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1 I PRINCIPI DELLA DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE

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I PRINCIPI DELLA DINAMICA DEL PUNTO MATERIALE

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I principi della dinamica del punto materiale

• Obiettivi:– capire il concetto di forza e di vettore;– conoscere le unità di misura delle forze;– capire le condizioni di equilibrio di un punto;

– apprendere il concetto di potenza e le sue unità di misura.

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• È una esperienza comune quella che riguarda lo spostamento di un corpo qualsiasi, rispetto agli oggetti circostanti. La sensazione che si prova è quella di compiere uno sforzo.

• Se lo spostamento non si verifica, generalmente si osserva che il movimento èimpedito da qualche ostacolo ben determinato. Spesso questo ostacolo ècostituito da un forte attrito.

• Quando il movimento non ha luogo, in molti casi si osserva che il corpo, o l’insieme dei corpi, che noi volevamo muovere, ha subito comunque una deformazione più o meno apprezzabile.

Forze e loro misura

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• Come prima generalizzazione della sensazione individuale di sforzo, si dice che un corpo, inizialmente fermo rispetto ad un dato sistema di riferimento, è soggetto ad una forza quando esso comincia a muoversirelativamente al sistema considerato.

• Parimenti possiamo affermare che un corpo è soggetto a una forza quando esso subisce una deformazione.

• Come esempio di forza possiamo riferirci alla forza peso. • Qualsiasi corpo materiale prossimo alla superficie della terra tende a cadere

seguendo, in assenza di cause perturbatrici, la verticale.• Se lo si arresta appoggiandolo o sostenendolo con un sostegno qualunque,

questo sostegno subisce una deformazione.

Forze e loro misura

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• Se si usa un sostegno elastico, per esempio una molla munita di un gancio, la cosa è evidente, ma la deformazione è del pari osservabile se si tratta di un urto con un sostegno rigido.

• Chiameremo peso, la forza che determina questa deformazione e ad essa attribuiremo come direzione la verticale, perché un corpo, abbandonato a séstesso e sotto l'azione del suo peso, inizia la sua caduta in questa direzione.

• Oltre al peso, sono esempi di forze la forza muscolare animale, le forze elastiche, le forze di coesione, quelle elettriche o magnetiche ecc.

• Sono forze in quanto sono capaci di determinare dei movimenti.

Forze e loro misura

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• Tentiamo a questo punto una definizione più precisa della nozione di forza:

– “due forze sono fra loro uguali quando sono capaci di produrre le stesse deformazioni in un corpo particolare, preso come strumento di confronto”.

Forze e loro misura

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• Ma per definire fisicamente una grandezza occorre stabilire come misurarla. Per far questo sceglieremo un particolare corpo, per esempio, un pezzo di platino e assumeremo il suo peso come forza campione.

• Un peso si dirà allora doppio, triplo ecc. di questo campione, se sarà quello di un oggetto costituito dall'insieme di due o tre o più corpi pesanti, capaci ognuno di produrre sulla molla, una deformazione identica (nei limiti degli errori) a quella prodotta dal peso campione.

• Si potrà così tarare la molla munendola di un indice e di una scala e segnando su questa le deformazioni che la molla subisce sotto l'azione di un peso uguale al peso campione, o al suo doppio, triplo, ecc.

Forze e loro misura

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• La molla così tarata costituisce un primo strumento per la misura delle forze, ossia un dinamometro.

• Per misurare, col dinamometro, una forza qualsiasi occorrerà poter applicare o trasmettere la forza al dinamometro.

• I dispositivi adatti a questo scopo sono molti.

Dinamometro a molla

Forze e loro misura

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• Per esempio, volendo misurare la forza con la quale un magnete attrae un pezzo di ferro, si sospenderà detto ferro al dinamometro e poi si misureranno gli allungamenti del dinamometro avvicinando e allontanando il magnete.

• Per sospendere il ferro al dinamometro useremo un gancio di materiale non magnetico. Il gancio è in questo caso un dispositivo che trasmette integralmente la forza dal ferro al dinamometro.

• Anche in questo caso quindi la misura implica una particolare attenzione nel ridurre l'intervento degli strumenti di misura nelle operazioni da fare per effettuare la misura stessa. – Tale intervento si può, in genere, rendere tanto piccolo da includerlo nelle

fluttuazioni degli errori di misura, come accade sistematicamente nelle misure (macroscopiche) della fisica classica.

Forze e loro misura

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• Infine occorre tener presente che, nonostante il concetto di forza contenga implicitamente quello di movimento, noi effettuiamo la misura delle forze “staticamente”.

• Infatti la deformazione del dinamometro si arresta quando la molla, in conseguenza della deformazione (reazione elastica) equilibra l’azione della forza peso.

• Solo allora, si effettua la misura di quest'ultima.

Forze e loro misura

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• Il modo più semplice per rendersi conto dell'esistenza di una forza è, come abbiamo detto, quello di constatare la tendenza che assume un corpo a mettersi in moto sotto l'azione di essa.

• Questo movimento, fin dall'inizio, ha una direzione ben determinata.

• Infatti in un tempo finito il corpo acquista una certa velocità.

Natura vettoriale delle forze

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• Se si considera il limite cui tende la direzione di questa velocità quando tende a zero il tempo

t - t0decorso dall’inizio dell'azione della forza, questo limite ha un significato preciso.

• Infatti la direzione del vettore velocità

è la stessa del vettore che si ottiene dividendo, per (t – t0).

vr

vr

Natura vettoriale delle forze

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• Inoltre, poiché la velocità iniziale è

questo vettore non è altro che

e quindi al limite, per (t – t0) → 0, l'accelerazione iniziale

• Essa, se il moto ha inizio, non è nulla e ha una direzione ben determinata.

0 0v =r

( ) ( )0 0v v t t− −r r

0ar

Natura vettoriale delle forze

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• Considerato il sorgere del movimento come una conseguenza dell'azionedella forza, è naturale attribuire alla forza che origina il moto, la stessadirezione e lo stesso verso di questa accelerazione iniziale;

• Questo è il principio del moto incipiente.• Le forze assumono così l'aspetto di vettori. • Il più delle volte si tratta di vettori applicati o perché si esplicano effettivamente

in una regione ben determinata, sufficientemente piccola, di un corpo materiale (per esempio dove viene agganciata una molla) o perché è definibile un punto dal quale si può immaginare che abbia origine la forza in esame.

Natura vettoriale delle forze

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• Nell'esperimento di Newton (vedi figura seguente) i valori delle forze

sono date dai pesi

• Le direzioni di esse sono determinate dai fili PC e PC’.• La risultante

è misurata dalla forza uguale ed opposta dovuta al peso P.

1Fr

2Fr

1Pr

2Pr

1 2O A F F= +r r r

Natura vettoriale delle forze

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16Esperimento di NewtonEsperimento di Newton

Natura vettoriale delle forze

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• Stabilita la natura vettoriale delle forze potremo senz'altro dire che la condizione perché un punto sia in equilibrio è che la somma vettoriale(risultante) delle forze applicate ad esso, sia nulla.

• In particolare, se le forze sono solo due, queste devono essere uguali in grandezza e direzione, ma con versi opposti.

• Spesso una o più delle forze che contribuiscono all'equilibrio di un punto, sono dovute a supporti o appoggi che per la loro natura noi supponiamo rigidi cioè indeformabili.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• Per esempio, un punto pesante appoggiato su un tavolo, non cade perché il tavolo offre una reazione uguale e contraria alla forza peso.

• Evidentemente questa reazione è in realtà dovuta alla deformazionesubita dal tavolo sotto l'azione della forza peso ed è quindi una forza di natura elastica.

• Solo quando la deformazione è tale da sviluppare una forza eguale e contraria alla forza peso, il punto pesante raggiunge l'equilibrio.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• Che le reazioni vincolari siano delle forze di natura elastica si può mettere in evidenza con l'esperienza indicata dalla figura successiva.

• Sul tavolo T sono situati i due specchi S e S' e dai due viene riflesso un raggio di luce rr' che va a cadere su una scala lontana una decina di metri.

• Se si appoggiano sul tavolo oggetti di peso diversi, il tavolo si flette e il dispositivo amplificatore dei due specchi mostra che queste inflessionisono approssimativamente proporzionali ai pesi.

• Togliendo gli oggetti le inflessioni scompaiono e il tavolo riassume la sua primitiva forma.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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L’esperimento dei due specchiL’esperimento dei due specchi

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• La deformazione è generalmente tanto piccola, che si schematizza il comportamento del tavolo identificandolo con un piano rigido, capace di sviluppare, senza deformarsi apprezzabilmente, delle forze normali a séstesso e comunque grandi.

• Tali forze saranno dunque capaci di impedire ogni spostamento tendente a far passare il punto al di sotto di esso.

• Si chiama in generale vincolo qualunque causa capace di imporre una limitazione al moto.

• Spesso si ammette che i vincoli siano lisci, cioè non offrano attrito.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• Ciò significa che noi ammettiamo che tali vincoli non offrano una resistenzaapprezzabile quando le forze tendono a produrre degli spostamentitangenziali alle loro superfici.

• Anche questa è naturalmente una schematizzazione, valida con buona approssimazione solo se essi sono realmente lisci e lubrificati.

• In queste condizioni si può ammettere che le forze sviluppate dai vincoli, le cosiddette reazioni vincolari siano sempre normali alla superficie o al profilo del vincolo appunto perché si considerano nulle le componenti tangenziali di tali forze. Ciò è molto naturale perché, come abbiamo visto, le "reazionivincolari" sono forze come tutte le altre.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• Esamineremo nel seguito, cioè nella dinamica, il comportamento dei vincoli durante il moto.

• Per ora riteniamo che i vincoli sono forze, in generale elastiche, che si manifestano in opposizione ad altre forze, ovvero sono forze di reazione.

• In generale un certo vincolo può produrre solo certe reazioni.

• Dal punto di vista razionale la natura fisica del vincolo è caratterizzato dalle reazioni che ne schematizzano il comportamento e dal luogo dove esse si manifestano.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• Così un vincolo sarà liscio quando ammetteremo possibili solo delle reazioniad esso normali;

• Avrà una forma determinata da una equazione di curva o superficie (luogo geometrico dei punti nei quali le reazioni si pensano possibili) ecc. perché tale figura geometrica sarà quella che meglio rappresenta la figura reale del vincolo, e così via.

• Come esempio consideriamo il piano inclinato (figura seguente): – un punto P soggetto al proprio peso p, sia posto su un piano inclinato; – l'inclinazione di questo rispetto alla base orizzontale sia l’angolo α.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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Il piano inclinato

P

p

α

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• Si può allora decomporre il peso in due componenti:

– una normale al piano, di intensità p·cosα che viene equilibrata dalla reazione del vincolo;

– l'altra parallela al piano o meglio alla sua linea di massima pendenza, che è la cosiddetta forza attiva p·senα.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• Se il piano è liscio, per trattenere in equilibrio il punto sul piano inclinato, basterà applicargli una forza uguale e contraria a quest'ultima.

• L'esperienza conferma questa osservazione, tanto più esattamente quanto minore è l'attrito fra P e il piano.

• In ragione dell'attrito la forza equilibrante è in realtà minore di p·senα.

Equilibrio di un punto. I vincoli

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• Finora abbiamo stabilito, almeno provvisoriamente, di misurare le forze staticamente, ossia in modo indipendente dai movimenti che esse sono capaci di iniziare.

• Per misurare una forza noi ricorriamo all'uso di un'altra, di grandezza nota rispetto a un campione, capace di equilibrare la prima.

Generalità sui principi della dinamica

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• Tuttavia nella nozione di forza, come noi l'abbiamo impostata, èimplicitamente contenuta l'idea che la forza sia collegata col passaggio dallo stato di quiete a quello di moto.

• Così se la traiettoria seguita da un punto mobile, attraversa una regione di spazio nella quale si è potuto constatare (per es. con un dinamometro) che il punto medesimo è soggetto a delle forze, noi pensiamo molto naturalmente che esista una certa relazione fra il moto del punto e quelle forze.

• Infatti se lanciamo orizzontalmente un grave, vediamo che esso descrive una traiettoria parabolica e attribuiamo alla forza di gravità il suo progressivo discostarsi dalla linea orizzontale.

Generalità sui principi della dinamica

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• Rendiamo ora nulla la forza che agisce sul grave, lanciandolo orizzontalmente su un piano rigido, orizzontale e levigato.

• Staticamente la reazione del piano è, per ogni posizione occupata dal mobile, uguale e contraria alla forza di gravità e di conseguenza la traiettoria ne risulta profondamente modificata e da parabolica diviene rettilinea.

• Si potrebbe aggiungere (se l'attrito fra il grave e il piano fosse trascurabile) che questa traiettoria rettilinea viene percorsa con velocità sensibilmente costante, mentre nel caso della traiettoria parabolica la velocità, non solo cambia direzione, ma va anche continuamente crescendo.

Generalità sui principi della dinamica

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• Si pone allora questo problema: in una regione di spazio (riferita ad una certa terna cartesiana) sono sensibili, sopra un punto materiale P, delle forze.

• Noi conosciamo, misurandola staticamente, quale è la forza risultante che agisce su P per ogni posizione in questa regione di spazio.

• Si tratta ora di stabilire se, a partire da una certa posizione iniziale P0 e con una certa velocità iniziale

il punto viene abbandonato all'azione di questa forza, qual'è il movimento di P, ovvero quali sono le relazioni che esistono fra questa forza misurata staticamente e le grandezze cinematiche caratterizzanti il moto.

0vr

Generalità sui principi della dinamica

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• In altri termini, occorre stabilire le relazioni che esistono fra questa forzacaratterizzata dal vettore

funzione delle coordinate ed eventualmente del tempo, e le equazioni parametriche x=x(t), y=y(t), z = z(t), la velocità, l'accelerazione, ecc. proprie del moto.

• Se riprendiamo in esame il grave lanciato orizzontalmente su un piano orizzontale levigato (per es. una biglia di avorio perfettamente lavorata, su un piano di marmo) osserviamo che la risultante delle forze applicate è nulla e tuttavia esso si muove di moto rettilineo con una velocità che può essere anche considerevole.

( ), , ,f f x y z t=r r

Generalità sui principi della dinamica

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• Di più, se gli attriti sono notevoli, la velocità tende a diminuire rapidamente, mentre se questi sono trascurabili il moto è con buona approssimazione, anche uniforme e lo è tanto più quanto più piccoli sono questi attriti.

• Estrapolando fino ad immaginare tutti gli attriti nulli si può ammettere che la velocità di un punto materiale, non soggetto a nessuna forza, ècostante, cioè se esso è in quiete rimane in quiete, se è in moto, questo moto è rettilineo e uniforme.

• Abbiamo enunciato in questo modo il principio d'inerzia, che risolve in un caso molto particolare, ma molto importante (il caso di una forza nulla) il problema precedentemente impostato.

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• Esso ha il carattere di un principio, perché (analogamente a quanto succede per le altre leggi della dinamica) non trova una conferma immediata e diretta nell'esperienza, ma in genere l’esperienza conferma i principi di Newton a posteriori (specialmente nell'ambito della meccanica celeste) con tutto il rigore desiderabile.

• E' essenziale osservare che il principio d'inerzia perde ogni significato se non si precisa il sistema di riferimento. Noi l'abbiamo enunciato partendo da considerazioni connesse con un normale sistema di riferimentorigidamente collegato con la terra.

Generalità sui principi della dinamica

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• Lo possiamo estendere ad un sistema qualsiasi, ad esempio, uno rigidamente collegato con le stelle fisse, come quello precedentemente considerato?

• La più banale osservazione ci indica che le forze, così come noi le abbiamo definite, dipendono dal sistema di riferimento scelto e non vi è a priori nessuna ragione perché ciò che si verifica in un sistema sia vero anche in un altro.

• Anzi questo è certamente non vero, per esempio, un osservatore situato in un ascensore che cadesse liberamente lungo la verticale, quindi con una accelerazione di 9,8 m/sec2, verificherebbe col dinamometro che i corpi non pesano.

Generalità sui principi della dinamica

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• Ebbene, per quanto riguarda il principio d'inerzia, si può dire che le esperienze astronomiche dimostrano che esso, così come noi l'abbiamo enunciato è vero, con buona approssimazione, per ogni sistema di riferimento rigidamente collegato con la terra ed è rigorosamente vero per ogni sistemasolidale con le stelle fisse.

• Per la terra è solo approssimativamente vero a causa della rotazione terrestre, questa per altro è normalmente trascurabile attesa la piccolezza della corrispondente velocità angolare.

Generalità sui principi della dinamica

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• Concludendo noi riteniamo che quando, in un sistema rigidamente collegato con le stelle fisse o in buona approssimazione con la terra, noi possiamo in qualche modo stabilire che un punto mobile non è soggetto a forze.

• In questo caso se il punto è fermo rimane fermo, se è lanciato con velocitàiniziale , seguita a muoversi di moto rettilineo e uniforme con la velocità .

• Questa affermazione è una formulazione diversa del principio di inerzia.• Reciprocamente, se noi possiamo osservare in una regione di spazio un punto

che si muove di moto rettilineo e uniforme (ad es. una cometa lontana dal sole), noi riteniamo che quel punto, in quella regione di spazio, non èsoggetto a forza.

0vr

0vr

Generalità sui principi della dinamica

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• Consideriamo il caso di un punto mobile su cui agisca, nella regione di spazio in considerazione, una forza qualsiasi non nulla (che potrà anche essere la risultante di più forze fra loro indipendenti).

• Il secondo principio della dinamica, che risolve questo problema, fu suggerito a Newton dai risultati delle esperienze di Galileo sul moto dei gravi, ma anche e specialmente dalle leggi di Keplero.

• È nel sistema solare e nel moto dei pianeti e dei loro satelliti che si ritrovano verificate le leggi della meccanica con la più grande esattezza e la maggiore semplicità.

Introduzione al secondo principio della dinamica

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• Terremo perciò presente che la cosiddetta legge fondamentale della dinamica non è stabilita con l'approssimazione, invero molto grossolana, consentita dalle consuete esperienze di laboratorio, ma con quella esattezza che rende possibili le più delicate previsioni astronomiche.

• Tuttavia per avere una guida all'intuizione e ancorare più concretamente i concetti, cerchiamo di giungere a una prima formulazione di questa legge, attraverso l'esame di una serie di esperienze classiche.

• La forza più semplice e la più comoda che noi abbiamo a disposizione è la forza peso.

Introduzione al secondo principio della dinamica

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• Una misura statica, anche molto accurata, su un determinato corpo ci dice che essa, in una regione di spazio limitata come quella di una stanza di laboratorio, è costante in grandezza e direzione.

• Ebbene, quale è il moto di un corpo soggetto ad essa?

• Per porsi nelle condizioni più semplici supponiamo che la velocità inizialesia nulla. Come primo risultato otteniamo che il corpo si muove di mototraslatorio rettilineo, cioè ogni suo punto descrive una retta verticaleche ha la stessa direzione della forza peso.

• Si può poi verificare che i corpi cadono di moto uniformemente accelerato.

Introduzione al secondo principio della dinamica

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• Prendiamo in esame l'esperienza fatta con l'apparecchio di Laborde -Neuman (figura successiva).

• Un blocco di piombo P scorre con lieve attrito lungo due guide verticali. Su di esso è montata una lamina L, elastica e capace di dare oscillazioni isocrone di periodo noto, per es. T=0,1 sec.

• Questa lamina è il nostro orologio, quello che utilizziamo per misurare il tempo.

• Incidentalmente notiamo che è connesso col corpo in movimento e pertanto, come suole dirsi: – lo strumento misura il tempo locale relativo a questo corpo.

Introduzione al secondo principio della dinamica

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Apparecchio di Laborde-Neuman

A BA’

A’’’

A’’

LP

DC

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• Noi però riteniamo che, con elevata approssimazione, esso segni il tempoanche per noi che siamo fissi sul suolo, poiché la velocità del grave che sta cadendo è molto piccola rispetto alla velocità della luce.

• La lamina è munita di una linguetta scrivente capace di lasciare una traccia sulla lastra ABCD.

• Quando il blocco inizia a cadere, L comincia le sue oscillazioni. Verifichiamo quindi che ogni qualvolta la traccia lasciata dalla linguetta scrivente è tangente alla retta AC è trascorso 1/10 di secondo.

• I punti A', A", A"' ecc. traguardano lo spazio percorso rispetto alla posizione iniziale.

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• Con semplici calcoli possiamo dedurre che la legge del moto è:s = 4,9 t2·me che quindi il moto è uniformemente accelerato con accelerazione g = 9,8 m/sec2

che è la accelerazione di gravità.

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• Si possono ripetere queste esperienze con corpi diversi per forma, peso, densità ecc.

• In tutti i casi, a parte una piccola differenza dovuta alla resistenza dell'aria (che rientra negli errori di osservazione) si troverebbe sempre lo stesso risultato fondamentale.

• Ne concludiamo che:“Tutti i corpi abbandonati all'azione della sola forza di gravità, si muovono di moto traslatorio uniformemente accelerato con una accelerazione di 9,8 m/sec2”

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• Però ai vari corpi non è applicata la stessa forza.

• Con un semplice dinamometro si può immediatamente verificare che corpi diversi hanno in generale un diverso peso.

• Tuttavia, pur tenendo presente questo fatto singolare e importante, noi possiamo ammettere che in generale: "Una forza costante in grandezza e direzione agendo su un corpo inizialmente fermo, ma libero di muoversi, imprime al corpo un motouniformemente accelerato nel senso della forza medesima."

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• Vediamo ora di studiare l'effetto di forze diverse, su uno stesso corpo (punto materiale).

• Per risolvere questo problema fondamentale, Galileo Galilei ricorse al piano inclinato. È questo, in un certo senso, il primo "esperimento" fisico e con esso ha inizio il metodo sperimentale ossia il metodo di ricerca proprio della scienza moderna.

• Abbiamo già visto quale sia la forza effettivamente agente su un carrellocon una carrucola su un punto appoggiato su un piano inclinato sensibilmente privo di attrito (vedi figura seguente).

• Questa forza, se α è l'inclinazione del piano è data da f = p ·sen α

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Il piano inclinatoIl piano inclinato

psenα

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• Il piano ha una inclinazione che si può variare e misurare.

• Il punto materiale è grossolanamente sostituito da un leggero carrello che scorre su due guide, con attrito trascurabile e che può essere caricato con pesi diversi.

• Supponiamo di caricare il carrello con un dato peso p.• Con una misura statica si può allora controllare che, secondo le previsioni, in

ogni punto del piano, per una data inclinazione, la forza effettiva agente sul carrello non varia quando si cambia la posizione del carrello sul piano, ed è uguale a p·senα.

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• Dando varie inclinazioni α1, α2, α3, ... la forza effettiva agente sarà:

f1 = p·sen α1; f2 = p·sen α2; f3 = p·sen α3 ....• Si può quindi variare a piacere l'intensità della forza applicata variando

l’angolo di inclinazione.• Se quanto abbiamo sopra affermato generalizzando il fenomeno della caduta

dei gravi è vero, il moto del carrello sarà in ogni caso un moto uniformemente accelerato. La sua equazione sarà quindi in ogni caso del tipo:

S = Kt2 = ½ at2

dove a=d2s/dt2 è l'accelerazione.

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• Ciò può essere verificato con un apparecchio del tipo già visto di Laborde -Neuman, oppure (come fu fatto da Galileo) disponendo, lungo il percorso del carrello, dei traguardi a distanze proporzionali ai quadrati dei tempi.

• Ebbene se si calcolano per le varie inclinazioniα1, α2, α3, … le corrispondenti accelerazionia1, a2, a3, … si trova una relazione di proporzionalità fra forza applicata e accelerazione che possiamo scrivere:

1 2

1 2

.... i

i

f f f ka a a

= = =

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• Ponendo in particolare α=90° cioè il caso della caduta libera si ottiene ancora

da cui si ricava che

k=p/g

essendo sen90° = 1.

sin90p kg

°=

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• Ma poiché p e g sono costanti per ogni corpo il rapporto:

è una costante caratteristica di quel corpo.

• Il valore del rapporto m non dipende dallo stato di moto del corpo ma solo da qualità intrinseche al corpo stesso e che col moto non hanno nulla a che fare.

pmg

=

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• Infatti se m variasse durante il moto, anche l’accelerazione a dovrebbe variare per le precedenti relazioni:

1) ai=fi/m

mentre noi sappiamo che per quanto discusso fi è costante.

• Ritorniamo ad esaminare i rapporti tra peso e massa di un corpo. • Per quanto abbiamo detto finora, cambiando corpo cambia il valore del

peso e conseguentemente da corpo a corpo, varia in proporzione anche il valore di m.

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• La (1) esprime, in un caso particolare, la legge fondamentale della dinamica. • Se essa è generalmente vera deve anche accadere che, applicando una stessa

forza costante a corpi diversi, questi si muovano con moti accelerati, ma con accelerazioni diverse.

• Cioè se P1, P2 …. Pn sono i corpi, a loro competono, per il rapporto m, i valori m1, m2, … mn.

• Allora questi corpi, soggetti alla stessa forza f, dovranno muoversi con le accelerazioni:

1’) a1=f/m1; a2=f/m2…..; an=f/mn

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• Per controllare, sia pure in modo assai grossolano, questa affermazione, facciamo un'esperienza che, in sostanza, è la traduzione quantitativa dell'esperienza che si fa quando si lanciano delle pietre di peso diverso, quanto più pesante è la pietra tanto più corta è la gittata del lancio.

• La forza che useremo è quella data da una molla compressa, con una precedente taratura sappiamo che tale forza è proporzionale alla deformazione, ossia alla differenza

l-l0 = ξfra la lunghezza attuale l della molla e quella l0 della molla rilassata.

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• Con questa molla realizzeremo una specie di cannoncino, come schematicamente indicato nella figura seguente.

• Un proiettile è appoggiato sulla molla, quando la molla scatta subisce l’azione della forza corrispondente, forza che è data (e si osservi che non si tratta di una forza costante) da:

f = -Kξdove K è una costante dipendente dalla natura della molla e il segno negativo sta a indicare che la forza è diretta in senso opposto alla deformazione.

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• La molla quando è distesa è lungatanto quanto il cannoncino, conseguentemente il proiettilequando cessa di subire l’azione della molla inizia la sua caduta.

• Prendiamo un sistema di assi come indicato in figura.

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• Si indichi con V la velocità orizzontale con la quale il proiettile abbandona il cannoncino.

• Le equazioni del moto sono:

da cui

x V t= 212

y g t= −

2 yx Vg

−=

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• Se raccogliamo i proiettili su un piano orizzontale, a una quota -h, sotto il cannoncino, la gittata λ, cioè la distanza HX (X e il punto in cui la traiettoria interseca il piano) è data, per le relazioni precedenti da:

• Si vede che la gittata è proporzionale alla velocità di lancio V, e quindi potremo usare la gittata per conoscere tale velocità.

• Ma tale velocità è quella che il proiettile acquista sotto l’azione della molla. Il proiettile inizialmente fermo, soggetto alla forza f = -Kξ raggiunge questa velocità finale quando la molla è distesa (ξ=0).

2 /V h gλ =

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• Per definizione di accelerazione, la velocità istantanea v del proiettile, durante il suo movimento entro il cannoncino (quando è sollecitato dalla forza f = -Kξ ) sarà data dalla relazione:

dv = adt• Al posto di a, potremo porre f/m da cui:

• Dove ξ è, al tempo stesso, la deformazione della molla e lo spostamentodel proiettile nel cannoncino. Moltiplicando i due termini per v si ottiene:

Kdv d tm

ξ= −

Kvdv vd tm

ξ= −

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• Ma vdt è lo spostamento elementare entro il cannoncino, ossia vdt = dξ e cioè:

• Integrando allora i membri fra l’istante iniziale t=0 dove v0=0 e ξ=ξ0 e l’istante in cui il proiettile abbandona il cannoncino (v=V, ξ=0) si ha:

Kvdv dm

ξ ξ= −

0

0

0 0

0 0

V K K Kvdv d d dm m m

ξ

ξ ξ

ξ ξ ξ ξ ξ ξ= = − =∫ ∫ ∫ ∫

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• Calcolando i due integrali si ottiene:

• Da cui

• E quindi, ricordando l’espressione di m, possiamo scrivere:

22

0

KmV ξ=

0

KVmξ=

0

KgVPξ=

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• Da cui si vede che le velocità di lancio sono inversamente proporzionali alle radici quadrate dei pesi dei proiettili.

• Ma le gittate sono proporzionali alle velocità di lancio, quindi le gittate devono essere inversamente proporzionali alle radici dei pesi, come si può dedurre con semplici calcoli.

• Quanto precede ci fa capire che, in un intervallo di tempo determinato, sotto l’azione di una stessa forza, i corpi più leggeri acquisteranno accelerazionisuperiori e quindi velocità maggiori.

• In questa analisi del passaggio dallo stato di quiete a quello di moto (con velocità più o meno grande a seconda del peso del corpo) acquista un significato preciso la comune frase “un corpo è tanto più inerte quanto più pesa”.

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• Il valore m del rapporto f/a misura quindi l’inerzia del corpo e questa inerzia è un attributo particolare, specifico, del corpo stesso.

• Il numero m si chiama massa inerziale, quindi la frase sopra significa piùprecisamente: “le masse inerziali sono proporzionali ai pesi dei corpi.”

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