I Quaderni di Technopolis N°2

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i quaderni di STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE NUMERO 2 | DICEMBRE 2014 Internet of Things GLI OGGETTI E LE PERSONE CONNESSE CAMBIANO IL MODO DI VIVERE E LAVORARE. ECCO COME 04 Scenari I numeri e le tendenze del mondo interconnesso Tecnologie Lte low cost: l’alta velocità per IoT è servita Esperienze Internet delle cose mette radici nel Belpaese 08 12

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dicembre 2014

Transcript of I Quaderni di Technopolis N°2

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i quaderni di

Storie di eccellenza e innovazione nUMero 2 | diceMBre 2014

Internet of Thingsgli oggetti e le persone connesse cambiano il modo di vivere e lavorare. ecco come

04 Scenarii numeri e le tendenzedel mondo interconnesso

Tecnologielte low cost: l’alta velocitàper iot è servita

Esperienzeinternet delle cose metteradici nel belpaese

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Siamo al secondo numero dei Quaderni di Technopolis e per dare continuità al tema della smart city trattato nella prima uscita abbiamo ritenuto utile approfon-dire un altro “fenomeno” oggi molto di moda, quello

dell’Internet of Things. Parliamo, quindi, del mondo inter-connesso, degli apparati e degli oggetti collegati alla Rete e in grado di generare e distribuire informazioni.Lo scenario che caratterizza l’IoT, e con esso il machine-to- machine, è fatto di grandi numeri e di grandi promesse. Dei primi diamo visibilità nelle prime pagine del Quaderno, attingendo ai dati di alcune importanti società di ricerca e appoggiandoci ai pareri di autorevoli esperti in materia. L’Internet delle cose, oltre che una possibile rivoluzione destinata a impattare sensibilmente sul tessuto sociale e industriale, è anche una grande sfida tecnologica.

Per questo occorre capire come dovranno evolvere le infrastrutture (in primis quelle di rete) e come vi sia, contemporaneamente, la necessità di creare standard universali capaci di garantire piena interoperabilità fra sistemi e dispositivi connessi. Quali saranno i futuri sbocchi dell’Iot e il machine-to-machine? A questa domanda abbiamo cercato di rispondere con diversi esempi, spaziando dal mon-do delle quattro ruote a quello del silicio e cercando di spiegare come, a oggi, questa rivoluzione abbia preso (timidamente) piede in Italia. La sensazione è che si tratti di un work in progress ben av-viato ma che necessita, come del resto tutto ciò che è “cam-biamento digitale”, di un quadro sistemico più strutturato. In cui possano convergere esperienze e best practice, centri di ricerca e startup votate all’innovazione.

Editoriale di Gianni Rusconi

SommarioI quaderni di Technopolisn. 2 - dicembre 2014Inserto di Technopolis periodico bimestraleregistrato presso ilTribunale di Milano al n° 378 del 09/10/2012.

Direttore responsabile: Emilio MangoCoordinamento: Gianni RusconiHanno collaborato: Piero Aprile, Valentina Bernocco, Andrea Di Pretorio, Patrizia Fregonara, Paolo Galvani, Laura ToreSales and marketing: Marco Fregonara,Francesco ProiettoFoto e illustrazioni: www.dollarphotoclub.com

Editore, redazione, pubblicità:Indigo Communication SrlVia Faruffini, 13 - 20149 Milanotel: 02 [email protected]: RDS Webprinting - Arcore© Copyright 2012Indigo Communication SrlTutti i diritti di proprietà letterariae artistica riservati.Il Sole 24 Ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilitàper il suo contenuto.Pubblicazione ceduta gratuitamente.

04 Scenari i numeri e le tendenze del

mondo interconnesso

06 le macchine che si parlano:

un business emergente.

e globale

08 Tecnologie lte low cost: l’alta

velocità per iot è servita

10 l’automotive viaggia

sulla strada di m2m

e small data

12 Esperienze internet delle cose mette

radici nel belpaese

14 dal retail al manufacturing,

ecosistema per l’iot cercasi

i quaderni di

Stor ie d i eccellenza e innovaz ione

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Sul pianeta vivono poco meno di 7,3 miliardi di persone, la stima è del sito di statistica Worldmeters.

Le connessioni mobili (e cioè il nume-ro di Sim telefoniche attive) stimate dalla Gsma, l’associazione che riunisce la maggior parte degli operatori telco, sono qualche decina di migliaia in più. Detto che nel secondo conteggio sono inclusi anche i collegamenti tra appara-ti (il cosiddetto machine-to- machine), è facile intuire perché oggi si parli di

I numeri e le tendenze del mondo interconnessoGli oGGetti colleGati alla rete nel 2020 saranno 25 miliardi. nelle aziende, in casa, nelle automobili. ma che cos’è e quanto vale l’internet of thinGs?

mondo interconnesso. Tanto più se guar-diamo ai numeri che ci descrivono nel dettaglio l’Internet delle cose, numeri di grandissima rilevanza. La società di ricerca Gartner prevede che già tra un anno gli oggetti connessi (su rete fissa e mobile) saranno 4,9 miliardi (apparati M2M esclusi), il 30% in più rispetto al 2014; nel 2020 si conteranno invece più di 25 miliardi di “cose” (la maggior par-te in ambito consumer e automotive) in grado di inviare e ricevere dati via In-ternet, un numero 30 volte superiore a

quello registrato a fine 2009. Un boom annunciato dunque, che si rifletterà anche sul giro d’affari dei servizi legati all’IoT, pronto a balzare da 70 a circa 300 miliardi di dollari nel corso dei prossimi cinque anni, mentre secondo le stime degli analisti di Idc il mercato dell’In-ternet of Things nel suo complesso (sen-sori, servizi, piattaforme e strumenti di analytics) potrebbe oltrepassare quota 2.300 miliardi a fine 2014. Di questa ci-fra, il 27% circa deriverebbe dall’ambito consumer, il 19% dal settore pubblico e

testo di Gianni Rusconi [ ]

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I numeri e le tendenze del mondo interconnesso

il resto dall’insieme dei comparti indu-striali. Persone, cose, macchine e pro-cessi stanno diventando e diventeranno sempre più interconnessi in Rete, ali-mentando una crescita che implica an-che un sostanziale aggiornamento delle infrastrutture (leggi: capacità di banda trasmissiva) e la necessità di standard e quadri normativi universali. Un grande ecosistema, in buona sostanza, che ab-braccerà ambiti applicativi molto diver-si, dal marketing di prossimità al mobile payment, dall’infomobility all’asset ma-

nagement, dallo smart metering al fleet management. Parlando dell’Iot c’è chi prefigura una vera e propria rivoluzione, una trasfor-mazione dei processi produttivi e una progressiva convergenza fra il sistema industriale, le soluzioni Ict e le infra-strutture di comunicazione. Secondo Idc, in particolare, nei prossimi ann device, sensori, applicazioni e data cen-ter dialogheranno sempre di più in un ambiente tecnologico eterogeneo, in cui le aziende più innovative (pubbliche e

private) guideranno la sperimentazione e l’adozione su larga scala di reti e appa-rati intelligenti. Ma siamo solo all’inizio del percorso.

La catena del valore dell’innovazioneL’analisi di Imrich Chlamtac, presiden-te della European Alliance for Innova-tion (Eai, consorzio che riunisce diverse realtà, anche italiane, dell’Ict operanti in Europa), ci aiuta a inquadrare meglio le prospettive del fenomeno anche in relazione alle criticità da superare. Pre-messo che le opportunità di sviluppo di servizi e applicazioni IoT sono enormi, va anche rilevato come “l’Europa sem-bri perdere terreno quando si confronta la velocità con cui le idee innovative si trasformano in prodotti di successo nel resto del mondo industrializzato, in par-ticolare negli Stati Uniti, in Corea e in Giappone”. Le opportunità di crescita sono evidenti in molti settori, e in particolare in quel-lo della sanità (con i device indossabili per la cura degli anziani) e delle città intelligenti (con le soluzioni per la ge-stione del traffico per esempio), ma oc-corre cambiare passo. “Per mantenere il ritmo di un mondo in così rapida evolu-zione”, precisa Chlamtac, “e assicurarsi una fetta sostanziale di questo enorme potenziale mercato, l’Europa deve ne-cessariamente promuovere l’innova-zione lungo l’intera catena del valore, favorendo un atteggiamento più orien-tato al prodotto. Il programma Horizon 2020 è un passo nella giusta direzione, ma dovrà essere integrato da iniziative mirate a formare i ricercatori per l’in-novazione”. E non solo. Per sostenere ulteriormen-te la crescita europea nell’Internet of Things, secondo il presidente di Eai, c’è anche la necessità di stanziare fondi nazionali dedicati e politiche adeguate, finalizzate a trasformare velocemente le idee innovative in vere e proprie soluzio-ni. Esempi virtuosi in questa direzione arrivano dalla Germania, con il progetto Industry 4.0 focalizzato sulla manifattu-ra digitale, e dal Regno Unito, con il con-sorzio Hypercat. l

[ ] «L’Europa sembra perdere terreno se si guarda alla velocità con cui le idee innovative diventano prodotti di successo nel resto del mondo industrializzato»

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EnTRO I PROSSIMI AnnI SARAnnO MILIARDI LE COnnESSIOnI ChE REnDERAnnO PIù InTELLIGEnTI APPARATI E DISPOSITIVI. DEnTRO LE FABBRIChE, nELLE CITTà E A BORDO AuTO. ECCO IL FEnOMEnO M2M.

MILIardI dI dEvIcE fra Pa E InduSTrIaMettete insieme il giro d’affari di Pc, smar-

tphone, tablet e wearable device, moltipli-

catelo per due e otterrete quello che fra

cinque anni sarà il valore delle vendite di

apparecchi hardware legati all’Internet of

Things. Le stime sono di BI Intelligence,

secondo cui l’insieme di apparati industriali

per la trasmissione dati e dei sensori inte-

grati dentro a gadget indossabili e sistemi

di domotica darà vita al più grande mercato

di dispositivi di massa della storia della tec-

nologia. un mercato che raggiungerà quota

6,7 miliardi di unità nel 2019, con un tasso

di crescita annuo del 61% e un’incidenza

dell’8% (50 miliardi di dollari) sul giro d’affa-

ri complessivo dell’IoT, e che troverà sbocco

in case, aziende (oggi responsabili del 46%

della domanda) ed enti pubblici.

Oltre 250 milioni di connessioni previste per quest’anno a livello globale, rispet-to ai 195 milioni del 2013. È, secondo

uno studio della Gsm Association, l’ordi-ne di grandezza del machine-to-machine (o M2M), la branca delle telecomunica-zioni che ha aperto il fronte dei dispositivi collegabili a Internet tramite reti fisse e wireless. Il peso di questo segmento sul totale delle connessioni di rete mobile è ancora modesto (e precisamente pari al

2,8%) ma in sensibile crescita (dall’1,4% del 2010): nel 2018 saranno circa due mi-liardi le schede Sim installate dentro a macchine che faranno dialogare fra loro apparati di varia natura e sistemi di con-trollo, generando e distribuendo grandi quantità di informazioni e dati. Perché l’M2M sta decollando a rimorchio, a volte nell’ombra, di un fenomeno più ampio che si chiama Internet delle cose? Perché, a giudizio degli analisti, riflette innanzitutto le sempre più numerose im-plementazioni che i carrier mobili hanno iniziato a concretizzare in diversi settori verticali. Sono infatti oltre 400 gli operato-ri che oggi offrono servizi machine-to-ma-chine in 190 diverse nazioni. Il 70% del totale delle connessioni fa capo a dieci Pa-esi (fra cui l’Italia), e la Cina è quello più virtuoso davanti a Stati Uniti e Giappone.Che il fenomeno non vada considerato una moda passeggera lo dicono, del resto, anche vari addetti ai lavori. Oozi Cats, amministratore delegato (israeliano) di

Le macchine che si parlano: un business emergente. E globale

testo di Gianni Rusconi [ ]

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Sul prossimo numero ”diGital manufactuRinG” www.TECHnopolISmagazInE.IT

Le macchine che si parlano: un business emergente. E globale

InTErnET dELLE cOSE? nO, InTErnET dELLE InTErazIOnISolo l’1% degli oggetti che potrebbero essere connessi è stato finora “agganciato” alla grande

Rete. Se il paradigma IoE, Internet of Everything, va di moda perché ritenuto una sorta di nuova

rivoluzione industriale, di nuova onda “disruptive” della tecnologia, è altrettanto vero che siamo

di fronte a un fenomeno ai suoi albori. O meglio. Di Internet delle cose si parla da tempo ma

quella in cui siamo entrati è già una nuova era, l’era della rete che abbraccia contemporane-

amente non solo oggetti, dispositivi e macchine ma anche persone, processi, relazioni. Senza

dimenticare i dati. L’universo di zettabyte e cose connesse (circa 50 miliardi) in cui saremo chia-

mati a convivere nel 2020 impone, quindi, un altro cambiamento epocale: quello di saper cata-

logare, analizzare, distribuire e utilizzare un’enorme quantità di “mattoncini” digitali, di informa-

zioni che (dentro le aziende) vanno trasformate in valore di business. Come vincere questa sfida?

A detta di luciano Floridi, Professore di Filosofia ed Etica dell’Informazione all’Università di

oxford, la ricetta nasce da un presupposto: “L’Internet of Everything è una rete di interazioni a

cui conseguono i nodi, e non viceversa; la vera rivoluzione è ripensare l’Internet delle cose come

l’Internet delle interazioni, che sono più rilevanti delle cose”. Declinato in ottica vendor hi-tech,

tale assunto diventa una sorta di predizione: “Vincerà chi per primo capirà dove poter generare

valore con le interazioni a scapito di chi produce solo il gadget; chi sfrutterà la crescente potenza

computazionale per creare interfacce ispirate al concetto di user adaptive computing e sistemi

digitali capaci di interpretarci e interagire con l’utente”. un plauso alle Google ed Apple di tur-

no? Sì, ma non solo, perché la stessa affermazione suona anche come un auspicio al fatto che

un giorno, secondo Floridi, potrà essere ordinario leggere “designed in Italy, produced in China”

sull’etichetta di prodotti di alta qualità. Tecnologici e non.

[ ] «La nostra evoluzione dipende già oggi dal progresso del machine-to-machine. La tecnologia deve trovare applicazione in contesti e settori mai immaginati prima»

Telit Plc, inquadra il fenomeno rilevando come non importi “che siano 30 o 50 mi-liardi i dispositivi connessi previsti entro il 2020, perché questi numeri perdono ri-levanza rispetto al potenziale dei fattori chiave alla base di queste stime. La nostra evoluzione come società dipende già oggi completamente dal progresso dell’M2M ed è chiaro come la tecnologia debba trovare applicazione in contesti e settori mai im-maginati prima”.

Non a caso gli analisti parlano di “digital industrial revolution”, e cioè di un’era in cui le cose (macchine, apparati, dispo-sitivi) e le persone connesse stanno alla base del business. Ma chi sono gli attori di questo mondo? Da una parte si muovono le aziende telco con i servizi di connettività; dall’altra concorrono veri e propri speciali-sti, sia sul fronte dei componenti (i moduli M2M) sia su quello applicativo (soluzioni di remote management, sicurezza, analyti-

cs). In ballo, stando alle proiezioni per il 2017 stilate da Infonetics Research, c’è un mercato potenziale di 31 miliardi di dollari (cifra doppia rispetto a quella del 2012). Da quali settori arriverà la domanda più sostanziosa di servizi M2M? Automotive, trasporti e logistica sono oggi i comparti trainanti, che producono circa un terzo del fatturato globale. Le smart city, le con-nected home (con i contatori intelligenti), l’e-health e il retail sono bacini altrettanto importanti per alimentare la creazioni di soluzioni wireless (pagamenti, ticketing, vouchering e altri) che sfruttano le infra-strutture del machine-to-machine. Vitali, in prospettiva, saranno anche l’energia, l’edilizia , il comparto agricolo e, in ambito consumer, i dispositivi indossabili. l

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Lte low cost: l’alta velocità per IoT è servita

le connessioni 4G costano più di quelle bluetooth e Wifi, e rischiano di avere un ruolo marGinale. le telco, però, possono contare sulle economie di scala delle nuove reti.

e stime degli analisti circa il volume d’affari generato dal-le soluzioni machine-to-ma-chine, o più in generale

quelle relative all’Internet delle cose, sono da far tremare i polsi. Si parla di decine di miliardi di dispostivi connessi e di una torta da 19 trilioni di dollari da spartirsi, fra chi si sarà creato uno spa-zio di primo piano in questo mercato, nei prossimi dieci anni. Ci sono evidenti segnali che indicano come le cifre a molti zeri stimate da analisti e società di ricerca abbiano fondamento: si pensi per esempio all’acquisizione di Nest Lab, specialista della domotica semi sconosciuto ai più fino all’inizio di quest’anno, da parte di Google, che per portarsi a casa i suoi ter-mostati intelligenti in grado di regolare la temperatura e rilevare il fumo ha staccato un assegno da 3,2 miliardi di dollari.Gli operatori di telecomunicazioni, na-turalmente, sono parte attiva di questo nuovo mercato, soprattutto quelli più lungimiranti come At&t e Vodafone, ma il loro posto al tavolo dell’Internet of Thin-gs è ancora tutto da verificare. “Se oggi guardiamo il mercato globale di IoT”, ha dichiarato Eran Eshed, co-fondatore di Altair, un piccolo produttore di semicon-duttori, “la fetta che sembra toccare in sorte ai carrier è molto piccola, perché le connessioni su rete cellulare sono ancora molto costose rispetto a tecnologie wire-

less più semplici come WiFi, Bluetooth e ZigBee.”Naturalmente, i costi dei moduli trasmissi-vi con tecnologia cellulare incidono meno nel caso di “oggetti” ad alto prezzo come le automobili e i grandi elettrodomestici, e sono già parte integrante di smartphone e tablet. Più difficile, per i produttori, è pensare di incorporare un circuito di quel tipo in prodotti più economici. È bene ricordare, in tal senso, che il paradigma dell’Internet of Things in teoria potrebbe spingersi fino a mettere in comunicazione qualunque oggetto, anche un banale capo d’abbigliamento piuttosto che un carrello della spesa.Se però la stragrande maggioranza delle cose connesse parlasse attraverso Blue-tooth e ZigBee, il risultato sarebbe una straordinaria occasione mancata per gli operatori, che naturalmente non ci stan-no. Il dato curioso è che a venire in soc-corso delle telco potrebbe essere proprio l’Lte, tecnologia che ha chiesto loro parec-chi sacrifici in termini di investimenti per ammodernare le infrastrutture di rete, ma che sta rapidamente salendo la china delle economie di scala. Il 4G, soprattutto, potrebbe ritagliarsi uno spazio notevole nel mondo IoT se venisse “ridimensiona-to” da tecnologia a banda larghissima a più semplice strumento di comunicazione, perché i suoi elevati costi sono prevalen-temente dovuti alle grandi performance

testo di andrea di PretorioL

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vEndOr aLLa rIcErca dI STandard aPErTIL’industria tecnologica si sta muovendo. Molti grandi nomi come Sony, microsoft ed lg (per un

totale di oltre 50 aziende rappresentate) hanno sposato il progetto della AllSeen Alliance capita-

nato da Qualcomm, con l’intento di facilitare l’interoperabilità dei device e degli oggetti connessi.

Lo stesso fine perseguono Intel, Samsung, Dell e gli altri vendor riuniti nell’Open Interconnect

Consortium. Definire standard aperti su cui edificare l’ecosistema dell’Internet of Things è un pas-

saggio fondamentale e lo conferma anche Sasa marinkovic, evangelist di amd: “Il computing e

l’Internet networking di nuova generazione promettono grandi potenzialità. Prima, però, dobbiamo

migliorare notevolmente l’interoperabilità, i protocolli di elaborazione comuni e le interfacce di

programmazione e soprattutto eliminare le barriere tra piattaforme di calcolo, dispositivi e sistemi

operativi differenti”. E se così non accadesse? L’Internet delle cose, dice Marinkovic, trovereb-

be seri ostacoli al suo sviluppo. L’ostacolo, in questo ragionamento, sta nella necessità di un un

drastico cambio di paradigma tecnologico. L’Internet attuale, spiega l’esperto di Amd, è prevalen-

temente composta da computer e dispositivi del tutto dipendenti da dati acquisiti e creati dalle

persone. nel 2020 avremo invece miliardi di oggetti connessi, che utilizzeranno principalmente in-

formazioni provenienti da altri device (il machine to machine). L’Internet of Things (termine coniato

dal technologist Kevin Ashton) può diventare un’entità capace di autogestirsi, permettendo agli

esseri umani di concentrarsi sulle idee, ma affinché questo avvenga la comunicazione fra oggetti

deve avvenire su più livelli. Dall’hardware che comprende le basi fisiche dell’IoT (le componenti di

calcolo di ogni device) alle metodologie che regolano i collegamenti fra i dispositivi e fra essi e il

cloud. A livello hardware, grazie ad architetture capaci di operare con più tecnologie di micropro-

cessore, questo sta già avvenendo.

di trasmissioni dati richieste fino a ora. “Un downscaling dell’Lte”, dice in anco-ra Eshed in proposito, “potrebbe essere la porta da cui molte telco potrebbero entrare nel mondo dell’IoT; l’interesse da parte loro è già molto alto, considerando che la crescita di questo mercato avverrà comunque nel corso di anni”.Costi a parte, l’attuale limite della tecno-logia 4G è in effetti la scarsa copertura a livello mondiale, copertura che si con-centra sostanzialmente nelle grandi aree urbane e in alcune selezionate località tu-ristiche. “Entro il 2018”, dice però Eshed (che ha sicuramente un’opinione poco di-sinteressata dato che la sua azienda ope-ra quasi esclusivamente con tecnologie Lte), “vedremo sempre meno reti 2G e 3G e sempre più connessioni 4G, e quindi le prospettive di una diffusione capillare ci sono eccome”. Sul fronte degli operatori, ovviamente, si lavora sodo per preparare

la strada alle connessioni Lte, al momento soprattutto in ambito machine-to-machi-ne, segmento dove i clienti finali (le azien-de) apprezzano il valore aggiunto delle so-luzioni e sono disposti a pagare qualcosa in più per il servizio. Vodafone, ad esem-pio, parallelamente allo sviluppo della propria rete ottimizzata per far dialogare le cose (oggetti che molto spesso trasmet-tono “banali” dati numerici e generano molto meno traffico di orde di ragazzini che scaricano film dal Web) sta costruen-do un vero e proprio catalogo dedicato alle imprese e alla Pubblica Amministrazione. Il menu di servizi “smart” messo a punto dall’operatore si focalizza sull’analisi dei dati trasmessi dai dispositivi connessi, che in forma anonima potranno poi essere utilizzati per diversi scopi: per esempio, la previsione del traffico automobilistico e dei flussi turistici o la pianificazione della produzione di energia. l

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tecnologie

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L’automotive viaggia sulla strada di M2M e Small data I SERVIzI E LE SOLuzIOnI MAChInE-TO-MAChInE hAnnO GIà TROVATO AMPIA ADOzIOnE nEL MOnDO DELLE quATTRO RuOTE. TAnTE LE APPLICAzIOnI POSSIBILI, AnChE In AMBITO PuBBLICO.

testo di Piero aprile

nell’universo delle comunicazioni ma-chine to machine non sono i Big Data a contare maggiormente, bensì gli

Small Data. Sono cioè i dati già pronti per l’analisi, tendenzialmente struttura-ti, a favorire il compito dei produttori di componenti telematici e di conseguenza quello delle case automobilistiche. Se c’è un settore che oggi si dimostra molto sensibile verso l’efficacia delle soluzioni M2M, ancor più di utility, beni di consumo e manifatturiero, questo è il mondo automotive. E c’è una ragione che spiega il perché di un’adozione tanto convinta di questa tecnologia: le norma-tive Ue a sostegno della piattaforma di assistenza eCall. Entro il 2015 tutte le nuove auto dovranno essere dotate di moduli M2M in grado di mettere automa-ticamente in comunicazione la vettura, in caso di incidente, con i servizi di emer-genza più vicini. E guarda caso è propria la Commissione Europea a raccomanda-re l’integrazione di una Sim telefonica all’interno del veicolo per trasmettere in modalità wireless, tramite una rete mobile sicura, i dati relativi al veicolo, soluzione ritenuta più affidabile rispetto all’uso del telefonino collegato via cavo al computer di bordo.Che gli autoveicoli possano produrre una vasta quantità di informazioni utili è

risaputo: la vera difficoltà, finora, è sta-ta quella di estrarre tali informazioni e trasformarle in qualcosa che abbia signi-ficato e rilevanza. L’opportunità di mag-gior peso offerta dalla tecnologia M2M, in quest’ottica, risiede innanzitutto nella sua capacità di assicurare una comunica-zione bidirezionale tra l’autoveicolo e un sistema di controllo esterno. Quanto alle sue applicazioni, quella a maggior crescita potenziale è la rileva-zione del comportamento al volante, pre-supposto il fatto che il conducente dia il proprio consenso alla raccolta dei dati . Siamo nell’ambito delle cosiddette “sca-tole nere” per auto, associate a modelli assicurativi basati sullo stile di guida. Direttamente dalla scheda Sim associa-

ta al modulo M2M, le informazioni su velocità, accelerazioni e altri parametri possono essere inviate in automatico alla compagnia assicurativa o alle società di noleggio auto. In prospettiva si tratta di un modello che potrebbe sensibilmente impattare sulla longevità delle autovet-ture, e dal punto di vista ambientale, sui consumi di carburante. Un altro esempio di come i veicoli con-nessi impatteranno su individui e sistemi riguarda il settore pubblico. Tutti i dati generati dalle auto dotate di tecnologia M2M costituiranno una grande fonte di informazioni anonime utili per analizza-re meglio le dinamiche che regolano le reti autostradali (dal traffico alle veloci-tà medie di percorrenza) e per facilitare

IL SILIcIO guIda La rIvOLuzIOnE SMarT carLa popolarità delle soluzioni IoT in ambito automotive sta

crescendo rapidamente, forse perché si vedono i benefici

concreti dei primi progetti. Dietro a ogni soluzione, ovviamente,

ci sono le tecnologie, e Freescale è uno dei fornitori di circu-

iti specializzati. “La domanda è esplosa quando i clienti finali

hanno visto le prime applicazioni con interfacce simili a quelle

degli smartphone che hanno in tasca”, spiega Steve wainwright, vice

presidente e general manager di Freescale Emea. “Al di là dell’innovazione tecnologica che sta

dietro alle soluzioni, gli utenti vogliono vedere le informazioni presentate in modo stimolante,

anche sui display montati sui cruscotti delle auto”. L’altro driver della crescita di soluzioni IoT per

l’automotive è stato sicuramente la disponibilità di strumenti in grado di far risparmiare tempo e

denaro a chi guida. “Il self parking, ad esempio”, prosegue Wainwright, “è tecnicamente dispo-

nibile da anni, ma solo ora la gente lo vuole, perché ne ha finalmente compreso l’utilità. Adesso

è il turno della guida automatica: molte case automobilistiche stanno studiandone i benefici e gli

eventuali ostacoli all’adozione”. Anche per chi, come Freescale, è abituato a progettare circuiti

complessi, la semplicità e l’immediatezza sono dunque la chiave per il successo delle applicazioni

IoT. “Il time to market è il parametro che noi teniamo più in considerazione quando progettiamo un

nuovo circuito”, precisa Wainwright, “e questo ci ha permesso di crescere del 15% anno su anno

rispetto a un mercato che ha fatto registrare comunque un rispettabile 8% di rialzo”.

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tecnologie

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IL fIL rOugE chE LEga L’IOT aLLa SMarT MObILITySfruttare le connessioni Internet per organizzare i propri spostamenti con diverse tipologie di

vetture (utilitarie per i tragitti cittadini e auto più grandi e veloci per i trasferimenti extraur-

bani) combinandoli con viaggi su aerei e treni in una logica di mobilità “door to door”. Il tutto

attivando un’unica prenotazione, naturalmente online, e attraverso un solo account digitale. Lo

scenario immaginato dagli analisti di Frost&Sullivan non è fantascienza, è “semplicemente”

il frutto della convergenza di applicazioni e reti e delle capacità di una tecnologia, l’Internet

delle cose, che permette di legare a filo doppio questi due mondi. Ottimizzare gli spostamenti

con largo anticipo è una delle facce della mobilità sostenibile ed è un cambio di paradigma che

impatta sia sulle infrastrutture, dai parcheggi alle strade, sia sui modelli di business dell’indu-

stria delle quattro ruote. Ma gli esempi vanno anche oltre. Si pensi ai servizi di car sharing (in

fortissima crescita) e alla loro possibile integrazione nel sistema informatico che gestisce il tra-

sporto pubblico di una città. Dal proprio device mobile si potrà avere accesso a una serie di dati

utili per confezionare su misura e in modo intelligente i propri spostamenti. E tali informazioni

saranno rese disponibili in Rete da satelliti, sensori, apparati e dispositivi fra loro connessi.

il compito delle autorità in caso di inci-denti, ingorghi o di condizioni climatiche avverse. Le informazioni generate dal sistema Abs e relative alla stabilizzazione dei veicoli, per esempio, aiuteranno ad identificare la presenza di lastre di ghiaccio sulle strade e ad organizzare meglio l’opera dei mezzi spargisale. Ma anche i dati relativi alle sospensioni raccolti dalle auto connesse possono avere, grazie alle soluzioni M2M, una grande utilità. Qua-le? Quella di poter rilevare le crepe nel manto stradale prima che si trasformino in vere e proprie buche, tali da causare danni ai veicoli e da pregiudicare l’inco-lumità di chi si muove sulle due e quattro ruote. Anche questi sono esempi di città intelligente. l

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esperienze

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Internet delle cose mette radici nel belpaese

Oggetti e, perché no, anche luoghi. I protagonisti del-la prossima rivoluzione della Rete sono loro. Così,

Internet delle cose sostituirà l’era (che nell’informatica dura pochi anni) dei social network, aprendo di fatto la fase 3.0 del Web. “È la next-big-thing”, dice Filippo Rizzante, chief technology of-ficer di Reply, “uno stadio che avrà un impatto ancora maggiore dei precedenti sul numero di connessioni digitali che verranno attivate nel mondo ma anche, più in generale, sulla vita quotidiana di tutti noi”. È paradossale che siano pro-prio gli oggetti inanimati a incidere così tanto sull’evoluzione del genere umano, ma tutti gli indicatori dicono che sarà effettivamente così. Dicono, anzi, che l’ondata silenziosa delle cose connesse è già iniziata. “I segnali che il processo è già in atto sono tanti”, spiega Rizzante, “ma il più evidente è la concentrazione degli investimenti in IoT, sia da parte de-gli attori istituzionali sia da soggetti non tradizionali, come avviene grazie al feno-meno del crowdfunding. La cosa bella è

che questa volta la conoscenza è estesa e parcellizzata, non c’è un’oligarchia del know-how bensì anche chi ha pochi mez-zi ce la può fare”.Questa democratizzazione della cono-scenza in ambito Internet of Things ha permesso la nascita di startup promet-tenti in tutto il mondo, anche nelle zone meno sviluppate, togliendo alla Silicon Valley lo scettro di incubatore per eccel-lenza di aziende hi-tech. “Molto spesso”, spiega Rizzante, “ci troviamo di fronte a geniali mix di hardware, software e desi-gn (pensiamo al segmento dei wearable) che non necessitano di ingenti investi-menti in ricerca di base, ma che si otten-gono semplicemente dosando con crea-tività componenti già disponibili, come succede nel mondo dell’open hardware”. Dove ci sono genio e creatività (e dove non sono necessari investimenti a troppi zeri) emergono i talenti italiani. Anche per questo motivo, la scommessa fatta da Reply nel 2009 con l’acquisizione del centro di ricerca Motorola, che già allora studiava le potenzialità dell’Internet of Things, è stata una sfida vinta. “Cinque

anni fa avevamo già intuito la forza del paradigma IoT”, dice Rizzante, “ma ci mancava il know-how ingegneristico ri-volto soprattutto all’hardware. Per que-sto abbiamo puntato tanto sul gruppo di giovani del centro ricerche”. Concept Reply (questo il nome del cen-tro ricerche) ha creato innanzitutto Hi Reply, una piattaforma che abilita il dialogo tra oggetti differenti (il “linguag-gio” di comunicazione di un’automobile è diverso da quello adottato dai produt-tori di elettrodomestici), e sviluppato importanti progetti in ambito medica-

testo di Emilio mango

nel mondo iot la creatività conta più della disponibilità finanziaria. e l’italia può Giocare un ruolo di primo piano.

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le e di mobilità. La strada aperta di Hi Reply poi proseguita con Hi Engage (per il marketing di prossimità), Hi Energy (per le Smart Energy) e Hi Credits (per il mobile payment) ha trovato ora un ul-teriore importante step in Breed Reply, un incubatore basato a Londra, che “al-leverà” startup nel mercato dell’Internet of Everything. “L’esperienza italiana del nostro tessuto imprenditoriale fatto di Pmi”, conclude Rizzante, “calza perfetta-mente al modello emergente del mercato IoT, dove prima di tutto bisogna essere creativi”. l

IOT In ITaLIa, EccO I SETTOrI PIù aTTIvI. LE SMarT cITy? rIMandaTECirca sei milioni di oggetti interconnessi, il 20% in più rispetto all’anno precedente, per un

valore economico di 900 milioni di euro. questa la dimensione, a fine 2013, dell’Internet of

Things italiano secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Iot del politecnico di milano. Ma

più dei valori assoluti (il giro d’affari è cresciuto solo dell’11%) è interessante capire dove l’IoT

e quindi l’insieme di apparati e dispositivi collegati via rete mobile e altre tecnologie radio, stia

prendendo seriamente piede. Il 47% del totale degli oggetti è costituito da automobili (circa

due milioni le vetture connesse in circolazione), il 26% da applicazioni di smart metering in

ambito utility (contatori intelligenti), il 10% da soluzioni di smart asset management in contesti

come il monitoraggio di macchine da gioco e ascensori, il 9% da soluzioni in campo smart home

e smart building, mentre il 5% è in esercizio nel settore della logistica (con decine di migliaia

di automezzi per il trasporto merci). Le smart city, in cui opera solo il 2% degli oggetti connessi,

rimangono uno dei principali campi di sviluppo potenziale dell’IotT ma per il momento siamo

fermi a poche applicazioni dai ritorni certi, in particolare nell’illuminazione pubblica (telecon-

trollo dei lampioni) e nella raccolta dei rifiuti (identificazione dei cassonetti).

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gli investimenti delle aziende in soluzio-ni Iot e machine to machine, oggi anco-ra modesti, sono destinati ad aumenta-

re in modo considerevole e specialmente in alcuni settori: manifatturiero, automo-tive e sanitario soprattutto, ma anche uti-lity dell’energia, logistica e infrastrutture di trasporto. Appliance domestiche, sistemi di riscal-damento, sensori per monitorare le con-dizioni ambientali: molti di questi oggetti saranno dotati di un proprio indirizzo Internet per trasmettere dati ed essere raggiungibili da remoto. Molte imprese non sono però ancora pronte a cavalca-re le capacità che un utilizzo “espanso” della Rete può e potrebbe offrire loro. Le smart city, i sistemi M2M per il metering e l’automazione di fabbrica, l’infomobilità sono applicazioni ancora alla ricerca di un denominatore comune, di standard a cui uniformarsi e di best practice da seguire. Molte iniziative maturate in questi am-biti, dicono gli esperti, nascono in modo isolato, riproducendo scenari proprietari tra loro non correlati. Servono quindi un ecosistema, catene del valore aperte e condivise fra vendor di tecnologia e azien-

aLLa MObILITà dEgLI anzIanI cI PEnSanO I SEnSOrI un serio problema dovuto all’inevitabile declino fisico e delle capacità sensoriali e cognitive: la

riduzione della mobilità degli anziani, la volontà di renderla sicura e assistita, è un ambito in cui

le tecnologie spesso non assicurano adeguato supporto. Il progetto europeo Dali nasce proprio

per ridurre la distanza tra questi utenti e gli strumenti informatici, adottando un paradigma per

essi familiare. Dietro l’apparenza di un normale deambulatore opera, infatti, un sofisticato siste-

ma robotico (denominato c-Walker) in grado di acquisire informazioni sull’ambiente circostante

tramite i propri sensori, nonché di connettersi via Internet a telecamere di sorveglianza e ad altri

deambulatori. usando questi dati, il c-Walker consiglia all’anziano il percorso più confortevole

verso una certa destinazione. Durante lo spostamento, l’utente ha scarsa percezione della natura

robotica del sistema, che lo lascia agire in libertà, fornendo pochi e chiari imput su uno schermo e

segnalando occasionalmente svolte e punti di interesse. qualora ravvisi pericoli, il sistema guida

la persona lungo percorsi sicuri e condivide in Rete l’informazione ad uso e consumo di altri utenti.

de clienti. In Italia, come conferma un’in-dagine svolta da The Innovation Group, a dicembre 2013 le aziende medio-grandi erano ancora ai primi timidi approcci ver-so un fenomeno per cui è comunque pre-vista una rapida crescita (5% di adozione nel 2013, 12% la stima per il 2014). Dove trovare tracce, sin d’ora, della presenza di soluzioni che prevedono lo scambio di dati attraverso una rete di sensori o altri oggetti diversi da Pc o device mobile? Per

testo di Piero aprile

L’ADOzIOnE DELL’InTERnET OF ThInGS nELLE GRAnDI AzIEnDE ITALIAnE è SOLO ALL’InIzIO. ECCO I SETTORI GuIDA.

dal retail al manufacturing, ecosistema per l’IoT cercasi

esempio in ambito retail, dove è diffuso l’utilizzo di tag a radiofrequenza Rfid per ottimizzare la gestione dei magazzini, la logistica e la supply chain. Altre soluzioni avanzate per il controllo della spesa ener-getica sono già operative in comparti quali il building management e il plant/equip-ment management. Sistemi di assistenza e manutenzione predittiva raccolgono dati da sensori collegati alle macchine industriali. Ma siamo solo all’inizio. l

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