placca cernierata, a forma di cuore, trafo-rata, con foglia trilobata nel foro e terminantecon una piccola appendice; anello ovale, cernie-rato; ardiglione a becco con presa più spessa.Sul retro tre maglie per il fissaggio della cintura.Tipo Bolgota - Bologna. VII sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicata comeuna fibula rettangolare per serrare cigne o corregge.

La tipologia della presente fibbia è stata oggetto diclassificazione da parte di Werner il quale riscontra unasorta di omogeneità per cui ipotizza la produzione inpochi atelier, di cui uno sito probabilmente a Roma. (We-gner 1955, p. 39 ss). Trova confronto nel Museo di Ta-ranto (Museo Taranto 1988, nr. 11.8, tav. XVIII); nelMuseo Naz. Romano Crypta Balbi (Roma 2001, nr.II.4.588 - 591, pp. 374 - 375); nella Collezione Gorga(Benedettini 2012, nr. 653 - 656, pp. 246 - 247).

XXXII.20. FibbiaNr. inv. 553; lungh. 5,8 cm. Bronzo. Superficie

opaca, patina chiara. Mutila. Superficie deteriorata. Ve-trina VII.

Placca cernierata, a forma di cuore, trafo-rata, con foglia mutila nel foro probabilmentetrilobata e terminante con una piccola appen-dice; anello ovale, cernierato; ardiglione a beccocon presa più spessa. Sul retro tre maglie per ilfissaggio della cintura. Tipo Bolgota - Bologna.

VII sec. d.C. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicata come

una fibula rettangolare per serrare cigne o corregge.Per i confronti vedi XXXII.19.

XXXII.21. FibbiaNr. inv. 582, X123; lungh. 6,3 cm; largh. 3,8 cm.

Bronzo. Superficie opaca, patina verde chiaro. Decora-zione incisa. Integra. Superficie deteriorata. .Vetrina VII.

Placca cernierata, a forma di cuore, trafo-rata, con croce terminante con una piccola ap-pendice; bordo decorato con una linea incisa abulino; anello ovale, cernierato; ardiglione abecco con presa più spessa. Sul retro tre maglieper il fissaggio della cintura. Tipo Bolgota - Bo-logna. VII sec. d.C. Inedito.

I nr. di inventario non corrispondono a tale tipologiadi fibula, probabilmente il nr. inv. esatto è 580, poiché nelcatalogo Barone (1899, p. 68) manca l’ultima fibula conforma e funzione uguale alle precedenti. Per i confrontivedi XXXII.19.

XXXII.22. Fibula ad anelloNr. inv. 638/4; largh. 3,5 cm. Bronzo. Patina verde

scuro. Decorazione incisa. Mutila dell’ago. Vetrina VII.Verga a sezione quadrangolare piatta; priva

di ago; presenta i due animali sommariamentestilizzati. L’iscrizione è sulla parte anteriore enon è decifrabile. Inedito. VII - VIII sec. d.C.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicata comeun anello e inserita in un comparto con altri tre oggetti.Le fibule ad anello sono di derivazione tardoantica e fre-quenti soprattutto dal VII sec. d.C. Sembrano essere pe-culiari del costume femminile e usate sia singolarmenteche in coppia a fermare il mantello. Sono noti esemplaricon due varianti: ad estremità arricciate o a protomi ani-mali (Von Hessen 1983, p. 17). La tipologia di fibule èattestata con frequenza maggiore nella Regio II e proba-bilmente era prodotta in officine “romanico-bizantine”localizzate in questa area o nell’Italia meridionale. Soli-tamente sulla superficie è inciso un nome che rimandaall’appartenenza longobarda o meno (Salvadori 1977, pp.354 - 356). Feugère le denomina fibule anulari o adomega (1985, fig. 85) e fa rientrare nella tipologia anchela variante a volute (vedi XXXII.25).

Trova confronto per la tipologia con numerose fibuledalla Puglia e Calabria (Salvadori 1977, nr. 1 - 3, pp. 340- 341); dalla Campania, in particolare da Benevento (Sal-vadori 1977, nr. 6 - 7, pp. 343 - 344); da Sepino (Cb)(Salvadori 1977, nr. 9, p. 345; Samnium 1991, nr. f84, p.

I BRONZI 111

364); da Ascoli Piceno (Salvadori 1977, nr. 4 - 5, pp. 342- 343); nel Museo Crypta Balbi (Roma 2001, nr. II.4.452- 466, pp. 360 - 361). Altri esempi sono conservati pressoil Museo di Vienna (Salvadori 1977, nr. 12 - 13, pp. 347- 348). Altri confronti, nella variante a volute, sono pre-senti nella Collezione Gorga (Benedettini 2012, nr. 609 -610, pp. 223 - 224).

XXXII.23. Fibbia (?)Nr. inv. 632/7; lungh. 6.1 cm; largh. 1,7 cm. Bronzo.

Patina verde chiaro. Mutilo e lacunoso nei contorni di unadelle estremità. Superficie corrosa. Vetrina VII.

Corpo formato in tre parti: la parte centrale,l’asta, a sezione circolare, gli attacchi hannoforma convessa e appiattita. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna paletta e inserita nel comparto con altri sette oggetti.Il tipo di oggetto può essere considerato come una fibbiabronzea dai bracci uguali, tipica dei contesti altomedie-vali con variante negli attacchi. Trova confronto nella ti-pologia ma con variante negli attacchi a S. Lorenzo inVaccoli (Von Hessen 1975, nr. 6, tav. 24).

XXXII.24. FibulaNr. inv. 592; lungh. 4 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro. Decorazione incisa. Integra. Superfici incrostatee corrose. Vetrina VII.

Forma romboidale con ingrossamenti circo-lari ai quattro vertici; all’interno campo suddi-viso in nove piccole losanghe. Sul retro staffaripiegata, molla a due avvolgimenti ed ago di-ritto. Probabilmente le losanghe accoglievanodei castoni di pasta vitrea o altro materiale. VIIsec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è descritta comeuna fibula etrusca di forma quadrata e decorata a scacchi.Tale tipologia di fibula è frequente in epoca altomedie-vale, poichè in età longobarda le fibule acquistaronofogge e decorazioni nuove e un particolare valore colori-stico per l'aggiunta di vetri policromi e di pietre più omeno preziose incastonate nel bronzo; caratteristiche lefibule “a disco” e a “S”. Trova numerosi confronti per latipologia, ma con varianti nella forma, a Cividale Mon-tale, Chiusi, Belluno, Castel Trosino, Nocera Umbra(Fuchs 1950, nr. B1 - C37, tavv. 32 - 44).

XXXII.25. Fibula anulare con iscrizione o condecorazione a crocette (?)

Nr. inv. s.nr. 1; Ø 3,5 cm; sp. 0,5 cm. Bronzo fuso.

Patina verde scuro. Decorazione incisa. Integro. VetrinaXXVII.

Verga a sezione circolare; capi sovrapposti;estremità conformate a ricciolo. La superficie èincisa con un’iscrizione (?) o una semplice de-corazione a crocette (?), purtroppo non è deci-frabile. Tale fibbia potrebbe rientrare nellatipologia di fibule ad anello (vedi XXXII.22) edesserne la variante a volute (Feugère 1985, fig.85). Inedito.

Non presenta il nr. inv. Trova confronti nella Colle-zione Gorga (Benedettini 2012, nr. 612 - 616, pp. 222 -223).

TIPO XXXIII: Ganci di cinturioneXXXIII.1. Gancio di cinturione

Nr. inv. 615; lungh. 8,1 cm. Bronzo fuso. Patinaverde scuro, superficie lucente. Decorazione incisa. Mu-tilo nella parte finale del corpo. Superficie ossidata. Ve-trina VII.

Gancio ricurvo decorato con incisioni oriz-zontali all’attacco. Corpo sagomato a palmettadoppia e volute incise, decorata con fitte inci-sioni. Tipo Suano 1. Seconda metà IV sec a.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è identificato comegancio di fibula insieme ai nr. inv. 611, 612, 613, 614. Perconfronti con la tipologia vedi Suano 1986, fig. 1, p. 5 eSamnium 1991, p. 136.

XXXIII.2. Gancio di cinturioneNr. inv. 162; lungh. 10,3 cm; largh. 2,7 cm. Bronzo

fuso. Patina verde chiaro Decorazione incisa. Integro. Su-perficie deteriorata. Vetrina XXVII.

Gancio ad uncino ricurvo. Testa triangolarecon margini rilevati. Il tratto di raccordo tratesta e corpo è di forma trapezoidale allungatae presenta sei nervature trasversali. Sul corposono presenti una serie di fori probabilmente perl’inserimento dei chiodi per il fissaggio. TipoSuano 1/B. IV - III sec. a.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. L’esemplare differisce nella testadal tipo 1B della tipologia Suano, con cui può essere benconfrontato il corpo. Per confronti con la tipologia vediSuano (986, fig. 1, p. 5 e Samnium 1991, p. 136. Trovaconfronto con i ganci conservati nel Museo Sannitico diCb (Di Niro 2007, nr. 4 - 5, pp. 25 - 26); a Bagnoli del

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Trigno (IS) (Samnium 1991, tav. 12d, p. 172); con gancirinvenuti nella necropoli della Troccola Pietrabbondante(IS) (Sannio 1980, p. 135); con quattro ganci rinvenuti inlocalità Santuario, Pietrabbondante (IS) (Sannio 1980,tav. 42, pp. 151 - 152).

XXXIII.3. Gancio di cinturioneNr. inv. 613; lungh. 9,7 cm. Bronzo fuso. Patina

verde chiaro. Decorazione incisa. Mutilo nella parte finaledel corpo. Superfici corrose. Vetrina VII.

Gancio ad uncino ricurvo. Testa triangolarecon margini rilevati sottolineati da profilatura. Iltratto di raccordo tra testa e corpo è di forma tra-pezoidale allungata e presenta quattro nervaturetrasversali. Corpo a sezione convessa tendenzial-mente triangolare: alla base due volute cui segueun ventaglio di nervature incise. Tipo Suano 4/B.Fine V - Prima metà IV sec a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è identificato comegancio di fibula insieme ai nr. inv. 611, 612, 613, 614,615. Per confronti con la tipologia vedi Suano 1986, fig.2, p. 5 e Samnium 1991, pp. 136, 168). Trova confrontoa Gildone (Di Niro 1985, p. 131), (Di Niro 1989, pp. 27- 36), (Macchiarola 1989, pp. 29 - 42).

XXXIII.4. Gancio cinturioneNr. inv. 612; lungh. 13,4 cm. Bronzo fuso. Patina

verde chiaro, non omogenea. Decorazione incisa. Integro.Superfici deteriorate. Vetrina VII.

Gancio ad uncino ricurvo, decorato conlinee incise. Corpo a cicala molto allungato, asezione semicircolare e tendenzialmente curvo:occhi a rilievo ed elitre striate; al centro delcorpo i chiodi per il fissaggio. Termina con testabreve a protome tetriomorfa. Tipo Suano 5/B.Seconda metà IV sec a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è identificato comegancio di fibula insieme ai nr. inv. 611, 613, 614, 615.

Per confronti con la tipologia vedi Suano 1986, fig.2, p. 5 e Samnium 1991, p. 136. Trova confronto nelMuseo Sannitico di Campobasso (Di Niro 2007, nr. 8, pp.26 - 27); a San Polo Matese (Cb) con un gancio frammen-tario (De Benedittis 2005, nr. 3, p. 80).

XXXIII.5. Gancio di cinturioneNr. inv. 561, X110; lungh. 5,4 cm; largh. max 2,6 cm.

Bronzo fuso. Patina verde scuro, non omogenea. Deco-razione incisa. Mutilo, nella parte finale. Superfici ossi-date e corrose. Vetrina VII.

Uncino ricurvo; testa configurata a protomeprobabilmente di lupo con orecchie accentuate.Corpo sagomato, tendenzialmente trapezoidalee terminante con porzione trasversale dove vi èil chiodo per il fissaggio. Probabilmente tipoSuano 5/D. Seconda metà IV sec a.C. Inedito.

Probabilmente il nr. inv. giusto è X110 e corrispon-dente ad una catalogazione successiva a quella di Baronepoiché nel catalogo (1899, p. 69) il nr. inv. 561 corri-sponde ad un bracciale per il polso. Per confronti con latipologia vedi Suano 1986, fig. 2, p. 5 e Samnium 1991,p. 136. Trova confronti per il tipo a testa di lupo con unacoppia di ganci rinvenuti ad Alfedena (Parise Badoni,Ruggieri Giove 1980, nr. 117.5, tav. 45).

XXXIII.6. Gancio di cinturioneNr. inv. 611; lungh. 12,3 cm; largh. 4 cm. Bronzo

fuso. Patina verde chiaro. Integro. Superfici molto cor-rose. Vetrina VII.

Uncino caratterizzato da una protome di ani-male ricurva da cui dipartono i corpi allungatidi due animali non definibili, terminanti con leteste. I chiodi del fissaggio sono posizionati incorrispondenza degli occhi degli animali I mo-tivi decorativi sono poco visibili a causa del cat-tivo stato di corrosione. Tipo Suano 7/B.Seconda metà IV sec a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è identificato comegancio di fibula insieme ai nr. inv. 612, 613, 614, 615. Perconfronti con la tipologia vedi Suano 1986, fig. 2, p. 5 eSamnium 1991, p. 136). Trova confronto con due ganciidentici conformati a testa di lupo con corpo a testa di toroappartenenti alla tipologia 7A/B a San Polo Matese (Cb)(Samnium 1991, p. 173).

XXXIII.7. Gancio di cinturione (?)Nr. inv. s.n. 1; lungh. 10. Bronzo fuso. Patina verde

chiaro. Mutilo, lacunoso nei contorti. Superfici molto cor-rose. Vetrina XXVII.

Lamina sottile allungata. Il corpo è suddi-viso in due parti: una parte espansa terminantea ricciolo e l’altra trapezoidale terminante informa circolare. Probabilmente il gancio era inorigine in coppia con un altro simile. Presentatre chiodi per il fissaggio e un foro per l’immis-sione di un altro chiodo. Inedito.

Non presenta il nr. di inv. Non è possibile ricondurreil gancio alla tipologia Suano.

I BRONZI 113

XXXIII.8. Gancio di cinturione (?)Nr. inv. s.n. 2 ; lungh. 10, 3. Bronzo fuso. Patina

verde chiaro. Mutilo. Superfici molto corrose. VetrinaXXVII.

Lamina sottile allungata. Il corpo è suddi-viso in due parti: una parte espansa terminantea ricciolo e l’altra trapezoidale terminante informa circolare. Probabilmente il gancio era inorigine in coppia con un altro simile. Presentatre chiodi per il fissaggio e due fori per l’immis-sione di un altro chiodo. Inedito.

Non presenta il nr. di inv. Simile al XXXIII.7.

XXXIII.9. GancioNr. inv. 614; lungh. 8,4 cm. Bronzo fuso. Patina

verde chiaro, non omogenea. Mutilo. Superfici deterio-rate. Vetrina VII.

Forma allungata terminante a doppia voluta,con foro per l’ingresso dell’uncino; sul retro at-tacchi per il fissaggio. La fibbia è munita di ar-diglione a scudetto. Gancio altomedievale (?).Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è identificato comegancio di fibula insieme ai nr. inv. 611, 612, 613, 615.

Un esemplare simile proviene da Cortona (Von Hes-sen 1975, nr. 11, tav. 23).

TIPO XXXIV: RasoiXXXIV.1. Rasoio lunato

Nr. inv. 304; h 11,2 cm largh. max 8,4 cm. Bronzo.Patina verde chiaro, non omogenea. Integro, scheggiaturesui margini. Superfici ossidate e corrose. Vetrina XXVII.

Lama di forma lunata con dorso a curva con-tinua; manico ad anello fuso liscio con appen-dici ornitomorfe. Tipo Grotta Gramiccia/Varietà A. (Bianco Peroni 1979, pp. 135 - 136)Prima metà dell’VIII sec. a.C. Inedito.

Il Nr. inv. è relativo ad una catalogazione successivaa quella di Barone. Il tipo è rappresentato da un cospicuonumero di esemplari diffusi oltre che in Etruria meridio-nale, luogo probabile di origine, in Umbria, nel Piceno ein Emilia Romagna con rare attestazioni in Italia setten-trionale, ad Este e in Trentino. Trova confronto puntualenella necropoli villanoviana di San Vitale (Pincelli, Mo-rigi Govi, 1975, tav. 312); un altro confronto è conservatoal Museo Arch. di Padova (Zampieri 200, n, 256, p. 147);un rasoio frammentario proviene da Cuma (Napoli Antica1985, nr. 9.35 tav. XIII, pp. 66, 69) anche se la Bianco

Peroni indicò l’area laziale e l’Italia meridionale priva diqueste attestazioni (Bianco Peroni 1979, pp. 135 - 136).

XXXIV.2. Rasoio (?)Nr. inv. X114, XC-S; lungh. 5,3 cm, largh. 4,4 cm.

Bronzo. Patina verde scuro. Decorazione incisa. Integro,scheggiature margine inferiore. Superfici ossidate e cor-rose. Vetrina VII.

Lamina trapezoidale sottile, decorata concinque cerchielli su due file; termina con dueappendici. Lungo il bordo serie di fori, in unodei quali è inserito un manichetto costituito daun filo di bronzo ritorto. Inedito.

I nr. inv. corrispondono a catalogazioni successive aquelle di Barone.

TIPO XXXV: StrigileXXXV.1. Strigile

Nr. inv. 534B; lungh. 26,2 cm; largh. max 3,6 cm.Bronzo. Patina verde scuro, non omogenea. Integro, la-cunoso nei contorni. Presenza di incrostazioni biancastre.Vetrina VII.

Capulus largo a lama piatta saldato alla parteposteriore del ligula, terminazione più stretta asezione rettangolare e terminante in foglia apunta; ligula leggermente concava. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicato comeuno strigilis, raschiatoio di bronzo usato dai Greci e Ro-mani per “mettere bene la pelle dell’umidità e della im-purità sparsavi dal calore del bagno a vapore o dai violentiesercizi della palestra”.

La variegata tipologia dello strigile rimanda ad una cro-nologia altrettanto vasta che va dal V sec. a.C. al I sec. d.C.L’esemplare del Museo Civico “G. Barone” rimanda ad unacronologia più alta avendo una ligula abbastanza ampia.Trova confronto con uno simile nel Museo di Boston (Com-stock, Vermuele 1971, nr. 613, p. 425) e con altri esemplaridella Collezione Gorga dai quali differisce per la ligula piatta(Benedettini 2012, nr. 1279 - 1305, pp. 423 - 425).

TIPO XXXVI: SpecchiXXXVI.1. Specchio circolare

Nr. inv. 551; Ø 6 cm. Bronzo. Patina verde scuro. In-tegro, contorni non definiti. Superfici ossidate e corrose.Vetrina VII.

Lamina discoidale, spessa. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicato come

un piccolo specchio circolare.

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XXXVI.2. Specchio circolareNr. inv. 469; Ø 24,5 cm. Bronzo. Patina verde scuro.

Integro, contorni non definiti. Superfici ossidate e cor-rose. Vetrina VIII.

Lamina discoidale, spessa; superficie spec-chiante con argentatura. III - II sec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 64) è definito uno spe-culum circolare, inargentato. Trova confronti a Taranto(Museo di Taranto 1988, nr. 13. 1f, p. 132; nr. 13.4f, p.136; nr. 13.6c, p. 139; nr. 13.7b, p. 141). Per l’uso deglispecchi si veda Ori di Taranto 1984, p. 352.

XXXVI.3. Specchio circolareNr. inv. 476; Ø 15 cm. Bronzo. Patina verde scuro. Inte-

gro, contorni definiti. Superfici ossidate e corrose. Vetrina VII.Lamina discoidale, spessa; superficie spec-

chiante con argentatura. III - II sec. a.C. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 64) è associato al nr.

inv. 475 e descritto come specchio circolare di cui unoinargentato. Simile al XXXVI.2. Per l’uso degli specchisi veda Ori di Taranto 1984, p. 352.

XXXVI.4. Specchio circolareNr. inv. 280; Ø 14,8 cm. Bronzo. Patina verde scuro.

Interamente ricomposto, contorni definiti. Superfici ossi-date e corrose. Vetrina XXVII.

Lamina discoidale, spessa; superficie spec-chiante con argentatura. III - II sec. a.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione effettuatain tempi successivi a quella di Barone. Simile ai prece-denti XXXVI.2 e 3. Per l’uso degli specchi si veda Oridi Taranto 1984, p. 352.

XXXVI.5. Specchio con manicoNr. inv. 491; lungh. 15,6 cm; Ø 13,4 cm. Bronzo. Pa-

tina verde scuro, non omogenea. Integro nel disco concontorni definiti e mutilo nel manico. Superfici ossidatee corrose. Vetrina VII.

Lamina discoidale spessa con orlo ingros-sato; manico provvisto di codolo a sezione qua-drangolare, espanso alla base del disco,probabilmente in origine prevedeva l’inseri-mento di un manico realizzato in altro materiale.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è descritto comeuno specchio circolare mancante del manico. Trova con-fronto con uno simile presente nel Museo GregorianoEtrusco e datato alla fine del VI - primo quarto del V sec.a.C. (Sannibale 2008, nr. 120, pp. 185 - 186).

XXXVI.6. Specchio con manicoNr. inv. 492; lungh. 24 cm; Ø 12,2 cm. Bronzo. Pa-

tina verde scuro, non omogenea. Ricomposto con dueframmenti, contorni non definiti. Superfici ossidate e cor-rose. Vetrina VII.

Lamina non perfettamente discoidale spessacon orlo appena ingrossato e terminante informa trapezoidale; manico a codolo a sezionequadrangolare, rastremato non appuntito edespanso alla base del disco. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è descritto comeuno specchio con manico.

XXXVI.7. Specchio con manicoNr. inv. 422; lungh. 22,5 cm; Ø 12,5 cm. Bronzo. Pa-

tina verde scuro, omogenea. Decorazione incisa. Integro.Superfici ossidate e corrose. Vetrina VII.

Lamina discoidale spessa con orlo appenaingrossato; targhetta quadrangolare; manico acodolo a sezione quadrangolare, rastremato nonappuntito ed espanso alla base del disco. Sul-l’orlo decorazione incisa a fitti trattini. Alla basedel disco decorazione non decifrabile così comela terminazione del manico. IV - II sec a.C. Ine-dito.

Il nr. inv. è errato, probabilmente si riferisce al nr. inv.522 del catalogo Barone (1899, p. 67) riferito ad unospecchio di bronzo con manico variamente decorato.

XXXVI.8. Specchio con manicoNr. inv. 523; lungh. 23,4 cm; Ø 15 cm. Bronzo. Pa-

tina verde scuro, non omogenea. Ricomposto con treframmenti, contorni non definiti. Superfici ossidate e cor-rose. Vetrina VII.

Lamina discoidale spessa con orlo appenaingrossato; targhetta quadrangolare; manico acodolo a sezione quadrangolare, rastremato nonappuntito ed espanso alla base del disco. E’ statoricomposto con tre frammenti. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicato comeuno specchio di bronzo con manico variamente decorato.

XXXVI.9. Specchio con manicoNr. inv. 524; lungh. 16,5 cm; Ø 11 cm; Ø con fram-

menti 12,6 cm. Bronzo. Patina verde chiaro, non omoge-nea. Decorazione incisa. Ricomposto con quattro

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frammenti, contorni non definiti. Superfici ossidate e cor-rose. Vetrina VII.

Lamina discoidale spessa con orlo appenaingrossato; manico a sezione quadrangolareespanso e appuntito. Decorazione a rilievo a tac-che continue sui contorni del disco e del ma-nico, evidente nella parte posteriore. Lospecchio è stato ricomposto di un frammento (ilmanico) e nella stessa vetrina sono stati rinve-nuti altri tre frammenti, con tutta probabilità at-tinenti allo specchio poiché perfettamentecoincidenti con il contorno. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è indicato comeuno specchio di bronzo con manico variamente decorato.

XXXVI.10. Specchio con manicoNr. inv. s.nr.1; lungh. 22 cm; Ø 12,8 cm. Bronzo. Pa-

tina verde scuro, non omogenea. Decorazione incisa. Mu-tilo nella parte circolare. Contorni definiti. Superficiossidate e corrose. Vetrina VII.

Lamina discoidale spessa; manico a codoloa sezione quadrangolare, rastremato non appun-tito ed espanso alla base del disco. Sul manicodecorazione incisa con serie di cerchielli conpuntino centrale e termina con testa di animalenon definito. Inedito.

Non è stato possibile rilevare il nr. inv. corrispon-dente alla catalogazione Barone, probabilmente si riferi-sce ai nr. inv. 471, 472 o 475 rimasti senzacorrispondenza.

XXXVI.11. Specchio con manicoNr. inv. s.nr. 2; lungh. 20 cm; Ø 14,5 cm. Bronzo. Pa-

tina verde chiaro, non omogenea. Decorazione incisa.Presumibilmente mutilo nel manico. Contorni definiti.Superfici ossidate e corrose. Vetrina VII.

Lamina discoidale spessa con orlo appenaingrossato; manico a codolo a sezione quadran-golare, rastremato non appuntito e moltoespanso alla base del disco. Sul disco decora-zioni incise di forma circolare. Inedito.

Non è stato possibile rilevare il nr. inv. corrispon-dente alla catalogazione Barone, probabilmente si riferi-sce ai nr. inv. 471, 472 o 475 rimasti senzacorrispondenza.

XXXVI.12. Specchio con manico

Nr. inv. s.nr. 3; lungh. 27 cm; Ø 18 cm. Bronzo. Pa-tina verde scuro, non omogenea. Integro, contorni defi-niti. Superfici ossidate e corrose. Vetrina VII.

Lamina discoidale spessa; manico a codoloa sezione quadrangolare, rastremato non appun-tito e molto espanso alla base del disco. Sul ma-nico sono presenti due terminazioni che fannopresupporre ad una funzione di aggancio a so-stegno. Inedito.

Non è stato possibile rilevare il numero di inventariocorrispondente alla catalogazione Barone, probabilmentesi riferisce ai nr. inv. 471, 472 o 475 rimasti senza corri-spondenza.

XXXVI.13. Specchio quadrangolare (?)Nr. inv. 633; lungh. 12 cm; largh. 14,4 cm. Bronzo.

Patina verde chiaro. Due frammenti, contorni lacunosi.Superficie corrosa. Vetrina VII.

Lamina quadrangolare irregolare, spessa.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicato comeuno specchio speciale di forma quadrangolare.

Trova confronti a Taranto (Museo di Taranto 1988,nr. 13. 8c, p. 142; nr. 13.17b, p. 150) e datato al I sec. d.C.

XXXVI.14. Frammento di specchio (?)Nr. inv. 634; lungh. 4,9 cm; largh. 3,7 cm. Bronzo. Patina

verde chiaro. Frammento. Superficie corrosa. Vetrina VII.Lamina quadrangolare regolare, sottile. Ine-

dito.Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è specificato come

un frammento di specchio d’argento.

XXXVI.15. Frammento di specchioNr. inv. 635; lungh. 5,6 cm; largh. 4 cm. Bronzo. Patina

verde chiaro. Frammento. Superficie corrosa. Vetrina VII.Lamina quadrangolare irregolare, sottile.

Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è specificato come

un frammento di specchio d’argento.

TIPO XXXVII: Statuette antropomorfeXXXVII.1. Statuetta raffigurante Ercole (?) inassalto

Nr. inv. 647; h 9,8 cm. Bronzo fusione piena convuoti. Patina verde chiaro, non omogenea. Mutila, mancaparte della mano destra e gli attributi. Superfici corrose.Vetrina VII.

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Testa rigidamente frontale, con viso leg-germente in alto; capigliatura a casco fin sullafronte, rigata da lunghe incisioni, che formanouna lunga zazzera. Sopracciglia puntinate,occhi a globo con palpebre rilevate, naso pic-colo, bocca a grosse labbra separate e rilevate,mento molto pronunciato. Il tronco è privo dinotazioni anatomiche. Solleva il braccio de-stro in alto; gambe sfalsate, la destra rigida,lievemente arretrata; la sinistra flessa. Arti in-feriori corposi. Posa su una piastrina grossomodo circolare fusa con la statuina, con pianodi posa non uniforme. Sulla base sono graffitedue lettere osche: iú. Il tipo delle lettere po-trebbe far pensare che siano state aggiunte inun secondo tempo. Un possibile scioglimentosarebbe iúvei.

Colonna attribuisce il bronzetto a Marte nel-l’ambito della produzione del maestro di“Adernò” (Colonna 1970, nr. 357bis, pp. 120 -122). Periodo arcaico.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è attribuita a Er-cole. Bibl. G. Colonna 1970, (cit.) nr. 357 bis, p. 122; A.Di Niro 1977, (cit) nr. 34, pp. 63 - 64, tav. XLI.

XXXVII.2. Statuetta raffigurante Ercole in as-salto

Nr. inv. 499; h 11 cm. Bronzo fusione piena. Patinaverde scuro, semilucida. Integra. Vetrina VII.

Testa in alto, volta verso la sua sinistra; ca-pelli a calotta rilevata sulla fronte, a fitte inci-sioni a freddo, radiali; occhi a piccolo globo,addossati ad un naso breve e aguzzo; bocca alabbra separate, mento molto pronunciato. Brac-cio destro sollevato in fuori, mano chiusa apugno che stringe la clava, di forma tronco-co-nica, liscia. Il braccio sinistro reca attorno al-l’avambraccio il serpente, di cui stringe la testacon la mano. Il tronco reca poche annotazioniposteriormente, anteriormente i pettorali sonodelimitati da una linea orizzontale a freddo.Schiena decisamente ricurva, glutei ben segnati.Gambe fortemente divaricate con piedi in fuori,lunghi, proporzionati e divaricati. Gruppo “Ba-ranello” (Colonna 1970, nr. 484, pp. 158 - 159).

Periodo arcaico.Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è attribuita a Er-

cole nudo. Bibl. G. Colonna 1970, (cit.) nr. 484, p. 158;A. Di Niro 1977, (cit.) nr. 35, pp. 64 - 65, tav. XLII. Perl’impostazione generale trova confronto nel Museo Arch.di Verona (Franzoni 1980, nr. 104, p. 125).

XXXVII.3. Statuetta raffigurante Ercole in ri-poso falsa (?)

Nr. inv. 506; h 9 cm. Bronzo fusione piena. Patinadorata. Integra, priva dell’arco. Superfici danneggiate.Vetrina VII.

Testa frontale con capigliatura a calotta difitti solchi radiali; volto scheletrico su collomassiccio; naso molto pronunciato; occhi ap-pena visibili; bocca resa da incisione ad arcoverso l’alto; mento marcato. La mano sinistra siappoggia alla clava postata a terra con la puntabraccio sinistro in basso, staccato dal tronco, lamano chiusa stringeva l’arco (?); l’avambracciosostiene la leontè, svolazzante con lunga coda afiocco. Il tronco è concepito di pieno prospetto:torace appiattito, omeri appuntiti, lieve depres-sione per la vita, sesso sporgente, ombelico adocchiello; posteriormente spalle curve, gluteipiccoli, poco sporgenti. La gamba destra è por-tante e sposta il piede in fuori, la sinistra è arre-trata e flessa. Posa su una basetta a piastrinarettangolare con spigoli arrotondati. Periodo ar-caico.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è attribuita a Er-cole e precisato il materiale come bronzo dorato, inoltresottolinea l’età arcaica della statuetta. Bibl. A. Di Niro1977, (cit.) nr. 36, pp. 65 - 66, tav. XLIII. Per il tipo dicapigliatura e l’impostazione del viso trova confronto coni gruppi “S. Severino”, “Castelvecchio Subequo” e “Sul-mona” (Colonna 1970, p. 161 ss.)

XXXVII.4. Statuetta raffigurante Ercole in as-salto

Nr. inv. 521; h con appendici di fusione 10,3 cm.Bronzo fusione piena. Patina verde chiaro. Mutila, mancala clava. Superfici ossidate e corrose. Vetrina VII.

Testa ovale, impostata su collo basso, voltaverso la sua sinistra, con capigliatura ad incisioniradiali e fascia marginale segnata da lievi scana-lature. Tratti del volto piuttosto rozzi e sommari:

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occhi a piccolo globo, con palpebre rilevate sottofronte bassissima, ma molto pronunciata, nasobreve, grande bocca a labbra separate. Troncosemplice con pettorali tondeggianti. Arti superiorisommari; braccio destro sollevato in fuori a “sva-stica” che rimanda ad una produzione arcaica; ilsinistro in basso, flesso ad angolo retto in avanti,con mano chiusa a pugno e con leontè trilobatasull’avambraccio. Arti inferiori proporzionati:gambe divaricate con lunghe appendici di fusionea V. Periodo classico.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è attribuita ad unastatuetta di Ercole, come uscita dalla fusione. Bibl. A. DiNiro 1977, (cit.) nr. 37, pp. 66-67, tav. XLIV; Cianfarani,Franchi Dell’Orto, La Regina 1978, (cit.) tav. 174, pp.367, 374 - 375.

XXXVII.5. Statuetta raffigurante Ercole in as-salto

Nr. inv. 501; h 11,5 cm. Bronzo fusione piena. Patinaverde scuro, lucida. Integro, lievemente danneggiato al-l’arco. Vetrina VII.

Capigliatura a incisioni grossomodo radiali;occhi a globo con pupilla incisa, palpebre rile-vate; bocca con labbra separate, naso regolare.Il braccio destro, flesso ad angolo acuto, vibrala clava di forma tronco-conica; il sinistro, inbasso, porta in avanti l’arco. Dall’avambracciopende la leontè trilobata. Accurati dettagli ana-tomici sul tronco: capezzoli e ombelico resi conpuntino inciso. Arti inferiori proporzionati; gra-vita sulla gamba destra e porta avanti la sinistra.Periodo classico.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è attribuita a Er-cole nudo. Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.) nr. 38, pp. 67 -68, tav. XLV.

XXXVII.6. Statuetta raffigurante Ercole in as-salto

Nr. inv. 640; h max 8,2 cm. Bronzo fusione piena.Patina verde scuro. Mutila, mancano le gambe, la clava el’arco. Superficie corrosa. Vetrina VII.

Testa rivolta alla propria sinistra; capiglia-tura a incisioni curve disposte per file parallelecon regolarità occhi a piccolo globo; mento pro-minente; zazzera sul collo. Braccio destro sol-

levato in alto con la mano dietro la nuca in attodi vibrare la clava; il sinistro in basso, manochiusa a pugno, stringeva l’arco; sull’avambrac-cio posa la leontè, con protome verso l’interno;spalla molto obliqua. Il peso gravita sulla gambadestra, in fuori, flessa. Gruppo “Verona” (Co-lonna 1971, p. 175). Periodo ellenistico.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è attribuita a Er-cole. Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.) nr. 39, pp. 68 - 69, tav.XLVI.

XXXVII.7. Statuetta raffigurante Ercole in as-salto (?)

Nr. inv. s.nr.; h 11,3 cm. Bronzo fuso. Patina verdechiaro. Mutila, dei piedi, della mano destra, di parte delbraccio sinistro e degli attributi. Superfici corrose. VetrinaVII.

La testa è rivolta a sinistra; calotta rilevatatutt’intorno; occhi a a mandorla. Arti superioriproporzionati: braccio destro sollevato in fuori eflesso ad angolo acuto; sinistro in basso, staccatodal tronco. Tronco ricco di particolari anatomici;pettorali tondeggianti e muscoli ben in evidenza.Arti inferiori proporzionati: gamba destra rigida,sinistra avanzata e flessa. Gruppo “Verona” (Co-lonna 1971, p. 175). Periodo ellenistico.

Non presenta il nr. di inv. della catalogazione Barone.Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.) nr. 40, pp. 69 - 70, tav.XLVII. Simile al XXXVII.6.

XXXVII.8. Statuetta raffigurante Ercole in ri-poso

Nr. inv. 537; h 18,7 cm. Bronzo fusione piena, convuoti. Patina verde scuro. Mutila, del braccio destro, partedella gamba destra, del piede sinistro. Superfici danneg-giate. Vetrina VII.

Testa lievemente abbassata e volta verso lasua sinistra; volto allungato, capelli a calottaresa da fitti solchi; occhi a mandorla con palpe-bre rilevate e pupille incise; bocca appena ac-cennata. Il braccio destro, mutilo, posa la manosull’anca corrispondente; il sinistro è portatoavanti in atto di sostenere la clava. Tratti anato-mici del tronco molto particolareggiati. Gravitasulla gamba destra e flette lievemente la sinistrainserita in un supporto per reggere in equilibrio

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la statuetta. Periodo ellenistico.Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è attribuita ad Er-

cole e descritta come una statua di 20 cm mutila, rinve-nuta a Mirabello Sannitico. Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.)nr. 41, pp. 70 - 71, tavv. XLVIII - XLIX. Per l’imposta-zione classica trova confronto con i due Ercoli in riposoda Casacalanda (Di Niro 1977, nr. 13 - 14, pp. 41 - 43).

XXXVII.9. Statuetta raffigurante Ercole in ri-poso

Nr. inv. 542; h 7,4 cm. Bronzo fusione piena. Integra.Superfici corrose. Vetrina VII.

Volge la testa alla sua destra; capigliatura aincisioni curve, irregolari, con bordo segnatosulla nuca con due solchi a bulino. Tratti delvolto rozzi: occhi a cerchio, bocca resa da unlieve trattino orizzontale. Posa la mano destrasul fianco e con la sinistra sostiene la clava, ada-giata sul braccio; lungo il fianco sinistro pendela leontè appena sbozzata, vello reso da breviincisioni, disposte a spina di pesce, separate dasolco longitudinale. Gravita sulla gamba sinistrae flette la destra; i piedi grandi, danno stabilitàalla composizione. Posa su una basetta rettan-golare fusa con la statuina. Periodo ellenistico.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è attribuita ad unpiccolo Ercole provvisto di clava. Bibl. A. Di Niro 1977,(cit.) nr. 42, pp. 71 - 72, tav. L. Trova confronto per loschema e per alcuni particolari come il tipo di capigliaturae la lavorazione della leontè con l’Ercole in riposo delMuseo Sannitico di Campobasso (Sogliano 1889, nr.1028, p. 144).

XXXVII.10. Statuetta raffigurante Ercole in ri-poso

Nr. inv. 508; h 9,7 cm. Bronzo fusione piena, convuoti. Patina verde scuro. Mutila. Superfici danneggiate.Vetrina VII.

Capigliatura ad incisioni curve distribuite ir-regolarmente, ampia tenia liscia. Testa volta versola sua destra, occhi a piccolo globo in ampie in-fossature; naso breve e appuntito; bocca a lin-guetta molto sporgente. Collo breve e spalleregolari. Braccia portate in avanti, staccate daltronco, la destra reggeva l’arco; dall’avambracciopende la leontè. Torace massiccio con tratti ana-tomici dettagliati. Posteriormente esatta curvatura

delle spalle. Arti inferiori piuttosto pesanti, conmuscoli solidi e gambe tozze, piedi piccoli. Fasemedio-ellenistica.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è attribuita a Er-cole nudo. Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.) nr. 43, pp. 72 -73, tav. LI. Per lo schema generico trova confronto conl’Ercole in riposo da Venafro (Di Niro 1977, nr. 17, pp.46 - 47).

XXXVII.11. Statuetta raffigurante Ercole in as-salto

Nr. inv. 497; h 10 cm. Bronzo fusione piena. Patinaverde scuro. Mutila, priva dell’arco. Superfici deteriorate.Vetrina VII.

Tratti del volto molto rozzi: occhi a mandorla,naso poco sporgente, bocca a labbra sparate, colloampio. Il braccio destro flesso ad angolo rettostringe la clava; il sinistro in fuori, stringeval’arco. Dall’avambraccio pende la leontè, appun-tita, a superficie ondulata sul braccio; essa coprela testa ed è annodata sul petto con le zampe an-teriori. Torace schiacciato, anche ben evidenziate;posteriormente resa sommaria, tranne che per iglutei conici. Gambe divaricate: arti inferiori conmuscoli ben evidenziati, il piede sinistro posa aterra con la punta. Gruppo “Sepino” (Colonna1971, p. 175). Fase medio-ellenistica.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è attribuita a Er-cole nudo. Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.) nr. 44, pp. 73 -74, tav. LII.

XXXVII.12. Statuetta raffigurante Ercole in as-salto

Nr. inv. s.nr.; h 9,1 cm. Bronzo fuso. Patina verdescuro, semilucida. Mutila, del piede destro. Superfici in-crostate. Vetrina VII.

Testa lievemente volta verso l’alto, moltoschiacciata di profilo; capigliatura a corona digrosse ciocche sulla fronte. Tratti del volto ot-tenuti mediante ritocco a bulino: occhi a globosporgenti, naso lungo schiacciato, bocca a lab-bra separate da un solco ad arco. Collo quasiinesistente. Braccio sollevato di lato, la manovibra la clava, leggermente tronco-conica. Brac-cio sinistro in basso di lato, mano chiusa apugno, priva di attributi. Dall’avambraccio

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pende la leontè, svolazzante, trilobata. Troncoliscio con tre cerchietti che rendono i capezzolie l’ombelico. Gravita sulla gamba destra, la si-nistra è scostata di lato, flessa, con piede infuori.

Non presenta il nr. di inv. della catalogazione Barone.Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.) nr. 45, pp. 74 - 75, tav. LIII.Trova confronto con bronzetto conservato nel MuseoArch. di Verona (Franzoni 1980, nr. 125, p. 134) dal qualedifferisce per la capigliatura.

XXXVII.13. Statuetta raffigurante Ercole in as-salto (?)

Nr. inv. LXXXIX S; h max 5,6 cm. Bronzo fusionecava. Patina verde scuro. Mutila, della testa, del bracciodestro, della mano sinistra, di parte delle gambe e degliattributi. Superfici molto corrose. Vetrina VII.

Il braccio destro doveva essere sollevato e ilsinistro staccato dal tronco e portato avanti.Tronco ben modellato, con accurata ricercadell’anatomia interna: ben evidenti i particolaridella cassa toracica, giusta la sporgenza delleanche, ombelico depresso a puntino, spallecurve; il gluteo destro è più alto dell’altro. Ilpeso gravita sulla gamba destra, che tende adassumere una posizione di profilo, la gamba si-nistra è flessa in avanti.

Il nr. di inv. si riferisce ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.) nr.46, pp. 75 - 76, tav. LIV.

XXXVII.14. ClavaNr. inv. LXXXVII S; X126; lungh. 6 cm. Bronzo fu-

sione piena. Patina verde scuro, lucida. Mutila, forse dellapresa. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Piccola clava di verga bronzea di formatronco-conica lievemente ingrossata versol’apice; le pareti mostrano una serie di nodi emi-sferici a rilievo disposti a gruppi di quattro sufile parallele. L’oggetto è probabilmente perti-nente ad una statuetta di Ercole.

I nr. di inv. si riferiscono ad una catalogazione suc-cessiva a quella di Barone. Bibl. A. Di Niro 1977, (cit.)nr. 47, pp. 76 - 77, tav. LV.

XXXVII.15. Statuetta raffigurante EroteNr. inv. 494; h 6,9 cm. Bronzo fusione piena. Patina

verde scuro. Mutila, manca braccio sinistro ed i piedi. Su-perfici ossidate e corrose. Vetrina VII.

Figura stante, gravita sulla gamba sinistraportata in avanti. Testa appena flessa indietro,caratterizzata da lunghi capelli ricci, che rica-dono sulle spalle ed incorniciano il volto tondoe molto pieno; lineamenti ben visibili. Bracciodestro sollevato in fuori, appare esagerato ri-spetto al resto del corpo. La figura non recaabiti; i tratti anatomici del tronco risultano ab-bastanza precisi. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è attribuita aBacco.

XXXVII.16. Statuetta raffigurante MercurioNr. inv. 498; h 10,2 cm. Bronzo fusione piena. Patina

verde scuro. Mutilo, manca parte del braccio e dellagamba destra. Superfici molto ossidate e corrose. VetrinaVII.

Indossa il petaso alato sul capo e la cla-mide, posata sulla spalla sinistra che copre unapiccola parte del petto perchè è condotta ad ar-rotolarsi sul braccio sinistro. Il volto è reso inmodo sommario ed è poco leggibile a causadello stato di conservazione. Il braccio destroè flesso e mutilo; il braccio sinistro è teso inavanti. La mano reggeva verosimilmente il ca-duceo. Gravita sulla gamba destra, la sinistraè flessa. Retro lavorato. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è attribuita a Mer-curio. Trova confronto per l’impostazione generale condue bronzetti simili conservati nel Museo Arch. di Verona(Franzoni 1973, nr. 32, 47, pp. 51 - 52, 67).

XXXVII.17. Statuetta raffigurante Marte (?)Nr. inv. 502; h 10,2 cm. Bronzo fusione piena. Patina

verde chiaro, non omogenea. Mutila, mancano gli avam-bracci e parte della gamba sinistra. Superficie corrosa.Vetrina VII.

Testa coperta da elmo lunato. Volto ovalecon lineamenti poco caratterizzanti; grandiocchi ovali. Il braccio sinistro è alzato; il destroè mutilo. Indossa una corazza anatomica chetermina con cordone rilevato alla vita, al di sottogonnellino a fitte pieghe. Figura stante, gravi-tante sulla gamba destra; la sinistra è mutila.Sulle gambe indossa gli schinieri rilevati al gi-

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nocchio. Parte posteriore rifinita. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è attribuita ad un

guerriero con elmo, tunica e corazza.Trova confronto con un bronzetto attribuito probabil-

mente a Marte e conservato al Museo Naz. di Chieti(Cianfarani, Franchi Dell’Orto, La Regina 1978, p. 377,tav.80 ).

XXXVII.18. Statuetta raffigurante Lare (?)Nr. inv. 503; h 11,2 cm. Bronzo fusione piena. Patina

verde chiaro, non omogenea. Mutilo, manca il braccio si-nistro. Superficie lievemente corrosa. Vetrina VII.

Volto ovale con lineamenti ben visibili. Ca-pigliatura resa a riccioli sulla fronte con copri-capo circolare caratterizzato sul retro da codonecentrale. Il braccio sinistro è sollevato in alto emutilo, probabilmente teneva la cornucopia, ildestro in avanti che sorregge una patera. Figuramaschile stante, gravitante sulla gamba destra;la sinistra è sollevata e flessa indietro. Indossauna tunica blusata alla vita e svasata a fitte pie-ghe nella parte inferiore; al di sotto della tunicasono resi i pettorali. Figura maschile stante, gra-vitante sulla gamba destra; la sinistra è sollevatae flessa indietro. Parte posteriore rifinita. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicata comeuna statuetta vestita con tunica e portante una coppa inmano. Lo schema del Lare danzante è molto diffuso inepoca imperiale in particolare dopo la riforma augusteaavvenuta tra il 14 / 13 e il 7 a.C. (Benedettini 2012, p.20). Trova confronto con i bronzetti attribuiti a Larestante, ma solo per l’impostazione (Franzoni 1973, nr.106 - 108, pp. 128 - 130).

XXXVII.19. Statuetta raffigurante Devoto co-ronato

Nr. inv. 505; h 13,6 cm. Bronzo fusione piena. Patinaverde scuro. Integro. Superfici ossidate e corrose. VetrinaVII.

Figura maschile stante. Volto caratterizzatoda una corona di cinque foglie appuntite e da li-neamenti poco curati. Veste un mantello pan-neggiato posato sulla spalla e sul bracciosinistro; braccio destro in fuori che regge nellamano una patera. Posa su un piccolo sostegno.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicata comeuna statuetta muliebre con testa raggiata e con patera.Trova confronto per l’impostazione generale nel Museodi Verona (Franzoni 1980, nr. 42, p. 61).

XXXVII.20. Statuetta raffigurante figura ma-schile assisa

Nr. inv. 511; h 9 (ca.) cm. Bronzo fusione piena. Pa-tina verde scuro. Decorazione incisa. Integro. Superficicorrose e ossidate. Vetrina VII.

Testa ovale caratterizzata da calotta liscia elineamenti non visibili. Il braccio destro inavanti recante una patera (?), appoggiato sul gi-nocchio destro; il braccio sinistro flesso inavanti, su cui ricade un lembo del mantello, cheavvolge il tronco. Tratti anatomici poco visibili.Busto lievemente flesso indietro. Ginocchio de-stro sollevato, il sinistro è flesso. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è attribuita a Mer-curio sedente.

XXXVII.21. Statuetta raffigurante DianaNr. inv. 543; h 5,7 cm. Bronzo fusione piena. Deco-

razione incisa. Mutilo, manca il braccio sinistro. Super-ficie corrosa. Vetrina VII.

Figura stante. Volto ovale dai lineamenti pocovisibili; capelli lisci sulla fronte e raccolti sullanuca in uno chignonr. Il braccio destro è in avanti,il sinistro mutilo. Veste un chitone altocinto, pan-neggiato. Sulle spalle reca il turcasso. Gravitantesulla gamba destra. All’estremità inferiore pernofilettato di fissaggio. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è attribuita a Dianacacciatrice. Per il tipo di Diana cacciatrice ma con impo-stazioni diverse della figura, si veda Galliazzo 1979 (p.58 ss, nr. 6).

XXXVII.22. Statuetta raffigurante piccola VenereNr. inv. 549; h 7,3 cm. Bronzo fusione piena. Patina

verde scuro. Mutila, manca il braccio destro. Superficicorrose e ossidate. Vetrina VII.

Figura stante. Testa lievemente reclinata allasua destra; volto ovale dai lineamenti poco visi-bili; capelli lisci divisi sulla fronte impreziositi dadiadema. Il braccio destro è mutilo, il sinistro ap-poggiato ad un pilastrino. Gravita sulla gamba de-stra, la sinistra indietro. La figura non reca abiti. I

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tratti anatomici sono poco visibili, anche a causadelle numerose incrostazioni. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è attribuita ad unapiccola Venere avente per base una vertebra fossile di ca-vallo, chiamata astragalus. Trova confronto con un bron-zetto simile conservato nel Museo Arch. di Verona(Franzoni 1973, nr. 53, p. 73).

XXXVII.23. Statuetta raffigurante figura fem-minile stante

Nr. inv. 545; h 6,3 cm. Bronzo fusione piena. Patinaverde scuro, non omogenea. Integra. Superficie lieve-mente corrosa. Vetrina VII.

Figura femminile stante. Testa coperta daalto copricapo; volto ovale dai lineamenti pocovisibili. Veste un abito fittamente panneggiato,con la mano destra sorregge una cornucopia,con la sinistra, portata dietro, un remo. Parte po-steriore rifinita. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è attribuita ad unastatua di donna con la testa turrita e nelle mani un cornodi abbondanza e un remo.

XXXVII.24. Statuetta raffigurante mezzobustofemminile

Nr. inv. 495; h 7,5 cm. Bronzo fusione piena. Patinaverde scuro. Decorazione incisa. Integra. Superfici ossi-date e corrose. Vetrina VII.

Figura femminile stante. Capelli raccolti inun nodo sulla nuca; volto allungato dai linea-menti poco visibili; veste un abito altocinto afitte pieghe rese con trattini incisi; drappo pan-neggiato sulla spalla sinistra. Braccio destro inavanti, sinistro flesso. Parte posteriore rifinita.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è attribuita a Er-mete o Mercurio.

XXXVII.25. Peso a figura umanaNr. inv. 496; h 5,7 cm. Bronzo, fusion cava. Superfi-

cie opaca, priva di patina. Decorazione incisa. Integro, la-cune sul corpo. Vetrina VII.

Peso raffigurante mezzobusto maschile. Ca-pigliatura a grossi riccioli; testa lievementeverso sinistra. Volto ovale; occhi a mandorla incavità profonde; naso largo; bocca resa da trattoinciso orizzontale. Pettorali tondeggianti. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è indicato comeun aequipondium romano, ovvero peso di stadera informa di mezzobusto.

XXXVII.26. Statuetta raffigurante figura fem-minile

Nr. inv. 500; h 9,8 cm. Bronzo fusione piena. Patinaverde scuro. Decorazione incisa. Mutila, manca la manodestra. Superficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

Figura femminile stante. Capelli raccolti inun nodo sulla nuca; volto allungato dai linea-menti poco visibili. Veste un abito altocinto afitte pieghe rese con trattini incisi; drappo pan-neggiato sulla spalla sinistra. Il braccio destro èin avanti, il sinistro è flesso. Parte posteriore ri-finita. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 65) è indicata comestatuetta muliebre.

XXXVII.27. Statuetta raffigurante figura fem-minile

Nr. inv. 507; h 11,3 cm; piedistallo 6,5 cm. Bronzofusione piena. Patina verde scuro. Integra. Superfici cor-rose. Vetrina VII.

Figura stante capite velata. Volto pieno dailineamenti marcati; capelli lisci sulla fronte.Porta entrambe le braccia in avanti. Indossa unmantello che scende dal capo sulle spalle, av-volgendo il corpo fin sotto le ginocchia ed è rac-colto sulla spalla sinistra. Sotto il mantelloindossa un abito a fitte pieghe. Gravitante sullagamba sinistra. Sul retro visibili le pieghe delmantello. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicata comeuna matrona romana con tunica e palla.

XXXVII.28. Gruppo di tre statuette di tipo egizioNr. inv. 504; h 11,2 cm; 12,4 cm; 11,5. Basetta: h 3,6

cm; largh. 11,2 cm. Bronzo, fusione piena. Patina verdechiaro, non omogenea. Decorazione incisa. Integro. Su-perficie corrosa. Vetrina VII.

Ai lati due Ushabty di tipo satirico con trattidel volto irregolari; sul petto sono evidenziatele mani e l’incrociarsi delle braccia. Intorno alcorpo iscrizioni di geroglifici delimitate da lineeorizzontali. Al centro Anubis posto su una sferadi marmo, caratterizzato da testa di cane e corpo

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di nano. Le tre statuine poggiano su una base dimarmo. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) vi è la descrizionedi Anubis, divinità egiziana dal corpo umano e testa dicane posta al centro di due Schèbti, mummie con bracciaconserte e portanti due marre. Inoltre è precisato che ilmarmo della base è di Verona. Trova confronto nel Museodi Napoli (Collezione egizia 1989, fig.11).

XXXVII.29. Statuetta raffigurante Osiride (?)Nr. inv. 509; h 15,5 cm. Bronzo fusione piena. Patina

verde scuro. Integro. Superfici molto ossidate e corrose.Vetrina VII.

Figura stante che raffigura la divinità se-condo il tipo mummiforme. Possiede un altocopricapo e barba; lineamenti poco visibili esommaria volumetria. Le braccia sono ripor-tate al petto ma non incrociate in atto di reg-gere un bastone (?). Retro non sagomato.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è attribuita ad unidoletto egiziano in bronzo. Trova confronto nel MuseoNaz. di Napoli (Collezione egizia 1989, p. 112, nr. 6, 9,12); nel Museo Naz. Etrusco (Sannibale 2008 nr. 1, pp.19 - 29) e a Padova (Zampieri 2000, nr. 1 - 12, pp. 52 -56). Per la raffigurazione di Osiride si veda Galliazzo(1979, pp. 95 - 97).

XXXVII.30. Statuetta raffigurante divinità egiziaNr. inv. 646; h 11,6 cm. Bronzo fusione piena. Patina

verde scuro, non omogenea. Integra. Superfici molto os-sidate e corrose. Vetrina VII.

La statua risulta in pessimo stato di conser-vazione. Si riconosce la sagoma della divinitàegizia e la posizione delle braccia incrociate sulpetto. Non si distinguono i dettagli anatomici,né i tratti del viso. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è attribuita ad unidolo egiziano.XXXVII.31. Figura umana

Nr. inv. s.nr.; lungh. 4,5 cm. Bronzo. Patina verdescuro, non omogenea. Integra. Superficie deteriorata. Ve-trina VII.

Capigliatura è folta. Il volto presenta trattiben evidenti: occhia mandorla, naso sottile,bocca con labbra separate. Inedito.

Non è stato possibile rilevare in nr. inv. corrispon-dente alla catalogazione Barone.

XXXVII.32. Figura umana a pendente di col-lana (?)

Nr. inv. s.nr.; lungh. 5,8 cm. Bronzo. Patina verdescuro, non omogenea. Integra. Superficie deteriorata. Ve-trina VII.

I capelli sono raccolti in pettinatura. Il voltonon è riconoscibile, i tratti sono solo accennati.La figura umana è corredata di cornice traforatanella parte inferiore. Inedito.

Non è stato possibile rilevare in nr. inv. corrispon-dente.

XXXVII.33. Frammento di testina maschileNr. inv. X107; lungh. 2,5 cm; largh. 2,1 cm. Bronzo

fusione piena. Superficie lucida priva di patina. Mutila,manca il resto del corpo. Superfici ossidate e corrose. Ve-trina VII.

Capigliatura resa a riccioli sulla fronte.Tratti del volto molto precisi: occhi a globo conpupilla incisa, palpebre rilevate, bocca con lab-bra separate, naso regolare.

A causa dello stato di conservazione risultadifficile il riconoscimento dell’originario og-getto di pertinenza come dell’orizzonte crono-logico. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XXXVII.34. Frammento testina femminileNr. inv. 632/8.; lungh. 3,2 cm; largh. 1,3 cm. Bronzo

fusione piena. Superficie lucida priva di patina. Mutila,manca il resto del corpo. Superfici ossidate e corrose. Ve-trina VII.

Capigliatura liscia, con elemento in sommitànon definibile. Tratti del volto appena accennati:evidenti solo gli occhi a globo. Evidente partedel collo massiccio. La parte posteriore è piatta.

A causa dello stato di conservazione risultadifficile il riconoscimento dell’originario og-getto di pertinenza come dell’orizzonte crono-logico. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicato comeun peso e inserito in un comparto con altri otto oggetti.

XXXVII.35. Piede votivo miniaturisticoNr. inv. 580, X106; lungh. 4,7 cm; h 2,2 cm. Bronzo.

Patina verde scuro, non omogenea. Decorazione incisa.

I BRONZI 123

Mutilo, manca il resto del corpo. Superfici ossidate e cor-rose. Vetrina VII.

Sono ben evidenti le dita. Il resto del fram-mento è presumibilmente coperto da calzarepoiché si nota una sottile linea orizzontale chesepara la zona incisa delle dita con una zona li-scia. Probabilmente era pertinente ad una sta-tuetta antropomorfa.

A causa dello stato di conservazione risultadifficile riconoscere l’originario oggetto di per-tinenza come l’orizzonte cronologico. Inedito.

I nr. inv. non corrispondono a piede votivo.

TIPO XXXVIII: Statuette zoomorfeXXXVIII.1. Felino miniaturistico

Nr. inv. 536; h 2,2 cm; lungh. 3 cm. Bronzo, fusionepiena. Superficie opaca, priva di patina. Decorazione in-cisa. Integro. Superficie deteriorata. Poggia su un piedi-stallo rettangolare. Vetrina VII.

Felino accovacciato, dal capo eretto rivoltoin avanti. Corpo reso realisticamente con risaltodegli arti e dei tratti del viso. Prodotto in ununico blocco con la base in bronzo su cui poggiaseduto. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) non è specificatoed è citato insieme ad altri animali miniaturistici.

XXXVIII.2. Toro miniaturisticoNr. inv. 538; h 3,2 cm; lungh. 6 cm. Bronzo fusione

piena. Superficie opaca, priva di patina. Mutilo di unazampa anteriore e una posteriore. Superficie deteriorata.Poggia su un piedistallo rettangolare. Vetrina VII.

Toro stante, con le zampe di destra superstitie le due sinistre mutile. Tratti del viso appenaaccennati. Collo tozzo. Corpo stilizzato. È col-legato al piedistallo con un perno cilindrico in-fisso nell’addome dell’animale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è solo citato in-sieme ad altri animali miniaturistici. Per la raffigurazionedel toro si veda Galliazzo (1979, p. 119).

XXXVIII.3. Pantera miniaturisticaNr. inv. 539; h 2,5 cm; lungh. 4,4 cm. Bronzo fusione

piena. Superficie opaca, patina verde scuro. Integro. Su-perficie deteriorata. Poggia su un piedistallo rettangolare.Vetrina VII.

Pantera accovacciata, dal capo eretto rivolto

in avanti. Tratti del viso solo accennati, orecchieben definite. Corpo posteriore reso realistica-mente con risalto della coda. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è solo citato in-sieme ad altri animali miniaturistici.

XXXVIII.4. Uccello miniaturisticoNr. inv. 540; h. 2,5 cm; lungh. 3 cm; Bronzo fusione

piena. Superficie opaca, patina verde chiaro. Decorazioneincisa. Integro. Superficie deteriorata. Poggia su un pie-distallo rettangolare. Vetrina VII.

La forma dell’animale è approssimativa: èappena riconoscibile il becco e la coda è inunico blocco con le ali. Decorazione incisa afitti trattini per indicare le ali. È collegato al pie-distallo con un perno cilindrico infisso nell’ad-dome dell’animale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicato comeuna colomba e citato insieme ad altri animali miniaturi-stici.

XXXVIII.5. Uccello miniaturisticoNr. inv. 541; h 3,4 cm; lungh. 3,5 cm. Bronzo fusione

piena. Superficie opaca, priva di patina. Integro. Superfi-cie deteriorata. Poggia su un piedistallo rettangolare. Ve-trina VII.

Corpo reso approssimativamente: evidentisolo ali e testa con becco pronunciato. Le zampesono rese da un blocco cilindrico collegato aduna base sempre in bronzo e realizzata in ununico pezzo. Probabilmente è un uccello acqua-tico. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) non è specificatoed è solo citato insieme ad altri animali miniaturistici.

XXXVIII.6. Leone accovacciato miniaturisticoNr. inv. 546; h. 3 cm; lungh. 4,6 cm. Bronzo fusione

piena. Superficie opaca, priva di patina. Decorazione in-cisa. Mutilo delle zampe anteriori. Incrostazioni varie.Vetrina VII.

Leone accovacciato, dal capo spostato lie-vemente a sinistra. Corpo reso realisticamente:evidente la muscolatura, le zampe posteriori, lafolta criniera e i tratti del viso. L’animale è ac-covacciato sulle zampe e con fauci aperte. Ècollegato al piedistallo con un perno cilindricoinfisso nell’addome dell’animale. Inedito.

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Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicato comeun leone e citato insieme ad altri animali miniaturistici.

XXXVIII.7. Tartaruga miniaturisticaNr. inv. 547; lungh. 4,5 cm; largh. 3,4 cm. Bronzo fu-

sione piena. Superficie opaca, priva di patina. Decora-zione incisa. Integro. Superficie molto deteriorata. Poggiasu un piedistallo rettangolare. Vetrina VII.

Lavorazione non leggibile per via del cattivostato di conservazione. Presenta quattro zampe,di cui due probabilmente mutile, la coda a puntae la testa leggermente all’insù. Probabile deco-razione incisa per la corazza. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicata comeuna tartaruga e citata insieme ad altri animali miniaturi-stici.

XXXVIII.8. Topo miniaturisticoNr. inv. 548; h 2,2 cm; lungh. 3,6 cm. Bronzo. Super-

ficie opaca, priva di patina. Decorazione incisa. Mutilodella coda. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Animale reso realisticamente nei tratti delviso e del corpo; le zampe anteriori sono portatein avanti in atto di portare del cibo, non identi-ficato, alla bocca. La coda è mutila: doveva pre-sumibilmente avere una forma circolare econgiungersi con i due frammenti a rilievo nellaparte posteriore. È collegato al piedistallo conun perno cilindrico infisso nell’addome del-l’animale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 68) è indicato comeun topo e citato insieme ad altri animali miniaturistici.

XXXVIII.9. Serpente miniaturisticoNr. inv. 601; h 4,5 cm; lungh. 10,6 cm; largh. 6,3 cm.

Bronzo fusione piena. Superficie opaca, patina verdechiaro. Decorazione incisa. Integro. Superficie molto de-teriorata. Vetrina VII.

Testa non perfettamente leggibile per via delcattivo stato di conservazione, probabilmente itratti erano resi con una decorazione incisa.Corpo avvolto in due giri a sezione circolare etesta all’insù. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicato comeuna serpe.

XXXVIII.10. Testa di ibisNr. inv. 663; h 4,3 cm; lungh. 6,4 cm. Bronzo. Super-

ficie opaca, patina verde chiaro. Frammento, mutilo delcorpo inferiore e di parte del becco. Superficie deterio-rata. Vetrina VII.

Testa a calotta resa realisticamente: foro cir-colare concavo per gli occhi; becco frammenta-rio e rastremato verso la fine, collo sottile.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicata comeuna testa di ibis.

XXXVIII.11. GranchioNr. inv. s.nr.; h 2,5 cm. Bronzo. Superficie lucida,

priva di patina. Integro. Vetrina VII.Corpo reso realisticamente con tre paia di

arti e due chele. Inedito.Non è stato possibile rilevare il numero di inventario

ma probabilmente corrisponde ad una catalogazione suc-cessiva a quella di Barone, poiché nel catalogo non vi èuna corrispondenza con un granchio.

XXXVIII.12. Lucertola di bronzoNr. inv. 514; lungh. 10,6 cm. Bronzo. Superficie

opaca, patina scura. Decorazione incisa. Mutilo, mancaparte della coda. Vetrina VII.

La testa è solo accennata. L’animale è resorealisticamente nella parte posteriore tramite ladecorazione incisa usata per le zampe e la coda.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicata comeuna lucertola in bronzo.

XXXVIII.13. Guarnizione con testa di montoneNr. inv. 520 ; lungh. 4,4 cm. Bronzo. Superficie lu-

cida, priva di patina. Decorazione incisa. Integro. VetrinaVII.

Testa resa realisticamente grazie alla deco-razione incisa dei tratti salienti del viso. Non èstato possibile rilevare la parte posteriore neldettaglio, si intravede una parte piatta e con-cava. Potrebbe essere intesa anche come unatesta di ariete. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicata comeuna testa di montone in bronzo.

XXXVIII.14. Cammello (?) miniaturisticoNr. inv. LXXXIII S, X108; h 3 cm; lungh. 5 cm.

Bronzo. Superficie lucida, patina verde scuro. Mutilodelle zampe. Vetrina VII.

I BRONZI 125

Il corpo risulta stilizzato e astratto: gli artisemplice, le due gobbe rese con piccole appen-dici a rilievo. Inedito.

I nr. inv. corrispondono a due catalogazioni differentie successive a Barone.

XXXVIII.15. Piede di anatraNr. inv. 638/1; lungh. 5,3 cm; largh. 3,6 cm. Bronzo.

Superficie opaca, senza patina. Decorazione incisa. Inte-gro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Tra elementi a formare la zampa con altredue appendici. Probabilmente è parte di un ani-male completo. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicato comeun piede di anitra e inserito in un comparto insieme adaltri tre reperti in bronzo.

XXXVIII.16. Frammento di animaleNr. inv. 576; h 3,2 cm; lungh. 6,2 cm; sp. max 1,5

cm. Bronzo. Superficie opaca, patina verde scuro. Deco-razione incisa. Frammento. Incrostazioni varie. VetrinaVII.

Figura di animale non ben identificabile,forse con testa ovina e corpo serpentiforme, inposizione accovacciata e con testa di lato. Sulcorpo decorazione incisa con cerchi e puntinocentrale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 69) è indicato come unbracciale serpentiforme. La forma potrebbe riferirsi ad unframmento di bracciale, appliques, o parte decorativa di unaansa (confronta con due anse di oinochoe della tomba 1505di Capua (Museo Di Capua 1995, pp. 34 - 35).

XXXVIII.17. Frammento di animaleNr. inv. X136; lungh. 6,5 cm. Bronzo. Superficie

opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa. Fram-mento. Superficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

Figura di animale non ben identificabile conle ali (?) aderenti al corpo e la testa circoscrittain una calotta incisa a trattini. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone; forse è il numero 626 descrittocome una piccola serpe in bronzo, rimasto senza corri-spondenza.

XXXVIII.18. Terminazione a testa di pesceNr. inv. X104; lungh. 4,8 cm. Bronzo. Superficie

opaca, priva di patina. Decorazione incisa. Frammento.Incrostazioni varie. Vetrina VII.

Terminazione raffigurante testa pesce resorealisticamente nella parte anteriore della testagrazie alla decorazione incisa. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO XXXIX: Lucerne e candelabro Tav. 4XXXIX.1. Lucerna

Nr. inv. 604; h corpo 4,5 cm; h max 11 cm; lungh.18,5 cm; largh. disco 9 cm; largh. max 13 cm. Bronzo.Patina verde scuro. Integra. Vetrina VII.

Lucerna bilicne con becchi divergenti;ansa impostata verticalmente a forma di ele-mento vegetale, probabilmente una foglia ter-minante con un globetto, sporge dalla parteposteriore del serbatoio; nella parte medianasi riconosce una testa di cigno indefinito(?);canali aperti con due anelli di sospensione;disco a profilo concavo decorato a valva diconchiglia con quattro infundibulo. Fondo adanello rilevato con profilo concavo. TipoMahdia. (Valenza 1977, p. 159) Prima età im-periale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicata comeuna grande lucerna bilychnis di bronzo con ricca decora-zione. La tipologia delle lucerne “a volute” del Tipo Mah-dia, trova antecedenti fittili in ambito greco già nel II sec.a.C. Il modello fu recepito in ambito romano e diffusodalla prima età imperiale con numerose varianti. (Valenza1983, pp. 29 - 31). Trova confronto per la conformazione“a volute” con lucerne di Pompei (Valenza 1983, nr. 43 -43a - 44 - 44a - 45 - 45a, p. 31) e con altri esempi ancheper la forma dell’ansa (Valenza 1983, nr. 46 - 46a - 48, p.31).

XXXIX.2. LucernaNr. inv. 650; h 4,5 cm; lungh. 24,5 cm; largh. 8,6 cm.

Bronzo. Patina verde scuro. Integra. Vetrina VII.Lucerna bilicne con becchi divergenti; ansa

impostata verticalmente a sezione rettangolaree sporgente dalla parte posteriore del serbatoio;canali rotondi terminanti con beccucci a bordirilevati e infossati; disco a profilo convesso li-scio con un unico infundibulum centrale. Fondopiatto. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicata comeuna grande lucerna bilychnis di bronzo.

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XXXIX.3. LucernaNr. inv. Z26; h 2,5 cm; h con ansa 4,2 cm; lungh. tot.

9,4 cm; largh. 5,8 cm. Bronzo patina verde scuro. Mutila,manca parte dell’ansa. Superficie deteriorata. VetrinaXXIII.

Lucerna composta da due parti con corpoaperto rotondeggiante; canale aperto non di-stinto dal serbatoio; ansa impostata vertical-mente a sezione ellittica e sporgente dalla parteposteriore del serbatoio; disco liscio con grandeinfundibulum centrale; fondo piatto. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde alla catalogazione effettuata peri reperti di Monete Vairano, non rintracciabile. È utiliz-zata soprattutto sui candelabri e corrispondente ad una ti-pologia a partire dal VII sec. a.C. e per un arcocronologico molto ampio; nel mondo romano viene pro-dotta nelle forme più diverse ed è in uso per tutta l’etàimperiale. Trova confronto con una simile conservata nelMuseo Arch. di Padova (Zampieri 2000, nr. 369, p. 191).

XXXIX.4. CandelabroNr. inv. 605; h 36 cm. Bronzo. Patina verde scuro. De-

corazione incisa. Mutilo. Superficie deteriorata. Vetrina VII.Candelabro con lunga asta centrale a sezione

poligonale; l’estremità inferiore prevede tre ele-menti poggianti a forma di zampe leonine. Laparte superiore, che reggeva la lucerna, presentauna piccola ciambella circolare dalla quale si di-partono quattro rebbi a sezione poligonale conpiatte terminazioni liliacee, introdotte da unbreve collare e con nucleo triangolare rigonfio;punte di media lunghezza. Lo stelo non sembraessere originario del candelabro, manca il roc-chetto, il raccordo fra treppiede e codolo, cherende il manufatto di minor lunghezza rispettoalla tipologia. Sulle zampe leonine vi sono vo-lute rientranti. Tra le zampe tre elementi serpen-tiformi probabilmente mutili.

La parte superiore corrisponde a una data-zione contenuta entro la prima metà del V sec.a.C. Il candelabro così composto non trova pun-tuale inserimento nella tipologia Testa: la parteinferiore potrebbe rientrare, con dovuta pru-denza, nel tipo C2 Testa, candelabro con ele-menti poggianti a zampe leonine (Testa 1989,pp. 59 - 62) dal quale differisce per le volute

rientranti e i tre elementi serpentiformi. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 605) è identificato

come un candelabrum per sostenere in alto la lucerna.Per la parte superiore trova confronto a Vulci e con

un candelabro di provenienza sconosciuta (Testa 1989,nr. 16, 130) e con un altro conservato nel Museo Grego-riano Etrusco (Sannibale 2008, nr. 115, p. 172).

TIPO XL: Chiavi e elementi di serraturaXL.1. Chiave

Nr. inv. 617; lungh. 8,9 cm. Bronzo fusione piena.Patina verde chiaro. Integra. Corrosioni varie. Vetrina VII.

Impugnatura ad anello "a scorrimento", a se-zione rettangolare e apice a globetto; stelo a se-zione rettangolare; ingegno rettangolare,ortogonale al fusto. I - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è precisata comechiave di porta. Trova confronto nel Museo di Treviso(Galliazzo 1979, nr.8, p. 148); con diverse chiavi, similiper la conformazione dell’ingegno conservate presso ilMuseo Arch. di Padova (Zampieri 2000, nr. 358 - 361,pp. 187 - 189).

XL.2. ChiaveNr. inv. 618; lungh. 7,5 cm. Bronzo fusione piena.

Patina verde chiaro. Integra. Corrosioni varie. Vetrina VII.Impugnatura ad anello "a scorrimento", a se-

zione rettangolare; la prima parte dello stelo è asezione trapezoidale, il resto è a sezione ovale;ingegno rettangolare, ortogonale al fusto condue denti quadrangolari. I - II sec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è precisata comechiave di armadio. Per i confronti vedi XL.1.

XL.3. ChiaveNr. inv. 619; lungh. 7,3 cm. Bronzo fusione piena.

Patina verde scuro. Integra. Corrosioni varie. Vetrina VII.Impugnatura ad anello "a scorrimento", a se-

zione rettangolare; la prima parte dello stelo è asezione rettangolare, il resto è a sezione ovale;ingegno rettangolare, ortogonale al fusto con tredenti rettangolari. La decorazione incisa è suuna faccia del fusto: profonde incisioni, rettan-golari e lineari. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è precisata comechiave di armadio. Trova confronto per la decorazione in-cisa simile e per la conformazione dell’ingegno con unachiave a Sepino (Cb) (Di Niro 2007, nr. 181, pp. 101 - 102).

I BRONZI 127

XL.4. ChiaveNr. inv. 620; lungh. 5 cm. Bronzo fusione piena. Pa-

tina verde chiaro. Integra. Corrosioni varie. Vetrina VII.Impugnatura ad anello "a scorrimento", a se-

zione rettangolare; la prima parte dello stelo è asezione rettangolare più estesa rispetto al restodello stelo; ingegno rettangolare, ortogonale alfusto con due quattro denti rettangolari. I - IIsec. d.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è precisata comeclavis clausa. Per i confronti vedi XL.3.

XL.5. ChiaveNr. inv. 621; lungh. 5,5 cm. Bronzo fusione piena.

Patina verde chiaro. Integra. Corrosioni varie. Vetrina VII.Impugnatura ad anello "a scorrimento", a se-

zione rettangolare e apice a globetto; profilaturaalla base dello stelo con sezione rettangolare;ingegno rettangolare, perpendicolare al fusto.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è precisata comeclavis clausa. Trova confronto con una simile al MuseoNaz. Romano Crypta Balbi (Roma 2001, nr. IV.10.14, pp.543 - 544).

XL.6. ChiaveNr. inv. 622; lungh. 4,5 cm. Bronzo fusione piena.

Patina verde chiaro. Integra. Corrosioni varie. Vetrina VII.Impugnatura ad anello "a scorrimento", a se-

zione rettangolare; stelo con sezione rettango-lare; ingegno rettangolare, perpendicolare alfusto. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è precisata comeclavis clausa. Simile alla XL.5.

XL.7. Elemento di serraturaNr. inv. 623; lungh. 8 cm; sp. 0,9 cm. Bronzo a fu-

sione piena. Patina chiara, non omogenea. Mutilo, mancala parte superiore. Lesioni varie. Vetrina VII.

Stanghetta di serratura del tipo “a scorri-mento” di forma rettangolare piatta. Presenza dicinque fori di cui quattro quadrangolari e unorettangolare mutilo. Epoca romana - altomedie-vale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicato comeun ordigno per serratura. Trova confronti con simili nelMuseo Arch. di Padova (Zampieri 2000, nr. 364 a - d, pp.

189 - 190) e con altri simili nel Museo Naz. RomanoCrypta Balbi (Roma 2001, nr. II.4.915 - 919, pp. 413 -414).

XL.8. Elemento di serraturaNr. inv. 624; lungh. 6 cm; sp. 0,4 cm. Bronzo a fu-

sione piena. Patina chiara, non omogenea. Integro. Ve-trina VII.

Stanghetta di serratura del tipo “a scorri-mento” di forma rettangolare con risega ad an-golo retto ad un’estremità. Desinente con duelinguette di cui una piatta. Presenza di undicifori circolari. Epoca romana-altomedievale. Ine-dito.

Nel catalogo Barone 1899, p. 70) è indicato come unordigno per serratura. Per i confronti vedi XL.7.

TIPO XLI: Elementi di cardineXLI.1. Elemento di cardine

Nr. inv. 641; h 4,3 cm; Ø 5,5 cm. Bronzo. Patinaverde scuro, non omogenea. Integro, contorni lacunosi.Superfici deteriorate. Vetrina VII.

Elemento cilindrico cavo con base piatta.All’interno vi è una parte a rilievo per l’incastrodell’ordigno. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è descritto comeun elemento attinente al cardo delle porte per renderle gi-revoli. Inoltre è specificata la funzione dell’elemento dicardine come perno, strofings e dell’altro elemento delcardo, ovvero il dado o rallino, denominato stropheus.

XLI.2. Elemento di cardineNr. inv. 644; lungh. 8 cm; Ø int. 6 cm; sp. max 1,3

cm. Bronzo. Patina verde chiaro, omogenea. Integro. In-crostazioni varie. Vetrina VII.

Corpo quadrangolare regolare; superficieanteriore con depressione circolare, superficieposteriore piatta. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicato comeuno stropheus, ovvero un dado o rallino attinenti al cardo.

XLI.3. Elemento di cardineNr. inv. 645; lungh. 7 cm; Ø int. 5 cm; sp 1 cm.

Bronzo. Patina verde chiaro, omogenea. Integro. Super-ficie deteriorata. Vetrina VII.

Corpo quadrangolare regolare; superficieanteriore con depressione circolare, superficieposteriore piatta. Inedito.

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Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicato comeuno stropheus, ovvero un dado o rallino attinenti al cardo.

XLI.4. Elemento di cardineNr. inv. 642, 663; largh. 23 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro, non omogenea. Integro. Superfici deteriorate. Ve-trina VII.

Elemento con due alette a sezione trapezioi-dale con tratto a rilievo nella parte centrale e ra-stremato agli estremi. Due fori circolari sullealette. Nella parte centrale è evidente una partecolor marrone riferibile ad un problema di lavo-razione. Inedito.

Il reperto è segnalato con due nr. inv.; si prende inconsiderazione il nr. 642 corrispondente nel catalogo Ba-rone (1899, p. 72) alla descrizione giusta. È indicato comeun ginglymus, ovvero una bandella di bronzo che si arti-cola come un “gomito”. Inoltre si precisa che un elementosimile è stato rinvenuto a Pompei e un altro è conservatoal Museo Britannico.

XLI.5. Elemento di cardineNr. inv. 643; lungh. 7,2 cm; Ø int. 5 cm; sp. max 1

cm. Bronzo. Patina verde chiaro, non omogenea. Integro..Superfici molto deteriorate. Vetrina VII.

Corpo quadrangolare irregolare; superficieanteriore con depressione circolare, superficieposteriore piatta. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicato comeun ginglymus, ovvero una bandella di bronzo che si arti-cola come un “gomito”. Per l’affinità morfologica può es-sere inteso come XLI.2 e 3,ovvero dadi o rallini attinential cardo.

TIPO XLII: ChiodiXLII.1. Chiodo

Nr. inv. 631/1; lungh. 11,2; Ø testa 1,5 cm. Bronzo a fu-sione piena. Patina scura. Mutilo. Manca presumibilmente laparte terminale a punta. Leggere corrosioni. Vetrina VII.

Testa quadrangolare schiacciata; stelo moltospesso a sezione quadrangolare e curvo. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è definito “clavustrabalis”.

XLII.2. ChiodoNr. inv. 631/2; lungh. 8,5 cm; Ø testa 1,5 cm. Bronzo

a fusione piena. Patina scura. Integro. Corrosioni varie.Vetrina VII.

Testa circolare schiacciata; stelo a sezionequadrangolare, incurvato; punta assottigliata.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è definito come unpiccolo chiodo.

XLII.3. ChiodoNr. inv. 631/3; lungh. 7,2 cm; Ø testa 1,5 cm. Bronzo

a fusione piena. Patina chiara. Integro. Corrosioni varie.Vetrina VII.

Testa conica; stelo a sezione quadrangolare,lievemente incurvato; punta fratturata e assotti-gliata. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è definito come unpiccolo chiodo. Simile XLII.2.

XLII.4. ChiodoNr. inv. 151; lungh. 19,8 cm; Ø testa 2,4 cm. Bronzo

a fusione piena. Patina chiara. Integro. Corrosioni varie.Vetrina XXVII.

Testa conica; lungo stelo a sezione quadran-golare, incurvato; punta ben appuntita. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XLII.5. ChiodoNr. inv. 152; lungh. 19 cm; Ø testa 2,3 cm. Bronzo a

fusione piena. Patina chiara. Integro. Corrosioni varie.Vetrina XXVII.

Testa conica; lungo stelo a sezione quadran-golare, incurvato; punta ben appuntita. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO XLIII: TintinnabulumXLIII.1. Tintinnabulum

Nr. inv. 648; h 9 cm; largh. 5 cm. Bronzo fusione piena.Patina verde scuro, omogenea. Mutilo, manca il battaglio el’attacco. Patina corrosa, lesioni sulla presa. Vetrina VII.

Presa ad anello con profilo pentagonale a se-zione circolare; campana a tronco di piramidecon base quadrata e spigoli arrotondati. Gal-liazzo Tipo C/1: tipo a “campanaccio” con cam-pana cilindrica alta. (1979, p. 158). I sec. d.C.Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicato comeun tintinnabulum. Trova confronto a Sepino (Cb) (Di Niro2007, nr. 175, p. 99).

I BRONZI 129

TIPO XLIV: Cucchiai e forchetteXLIV.1. Cucchiaio

Nr. inv. 639/1; lungh. 8 cm; largh. 3,4 cm. Bronzo afusione piena. Patina verde scuro, omogenea. Mutilo,manca parte del manico. Incrostazioni sulla conca. Ve-trina VII.

Cucchiaio di bronzo con conca ovale e pro-fonda; stelo a sezione quadrangolare raccordatoalla conca con gomito accentuato.

Epoca romana. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è specificato l’uso

farmaceutico. Per l’assenza di parte dello stelo e soprat-tutto dell’apice non sono possibili confronti puntuali.

XLIV.2. Cucchiaio con apice “a gemma stiliz-zata”

Nr. inv. 639/2; lungh. 18 cm; largh. 4 cm. Bronzo afusione piena. Superficie opaca priva di patina. Integro.Lievi lesioni sulla conca. Apice decorato. Vetrina VII.

Cucchiaio di bronzo con conca ovale e pro-fonda; stelo a sezione romboidale con curvaturaverso la parte terminale, raccordato alla concacon gomito accentuato; apice decorato congemma stilizzata, preceduta da coppia di moda-nature. I - II sec. d.C. Datazione proposta daGalliazzo per affinità cronologica con reperticontestuali (Galliazzo 1979, pp. 186 - 187).Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è specificato l’usofarmaceutico.

Trova confronto a Padova (Zampieri 2000, nr. 400 a/b /c, p. 201); a Milano (Bolla 1991, nr. 1, p. 51); nellacollezione di Treviso (Galliazzo 1979, nr. 8, 12, 27, pp.183, 187).

XLIV.3. CucchiaioNr. inv. 639/3; lungh. 7 cm; largh. 1,9 cm. Bronzo a

fusione piena. Patina verde chiaro, non uniforme. Mutilo,manca la parte terminale. Presenza di corrosioni. VetrinaVII.

Cucchiaio di bronzo con conca ovale epiatta; stelo a sezione pseudocircolare con at-tacco retto alla conca. Nella parte posteriore, trala conca e l’inizio dello stelo, vi sono due lineeincise a triangolo. Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è specificato l’usofarmaceutico.

XLIV.4. CucchiaioNr. inv. 639/4; h 5,6 cm; Ø 2 cm. Bronzo fusione

piena. Patina verde chiaro, non omogenea. Mutilo, mancal’apice. Presenza di corrosioni. Vetrina VII.

Cucchiaino da filtro di bronzo, conca ro-tonda e profonda con cinque fori; stelo a sezionequadrangolare, modanato a metà della sua lun-ghezza. Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è specificato l’usofarmaceutico.

XLIV.5. Cucchiaio con apice “a zoccolo di cer-vide o capride”

Nr. inv. 163; lungh. 11,5 cm; largh. 3 cm. Bronzo afusione piena. Superficie opaca priva di patina. Integro.Lievi lesioni sulla conca. Apice decorato. Vetrina XXVII.

Cucchiaio di bronzo con conca ovale con at-tacco retto al manico; stelo a sezione poligonalecurvato nella parte iniziale; apice decorato “azoccolo di cervide o capride” preceduto da mo-danatura. Epoca romana. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

Trova confronto a Padova (Zampieri 2000, nr. 398 a- p, pp. 200 - 201); a Milano (Bolla 1991, nr. 1, p. 51);nella collezione di Treviso (Galliazzo 1979, nr. 13 - 16,p. 186).

XLIV.6. CucchiaioNr. inv. X125; lungh. 11.7 cm; largh. max 3,2 cm.

Bronzo a fusione piena. Patina verde scuro, non omoge-nea. Mutilo, manca parte della conca. Incrostazioni varie.Vetrina VII.

Cucchiaio di bronzo con conca presumibil-mente rotonda e piatta; lungo stelo sottile a se-zione quadrangolare con attacco retto allaconca; apice regolare non decorato.

Epoca romana. Inedito.Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-

siva a quella di Barone.Il cucchiaio potrebbe essere associato alla classe

“cucchiaio con apice tronco” e per questo trova confrontocon simili a Padova (Zampieri 2000, nr. 401 a / b, pp. 201- 202).

XLIV.7. Cucchiaio dorato (?)Nr. inv. 665; lungh. 14,5 cm; largh. 2,7 cm. Bronzo

fusione piena. Color marrone. Integro. Vetrina VII.

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Cucchiaino di bronzo con conca ovale e pro-fonda; stelo a sezione quadrangolare, espansonella parte terminale. Età moderna. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 73) è indicato comeun cucchiaino moderno fatto di bronzo antico rifuso.

XLIV.8. ForchettaNr. inv. 639/5; lungh. 16 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro, omogenea. Mutila, mancano i due rebbi estremi.Incrostazioni varie. Vetrina VII.

Forchetta di bronzo a quattro rebbi; manicoa sezione quadrangolare, espanso nella parte ter-minale. Tarda epoca romana imperiale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicata comeuna fuscinula.

XLIV.9. Forchetta di bronzoNr. inv. 639/6; lungh. 15 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro, non omogenea. Mutila, mancano i due rebbiestremi. Incrostazioni varie. Vetrina VII.

Forchetta di bronzo a quattro rebbi; manicoa sezione pseudocircolare, con apice ovale epiatto. Tarda epoca romana imperiale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 72) è indicata comeuna fuscinula.

TIPO XLV: Anelli geminiXLV.1. Anelli gemini cuspidati

Nr. inv. 628; h 3,2 cm; Ø 1,8 cm; lungh. 6,6 cm.Bronzo. Patina verde scuro. Mutilo di una cuspide. Su-perficie corrosa. Vetrina VII.

L’oggetto è composto da due anelli, a se-zione rettangolare; gli anelli sono collegati daun ponte su una delle cui facce si dipartono duecuspidi appaiate a sezione ovale e dalla puntastondata, la singola è mutila. Profilo longitudi-nale dello strumento leggermente concavo dallaparte cuspidata. Fa parte del gruppo A/tipo A1:anelli gemini tricuspidati con tre cuspidi uguali(Sannibale 1998, p. 222). IV - III sec. a.C. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è descritto comeun ordigno per guarnimento da cavalli. Trova confrontonei reperti della Collezione Gorga (Sannibale 1998, nr.269 - 299, pp. 223 - 230).

XLV.2. Anelli gemini cuspidati

Nr. inv. 627; h 3,4 cm; Ø 2,5 cm; lungh. 7 cm.Bronzo. Superficie lucida, patina verde chiaro. VetrinaVII.

L’oggetto è composto da due anelli, a se-zione rettangolare, con due apofisi sulla super-ficie conformati a simbolo fallico (?). Gli anellisono collegati da un ponte su una delle cui faccesi dipartono tre cuspidi di cui due appaiate a se-zione ovale e la singola a sezione triangolare,più massiccia e dalla punta stondata. Profilolongitudinale dello strumento leggermente con-cavo dalla parte cuspidata. Fa parte del gruppoA/tipo A3 /variante a: Anelli gemini tricuspidaticon cuspidi differenti e apofisi conformata asimbolo fallico (?) (Sannibale 1998, pp. 231,233). IV - I II sec. a.C. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è descritto come unordigno per guarnimento da cavalli. Trova confronto nei re-perti della Collezione Gorga (Sannibale 1998, nr. 305 - 308,pp. 233 - 234); a Firenze e dall’Italia (Comstock, Vermuele1971, nr. 704, p. 481 e nr. 707, p. 482); nel Museo Sanniticodi Cb (Di Niro 2007, nr. 400, p. 195).

XLV.3. Anelli gemini cuspidatiNr. inv. 153; h 3,2 cm; Ø 1,8 cm; lungh. 6,6 cm.

Bronzo. Patina verde scuro. Mutilo. Superficie corrosapatina verde scuro. Vetrina XXVII.

L’oggetto è composto da due anelli, a se-zione rettangolare, con quattro apofisi sulla su-perficie conformati a simbolo fallico (?). Glianelli sono collegati da un ponte su una dellecui facce si dipartono tre cuspidi di cui due ap-paiate a sezione ovale e la singola a sezionetriangolare, più massiccia e dalla punta ston-data. Profilo longitudinale dello strumento leg-germente concavo dalla parte cuspidata.

Fa parte del gruppo A/tipo A3 /variante a:Anelli gemini tricuspidati con cuspidi differenti eapofisi conformata a simbolo fallico (?) (Sanni-bale 1998, pp. 231,233). IV - III sec. a.C. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Per i confronti vedi XLV.2.

TIPO XLVI: SigilliXLVI.1. Sigillo

Nr. inv. 240; 5,4 x 1,8 x 0,2 cm. Bronzo fuso. Super-

I BRONZI 131

ficie lucida, patina verde scuro. Decorazione incisa. In-tegro. Vetrina XXVII.

Placca di forma rettangolare sagomata e let-tere rilevate su due linee con legenda retrogada.Anello a sezione circolare; sulla base piatta eleggermente concava, decorazione a spina dipesce o ramo d’ulivo. Nel campo: Veriluari /Ambibuli. Epoca romana. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde a duna catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XLVI.2. SigilloNr. inv. 242; 5,7 x 2 x 0,4 cm. Bronzo fuso. Superfi-

cie lucida, patina verde scuro. Decorazione incisa. Inte-gro. Vetrina XXVII.

Placca di forma rettangolare sagomata e let-tere rilevate su due linee. Presa rettangolare forata.Nel campo: Gnomoni. Epoca romana. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde a duna catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XLVI.3. SigilloNr. inv. 243; 5,4 x 1,8 x 0,2 cm. Bronzo fuso. Super-

ficie lucida, patina verde scuro. Decorazione incisa. In-tegro. Vetrina XXVII.

Placca di forma rettangolare sagomata conlettere rilevate su due linee. Anello a sezionecircolare con base piatta.

Nel campo: M. Antoni. Patrobi. Tra i dueprenomi è un puntino come segno di separa-zione. (Per la legenda si veda CIL IX, 6083/70).Epoca romana. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde a duna catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XLVI.4. SigilloNr. inv. 244; 5,4 x 2,6 x 0,5 cm. Bronzo fuso. Super-

ficie opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa. In-tegro. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.

Placca di forma rettangolare con lettere ri-levate su due linee. Presa circolare piena.

Nel campo: Secun / din I. (Per la legenda siveda CIL IX, 6083/133). Epoca romana. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde a duna catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XLVI.5. Sigillo

Nr. inv. 245; 5,3 x 3 x 0,6 cm. Bronzo fuso. Superfi-cie opaca, patina verde chiaro. Decorazione incisa. Inte-gro. Superficie deteriorata. Vetrina XXVII.

Placca di forma rettangolare con lettere ri-levate su due linee. Legenda retrogada. Anelloa sezione circolare, con terminazione a globettoal centro.

Nel campo: Frateri / vivas. Epoca romana.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde a duna catalogazione succes-siva a quella di Barone.

XLVI.6. SigilloNr. inv. 246; 5,1 x 2,2 x 0,3 cm. Bronzo fuso. Super-

ficie opaca, patina verde scuro. Decorazione incisa. Inte-gro, contorni non definiti su un lato lungo. Superficiedeteriorata. Vetrina XXVII.

Placca di forma rettangolare con lettere ri-levate su due linee. Legenda retrogada. Anelloa sezione circolare.

Nel campo: Pyeti./ (.)avi. Epoca romana.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde a duna catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO XLVII: GuarnizioniXLVII.1. Testa di borchia

Nr. inv. 630/1; Ø 5,4 cm. Bronzo. Superficie opaca,patina verde chiaro. Decorazione incisa. Integro. Super-ficie corrosa. Vetrina VII.

Borchia a forma di disco, profilata; bordorialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone circolare; la parte inferiore è concava,presenta un elemento quadrangolare lungo ilmargine. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza.

Il tipo di guarnizione è molto frequente nel mondoellenistico e anche romano. La particolare conformazionedella parte inferiore, spesso con agganci o incavi, denotala funzione ornamentale (Galliazzo 1979, nr. 4,19 - 20,pp. 217, 219 - 220).

XLVII.2. Testa di borchiaNr. inv. 630/2; Ø 5,3 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde chiaro. Decorazione incisa. Mutilo, mancaparte del contorno. Superficie corrosa. Incrostazioni

AMELIA PISTILLO132

varie. Vetrina VII.Borchia a forma di disco, profilata; bordo

rialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone conico; la parte inferiore è concava, pre-senta elementi a rilievo nella parte centrale. Ine-dito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza. Per il problema della datazione e i con-fronti vedi XLVII.1.

XLVII.3. Testa di borchiaNr. inv. 630/3; Ø 2 cm. Bronzo. Superficie opaca, pa-

tina verde chiaro. Decorazione incisa. Integro. Superficiecorrosa. Vetrina VII.

Borchia a forma di disco, profilata; bordorialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone conico; la parte inferiore è concava, pre-senta un elemento circolare a rilievo nella partecentrale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza. Per il problema della datazione e i con-fronti vedi XLVII.1.

XLVII.4. Testa di borchiaNr. inv. 630/4; Ø 3,7 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde chiaro. Decorazione incisa. Integro. Super-ficie corrosa. Vetrina VII.

Borchia a forma di disco, profilata; bordorialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone conico; la parte inferiore è concava, pre-senta un elemento circolare a rilievo nella partecentrale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza. Per il problema della datazione e i con-fronti vedi XLVII.1.

XLVII.5. Testa di borchiaNr. inv. 630/5; Ø 2,5 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde chiaro. Decorazione incisa. Mutilo, mancaparte del contorno. Superficie corrosa. Vetrina VII.

Borchia a forma di disco, profilata; bordorialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone conico; la parte inferiore è concava, pre-senta un elemento circolare a rilievo nella parte

centrale. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata come

una borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza. Per il problema della datazione e i con-fronti vedi XLVII.1.

XLVII.6. Testa di borchiaNr. inv. 630/6; Ø 3,8 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde chiaro. Decorazione incisa. Integro. Super-ficie corrosa. Vetrina VII.

Borchia a forma di disco, profilata; bordorialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone conico, sormontato da globetto; la parteinferiore è concava, presenta un elemento a ri-lievo nella parte centrale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza. Per il problema della datazione e i con-fronti vedi XLVII.1.

XLVII.7. Testa di borchiaNr. inv. 630/7; Ø 2,7 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde chiaro. Decorazione incisa. Integro. Super-ficie corrosa. Vetrina VII.

Borchia a forma di disco, profilata; bordorialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone circolare; la parte inferiore è concava,presenta un elemento quadrangolare cavo nellaparte centrale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza.

Per il problema della datazione e i confronti vediXLVII.1.

XLVII.8. Testa di borchiaNr. inv. 630/8; Ø 3,8 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde chiaro. Decorazione incisa. Mutilo, mancaparte del contorno. Superficie corrosa. Incrostazionivarie. Vetrina VII.

Borchia a forma di disco, profilata; bordorialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone conico; la parte inferiore è concava, pre-senta incrostazioni. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza. Per il problema della datazione e i con-fronti vedi XLVII.1.

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XLVII.9. Testa di borchiaNr. inv. 630/9; Ø 2,8 cm. Bronzo. Superficie opaca,

patina verde chiaro. Decorazione incisa. Mutilo, mancaparte del contorno. Superficie corrosa. Incrostazionivarie. Vetrina VII.

Borchia a forma di disco, profilata; bordorialzato; parte mediana sollevata e desinente conbottone conico; la parte inferiore è concava, pre-senta elemento a rilievo. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna borchia e inserita in un comparto con altre otto di di-versa grandezza. Per il problema della datazione e i con-fronti vedi XLVII.1.

XLVII.10. Borchia con testa di animaleNr. inv. X105; Ø 3,5 cm. Bronzo. Patina verde scuro.

Integro. Superfici deteriorate. Vetrina VII.Elemento circolare non definibile con base

piatta, leggermente concava e superficie ante-riore decorata a rilievo con figura zoomorfa nondefinita. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO XLVIII: GrappaXLVIII.1. Grappa

Nr. inv. 631/5; lungh. 6,4 cm; largh. 4,7 cm. Bronzofuso. Patina verde chiaro, non omogenea. Integro. Super-ficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

Stelo quadrangolare; forma triangolare inse-rita ortogonalmente allo stelo.

Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicato

come un chiodo e inserito in un comparto con altrioggetti.

TIPO XLIX: PunteruoloXLIX.1. Punteruolo

Nr. inv. 631/6; lungh. 5,2 cm. Bronzo fuso. Patinaverde scuro. Decorazione incisa. Mutilo, probabilmentedella parte superiore. Superficie ossidata e corrosa. Ve-trina VII.

Elemento a sezione circolare nella parte me-diana; un’estremità risulta frammentaria; l’altraestremità è rastremata e a punta. Sul corpo ci-lindrico, incisioni parallele. Inedito.

Il punteruolo probabilmente appartiene al comparto

indicato con il nr. inv. 632 (Barone 1899, p. 71) e relativoa nove oggetti (presenti solo otto) poiché manca la corri-spondenza di un punteruolo.

XLIX.2. PunteruoloNr. inv. 632/1; lungh. 10 cm; largh. 2,1 cm. Bronzo

fuso. Patina verde chiaro. Integro, contorni lacunosi. Su-perficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

Elemento a sezione circolare, rastrematoverso la punta; l’estremità superiore è piatta contre fori circolari. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicato comeun punteruolo e inserito in un comparto con altri sette og-getti.

TIPO L: SaltaleoneL.1. Saltaleoni

Nr. inv. 632/2 e 3; rispettivamente lungh. 7 e 4 cm.Bronzo. Patina verde chiaro. Frammenti. Superfici dete-riorate. Vetrina VII.

Entrambi sono costituiti da un filo a sezionelenticolare torto a spirale fino ad assumere laforma di fuso. Il più lungo ha ventisette avvol-gimenti si assottiglia verso un’estremità. Il piùcorto ha quindici avvolgimenti. Prima Età delFerro. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) sono interpretaticome punteruoli e inseriti nel comparto con altri sette og-getti.

Trovano confronto con simili rinvenuti a San PoloMatese (CB) (De Benedittis 2005, nr. 78 - 81, p. 39; nr.82 - 90, pp. 40 - 41) e a Pontecagnano (d’Agostino, Ga-staldi 1988, p. 63, tipo 37E).

TIPO LII: Guscio noceLI.1. Guscio noce

Nr. inv. X102, LXXXII S; lungh. 3,2 cm; largh. max1,7 cm. Bronzo. Patina verde scuro. Decorazione incisa.Frammento. Superficie deteriorata.Vetrina VII.

Elemento in bronzo a forma di guscio dinoce, resta solo la metà. Striature rese con de-corazioni incise. Posteriormente, cavo. Inedito.

I nr. inv. corrispondono ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO LII: ViteLII.1. Vite

Nr. inv. 632/4; lungh. 8,2 cm. Bronzo. Patina verdechiaro. Integro. Superficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

AMELIA PISTILLO134

Vite di bronzo costituita da corpo cilindricoterminante a punta e estremità opposta con col-legamento filettato. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna vite e inserita nel comparto con altri sette oggetti.

LII.1. ViteNr. inv. 632/5; lungh. 8,1 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro. Integro. Superficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.Vite di bronzo costituita da corpo cilindrico

terminante a punta e estremità opposta con col-legamento filettato. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna vite e inserita nel comparto con altri sette oggetti.Simile a LII.1.

TIPO LIII: Paletta (?)LIII.1. Paletta (?)

Nr. inv. 632/6; lungh. 8,2 cm; largh. 2 cm. Bronzo.Patina verde chiaro. Integro. Superficie corrosa. VetrinaVII.

Corpo formato in due parti: una a sezionecircolare, la parte superiore è appiattita e a puntacurva. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicata comeuna paletta e inserita nel comparto con altri sette oggetti.

TIPO LIV: AncoraLIV.1. Ancora

Nr. inv. 638/; lungh. 6,5 cm. Bronzo. Patina verdescuro. Integro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Piccolo oggetto conformato ad ancora: nellaparte anteriore si riconoscono due elementi co-nici fusi insieme ad un’asta, ad andamento ar-cuato,a sezione circolare in un unico pezzo conla parte superiore trasversale. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, pp. 71 - 72) è indicatacome una piccola ancora e inserita nel comparto con altritre oggetti.

TIPO LV: SperoneLV.1. Sperone

Nr. inv. Z34; lungh. 5,3 cm. Bronzo. Patina verdechiaro. Frammento, resta la metà. Superficie deteriorata.Vetrina XXIII.

Elemento sviluppato in lunghezza a sezionesub-ellittica; un’estremità termina con elemento

conico; l’altra con elemento a forma circolare,piatto, con foro centrale. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione relativaalla Vetrina XXIII, appartenente ai reperti di Monte Vai-rano, purtroppo sconosciuta.

TIPO LVI: AmoLVI.1. Amo

Nr. inv. 515.; lungh. 4,5 cm. Bronzo. Superficieopaca, patina verde scuro. Integro. Superficie ossidata ecorrosa. Vetrina VII.

Ago ricurvo e uncinato alla punta, e con l’al-tra estremità si innestava nella canna “a paletta”.Epoca romana. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicato comeun amo in bronzo.

Trova confronto nel Museo di Padova (Zampieri 200,nr. 427 a / b, p. 211); nel Museo Civico di Treviso (Gal-liazzo 1979, nr. 1 - 2, p. 207); nel Museo Naz. RomanoCrypta Balbi (Roma 2001, nr. II.4.299 - 301, p. 349).

LVI.2. AmoNr. inv. 516; lungh. 3,9 cm. Bronzo. Superficie

opaca, patina verde scuro. Integro. Superficie ossidata ecorrosa. Vetrina VII.

Ago ricurvo e uncinato alla punta, e con l’al-tra estremità si innestava nella canna “a paletta”.

Epoca romana. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 66) è indicato come

un amo in bronzo. Per i confronti vedi LVI.1.

TIPO LVII: UncinoLVII.1. Uncino

Nr. inv. 625; lungh. 6 cm; largh. max 4,1 cm. Bronzo.Patina verde scuro. Integro. Vetrina VII.

Elemento a forma di uncino con sezione ret-tangolare; un’estremità termina a punta; l’altracon elemento cilindrico forato. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 70) è indicato comeun uncino per bilancia.

TIPO LVIII: GuardaspigoliLVIII.1. Guardaspigoli

Nr. inv. 631/5; lungh. 9,9 cm; largh. 7 cm. Bronzofuso. Patina verde chiaro, non omogenea. Integro. Super-ficie ossidata e corrosa. Vetrina VII.

Strumento a forma di “L” rappresentante unguardaspigoli di mobile. Costituito da una la-

I BRONZI 135

mina piegata ad angolo retto caratterizzato dallapresenza di lobi alle estremità con foro passantein ognuno di questi. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 71) è indicato comeuno squadro o angolo, detto ancon, da cassetta e posizio-nato nel comparto insieme ad altri cinque oggetti.

Trova confronto con un esemplare simile della Col-lezione Gorga (Benedettini 2012, nr. 1476, p. 481).

TIPO LIX: Sgabello miniaturisticoLIX.1. Sgabello miniaturistico

Nr. inv. X116; 2 x 2 cm. Bronzo. Patina verde scuro.Integro. Superficie deteriorata. Vetrina VII.

Oggetto a forma di sgabellino con quattropiedi verticali su cui è stato fuso in un unicopezzo con la porzione orizzontale che funge dasedile. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO LX: DecorazioneLX.1. Decorazione

Nr. inv. 528; Ø 6,1 cm. Bronzo laminato. Superficieopaca, priva di patina. Decorazione incisa. Integro, lacunenel contorno. Vetrina VII.

Elemento circolare convesso con estremitàappiattita. Nella parte superiore presenta un glo-betto a rilievo e una decorazione a linee longi-tudinali. Sul retro, concavo, vi è un gancio dacui pende un filo di bronzo. Inedito.

Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è descritto comeun modello di campana o cimbalo, chiamato aestherma-rum, in uso nei pubblici bagni per annunciare che l’acquacalda era pronta.

Probabilmente è una decorazione per scudo di bronzoe trova confronto con un esempio simile a San Polo (Cb)(De Benedittis 2005, nr. 106, p. 46) e datato alla PrimaEtà del Ferro. Un altro umbone di scudo proviene da Vin-chiaturo (Cb) (Di Niro 1980, nr.8, p. 46, tav. I,8).

LX.2. DecorazioneNr. inv. 529; Ø 6,4 cm. Bronzo laminato. Superficie

opaca, priva di patina. Decorazione incisa. Integro, lacunenel contorno Vetrina VII.

Elemento circolare convesso con estremitàappiattita. Nella parte superiore presenta un glo-betto a rilievo e una decorazione a linee longi-tudinali. Sul retro, concavo, vi è un gancio da

cui pende un filo di bronzo. Inedito.Nel catalogo Barone (1899, p. 67) è descritto come

un modello di campana o cimbalo, chiamato aestherma-rum, in uso nei pubblici bagni per annunciare che l’acquacalda era pronta. Per la probabile funzione e confrontivedi LX.1.

TIPO LXI: Moneta (?)LXI.1. Moneta (?)

Nr. inv. X111, LXXXIV S; h 1,7 cm; largh. max 1,2cm. Bronzo. Patina verde scuro. Integro. Superfici dete-riorate. Vetrina VII.

Elemento non definibile con base piatta eterminante a forma convessa. Sulle due facceprincipali decorazione indefinibile a rilievo.Monete magnogreche hanno questa conforma-zione. Inedito.

I nr. inv. corrispondono ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

TIPO LXII: Elementi fibula (?)LXII.1. Elemento fibula (?)

Nr. inv. s.nr.; lungh. 5,2 cm. Bronzo. Patina verdechiaro. Frammento. Superficie ossidata e corrosa.

Due elementi uniti nella parte inferiore; unodei due, il più lungo, termina con estremitàpiatta e ovale. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione relativaalla Vetrina XXIII, appartenente ai reperti di Monte Vai-rano, purtroppo sconosciuta.

LXII.2. Molla fibula (?)Nr. inv. Z35; lungh. 3,6 cm. Bronzo. Patina verde

chiaro. Frammento. Superficie deteriorata. Vetrina XXIII.Elemento costituito da una parte sviluppata

in lunghezza, a sezione cilindrica e desinente inglobetto; l’altra parte è ortogonale alla prece-dente ed è costituita da filo avvolto a spirali.Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione relativaalla Vetrina XXIII, appartenente ai reperti di Monte Vai-rano, purtroppo sconosciuta.

TIPO LXIII: FrammentiLXIII.1. Frammento manico di tegame (?)

Nr. inv. X95; lungh. 8,5 cm; sp. 1,4 cm. Bronzo. Pa-tina verde chiaro, non omogenea. Frammento. Superficieossidata e corrosa.

AMELIA PISTILLO136

Frammento a sezione circolare con un’estre-mità curva. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Il reperto è stato rinvenuto in-sieme al nr. inv. X96 all’interno del nr. inv. 486unitamente ad altri tre frammenti inseriti in un contenitoremoderno e indicato con il nr. inv. 573.

LXIII.2. Frammento gancio cinturione (?)Nr. inv. X96; lungh. 4,2 cm; sp. 0,9 cm. Bronzo. Pa-

tina verde chiaro, non omogenea. Frammento. Superficieossidata e corrosa. Vetrina VII.

Frammento a sezione circolare con un’estre-mità curva. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone. Il reperto è stato rinvenuto in-sieme al nr. inv. X95 all’interno del nr. inv. 486unitamente ad altri tre frammenti inseriti in un contenitoremoderno e indicato con il nr. inv. 573.

TIPO LXIV: BottoneLXIV.1. Bottone

Nr. inv. s.nr.; Ø 2,3 cm. Bronzo. Patina verde chiaro.Integro. Vetrina XXVII.

Bottone di forma circolare; superficie ante-riore liscia; parte posteriore con elemento foratoper aggancio. Inedito.

Non presenta il nr. inv.

TIPO LXV: Pendaglio (?)LXV.1. Pendaglio (?)

Nr. inv. XLVII S; h 6,2 cm. Bronzo. Patina verdescuro. Integro. Corrosioni varie. Vetrina XXVII.

Verga a sezione circolare, chiusa, presentaad una estremità il filo di bronzo ritorto. Penda-glio inserito nell’anello di forma convessa; nellaparte posteriore, elemento corroso. L’elementonon può essere classificato come un orecchinoperché presenta verga chiusa. Inedito.

Il nr. inv. corrisponde ad una catalogazione succes-siva a quella di Barone.

I BRONZI 137

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