I pianisti che accompagnarono Miles Davis - Michele Russo

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I pianisti che accompagnarono Miles Davis: Horace Silver, Red Garland, Bill Evans, Wynton Kelly, Herbie Hancock a cura di Michele Russo Conservatorio di musica “Nino Rota” di Monopoli A.A. 2014-15 Il mio lavoro prevede di analizzare e confrontare alcuni dei più importanti pianisti che accompagnarono Miles Davis nella sua lunga carriera. Tralascerò le note puramente biografiche dei vari autori sopracitati, per coglierne l’essenziale lavoro, obiettivo di questa ricerca. Miles Davis 4et A New York, molti erano i musicisti che Miles aveva già conosciuto in 6 anni che viveva lì. Alle sue spalle troviamo decine di collaborazioni come sideman, con i più eccelsi musicisti dell’epoca bebop quali Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Coleman Hawkins, Max Roach, Art Blackey, Charles Mingus, Sonny Rollins, Fats Navarro, solo per citarne alcuni. Di fondamentale importanza diventa la sua collaborazione con l’arrangiatore e compositore Gil Evans. Proprio in quel periodo molti musicisti si incontravano a casa di quest’ultimo per discutere di musica e ovviamente di dove questa musica si stesse dirigendo. Da queste conversazioni nacque Birth of the Cool, prodotto dalle sessioni tra il ’48 e il ’49. “[...]l'idea musicale di base era di poter lavorare con un tessuto sonoro formato da voci strumentali che suonavano come voci umane.” - Miles Davis Nel 1950 Bob Weinstock gli offrì un contratto per la Prestige Records, che vide un susseguirsi di produzioni in cui figurano quasi stabilmente il pianista Horace Silver, il contrabbassista Percy Heath, e il batterista Art Blackey (o in alternativa Kenny Clarke). Michele Russo 1

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I pianisti che accompagnarono Miles Davis:Horace Silver, Red Garland, Bill Evans, Wynton

Kelly, Herbie Hancock

a cura diMichele Russo

Conservatorio di musica “Nino Rota” di MonopoliA.A. 2014-15

Il mio lavoro prevede di analizzare e confrontare alcuni dei più

importanti pianisti che accompagnarono Miles Davis nella sua lunga

carriera.

Tralascerò le note puramente biografiche dei vari autori

sopracitati, per coglierne l’essenziale lavoro, obiettivo di

questa ricerca.

Miles Davis 4et

A New York, molti erano i musicisti che Miles aveva già conosciuto

in 6 anni che viveva lì. Alle sue spalle troviamo decine di

collaborazioni come sideman, con i più eccelsi musicisti

dell’epoca bebop quali Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Coleman

Hawkins, Max Roach, Art Blackey, Charles Mingus, Sonny Rollins,

Fats Navarro, solo per citarne alcuni.

Di fondamentale importanza diventa la sua collaborazione con

l’arrangiatore e compositore Gil Evans. Proprio in quel periodo

molti musicisti si incontravano a casa di quest’ultimo per

discutere di musica e ovviamente di dove questa musica si stesse

dirigendo. Da queste conversazioni nacque Birth of the Cool,

prodotto dalle sessioni tra il ’48 e il ’49. “[...]l'idea musicale

di base era di poter lavorare con un tessuto sonoro formato da

voci strumentali che suonavano come voci umane.” - Miles Davis

Nel 1950 Bob Weinstock gli offrì un contratto per la Prestige

Records, che vide un susseguirsi di produzioni in cui figurano

quasi stabilmente il pianista Horace Silver, il contrabbassista

Percy Heath, e il batterista Art Blackey (o in alternativa Kenny

Clarke).

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“[...]penso che mi avesse convinto Art Blackey su Horace, perché

lo conosceva molto bene. Mi piaceva il modo in suonava il

pianoforte, perché aveva quest’energia funky che mi piaceva molto

a quel tempo.” - Miles Davis

Era questa la formazione di Miles Davis Quartet, Miles Davis with

Sonny Rollins, Miles Davis Vol.3.

In quegli stessi anni Miles ascoltò a Chicago un giovane pianista

di Philadelphia, Ahmad Jamal. “[...]ero andato a sentirlo una

volta che mi trovavo da quelle parti e mi avevano colpito il suo

concetto di spazio, la sua leggerezza di tocco, il modo in cui

metteva insieme le note, gli accordi e i vari passaggi. In più mi

piacevano i pezzi che suonava, come Just Squeeze Me, A Gal in

Calico, Will You Still Be Mine, Ahmad’s Blues, New Rhumba.” - M.D.

Con The Musing of Miles, l’influenza che ebbe Ahmad Jamal fu

subito evidente, la sua musica stava prendendo una nuova

direzione.

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La formazione che vedeva la nascita di questa nuova musica, era

composta da Miles alla tromba, John Coltrane al sax, Red Garland

al piano, Paul Chambers al contrabbasso e Philly Joe Jones alla

batteria. Miles: The New Miles Davis Quintet ne fu la

consacrazione. Questo primo disco con il primo quintetto storico

fu registrato in una unica sessione il 16 novembre 1955; solo tre

settimane prima il quintetto aveva inciso le sue prime tracce per

la Columbia Records. Per tutto il 1956 l'alternanza di

registrazioni per le due etichette, Prestige e Columbia,

continuerà e sfocerà in quelli che sono considerati alcuni tra i

migliori dischi del trombettista e di tutta la storia del jazz:

‘Round About Midnight e la serie Prestige di Cookin’, Relaxin’,

Workin’ e Steamin' with the Miles Davis Quintet.

Tenere su un quintetto così formidabile non fu cosa semplice, dati

i problemi legati all’eccessivo uso di droghe da parte di Coltrane

e Joe Jones. “[...]quando rientrammo a New York, nel marzo 1957,

non ne potevo più, e così sbattei fuori Trane ancora una volta, e

con lui anche Philly Joe. Per come la vedevo non avevo scelta.” -

M.D.

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Una volta che Coltrane e Joe Jones furono liberi dai contratti che

avevano stabilito con altri musicisti, Miles gli chiese di tornare

a suonare nella sua band e al quintetto già da tempo collaudato

aggiunse la voce blues di Cannonball Adderley.

Partirono in tour alla fine del dicembre del ’57 e fu un gran

successo. L’unica testimonianza di questo incredibile sestetto è

nel disco Milestones, prodotto dalla Columbia e rilasciato nel

’58. “[...]questo fu l’album in cui cominciai a scrivere veramente

in forma modale, e in Milestones, il pezzo che dava il titolo al

disco, ho usato proprio questo stile.” - M.D.

Miles Davis, New 6et e Kind of Blue

Una volta che Red Garland lasciò il gruppo venne subito sostituito

con Bill Evans, che all’epoca era molto interessato al sound

modale, dato che aveva studiato con George Russell. Miles si

interessò al modale dopo aver guardato uno spettacolo del Ballet

Africaine di Guinea. Bill portò nel gruppo la sua grande

conoscenza della musica classica, da Rachmaninov ad Aram

Khacaturjan e il ovviamente il suo tocco cristallino. Philly Joe

Jones fu nuovamente mandato via e rimpiazzato da Jimmy Cobb. La

prima registrazione di questo nuovo sestetto fu nel ’58, con

l’album 1958 Miles registrando Green Dolphin Street, Stella By

Starlight, Love for Sale, Fran Dance.

Ben presto però Evans, decise di lasciare e al suo posto venne

chiamato Wynton Kelly, un pianista giamaicano dallo stile a metà

tra Red Garland e Bill Evans. Nel frattempo anche Coltrane e

Cannonball decisero di lasciare per proseguire i loro progetti da

leader, ma nel 1959 tutti entrarono in studio, Wynton Kelly

compreso. In due session, una in marzo e una in aprile, nacque

quello che è considerato uno dei più grandi capolavori del jazz di

tutti i tempi, Kind of Blue.

“[...]non avevo scritto la musica di Kind of Blue, portai soltanto

degli abbozzi di quello che ciascuno doveva suonare perché volevo

veramente molta spontaneità in questo lavoro, esattamente come

pensavo ci fosse nell’interazione fra quei ballerini e quei

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suonatori di tamburi e quel pianista del famoso Ballet Africaine.”

- M.D.

Miles e il secondo quintetto

Due furono le cose che Coltrane fece per Miles prima di andare

via: per prima cosa disse a Wayne Shorter, suo amico comparso da

poco nel giro, di chiamare Miles per proporsi come sax tenore del

gruppo; in secondo luogo accettò di andare in tour in Europa prima

di lasciare il gruppo definitivamente, e in quell’occasione Miles

gli regalò un sax soprano, che cambiò totalmente il suo modo di

suonare il tenore.

Una volta tornati Coltrane lasciò il gruppo, e Miles dopo una

serie di collaborazioni e produzioni era ancora alla ricerca di un

progetto con cui poter prendere nuove direzioni da quelle passate.

Conobbe e ascoltò Herbie Hancock, e lo chiamò con lui, così come

fece anche con Tony Williams e Ron Carter. Come tenorista venne

assunto George Coleman, e dopo un paio di giorni intensivi di

prove, in cui si rese conto dell’alchimia perfetta del nuovo

gruppo, li chiamò in studio per finire il disco Seven Steps to

Heaven.

Il nuovo quintetto dopo parecchi concerti, di cui abbiamo anche

diverse registrazioni dal vivo, era tra i più apprezzati della

scena del jazz mondiale, e teniamo conto anche che all’epoca

Ornette Coleman con il suo quartetto di free jazz, o avant-garde

aveva completamente sconvolto tutti.

Ma qualcosa cominciò ad andare storto quando George Coleman,

decise di mollare il gruppo. “[...]a Tony Williams non era mai

piaciuto il modo in cui suonava George. Gli piacevano i musicisti

che commettevano errori, come Ornette Coleman, o John Coltrane.” -

M.D.

Una volta che George Coleman se ne andò, dopo la collaborazione

temporanea con Sam Rivers, Miles chiamò Wayne Shorter, e con lui

diede vita al secondo quintetto. All’inizio Wayne Shorter era

conosciuto come un musicista free, ma Wayne è sempre stato uno che

sperimentava con la forma, non senza forma.

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“[...]Wayne portò anche una sorta di curiosità per il lavoro sulle

regole musicali. Se non funzionavano, allora le infrangeva, ma con

un gran senso musicale; capiva che la libertà nella musica era la

capacità di conoscere le regole in modo da poterle piegare secondo

il tuo gusto.” - M.D.

Nel periodo in cui Miles suonò con questo secondo quintetto,

diversamente dai dischi precedenti notiamo sin da subito che anche

l’aspetto compositivo non è affidato solo a Miles, già nel primo

disco in studio E.S.P. figurano brani di Shorter, Carter e

Hancock.

Horace Silver

“Solar” - Walkin’ (registrato nel 1954)

Miles Davis - trombaLucky Thompson - sassofono tenore (lato A)J.J. Johnson - trombone (lato A)David Schildkraut - sassofono contralto (lato B)Horace Silver - pianofortePercy Heath - contrabbassoKenny Clarke - batteria

In questo periodo Horace Silver abitava nello stesso albergo dove viveva Miles, all’ Arlington Hotel di New York. “[...]un sacco di roba di quel disco uscì pari pari dal vecchio piano verticale di Horace...che ci metteva il suo piano funky e Kenny che teneva ritmi indiavolati dietro di noi alla batteria.” - M.D.

In questa registrazione sentiamo ancora il bebop a cui Miles è legato (Parker e Dizzy), ma la sua direzione musicale aggiunge qualcosa in più grazie alla presenza di Horace Silver e della sua energia blues, del suo stare sul tempo rilassato ma funky.

Il suo linguaggio è fatto di una discorsività fluida, l’utilizzo delle estensioni non è dissonante e molte micro-cellule vengono ripetute o uguali o con piccole variazioni, la semplicità ritmica quasi lega tutto dando quel particolare senso del tempo che contraddistingue Horace Silver.

Solo piano “Solar” - H. Silver:https://youtu.be/wszvzhsHI9U?t=2m53s

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Red Garland

“All of you” - ‘Round About Midnight (1957)

Miles Davis - trombaJohn Coltrane - sax tenoreRed Garland - pianofortePaul Chambers - contrabbassoPhilly Joe Jones - batteria

Che Davis sapesse ben scegliere i suoi partners musicali non era

una novità, infatti nel 1955 è la volta di Red Garland che, con

Paul Chambers al basso, Philly Joe Jones alla batteria, costruisce

la sezione ritmica del quintetto prima e del sestetto poi, con

l’aggiunta di Julian Cannonball Adderley. L'intesa del gruppo è

perfetta, i ruoli sono definiti, così come l'organizzazione e

l'arrangiamento dei brani.

Solo piano “All of you” - R. Garland:

https://www.youtube.com/

watchv=Di16W_std0c&feature=youtu.be&t=3m46s

L'assolo di Garland è un capolavoro in miniatura, sia per varietà

d'idee che per perfezione esecutiva: lo stile è di derivazione

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bebop condotto a single notes con moltissimi abbellimenti

cromatici e fraseggi verticali. Infatti in molti punti dell'assolo

si possono capire chiaramente gli arpeggi della progressione.

La mano sinistra interviene poco nella frase, solo per suggerire

alcuni accordi, lasciando spazio al lavoro della ritmica,

soprattutto del basso.

Il tocco è leggero e dal sound molto blues, come vediamo in questo

passaggio.

Red Garland è inoltre un ottimo improvvisatore con la tecnica a

block chords, infatti il 2° chorus (B in ) del suo solo comincia

proprio con dei block chords.

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Come possiamo notare la melodia alla mano destra viene raddoppiata

per ottava, con l’aggiunta di una nota facente parte

dell’estensione dell’accordo e raramente con qualche alterazione,

come nella misura 35 in cui il Fm7b5 ha come nota caratteristica

una nona minore.

Il resto del solo è il concludersi di un discorso, ma che non

presenta elementi aggiuntivi rispetto a quelli che abbiamo trovato

finora.

Quello che vedremo ora è l’analisi di un’altra versione dello

stesso brano, ma molto diversa da quest’ultima, per un motivo

molto semplice: Herbie Hancock.

Herbie Hancock

“All of you” - Miles Davis in Europe (1963)

Miles Davis, trombaGeorge Coleman, sax tenoreHerbie Hancock, pianoRon Carter, contrabbassoTony Williams, batteria

Facciamo un piccolo salto in avanti nella cronologia, ma un enorme

passo in avanti nella musica di Miles. Come abbiamo detto in

precedenza, George Coleman a parte, questa è la sezione ritmica

del secondo quintetto di Miles. “[...]Tony è il fuoco, la

scintilla creativa, suona continuamente poliritmi. Quando suonavo

con Tony, che era un piccolo genio, dovevo reagire a quello che

suonava lui, così il modo di suonare cambia ogni sera.” - M.D.

Teniamo conto che all’epoca Tony Williams aveva solo 17 anni e

Herbie Hancok 23. Erano i più giovani, ma anche quelli da cui

Miles ebbe da imparare di più.

Lo stile pianistico è già personale anche se si intravedono

chiaramente le influenze armoniche di Bill Evans, il blues feeling

di Wynton Kelly e l'approccio funky di Horace Silver.

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Solo piano “All of You” - H. Hancock:

https://youtu.be/OiDH0xRktpU

Già dalle prime battute del solo riconosciamo subito il carattere

improvvisativo di Hancock, l’armonia sospesa (Bb7 sus), le

appoggiature, i bicordi (costruiti sul tritono e sul 6° minore)

nell’accordo di dominante alterato, gli abbellimenti cromatici, le

sostituzioni armoniche raffinate (il cromatismo di batt. 13 e 14).

Poco dopo troviamo l’esplorazioni di triadi in 2° rivolto che

scendono per semitono e poi di tono, una parte che potrebbe

benissimo essere un arrangiamento per fiati.

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Nel frattempo la sezione ritmica non lo lascia solo neanche per un

momento, come quando cambia figurazione (nel 2° chorus), e comincia

a fraseggiare in sedicesimi.

Ovviamente non mancano anche i block chords come elemento di

improvvisazione e diversificazione dei vari chorus.

Non a caso quando abbiamo parlato dello stile di Hancock abbiamo

specificato delle sue influenze “evansiane”, come vediamo

chiaramente in queste poche battute.

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Il solo finisce con un carattere blues, come fosse un ritorno alle

origini, e in questo caso anche un ritorno al tema.

Bill Evans

“So What” - Kind of Blue (1959)

Miles Davis - trombaJulian "Cannonball" Adderley - sax contralto, ad eccezione di Blue in GreenJohn Coltrane - sax tenoreWynton Kelly - pianoforte, soltanto in Freddie FreeloaderBill Evans - pianofortePaul Chambers - contrabbassoJimmy Cobb - batteria

Torniamo un po’ indietro nel nostro percorso attraverso i dischi e

i pianisti che hanno fatto la storia nella carriera di Miles.

E’ il 1958 e Red Garland viene sostituito da un giovane e

brillante pianista: Bill Evans.

Davis si accorge immediatamente che le nuove concezioni musicali

di Evans, maturate nello studio degli autori classici (Chopin,

Debussy, Ravel), dei pianisti jazz (Tristano, Powell, Silver) e

delle nuove teorie modali di George Russell, possono essere

funzionali al suo progetto musicale e così lo ingaggia nel

sestetto.

La concezione modale presuppone che l'improvvisazione avvenga su

una scala o un limitato numero di scale per la durata di parecchie

battute invece di spostare continuamente il centro tonale mediante

le modulazioni. In questo modo l'improvvisatore può avere molta

libertà di azione e decidere perciò di stare all'interno della

scala o al di fuori, parzialmente o totalmente. Naturalmente

occorre che i musicisti siano disponibili a rischiare ascoltandosi

attentamente ed interagendo così reciprocamente.

Il disco "manifesto" della nuova improvvisazione modale collettiva

è Kind Of Blue del 1959.

Il primo brano, So What, è particolarmente significativo ed adotta

la forma canzone AABA di trentadue misure, ma in modo

profondamente diverso.

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La sezione A è infatti composta da otto misure basate sulla scala

dorica di RE, la sezione B sulla scala dorica di MI bemolle.

Il pianoforte accompagna il solista muovendosi abbastanza

liberamente sulla scala mediante accordi per quarte.

Nei “So what voicings”, la mano sinistra suona un accordo per

quarte mentre la destra suona un intervallo di terza (maggiore o

minore a seconda dello sviluppo della scala). Tra le due mani c'è

un intervallo di quarta.

Per quanto riguarda le novità armoniche, Evans porta al massimo

sviluppo i voicings estesi ai toni ornamentali, costruiti con

l'omissione di tonica (cat. A, B, C) sovrapponendo triadi,

frammenti e accordi di quarta. È interessante anche notare il

movimento interno ai voicings secondo una procedura assolutamente

nuova, di derivazione orchestrale, non ancora sviluppata fino a

quel momento dai pianisti bop.

Evans ama inoltre sfruttare spesso la dissonanza "stretta" della

seconda minore che introduce nei suoi voicings. La posizione C del

voicings di settima maggiore viene perciò spesso sostituita da una

posizione B.

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Proprio queste posizioni consentono a Evans di spaziare con

maggiore libertà nell'improvvisazione.

Solo piano “So What” - B. Evans:

https://youtu.be/ylXk1LBvIqU?t=7m5s

Il preludio del brano è molto bello e sembra che sia stato scritto

da Gil Evans per Miles: in quel periodo erano stretti

collaboratori. Sono poco più di 30 secondi di musica con un

linguaggio e uno stile diverso da quello del Jazz: sembra un

passaggio wagneriano armonizzato da Satie o Debussy. La linea

melodica dell’unisono insiste sul rapporto d’intervallo di quinta;

prima giusta, poi aumentata, poi diminuita e infine giusta, ma con

traslazioni cromatiche. 

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Il preludio continua con delle terze in 2° rivolto quasi volesse

(Evans) esplorare tutti i colori dentro e fuori la tonalità.

Davis ha raccontato in questo periodo di essere stato “stimolato”

da alcuni ascolti di Rachmaninov e Ravel; in particolare il

Concerto per pianoforte e orchestra n.4 (1927) e il Concerto per

pianoforte per mano sinistra (1930). A circa metà di quest’ultimo

(8'28'') inizia un temino da danza popolare: il primo segmento di

7 note è molto simile al tema suonato dal contrabbasso di So What.

La fine dell’introduzione è segnata proprio dal contrabbasso che

comincia ci porterà al tema, caratterizzato

proprio dall'intervallo di quinta giusta espresso dalle prime 2

note (RE-LA).

Ma veniamo al solo di Evans. Nelle 4 sezioni dell’assolo A’ A’’B

A’’’ Evans suona a note singole solo in A’’, raggiungendo il punto

più alto dell’intensità espressiva nella B e non nella chiusura di

A’’’, che termina con un cluster di carattere ma non proprio forte

e drammatico; anzi in questa A’’’ molto sottilmente riduce

l’energia, stabilendo perciò l’anticlimax.

Come vediamo la mano destra suona sostanzialmente intervalli di

quarta e quinta e la mano sinistra ne sostiene il ritmo con dei

voicing quartali e con altri del tutto “evansiani” (due quarte a

distanza di tono), frutto della sua ricerca in ambito modale.

La sezione B comincia invece con gli ormai conosciuti block

chords.

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Il solo termina nella sezione A’’’, in cui ripropone un’idea molto

simile alla prima sezione A’ ma stavolta con dei cluster di

seconda (maggiore e minore) in cui fa cantare la nota

caratteristica del modo dorico, la 6a maggiore, alternandola con

la 7a e la 5a.

Evans intelligentemente vuole differenziare il suo assolo poiché

sta in un gruppo con tre fuoriclasse di strumenti monofonici,

ossia che possono suonare solo una nota alla volta.

Wynton Kelly

“Someday my prince will come” - Someday my prince will come (1961)

Miles Davis — trombaHank Mobley — sax tenore eccetto “Teo”John Coltrane — sax tenore in “Someday my prince will come” e “Teo”Wynton Kelly — pianoPaul Chambers — contrabbassoJimmy Cobb — batteria

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Una volta che Bill Evans lasciò il gruppo, Wynton Kelly prese il

suo posto in via stabile dal ’59 al ’61, anni in cui il gruppo di

Miles era in fase di ridefinizione dopo l’uscita di Cannonbal e

l’annuncio di Coltrane di voler lasciare per proseguire con il suo

progetto da leader.

Questo disco non è stato certo il miglior disco di Miles,

innanzitutto perché dopo Kind of Blue era difficile mantenere il

livello musicale raggiunto, dato che i musicisti che vi hanno

suonato erano per lo più andati via.

Ma in secondo luogo quegli anni un sassofonista texano di nome

Ornette Coleman conquistò il pubblico dei più importanti locali di

New York, come il Five Spot Club, con il suo free jazz.

Ma passiamo a Kelly e analizziamo il suo stile che sebbene abbia

in comune ad Evans uno straordinario talento di accompagnatore,

per certi versi anche superiore, Kelly si differenzia da lui

proprio per il colore della pelle che porta inevitabilmente a

privilegiare la componente bluesy della sua musica.

Solo piano “Someday my prince will come” - W. Kelly

https://youtu.be/fBq87dbKyHQ?t=4m24s

Il suono di Kelly in questo solo è pulito, probabilmente per via

del brano che non ha un carattere “forte” e “sporco”. All’interno

del solo vi sono al suo interno elementi prettamente boppistici,

ma quello che più ci colpisce è un senso del tempo fortemente

legato alla sezione ritmica, ed un fraseggio un tantino “in

avanti” rispetto ad essa.

Dopo questo breve viaggio partito da Horace Silver ad Herbie

Hancock, ci sembrano ormai familiari. In un certo senso,

nonostante la grande bravura di questo pianista, si sente meno

(rispetto soprattutto a Kind of Blue) lo slancio di gruppo, la

coesione tra i vari elementi. Ci porta indietro, almeno fino a

quando Herbie Hancock, Tony Williams, Ron Carter e Wayne Shorter

non capovolgeranno la sorte di Miles e della sua musica.

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