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DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO-LETTERALI, STORICO-
FILOSOFICI E GIURIDICI
Relazione per il Corso di Diritto Penale progredito
del Corso di Laurea in Giurisprudenza, LMG-01
A.A. 2016/2017
4 maggio 2017
I nuovi reati di omicidio e lesioni stradali nel solco del
diritto penale della “differenziazione”
Relazione di Alma Poli e Annalaura Soannini
Insegnamento: Diritto Penale Progredito
Relatori: Prof. Carlo Sotis e Dott.ssa Martina Galli
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INDICE:
1. Excursus normativo in materia di omicidio stradale
1.1 La riforma n. 125 del 2008: in particolare le modifiche relative all’art. 589 c.p. …… pag. 3
1.2 I progetti di riforma e l’introduzione delle nuove fattispecie di omicidio e lesioni
personali stradali……….……………………………………………………………… pag. 5
2. Analisi della fattispecie di omicidio stradale (art. 589-bis c.p.) ………………………pag. 7
2.1 Art. 589-bis, comma 1, c.p.: la fattispecie base………………………………………pag. 8
2.2 Art. 589-bis, comma 2, c.p.: stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica…pag. 11
2.3 Art. 589-bis, comma 3, c.p.: stato di ebbrezza alcolica o di alterazione
psico-fisica dei guidatori professionisti………………………………………………pag. 13
2.4 Art. 589-bis, comma 4, c.p.: l’omicidio colposo del conducente con tasso
alcolemico tra 0,8 e 1,5 g/l…………………...………………………………………pag. 14
2.5 Art. 589-bis, comma 5, c.p.: condotte pericolose alla guida……………………….…pag. 15
2.6 Art. 589-bis, comma 6, c.p.: il soggetto non munito di patente o con patente sospesa o
revocata ovvero il veicolo a motore sprovvisto di assicurazione
obbligatoria……………………………………………………………………………pag. 17
2.7 Art. 589-bis, comma 7, c.p.: la concausa……………………………………………...pag. 18
2.8 Art. 589-bis, ultimo comma, c.p.: l’evento plurimo e la particolare ipotesi
del concorso formale……………………………………………………………….…pag. 19
3. Il reato colposo di evento
3.1 Diritto penale della differenziazione……………………………………………….pag. 21
4. L’omicidio stradale: una riforma davvero necessaria? ………………………………pag. 23
BIBLIOGRAFIA
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Introduzione
Il cuore della legge n. 41 del 2016 è costituito dall’introduzione nel codice penale degli artt.
589-bis e 590-bis, rubricati rispettivamente “omicidio stradale” e “lesioni personali stradali
gravi o gravissime”. Sono invece abrogate le disposizioni che nei precedenti articoli 589 e 590
c.p. prevedevano degli aggravamenti di pena per fatti commessi in violazione delle norme sulla
circolazione stradale. Le disposizioni appena citate restano quindi attualmente in vigore in
riferimento alla sola violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sui luoghi di
lavoro1. Come hanno sottolineato alcuni commentatori, ci troviamo di fronte all’ennesima
riforma che introduce nel codice penale il frutto di opzioni politico-criminali di impostazione
mediatico-emergenziale2. Non sorprende dunque che la nuova disciplina sia diffusamente
caratterizzata da svariati errori di scrittura e scarso coordinamento sistematico3. Sarà pertanto
nostro compito segnalare i caratteri di maggiore criticità della riforma, concentrandoci in
particolar modo sui profili di irragionevolezza/sproporzione legati al significativo
avvicinamento di cornici edittali di ipotesi colpose a quelle previste in presenza di dolo.
1.1 La Riforma n. 125 del 2008: in particolare le modifiche relative all’art. 589 c.p.
Prima di passare all’analisi dell’art. 589-bis c.p., appare opportuno ripercorrere brevemente l’iter
legislativo che ha condotto all’introduzione della nuova disciplina.
La legge n. 125 del 2008 aveva apportato una serie di modifiche al codice penale. In particolare
due erano le novità di maggiore rilevanza: la modifica della disciplina in materia di omicidio
1Per approfondimenti vedi Cfr. A. MASSARO, Omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime: da un diritto penale “frammentario” a un diritto penale “frammentato”, www.penalecontemporaneo.it, (20 maggio 2016). 2 I commentatori presi in considerazione sono: Cfr. A. MENGHINI, L’Omicidio stradale scelte di politica criminale e frammentazione del sistema, Trento, 2016; Cfr. G. LOSAPPIO, Dei nuovi delitti di omicidio e lesioni “stradali”. Cenni introduttivi ad alcuni problemi interpretativi di diritto sostanziale, www.penalecontemporaneo.it, (30 giugno 2016); Cfr. D. NOTARO, I nuovi reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali: norme “manifesto” o specializzazione dello statuto colposo; Cfr. A. ROIATI, L’introduzione dell’omicidio stradale e l’inarrestabile ascesa del diritto penale della differenziazione, www.penalecontemporaneo.it, (1 gennaio 2016). 3 Si consiglia la lettura di Cfr. G. LOSAPPIO, Dei nuovi delitti di omicidio e lesioni “stradali”. Cenni introduttivi ad alcuni problemi interpretativi di diritto sostanziale, www.penalecontemporaneo.it, (30 giugno 2016).
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colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale (art. 589, comma 2,
c.p.) e l’introduzione del nuovo terzo comma dell’art. 589 c.p.4
Per quanto riguarda la disciplina dell’omicidio colposo, la riforma si caratterizzava
sostanzialmente per l’innalzamento dei livelli di pena. Nella relazione del disegno di legge n.
125 del 2008, relativamente ai fatti di omicidio e lesioni legati alla guida in stato di ebbrezza o di
alterazione psicofisica per assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope si esplicitava come le
risposte sanzionatorie allora previste dal codice fossero «sostanzialmente prive di adeguata
efficacia deterrente», rendendosi pertanto «indispensabile un loro inasprimento, sia sul piano
penale che su quello delle sanzioni amministrative accessorie»5. Il limite massimo di pena
previsto dal comma 2 dell’art. 589 c.p. veniva così portato da cinque a sette anni. Inoltre, nelle
ipotesi più gravi di omicidio colposo stradale, veniva prevista la reclusione fino ad un massimo
di quindici anni. Rimanevano invece immutate le pene previste per il reato di lesioni colpose
stradali di cui all’art. 590 c.p.
Queste modifiche non furono accolte positivamente da una parte della dottrina, che segnalava
come la Riforma, preoccupandosi di creare un «circuito punitivo differenziato per reati (colposi)
che creano un forte allarme sociale» mancasse di esprimere una scala coerente di valutazioni, tra
cui la gravità del fatto commesso, la meritevolezza e il bisogno di pena6; quantomeno opinabile
appariva infatti la scelta legislativa di contrastare il fenomeno della criminalità da circolazione
stradale soltanto intervenendo sui limiti edittali e mantenendo come unica sanzione la pena
privativa della libertà personale7. Tutti problemi, questi, che come vedremo più avanti si
ripropongono anche nell’ultima Riforma.
Per quanto riguarda invece l’introduzione del terzo comma dell’art. 589 c.p.8 (oggi abrogato),
questo prevedeva una circostanza aggravante per il caso di omicidio colposo commesso con
violazione delle norme del codice della strada da un soggetto che si trovasse in stato di ebbrezza
4 Cfr. A. MENGHINI, L’Omicidio stradale scelte di politica criminale e frammentazione del sistema, Trento, 2016, p. 38, par. 2.2. 5Cfr. la relazione al disegno di legge di conversione in legge n. 125/2008 del d.l. n. 92/2008, consultabile su http://www.giustizia.it. 6 Cfr. in questo senso A. MENGHINI, op. cit., pag. 40, che a sua volta rinvia a D. PULITANÒ, Tensioni vecchie e nuove sul sistema penale, in “Diritto penale e processo”, 2008, 9, pag. 1077. 7 In particolare cfr.: A. MEREU – R. ZANOTTI, il cosiddetto “decreto sicurezza: profili di diritto sostanziale, in Giur. di merito, 2009, p. 35. 8 Disponeva l’art. 589 comma 3, oggi abrogato: «si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
1) Soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’art. 186, comma 2, lett. c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
2) Soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope».
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alcolica (art. 186, c. 2, lett. c, C.d.S.9) o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (art.
187, c. 1, C.d.S.10).
L’ elemento specializzante di tale disposizione rispetto all’ipotesi base di omicidio colposo era
rappresentata dal fatto che l’evento dovesse essere il risultato della violazione di una delle norme
cautelari in materia di circolazione stradale, in particolare quella relativa alla guida in stato di
ebbrezza grave o di alterazione psicofisica derivante dall’assunzione di sostanze stupefacenti o
psicotrope.
A rilevare, dunque, era l’importante collegamento tra la circostanza aggravante del codice penale
e le fattispecie di cui agli artt. 186 c. 2 lett. c) e 187 c. 1 C.d.S., cui peraltro il codice penale
esplicitamente rinviava, da cui la caratterizzazione della colpa in termini di colpa specifica. Nei
paragrafi che seguono vedremo cosa ad oggi rimane di questo sistema.
1.2 I progetti di riforma e l’introduzione delle nuove fattispecie di omicidio e lesioni stradali
Numerose proposte di legge hanno preceduto l’approvazione del nuovo art 589-bis c.p. I disegni
di legge proposti dai deputati Barbaro (2010), Spadoni Urbani (2011), Li Gotti (2011), Valducci
(2011), La Russa (2013), Falanga e Mostardelli (2014), pur con le diversità che andremo
brevemente a illustrare, presentavano un tratto comune: tutti perseguivano l’obiettivo di tutelare
la sicurezza stradale e l’effettività degli istituti sanzionatori attraverso un inasprimento dei
minimi edittali.
Il deputato Barbaro, con la proposta di legge n. 3274 del 2010, chiedeva che la pena di cui al comma 2 (allora da 3 a
7 anni di reclusione) venisse raddoppiata per caso in cui la morte fosse stata causata da un soggetto che avesse
guidato con azzardo, temerarietà o con aggressività manifesta. Si chiedeva inoltre di prevedere una pena da 5 a 10
anni di reclusione per il fatto commesso da un soggetto in stato di ebbrezza grave o in stato di alterazione psico-
9 Dispone l’art. 186 comma 2, lettera c), C.d.S.: «Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato: c) con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000, l'arresto da sei mesi ad un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata. La patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, in caso di recidiva nel biennio. Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all'articolo 224-ter». 10 Dispone l’art. 187, comma 1, C.d.S.: «Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l'arresto da sei mesi ad un anno».
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fisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Inoltre si chiedeva di equiparare alla condotta di
colui che cagiona la morte quella di colui che cagioni uno stato di coma irreversibile11.
Diversa era la via seguita nel disegno di legge n. 2828 del 2011, (Sen. Spadoni Urbani ed altri), dove veniva
proposta l’introduzione di un nuovo art. 575-bis c.p., che avrebbe così recitato: «Chiunque, essendo alla guida di un
autoveicolo o di un motoveicolo, cagiona la morte di una persona, qualora a causare tale fatto concorrano la
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale unitamente ad uno stato di ebbrezza alcolica o di
alterazione dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, ai sensi rispettivamente degli articoli 186,
comma due lettere b) e c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, è punito
con la reclusione da 5 a 10 anni. »12.
Oltre al nuovo art. 575-bis in questa proposta di legge venivano riformulati anche gli articoli 589 comma 3 e 590
commi 3 e 5 c.p., il cui campo di applicazione appariva limitato alla sola ipotesi, oggi depenalizzata, di ebbrezza
alcolica più lieve di cui all’art 186 comma 2 lettera a), ed esteso nei confronti dei soggetti individuati all’articolo
186-bis C.d.S., qualsiasi fosse il tasso alcolemico, sempre che permanesse nel limite superiore pari a 0,5 g/l13.
La proposta di legge n. 4662 del 30 settembre 2011 del deputato Valducci avrebbe invece voluto revisionare il
codice della strada. L’intenzione dichiarata era di procedere alla redazione di un codice “breve” e modificare l’entità
delle sanzioni alla luce dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione indicati dall’Unione
europea. Nei fatti la delega prevedeva però l’introduzione di una fattispecie autonoma di omicidio stradale,
caratterizzata da pena severissime (non inferiori nel minimo a 8 anni e nel massimo a 18)14.
La proposta di legge n. 361, di iniziativa del deputato La Russa, prevedeva l’introduzione di una fattispecie
autonoma di omicidio colposo all’interno di un nuovo art. 589-bis c.p., conseguente alla violazione delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale. A differenza delle precedenti, in questa proposta troviamo la scelta di
selezionare alcune norme del codice della strada (la cui violazione era ritenuta in grado di ingenerare un evidente e
significativo pericolo per la sicurezza stradale15), quali espresse modalità della condotta produttiva dell’evento morte
o lesioni.
Nel disegno di legge n. 1357, di iniziativa del senatore Falanga, comunicato alla presidenza il 5 marzo 2014, l’art.
586 c.p.16 veniva elevato a riferimento sistematico della riforma. Secondo il proponente l’ipotesi di un soggetto
pienamente consapevole di trovarsi alla guida in condizioni psico-fisiche alterate o senza titolo abilitativo
evidenziava infatti un coefficiente soggettivo più forte rispetto alla semplice colpa; di conseguenza essa avrebbe
11 Cfr. A. MENGHINI, op. cit. p. 44, par. 2.4. 12 Il medesimo articolo prevedeva l’aumento discrezionale della pena fino al doppio nel caso in cui l’incidente provocasse la morte di più persone ovvero la morte di una persona o più e di lesioni ad una o più altre. Infine, l’ultimo comma del nuovo articolo prevedeva che il ritiro della patente si protraesse, al termine della pena, per un periodo ulteriore pari alla durata della condanna. 13Cfr. A. MENGHINI, op. cit., pag. 46, par. 2.4. 14 Ivi, pag. 48. 15Ibidem. 16 L’art. 586 disponeva: «Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell'articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate [571 2, 572 2, 630 2].».
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dovuto essere ricondotta al caso, compendiato nel brocardo latino causa causae est causa causati, disciplinato all’art.
586 c.p.
Degno di nota è infine l’ultimo dei disegni di legge presentati. Il disegno di legge n. 1378,
presentato dal Sen. Moscardelli, fu fortemente voluto dal premier Matteo Renzi, già primo
firmatario della proposta di legge popolare dell’Associazione Guarnieri17. Anch’essa si
caratterizzava per l’introduzione di una nuova fattispecie autonoma di omicidio stradale. Le
modalità della condotta erano ancora una volta quella di porsi alla guida in stato di ebbrezza
alcolica o di alterazione psicofisica da assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi
degli articoli 186, comma 2 b) e c) e 187 C.d.S. alle quali venivano aggiunte il superamento del
doppio del limite di velocità prescritto e il darsi alla fuga dopo l’incidente.
Finalmente, il 23 marzo 2016, a seguito di 5 passaggi parlamentari e due voti di fiducia, è stata
approvata la legge n. 41 che, optando per una responsabilità di tipo pienamente colposo18, ha
introdotto nel codice penale gli articoli 589-bis e 590-bis relativi alle nuove fattispecie di
“omicidio stradale” e “lesioni stradali gravi e gravissime”. Nel prosieguo intendiamo concentrare
l’attenzione esclusivamente sulla prima delle fattispecie appena citate.
2. Analisi della fattispecie di omicidio stradale (art. 589-bis c.p.) 17 La legge n. 41 del 2016 è entrata in vigore come risposta ad una serie di eventi “mediatici”, i quali hanno profondamente sconvolto l’opinione pubblica. Queste vicende, meglio conosciute come “stragi del sabato sera”, consistevano in sinistri stradali causati dall’inosservanza di regole cautelari, spesso determinati dall’assunzione di bevande alcoliche e di sostanze stupefacenti. La società civile, turbata, chiedeva un intervento immediato del legislatore al fine di prevenire e reprimere tali accadimenti. In particolare, si sono occupate di questo problema alcune associazioni, nate proprio in seguito ad incidenti mortali che coinvolgevano ragazzi giovani ed innocenti. Una tra le tante è proprio quella di Lorenzo Guarnieri, nata nel 2010 per ricordare Lorenzo e per salvare delle vite umane, favorendo un’attività di prevenzione attraverso il coinvolgimento delle amministrazioni e dell’opinione pubblica sul dramma della violenza stradale e fornendo anche assistenza alle famiglie colpite da incidenti gravi. L’Associazione Lorenzo Guarnieri, unendosi ad altre che già esistono, vuole provare a cambiare lo status quo, portando il problema della sicurezza stradale a diventare priorità dell’agenda politica dei nostri amministratori. 18 Con la nuova fattispecie di omicidio stradale, punita più severamente dell’omicidio colposo, si è sanata la frattura che si era creata intorno all’elemento soggettivo, con riferimento alle figure di colpa cosciente e dolo eventuale. Dottrina e giurisprudenza infatti, fin dai primi casi di omicidio stradale e lesioni personali stradali hanno tentato di fare chiarezza sull’aspetto volitivo dell’agente al momento della realizzazione dell’evento. Ciò che rende difficile la distinzione tra questi due istituti sta nel fatto che, in entrambi c’è la previsione possibile o probabile dell’evento lesivo e la scelta di agire nonostante tale ipotesi , tuttavia, una volta accertata l’esistenza di elementi in comune, il problema si pone con riferimento ai parametri distintivi dei due istituti. Numerose dunque, sono state le sentenze che hanno tentato di trovare una soluzione a tale questione ma, soltanto con l’introduzione dell’art. 589-bis c.p. si è potuto superare a piè pari il dibattito sull’elemento soggettivo. Sul punto già Cfr. G. LATTANZI, L’omicidio stradale vehicular homicide relazione al convegno sul tema “ipotesi su una nuova figura di reato: l’omicidio stradale”, Napoli, 7 marzo 2014, Cass. Pen., fasc. 6, 2014, p. 1978B; Cfr. D. D’AURIA, L’omicidio stradale: prime osservazioni, Dir. Pen. e Processo, 2016, 4, 429 (commento alla norma).
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Per facilitare la lettura dei paragrafi che seguono riportiamo il testo dell’art. 589-bis c.p.:
«Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale è punito con la reclusione da due a sette anni.
Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica
conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma
2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito
con la reclusione da otto a dodici anni.
La stessa pena si applica al conducente di un veicolo a motore di cui all'articolo 186-bis, comma 1, lettere b), c) e d),
del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma
2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992, cagioni per colpa la morte di una persona.
Salvo quanto previsto dal terzo comma, chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza
alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per
colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
La pena di cui al comma precedente si applica altresì:
1) al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al
doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità
superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa la morte di una persona;
2) al conducente di un veicolo a motore che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero
circolando contromano, cagioni per colpa la morte di una persona;
3) al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o
in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un
attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona [c.p. 590-quater].
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di
patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di proprietà
dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione
del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora il conducente cagioni la morte di più persone, ovvero la morte di
una o più persone e lesioni a una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle
violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni diciotto»,
2.1 Art. 589-bis, comma 1, c.p.: la fattispecie base
Il primo comma punisce con la reclusione da due a sette anni chiunque provochi per colpa la
morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.
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Si tratta di una fattispecie autonoma, in cui confluisce immutato (si tratta infatti dello stesso
fatto e della stessa pena) quanto già era previsto nel comma 2 dell’art 589 c.p.19, ad oggi
abrogato.
Il carattere autonomo di questa fattispecie è riconosciuto dallo stesso legislatore quando,
nell’art. 590-quater c.p.20, definisce “aggravanti” le sole ipotesi contemplate nei commi 2 e 6
dell’art. 589-bis c.p. I destinatari del precetto a differenza di quanto previsto nelle ipotesi
aggravate, sono tutti gli utenti della strada e non solo i conducenti di veicoli a motore21. Per
“utenti della strada” si intendono tutti coloro che circolano sulla carreggiata, compresi pedoni,
ciclisti, gli stessi passeggeri dei veicoli, così come coloro che si occupano della manutenzione
del tratto stradale.
Rientra in questa fattispecie, ad esempio, il caso del caposquadra incaricato di dirigere i lavori di manutenzione
della strada che, omettendo di segnalare con apposita segnaletica il cantiere, crei una situazione di pericolo (come
potrebbe essere la presenza di un dosso non visibile, a causa del quale un motociclista perda la vita).22 Può essere
inoltre fatto l’esempio del pedone che, attraversando la strada improvvisamente e in assenza di strisce pedonali
provochi un incidente stradale. La fattispecie si applica altresì al passeggero di un veicolo fermo in sosta che,
aprendo la portiera con imprudenza, urti violentemente un ciclista regolarmente circolante nella sua corsia.
Non vi è dubbio che la ragion d’essere dei nuovi delitti di omicidio e lesioni debba essere
rintracciata nella correlazione tra la colpa e la violazione delle norme sulla disciplina della
circolazione stradale. Tuttavia, la formula dell’art. 589-bis c.p. presenta profili di imprecisione
sia quando, ricalcando la formula già prevista nell’articolo 589 c.p., parla genericamente di
«norme sulla disciplina della circolazione stradale »23, sia quando manca di istituire un preciso
collegamento tra violazione della regola cautelare circolatoria ed evento.
L’art. 589-bis c.p. con una formula tanto generica, confonde l’interprete, poiché lo sollecita ad
amplificare i profili di disvalore collegati con la circolazione stradale. 19L’art. 589, comma 2, c.p. (oggi abrogato) disponeva: «Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena è della reclusione da due a sette anni». 20Così l’art. 590-quater c.p.: «Quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui agli articoli 589-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, 589-ter, 590-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, e 590-ter, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti». 21 Per queste informazioni vedi: prot. n. 801/2016 della Procura della Repubblica, presso il tribunale di Sondrio, consultabile in: http://www.procura.sondrio.giustizia.it/ (21 aprile 2016) 22 Cfr. Cass. pen. 3 ottobre 2014, n. 44811, in Archivio giuridico della circolazione e dei sinistri stradali, 2015, 2, p. 145; Cass. pen. 29 marzo 2016, n. 17010, in De Jure. 23 Cfr. G. LOSAPPIO, Dei nuovi delitti di omicidio e lesioni “stradali”, ”. Cenni introduttivi ad alcuni problemi interpretativi di diritto sostanziale, www.penalecontemporaneo.it, (30 giugno 2016), p. 14 – 15, par. 5.1.
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Diverse interpretazioni dunque, ritengono necessaria una restrizione dell’ambito applicativo
della nuova disposizione. In particolare, con riferimento a due aspetti: la formula « norme sulla
disciplina della circolazione stradale » deve essere sostituita con una ben più precisa che escluda
ogni profilo di colpa generica e che faccia riferimento alla violazione di una regola cautelare
specifica dell’attività circolatoria; il nesso di causalità deve riguardare solo manifestazioni di
colpa specifica e non altri profili di colpa generica.
È necessaria perciò una tale interpretazione restrittiva, poiché sarebbe in contrasto con il dato
storico, un’interpretazione dell’art. 589-bis c.p. che renda la violazione delle norme legate alla
circolazione stradale meno rilevante di quanto lo fosse nella previgente disciplina (art. 589,
comma 2, c.p.)24.
Per il resto, valgono le regole che conosciamo in materia di delitto colposo, in base alle quali la
violazione della regola cautelare deve caratterizzare come colposa tanto l’azione, quanto
l’evento che è conseguenza dell’azione.
Il nesso che deve intercorrere dunque, è duplice. In primo luogo l’evento concreto deve essere
realizzazione del pericolo (o di uno dei pericoli) che la norma cautelare violata mirava a
prevenire25; ovvero, in altri termini, è necessario che l’evento lesivo rientri nella classe di eventi
alla cui prevenzione è destinata la norma cautelare.
Così ad esempio se un automobilista, marciando con la propria autovettura in senso vietato, fa inavvertitamente
schizzare un sasso che ferisce un bambino sul marciapiede, le lesioni cagionate non costituiscono l’evento per
scongiurare il quale è prescritto il rispetto del senso unico; tale regola è infatti diretta ad impedire lo scontro con
veicoli che procedano nella giusta direzione e non ad assicurare la stabilità del manto stradale.
Ne consegue che non può considerarsi dovuto a colpa un evento cagionato attraverso un
processo causale diverso da quello che è all’origine della norma cautelare violata.
Ad esempio, la regola di diligenza che impone all’automobilista di avvedersi del semaforo rosso e di fermarsi ha la
finalità esclusiva di evitare la collisione con altri veicoli o l’investimento di pedoni nell’area dell’incrocio, con
conseguente messa in pericolo dell’altrui vita o integrità fisica. Manca perciò il nesso tra colpa ed evento se
l’automobilista, avendo attraversato un incrocio con il semaforo rosso e proseguendo la sua corsa, investe e uccide
un pedone che, cento metri oltre l’incrocio, ha improvvisamente attraversato la strada. La funzione della norma che
impone di fermarsi al rosso è quella di prevenire incidenti lesivi o mortali nell’area dell’incrocio e non quella di
fare arrivare il veicolo più tardi nel luogo in cui si è poi verificato l’investimento del pedone.
24 Ivi, p. 16. 25 Vedi G. MARINUCCI - E. DOLCINI, Manuale di Diritto Penale, IV edizione, Giuffrè editore, p. 328.
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Il secondo nesso tra colpa ed evento si lascia così individuare: accertato che l’evento è la
realizzazione del pericolo colposamente creato dall’agente, bisogna appurare se la condotta
rispettosa delle regole di diligenza avrebbe evitato nel caso concreto il verificarsi dell’evento26.
Risulta dunque chiaro che in assenza della prova di questo duplice nesso causale non sarà
possibile un’imputazione a titolo di omicidio stradale, residuando in tal caso solo la
responsabilità per le contravvenzioni di cui all’art. 186 comma 2 lettera c) o 187 C.d.S.
A conferma di quanto appena detto sul nesso di causalità può essere utile prendere in esame una27 tra le pur
numerose sentenze della Cassazione in tema di responsabilità colposa e circolazione stradale. L.G. veniva tratto a
giudizio innanzi al GUP del Tribunale di Perugia con l’accusa di omicidio colposo plurimo e di lesioni colpose a
seguito di un sinistro stradale. In particolare i fatti contestati all’imputato si erano svolti nel modo che segue: egli
procedendo alla guida della sua autovettura Fiat Stilo, era andato a collidere frontalmente contro un’auto marca
Mercedes che procedeva in senso inverso in direzione. Nell’incidente erano deceduti il conducente e tutti i
passeggeri della Mercedes. A L.G. viene contestato di aver tenuto una velocità eccessiva in violazione dell’art. 142
C.d.S. e di non essersi mantenuto in prossimità del margine destro della semicorsia da lui percorsa, così violando
anche l’art. 143 C.d.S. (in tema di posizione dei veicoli sulla carreggiata).
Sia in primo che in secondo grado, l’imputato veniva però assolto con la formula “il fatto non costituisce reato”.
Anche la Cassazione ritenendo i motivi infondati, rigettava il ricorso.
Appariva infatti pienamente provato che nel caso di specie la morte del conducente C.F. si sarebbe verificata
comunque anche se L.G. avesse rispettato il limite di velocità e la posizione del suo veicolo sulla carreggiata; noi
invece sappiamo che il rimprovero colposo riguarda la realizzazione di un fatto di reato che poteva essere evitato
mediante l’esigibile osservanza delle norme cautelari violate.
2.2 Art. 589-bis, comma 2, c.p.: stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica
Il secondo comma sanziona con la reclusione da 8 a 12 anni il comportamento di chiunque,
ponendosi alla guida di un veicolo a motore, in condizioni di alterazione dovuta all’assunzione
di alcool con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l (solo per le ipotesi di cui alla lett. b del comma
2 dell’art. 186 C.d.S.) o stupefacenti (art.187 C.d.S.), cagioni per colpa la morte di una persona.
Si tratta di una circostanza aggravante ad effetto speciale. Si noti che, a differenza della
fattispecie base prevista nel comma 1, questa norma sanziona, in termini generali, la condotta
colposa dei soli conducenti di veicoli a motore, non rivolgendosi perciò indiscriminatamente a
tutti gli utenti della strada28.
26 Ivi, p. 354-355. 27 Cass. pen., sez. IV, 16/06/2010, n. 32126, www.penalecontemporaneo.it, (17 gennaio 2011). 28 Per queste informazioni vedi: prot. n. 801/2016, Procura della Repubblica, cit.
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Da segnalare è inoltre il notevole inasprimento sanzionatorio rispetto al passato: si rammenta
infatti che la pena prevista dal comma 3 dell’art. 589 c.p. (oggi abrogato) per identici casi
andava da 3 a 10 anni.
Per quanto attiene la prova del nesso causale tra stato di alterazione e la violazione del codice
della strada, in giudizio dovrà essere provato un triplice nesso, segnatamente tra: a) l’assunzione
e lo stato di alterazione; b) lo stato di alterazione psico-fisica e la violazione della regola
cautelare in materia stradale; c) quest’ultima violazione e l’evento morte.
Volendo approfondire questo profilo, la fase di assunzione delle sostanze solleva il problema di
stabilire se la stessa debba avvenire consapevolmente o meno da parte dell’agente. Stando
quanto affermato dalla Corte costituzionale nel 1988, per cui i profili psichici debbono
abbracciare gli elementi più significativi della fattispecie29, non importa se le sostanze siano
assunte consapevolmente o meno. Tuttavia, bisogna effettuare una distinzione. Nel caso in cui,
per l’entità delle sostanze, per la modalità della loro ingestione e per la costituzione fisica della
persona, l’assunzione di queste non è tale da eliminare del tutto le facoltà di discernimento del
soggetto, sicché questi è in grado di rendersi conto di non avere sufficiente controllo per
mettersi alla guida, la realizzazione del fatto tipico (guidare e cagionare l’evento lesivo per
colpa), potrà essere imputato non solo qualora l’assunzione sia stata volontaria o colpevole, ma
anche quando questa sia dovuta a un fattore soverchiante: ad esempio, qualora sia avvenuta per
caso fortuito o per inganno da parte di terzi.
Se invece, l’assunzione si rileva altamente incidente sulle capacità di autodeterminazione della
persona, al punto che il soggetto non è in grado di rendersi conto delle condizioni in cui versa, si
pone il problema della condotta tipica del soggetto incapace di intendere e di volere al momento
del fatto. Il fatto tipico non può attribuirsi al soggetto, non solo quando egli assuma le sostanze
per caso fortuito o per fatto compiuto contro la sua volontà (ad esempio, per inganno), ma anche
qualora le ingerisca volontariamente in una situazione in cui non è previsto che egli di lì a poco
si possa mettere alla guida esponendo a rischio l’incolumità propria e altrui.
Alla base di suddetta distinzione si pone il problema di riuscire ad accertare le condizioni di
alterazione psicofisica in cui si trovi il soggetto al momento in cui si metta alla guida. La
variabilità dei fattori che influenzano la misura dell’incidenza della sostanza sulle facoltà
dell’individuo, lascia agli organi accertatori un notevole margine di discrezionalità.
29 Per C. Cost., 24.03.1988, n. 364, in RIDPP 1988, 686, e C. Cost. 13.12.1988, n. 1085, in RIDPP 1990, 290. Cfr. D. NOTARO, I nuovi reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali: norme “manifesto” o specializzazione dello statuto colposo?, p. 7.
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Più impegnativa è l’imputazione dell’evento lesivo al conducente di un veicolo in stato di
ebbrezza o di stupefazione. Secondo l’interpretazione maggiormente in linea col principio di
colpevolezza, la violazione cautelare integrata dal conducente ebbro o stupefatto dovrebbe
essere ulteriore rispetto a quella consistente nel mettersi alla guida in condizioni di alterazione.
A favore di questa interpretazione, le nuove norme precisano che chi si mette alla guida in
condizioni di ebbrezza o di stupefazione deve cagionare «per colpa» la morte o la lesione di una
o più persone. La fattispecie implicherebbe dunque, sia la condotta colposa, sia la necessaria
correlazione fra questa e lo stato di alterazione psicofisica del conducente del veicolo. Se manca
questa correlazione, dovrà essere applicata la sola fattispecie di cui agli artt. 186 o 187 C.d.S.,
essendo l’evento dovuto da una violazione cautelare indipendente dallo stato di alterazione
psicofisica del soggetto agente30.
Ad esempio il caso di un incidente, provocato da un conducente ebbro o stupefatto, verificatosi però a causa di un
difetto tecnico del veicolo (malfunzionamento dei fari durante la guida notturna).
In definitiva, possiamo dire che non sono riconducibili a questo comma: le ipotesi nei quali il
fatto sia cagionato da altri, essendo ad esempio, l’ubriaco o il drogato vittima del reato; quelli in
cui l’evento sia imputabile esclusivamente alla condotta della vittima, non essendo addebitabile
all’agente alcuna violazione cautelare (ad esempio, allorché questi attraversi l’incrocio
semaforico con la luce verde e a velocità moderata, e venga investito in pieno da altro veicolo a
folle velocità); quelli in cui l’imprudenza e la disattenzione del guidatore non presentino
connessione con lo stato di alterazione psicofisica in cui versa31.
2.3 Art. 589-bis, comma 3, c.p.: stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica dei
guidatori professionisti
Il comma tre prevede la pena da 8 a 12 anni (come nel comma 2) in riferimento ad una cerchia
di soggetti delimitata: i conducenti che esercitano l’attività di trasporto professionale di cose o
persone; i conducenti di veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate
(anche se trainati da rimorchio); i guidatori di autobus e autoveicoli destinati al trasporto di
persone il cui numero di posti a sedere sia superiore a 8, di autoarticolati e autosnodati, i quali ai
30Ivi, p. 7 – 8, par. (3.1 – 3.2). 31Ivi, p. 11.
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sensi dell’art. 186, comma due, lettera b) (c.d. ubriachezza media), abbiano causato la morte di
una persona per colpa32.
Si osserva dunque che per le categorie di soggetti qualificati enunciate è comminata la stessa
pena dei casi di ebbrezza grave o di alterazione per assunzione di sostanze stupefacenti (comma
2) anche quando il grado di ubriachezza a loro attribuibile sia notevolmente inferiore, trattandosi
appunto di “ubriachezza media” (tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l e inferiore a 1,5 g/l).
Il legislatore sembra dunque compensare il minor disvalore della condotta determinato da una
alcolemia significantemente inferiore, con un presunto maggior disvalore legato alla qualifica
soggettiva degli agenti, trattandosi di conducenti che, in ragione alla loro posizione
professionale sono chiamati ad un livello di attenzione maggiore.
I guidatori professionisti, in quanto tali, devono saper riconoscere ed affrontare le situazioni ed i problemi inerenti a
quel ruolo, secondo ″standard″ di diligenza, di capacità, di conoscenze richieste per il corretto svolgimento del loro
lavoro e per la salvaguardia dell’incolumità degli utenti della strada. Dovrà essere valutata perciò la correttezza o
meno del comportamento concreto del singolo agente confrontandolo con quello che, nelle stesse circostanza,
avrebbe tenuto il modello di agente che svolga le stesse attività.
Tuttavia sappiamo che nell’ordinamento italiano la colpa si configura quando la condotta
concreta è difforme dal modello di condotta prescritto da una regola di diligenza, prudenza o
perizia, codificata o non codificata. Il grado della colpa, cioè il divario tra la condotta concreta e
il modello di condotta che l’agente doveva rispettare, è dunque irrilevante ai fini della
realizzazione per colpa di questa o quella figura di reato colposo: rileverà invece ai fini della
commisurazione della pena, che appunto dipende, tra l’altro, dal «grado della colpa» (art. 133,
comma 1, n. 3, c.p.)33.
Ad esempio in un omicidio colposo sarà elevato il grado della colpa, e parlerà dunque a favore di una pena
superiore al medio edittale, se il dottore di lavoro ha completamente omesso di adottare o far adottare le misure di
sicurezza imposte dalla legge a protezione dei lavoratori. Sarà invece minimo il grado della colpa nel caso
dell’automobilista che abbia investito e ucciso un pedone avendo superato di un solo chilometro all’ora il limite
massimo di velocità dei centri urbani.
Questa “sensibilità” da parte del legislatore nei confronti di taluni soggetti lascia peraltro
perplessi in considerazione dell’estromissione di soggetti come ad esempio neo patentati (che
abbiano conseguito la patente da meno di tre anni) e i conducenti di età inferiore ai 21 anni,
32 Cfr. A. MENGHINI, op. cit., p. 84, par. 2.12. 33 Vedi G. MARINUCCI - E. DOLCINI, Manuale di Diritto Penale, V edizione, Giuffrè editore, p. 359.
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anche loro meritevoli di “maggiore attenzione”34. Questi ultimi, invece, rientrano nella
fattispecie descritta nel comma 4 dell’art. 589-bis c.p.
2.4 Art. 589-bis comma 4, c.p.: l’omicidio colposo del conducente con tasso alcolemico tra 0,8 e
1,5 g/l
Il comma 4 dell’art. 589-bis c.p. punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chiunque, ponendosi
alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica media (art. 186, comma 2, lett. b)
C.d.S.) cagioni per colpa la morte di una persona. La disposizione si apre con una clausola di
riserva “salvo quanto previsto dal terzo comma”; di conseguenza, vengono esclusi i soggetti
attivi ivi contemplati (soggetti con tasso alcolico superiore a 1,5 g/l, guidatori professionisti
conducenti di veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate).
La fattispecie appare simile all’aggravante prevista al comma 2, ma rispetto ad essa esprime un
disvalore minore (tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l e inferiore a 1,5 g/l) che si riflette nella
previsione di una cornice edittale inferiore (reclusione da 5 a 10 anni).
Dunque il giudice dovrà stabilire la rilevanza causale diretta rispetto all’evento morte e la
violazione di cui all’art. 186, comma 2, lett. a) C.d.S.
2.5 Art. 589-bis, comma 5, c.p.: condotte pericolose alla guida
La novità forse più rilevante della riforma 2016 si rintraccia nelle fattispecie descritte in questo
comma, diretto a sanzionare con la pena della reclusione da 5 a 10 anni alcune condotte di guida
che il legislatore ha ritenuto più pericolose. Stiamo parlando di:
Superamento del limite di velocità consentito: il primo caso descritto è quello del conducente
del veicolo che transita in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella
consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità
superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagionando la morte per
colpa di una o più persone.
L’attraversamento con il semaforo rosso e la circolazione contromano: il secondo caso
descritto dalla norma punisce il conducente che con un veicolo a motore, attraversando
un’intersezione con il semaforo rosso, ovvero circolando contromano, cagioni per colpa la
34 Cfr. A. MENGHINI, op. cit., p. 85.
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morte di una o più persone35. Appare peraltro discutibile la scelta del legislatore di circoscrivere
l’applicabilità di questa fattispecie al solo caso di attraversamento con semaforo rosso, la quale
porta ad escludere la circostanza egualmente pericolosa del conducente che non si fermi allo
stop.
Manovre vietate dal codice della strada: nell’ultimo caso descritto, il legislatore decide di
punire il conducente di un veicolo a motore che, effettuando manovre di inversione del senso di
marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi, o che in seguito al
sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea
continua, cagioni per colpa la morte di una persona.
Una riflessione critica non può che riguardare proprio questa selezione delle condotte
considerate particolarmente “pericolose” dal legislatore. L’aggravante del comma 5 accomuna
infatti condotte tra loro molto disomogenee dal punto di vista della gravità “soggettiva” della
colpa. Mentre la circolazione contromano, l’inversione del senso di marcia, il sorpasso e
l’eccesso di velocità, sono manifestazioni tipiche della colpa cosciente (trasgressioni di regole
cautelari consapevoli e volontarie), non si può dire lo stesso per l’attraversamento con il
semaforo rosso, che invece potrebbe essere il risultato di una mera distrazione. Con questa
osservazione non si intende aprire una discussione se nell’ambito della circolazione stradale
l’imprudenza sia più o meno pericolosa della negligenza (intesa come distrazione) o che il
conducente distratto meriti o meno di essere punito più del conducente imprudente. Piuttosto si
vuole sottolineare che l’aggravante in esame equipara delle situazioni che possono sottendere
gradi di gravità della colpa molto differenti tra loro36. Tenuto conto di ciò, attraverso questa
selezione, rimangono escluse condotte considerevolmente pericolose, tra cui quella di chi
provoca la morte di una persona mentre guida parlando al telefono, o di chi in autostrada
sorpassa a destra.
Tale disposizione, così strutturata, sembra collidere con i principi di proporzionalità e di
uguaglianza, costituzionalmente garantiti, e di conseguenza con il ruolo rieducativo della pena.
2.6 Art. 589-bis, comma 6, c.p.: il soggetto non munito di patente o con patente sospesa o
revocata ovvero il veicolo a motore sprovvisto di assicurazione obbligatoria
35 In riferimento a quanto detto nel punto 2.1, non si configura il nesso tra colpa ed evento se un automobilista, avendo attraversato un incrocio con il semaforo rosso e proseguendo la sua corsa, investe e uccide un pedone che, cento metri oltre l’incrocio, ha improvvisamente attraversato la strada. La funzione della norma che impone di fermarsi al rosso è quella di prevenire gli incidenti lesivi o mortali nell’area dell’incrocio e non quella di fare arrivare il veicolo più tardi nel luogo in cui si è poi verificato l’investimento del pedone. Cit. in Vedi G. MARINUCCI, E. DOLCINI, op. cit., p. 354. 36 Cfr. G. LOSAPPIO, op. cit, p. 21, par. 7.2.2.
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Questa aggravante ad effetto comune37 si applica quando le condotte descritte ai commi
precedenti siano state commesse dal soggetto non munito di patente di guida, con patente di
guida sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo sia sprovvisto di assicurazione
obbligatoria, sempre che, in quest’ultimo caso, il conducente sia proprietario del veicolo.
La disposizione suscita una serie di perplessità.
Per quanto riguarda la guida senza patente, una prima perplessità è di ordine interpretativo.
L’espressione utilizzata dal legislatore («persona non munita di patente di guida») potrebbe
infatti riguardare una molteplicità di ipotesi eterogenee, potendo riferirsi sia al caso di persona
che non abbia mai conseguito la patente di guida, sia al caso di chi ne sia occasionalmente
sprovvisto (ossia di colui che non abbia con sé la patente al momento del fatto). Inoltre non si
comprende nemmeno se in una simile fattispecie possa rientrare il caso in cui la validità della
stessa patente di guida sia scaduta, del tutto comparabile al caso di patente mai conseguita. In
assenza di indicazioni desumibili dalla lettera della norma, che si riferisce ai soli casi in cui la
patente sia sospesa o revocata, il necessario rispetto del divieto di analogia sfavorevole in
materia penale induce a propendere per la soluzione negativa: appare chiaro però che in questo
caso siamo di fronte ad una svista del legislatore38.
Ancora con riguardo alla guida senza patente, si deve segnalare che questa aggravante
stigmatizza una modalità operativa dell’autore di per sé sicuramente censurabile ma non
riferibile al dinamismo causale dell’evento39. L’assenza del titolo che abilita alla circolazione
ritrae una modalità comportamentale che, anche quando, sintomatica di un livello qualificato di
pericolosità del conducente (come nel caso di patente sospesa o revocata), tuttavia, di per sé, in
nessun caso è causa dell’evento. Chi guida “senza la patente” è un imprudente ma questo non
vuol dire che il comportamento in relazione al quale si è verificato l’evento debba essere sempre
e comunque “affetto” da imprudenza; in nessun caso quindi (neanche quando sia riscontrata nel
guidatore un’inclinazione a violare le regole della circolazione stradale) l’accertamento di
questa circostanza può surrogare l’indagine relativa all’individuazione della regola cautelare la
cui violazione è stata la causa dell’evento lesivo o letale.
Ulteriori criticità riguardano la guida senza assicurazione obbligatoria. Una di queste risiede nel
fatto che la norma collega un aggravamento di pena all’assenza di assicurazione solamente nel 37Circostanza ad effetto comune sono, nel linguaggio della dottrina, quelle che comportano un aumento o una diminuzione fino ad un terzo della pena che dovrebbe essere inflitta per il reato semplice. Vedi G. MARINUCCI - E. DOLCINI, Manuale di Diritto Penale, V ed., Milano, pag. 533, par. 3.3. 38 Cfr. E. SQUILLACI, Ombre e (poche) luci nell’introduzione dei reati di omicidio e lesione personali stradali, par. 8, www.penalecontemporaneo.it, (18 aprile 2016), p. 23. 39 Cfr. A. MENGHINI, op. cit., p. 93, par. 2.15.
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caso in cui il conducente sia il proprietario del veicolo. Il legislatore sembrerebbe così
presumere che solo il titolo di proprietario comporti il controllo totale sul veicolo e quindi la
conoscenza della copertura assicurativa. In verità una simile presunzione ben potrebbe valere
anche nei confronti del possessore, ossia colui che abbia la piena disponibilità sul mezzo.
Emerge allora in modo lampante una disparità di trattamento di situazione analoghe e non
differenziabili.40
Tuttavia l’aspetto forse più critico della norma risiede nel fatto che essa prende in
considerazione, associandovi un aggravamento di pena, comportamenti del conducente che, per
quanto rimproverabili, non assumono nessun rilievo causale rispetto alla dinamica
dell’incidente41, né tantomeno integrano un autonomo profilo di colpa42.
Ad esempio se Tizio viene coinvolto in un incidente mortale trovandosi alla guida di un autoveicolo non “coperto”
da assicurazione o dal pagamento della tassa non gli si può addossare per colpa la morte del conducente dell’auto
contro la quale è andato a cozzare. L’eventuale responsabilità di Tizio per omicidio colposo potrà essere fondata
soltanto su un rimprovero per colpa generica.
La scelta di inserire questa particolare fattispecie nel comma 6, sottolinea inoltre quanto la
disposizione delle aggravanti nel testo normativo non corrisponda ad un climax di gravità delle
circostanze. In altre parole, sembra che il legislatore non abbia seguito un particolare ordine di
gravità nell’introduzione delle condotte colpose all’interno del 589-bis c.p. Come prima
condotta colposa troviamo infatti lo stato di ubriachezza e di alterazione psico-fisica (comma 2,
art. 589-bis, c.p.) punita con la reclusione dagli 8 ai 12 anni; da questa prima disposizione
incontriamo una serie di condotte sì lesive dello stesso bene giuridico tutelato, ma con un
disvalore colposo evidentemente più basso (se non nullo).
2.7 Art. 589-bis, comma 7, c.p.: la concausa
La previsione in oggetto tipizza l’unica attenuante ad effetto speciale presente nell’art. 589-bis
c.p. capace di comportare una diminuzione di pena fino alla metà nel caso in cui «l’evento non
sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole».
40 Ivi, p. 24. 41 Cfr. A. MENGHINI, op. cit., p. 95, par. 2.15. 42 Ibidem.
19
Il legislatore, utilizzando l’espressione “esclusiva conseguenza”, descrive un’ipotesi di concorso
di cause, cioè la presenza di una serie di azioni che sono tutte egualmente necessarie affinché
l’evento si verifichi.
Per meglio comprendere questa disposizione conviene esplicitare la premessa da cui essa muove: un evento può
essere conseguenza di molti fattori causali e, alla luce della teoria condizionalistica è, con-causa dell’evento ogni
azione che non può essere eliminata mentalmente senza che l’evento concreto venga meno.
Come è noto, il concetto di “concausa” è enunciato dall’art. 41 c.p. che al comma 1 stabilisce «il concorso di cause
preesistenti o simultanee o sopravvenute anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude
il rapporto di casualità fra l’azione od omissione e l’evento»: il che equivale a dire che per la sussistenza del
rapporto di causalità basta che l’agente abbia posto in essere uno solo degli antecedenti necessari dell’evento43.
La disposizione del comma 7 è costruita in modo estremamente asciutto. Il legislatore infatti
non specifica se il fattore casuale debba essere susseguente, concomitante o precedente, né se
debba trattarsi di un concorso doloso o colposo, posto in essere dalla vittima o da altri. Di
conseguenza, dobbiamo ritenere che l’attenuante si applichi in ciascuno di questi casi.
Si applicherà ad esempio nel caso del conducente che, procedendo con un veicolo ad una velocità superiore a
quella consentita, investa un pedone che tuttavia a sua volta abbia tenuto un comportamento imprudente (come un
attraversamento improvviso fuori dalle strisce pedonali); la condotta di quest’ultimo appare infatti una concausa
dell’evento morte. Peraltro appare evidente come il fattore potrebbe anche non consistere in un comportamento
umano (cattive condizioni meteo, strada dissestata, etc.). Poniamo il caso del conducente che percorrendo su strada
ghiacciata con il suo veicolo, nell’intento di frenare per non investire un animale che si trova sulla corsia, perda il
controllo del mezzo e invada la corsia opposta, provocando un incidente mortale. Oppure il caso del veicolo che,
procedendo ad una velocità due volte superiore al limite consentito, si trovi di fronte ad una buca del manto stradale
non appositamente segnalata e sbandando investa dei ragazzi che camminavano sul marciapiede.
2.8 Art. 589-bis, ultimo comma, c.p.: l’evento plurimo e la particolare ipotesi di concorso
formale
L’ultimo comma della disposizione in esame disciplina l’ipotesi di evento plurimo. Qualora il
conducente cagioni la morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e lesioni a una
o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni
commesse, aumentata fino al triplo.
Viene stabilito il tetto massimo di pena pari a 18 anni.
43 Vedi G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Manuale di Diritto Penale, V ed., Milano, p. 215, par. 4.4.
20
La sanzione prevista dal comma 8 dell’art. 589-bis c.p., risulta particolarmente elevata ed
evidenzia ancora una volta una visione del sistema distorta. Infatti la norma in esame, nel
prevedere che il cumulo giuridico, con il limite fisso a 18 anni, si applichi sia al caso di morte di
una persona che a quello di solo ferimento, introduce un elemento di grave sproporzione tra
ipotesi (la morte e le lesioni) connotate da un disvalore di evento profondamente diverso. Il
problema più grave è determinato proprio dalla previsione di un limite fisso di pena pari a 18
anni, che sottrae la discrezionalità commisurativa del giudice ai limiti che invece gli sono
normalmente imposti in via generale.
Per meglio comprendere queste considerazioni si rende necessario un approfondimento sui meccanismi che
sottendono l’applicazione della pena in presenza di un concorso formale di reati.
Sappiamo che nel caso in cui vengano commessi una pluralità di reati bisogna distinguere a seconda che i reati siano
stati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale di reati) ovvero con più azioni od omissioni
(concorso materiale di reati). Tale distinzione ha importanti conseguenze sul piano del trattamento sanzionatorio.
Per il concorso formale di reati il nostro ordinamento adotta il c.d. cumulo giuridico delle pene in particolare
prevede che si applichi la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave aumentata sino al triplo (art. 81 co. 1
c.p.)44.
Più severo è invece il trattamento sanzionatorio del concorso materiale di reati: secondo lo schema del cumulo
materiale delle pene, di regola si applicano le pene previste per ogni singolo reato sommate l’una all’altra (artt. 71
ss. c.p.)45.
Ebbene, l’art. 589-bis c.p. deroga a questa regola generale (limite del cumulo materiale, pari alla somma aritmetica
delle singole pene irrogate per ogni singolo reato commesso) e stabilisce un limite fisso a 18 anni. Ma, facendo un
semplice conto, 18 anni è una pena di gran lunga superiore a quella che ricaveremmo dalla somma della pena per
omicidio stradale e per lesioni lievi.
La verifica di “proporzione” interna conduce dunque a risultati inaccettabili. Il difetto di
proporzione e ragionevolezza appare peraltro ancora più grave se consideriamo che il legislatore
nel riferirsi genericamente all’ipotesi di “lesioni”, sembra prendere in considerazione anche il
caso delle sole lesioni lievissime, equiparate agli effetti della pena a ipotesi connotate da un
disvalore ben maggiore46.
Il problema si ripropone anche quando proviamo ad ampliare la prospettiva, e cioè procedendo
ad una sorta di verifica “esterna” di ragionevolezza e proporzione. Il meccanismo del cumulo
giuridico non opera infatti per eventi diversi dalla morte e delle lesioni; ad esempio non opera
quando risulti integrato, in aggiunta all’evento morte, il delitto di interruzione colposa della
44 Vedi G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Manuale di Diritto Penale, V ed., Milano, p. 511. 45Ivi, p. 507. 46 Sul punto, già LOSAPPIO, op. cit., p. 27. V. inoltre A. MENGHINI, op. cit. p. 97, par. 2.17.
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gravidanza (l’art. 17, co. 1, l. n. 194 del 1978 non è citato artt. 589-bis, ult. co. e 590-bis, ult. co.,
c.p.).
Abbiamo detto che l’art. 589-bis c.p. prevede il limite di 18 anni nel caso in cui concorrano a) più eventi morte; b)
un evento morte o più eventi morte con le lesioni e che questo limite deroga la previsione generale dell’art. 81 c.p.,
comma 3, c.p. L’art. 589-bis c.p. tuttavia non richiama altri eventi oltre a quelli della morte e delle lesioni, per cui il
limite di 18 anni non opera ad esempio quando si ha il concorso di altri eventi colposi, come può essere
l’interruzione colposa di gravidanza (art. 17, comma 1, l. 194/1998). Immaginiamo dunque, l’ipotesi in cui in un
incidente stradale perda la vita una donna incinta con conseguente interruzione di gravidanza. In questo caso
(concorso di morte e interruzione di gravidanza) il limite di pena è stabilito dalla regola generale: è cioè dato dalla
somma della pena irrogata in concreto dal giudice per omicidio stradale (reclusione da 2 a 7 anni) e di quella
irrogata per la interruzione colposa di gravidanza (reclusione da 3 mesi a 2 anni). La sproporzione tra a) il caso di un
evento morte e una lesione lievissima (limite di pena 18 anni) e b) il caso di un evento morte e una interruzione
colposa di gravidanza è evidente (limite di pena per un massimo di 9 anni!).
Sottoponendo ancora ad una verifica esterna di proporzione/ragionevolezza quest’ultimo comma,
troviamo un altro punto di forte criticità ravvisabile nel confronto con l’art. 589 ult. co., c.p.47.
Possiamo notare che nell’ultimo comma dell’art. 589 c.p. è descritta l’analoga fattispecie
presente nell’ultimo comma dell’art. 589-bis c.p. con una differenza importante nei tetti massimi
di pena. Nell’art. 589 c.p. è previsto un tetto massimo di 15 anni nel caso di morte di più
persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, mentre
nell’ultimo comma dell’art. 589-bis da noi preso in esame il tetto massimo dettato dal legislatore
è di 18 anni. Concludendo dunque l’analisi del testo di legge, ci accorgiamo di come i profili di
incongruità permangano in tutta la norma.
3.1 Il diritto penale della differenziazione
L’approvazione della legge sull’omicidio stradale e le lesioni personali stradali è stata descritta
come una espressione, peraltro tra le più vistose, della tendenza a configurare un “diritto penale
della differenziazione”. Per “diritto penale della differenziazione” si intende la tendenza a
diversificare i livelli sanzionatori, attraverso l’introduzione di fattispecie criminose speciali, al
fine di scongiurare l’eventualità che, a fronte della lesione di beni di primaria rilevanza, il reo
possa rimanere in qualche modo impunito. L’esigenza affonda le sue radici nella sostanziale 47 Così l’art 589, ultimo comma, c.p.: «nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.».
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sfiducia nel complessivo assetto sanzionatorio, in quanto è ormai diffusa la convinzione che una
pena inferiore a certi limiti edittali risulti destinata a rimanere del tutto inattuata, potendosi
agevolmente ricorrere alle riduzioni previste per i riti premiali, ai benefici di legge, alle misure
alternative alla detenzione, alla prescrizione e così via.48 Il legislatore per ovviare al fenomeno
degenerativo della cd. “fuga dalla sanzione” ricorre principalmente a tre diverse tipologie di
intervento: a) la creazione di una sorta di “ius singolare”, mediante la previsione di una
disciplina derogatoria rispetto ad una regola generale oppure attraverso la tecnica legislativa
dell’esclusione o dell’inclusione di singole fattispecie nell’ambito applicativo di un istituto; b) il
ricorso a presunzioni legislative generalizzate e non ovviabili in via interpretativa; c) il
chirurgico intervento sui livelli edittali, in particolare sui minimi per vincolare il giudice e
garantire l’effettività sanzionatoria, sui massimi per conseguire finalità per lo più di carattere
processuale. A riguardo preme sottolineare che il legislatore, con tali interventi, si mostra ben
consapevole delle cause del disfacimento del complessivo sistema sanzionatorio e della sua
conclamata ineffettività ma, lungi dall’intervenire in via generale sugli istituti che generano
questa ineffettività, preferisce stabilire un sistema di regole differenziate per taluni reati49.
Se finora ci siamo principalmente occupati di esporre i difetti di proporzionalità/ragionevolezza
per così dire “interni” dell’art. 589-bis c.p., adesso passeremo ad una verifica di ragionevolezza
esterna attraverso alcuni esempi pratici, che mettano in luce come l’adozione della legge
sull’omicidio e le lesioni personali stradali costituisca un’ulteriore conferma della spinta a
configurare assetti di tutela differenziata.
Qualcuno50 ha fatto l’esempio di un medico che, in una giornata particolarmente sventurata, cagioni la morte di un
suo paziente a seguito di un intervento chirurgico complesso. Si immagini poi che lo stesso medico tornando a casa,
stravolto dalla fatica e scosso dall’esito infausto, attraversando un’intersezione con il semaforo rosso cagioni un
sinistro stradale con esito letale. In un’evenienza del genere verrebbero imputate due diverse fattispecie colpose che,
per quanto posta in essere dal medesimo soggetto e produttive del medesimo evento, darebbero luogo a prospettive
sanzionatorie radicalmente diverse. In riferimento al primo episodio infatti, riconducibile all’art. 589 comma 1 c.p.,
il medico risponderà di colpa grave per inosservanza di linee guida e buona prassi, pertanto oltre al risarcimento dei
danni, potrà essere punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. In merito al secondo episodio lo stesso medico verrà
imputato ex art. 589-bis, comma 5, c.p. e punito con la reclusione da 5 a 10 anni.
Un altro esempio di disparità sanzionatoria può essere proposto rispetto al caso di omicidio
colposo provocato dall’inosservanza delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Poniamo il caso in
48Vedi A. ROIATI, L’introduzione dell’omicidio stradale e l’inarrestabile ascesa del diritto penale della differenziazione, www.penalecontemporaneo.it, (1 gennaio 2016) p. 1-2, par. 1. 49 Ivi, p. 4. 50 Ivi, p. 13.
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cui un datore di lavoro in stato di ubriachezza, non segnali un’impalcatura pericolante presente
nel cantiere, cagionando la morte di uno dei lavoratori. Mettiamo poi che, lo stesso datore di
lavoro ubriaco,esca dal parcheggio ad una velocità sconsiderata e cagioni la morte di uno dei
suoi dipendenti che si trovava in prossimità della sua auto. Il primo caso descritto rientra nella
fattispecie di cui al comma 2 dell’art. 589 c.p. punita con la reclusione da 2 a 7 anni. Nel secondo
caso invece, malgrado parli dello stesso soggetto in stato di ubriachezza che cagioni il medesimo
evento, si configura il comma 2 dell’art. 589-bis c.p., il quale prevede la pena, ben più elevata,
dagli 8 ai 12 anni.
La tendenza a ritagliare microsistemi ad efficacia settoriale per fatti caratterizzati da disvalore
omogeneo, in virtù della pericolosità del tipo di autore o della condotta anziché dell’offesa, per
quanto rispondente a ben determinate istanze di tutela, provoca il rischio di generare un diritto
penale “diseguale”, inidoneo a garantire il rispetto del principio della parità di trattamento51 e dei
principi di ragionevolezza, meritevolezza e proporzionalità della pena.
4. L’omicidio stradale: una riforma davvero necessaria?
Tale riforma rappresenta dal punto di vista del piano politico-criminale l’ennesimo tentativo
compiuto dal legislatore di fornire una risposta sanzionatoria adeguata alle continue pressioni
della opinione sociale in un contesto caratterizzato da una “perenne emergenza”52. Tale scelta
appare frettolosa, dettata dalla incessante pressione del mondo mediatico, politico, e giudiziario
che trasforma ogni questione in una drammatica situazione quotidiana pretendendo risposte
immediate.
In particolare ci sentiamo di avanzare delle riserve rispetto all’inasprimento del trattamento
sanzionatorio, la cui opportunità appare del tutto opinabile soprattutto se si tiene in
considerazione che il nostro codice già prevedeva nella disciplina previgente, per i casi di guida
in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, una pena detentiva fino a dieci anni
di reclusione e nel caso di morte di più persone fino a quindici anni.
La disciplina dell’omicidio stradale impedisce di fatto l’accesso alla sospensione condizionale e
alle misure alternative, privilegiando la pena detentiva come strumento di prevenzione e
51 Ibidem. 52 ELENA FABBRI, Il delitto di omicidio e lesioni personali stradali, dalla riforma alle problematiche applicative, in Il foro malatestiano, fascicolo n.1, anno 2017, www.ilforomalatestiano.it.
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dissuasione. Una tale prospettiva si può forse prestare a soddisfare la logica retributiva, ma
risulta del tutto inidonea a conseguire risultati effettivi sul piano della prevenzione generale.
Questa scelta a nostro avviso risulta assai poco lungimirante, poiché sarebbe stato auspicabile
approntare una risposta sanzionatoria diversificata ma parimenti efficace, mediante l’uso di pene
alternative come il lavoro di pubblica utilità o di sanzioni interdittive, riparative, ablative,
ingiunzionali ampiamente tematizzate in dottrina ed attuate in molti altri Paesi53. Inoltre la
modifica delle cornici edittali non sembra aver contrastato il fenomeno, anzi secondo i dati
diffusi “dall’Associazione sostenitori amici della Polizia stradale” gli incidenti non sono affatto
diminuiti. Al contrario, il numero delle vittime è fatalmente aumentato e, ancor più drammatico è
il dato delle omissioni di soccorso che registra un accrescimento del venti per cento54.
Questo dato in verità non stupisce se consideriamo che, come è stato opportunamente
sottolineato in dottrina55, a caratterizzare la colpa nella circolazione stradale sia la contestuale
auto-esposizione a pericolo del conducente, posto che solo in questo settore è dato reperire quella
bilateralità del rapporto di rischio tra autore colposo e terzi che difetta in altri ambiti. Di
conseguenza appare difficile sostenere fondatamente che il conducente portato ad agire in modo
gravemente inosservante, anche a costo di mettere a rischio la propria incolumità, possa risultare
effettivamente dissuaso dal porre in essere condotte imprudenti in virtù dell’astratta minaccia di
una sanzione penale più rigorosa.
Inoltre la medesima condotta colposa può divenire penalmente rilevante a seconda che cagioni o
meno l’evento lesivo, con la conseguenza che il guidatore “maggiormente fortunato” andrà
esente da responsabilità pur avendo esposto, per ipotesi, il bene oggetto di tutela ad un livello di
rischio anche maggiore rispetto a quello ingenerato dal guidatore “meno fortunato”. Si pensi ad
esempio al caso in cui alcuni ragazzi che, presi dall’euforia di un sabato sera, decidano di
gareggiare con i propri veicoli su una strada molto trafficata, sfrecciando ad una velocità
sconsiderata per un lungo tratto di strada senza provocare incidenti. Si pensi poi al caso in cui un
conducente che, per distrazione, non si accorga della presenza di alcuni ciclisti e accidentalmente
ne investa uno, cagionandone la morte. Il comportamento tenuto nel primo caso descritto rimane
scorretto e colposo anche laddove non accade nulla. La norma penale però, opera diversamente
rispetto alla norma cautelare, poiché mentre quest’ultima prende in considerazione la condotta
53 Ivi, p. 18. 54 Dati statistici forniti dall’«Associazione sostenitori amici della Polizia stradale», http://www.asaps.it/, (2 dicembre 2016). 55 A. ROIATI, op. cit., 15 ss.
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per la sua potenziale pericolosità, la norma penale invece agisce per la sua effettiva efficacia
nella produzione dell’evento.
Pertanto incentrare l’obiettivo della prevenzione sul ricorso alla sanzione penale risulta
riduttivo, in quanto la componente di occasionalità dell’esito avverso, porta a sanzionare solo il
conducente “meno fortunato”, mentre dovrebbero essere valorizzati anche quei casi in cui
condotte gravemente imprudenti non cagionino l’evento, ma che ben si prestano ad interventi
sanzionatori preventivi di tipo amministrativo. L’adozione di misure sanzionatorie diversificate
ma dotate di efficacia dissuasiva ed improntate a far comprendere ai responsabili la reale gravità
di quanto commesso, favorirebbe un cambiamento culturale che, unitamente all’intensificazione
dei controlli sulle strade, porterebbe all’attuazione di una vera politica della sicurezza stradale.56
56 Ivi, p. 17.
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BIBLIOGRAFIA
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(30 giugno 2016);
G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Manuale di Diritto Penale parte generale, V ed., Milano 2015;
A. MASSARO, Omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime: da un diritto
penale “frammentario” a un diritto penale “frammentato”, in www.penalecontemporaneo.it, (20
maggio 2016);
A. MENGHINI, L’omicidio stradale scelte di politica criminale e frammentazione del sistema, in
Editoriale Scientifica, pp. 38 e ss.;
D. NOTARO, I nuovi reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali: norme “manifesto” o
specializzazione dello statuto colposo?, in www.lalegislazionepenale.eu, (28 luglio 2016);
A. ROIATI, L’introduzione dell’omicidio stradale e l’inarrestabile ascesa del diritto penale della
differenziazione, in www.penalecontemporaneo.it, (1 giugno 2016);
E. SQUILLACI, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di omicidio e lesioni personali
stradali, in www.penalecontemporaneo.it, (18 aprile 2016);