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Supplemento al numero 221 di novembre 2004 di MEDIA DUEMILA I quaderni di e reti sono (e ancora di più lo saranno in futuro) fondamentali per il progres- so della società dell’informazione, della conoscenza, di cui siamo parte. È in questa ottica che “Telèma” ha puntualmente raccontato i passi compiuti in questo settore. Ha indicato quelli da compiere. Si è occupata di reti di monitoraggio dei campi elettromagnetici nei numeri di febbraio 2003 (“Telefonia mobile e emis- sioni elettromagnetiche”) e maggio 2004 (“I campi elettromagnetici non sono più sco- nosciuti”). Con questo “Quaderno”, “Telèma” compie un ulteriore passo lungo la stra- da della conoscenza (necessaria per definire bene le cose da fare) cercando di realiz- zare una fotografia, il più possibile completa (potremmo chiamarla un piccolo “libro bianco”) sulle reti di monitoraggio per il controllo dell’ambiente. Sono molti gli agenti fisici che condizionano l’ambiente. Si va dall’inquinamento da gas di scarico delle automobili, all’inquinamento luminoso, a quello delle acque, alle radiazioni di varia natura (ionizzanti e non ionizzanti), ecc. Tutti questi agenti pos- sono (e devono) essere controllati costantemente attraverso reti dedicate che si stan- no sviluppando e affinando utilizzando le nuove tecnologie per la rilevazione e la tra- smissione dei dati (tra parentesi, per completare lo scenario, ricordiamo che esisto- no anche reti orientate alla protezione civile. Ma questo è un altro discorso). La protezione ambientale si sviluppa tramite Agenzie, denominate “Arpa”. Sono i soggetti istituzionalmente preposti al controllo dell’ambiente. Non tutte le Regioni hanno un analogo livello di organizzazione al loro interno, pur avendo compiti ana- loghi. Da qui l’esigenza di analizzare le singole situazioni, di individuare punti di rife- rimento. L’obiettivo: definire la strada ancora da percorrere per dare sicurezza, per fornire risposte concrete al necessario controllo dell’ambiente. Merita intanto registrare che la rete nazionale di monitoraggio dei campi elettro- magnetici è oggi un esempio unico in Europa. Una rete di eccellenza. Dobbiamo rag- giungere questo primato anche in altri settori, puntando innanzitutto sull’integrazio- ne fra le reti esistenti. Una sfida che è un impegno a fare, a dare sostanza alla socie- tà della conoscenza. Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti A cura di Alberto Mucci L

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Supplemento al numero 221 di novembre 2004 di MEDIA DUEMILA

I quaderni di

e reti sono (e ancora di più lo saranno in futuro) fondamentali per il progres-so della società dell’informazione, della conoscenza, di cui siamo parte. È inquesta ottica che “Telèma” ha puntualmente raccontato i passi compiuti in

questo settore. Ha indicato quelli da compiere. Si è occupata di reti di monitoraggiodei campi elettromagnetici nei numeri di febbraio 2003 (“Telefonia mobile e emis-sioni elettromagnetiche”) e maggio 2004 (“I campi elettromagnetici non sono più sco-nosciuti”). Con questo “Quaderno”, “Telèma” compie un ulteriore passo lungo la stra-da della conoscenza (necessaria per definire bene le cose da fare) cercando di realiz-zare una fotografia, il più possibile completa (potremmo chiamarla un piccolo “librobianco”) sulle reti di monitoraggio per il controllo dell’ambiente.

Sono molti gli agenti fisici che condizionano l’ambiente. Si va dall’inquinamentoda gas di scarico delle automobili, all’inquinamento luminoso, a quello delle acque,alle radiazioni di varia natura (ionizzanti e non ionizzanti), ecc. Tutti questi agenti pos-sono (e devono) essere controllati costantemente attraverso reti dedicate che si stan-no sviluppando e affinando utilizzando le nuove tecnologie per la rilevazione e la tra-smissione dei dati (tra parentesi, per completare lo scenario, ricordiamo che esisto-no anche reti orientate alla protezione civile. Ma questo è un altro discorso).

La protezione ambientale si sviluppa tramite Agenzie, denominate “Arpa”. Sonoi soggetti istituzionalmente preposti al controllo dell’ambiente. Non tutte le Regionihanno un analogo livello di organizzazione al loro interno, pur avendo compiti ana-loghi. Da qui l’esigenza di analizzare le singole situazioni, di individuare punti di rife-rimento. L’obiettivo: definire la strada ancora da percorrere per dare sicurezza, perfornire risposte concrete al necessario controllo dell’ambiente.

Merita intanto registrare che la rete nazionale di monitoraggio dei campi elettro-magnetici è oggi un esempio unico in Europa. Una rete di eccellenza. Dobbiamo rag-giungere questo primato anche in altri settori, puntando innanzitutto sull’integrazio-ne fra le reti esistenti. Una sfida che è un impegno a fare, a dare sostanza alla socie-tà della conoscenza.

Il controllo dell’ambiente si attuamettendo a punto reti efficienti

A cura di Alberto Mucci

L

Sono usciti:

Il Quaderno è stato realizzato dalla Fondazione Ugo Bordoni (Presidente il Prof. Giordano Bruno Guerri,Direttore Generale il Consigliere Guido Salerno, Direttore delle Ricerche l’Ing. Mario Frullone) con ilcoordinamento dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale dell'Emilia Romagna (DirettoreGenerale l’Ing. Edolo Minarelli). Il coordinatore del Quaderno è stato l'Ing. Edolo Minarelli, DirettoreGenerale ARPA Emilia Romagna. Hanno collaborato: Mauro Bompani, Roberto Sogni, Silvia Violanti,ARPA Emilia Romagna, Roberto Caracciolo, Leandro Magro e Giancarlo Torri, APAT, Giovanni d’Amore,Sara Adda e Laura Anglesio, ARPA Piemonte, Giovanni Agnesod e Henri Diémoz ARPA Valle d'Aosta,Marina Barbiroli, Gabriele Falciasecca, Maurizio Tinti, DEIS Università di Bologna, Franco Siccardi,DIAM Università di Genova, Marina Boumis, Paolo Grazioso e Doriana Guiducci, Fondazione Bordoni.

Sono usciti:

Le reti di telecomunicazioni diventano intelligenti marzo 2003Mentre viaggi lavori con Internet aprile 2003 Come garantire sicurezza con lo sviluppo di Internet maggio 2003Le macchine che parlano giugno 2003Le macchine che capiscono luglio-agosto 2003Il progresso tecnologico fra brevetti e standard settembre 2003La rendicontazione? Automatica, ma… ottobre 2003Le nuove tecnologie fotoniche novembre 2003Il progetto Galileo sta diventando realtà dicembre-gennaio 2004Non confondere la biometrica con il “grande fratello febbraio 2004Dal call center al contact center marzo 2004La larga banda si diffonde cambia la vita della gente aprile 2004I campi elettromagnetici non sono più “sconosciuti” maggio 2004Anche l’Italia si dota di un organismo che certifica la sicurezza informatica giugno 2004Il digitale terrestre accende i motori luglio-agosto 2004Una sfida dell’Europa a 25: la molteplicità delle traduzioni settembre 2004Infomobilità: si può viaggiare rimanendo sempre informati ottobre 2004

L'esempio di Arpa Emilia-Romagna nell'organizzazione della rete ambientale

La comunicazione nel conflitto ambientale

Un'esperienza sul campo: reti di monitoraggio gestite da ARPA Emilia-Romagna

La rete nazionale di monitoraggio della radioattività ambientale

Rete di misura della radiazione ultravioletta solare in Valle d'Aosta

Reti di osservazione idrometeorologica

I problemi per la misura di campi elettromagnetici a radiofrequenza con modulazione digitale

Elementi innovativi del monitoraggio ambientale

Precauzione sì, ma “cum grano salis”

INDICEINDICE

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67Novembre 2004

L’esempio di Arpa Emilia-Romagna nell’organizzazione della rete ambientale

N ei sistemi complessi, anche l’analisi di un sin-golo aspetto spesso consente di evidenzia-

re l’insieme delle caratteristiche del sistema, le cri-ticità e le tendenze fondamentali. E la conoscen-za e il controllo dell’ambiente sono indubbiamen-te attività molto complesse, intendendo il termi-ne “complessità” in modo strettamente rigoroso:un sistema strutturato a sua volta in sottosistemicon logiche, tendenze, “vita” propria. Coerente-mente con questa concezione “ologrammatica”,pensiamo che evidenziare alcune strutture salien-ti delle reti di monitoraggio di Arpa Emilia-Roma-gna (peraltro non certo “un frammento” dell’A-genzia) sia non solo un fatto “tecnico”, di descri-zione di metodi, risorse, strumentazioni impiega-te, ma dia contemporaneamente conto dell’inte-ro sistema organizzativo, e persino dei valori fon-damentali e delle strategie dell’Agenzia.

La creazione di Arpa Emilia-Romagna (ma, ten-denzialmente, di tutte le Agenzie) era proprio unarisposta di livello complesso alla complessità dei pro-blemi ambientali; negli otto anni che ci separano dal-l’inizio dell’attività operativa dell’Agenzia sonoaumentate sia la complessità dei temi da affronta-re e della modalità delle risposte, sia – necessaria-mente – la articolazione complessa delle strutturedell’Agenzia che questi temi devono affrontare e chea queste domande devono rispondere; prime tra tut-te queste strutture sono le reti di monitoraggio. Nonsolo: questa tendenza riguarda tutto l’insieme deisoggetti coinvolti nella governance ambientale: nes-sun “controllore”, nessun titolare di autorizzazio-ne, nessuna istituzione può oggi immaginare di ave-re il monopolio su qualche aspetto della comples-sità dei temi, o che il proprio punto di vista non siamesso in relazione con altri approcci, i propri datinon abbiano la necessità di confrontarsi e integrar-si con dati e informazioni prodotti dagli altri sog-getti. Nemmeno è possibile ipotizzare di avere lacompleta visibilità del sistema complesso: solo si puòcercare di tracciare, di volta in volta, la mappa giu-sta, dettagliata e completa, per il particolare tipo diproblema da affrontare, per le specifiche esigenzeche si presentano. Ciò vale sia per le conoscenze nor-mative, sia per quantità e tipologie di controlli e di

dati. A diverse domande(determinate da diversi obiet-tivi: sanitari, di controllo del-l’ambiente a diverse scale ter-ritoriali, di autorizzazione, diconoscenza, ecc.) corrispondo-no diversi strumenti di attivi-tà, metodi e metri di misura,periodizzazioni temporali, ecc.Sono dunque diversi tra loroi quadri di conoscenza cheemergono dalle attività, la cui“verità” dipende dal rigoreinterno alla loro costruzione e insieme dallarispondenza agli obiettivi che si prefiggono. Ciò nonsignifica, tuttavia, che essi siano contrapposti. Sonole polemiche giornalistiche a presentare talvoltacome “concorrenziali” modalità ed esiti di conoscen-za che sono invece semplicemente da integrare, eche apportano il proprio specifico contributo allespecifiche finalità che le determinano.

La complessità è sia all’origine della conoscenzaambientale, come input, come domanda, sia “al ter-mine” del processo, come output: informazioni e datinon sono validi di per sé, ma devono essere interpre-tati e contestualizzati (il che è tipico del muoversi entroun sistema complesso). Un elemento di giudizio, divalore attribuito, si trova dunque sempre connessoalla scientificità del metodo e della pratica di analisi.

L’impegno organizzativo di Arpa Emilia-Roma-gna, in questi anni, è stato di dare vita ad una “mac-china” dotata della cultura, della flessibilità, dell’am-piezza di competenze, della motivazione condivisa,necessarie a trasformare quegli input, quelle doman-de in prodotti (informazioni, conoscenze, progetti,report, analisi) corrispondenti agli obiettivi, esplici-tando e tenendo ben fermi i valori di riferimento.

La complessità e l’articolazione crescenti del-l’Agenzia sono dunque nient’altro che l’allineamen-to della “macchina” con la complessità del con-testo di riferimento e dell’oggetto dell’attività.

All’inizio del 2004 è divenuta operativa, dopo unalunga fase di progettazione degli organismi dirigen-ti dell’Agenzia, e di condivisione con i lavoratori ele loro rappresentanze sindacali, una nuova organiz-

Edolo Minarelli

L'esempio di Arpa Emilia-Romagna nell'organizzazione della rete ambientale

I quaderni di68

zazione di Arpa, che enfatizza due aspetti dell’en-te, strategicamente decisivi, e solo apparentementedivergenti: da un lato, la definizione più netta deicompiti, della mission dei diversi Servizi di ogniSezione provinciale e lo sviluppo di nuovi centri diEccellenza, collocati oggi in ogni Servizio; dall’altro,l’enfasi è posta sulla multireferenzialità di ogni nodo,sulla costruzione di reti di relazioni interne ed ester-ne, dove i diversi nodi dell’Agenzia (o anche diver-si Servizi o Eccellenze) sono di volta in volta inte-ressati e possono avere ruolo di guida di processi oprogetti, a seconda della tipologia di prodotto/ser-vizio da realizzare.

Si tratta di un ulteriore sviluppo di quell’organiz-zazione a rete (per la verità, finora più simile ad un’or-ganizzazione matriciale) che abbiamo voluto fin dal-l’inizio di Arpa. Per promuovere questa riorganiz-zazione è stato necessario il percorso compiuto, disviluppo dell’identità, di acquisizione di competen-ze, di formazione e “allenamento” al lavoro per obiet-

tivi, alla costruzione di gruppi di progetto, alla fles-sibilità progettuale e operativa, alla sburocratizzazio-ne dell’organizzazione. La nuova organizzazioneprende occasione da questi risultati per indicare obiet-tivi coerenti con essi, e più ambiziosi: più integrazio-ne tra i nodi e insieme più specializzazione, più pro-getti in cooperazione con altri soggetti e confini menorigidi con l’esterno, più ascolto degli interlocutori edei clienti per migliorare le capacità di risposta. Nonè casuale l’identità del nome, “reti”, tra l’organizza-zione che ci siamo dati e le strutture che presentia-mo in questo quaderno di Telèma. Come potrebbe,infatti, essere pienamente efficace ed efficiente un enteche gestisce venti reti di monitoraggio dislocate sulterritorio della regione, se non tenesse conto, nel pro-prio modello organizzativo, di quella forma a rete chene costituisce l’ossatura produttiva?

EDOLO MINARELLI

Direttore generale ARPA Emilia Romagna

N el conflitto ambientale(cioè nel confrontarsi su

specifiche e puntuali questionidi visioni differenti, che spessotravalicano di molto la concre-tezza dell’argomento specifico)si evidenzia la natura multifor-me dell’Agenzia e si esalta lanecessità di comunicare insiemeconoscenze ambientali e politi-che di sostenibilità. Questa col-

locazione dell’Agenzia all’interno dei processi digestione dei conflitti ambientali non è un elemen-to originario, ma si è sviluppata nel corso deglianni, con la mutazione dello scenario e della natu-ra stessa delle attività di ARPA. È in virtù deimutamenti di scenario e di obiettivi verificatisi cheall’Agenzia è sempre più richiesto, sia dalle isti-tuzioni di riferimento, sia da interlocutori di varianatura, di intervenire nei conflitti ambientali.

I conflitti sono prevalentemente incentrati sulconfronto (più spesso, sullo scontro) comunica-tivo. La complessità dei dati tecnico scientifici, la

molteplicità delle variabili che si possono poten-zialmente mettere in campo non sono pienamen-te dominabili nemmeno in sede scientifica (o pre-sentano spesso aree di non completezza delleconoscenze); ciò rende confutabili o sostenibilia volte anche le tesi più bizzarre, e favorisce para-dossalmente una loro ipersemplificazione e ridu-zione, tra l’altro gradita ai e favorita dai media.Si tratta di una apparente facilitazione del giudi-zio da parte dei cittadini coinvolti, ma in realtàspesso così si mascherano interessi e cause nonambientali, privilegiando una logica comunicati-va meramente conflittuale a scapito dell’arricchi-mento delle conoscenze che il confronto di diver-si approcci e punti di vista può generare.

La comunicazione si riduce così a drammatiz-zazione dello scontro nella ricerca del consenso,a capacità manipolatoria, a “lotta per il potere”(Romano Màdera), inteso come influenza persua-siva. Una riprova ne è il fatto che spesso le que-stioni ambientali si ipersemplificano, a livello deimedia, nello scontro tra due sole posizioni. Rara-mente gli attori in gioco si preoccupano di dif-

La comunicazione nel conflitto ambientale

Mauro Bompani

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

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ferenziare e articolare le tesi, di proporre “terzeo quarte” ipotesi sulle questioni. Al massimo, trafare e non fare, installare e non installare, può pre-valere la “terza ipotesi apparente”: lasciare tut-to come è. Non è un calembour affermare che inquesta situazione l’Agenzia ambientale si trova inimbarazzo, essendo appunto la “terzietà” uno deisuoi valori guida.

I conflitti ambientali sono dunque conflitti inbuona parte comunicativi. La domanda di comu-nicazione che in questo contesto viene rivolta adARPA non riguarda tanto il rischio ambientale,a ben vedere, quanto domanda sulle ricadute sani-tarie che gli impatti ambientali possono genera-re. Questa considerazione è confermata dal modoin cui la comunicazione ambientale viene tratta-ta dai media (prevalentemente da quelli locali),con l’eccezione di pochi giornalisti specializzati:come comunicazione sanitaria “differita” (è perquesto motivo che, opportunamente, la comuni-cazione del rischio ambientale non può mai esse-re disgiunta da quella relativa al rischio sanitario,e dalla “coproduzione” con le strutture sanitarie)o come comunicazione “catastrofica” o di emer-genza, dove prevale l’enfasi emotiva. Interveni-re nei conflitti, dunque, “solamente” con le armidella piena e inattaccabile conoscenza delle varia-bili ambientali, della pressione, degli impatti, del-le previsioni di scenario, non è generalmente atti-vità destinata ad avere successo, poiché si muo-ve sul piano della razionalità, assolutamente impo-tente a scalfire persuasioni di natura emotiva einconscia. Per converso, non sempre i soggettititolari in prima persona della decisione politicoamministrativa assumono le conoscenze prodot-te dalle Agenzie come strumenti di supporto alledecisioni, ma anzi tendono a volte ad enfatizza-re quelle conoscenze, trasformandole nella deci-sione stessa (cercando così, inutilmente, di evi-tare o depotenziare il conflitto ambientale “pervia tecnico scientifica”).

Occorre essere “laicamente” consapevoli delfatto che la domanda di sicurezza/rassicurazioneindividuale (a volte, meno esplicita ma non menolegittima, di difesa di interessi materiali) prevaleampiamente sulla domanda “etica” di salvaguar-dia della natura, della biodiversità, dei diritti del-le generazioni future, ecc. Sono fondamentali i sin-goli e i gruppi animati da queste motivazioni gene-rali, nella misura in cui riescano ad elaborare stra-tegie di lungo periodo e a tradurle in vantaggi

immediati per ogni individuo (e anche in misurepunitive, se è il caso). Nell’era dell’informazione,ancora più che nel passato, il perseguimento di talifini non può avere successo se non utilizzando glistrumenti del “marketing sociale”. Per ottenererisultati tangibili e misurabili in qualunque cam-pagna di comunicazione sociale occorre fare levaanche sugli elementi emotivi, persuasivi, sui van-taggi “egoistici”. Ciò è da qualche anno semprepiù chiaro all’interno della Pubblica amministra-zione, e però sembra che nel mondo delle Agen-zie ambientali fatichi ancora a trovare adeguataimportanza e articolazione. Ancora deboli sonol’organizzazione degli URP e le attività di comu-nicazione integrata, mentre maggiore attenzioneviene riservata, mediamente, a programmi e ini-ziative di educazione ambientale, che appaionoforse più coerenti con la natura di strumenti ope-rativi delle istituzioni e di fonte di conoscenze attri-buita alle Agenzie (che ciò sia ampiamente opi-nabile nulla toglie allo stato di fatto descritto).

Nel seguito di questo intervento si prenderà adesempio la campagna di comunicazione realizza-ta nell’anno 2000 dalla Regione Emilia-Romagnaed ARPA dedicata all’emergenza campi elettroma-gnetici molto viva in quel momento. Quella posi-tiva esperienza pare una buona esemplificazioneoperativa di quanto fin qui argomentato su un pia-no prevalentemente metodologico e teorico.

“Onde in campo” – Una campagna di comunicazione

La parola esatta e la parola immaginata

Si ricorre alla scelta consapevole di linguaggi figu-rati, metaforici, di parola più immagine (la “paro-la immaginata”) non solo per diffondere messag-gi persuasivi/pubblicitari, ma anche per trasmet-tere esattezza, divulgare tecnologia e scienza,quando si è consapevoli del fatto che non basta“parlare chiaro” o, peggio, “parlare esattamen-te, tecnicamente, da esperti” per convincere. Sitratta di una illusione tecnocratica ed in fondoburocraticamente autoassolutoria per chi ha com-piti di comunicazione e confronto reali con i varipubblici. Chi ha paura dell’aereo, non viene per-suaso da messaggi informativi sul bassissimorischio che si corre rispetto, per esempio, ad anda-re in automobile. Né alcuna compagnia aerea si

La comunicazione nel conflitto ambientale

I quaderni di70

sognerebbe mai di pubblicizzarsi evocando il peri-colo di precipitare, fosse pure per escluderlo.

È la combinazione dell’argomento e del con-tenuto della comunicazione con fattori linguistici(il tono, il contesto, la forma, le passioni, ecc.) econtestuali (ciò che dell’emittente pensano i rice-venti, per esempio) che genera il significato dellacomunicazione stessa, che dunque non sarà maiquello che l’emittente pensa di attribuire.

È dunque inevitabile che la parola, anche se pen-sata come “esatta”, o neutra, venga “immaginata”,cioè tradotta in una specifica forma linguistica. Essanasconde e non rivela, cioè è ri-velata da immagi-ni, da significati attribuiti, dall’emittente e dal rice-vente, a partire dai saperi, dagli orizzonti speciali-stici e di senso in cui ognuno è inserito.

Ciò avviene sia quando si progetta la azionecomunicativa nei suoi diversi aspetti, sia quandonon lo si fa.

La differenza sta nel fatto che “immaginare” laparola con un progetto aumenta il governo dei signi-ficati, ed aumenta la possibilità che passino i con-tenuti che effettivamente vogliamo fare passare.

Certamente, l’onere della decodifica spetta inparte al destinatario, così come la responsabilità “eti-ca” della non manipolazione spetta all’emittente.Tuttavia, il punto chiave è che il significato non èmai predeterminato da una delle due parti, ma sicostituisce nell’incontro tra emittente e ricevente,tra i loro pre-giudizi reciproci.

Progettare una campagna di comunicazione inmodo professionalmente adeguato serve dunquea trasmettere un contenuto con qualche ragione-vole speranza di “farlo passare”, di farlo condi-videre da qualcuno tra i destinatari, coinvolgen-doli pertanto anche emotivamente, con i toni ade-guati a quel problema specifico. Non si tratta per-ciò di una attività che riguarda l’immagine come“bella forma”, ma la sostanza stessa della cosa.

Per esempio, nel caso dei campi elettromagne-tici, il fattore emotivo – molto forte – non potràmai essere vinto da argomentazioni solamenterazionali.

L’allarme sociale al quale assistiamo deriva da fat-tori in cui la non conoscenza si intreccia inestrica-bilmente con “moltiplicatori” emotivi fortissimi:� L’emergenza è nuova ed inedita nella storia del-

l’uomo.� La conoscenza scientifica dei rischi di tipo sani-

tario è incompleta e pertanto non in condizio-ne di rassicurare pienamente.

� Vi è una diffusa sensazione di impotenza daparte dei cittadini, di impossibilità a decide-re ed a governare da sé l’esposizione al rischio.

� La natura del rischio porta a caricarlo emoti-vamente: immaterialità della causa, il suo stes-so nome (radiazioni), il pericolo evocato(leucemia infantile), ecc.Ovviamente, il cuore del messaggio di “Onde

in campo” sono i dati ambientali, le norme, le misu-re, la comunicazione sul rischio. Tuttavia, è pro-prio la credibilità e l’affidabilità di questi dati chesono messi in discussione da una parte della popo-lazione, e sono i margini di cautela da adottare lad-dove i dati mancano che vanno “negoziati”, espli-citati e condivisi con i diversi pubblici.

I temi fondamentali del brief proposto alleagenzie di comunicazione per la definizione delmarchio, del nome e della parte visiva della cam-pagna informativa sui campi elettromagnetici cheha poi preso il nome di “Onde in campo” sonostati quelli sopra ricordati.

In generale, ciò che deve essere trasmesso allospecialista (agenzia di comunicazione) oltre ai con-tenuti è il posizionamento comunicativo che si desi-dera per tutti i soggetti coinvolti.

Sotto questo profilo, la collaborazione, in tuttele fasi della progettazione, tra l’eccellenza regiona-le di ARPA sul tema dei campi elettromagnetici(Sezione provinciale di Piacenza), l’Area Comuni-cazione della Direzione generale e gli assessorati regio-nali alla Sanità ed all’Ambiente è stata fondamenta-le. Nelle diverse fasi del processo di costruzione del-la campagna la “guida” del processo si disloca diver-samente tra i diversi soggetti che concorrono ad essa,ma resta tuttavia imprescindibile la compresenza ditutti i soggetti in ogni momento.

Rispettare ed applicare rigorosamente le “rego-le di base” dell’elaborazione di progetti comunica-tivi significa compiere un passo decisivo verso lacaratteristica più importante che ogni piano dicomunicazione deve avere: la coerenza interna, laomogeneità delle sue parti ed applicazioni:� Stabilire le regole della comunicazione che si

effettua (la politica di comunicazione).� Stabilire le priorità da seguire nella comuni-

cazione (la strategia di comunicazione).� Individuare il mix di strumenti più idonei

(comunicazione diretta, attraverso i media,pubblicitaria, educativa, ecc.), in coerenza coni pubblici da raggiungere e sulla base dellerisorse disponibili.

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

71Novembre 2004

La campagna di comunicazioneintegrata

Gli elementi essenziali

� Il titolo scelto: “Onde in campo. Per saper-ne di più sui campi elettromagnetici” sugge-risce già l’obiettivo della campagna: fornireuna informazione razionale, chiara, corrispon-dente all’identità di Arpa di “affidabile esper-to ambientale”.

� Il titolo esce dal campo semantico del conflit-to (“elettrosmog”, “inquinamento elettroma-gnetico”, ecc.).

� La baseline indica attività, suggerisce un impe-gno da parte degli interlocutori e definisce ilcompito dell’emittente come educativo edinformativo.

� Il marchio è asciutto ed essenziale, anch’esso“razionale”, come l’approccio suggerito. Il varia-re dei suoi colori implica anche un gradiente di“carico emotivo” associato al marchio stesso.

Si è cercato di fornire un luogo, fisico oltre cheinformativo – concettuale, per l’ascolto delle diver-se voci, opinioni ed interessi legittimi che si espri-mono su questo tema. In terzo luogo, si è individua-to nel mondo della scuola un pubblico particolar-mente interessante per questo tipo di messaggio. Per-tanto, particolare attenzione è stata posta nell’ela-borazione dei testi e dei materiali alla possibilità diun loro uso didattico educativo, e nell’organizzazio-ne dell’offerta della mostra e della campagna infor-mativa in generale si è privilegiata la rete dei centrie delle persone attivi nel campo dell’educazioneambientale. Di notevole impatto è stata la contem-poraneità di apertura delle mostre nei nove capo-luoghi di provincia della regione, il che ha aumen-tato l’interesse dei media e dei pubblici interessati.

La gamma di strumenti predisposti– Mostra itinerante, “personalizzata” per le singo-

le province: evidenzia lo stato delle conoscen-ze, sia scientifiche sia riguardo i rischi sanitari,ed il lavoro di ARPA (il catasto delle fonti e leattività di monitoraggio, soprattutto). È la mostrail luogo centrale, l’occasione per portare al con-fronto i conflitti esistenti.

– CD Rom: “Energia intorno alla terra”. Realiz-zato congiuntamente da Sezione Arpa di Pia-cenza, studenti di un Istituto tecnico, AUSL, èuno strumento di educazione ambientale giàmolto richiesto dalle scuole, a supporto dellamostra e per attività didattiche.

– Sito Internet. È stato realizzato il restyling com-pleto coordinandone l’immagine con quella del-la campagna. È strumento chiave di diffusione edi aggiornamento dei dati e delle informazioni.

– Poster didattico. È il “riassunto” dei temi del-la mostra in un unico poster, particolarmenteindicato per le attività in ambito scolastico.

– Opuscolo “La mostra in tasca”: riproduce inte-gralmente la mostra, concludendosi con un“mini test” di verifica della conoscenza acquisita.

– Prove di misura. Le risorse a disposizione nonhanno consentito di arricchire la mostra con atti-vità interattive, quali laboratori, esperimenti, ecc.particolarmente utili per il pubblico in età sco-lare. A ciò si è cercato di ovviare proponendoin diverse Sezioni provinciali visite guidate allamostra stessa accompagnate da tecnici con stru-menti di misura per “far vedere” direttamentei campi generati da piccoli elettrodomesticiappositamente installati, computer, ecc.

– Infine, è da notare che il successo dell’inizia-tiva è legato al lavoro delle singole Sezioni edei referenti per la comunicazione e l’educa-zione ambientale per organizzare la presenzain decine di luoghi ed istituzioni che la han-no richiesta: scuole, comuni, AUSL, centri dieducazione ambientale, ecc.

Il testo è estratto da “LA COMUNICAZIONE DEIRISCHI AMBIENTALI E PER LA SALUTE Stra-tegie di comunicazione del rischio e analisi di alcu-ni casi reali” a cura di Paolo Bevitori Milano, Fran-co Angeli, in uscita a novembre 2004.

MAURO BOMPANI

Servizio Affari istituzionali ARPA Emilia-Romagna

Area Comunicazione e Accesso

Un’esperienza sul campo: reti di monitoraggio gestite da ARPA Emilia-Romagna

I quaderni di72

ARPA Emilia-Romagna gesti-sce direttamente o collabora

alla gestione (come prelievo datie/o supporto analitico) di 20 retidi monitoraggio.

Per rete di monitoraggioambientale si intende una strut-tura organizzata di misure ripe-tute nel tempo, effettuatemediante prelievi automatici omanuali, in punti dislocati spa-

zialmente secondo criteri atti a caratterizzare lostato di una o più matrici ambientali di un’areao di un ecosistema.

Tramite il progetto SINA “Analisi e proget-tazione delle reti di monitoraggio ambientale”,affidatole dalla Regione Emilia Romagna, ARPAsta procedendo alla revisione e adeguamento del-le reti esistenti alle nuove esigenze normative, tec-niche ed informatiche.

Le reti di monitoraggio attualmente gestite diret-tamente o cogestite da ARPA sono le seguenti:� Rete di monitoraggio delle acque superficiali� Rete di monitoraggio delle acque sotterranee� Rete di monitoraggio delle acque marino

costiere� Rete di monitoraggio della subsidenza� Rete di monitoraggio dell’evoluzione del litorale� Rete di monitoraggio dell’inquinamento atmo-

sferico� Rete di monitoraggio delle deposizioni atmo-

sferiche� Rete di monitoraggio della radioattività

ambientale� Rete di monitoraggio dei pollini aerodispersi� Rete di monitoraggio della mutagenesi ambien-

tale� Rete Meteorologica� Monitoraggio dei suoli� Monitoraggio dell’inquinamento acustico� Monitoraggio dei campi elettromagnetici ad

alta frequenza � Rete di monitoraggio delle acque di balneazione

� Rete di monitoraggio acque marine destinatealla molluschicolturaDi seguito si illustrano alcune delle reti sopra cita-

te mettendone in luce le principali caratteristiche.

Monitoraggio dei campi elettromagnetici ad alta frequenza

Lo sviluppo del monitoraggio in continuo (reti)rappresenta una delle principali novità nell’am-bito della valutazione, tramite misure, dei cam-pi elettromagnetici presenti nell’ambiente.

In regione Emilia-Romagna è attivo dal 2001-2002 un sistema di monitoraggio dei campi elettro-magnetici ad alta frequenza gestito da ARPA, defi-nito “rete di monitoraggio”, costituito da stazioni dimisura non fisse ma rilocabili, distribuite in tutte leprovince. La Legge regionale 30/00 e successivemodifiche all’art. 19 prevede che la Regione e gli Entilocali favoriscano “la ricerca, lo sviluppo e l’appli-cazione di tecnologie che consentano di minimizza-re le emissioni degli impianti ovvero realizzare siste-mi di monitoraggio in continuo delle sorgenti”, conla possibilità di attuare intese ed accordi di program-ma con i soggetti gestori. La rete regionale si inte-gra a livello nazionale con la rete di monitoraggioin fase di realizzazione da parte della FondazioneUgo Bordoni (FUB), su finanziamento del Ministe-ro delle Comunicazioni ed in ottemperanza alDPCM 28/03/02 ed alla Legge 3/03, gestita opera-tivamente dalle Agenzie regionali per l’ambiente.

Le stazioni di misura in continuo devono esse-re intese come delle “sentinelle di allarme”: i valo-ri misurati non hanno infatti validità legale ma for-niscono solo informazioni indicative circa ilivelli di campo presenti in un determinato sitoe le relative variazioni temporali. In caso di rile-vamento di valori superiori alle soglie di riferimen-to normativo, ARPA procede ad una verifica del-l’eventuale superamento, mediante esecuzione diulteriori rilievi a carattere ufficiale, condotti conmetodi di misura più accurati.

Un’esperienza sul campo: reti di monitoraggio gestite da ARPA Emilia-Romagna

Silvia Violanti

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

73Novembre 2004

In generale, il monitoraggio in continuo dei cam-pi elettromagnetici risponde ai seguenti obiettivi:� analisi della variabilità temporale;� analisi di situazioni complesse, ad es. per la pre-

senza di molteplici sorgenti che variano neltempo in modo indipendente e di elementi per-turbativi (fattori che rendono inefficaci sia glistrumenti previsionali che i rilievi istantanei);

� monitoraggio di aree estese (con risparmio ditempo e risorse);

� ottimizzazione della pianificazione degli inter-venti;

� maggiore soddisfazione delle aspettative dei cit-tadini con aumento della credibilità e fiducia nel-le istituzioni, in particolare in situazioni di eleva-ta conflittualità sociale, anche in relazione a siti rite-nuti particolarmente sensibili (scuole, ospedali).

Descrizione della struttura della rete

La rete di monitoraggio è costituita da un certonumero di stazioni di rilevamento distribuite sulterritorio da sorvegliare (regione, provincia,comune) e da centrali operative per la gestionedelle stazioni periferiche e la raccolta, validazio-ne, elaborazione, presentazione e diffusione inambito locale dei dati rilevati (centri di control-lo, installati nelle 9 Sezioni provinciali ARPA). Ilsistema è integrato a livello superiore tramite uncentro di controllo regionale che provvedeall’archiviazione sistematica dei dati in un data-base unico ed alla diffusione dei risultati del moni-toraggio attraverso Internet (www.arpa.emr.it:L’ambiente oggi in Emilia-Romagna – Elettro-smog). I dati vengono inoltre inviati al databasenazionale della FUB che implementa il propriosito web (www.monitoraggio.fub.it).

Le stazioni sono di diverso tipo, hanno dimen-sioni e peso contenuti, che le rendono facilmentetrasportabili e ricollocabili, e sono dotate di capa-cità di funzionamento autonomo, che ne consen-te il posizionamento in ambiente esterno, in quan-to alimentate a pannello solare. Un esempio di sta-zione di misura è riportato nella figura 1.

Le stazioni di misura attivate in regione sonoattualmente 60, distribuite tra le varie province,come illustrato in tabella 1 e nella figura 2

Attività di monitoraggio

Le stazioni vengono collocate in strutture pubbli-

che o private (scuole, asili, ospedali, case di cura, casedi riposo) o in edifici privati abitativi e di lavoro dapersonale ARPA, in modo tale da garantire la sicu-rezza sia della strumentazione sia delle persone chenormalmente accedono ai locali interessati.

La scelta dei siti di monitoraggio avviene di nor-ma in accordo con le Amministrazioni competentiper territorio; le campagne di misura hanno in gene-re una durata variabile da un minimo di una setti-mana ad un massimo di due o tre mesi, in base allacriticità dei valori rilevati, alla variabilità delle sor-genti ed alla disponibilità delle strutture ospitanti.

Nel periodo di misura (durata della campagna)i dati vengono trasmessi dalle stazioni perifericheal centro di controllo della Sezione provincialeARPA automaticamente circa ogni 24 ore. Glioperatori ARPA effettuano quindi la validazionedei dati ed alimentano i database regionale enazionale per la pubblicazione dei dati su web.

Nella tabella 2 è riportato un riepilogo dell’at-tività di monitoraggio svolta in regione dalle varieSezioni ARPA, con aggiornamento al 20/05/04.

Rete di monitoraggiodell’inquinamento atmosferico

In Emilia-Romagna il rilevamento sistematicodella qualità dell’aria ha preso avvio nella pri-ma metà degli anni ’70, con la costituzione del-la rete regionale di monitoraggio tramite inizia-tive sia degli Enti Locali e della Regione che del-le principali industrie insediate nelle aree diRavenna, Piacenza, Ferrara e nel Comprenso-rio delle Ceramiche. Con apposite convenzio-ni fra EE.LL. ed industrie, le reti private sonostate inserite, o connesse, nella rete regionaleper evitare inutili duplicazioni e garantire laomogeneità e confrontabilità dei dati rilevati.

Tale sistema venne ampliato, cambiando lasua funzione, alla data di pubblicazione delD.P.C.M. 28/3/1983, con il quale veniva rivolu-zionato il concetto di misura alle immissioniintroducendo anche in Italia limiti di accettabi-lità e limiti massimi di esposizione, detti standarddi qualità, per otto sostanze inquinanti, al finedella protezione igienico-sanitaria della popola-zione. In tale ottica l’esistente rete di rilevamen-to, così come concepita con la Legge 615/66,rimase con il passare del tempo inutilizzata, finoal 1988, anno in cui a seguito dell’emanazionedel D.P.R. 203/88, venne definitivamente disat-

Un’esperienza sul campo: reti di monitoraggio gestite da ARPA Emilia-Romagna

I quaderni di74

tivata nella sua vecchia forma. Il D.P.R. 203/88,in attuazione di un importante pacchetto didirettive CEE (n. 88/779, 82/884, 84/360 e85/203), introdusse valori guida e valori limitedella qualità dell’aria, valori limite alle emissio-ni per gli impianti industriali e obbligo di auto-rizzazione per tutti gli impianti produttivi. Conl’emanazione del D.M. 20 maggio 1991 venne-ro introdotti i criteri base per la realizzazione diun nuovo sistema di rilevamento.

La ristrutturazione avviata nel 1996 ha consen-tito di estendere il monitoraggio ai nuovi inqui-nanti, frazione inalabile delle polveri (PM10) ebenzene, normati nel 1994, la cui origine princi-pale è il traffico veicolare, che costituisce oggi il

fattore maggiormente responsabile dell’inquina-mento delle aree urbane e delle emissioni di alcu-ni gas serra. I principali parametri rilevati dallaattuale rete di monitoraggio sono quindi: Bios-sido di zolfo (SO2), Biossido di azoto (NO2),Ossido di carbonio (CO), Ozono (O3), Partico-lato (PTS e PM10, PM2.5), Benzene.

La rete è quindi costituita a tutt’oggi da novecentri operativi provinciali, da novanta stazioni dirilevamento degli inquinanti, da otto laboratorimobili della Pubblica Amministrazione e da undi-ci stazioni delle reti private. La rete risponde allespecifiche tecniche del Decreto del Ministero del-l’Ambiente del 20 Maggio 1991 “Criteri per la rac-colta dei dati inerenti la qualità dell’aria”.

La Regione Emilia-Romagna, per approntareun sistema di monitoraggio adeguato alla realtàemiliano-romagnola che presenta una diffusaantropizzazione del territorio, nella fase inizialedi valutazione dei differenziati contesti presenti,ha incrementato la rete rispetto alle indicazionidel Decreto, estendendo le misure anche ai cen-tri urbani con 40.000-50.000 abitanti e, in parti-colari casi, installando stazioni di rilevamentoanche in centri abitati minori, confinanti con vasticomprensori industriali e aree urbane.

La tabella 3 mostra un riassunto dei punti dimisura e dei parametri misurati che vengono poimeglio evidenziati nella figura 3 ove viene presen-tata l’ubicazione delle postazioni di misura a livel-lo del territorio regionale.

Dalla figura 3 è osservabile come le stazionidi misura siano a tutt’oggi definite in base alDecreto Ministeriale del 20/05/1991 che leindividuava nel seguente modo:� stazioni di base o di riferimento sulla quale

misurare tutti gli inquinanti primari e secon-dari elencati in figura ed i parametri meteoro-logici di base nonché inquinanti non conven-zionali da valutarsi con metodologie analitichemanuali. Tali stazioni debbono essere preferen-zialmente localizzate in aree non direttamen-te interessate dalle sorgenti di emissioneurbana (parchi, isole pedonali, ecc.);

� stazioni situate in zone ad elevata densità abita-tiva nelle quali misurare la concentrazione di alcu-ni inquinanti primari e secondari con particola-re riferimento a NO2, idrocarburi, SO2, mate-riale particellare in sospensione con caratteriz-zazione della massa, del contenuto in piombo;

� stazioni situate in zone ad elevato traffico per

Figura 1. Stazione per la misura dei livelli dicampo elettromagnetico a radiofrequenza.

TABELLA 1 Distribuzione delle centraTABELLA 1

Distribuzione delle centraline

PROVINCIA

PIACENZA

PARMA

REGGIO EMILIA

MODENA

BOLOGNA

FORLÌ CESENA

FERRARA

RAVENNA

RIMINI

N° STAZIONI

10

3

3

6

8

6

4

6

14

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

75Novembre 2004

la misura degli inquinanti emessi direttamen-te dal traffico autoveicolare, situate in zone adalto rischio espositivo quali strade ad elevatotraffico e bassa ventilazione. In tal caso, i valo-ri di concentrazione rilevati sono caratterizza-ti da una rappresentatività limitata alle vicinan-ze del punto di prelievo;

� stazioni situate in periferia od in aree subur-bane finalizzate alla misura degli inquinantifotochimici da pianificarsi sulla base di cam-pagne preliminari di valutazione dello smogfotochimico particolarmente nei mesi estivi.

Da quanto detto appare evidente come la sto-ria della rete di misura derivi dalle singole espe-rienze provinciali che, sull’onda di un quadro nor-mativo di riferimento frammentario e disartico-lato, hanno dovuto creare e sviluppare le compe-tenze necessarie alla gestione di uno strumentocosì complesso ed articolato.

Con lo sviluppo della normativa di settore,e con la sempre maggiore necessità di otteneredati a supporto delle politiche di gestione del-la qualità dell’aria, è emersa ben presto la neces-sità di operare una riqualificazione della rete di

Figura 2 Distribuzione delle stazioni di misura attive nella Regione Emilia Romagna.

TABELLA 1 Distribuzione delle centraline TABELLA 2

Riepilogo attività di monitoraggio

PROVINCIA

PIACENZA

PARMA

REGGIO EMILIA

MODENA

BOLOGNA

FORLÌ CESENA

FERRARA

RAVENNA

RIMINI

REGIONE

N° CAMPAGNE

110

2

11

44

35

40

67

39

32

380

N° GIORNI DI RILEVAMENTO

5151

1064

496

1075

600

625

930

727

706

11174

Un’esperienza sul campo: reti di monitoraggio gestite da ARPA Emilia-Romagna

I quaderni di76

monitoraggio dell’inquinamento atmosfericodella regione Emilia-Romagna in modo chegarantisse una più omogenea lettura del territo-rio regionale e nel contempo fosse un valido sup-porto all’utilizzo della modellistica, strumentoindispensabile di ampliamento delle conoscen-ze sull’intero territorio. Questo processo è sta-to compiuto:

� dalla Direzione Generale di ARPA, che ha adot-tato la “qualità dell’aria” quale tema prioritariodell’attività dell’agenzia per il triennio 2002-2004;

� dall’Amministrazione Regionale, che nel cor-so del 2001 ha commissionato ad ARPA l’ela-borazione di una proposta di revisione dellarete di monitoraggio dell’aria (Progetto SINA)e nel 2002 l’ha formalmente approvata;

Figura 3. La distribuzione delle postazioni di misura sul territorio.

TABELLA 1 Distribuzione delle centraline TABELLA 3

La configurazione della rete

PIACENZA

PARMA

REGGIO EMILIA

MODENA

BOLOGNA

FERRARA

RAVENNA

FORLÌ/CESENA

RIMINI

TOTALE

STAZIONI FISSE

12

7

15

15

16

7

9

6

4

91

MEZZI MOBILI

1

1

1

1

1

1

1

1

-

8

PARAMETRI (INQUINANTI + METEO)

1

1

1

1

1

1

1

1

-

8

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

77Novembre 2004

� dalla normativa nazionale di recente emanazio-ne, in particolare:– il recente DM 231 del 02/10/2002 – Moda-

lità per la garanzia di qualità del sistema del-le misure di inquinamento atmosferico aisensi del DM 351/99;

– il DM n.60 del 2002, che, nell’adottare ledirettive figlie sulla qualità dell’aria, per laprima volta definisce degli obiettivi di qua-lità dei dati, fra cui l’incertezza e la coper-tura temporale minima, ponendo l’accentoanche sull’aspetto legato alla certificazionedella strumentazione;

� dal contesto europeo, le cui linee guida finaliz-zate alla creazione di una rete europea di moni-toraggio della qualità dell’aria (EUROAIRNET)pongono vincoli stringenti in termini di perfor-mance e di certificazione, finalizzati alla confron-tabilità dei dati.

In tale contesto, inoltre, diventa imprescindi-bile procedere all’implementazione di un siste-ma di gestione che garantisca la qualità di tuttoil processo di monitoraggio, sia nella sua globa-lità che in ciascuna singola fase di cui esso è com-posto. L’esplicitazione e la documentazionedegli obiettivi, della politica aziendale, delleresponsabilità, delle procedure, nonché il con-trollo della documentazione, la formazione delpersonale, la disponibilità di risorse, ecc. costi-tuiscono un passo importante ed obbligatorio peruscire dalla soggettività del procedimento ed

approdare ad una gestione omogenea e standar-dizzata delle reti di monitoraggio.

A tal fine è stata avviata la certificazione della inte-ra rete di monitoraggio dell’aria comprendente l’in-sieme della struttura organizzativa, responsabilità,procedure, procedimenti e risorse messi in atto perla conduzione aziendale della qualità.

La nuova Rete Regionale di Monitoraggio del-la Qualità dell’Aria è al momento in fase di defi-nizione finale e prevede l’utilizzo di un insiemeri-qualificato di stazioni, circa la metà di quelleattualmente presenti, che consente, con una otti-mizzazione dei costi di gestione, di mantenere emigliorare le prestazioni attualmente presenti.

Rete di MonitoraggioAmbientale delle AcqueSuperficiali Interne

� Rete di Monitoraggio Ambientale dei corsi d’acqua superficiali e dei corpiidrici artificiali

I criteri utilizzati per formulare la rete ambien-tale sono quelli definiti dal comma 1.1 dell’alle-gato 1 del D.Lgs.152/99.

Tali criteri hanno condotto all’individuazio-ne di 184 stazioni appartenenti a corpi idricisuperficiali naturali e artificiali (77 di tipo A e107 di tipo B) e di cui 5 riferiti a laghi/invasiartificiali.

Figura 4. La mappa dei bacini idrografici della Regione Emilia Romagna.

Un’esperienza sul campo: reti di monitoraggio gestite da ARPA Emilia-Romagna

I quaderni di78

Le stazioni indicate con A sono ubicate sucorpi idrici significativi, su alcuni corpi che pervalori naturalistici e/o paesaggistici o per par-ticolari utilizzazioni in atto, hanno rilevante inte-resse ambientale e su quei corpi idrici che percarico inquinante convogliato possono avereun’influenza negativa rilevante sul corpo idricosignificativo.

Sono di tipo B quelle stazioni che sono ritenuteutili per completare il quadro delle conoscenze in rela-zione agli obiettivi regionali di tutela e controllo.

In Figura 4 viene riportata la mappa dei baci-ni idrografici della Regione Emilia Romagna.

Nella tabella 4 sono riportate, per ciascuna pro-vincia, il numero di stazioni di tipo A e B, con iltotale che comprende sia quelle riqualificate da Bad A, sia quelle poste sugli invasi artificiali.

� Rete di monitoraggio delle acque di transizione

I criteri che hanno guidato la scelta dei punti sonoi seguenti:– Significatività. I siti individuati sono caratte-

rizzati da significative presenze delle bioce-nosi tipiche delle acque di transizione di quel-l’area.

– Rappresentatività. Il punto di rilevamento costi-tuisce una situazione “media” che rispecchia lecaratteristiche delle acque nel suo intorno.

– Dominio geografico. La stazione è influenza-ta dalla circolazione idraulica e dall’attività bio-

logica di un ampio spazio circostante, al finedi consentire le valutazioni indispensabili perla classificazione.

La rete di rilevamento (19 stazioni di campio-namento) attiene le seguenti aree: Sacca di Goro,Valle Cantone, Valle Nuova, Lago delle Nazioni,Valli di Comacchio, Pialassa Baiona, PialassaPiombone, Ortazzo e Ortazzino.

� Rete di monitoraggio delle acque a specifica destinazione funzionale

Rete di Monitoraggio acque superficiali destina-te alla produzione di acqua potabile (art. 7 ed Alle-gato 2 sezione A DLgs 152/99)La rete delle acque superficiali destinate alla pro-duzione di acqua potabile è costituita da 26 pun-ti di presa distribuiti sia lungo i corsi d’acquasuperficiali sia in laghi/invasi artificiali.

Rete di Monitoraggio acque dolci idonee alla vita deipesci (art. 10 ed Allegato 2 sezione B DLgs 152/99)La rete delle acque dolci idonee alla vita dei pesciè costituita da 86 stazioni di campionamento dicui cinque appartengono alle Zone Umide ai sen-si della Convenzione di Ramsar, uno alla Riser-va Naturale, tre a laghetti appenninici e due adinvasi artificiali.

SILVIA VIOLANTI E MAURO BOMPANI

ARPA Emilia Romagna

TABELLA 1 Distribuzione delle centraline TABELLA 4

Elenco del numero delle stazioni di monitoraggio, per provincia, suddivise per tipo

PROVINCIA

PIACENZA

PARMA

REGGIO EMILIA

MODENA

BOLOGNA

FERRARA

RAVENNA

FORLÌ - CESENA

RIMINI

TOTALE

TIPO A

10

12

7

9

10

6

9

8

6

77

TIPO B

15

19

7

9

8

17

8

12

12

107

NUMERO TOTALE

25

31

14

18

18

23

17

20

18

184

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

79Novembre 2004

Il quadro normativo dei controlli

Iprincipi fondamentali che regolano il controlloe lo scambio di informazioni in materia di

radioattività nell’ambiente, nell’ambito dei paesi del-la Comunità Europea, sono riportati negli artico-li 35 e 36 del trattato istitutivo della Comunità Euro-pea dell’Energia Atomica del 25 marzo 1957 (Trat-tato Euratom) che stabiliscono l’impegno di ciascu-no stato a svolgere in maniera permanente i rela-tivi controlli ed a comunicarne i risultati alla Com-missione su base periodica.

Tali principi sono stati recepiti nella legislazio-ne italiana prima con il DPR 185 del 1964 e negliultimi anni con il D.Lgs. n. 230 del 17 marzo 1995e successive modifiche e integrazioni che disciplinale attività che possono comportare un’esposizionedei lavoratori o della popolazione alle radiazioniionizzanti. Il controllo sulla radioattività ambienta-le è oggetto, in particolare, dell’articolo 104, nel qua-le vengono individuate le amministrazioni centralie periferiche, nonché gli organi di supporto tecni-co, a vario titolo coinvolti nel controllo della radioat-tività ambientale. In particolare, il Ministero perl’Ambiente e per la Tutela del Territorio e il Mini-stero della Salute sono le amministrazioni centralichiamate ad esercitare il controllo rispettivamentedell’ambiente e degli alimenti. Il complesso dei con-trolli è articolato in reti di sorveglianza regionali enazionali. La gestione delle reti regionali è affidataalle singole regioni, mentre all’APAT è affidato ilcompito di coordinamento tecnico delle reti nazio-nali, nonché quello di organismo di riferimento aglieffetti degli artt. 35 e 36 del Trattato Euratom.

Completa il quadro normativo la Raccomanda-zione della Commissione Europea 2000/473/Eura-tom dell’8 giugno 2000, relativa all’applicazione del-l’art. 36 del trattato Euratom, riguardante il con-trollo del grado di radioattività nell’ambiente, alloscopo di determinare l’esposizione dell’insieme del-la popolazione. La raccomandazione stabilisce i cri-teri generali per la realizzazione della struttura del-la rete, suddivide il territorio dell’Unione Europeain macroregioni, definisce i tipi di campionamen-to, le misurazioni da effettuare e le informazioniassociate alle misurazioni stesse.

Discorso a parte merita tutta la problematicadella esposizione a sorgenti naturali di radiazio-ni, che non è stata fino ad ora inserita in una otti-ca di controlli nell’ambito delle reti nazionali, puressendo non trascurabile il contributo alla doseefficace di alcune sorgenti naturali.

L’esposizione dei lavoratori a sorgenti natura-li di radiazioni, ma anche della popolazione, è sta-ta considerata nel D.Lgs 241/00 del 26 maggio2000 che modifica il D.Lgs 230/95. In partico-lare è stata affrontata l’esposizione al radon neiluoghi di lavoro e l’esposizione ai materiali di ori-gine naturale. Sono state individuate alcune atti-vità che possono presentare un rischio non tra-scurabile di esposizione. Resta esclusa dal qua-dro normativo nazionale l’esposizione al radon inambienti residenziali, per i quali, è comunquevigente la raccomandazione della CommissioneEuropea n. 143/EURATOM del 19 febbraio1990. Occorre pertanto valutare per il futuro l’op-portunità di inserire nel sistema dei controlli anchequesto tipo di fonti di esposizione.

Il sistema delle reti di monitoraggiodella radioattività: reti nazionali

Attualmente sono presenti in Italia diverse reti avalenza nazionale:� Rete Nazionale dei laboratori regionali delle

ARPA/APPA e degli istituti, enti e organismiidoneamente attrezzati

� Reti di allarme dell’APAT (REMRAD e RETEGAMMA)

� Rete Nazionale di rilevamento della ricadutaradioattiva del Ministero dell’Interno, Dipar-timento dei Vigili del Fuoco.

In particolare la Rete Nazionale dei laboratori del-le ARPA/APPA e degli istituti, enti e organi-smi idoneamente attrezzati è costituita da:

� 21 Agenzie per la protezione dell’ambiente del-le regioni e delle province autonome di Tren-to e Bolzano.

� Il Laboratorio centrale di Roma della CroceRossa Italiana

� L’Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia el’Ambiente (ENEA)

La rete nazionale di monitoraggiodella radioattività ambientale

La rete nazionale di monitoraggio della radioattività ambientale

I quaderni di

� Il Centro Comune di Ricerca della Commis-sione Europea di Ispra (Varese)

� Il Servizio Meteorologico dell’AeronauticaMilitare.

La rete consiste in un insieme di punti di osser-vazione localizzati sul territorio nazionale opportu-namente definiti secondo criteri geografici, clima-tologici, nonché sulla base di considerazioni concer-nenti la distribuzione della popolazione e le loro abi-tudini alimentari, per analizzare l’andamento spa-zio-temporale delle concentrazioni dei radioelemen-ti in matrici ambientali ed alimentari dei diversi com-parti ambientali interessati dalla diffusione dellaradioattività e dal trasferimento di questa all’uomo.

Il piano di campionamento suggerito per il rile-vamento della radioattività ambientale in Italia èschematicamente riportato nella tabella 5.

Nella Figura 5 è presentata la serie storica deidati di 137Cs relativi alle deposizioni umide e sec-che al suolo rilevate a livello nazionale.

Gli obiettivi per i quali la rete nazionale è statarealizzata riguardano in particolare la capacità di:� seguire, a livello nazionale, l’andamento spa-

zio temporale delle concentrazioni di radioe-lementi nelle matrici ambientali, evidenzian-do eventuali fenomeni di accumulo;

� individuare in modo rapido e monitorare neltempo contaminazioni a seguito di incidentinucleari e radiologici coinvolgenti vaste por-zioni del territorio nazionale;

� fornire le misure necessarie per la valutazione del-

la dose alla popolazione derivante da radionucli-di presenti in matrici ambientali e alimentari;

� costituire la base di dati per una corretta infor-mazione alle istituzioni e alla popolazione.

La rete deve inoltre rispettare i requisiti stabili-ti dalla Raccomandazione 473/2000/Euratom rela-tiva al controllo della radioattività ambientale.

All’APAT sono affidate le funzioni di coordi-namento tecnico sulla base delle direttive in mate-ria, emanate dal Ministero della salute e dal Mini-stero per l’ambiente e per la tutela del territorio,nonché le attività di “reporting”.

Questa rete è altresì chiamata a contribuire inmaniera significativa alla predisposizione dei datiin situazioni di emergenza.

La maggior parte delle misurazioni proviene dal-le attività dei laboratori delle Agenzie regionali e del-le Province autonome di Trento e Bolzano, le qua-li provvedono anche alle misurazioni utili per la rac-colta dei dati relativi alle reti regionali.

Fino al 1998 erano state regolarmente orga-nizzate delle riunioni annuali per la presentazio-ne e la discussione dei risultati del monitorag-gio. In tale sede erano pure discusse la struttu-ra e la funzionalità della rete con proposte dieventuali aggiornamenti e revisioni. Nell’ambi-to dell’attività di coordinamento svolta dall’A-PAT erano stati costituiti dei gruppi di lavoroche hanno realizzato diversi prodotti su standarde procedure comuni da adottare al fine di ren-dere omogenei i metodi di misura adottati daisoggetti coinvolti.

TABELLA 1 Distribuzione delle centraline TABELLA 5

Piano di campionamento e misure effettuate dalla rete nazionale di sorveglianza

MATRICE

PARTICOLATO ATMOSFERICO

DEPOSIZIONI UMIDE E SECCHE AL SUOLO

MATRICI DELL'AMBIENTE ACQUATICO

LATTE

CARNI

CEREALI E DERIVATI

PASTA

VEGETALI

FRUTTA

TFREQUENZA

DI PRELIEVO

GIORNALIERA

MENSILE

SEMESTRALE

SETTIMANALE

MENSILE

STAGIONALE

TRIMESTRALE

STAGIONALE

STAGIONALE

FREQUENZA DELLE MISURE

RADIOMETRICHE

MENSILE

MENSILE

SEMESTRALE

MENSILE

TRIMESTRALE

STAGIONALE

TRIMESTRALE

STAGIONALE

STAGIONALE

80

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

81Novembre 2004

Dal 1999, con l’avvio del progetto dei CentriTematici Nazionali CTN da parte del Ministero perl’ambiente e per la tutela del territorio, coordinatodall’APAT, è stato costituito il CTN Agenti Fisici(CTN-AGF), che ha il principale compito di defi-nire le regole per la produzione, la trasmissione e ladiffusione dei dati. Il Centro Tematico ha in parteraccolto l’eredità dei gruppi di lavoro di cui sopra.Nel primo triennio di attività (1999-2001) sono sta-ti prodotti diversi rapporti sulla tematica delle retidi monitoraggio, due dei quali riguardano l’”Assi-stenza all’APAT per la revisione delle reti naziona-li di controllo della radioattività ambientale” e i “Cri-teri per l’adeguamento degli insiemi di dati sullaradioattività ambientale”.

Aspetti di criticità e possibililinee di sviluppo

La struttura della rete nazionale risponde ade-guatamente alla raccomandazione della Commis-sione 473/2000/Euratom. La configurazionedegli ex Centri Regionali di riferimento per laradioattività ambientale (CRR), tutti confluiti nelsistema agenziale ARPA/APPA, si adatta infattimolto bene alla struttura suggerita dalla racco-mandazione che prevede due componenti:� una rete ”diffusa”, che fornisca misure rappre-

sentative di aree regionali (tipicamente regioni eprovince autonome di Trento e Bolzano)

� una rete “diradata” adatta a fornire dati rappre-sentativi per aree geografiche più estese, già defi-

nite dalla Commissione stessa (tre macroregio-ni corrispondenti a nord, centro e sud). Per quanto riguarda invece gli insiemi dei dati

prodotti, non è stata finora svolta nessuna attivi-tà di adeguamento a quanto richiesto dalla cita-ta raccomandazione. In particolare, basta eviden-ziare la carenza di dati sul trizio in acqua ed alcu-ne carenze sulla dieta mista. Nella tabella 6 è ripor-tato un giudizio qualitativo, basato sulla coper-tura spaziale e sul grado di rispondenza dellemisure attualmente eseguite nell’ambito della retenazionale, rispetto alle matrici ed ai parametririchiesti dalla raccomandazione europea.

In secondo luogo, le riflessioni svolte eviden-ziano la necessità di rafforzare l’attuale livello d’in-tegrazione tra le succitate reti al fine di valoriz-zare al meglio le sinergie esistenti. Ad esempio tut-te possono contribuire al pronto rilevamento disituazioni di contaminazione diffusa – basti ricor-dare la pronta rivelazione della contaminazionedovuta all’incidente di Algeciras del 1998 da par-te dei laboratori delle ARPA – e tutte sono chia-mate, in caso di una eventuale emergenza, a for-nire una maggiore mole di dati per il controllo ela gestione del post-evento.

Le reti di allarme possono, per converso, con-tribuire ad integrare l’insieme dei dati di control-lo della radioattività ambientale che vengono rac-colti in condizioni di routine al fine di soddisfa-re i requisiti di cui all’Art. 104 del D.Lgs. 230/95.

È necessario inoltre iniziare a considerare la pos-sibilità di integrazione con altre reti di campiona-

Figura 5. Andamento del 137Cs nelle deposizioni umide e secche al suolo.

La rete nazionale di monitoraggio della radioattività ambientale

I quaderni di82

mento che insistono sul territorio. Ad esempio, anco-ra, durante il citato incidente di Algeciras risultò mol-to utile la misurazione della radioattività sul parti-colato atmosferico raccolto nell’ambito delle reti peril monitoraggio della qualità dell’aria.

In terzo luogo occorre valutare l’opportuni-tà di comprendere nella rete i dati della radioat-tività naturale. L’esposizione della popolazione edei lavoratori a sorgenti naturali di radiazioni –radon e materiali radioattivi di origine naturale– contribuisce per una frazione rilevante alla doseefficace.

Due ulteriori aspetti devono essere presi inconsiderazione e per la loro importanza merita-no una particolare attenzione: � la realizzazione di uno stabile programma di affi-

dabilità delle misure. Tale attività è di fondamen-tale importanza per garantire un adeguato, ele-vato standard qualitativo delle misure. In pas-sato sono state organizzate campagne di inter-confronto tra laboratori. Occorre riorganizzarein modo sistematico questo indispensabilestrumento con il coinvolgimento, in particola-re, dell’Istituto Nazionale di Metrologia delle

Radiazioni Ionizzanti (INMRI) dell’ENEA.� la razionalizzazione, omogeneizzazione del

sistema di raccolta e di trasmissione dei dati. Attualmente i dati sono prodotti in mododifferenziato dai vari laboratori, rendendoimpossibile una loro lettura in modo auto-matico. Ciò ha reso di fatto impossibile l’or-ganizzazione di una banca dati della radioat-tività ambientale. In particolare, i recenti svi-luppi del Sistema Informativo NazionaleAmbientale (SINA), ma anche l’esigenza dirispondere in modo rapido e preciso allerichieste di trasmissione dei dati da parte del-le autorità competenti (Commissione Euro-pea, Ministeri) e di diffusione della informa-zione, rendono non più rimandabile un’at-tività di standardizzazione della formazione,trasmissione e raccolta dei dati.

ROBERTO SOGNI

ARPA Emilia Romagna-Sezione provinciale di Piacenza

GIANCARLO TORRI E LEANDRO MAGRO

APAT-Servizio controllo radiazioni ambientali

TABELLA 1 Distribuzione delle centraline

TABELLA 6

Rispondenza delle misure effettuate dalla rete nazionale di sorveglianza della radioattività ambientale con quanto

richiesto dalla raccomandazione 473/2000/Euratom, sulla base della copertura spaziale

PARAMETRI

CS-137

BETA TOTALE

DOSE GAMMA

CS-137

BETA RESIDUO

H-3

CS-137

SR-90

NATURALI

CS-137

SR-90

CS-137,

SR-90

STATO E TREND

MATRICE

PARTICOLATO ATMOSFERICO

ARIA

ACQUE SUPERFICIALI

ACQUE POTABILI

LATTE

DIETA MISTA

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

83Novembre 2004

Radiazione ultravioletta solare:le finalità del monitoraggio

L e recenti scoperte della diminuzione di ozo-no stratosferico anche alle medie latitudini

(figura 6) rendono sempre più attuale lo studiodella radiazione ultravioletta solare e dei suoi effet-ti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.

Il territorio della Valle d’Aosta, con un’altitu-dine media superiore a 2000 m, caratterizzato daestese superfici innevate o glacializzate ad altovalore di albedo, sede di attività lavorative e difrequentazione turistico-sportiva a quote eleva-te, è particolarmente sensibile a questi temi.

L’ARPA della Valle d’Aosta ha dunque intra-preso un programma di monitoraggio della com-ponente ultravioletta della radiazione solare le cuiattività sono finalizzate a:� avviare l’acquisizione di una serie storica di dati

utili a valutare le tendenze a medio e lungo ter-mine dell’irradianza solare UV alla superficieterrestre, in connessione alle variazione di ozo-no stratosferico;

� acquisire dati utili all’approfondimento delle cono-scenze in materia di interazione tra la componen-te UV della radiazione solare e l’atmosfera, ancheal fine di una migliore conoscenza delle dinami-che dello smog fotochimico;

� valutare l’esposizione alla radiazione UV sola-

re di una molteplicità di sogget-ti che, per esigenze professiona-li o per svago, svolgono attivitàad alta quota.

La rete di monitoraggio

La rete di monitoraggio UV inallestimento è stata pensata comesistema integrato di strumentazio-ne di misura sul territorio e stru-menti software di valutazione pre-visionale sulla base di modelli radiativi dell’atmo-sfera. A sua volta, la strumentazione di misura è didue livelli: sensori in banda larga, e una stazionespettroradiometrica. Quest’ultima ha una duplicefunzione: permettere la verifica delle prestazioni deisensori in banda larga, e valutare, attraverso l’as-sorbimento selettivo spettrale della radiazione UV,la presenza di inquinanti e l’evoluzione della quan-tità totale di ozono in atmosfera. Si tratta dunquedi un modello di rete assai diverso dallo schema tra-dizionale di una copertura del territorio con unadisseminazione ordinata di punti di misura. Gliobiettivi conoscitivi sono perseguiti attraverso il sup-porto reciproco di validazione puntuale dei model-li di calcolo, resa possibile dalle misure puntuali,ed estensione a tutto il territorio della stima dei livel-li di irraggiamento, fornita dai modelli radiativimedesimi.

La strumentazione

La stazione spettroradiometrica è situatapresso la sede ARPA, nel fondovalle, in prossi-mità di Aosta, ed è equipaggiata con strumentoa doppio monocromatore Bentham DTMc300.Lo spettoradiometro, alloggiato in un contenito-re coibentato (Envirobox) che rende possibile l’o-peratività in campo, misura l’irradianza globalespettrale (W·m-2·nm-1) nella fascia 280-500nm, con passo di 0.25 nm e FWHM di 0.54 nm.Esso è soggetto a protocolli di verifica di calibra-zione QA/QC che ne assicurano il riferimento astandard internazionali. La taratura in doppia sca-la (lunghezze d’onda e sensibilità) dello spettro-

Giovanni Agnesod

Rete di misura della radiazioneultravioletta solare in Valle d’Aosta

Figura 6. il trend decrescente dell'o-zono colonnare.

Rete di misura della radiazione ultravioletta solare in Valle d’Aosta

I quaderni di84

radiometro è effettuata per mezzo di lampade dicalibrazione al mercurio e quarzo-tungsteno cer-tificate NPL. Per una gestione ottimale dei con-trolli di qualità, l’ARPA Valle d’Aosta ha avvia-to una collaborazione con il centro di ricercheeuropeo di Ispra.

I due sensori, a doppia larga banda UV-A (320-

400 nm) e ponderazione eritemale, sono posizio-nati l’uno in fondo valle (Donnas, 314 m) e l’al-tro in quota (La Thuile, 1640 m.)

Il sistema di acquisizione etrasmissione dati e il softwareutilizzati

I dati sono acquisiti nelle stazioni di misuraperiferiche attraverso moduli Advantech a 16 bitinterfacciati a un PC. Un sistema basato sull’u-tilizzo del web server Apache, del databaseMySQL e di script PHP, unitamente all’uso di unmodem GSM, consente all’operatore il control-lo remoto in tempo reale dell’andamento dellemisure e la trasmissione dati presso la sede ARPA(figura 7). I dati di irradianza saranno acquisitie memorizzati come valori mediati su un tempodell’ordine di 10 minuti, in modo da permette-re un’adeguata valutazione dell’indice UV.

Gli algoritmi di correzione delle misure, indi-spensabili per evitare gli errori sistematici indot-ti dai limiti di precisione degli strumenti (rispo-sta spettrale non conforme agli standard, nel casodei rivelatori a BL; errori sulla lunghezza d’on-da, nel caso dello spettroradiometro), saranno pra-ticati in automatico.

Si sottolinea il fatto che la quasi totalità delsoftware utilizzato, modelli compresi, è “OpenSource”, liberamente modificabile e distribuibi-le (nella stessa accezione, per esempio, del siste-ma operativo GNU/Linux).

Le misure e i modelli

Come si è detto, costituisce parte integrantedella rete di monitoraggio l’applicazione dimodelli di trasmittanza radiativi dell’atmosfera (inparticolare LibRadtran, un implementazionedell’algoritmo alle ordinate discrete per la solu-zione dell’equazione del trasporto radiativo), iquali, con opportuni parametri di ingresso con-nessi alle condizioni locali (ozono colonnare, albe-do, angolo solare zenitale…) e validati sulla basedei dati spettroradiometrici sperimentali puntua-li (figura 8), permetteranno la conoscenza e la pre-visione delle condizioni di irradianza solare ultra-violetta sull’intero territorio della Valle d’Aosta.

GIOVANNI AGNESOD E HENRI DIÉMOZ

ARPA Valle d’Aosta – Sezione Agenti Fisici

Figura 7. Il programma di acquisizione, uti-lizzabile con un qualsiasi browser web.Tracciati UV-A e UV eritemale rilevati a LaThuile dal 28 maggio al 5 giugno.

Figura 8. spettri solari ottenuti in occa-sione di una campagna a Plateau Rosa(Valtournenche) per la verifica delleprestazioni dello spettroradiometro eil confronto con i modelli.

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

85Novembre 2004

Un primo interrogativo: perché una fitta retein telemisura per l’osservazione dei proces-

si idrometeorologici?Com’è ormai acquisito da tempo, almeno nelnostro paese, l’obiettivo delle azioni di protezio-ne civile è di tipo non strutturale: obiettivo prin-cipale è quindi la salvaguardia dei residenti nel-le aree a rischio di inondazione e frana e, quan-do possibile e nella misura del possibile appun-to, la riduzione del danno.

Le azioni di salvaguardia da adottare sono con-seguenti alla definizione di scenari di evento. Unoscenario è una descrizione dei possibili effetti alsuolo, sia in termini di inondazione che di inne-sco di frane, di una perturbazione atmosfericaestrema, come osservata dagli strumenti e daimodelli operativi disponibili. Tra gli effetti al suo-lo debbono anche essere esaminati l’impatto sul-le infrastrutture essenziali ed eventualmente sul-le installazioni industriali che possono originarerischio per le persone e le cose.

I piani di emergenza tengono conto dei pos-sibili scenari di inondazione e frana che posso-no darsi in una specifica zona del Paese.

La nuova organizzazione dello Stato e delleRegioni in materia di gestione del rischio territo-riale, deve tenere in conto, da una parte, dell’au-tonomia delle Regioni nel disporre le strutture peradempiere alle funzioni di loro competenza e, dal-l’altra, della necessità di mantenere uno standardtecnico adeguato a dare supporto alle decisioni chedevono essere assunte sia alla periferia che al cen-tro del sistema di protezione civile.

Le azioni di protezione civile sono oggi regolateda un documento formale, costituito dalla Diretti-va del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27febbraio 2004 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.59dell’11/3/2004, suppl. ord. n°39, alla quale si attie-ne il Dipartimento di Protezione Civile in concorsocon i corrispondenti organismi regionali.

Le reti al suolo

Il sistema delle reti in telemisura, rispetto allaconfigurazione della fine degli anni ’90 del seco-lo scorso, è radicalmente cambiato in poco piùdi un quinquennio, sia dal punto di vista della tec-nologia che dell’organizzazione.

Con un insieme di iniziative legislative recenti,sia del governo nazionale che dei governi regiona-li, il rapporto Stato Regioni nel settore specifico è,a partire dalla “legge Sarno” del 1998, definitiva-mente cambiato. Le vecchie strutture periferiche deiServizi Tecnici Statali sono state trasferite alle Regio-ni, insieme al patrimonio delle reti di osservazioneal suolo che il Servizio Idrografico e Mareografico,oggi di fatto scomparso, male gestiva ed assai pocomanuteneva; i finanziamenti coordinati dal Dipar-timento della Protezione Civile, in concorso con lesomme che alcune Regioni hanno destinato sul pro-prio bilancio, ha consentito di riabilitare, con inno-vazioni, la rete pluviometrica in modo che i risul-tati da essa prodotti si possano mostrare anche fuo-ri da una ristretta cerchia di amici.

Si veda ad esempio la figura 9, in cui è mostra-ta l’immagine dell’osservazione delle altezze dipioggia registrate sul territorio nazionale. Da qua-si tutti i sistemi regionali pervennero, in quel gior-no, come in tutti gli altri giorni, le osservazionidi altezza di pioggia, raccolte, in questo caso, dal-la Sala Situazioni del Centro Interuniversitario inMonitoraggio Ambientale (CIMA) in Savona. Lafigura indica le osservazioni di altezza di pioggiagiornaliera raccolte nelle 24 ore tra le ore 9 del15 settembre 2004 e le ore nove del giorno suc-cessivo. Esse sono la somma delle osservazioniorarie rese disponibili, entro l’ora successiva all’os-servazione, dai diversi servizi regionali. Alcuneregioni, campite in grigio, non hanno ancora siste-mi collegati o non li hanno collegati al CIMA.Altre piccole zone grigie indicano che uno o piùpluviometri furono, in quel giorno, fuori servizio.Nelle zone campite in bianco il sistema funzio-nava ma non piovve. La figura mostra chiaramen-te che l’Italia funziona: ogni ora il sistema nazio-nale, inteso come sistema cooperativo dei siste-mi regionali, mette in rete le osservazioni e tuttipossono sapere quanto sia piovuto, ora per ora,a casa loro. Sono più di un migliaio di stazioni,e tutte vanno, con qualche modesto malfunzio-namento aleatorio, accettabile in un sistema cosìgrande. Ho mostrato nella figura solo le misurepluviometriche della rete, che hanno il maggio-re impatto sui processi di interesse di Protezio-ne Civile. Ricordo però che molte altre grandez-ze, idrometriche, termometriche, di umidità del

Reti di osservazione idrometeorologica

Reti di osservazione idrometeorologica

I quaderni di86

suolo, di pressione, anemometriche sono dispo-nibili in telemisura in rete.

Qualche pezzo del Paese non è ancora in rete,ma sta arrivando.

La rete di radar meteorologici

Il nowcasting, cioè la previsione a breve e bre-vissimo termine degli stati atmosferici estremi,richiede una tecnologia differente di misura rispet-to alle reti a terra, e con questa si integra. Le con-dizioni atmosferiche vanno osservate in atmosfe-ra con un sistema di radar meteorologici che for-niscano, oltre ad i parametri per la stima della pre-cipitazione che va integrata con le misure al suo-lo, anche le condizioni cinematiche per inizializ-zare modelli di dettaglio. Nella figura 10 è mostra-

ta la copertura di osservazione alla quota di 2000metri s.l.m. che è ottenibile con la rete di radar-meteo nazionale progettata. Nelle regioni delNord la maggior parte dei radar, di proprietàregionale, sono già attivi e sono collegati nella reteMeteonet. Sono in corso di esecuzione le instal-lazioni dei radar di proprietà di protezione civi-le: Monte Zoufplan, in Friuli, che sostituisce quel-lo indicato in figura di Monte Matajur, Monte LePizzorne, in Toscana, Monte Serano, in Umbria,Monte Il Monte in Abruzzo, Monte Comune inCampania e Monte Pettinascura in Calabria. Sonoattivi, anche se non hanno le stesse specifiche ope-rative dei nuovi radar di Protezione Civile, quel-li dell’Aeronautica Militare: Grazzanise in Cam-pania, Brindisi in Puglia, Trapani in Sicilia, Deci-momannu in Sardegna. I radar di Ampus, in CostaAzzurra e quello di Aleria, in Corsica, già attivi,costituiranno la cerniera con il sistema radar fran-cese. Debbono essere ancora finanziati e realiz-zati otto nuovi radar per completare il sistema.

Il sistema radar nazionale costituisce il secon-do sforzo finanziario importante nel completa-mento del sistema di osservazione delle precipi-tazioni sul paese, ed è stimabile che pervenga aregime nei prossimi tre anni.

Per completezza dell’informazione nella figu-ra 11 è mostrata contemporaneamente l’immagi-ne dell’altezza giornaliera di precipitazione osser-vata dal radar di Monte Settepani, installato sul-lo spartiacque Piemonte-Liguria, e dalle due regio-ni gestito, insieme alle osservazioni pluviometricheregistrate dai sottosistemi della rete pluviometri-ca a terra delle stesse due regioni. Via via che leinstallazioni radar aumenteranno il sistema nazio-nale-regionale disporrà sempre più di informazio-ne accurata ed affidabile, sulla base della quale leprevisioni a breve termine degli effetti al suolosaranno usate, come già sono, per la gestione deirischi di origine idrometeorologica. Ma con affi-dabilità e capacità di dettaglio crescente.

Effetti sociali

Con le installazioni che ho brevemente descrit-to e con la realizzazione del sistema dei Centri Fun-zionali il sistema di preannuncio degli eventi estre-mi nel nostro paese si avvia ad essere uno dei più tec-nologicamente avanzati a livello internazionale.

Ricorderò soltanto, per misurare l’importanzasociale della tecnologia e dell’organizzazione dei

Figura 9. Le osservazioni di altezza di piog-gia giornaliera raccolte nelle 24 ore tra leore 9 del 15 settembre 2004 e le ore novedel giorno successivo. Esse sono la sommadelle osservazioni orarie rese disponibilientro l’ora successiva all'osservazione, daidiversi servizi regionali. Alcune regioni, cam-pite in grigio, non hanno ancora sistemi col-legati. Altre piccole zone grigie indicano cheuno o più pluviometri furono, in quel gior-no, fuori servizio. Nelle zone campite in bian-co il sistema funzionava ma non piovve.

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

87Novembre 2004

rapporti amministrativi, che nell’alluvione del 2000in Piemonte il sistema consentì di prendere pertempo i provvedimenti di chiusura di ponti, stra-de e ferrovie e di generale salvaguardia che nonfurono presi nella simile alluvione del 1994: il risul-tato fu che, mentre nel 1994 si dovettero contarequasi cento vittime, solo due persone, e solo per-ché non raggiunte dall’allerta, furono le vittime nel2000. Gli anni successivi, fino ad oggi, hanno con-fermato l’effetto positivo del preannuncio

Nella rete dei Centri Funzionali circolano libe-ramente, e sono a disposizione della Protezionecivile Regionale e Nazionale, le osservazioni dasatellite, le previsioni numeriche degli stati deltempo, le osservazioni dei radar esistenti e le osser-vazioni al suolo delle piogge e delle portate deifiumi. L’interpretazione delle previsioni e dellemisure permette ai sistemi di Protezione Civile diseguire l’evolvere delle condizioni idrometeoro-

logiche e di assumere azioni tempestive prima chegli eventi assumano condizioni disastrose.

In una parte importante dell’Italia l’efficienza delsistema di previsione è grandemente miglioratarispetto alla metà degli anni ’90 e nel resto di essasta migliorando: le catastrofi meteorologiche ed idro-logiche non colpiscono più popolazioni inermi nel-le strade o nelle case, ma la previsione permette diprendere per tempo misure di precauzione.

Restano però alcuni colli di bottiglia che devo-no essere ridotti per fare sì che il sistema si estendada alcune regioni virtuose a tutto il paese: la doman-da che la comunità scientifica pone al governo è cheil paese accompagni, soprattutto con investimentiin risorse umane e ricerca applicata, ed in impresead alta tecnologia, l’innovazione tecnologica in cor-so per la sicurezza sociale dal rischio di inondazio-ne e frana. Bisogna che anche regioni oggi in ritar-do possano istituire propri servizi tecnici efficienti,

Figura 10. Copertura di osservazione della rete di radar meteorologici. Nelle regionidel Nord la maggior parte dei radar, di proprietà regionale, sono già attivi. Sono in cor-so di esecuzione le installazioni dei radar di proprietà di protezione civile: Monte Zouf-plan, in Friuli, che sostituisce quello indicato in figura di Monte Matajur, Monte Le Piz-zorne, in Toscana, Monte Serano, in Umbria, Monte Il Monte in Abruzzo, Monte Comunein Campania e Monte Pettinascura in Calabria. Sono attivi, anche se non hanno le stes-se specifiche operative dei nuovi radar di Protezione Civile, quelli dell'Aeronautica Mili-tare: Grazzanise in Campania, Brindisi in Puglia, Trapani in Sicilia, Decimomannu in Sar-degna. I radar di Ampus, in Costa Azzurra e quello di Aleria, in Corsica, già attivi, costi-tuiranno la cerniera con il sistema radar francese. Debbono essere ancora finanziatie realizzati otto nuovi radar per completare il sistema.

Reti di osservazione idrometeorologica

I quaderni di88

mettendosi in rete con la parte più avanzata del pae-se, utilizzando le competenze scientifiche e tecno-logiche già sviluppate e contribuendo allo sviluppodi quelle nuove ed avanzate.

Se la dinamica delle interazioni virtuose tra Isti-tuzioni di Ricerca e Strutture operative regiona-li e centrali sarà correttamente alimentata e con-tinuerà con il ritmo attuale, in poco più di tre anniil paese intero avrà completato il salto di qualitànella difesa dalle emergenze idrogeologiche ini-ziato nel 1995. In poco più di un decennio sarà

passato da “uno sfasciume pendulo sul mare” adun paese sempre esposto a rischio, ma in gradodi prevedere e dominare le emergenze.

Non dimentichi il paese, in questi momenti ditagli alla spesa, che il ritardo di sviluppo nellagestione del rischio territoriale si paga anni dopoin misura molto più che proporzionale ai tagli dispesa, se si taglia male o indiscriminatamente.

FRANCO SICCARDI

Professore Ordinario – Università di Genova

L ’utilizzo di segnali con modulazione digitale nelsettore delle telecomunicazioni è stato introdot-

to recentemente ed ha conosciuto, e ancora di piùconoscerà nei prossimi anni, una rapida diffusione. Sianell’ambito della telefonia mobile (GSM e UMTS) chein quello delle trasmissioni radiotelevisive (DAB e T-DVB), la modulazione digitale rappresenta infatti unsignificativo progresso tecnologico in quanto consen-te, ad esempio, una maggiore efficienza nella quan-tità di informazioni trasmesse e nella riduzione delleinterferenze a parità di occupazione di banda.

La diffusione di questi segnali richiede un ade-guamento dei sistemi di misura utilizzati ai fini delcontrollo ambientale dell’esposizione ai campi elet-tromagnetici e delle relative procedure. Sulla basedelle caratteristiche di modulazione dei segnali,occorrerà infatti conoscere le caratteristiche dirisposta dei sensori di campo in banda larga e lemodalità di utilizzo dei sistemi di misura in ban-da stretta per una corretta determinazione dei livel-li di esposizione e la conseguente verifica del rispet-to dei limiti normativi.

Figura 11. Le osservazioni radar-meteo dell'altezza di pioggiagiornaliera, dalle ore 9 del 15settembre 2004 alle ore 9 delgiorno successivo, osservatasul Piemonte meridionale e sul-la Liguria occidentale dall'in-stallazione di Monte Settepani,al centro dell'immagine circo-lare del riquadro a sinistra. Adestra è ingrandita una partedella Figura 1. Il campo di pre-cipitazione è sensibilmente lostesso nella porzione di paesein cui i due sensori, il radar ela rete a terra operano.

I problemi per la misura di campi elettromagnetici a radiofrequenza con modulazione digitale

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

89Novembre 2004

Gli aspetti da analizzare nelle problematiche dimisura sono pertanto i seguenti:� modalità di effettuazione dell’analisi in frequen-

za dei segnali digitali con analizzatore di spet-tro, che richiede spesso l’utilizzo di funzioni nondisponibili su tutti gli strumenti presenti in com-mercio e, quindi, l’acquisizione di strumenta-zione dedicata;

� verifica delle caratteristiche di risposta (in ampiez-za e in frequenza) dei misuratori in banda larga,che possono manifestare differenze significativerispetto a quelle determinate nelle condizioni ditaratura riferite a segnali non modulati.A questi aspetti problematici occorre aggiunge-

re la difficoltà nel riconoscimento delle sorgenti coni metodi di misura adottati per i segnali analogicie la carenza di guide tecniche specifiche.

In questo lavoro, dopo una rassegna delle pro-blematiche di misura di segnali digitali con analiz-zatore di spettro, verranno presentati alcuni risul-tati di misure in banda larga e in banda stretta peri segnali UMTS, sulla base di attività sperimentalicondotte sia in campo che in laboratorio, presso ilcentro SIT dell’ARPA Piemonte.

Analisi spettrale di segnali digitali

I segnali digitali usati nelle telecomunicazionisono caratterizzati, generalmente, da una occupa-zione di banda per ogni canale molto maggiorerispetto a quella dei segnali analogici e da una cana-lizzazione ravvicinata.

Queste due caratteristiche rendono impossibi-le l’analisi spettrale del segnale e l’attribuzione dellivello di campo elettromagnetico al singolo cana-le con le procedure utilizzate per i segnali analo-gici, a causa della difficoltà di separare i canali conuna opportuna scelta dell’ampiezza del filtro IF,o della RBW (Resolution Bandwidth), dell’analiz-zatore di spettro. Infatti, scegliendo una risoluzio-ne pari o superiore alla larghezza del canale si som-ma il contributo delle “code” dei canali vicini. D’al-tro canto, scegliere un filtro più stretto porta a“tagliare” il contributo delle “code” del canale inesame (figura 12).

La presenza di fattori di cresta molto elevati, tipi-ci di segnali di tipo noise-like, rende inoltre impos-sibile l’utilizzo di rivelatori di picco e della funzio-ne “Max Hold”, perché ciò porterebbe a sovrasti-mare il livello del segnale senza possibilità di corre-larlo alla potenza media del canale.

Da quanto detto sopra, risulta che per misura-re correttamente un segnale digitale a larga bandaoccorre valutare la potenza media del canale con unaoperazione di integrazione sulla larghezza di bandache esso occupa. Questa operazione può essere effet-tuata direttamente da analizzatori di spettro dotatidella funzione “CHANNEL POWER” oppureimplementando via software l’integrazione sulcanale per analizzatori di spettro di vecchia genera-zione, dove tale funzione non è disponibile.

In particolare, in questo secondo caso, l’espres-sione da implementare per effettuare il calcolo del-

la potenza del canale (CP) è la seguente: Dove:

� CP è la potenza di canale (in unità logaritmiche)� Bs è la banda di integrazione � NBW è la banda equivalente di rumore dell’a-

nalizzatore di spettro (larghezza della funzio-ne di trasferimento del filtro IF)

� N è il numero di pixel contenuti nella banda diintegrazione

� Pi è la potenza associata a ciascun pixel (in uni-tà logaritmiche)

È opportuno precisare che il calcolo dellapotenza di canale è una operazione suscettibile dierrori a causa del fattore di forma del filtro IF che,spesso, è noto solo in modo approssimato. Inoltre,questa operazione richiede l’utilizzo di analizzatoridi spettro con un filtro IF di ampiezza maggiore ouguale a quella del canale su cui effettuare l’integra-zione, caratteristica non facilmente disponibile.

Su alcune tipologie di segnale, come quelloT-DVB della televisione digitale terrestre, l’am-piezza del canale pari a 8 MHz e la breve distan-

Figura 12. Scelta della “Resolution Bandwidth”.

RBW < CBW RBW > CBW

Problematiche di misura di campi elettromagnetici a radiofrequenza

I quaderni di90

za tra canali adiacenti (40 kHz), che richiede-rebbe un fattore di forma del filtro IF con fron-ti di discesa ripidissimi, rendono pressocchéimpossibile il calcolo via software della poten-za di canale e impongono l’adozione di un ana-lizzatore di spettro dotato di funzione “Chan-nel Power”. Più in generale, per quanto dettosopra, si può affermare che tale adozione ècomunque sempre consigliabile.

Per ottenere una accurata determinazione del-la potenza di canale occorrerà, inoltre, adottare iseguenti criteri nella scelta dei parametri di misu-ra dell’analizzatore di spettro:� per poter discriminare i canali adiacenti la RBW

deve essere piccola in confronto alla larghezzadel canale. La migliore RBW è tipicamentel’1%-3% della larghezza di canale. È opportu-no non ridurla ulteriormente rispetto a tali valo-ri per evitare di avere uno sweep time eccessi-vamente lungo;

� la VBW (video bandwidth) deve essere alme-no 3 volte l’RBW, al fine di evitare che parte delsegnale venga filtrata con una conseguente sot-tostima del livello misurato;

� al fine di avere il maggior numero di pixel pos-sibile nella banda su cui si calcolerà il channel powerè una buona scelta fissare lo span più piccolo pos-sibile in relazione alla larghezza di banda.

Per quanto riguarda la tipologia di rivelatoredell’analizzatore di spettro, risulta opportuno uti-lizzare quelli di tipo SAMPLE o RMS, in quantosono gli unici che rendono possibile il calcolo del-la potenza complessiva. I rivelatori di tipo picco,come già detto sopra, non sono adatti per misu-re di segnali noise-like, in quanto con essi non puòessere stabilita la correlazione tra la tensione rile-vata e il livello del segnale in input.

Mentre la risposta del rivelatore SAMPLE èindipendente dallo sweep time scelto, in quantoil numero di campioni su cui si effettua il calcoloè indipendente da esso, la risposta del rivelatore

RMS è influenzata dallo sweep-time, cioè dalnumero di campioni per pixel.

Siccome i segnali con modulazione digitale sononoise-like, la traccia ottenuta con un detector sam-ple è soggetta a grandi variazioni. Per ottenere risul-tati stabili, sarebbe necessario mediare, ma la mediasu più tracce con questo tipo di rivelatore non èconsigliata, in quanto tende a fornire una sottosti-ma del livello complessivo.

Il detector RMS fornisce risultati più stabili,perché la potenza per pixel è calcolata sulla basedi più valori misurati, ed inoltre il tempo di misu-ra può essere aumentato per permettere la mediadella traccia. Il detector RMS è, quindi, in gene-re una scelta migliore per misure in channel power.

Per quanto riguarda la media su 6 minuti, laprocedura opportuna è quella di effettuare unamedia delle potenze di canale calcolate in vari istan-ti successivi (su analizzatore o in post-elaborazio-ne), valutando il numero di tracce necessario pergarantire un tempo totale di misura di almeno 6minuti.

I segnali UMTS: risposta dei sensori a larga banda ed utilizzo dell’analizzatore di spettro

Le prove sui sensori a larga banda sono stateeffettuate presso il centro SIT 69/E dell’ARPA Pie-monte, in ambiente controllato (cella GTEM), perstimare la sensibilità degli stessi alla modulazione:i sensori sono stati esposti a segnali non modula-ti e modulati con tecnica W-CDMA, a parità dipotenza irradiata e di frequenza di centro banda.Per quanto riguarda le tecniche di misura a ban-da stretta è stato realizzato un confronto tra un ana-lizzatore di spettro in varie modalità di funziona-mento e un misuratore di potenza a testina bolo-metrica. Si è quindi approfondito lo studio dellafunzione channel power, realizzando un softwareche implementa la funzione anche per gli strumen-ti che ne sono sprovvisti.

Per la generazione del segnale W-CDMA sono

Figura 13. Banco di misura per prove su sensori a larga banda.

LEGENDA

G Gen. di segnaliA AmplificatoreAB Acc. BidirezionalePM Power Meter

G

A

PM PM

ABGTEM

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

91Novembre 2004

stati utilizzati generatori che permettono la ripro-duzione dei cosiddetti segnali Test Model, comu-nemente utilizzati per testare il funzionamento del-le stazioni radio base. In figura 13 è descritto il ban-co di misura allestito per le prove sui sensori a lar-ga banda. Il segnale in uscita dal generatore vie-ne amplificato e inviato in cella GTEM attraver-so un accoppiatore bidirezionale i cui punti di pre-lievo sono collegati a due power meter a testinabolometrica. A questo modo è possibile valutarela potenza netta in ingresso alla cella, operazionenecessaria per mantenere un livello costante, indi-pendentemente dalla modulazione.

In Figura 14 sono indicati i risultati delle pro-ve effettuate su cinque diversi tipi di sensori, scel-ti tra i più comuni disponibili in commercio. Nelgrafico è rappresentato il rapporto tra le letture delsensore in presenza del segnale W-CDMA e in pre-senza di un segnale non modulato, al variare del-la potenza in ingresso. Lo scostamento tende adaumentare, per quasi tutti i sensori, all’aumenta-re della potenza. Poiché lo scostamento risultasignificativo per potenze corrispondenti a livelli dicampo elettrico superiori a 6 V/m, si può afferma-re che, nella grande maggioranza delle rilevazio-ni ambientali, i sensori in banda larga possono esse-re utilizzati per la misura di segnali UMTS senzaricorrere a fattori correttivi sulla loro risposta. Nelcaso di livelli di campo elettrico elevati, sarà comun-que necessario approfondire la misura ricorrendoad analisi in banda stretta, come indicato dalla nor-mativa tecnica.

Purtroppo, gran parte degli analizzatori di spet-tro, in particolare quelli più economici, i palmario molto più semplicemente quelli di più vecchiaconcezione, non possiedono la funzione channelpower. Per ovviare a questo inconveniente ed esten-dere la possibilità di effettuare misure su segnaliW-CDMA a tutti gli analizzatori, è stato sviluppa-to un software in ambiente Labview® che imple-menta la stessa funzione. Ad ogni scansione il pro-gramma acquisisce la traccia e calcola la potenza

di canale applicando come già descritto sopra. Ilcorretto funzionamento del programma è statoquindi effettuato tramite un confronto tra il valo-re risultante via software, quello ottenuto con lafunzione propria dello strumento e la misura conil power meter. In tabella 7 è indicato lo scostamen-to (in dB) tra quest’ultimo valore e i precedenti,ottenuti utilizzando due analizzatori di spettro, perdue livelli di potenza, e variando la banda di inte-grazione del canale da 5 MHz a 3.84 MHz. Lo sco-stamento rilevato è dovuto al fatto che la funzio-ne implementata dalla casa costruttrice tiene con-to di alcuni parametri aggiuntivi, quali i fattori diforma dei filtri e la risposta sperimentale del siste-ma di misura a segnali standard, che non posso-no essere conosciuti a priori dall’utente finale. Nelcaso dei segnali UMTS, si può quindi concludereche l’implementazione via software della funzio-ne “CHANNEL POWER” consente di ottenererisultati affidabili nel calcolo della potenza di cana-le e, comunque, confrontabili con quelli ottenutitramite analizzatori di spettro dotati della specifi-ca funzione.GIOVANNI D’AMORE, SARA ADDA E LAURA ANGLESIO

ARPA Piemonte – Dipartimento Provinciale Ivrea

Figura 14. Risultati misuresensori a larga banda.

TABELLA 7

Verifica correttezza della misura mediante software

IBW (MHZ)

0.1 MW

1 MW

5 3.84 5 3.84 5 3.84 5 3.84

0 -0.3 -0.3 -0.6 0 -0.2 0 -0.3

-0.1 -0.4 -0.5 -0.7 0 -0.25 -0.2 -0.4

CP STRUMENTO CP CALCOLATO CP STRUMENTO CP CALCOLATO

ANALIZZATORE DI SPETTRO 1 ANALIZZATORE DI SPETTRO 2

Elementi innovativi del monitoraggio ambientale

I quaderni di92

L ’articolo illustra in breve unapanoramica dei possibili nuo-

vi strumenti di conoscenza funzio-nali alle attività di monitoraggioambientale, relativamente ai qua-li gli enti competenti per il control-lo ambientale concentrano glisforzi per un loro utilizzo semprepiù esteso ad integrazione, maanche in sostituzione, delle meto-diche di indagine classiche.

Il biomonitoraggio

I principali problemi del monitoraggio conven-zionale riguardano la definizione delle sostanze peri-colose, l’individuazione dei siti di ubicazione delle stru-mentazioni per il rilevamento, la determinazione degliintervalli di tempo in cui effettuare le misure, il mododi espressione dei risultati e l’identificazione dei livel-li di pericolosità. Spesso si ignora persino la presen-za di molecole sintetiche veicolate in atmosfera, tra-sportate dall’acqua, deposte al suolo, delle quali sonoignote la pericolosità e il grado di biodisponibilità. Lemaggiori difficoltà nelle misurazioni dirette delle alte-razioni ambientali si verificano in presenza di basseconcentrazioni di inquinanti propagati da sorgentipuntiformi o diffuse, spesso discontinue, le cui sostan-ze immesse nell’ambiente subiscono trasformazioniignote. Queste difficoltà possono essere superate conl’uso degli “strumenti viventi” che, seppure non ingrado di definire le sostanze tossiche presenti nell’am-biente, sono senz’altro capaci di rilevare gli effetti tos-sici che queste sostanze hanno su di essi.

Nel biomonitoraggio gli organismi vengono usa-ti come “sentinelle ambientali”. Essi possono essereutilizzati come bioindicatori se le variazioni del lorostato naturale in presenza di sostanze inquinanti sonoapprezzabili e rilevabili, e come bioaccumulatori quan-do sono in grado di sopravvivere alla presenza di unadeterminata sostanza, accumulandola e permetten-done una qualificazione e una quantificazione. l bio-monitoraggio si occupa delle implicazioni biologichedell’inquinamento, fornendo una chiave di lettura ori-ginale, non basata su approcci semplicemente quan-titativi ma anche e soprattutto qualitativi, consideran-do come elementi essenziali di giudizio le conseguen-

ze che l’alterazione della normale composizione del-l’aria, del suolo, dell’acqua provoca sugli esseri viven-ti. L’inquinamento infatti agisce direttamente sulla bio-sfera modificando i parametri ecologici, determinan-done alterazioni morfologiche e funzionali a livellodell’individuo o della comunità.

Studiando le alterazioni fisiologiche, morfologi-che e anatomiche degli organismi, valutando l’impo-verimento delle comunità, è possibile individuare areein cui la qualità ambientale è scesa a livelli di peri-colosità anche per l’uomo. Gli organismi viventi inol-tre mantengono memoria di eventi inquinanti trascor-si, non più rilevabili con metodi chimico fisici.

Il biomonitoraggio inoltre comporta costi appli-cativi ridotti che consentono di costituire reti di rile-vamento sufficientemente ampie e diffuse e di copri-re efficacemente l’intero territorio nazionale. L’am-pia copertura consente di individuare schemi terri-toriali di alterazione ambientale, utili anche per unapiù razionale distribuzione dei siti di campionamen-to con metodi analitici di tipo chimico-fisico.

I test ecotossicologici

I metodi tossicologici sono utilizzati per ladeterminazione e la valutazione degli effetti tos-sici acuti e cronici esercitati da matrici ambienta-li contaminate su organismi ad esse esposti. Pos-sono essere oggetto di valutazione sia la singolasostanza sia una miscela di sostanze.

L’effetto tossico acuto si evidenzia in un lassodi tempo breve e, comunque, inferiore al tempodi generazione dell’organismo in esame, e preve-de la valutazione di eventi facilmente rilevabili, qua-li ad esempio l’immobilizzazione o la morte degliorganismi impiegati nei saggi.

L’effetto tossico cronico si sviluppa, viceversa, inun periodo di tempo maggiore, può coinvolgere piùgenerazioni di individui esposti e produce risposteche non compromettono direttamente la sopravvi-venza degli organismi ma sono evidenziabili a livel-lo del DNA attraverso l’insorgenza di mutazioni. Gliagenti che causano danni o mutazioni al DNA pos-sono essere in grado di produrre patologie a caricodella popolazione direttamente esposta o danni ere-ditabili e quindi a carico delle generazioni future; talisostanze sono inoltre probabili cancerogeni.

Elementi innovativi del monitoraggioambientale

Roberto Caracciolo

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

93Novembre 2004

Per questo appare di primaria importanza l’uti-lizzo quanto più diffuso possibile di test di mutage-nesi su tutte le componenti ambientali allo scopo diindividuare la presenza di sostanze potenzialmenteattive anche sotto forma di miscele complesse.

L’interazione di inquinanti tossici con il DNApuò indurre variazioni a vari livelli: genomico, cro-mosomico o genico.

I test utilizzati per valutare le alterazioni indot-te da xenobioti possono essere suddivisi in: test abreve termine (Test di Ames), che utilizzano orga-nismi procarioti o eucarioti unicellulari o in alcu-ni casi linee cellulari umane, e test a lungo termi-ne, che prevedono lo studio di popolazioni anima-li o studi epidemiologici.

Il telerilevamento

A livello mondiale il settore di osservazione del-la Terra sta vivendo una fase di straordinarie trasfor-mazioni che spostano significativamente non solo lafrontiera della conoscenza, ma anche quella delleapplicazioni con impatti di grande rilievo su proble-mi come la climatologia, la meteorologia classica equella spaziale, l’oceanografia, la geodesia, la gestio-ne delle risorse, la prevenzione e protezione dalle cala-mità naturali, il controllo dell’ambiente.

Infatti, negli anni a cavallo del 2000, è diventa-ta o sta per diventare operativa una nuova genera-zione di sensori operanti alla scala globale di con-cezione altamente innovativa. La crescita della capa-cità osservativa consente di studiare processi edosservare fenomeni su cui fino ad oggi l’impatto del-l’osservazione satellitare era limitato, inoltre l’usocombinato dei vari sensori e delle varie piattafor-me e l’integrazione dei dati che ne derivano forni-sce sinergie fino ad oggi impensabili.

Di pari importanza è anche l’accresciuta capacitàdi osservazione dal suolo, che rimane strettamente com-plementare a quella da satellite sia per lo sviluppo dimisure e conoscenze più accurate alla scala locale, siaper la calibrazione e validazione dei dati satellitari. Que-sto fatto si riflette nella realizzazione di reti interna-zionali per la misura dal suolo di alcuni processi la cuimiglior comprensione è strategica per il miglioramen-to della modellistica e delle capacità diagnostiche e pre-visionali (ad esempio acqua, ozono, aerosols).

Contestualmente lo sviluppo delle tecnologieinformatiche rende oggi possibile l’integrazione deidati da satellite con una larga mole di dati derivan-ti da altri strumenti osservativi, fornendo quellainformazione ancillare che consente di migliorare

significativamente la qualità delle informazioniestraibili dai dati satellitari. Nel complesso diven-ta possibile osservare congiuntamente le proprie-tà dell’atmosfera, dell’idrosfera, della litosfera e del-la biosfera caratterizzando i complessi fenomenid’interfaccia. Ciò consente di comprendere meglioi complessi meccanismi di feedback tra i vari siste-mi e di accrescere la nostra conoscenza di quei pro-cessi fisici di base senza la quale è sostanzialmen-te impensabile poter superare gli attuali limiti nel-la modellistica e nella previsione dei processi.

Contemporaneamente l’avvio di costellazioni disatelliti consentirà di avere frequenze di ripetizionepiù elevate con cui è possibile migliorare la sorveglian-za finalizzata, ad esempio, alla gestione dei rischi.

Infine l’incremento delle capacità di calcolo con-sente anche la possibilità di riprocessare i dati sto-rici, che spesso costituiscono la principale se nonl’unica fonte affidabile di dati in grado di dare infor-mazioni sui trend a larga scala

Il salto di qualità avverrà presumibilmente entrola fine del decennio 2000-2010 in quanto entreran-no in volo operativo sensori attualmente in fase scien-tifica e/o prototipale come i sensori attivi nel visibi-le ed infrarosso (come i lidar) ed in nuovi interfero-metri infrarossi che consentiranno di coprire la ban-da spettrale tra 10 e 1000 cm-1, finora sostanzialmen-te inesplorata e di carattere strategico per lo studiodel ciclo dell’acqua e del bilancio radiativo della ter-ra. Inoltre diverranno possibili nuove applicazioni,non solo nei settori tradizionali, ma anche in setto-ri nuovi, come il controllo dell’inquinamento.

Il raggiungimento di queste nuove frontiere impo-ne un notevole sforzo scientifico, tecnologico e gestio-nale, al fine di cogliere al meglio tali opportunità. L’u-so integrato dei sensori richiede la capacità scienti-fica di utilizzarli al meglio: ciò significa integrare leosservazioni da satellite dei vari sensori con i dati ancil-lari (verità al suolo, misura al suolo), sviluppare glialgoritmi per estrarre le informazioni utili, migliora-re i modelli diagnostici e previsionali. Di conseguen-za è richiesta anche una grande capacità tecnico-gestionale per integrare ed interpretare congiuntamen-te la grande mole di dati che ne deriva: si pensi adesempio che i nuovi sensori infrarossi invieranno alsuolo una mole di dati superiore di alcune migliaiadi volte rispetto ai sensori attualmente in orbita.

Contestualmente sta crescendo un sistema diutenti finali (servizi, enti territoriali, agenzie ambien-tali) che richiede la fornitura non tanto di singoli dati,quanto del prodotto che deriva dal loro uso integra-to. Infatti, agli utenti finali non interessa tanto il modo

Elementi innovativi del monitoraggio ambientale

I quaderni di94

attraverso cui trattare i dati del singolo sensore, mapiuttosto l’intero pacchetto che, dall’uso integratodi tutto il sistema di sensori, consente di trarre i risul-tati di cui essi hanno bisogno. Sempre più spesso lapossibilità di fornire prodotti di avanguardia com-porta non solo la capacità scientifica e tecnologicadi sviluppare strumenti di misura più avanzati e disaperne interpretare al meglio i dati, ma anche lacapacità di integrare in tempo reale tali dati con l’in-formazione derivante da altri sensori.

Dal quadro sin qui delineato consegue che tutto

il sistema agenziale APAT/ARPA/APPA, cui sono affi-dati i controlli in campo ambientale, è particolarmen-te interessato alle ricadute applicative di questi inno-vativi strumenti di analisi territoriale. Gli sforzi devo-no quindi essere indirizzati verso l’obiettivo di stimo-lare il passaggio delle metodiche di telerilevamento dal-lo stato di tecniche episodicamente impiegate a quel-lo di strumento di gestione ambientale e territorialecui fare diffusamente ricorso in modo ordinario nel-le normali attività di monitoraggio ambientale.

ROBERTO CARACCIOLO – APAT

La radiazione elettromagnetica aradiofrequenza (RF) e a

microonde (MO) è da sempre pre-sente sulla terra, come fondo natu-rale generato dalle emissioni del sole,della terra, delle galassie ed in gene-rale da qualunque corpo naturalecon temperatura diversa dallo zeroassoluto. Tuttavia, nel corso del ven-tesimo secolo, l’esposizione ambien-tale a campi elettromagnetici di ori-gine artificiale è costantemente

aumentata a seguito della richiesta di elettricità, delcontinuo sviluppo delle tecnologie di comunicazionisenza fili, dell’automazione di innumerevoli processiindustriali e dell’uso di videoterminali, varchi magne-tici e sistemi antitaccheggio. Il risultato di questo com-plesso processo industriale è che ogni individuo è espo-sto ad un insieme di campi elettrici e magnetici a mol-te frequenze diverse, sia in casa sia al lavoro.

Inoltre in questi ultimi anni la crescente richie-sta di capacità da parte degli utenti di telefonia mobi-le ha reso necessario aumentare il numero di stazio-ni radiobase, soprattutto in aree densamente abita-te dove è ovviamente maggiore la richiesta di capa-cità. Parallelamente a tale crescita, essendo tali instal-lazioni sempre più visibili, ha preso corpo una situa-zione di diffidenza e d’allarme dell’opinione pubbli-ca nei confronti degli impianti di comunicazioneradio, riguardo ai possibili effetti nocivi delle ondeelettromagnetiche emesse da tali impianti.

I potenziali effetti dei campi elettromagnetici sonooggetto di studi scientifici fin dalla fine del 1800 edin particolare il numero di studi e ricerche è enorme-

mente aumentato nel corso degli ultimi quarant’anni.La comunità scientifica internazionale (ICNIRP

Intenational Commission of Non-Ionizing RadiationProtection e OMS Organizzazione Mondiale della Sani-tà) ha individuato un insieme di limiti di esposizione,che tutelano da possibili effetti pericolosi sulla salute.Questi limiti sono fissati in modo da evitare tutti i pos-sibili rischi identificati, dovuti sia all’esposizione a bre-ve che a lungo termine e considerando un margine diprecauzione molto elevato sui valori limite. La Racco-mandazione 519/1999/CE recepisce tali limiti.

È importante sottolineare che la valutazione deipotenziali rischi dei campi elettromagnetici inclu-de anche numerose incertezze dovute all’approccioscientifico stesso del problema: non è infatti possi-bile dimostrare che le onde elettromagnetiche nonfacciano male in assoluto, ma fino ad ora lo stato del-la conoscenza suggerisce che l’esposizione a bassaintensità non provoca effetti dannosi per la salutené a breve né a lungo termine; le attuali ricerche sistanno concentrando comunque sui possibili effet-ti causati da esposizioni prolungate a bassi livelli, nonnecessariamente di rilevanza sanitaria.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, sulla basedei risultati scientifici ottenuti fino ad ora, non rac-comanda normalmente alle autorità nazionali di adot-tare politiche che vadano al di là delle conoscenze con-solidate tuttavia nella dichiarazione rilasciata a Lon-dra nel 1999 all’interno della “Terza Conferenza Mini-steriale sull’Ambiente e la Salute” si legge la “neces-sità di applicare rigorosamente il principio di precau-zione nel valutare i rischi e di adottare un metodo pre-ventivo e pro-attivo nella valutazione dei rischi”.

A questo proposito sono state sviluppate diver-

Gabriele Falciasecca

Precauzione sì, ma “cum grano salis”

Il controllo dell’ambiente si attua mettendo a punto reti efficienti

95Novembre 2004

se politiche cautelative di fronte ad incertezza scien-tifica, queste comprendono:� il principio di precauzione;� la cosiddetta “prudent avoidance”;� il principio ALARA (As Low As Reasonably

Achievable ovvero basso quanto ragionevolmen-te realizzabile).Il principio di precauzione è una politica di gestio-

ne del rischio che viene applicata in circostanze carat-terizzate da un alto grado di incertezza scientifica eriflette la necessità di intervenire nei confronti di unrischio potenzialmente grave senza attendere irisultati della ricerca scientifica. Per i paesi dell’U-nione Europea, il trattato di Roma afferma che “lepolitiche ambientali della comunità devono esserebasate sul principio di precauzione”. Il 2 febbraio2000 la Commissione Europea ha approvato unimportante comunicato sul principio di precauzio-ne, fornendo linee guida per la sua applicazione. Inbase a tale comunicato, i provvedimenti fondati sulprincipio di precauzione dovrebbero essere:� adattati ai livelli di protezione scelti;� non discriminatori nella loro applicazione, cioè

dovrebbero trattare situazioni confrontabilialla stesso modo;

� coerenti con altri provvedimenti già presi, cioèdovrebbero essere confrontabili nella loro por-tata e nella loro natura con provvedimenti giàpresi in aree equivalenti nelle quali sono dispo-nibili tutti i dati scientifici;

� basati su di un esame dei potenziali benefici ecosti di azioni fatte o mancate (inclusa, laddo-ve appropriata e fattibile, un’analisi economicadei costi/benefici);

� di natura provvisoria, cioè suscettibili di revisio-ne alla luce dei nuovi dati scientifici;

� in grado di assegnare la responsabilità della pro-duzione delle prove scientifiche necessarie peruna più completa valutazione dei rischi.Secondo questa definizione, il principio di precau-

zione è “orientato ai rischi”; esso richiede cioè una valu-tazione dei rischi, comprese considerazioni non trascu-rabili del rapporto costo – beneficio. Il suo impiego èchiaramente mirato a fornire risposte provvisorie finoa quando non saranno disponibili dati adeguati perazioni fondate su una maggiore base scientifica.

“Prudent avoidance” consiste nell’adozione di prov-vedimenti semplici, facilmente raggiungibili e a bassocosto, per ridurre l’esposizione a campi elettromagne-tici anche in assenza di rischi dimostrabili. I termini“semplici”, “facilmente raggiungibili” e “a basso costo”,comunque, mancano di un significato preciso. Que-

sti provvedimenti sono generalmente sotto forma diraccomandazioni volontarie, piuttosto che di limiti oregole stringenti, infatti, in generale, gli enti governa-tivi hanno applicato questa politica solo ai nuovi impian-ti, dove piccole modifiche di progetto permettono diridurre i livelli di esposizione del pubblico. Esso nonè stato applicato per richiedere modifiche di impian-ti già esistenti, che in generale risultano molto dispen-diose. Nell’espressione “prudent avoidance”, così comeè stata applicata in differenti Stati, l’aggettivo “pruden-te” si riferisce ai costi, non all’atteggiamento verso ilrischio. “Prudent avoidance” non implica di fissare limi-ti di esposizione ad un livello arbitrariamente basso edi richiedere che questi siano raggiunti senza badareai costi, ma implica piuttosto l’adozione di provvedi-menti atti a ridurre l’esposizione a campi elettroma-gnetici ad un costo modesto. È importante sottolinea-re che nell’applicazione del principio “prudent avoi-dance” non si richiede una valutazione dei potenzia-li benefici per la salute. ALARA è l’acronimo dell’in-glese As Low As Reasonably Achievable (basso quan-to ragionevolmente realizzabile). È una politica atta aminimizzare rischi conosciuti, mantenendo l’esposizio-ne ai livelli più bassi ragionevolmente possibili tenen-do in considerazione i costi, la tecnologia, i benefici perla salute pubblica ed altri fattori sociali ed economi-ci. Oggi, il principio ALARA è usato soprattutto nelcontesto della protezione dalle radiazioni ionizzanti,dove i limiti non sono stabiliti sulla base di una soglia,ma piuttosto sulla base di un “rischio accettabile”. Inqueste circostanze, è ragionevole minimizzare un rischioche si presume possa esistere anche a livelli inferioriai limiti raccomandati, considerato che ciò che costi-tuisce un “rischio accettabile” può variare molto daindividuo a individuo. Il principio ALARA non è sta-to finora applicato per stabilire politiche nei confron-ti dell’esposizione a campi elettromagnetici nonionizzanti. In effetti, esso non costituisce una politicaappropriata per i campi elettromagnetici, data l’assen-za di qualunque rischio prevedibile a bassi livelli di espo-sizione e data l’ubiquità dell’esposizione stessa.

Le suddette considerazioni suggeriscono che unapolitica di cautela per i campi elettromagneticidovrebbe essere adottata soltanto con molta atten-zione e riflessione.

Un requisito fondamentale è che tali politichecautelative siano adottate solamente se sono in gra-do di non influenzare la valutazione scientifica deirischi e dei limiti di esposizione. Cosa che potreb-be accadere, per esempio, se i valori limite fosseroabbassati a valori che non hanno nessun rapportocon i rischi provati o se i valori limite fossero modi-

Precauzione sì, ma “cum grano salis”

I quaderni di96

ficati per tenere in conto l’incertezza scientifica.In effetti ci si potrebbe chiedere, sulla base del prin-

cipio di precauzione, fino a che punto abbia sensoabbassare i limiti di esposizione e quale possa essereil valore limite inferiore. È recente il caso della cittàaustriaca di Salisburgo dove, mentre nel resto dell’Au-stria si fa riferimento ai valori suggeriti dall’ICNIRP,è stato stabilito che i sistemi d’area debbano opera-re senza superare valori di densità di potenza pari a1 mW/m2. Ed Ë obiettivo della Giunta Provincialeraggiungere 1 mW/m2: ovviamente non si tratta diun limite scientificamente giustificabile, ma di una scel-ta politica. Appare evidente innanzitutto che con simi-li imposizioni non è possibile garantire servizi di tele-fonia mobile con evidenti disagi per la città e per i cit-tadini e che una corsa al ribasso dei limiti senza basar-si su alcuna evidenza scientifica porta a delle situazio-ni paradossali che dovrebbero impedire ai cittadinistessi di vivere all’interno della città. Infatti è noto chetutti i corpi a temperatura superiore allo zero assolu-to irradiano energia sotto forma di onde elettroma-gnetiche secondo la legge di radiazione di Planck. Que-sta energia è distribuita su una banda molto grande,ma se si assume valida la legge di radiazione di Planckè possibile calcolare l’energia irradiata da un corpoall’interno di una data banda. Esiste quindi un fon-do elettromagnetico naturale che può essere valuta-to secondo la legge di radiazione suddetta; infatti perT=310°K e una banda compresa tra 0 e 300 GHz(B=300 GHz)la radiazione emessa dal corpo umano,assimilabile al corpo nero, è 3 mW/m2. Anche la ter-ra essendo ad una temperatura assoluta superiore a0 °K, emette radiazioni elettromagnetiche (2,7mW/m2 a T=20 °C e B=300 GHz).

Appare allora evidente che fissare dei limiti diesposizione, senza nessun fondamento scientifico,che siano confrontabili con i valori delle emissio-ni naturali risulta essere un paradosso.

Da queste considerazioni è nata l’idea di realiz-zare un semplice strumento che fosse in grado di rile-vare le deboli emissioni del corpo umano. Il proget-to è stato realizzato nei laboratori del Dipartimen-to di Elettronica Informatica e Sistemistica dell’U-niversità di Bologna, presso Villa Griffone, la sto-rica dimora dove Guglielmo Marconi compì i suoiprimi esperimenti di trasmissione radio, con la col-laborazione del Dott. Goliardo Tommasetti. Il radio-metro, che è stato realizzato utilizzando una anten-na a parabola per la ricezione satellitare e compo-nenti “consumer”, facilmente reperibili sul merca-to, si pone come finalità quella di raccogliere le debo-li emissioni del corpo umano, che vengono capta-

te dall’antenna parabolica, queste, trattate con fil-traggi e amplificate, vengono poi rivelate a portatesu uno schermo di computer. La lenta scansione del-la traccia sullo schermo permette di evidenziare lapresenza o meno del corpo davanti all’antenna.

L’ampiezza della traccia sullo schermo indica il livel-lo di energia captato dall’antenna. Naturalmente, il livel-lo sarà massimo quando il corpo si trova entro il lobodi massima sensibilità dell’antenna, e sufficientemen-te vicino. Darà invece risposta minore se la persona èlontana. Inoltre la larghezza della traccia dipende daltempo in cui il corpo permane nella zona di sensibi-lità, e quindi dalla velocità di passaggio davanti a que-sto strumento. Il radiometro risponderà, quindi, al pas-saggio delle persone con tracce più o meno alte, in fun-zione della distanza, e più o meno larghe, in funzionedella velocità di passaggio. Questo strumento, che èstato realizzato apportando alcune semplici modifichead un apparecchio che è alla portata di tutti e che sia-mo abituati a vedere quotidianamente – una parabo-la per la ricezione satellitare – deve essere inteso comeun oggetto che ci aiuta a vedere meglio qualche cosache esiste in natura: la radiazione elettromagnetica delcorpo umano. Il radiometro si può quindi pensarecome una lente di ingrandimento che permette di visua-lizzare su un display l’emissione del corpo umano.

Questo semplice apparecchio, a carattere qualita-tivo, ha quindi la funzione di mostrare come in natu-ra esistano un’infinità di sorgenti di campi elettroma-gnetici primo fra tutti il corpo umano e come quoti-dianamente siamo esposti a campi elettromagnetici nonsolo di origine artificiale, ma anche naturale. Le preoc-cupazioni del pubblico nei confronti delle onde elet-tromagnetiche nascono spesso da una mancanza difamiliarità e da una sensazione di pericolosità di for-ze che non si posso percepire ecco quindi che il radio-metro può essere un utile strumento per contribuirea ridurre il livello del rischio percepito perché sempli-cemente fa percepire alle persone che passano davan-ti alla parabola l’emissione del proprio corpo.

Questo strumento si inserisce dunque a pienotitolo nel contesto della problematica dei campi elet-tromagnetici dove la comunicazione con il pubbli-co gioca un ruolo fondamentale, soprattutto per evi-tare che per rispondere alle pressioni del pubbli-co stesso gli enti di normazione rispondano intro-ducendo limiti cautelativi in aggiunta a quelli fon-dati, minando così la credibilità della scienza e deglistessi limiti di esposizione. GABRIELE FALCIASECCA, MARINA BARBIROLI E

MAURIZIO TINTI

DEIS Università di Bologna