I movimenti astrali che condizionano l’essere e il divenire · Fig. 24. Le origini dell’uomo...

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34 I movimenti astrali che condizionano l’essere e il divenire La terra nella quale viviamo è parte di un organismo più grande, il sistema solare, che è parte di un organismo ancora più grande, una galassia a forma di spirale denominata Via Lattea; la vediamo sopra di noi, di giorno da febbraio a luglio, di notte da agosto a gennaio nel nostro emisfero, mentre nell’altro emisfero ciò avviene all’opposto, e cioè di notte da febbraio a luglio e di giorno da agosto a gennaio. Al centro della Via Lattea nel nostro emisfero si trova la costellazione di Cassiopea, a forma di W, mentre nell’emisfero australe si trova la Croce del Sud. La Via Lattea contiene miliardi di stelle, ed ha un diametro di milioni di anni luce; la Via Lattea ha anch’essa un movimento di rotazione attorno al proprio centro. Il sistema solare, che si trova a sud di essa, impiega 200 milioni di anni per fare un giro completo. Dalla Via Lattea provengono sulla terra, giornalmente, un’infinità di particelle emesse prevalentemente dall’esplosione di stelle, e queste particelle, denominate raggi cosmici, esercitano sulle cellule degli organismi della terra una azione violenta, che può essere assorbita a breve termine ma che può portare ad alterazioni delle capacità riproduttive e a variazioni del DNA, ovvero può portare a delle mutazioni nelle speci. Riportiamoalcune note interessanti sulla Via Lattea dall’enciclopedia “La piccola Treccani”. La Via Lattea è una “nebulosa spirale” che ruota attorno ad un centro con un’orbita quasi circolare di diametro 100000 anni luce; il periodo di rotazione è di 200 milioni di anni (ed è denominato anno cosmico), la sua massa di stelle è pari a circa 200 miliardi di volte la massa del sole. Fig. 23. La Via Lattea, la galassia alla quale appartiene il sistema solare.

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I movimenti astrali che condizionano l’essere e il divenire La terra nella quale viviamo è parte di un organismo più grande, il sistema solare, che è parte di un organismo ancora più grande, una galassia a forma di spirale denominata Via Lattea; la vediamo sopra di noi, di giorno da febbraio a luglio, di notte da agosto a gennaio nel nostro emisfero, mentre nell’altro emisfero ciò avviene all’opposto, e cioè di notte da febbraio a luglio e di giorno da agosto a gennaio. Al centro della Via Lattea nel nostro emisfero si trova la costellazione di Cassiopea, a forma di W, mentre nell’emisfero australe si trova la Croce del Sud. La Via Lattea contiene miliardi di stelle, ed ha un diametro di milioni di anni luce; la Via Lattea ha anch’essa un movimento di rotazione attorno al proprio centro. Il sistema solare, che si trova a sud di essa, impiega 200 milioni di anni per fare un giro completo. Dalla Via Lattea provengono sulla terra, giornalmente, un’infinità di particelle emesse prevalentemente dall’esplosione di stelle, e queste particelle, denominate raggi cosmici, esercitano sulle cellule degli organismi della terra una azione violenta, che può essere assorbita a breve termine ma che può portare ad alterazioni delle capacità riproduttive e a variazioni del DNA, ovvero può portare a delle mutazioni nelle speci. Riportiamoalcune note interessanti sulla Via Lattea dall’enciclopedia “La piccola Treccani”. La Via Lattea è una “nebulosa spirale” che ruota attorno ad un centro con un’orbita quasi

circolare di diametro 100000 anni luce; il periodo di rotazione è di 200 milioni di anni (ed è denominato anno cosmico), la sua massa di stelle è pari a circa 200 miliardi di volte la massa del sole.

Fig. 23. La Via Lattea, la galassia alla quale appartiene il sistema solare.

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Il sole e la Via Lattea sono le maggiori sorgenti di radiazione cosmica, costituita da particelle elementari e nuclei atomici, dotate di elevatissima energia, detti raggi cosmici; il sole fa parte della galassia, e si può dire che il sistema solare generi solo una frazione delle radiazioni galattiche. La grande quantità di radiazioni che proviene dal cielo, ed in particolare dalla Via Lattea, produce notevoli effetti biologici sulla terra, tale da far ritenere che esista una notevole influenza del cielo sulla terra, dettata dall’assorbimento dell’energia che il fascio di raggi riversa sugli esseri viventi. Le radiazioni provocano due tipi di fenomeni sugli atomi delle molecole biologiche: l’eccitazione e la ionizzazione, che hanno notevole influenza sulle caratteristiche delle cellule stesse; gli effetti biologici possono essere di tipo immediato e dannoso, quale la provocazione di tumori, o possono manifestarsi in periodi notevolmente lunghi, anche dopo qualche secolo, come ad esempio è l’influenza sulle cellule riproduttive. Dunque le radiazioni cosmiche fondamentali per la vita biologica sulla terra e della sua evoluzione: nel momento in cui osserviamo una stella, o un gruppo di stelle riceviamo da esse una quantità di energia che sommata a tutta quella che riceviamo nel corso della vita e a quella che hanno assimilato i nostri avi, contribuisce e ha contribuito alla crescita e allo sviluppo del nostro organismo, modificandone nel tempo anche la forma. Tutto ciò ci consente di avanzare le ipotesi che il principio di corrispondenza tra gli “organismi” del cielo e quelli della terra, espresso dagli scienziati etruschi, potrebbe anche avere una seria base scientifica, in fase di studio, che non mancherà di stupirci.

Fig. 24. Le origini dell’uomo sulla terra, documentate dagli scavi archeologici (da “Atlante geografico metodico”, De Agostini, 2000), mostrano come l’Africa centrale può considerarsi come un’incubatrice del genere umano e delle altre speci.

+30°

-30°

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La storia dell’umanità L’aspetto che stentiamo a credere è se effettivamente gli esseri viventi siano un prodotto della Via Lattea. Se ciò fosse vero dovrebbero esserci altre tracce importanti, e ci sono: analizzando le tracce dell’evoluzione dell’umanità dobbiamo constatare che l’umanità è nata nella parte orientale dell’Africa (fig. 24) che si estende dalla latitudine -30° a +30°. E’ la zona della terra dove si ha sia una maggiore azione dell’energia solare (che è praticamente quasi sempre allo zenit), e di quella che proviene dalla Via Lattea che colpisce le zone da +22° a +30° e da -22° a -30°. La tabella di fig. 28 ci fa comprendere questo aspetto. L’homo abilis nasce circa due milioni di anni fa (fig. 25), e da allora in queste zone la Via Lattea ha stazionato oltre 80 volte, ogni 26000 anni, esercitando un’azione prolungata contemporanea a quella di un sole che è quasi sempre allo zenit. Si tratta di zone, pertanto, ad alta concentrazione

energetica, cioè le zone più irradiate della terra. Qui sono nate le prime forme umane, che si sono diffuse sulla terra. Se l’Asia e l’America in questa stessa latitudine (da +22° a +30° e da -22° a – 30°) avessero avuto maggiore massa terrestre, anzichè la prevalenza di mare come è in effetti, probabilmente l’azione evolutiva dell’uomo si sarebbe verificata prima in quei luoghi.

Fig. 25. Evoluzione dell’uomo sulla terra (da “Atlante Geografico Metodico”, De Agostini, 2000).

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L’analisi che abbiamo espresso riguardo alla creazione dell’uomo non è stata una divagazione ma ci consente di vedere il fenomeno della civiltà etrusca all’interno di un itinerario più vasto del genere umano, un cammino che è partito circa 2 milioni di anni fa (fig. 25) e che è stato segnato da circa 80 cicli, di circa 26000 anni ciascuno, nei quali le radiazioni che provengono dallo spazio hanno stimolato le variazioni genetiche che puntualmente il sole, con il suo ciclo

giornaliero, ha selezionato, così come è accaduto per tutte le altre parti della natura. L’ultimo di questi cicli è quello al quale fa riferimento la Genesi del Vecchio Testamento che descrive un periodo, quello del 4000 a.C., che finora era stato considerato preistoria ma che ora abbiamo iniziato a conoscere e che giungeremo a considerarlo parte della nostra storia. L’inizio di questo ciclo è avvenuto, come abbiamo visto nel ciclo platonico di fig. 15 e nella tabella di fig. 29, nell’8000 a.C., con la posizione di Cassiopea e della Via Lattea al 22° grado di latitudine nord, ed esso ci ha portato al grande salto dell’umanità, dal paleolitico al neolitico, col passaggio dalla caccia e pesca all’agricoltura, ovvero dalla vita nomade a quella sedentaria. L’ultimo ciclo dell’anno platonico Intorno all’8000 a.C., l’uomo ha iniziato il passaggio dallo stato nomade a quello stanziale: l’epoca neolitica, nella quale l’homo sapiens attraverso la propria creatività e attraverso l’osservazione sempre più approfondita della natura, ha eseguito un profondo mutamento della propria esistenza. Nel neolitico l’uomo cacciatore e pescatore inizia a fermarsi in determinati territori dove coltiva cereali: la sua nuova attività è contrastata da periodi di progressivo deterioramento e inaridimento, accaduti tra l’8500 e il 7500 a.C. L’agricoltura, inizialmente itinerante fino al 5500 a.C., diventa poi stazionaria, ed i centri abitati iniziano ad aumentare di dimensione. La difesa di una posizione fissa, di un raccolto, del bestiame non era possibile se non riunendo le forze con altri coltivatori e allevatori; nascono quindi i villaggi, le tribù e poi le piccole città. Gli uomini sono ormai consapevoli del fatto che il proprio lavoro può essere vanificato da una natura a volte avversa e ostile, per cui ne studiano ogni aspetto per non avere brutte sorprese: imparano a seminare in determinate condizioni atmosferiche e cosmiche, cioè con il sole e la luna in determinate posizioni del cielo, e imparano, copiando la natura, a sfruttare l’acqua meteorica per costruire cisterne per conservarla, drenaggi sotterranei per trasportarla alle fontane dove poterla

Fig. 26. Sviluppo delle prime civiltà e migrazioni (da “Atlante Geografico Metodico”, De Agostini, 2000).

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utilizzare per se e per i propri animali. Scrutando il cielo imparano a distinguere le stelle osservandone i raggruppamenti e si accorgono che i loro moti seguono orientamenti ben precisi, e che il cielo pur essendo approssimativamente uguale e monotono in realtà non è mai lo stesso. A mano a mano che prendono coscienza di tutto ciò gli uomini comprendono che debbono difendersi da coloro che, vivendo ancora di sola caccia e pesca, si spostano da un territorio all’altro e insidiano i loro armenti o si nutrono dei loro raccolti; nasce quindi la necessità di delimitare interi territori, di unirsi a tanti altri coltivatori e allevatori con i quali costruire centri abitati difesi da veri e propri recinti in legno; anche le loro case sono in legno, e così i loro templi, posti nei quali l’uomo cerca di mettersi in contatto con le divinità e dai quali osserva il cielo. L’uomo da quando ha iniziato a differenziarsi dagli altri animali ha sempre intuito che Qualcuno ha creato ogni parte della natura e le sue leggi e da allora ha cercato ogni metodo e ogni opportunità per mettersi in contatto con Lui e per comprendere quale sia il comportamento più adatto per assecondarLo. L’inizio di una vita comunitaria in un villaggio prima ed in una piccola città dopo ha spinto gli uomini a trovarsi campi di specializzazione; colui che era più abile a tagliare le pietre e a farne degli utensili ha iniziato a farlo anche per gli altri, ricevendo in cambio frumento, orzo, latte, ... e così chi ha imparato a scrutare meglio il cielo ha iniziato a comunicare le sue scoperte agli altri e ad essere interpellato per insegnare a farlo. La vita comunitaria ha portato alla divisione dei compiti, così che è nata un’organizzazione che ha iniziato a produrre ceramiche, villaggi, luoghi di culto. In questa realtà prende sempre più piede una nuova cultura nella quale gli esperti del rapporto con il Cielo e con la natura teorizzano il “principio di corrispondenza”. Questa scoperta costituisce un grande balzo in avanti nella storia dell’umanità perchè consente, per la prima volta, di fornire una spiegazione razionale agli interrogativi primari: “chi sono, come mi debbo comportare, cosa voglio”. Il principio di corrispondenza è stato individuato dai saggi contemplando le parti della natura e constatando che esse seguono le stesse leggi: ogni organismo nasce, cresce, si nutre, si riproduce, muore; così per gli animali, le piante e così in tempi molto più lunghi sarà per la terra, il sole e le stelle. Tutte le parti del creato obbediscono allo stesso principio e pertanto sono simili tra loro, con le differenze che quelle presenti nel cielo sono più perfette perchè più vicine a Dio. Dallo studio delle stelle è possibile capire il clima, dove, come, quando eseguire determinate attività, e di conseguenza determinare le scelte per il futuro della propria vita. Questa nuova cultura nasce nella zona al di sopra della fascia tropicale ed è trasportata dalle stelle che lentamente si stanno spostando da sud verso nord; salgono da sud, sia dall’Alto Egitto, al 24/25° parallelo, sia dall’India centrale, dove erano scese e sono risalite dopo un intervallo di tempo di circa 8000 anni; giunta al 30° parallelo la nuova cultura determina le prime forme aggregative dei popoli nell’Alto Egitto e nella bassa Mesopotamia, probabilmente con lievi diversità. Sono due rami di una stessa civiltà che hanno avuto continui contatti fra loro ma che si differenziano a tal punto che in Palestina si riteneva che al sud della Mesopotamia si fosse sviluppata una civiltà perfetta, di piena armonia fra le parti del creato e fra esse e Dio, tramandata come “paradiso terrestre”. Questo modello di civiltà perfetta fu ritenuto da alcuni un’utopia che non era più possibile realizzare, e pertanto era necessario costruire modelli più pratici nei quali l’obbiettivo da raggiungere fosse la società ricca ed opulenta; per altri era invece possibile raggiungerlo, seguendo l’esperienza del sud della Mesopotamia, e i loro esperti lo hanno teorizzato, basandone la realizzazione sul principio di corrispondenza, organizzando così un sistema da diffondere fra tutte le regioni della terra nelle quali fosse possibile determinare microcosmi, cioè società autonome, autosostenibili, e prive di conflittualità.

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L’Etruria: inquadramento cosmico L’Etruria si sviluppa dal 41°43’ di latitudine della zona più a sud, ad Ostia al 43°45’ di latitudine della zona più a nord, situata a nord dell’Arno, in prossimità di Firenze (fig. 37). La civiltà dell’Etruria seguendo gli spostamenti della Via Lattea avrebbe avuto i primi albori intorno al 2050 a.C., con εCas che è giunta da sud sul cielo di Ostia, e sarebbe giunta a completamento, se sono stati seguiti con precisione i cambiamenti del cielo, all’estremo nord, intorno al 1700 a.C., con εCas che ha raggiunto la parte più a nord dell’Arno, a 43°45’ di latitudine nord, nei pressi di Firenze; la fase discendente sarebbe iniziata nel VII sec. a.C. (fig. 29), con Shedar, l’ultima stella di Cassiopea che è uscita dallo zenit di Ostia per salire a nord, e sarebbe terminata definitivamente nel 320 a.C., con l’uscita di Shedar all’estremo nord (fig. 30). La durata effettiva della civiltà in Etruria, seguendo i movimenti della Via Lattea, potrebbe essere considerata dal 1700 a.C. al 700 a.C., cioè dalla fase del suo completamento (con l’arrivo di εCas allo zenit dell’estremo nord) a quella dell’inizio della fase discendente (uscita di Shedar dallo zenit dell’estremo sud); questo confermerebbe la previsione degli aruspici etruschi che la loro civiltà sarebbe durata dieci secoli, e metterebbe in risalto la loro abilità astronomica. In realtà però fino

Fig. 27 Cielo del 2050 a.C. al 41°43’ di latitudine (Cassiopea è entrata in Etruria con la prima stella εCas)

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all’uscita dell’ultima stella di Cassiopea all’estremo nord dell’Etruria, avvenuta nel 320 a.C., la parte pòstica dell’Etruria ha resistito, ed è in tale periodo che può considerarsi effettivamente terminata la loro civiltà, che coincide con la resa di Perugia, l’ultimo baluardo a nord dell’Etruria.

Fig. 28. Cielo del 1700 a.C. al 43°45’ di latitudine (Cassiopea raggiunge il nord dell’Etruria con εCas, la prima delle sue stelle, completando la sua presenza nel cielo dell’Etruria).

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Fig. 29. Cielo del 700 a.C. al 41°43’ di latitudine (Cassiopea entra in Etruria con l’ultima stella, Shedar, iniziando ad abbandonare la parte più a sud dell’Etruria.

Fig. 30. Cielo del 320 a.C. al 43°45’ di latitudine (Cassiopea raggiunge il nord dell’Etruria con Shedar αCas, l’ultima stella)

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Capitolo II Schema cronologico La civiltà etrusca è ignota, e la mancanza di conoscenza ha dato adito nel tempo a ipotesi spesso misteriose e fantasiose; il principo di corrispondenza su cui essa si basava ci consente di giungere a conoscere l’inizio, l’evoluzione, la fine e tutte le fasi. Il cielo ha una sua storia precisa e ci può aiutare a seguire la storia del popolo etrusco che era strettamente legata a quella del cielo, tanto da prevedere la fine della propria civiltà. Possiamo individuare tre fasi ben distinte: una fase pre-etrusca che vede la nascita di un primo microcosmo a sud; la fase “cosmologica” della civiltà etrusca, che vede l’intero territorio irradiato dalla Via Lattea, e che dura 10 secoli circa; la fase finale della civiltà etrusca, che inizia dal passaggio a sud dell’ultima stella di Cassiopea fino alla completa uscita di Cassiopea a nord. A) Fase pre-etrusca A1 prima del 2050 a.C.: la civiltà precedente l’arrivo in Etruria della Via Lattea con Cassiopea

al centro; A2 2050 a.C.: l’arrivo di Cassiopea a sud dell’Etruria al 41°43’ di lat. nord; A3 dal 2050 a.C. al 1900 a.C.: dall’arrivo di Cassiopea a sud dell’Etruria al suo arrivo al

decumano massimo dell’Etruria del sud, al 42°43’ di lat. nord (fig. 38); A4 dal 1900 a.C. al 1700 a.C.: dal completamento della parte àntica dell’Etruria a quello della

parte pòstica, con l’arrivo di εCas al nord dell’Etruria

B) Fase cosmologica della civiltà etrusca: i 10 secoli del popolo etrusco B1 dal 1700 a.C. al 1500 a.C.: dall’arrivo della prima stella di Cassiopea (εCas=Segin)

all’estremo nord all’arrivo della seconda stella (γCas=Cih), Catha per gli Etruschi, all’estremo sud dell’Etruria

B2 dal 1500 a.C. al 1400 a.C.: dall’arrivo di Catha a sud all’arrivo della terza stella (Ruchbach) a sud

B3 dal 1400 a.C. al 1350 a.C.: all’arrivo di Ruchbach a sud all’arrivo di Catha al decumano massimo della parte àntica dell’Etruria

B4 dal 1350 a.C. al 1200 a.C.: dall’arrivo di Catha al decumano massimo della parte àntica al suo arrivo all’estremo nord dell’Etruria (e ingresso della quarta stella, βCas=Caph, di Cassiopea in Etruria)

B5 dal 1200 a.C. al 1100 a.C.: dall’uscita di Catha dall’Etruria all’uscita di Ruchbach dall’Etruria (all’estremo nord)

B6 dal 1100 a.C. al 1050 a.C.: dall’uscita di Ruchbach dall’Etruria all’arrivo della quarta stella di Cassiopea al decumano dividente

B7 dal 1050 a.C. al 900 a.C.: dall’arrivo della quarta stella (βCas=Caph) al decumano dividente al suo arrivo all’estremo nord, e uscita dall’Etruria

B8 dal 900 a.C. al 700 a.C.: dall’uscita della quarta stella (βCas=Caph) al nord dell’Etruria all’arrivo a sud della quinta e ultima stella di Cassiopea

C) Fase finale della civiltà etrusca C1 dal 700 a.C. al 550 a.C.: dall’arrivo a sud della quinta stella (αCas=Shedar) al suo arrivo al

decumano dividente C2 dal 550 a.C. al 320 a.C.: dall’arrivo della quinta stella al decumano dividente al suo arrivo

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all’estremità a nord, con l’uscita completa di Cassiopea dal cielo dell’Etruria Il ciclo della civiltà etrusca sopra riportato segue i movimenti delle stelle di Cassiopea nel cielo dell’Etruria sintetizzato nel seguente quadro: Stella Nome scientifico Data di arrivo a sud

dell’Etruria (al

41°43’ di lat. nord)

Data di arrivo al

decumano massimo

dividente della parte

àntica dell’Etruria

Data di arrivo

all’estremo nord (e

uscita dall’Etruria,

43°45’ lat. nord)

1 εCas (Segin) 2050 a.C. 1900 a.C. 1700 a.C.

2 γCas (Cih)* 1500 a.C. 1350 a.C. 1200 a.C.

3 δCas (Ruchbach) 1400 a.C. 1250 a.C. 1100 a.C.

4 βCas (Caph) 1200 a.C. 1050 a.C. 900 a.C.

5 αCas (Shedar) 700 a.C. 550 a.C. 320 a.C.

A) La fase pre-etrusca corrisponde alla nascita di microcosmi appartenenti alla stessa cultura a sud

dell’Etruria B) I 10 secoli della fase cosmologica etrusca, dal 1700 a.C., data di completamento della presenza

di Cassiopea sul terreno dell’Etruria, al 700 a.C., data dell’uscita a nord dell’ultima stella della costellazione, potrebbero anche essere intesi come i 10 saecula della predizione etrusca che in essi si sarebbe svolta la propria civiltà. Non abbiamo sufficienti riferimenti storici per comprendere se lo schema rappresentato sia quello corrispondente all’effettiva realtà, ma è certo che la posizione delle stelle di Cassiopea allo zenit dell’Etruria hanno fatto parte della storia del popolo etrusco, condizionandone l’inizio, lo svolgersi e la fine (rif. Plutarco, Syll. VII, 3; Serv. Ad. Ecl., IX, 47). La ricostruzione storica che andremo ad esporre è diversa da quella che lo storico e astronomo Censorino (III sec. d.C.) ha ipotizzato nel suo “De die natali”, il quale dimostra di non aver avuto conoscenza del principio di corrispondenza del popolo etrusco.

C) L’ultima fase dal 700 a.C. al 320 a.C., che è la più ricca di testimonianze archeologiche è da intendersi in realtà come fase discendente di una civiltà ormai sfaldata, nella quale l’aggregazione fra i popoli era quasi finita: ciò deve metterci in guardia dal considerare come segno dell’apice di un popolo il momento del suo massimo benessere, che non è detto che debba coincidere con quello del massimo livello di civiltà conseguito. Lo schema cronologico sopra riportato ha seguito le date dell’avvicendarsi nel cielo dell’Etruria, allo zenit, delle cinque stelle di Cassiopea, tenendo presente che lo sfasamento tra il cielo allo zenit del sud dell’Etruria (41°43’ di Ostia) e quello allo zenit del nord dell’Etruria (43°45’ di Firenze, nel punto più a nord del fiume Arno) è di circa 300/400 anni (cioè quella stella che è stata allo zenit del sud dell’Etruria la ritroviamo poi allo zenit del nord dopo circa 300 anni).

Date delle posizioni significative delle stelle di Cassiopea nel cielo dell’Etruria. (*) Alla stella γCas il nome assegnato dal popolo etrusco è Catha, la divinità alla guida dei quattro cavalli ed è la seconda stella di Cassiopea a raggiungere da sud un territorio.

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A) La civiltà pre-etrusca, prima del 2050 a.C. Le tracce della civiltà pre-etrusca più antiche, riscontrate dal principio di corrispondenza e confermate da riscontri archeologici, sono in Mesopotamia, nel sud della quale nel 4700 a.C. circa a 30°20’ di latitudine sopraggiunge da sud la Via Lattea con εCas, che è la prima stella di Cassiopea ad entrare nel paese (fig. 32). Nella fig. 39 è rappresentato il cielo nella zona di Baghdad, situata più a nord, dove si trova la linea dividente fra la parte àntica e la pòstica della Mesopotamia che ci mostra l’arrivo di εCas nel 4000 a.C. a completamento del primo microcosmo. Le Sacre Scritture ci consentono di “datare” la cosiddetta “creazione del mondo” nel 3983 a.C., calcolo eseguito dai nostri storici del ‘500 e del ‘600 (sul quale esistono lievi differenze) basandosi sull’ipotesi di Dionisio che il periodo corrispondente a ogni generazione fosse di 25 anni.

Fig. 32. Cielo del 4700 a.C. al 30°20’ latitudine nord (il cielo della zona di Bassora, al sud della Mesopotamia). Cassiopea, con εCas, entra in Mesopotamia.

Il microcosmo che nasce in Mesopotamia è circondato da fiumi, e definisce la nuova cultura come civiltà “fluviale”, alla quale appartiene il periodo etrusco; in precedenza si era sviluppata la cosiddetta “civiltà di fonte”, nella quale gli insediamenti, di più modeste dimensioni, erano situati in corrispondenza di fonti che assicuravano il rifornimento idrico; in molti casi nel periodo delle fonti non era ancora nota la lavorazione della ceramica.

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Fig. 33. Cielo del 4000 a.C. al 33° di latitudine nord (il cielo della zona di Bagdad, a nord della parte àntica della Mesopotamia). Cassiopea, con εCas, ha completato la parte àntica della Mesopotamia: è il cosiddetto periodo della “creazione del mondo” dell’Antico Testamento.

La “creazione del mondo” e il Paradiso Terrestre a cui fa riferimento il Vecchio Testamento Le sacre scritture ci informano quindi che in questo periodo, rappresentato dal cielo della fig. 33, è avvenuta la cosiddetta “creazione del mondo”, caratterizzata da una società idealizzata come “paradiso terrestre”: la realizzazione di un microcosmo terrestre ad immagine e somiglianza del cielo. Si era realizzata un’organizzazione perfetta nella quale l’uomo era riuscito a vivere in armonia con l’universo intero, compresi gli altri esseri umani. Sulla base del ricordo di tali esperienze ha cercato poi di ripetere più volte, in altri luoghi, questa esperienza. Intorno al 3300 a.C. l’ultima stella di Cassiopea esce dal sud della Mesopotamia e potrebbe essere iniziata la crisi di questo periodo idilliaco che potrebbe essere durato 700 anni circa, dal 4000 al 3300 a.C. La Via Lattea uscirà definitivamente da Bagdad intorno al 2500 a.C., data che corrisponde storicamente al periodo di crisi della civiltà sumerica. Il vedere scorrere la Via Lattea verso nord ha probabilmente indotto parte della dirigenza del popolo coinvolto in questa civiltà a spostarsi anch’esso verso nord cercando altri lidi simili dove tentare di fondare microcosmi analoghi al precedente. Un esempio importante è quello del biblico Abramo che dal sud della Mesopotamia, nel 1850 a.C. secondo la ricostruzione storica che ci consente la cosmologia biblica, è salito verso nord per trovare la terra promessa, una volta giunto a Carian, nella parte a nord della Mesopotamia del nord, dove ancora allo zenit si trovava la Via Lattea, preferisce ridiscendere in Palestina, piuttosto che seguire la via del cielo. Certamente lo spostamento è proseguito al nord in Armenia, dal 39° al 41° parallelo, dove la civiltà potrebbe essersi espansa, o a nord-ovest, verso i territori della penisola anatolica (Turchia), tra il 38° e il 39° parallelo, attraverso la quale la nuova cultura ha raggiunto il mar Mediterraneo. La caratteristica principale di cui era portatrice la nuova cultura era il principio di corrispondenza, visto attraverso un rapporto naturale cielo-terra che veniva particolarmente

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Fig. 34. Nuraghe di Barumini, in Sardegna. Barumini si trova lungo il decumano dividente della Sardegna.

evidenziato nel momento dell’atto divinatorio, che avveniva quando il cielo e la terra erano in corrispondenza con la Via Lattea allo zenit, posta in direzione est-ovest e nel quale anche un piccolo microcosmo sensibile come il fegato di un ovino appena ucciso, poteva fare da intermediario. La nuova cultura si è spinta fino al mar Tirreno, dove ha certamente provato ad attecchire in vari territori, scegliendo la Sardegna come macrocosmo ideale di approdo e diffusione, giungendovi nel 2700 a.C. insieme a Cassiopea e alla Via Lattea. Il macrocosmo della Sardegna La Sardegna, completamente circondata dalle acque, ha tutte le caratteristiche di un macrocosmo sacro così come l’intendevano gli Etruschi: l’orientamento dell’isola è nord-sud e la forma è simile a quella di un fegato animale che si estende da 38°50’ circa a 41°20’ circa di latitudine: era quello l’ambiente ideale per far nascere una civiltà che potesse avere le caratteristiche analoghe a quella nata 1600 anni prima in Mesopotamia. Anche qui la civiltà inizia da sud, per diffondersi lentamente lungo tutto il territorio, finchè nel 2200 a.C. tutta la Sardegna vede allo zenit la Via Lattea e Cassiopea, e inizia a diventare probabilmente una federazione di 12 stati, esistento tuttora nella periferia dell’isola 12 regioni. Di questa “federazione” sarda non sono state ancora riportate alla luce evidenze archeologiche nè documentazioni storiche; nell’isola sono stati individuati però numerosi segni di cultura del neolitico, testimoniati da resti e monumenti (a Ozieri, Abelzu, Filigosa, Monte Chiaro, Bonnanaro) attribuiti dagli esperti più a culture isolate che ad una unica cultura nazionale: sono i segni del sistema aggregativo etrusco che lascia spazio ai singoli stati, portandoli lentamente ad una crescita comune, evidenziata dai monumenti nuragici risalenti, secondo gli archeologi, alla metà del II millennio a.C. Che la Sardegna sia stata etrusca viene

asserito da Diodoro Siculo (L.6, cap.1, p. 328) e da Strabone (L.5, p.251). Queste considerazioni e i resti nuragici sardi (rif. fig. 34) ci fanno comprendere le parole di Licofrone che i Tirreni inventarono per primi l’arte di costruire i muri, o l’asserzione di Dionigi di Alicarnasso che il nome Tirreno possa venire dalle torri delle mura e fortificazioni delle città delle quali furono gli inventori (Dionis. L.1). A questo punto ci si può chiedere se l’insieme di popoli e di tribù che ha realizzato il primo

microcosmo al sud della Mesopotamia debba essere chiamato con lo stesso nome dei popoli e delle tribù che hanno realizzato il microcosmo simile in Sardegna; la risposta è affermativa se ci

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limitiamo ad osservare che si tratta di aggregazioni simili che seguono lo stesso modello cosmico, ma è chiaro che si tratta di popoli ed etnie diverse. Se comprendiamo questo, finalmente, cesseremo di domandarci chi erano gli Etruschi e da dove venivano. Una delle dodici regioni periferiche della Sardegna, situata ad ovest della Sardegna è la regione Planargia, che se fosse così denominata perchè terra dei Pelasgi, significherebbe che i Pelasgi che scorrazzavano per i mari, che si stabilirono nel Peloponneso e fondarono Cortona, probabilmente erano uno dei popoli che proveniva da questa regione o si era insediato in essa; i Pelasgi Tirreni, dunque non erano il popolo dell’intera Sardegna, in quanto la Sardegna, così come tutti i microcosmi della nuova cultura, era una federazione di stati e non uno stato.

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D1max

D3max

D2div

Fig. 35. Pianta della Sardegna con l’ubicazione dei decumani principali che mostrano come le zone archeologiche si trovino in prossimità di essi (in particolare la zona di Barumini in corrispondenza del decumano dividente D2), quella di Ozieri in corrispondenza del D1 max. La Sardegna si estende dai 38°50’ ai 41°20’ lat. nord. Per 2°30’ circa; è dunque di mezzo grado più estesa, da nord a sud, dell’Etruria.

L’unità nazionale non è stata mai cercata nè raggiunta dalla cultura che ha attraversato il

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Mediterraneo dal III millennio al II millennio a.C.; i primi a tentarla sono stati probabilmente gli Egiziani che hanno interrotto la fase di accorpamento federalistico che si era sviluppato nell’alto Egitto, per conseguire quella dell’unità nazionale, raggiunta con la forza sotto il re Mene (3100 a.C.) con il quale inizia la prima dinastia faraonica; essi hanno tentato di sopprimere le divinità dei singoli stati per giungere a definire una divinità nazionale, ma i popoli vinti non l’hanno mai accettata. Questo mostra come il politeismo egiziano, e così è avvenuto successivamente per quello greco, nasce dal fatto che l’unità ottenuta con la forza, e non con la libera partecipazione, non sia mai stata un’unità totale; l’accorpamento ha infatti lasciato una commistione di divinità, appartenenti ad ognuno degli stati precedenti, che alla fine hanno iniziato a competere fra loro spezzando l’unità nazionale (ricordiamo l’esempio tipico della lotta tra Atene e Sparta, con la contrapposizione della divinità Athena-Minerva e Giove). Laddove invece l’unità è stata di tipo partecipativo, legata da un’ideologia comune al di sopra dell’interesse dei singoli stati, lasciando libertà di culto e autonomia amministrativa, e riconoscendo che ogni singola divinità così come ogni singola stella ubbidiva alla legge superiore dell’unità e dell’armonia celeste, l’aggregazione ha funzionato terminando soltanto quando l’elemento aggregante, quello ideologico è venuto meno. La grande novità della nuova cultura che ha raggiunto gli stati del Mediterraneo è stata la proposta di aggregazione seguendo un modello naturale, copiando l’armonia celeste che coinvolgeva in modo uguale e partecipativo ogni singolo stato o gruppi di tribù, che venivano a far parte di un complesso più ampio nel quale ognuno aveva lo stesso grado di dignità; la debolezza di tale ideologia è che il progetto era a tempo, legato cioè ad un evento celeste che sarebbe durato al massimo 1300 anni, perchè tale è il lasso di tempo in cui la Via

Fig. 36. Cielo del 2150 a.C. al 41°15’ di latitudine (Cassiopea con εCas finisce di coprire all’estremo nord, al 41°15’ di latitudine, tutta la Sardegna).

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Lattea rimane,alternando la presenza con ognuna delle sue cinque stelle, allo zenit di un sito; altro limite del progetto è che esso era condizionato da limitazioni geografiche: la zona dove poteva nascere il nuovo macrocosmo doveva essere circondata da corsi d’acqua e l’estensione da nord a sud non poteva essere molto ampia perchè maggiore era tale estensione, minore diventava la durata della vita del macrocosmo stesso; questo perchè la Via Lattea impiega per espandersi su tutta la sua superficie 160 anni circa per ogni grado di latitudine, anni di preparazione che vanno tolti al periodo di attività vera e propria del macrocosmo. In Sardegna ad esempio, dove la Via Lattea è entrata a sud, alla latitudine 38°50’, nel 2700 a.C. ha raggiunto il nord, alla latitudine 41°20’, nel 2150 a.C. (fig. V2a-5), è uscita dal sud nel 1400 a.C.e dal nord nell’800 a.C.; la durata effettiva dell’aggregazione si può considerate dal 2150 a.C., data nella quale la Via Lattea è giunta a coprire tutto il territorio, fino al 1400 a.C., data in cui è iniziata ad uscire a sud: l’estensione di circa 2°30’ di latitudine del territorio sardo ha dunque limitato la durata della sua civiltà a 800 anni circa, mentre se fosse stata di dimensioni più modeste sarebbe durata fino a 1300 anni. Questo aspetto della limitazione della durata in funzione dell’estensione longitudinale ci fa comprendere che la presenza di Cassiopea in tutto il territorio italiano sia da considerarsi dal 1350 al 1150 a.C., cioè per due secoli soltanto Cassiopea ha coperto allo zenit tutto il territorio nazionale; la civiltà etrusca nella penisola italiana è limitata quindi a due soli secoli: troppo poco per determinare una coesione nazionale. Importante è constatare che la durata dell’esperienza in Sardegna doveva essere stata ben monitorata dagli scienziati etruschi, quando sono giunti a prevedere che la civiltà in Etruria (che anch’essa abbraccia due gradi circa di latitudine dal 41°45’ al 43°45’) sarebbe durata 10 secoli, e cioè due secoli in più del modello sardo. I residui della civiltà pelasgo-tirrena in Sardegna sono ben visibili a tutti, basta prenderne atto. In figura ne riportiamo un esempio con i nuraghe situati presso Barumini (fig. 34). La civiltà etrusca in Sardegna ha lasciato minori tracce di quella che poi è nata in Etruria e siamo ormai in grado di comprenderne i motivi: essa si verifica 5 secoli prima, e le tracce archeologiche sono di conseguenza molto minori, in quanto è meno diffuso il processo di industrializzazione per la produzione della ceramica e del bronzo. Cassiopea esce dal cielo della Sardegna nell’VIII sec. a.C., ma le resistenze umane proseguono anche successivamente; al sud appaiono invece le prime tracce della civiltà fenicia. E’ facile comprendere il vuoto trovato dai Fenici quando sono approdati nel sud della Sardegna e hanno trovato scarse resistenze da parte di una civiltà che aveva perso interesse per quei luoghi: lo stesso vuoto che hanno trovato i Romani in Etruria dal V sec. a.C. in poi. Dalla Sardegna i Pelasgi Tirreni o se vogliamo coloro che sono stati chiamati, dai Romani, Etruschi, si sono probabilmente diffusi per realizzare altri microcosmi del Mediterraneo, che non è giusto chiamare colonie, così come in Grecia e in Etruria. Di tali microcosmi quello più importante che ha completato il suo ciclo cosmico di civiltà e che influenzerà positivamente tutte le civiltà del mondo occidentale, è stata l’esperienza in Etruria. La fase pre-etrusca, più legata all’era dei miti che a quella della storia, è quella che precede l’arrivo allo zenit dell’Etruria di Cassiopea; questa cultura aveva già attuato in altri microcosmi posti più a sud dell’Etruria il sistema cosmologico di corrispondenza fra il proprio microcosmo terrestre e il cielo, cioè aveva già unito in federazione più territori, legandoli alla corrispondenza con il cielo ma non era ancora stato scoperto il concetto dello zodiaco; il legame fra i singoli stati era più basato sulla ricerca di un’armonia simile a quella celeste, che su una corrispondenza precisa e puntuale fra le parti del microcosmo e il cielo. Non era neppure iniziata ancora la civiltà del bronzo. La grande

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cultura che segue gli spostamenti del cielo sta per raggiungere, insieme a Cassiopea, la terra dell’Etruria portando il grande rinnovamento che, iniziato alla foce del Tigri e dell’Eufrate e tramandato come il momento della creazione del mondo, stimola gli uomini all’aggregazione e ad un consapevole rapporto con il cielo.

Fig. 37. L’Etruria prima del 2150 a.C., quando sopraggiunge Cassiopea allo zenit del sud è un insieme di tribù isolate di svariate origini e gruppi etnici ancora incapaci di organizzare una vita associata significativa.

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42°

43°

Fig. 38. Primo microcosmo dell’Etruria delimitato a nord dall’Ombrone e dal Paglia. Il decumano massimo passa per Tuscania e Vulci, il cardo corrispondente passa per Tarquinia. Il punto di intersezione si trova in loc. San Giuliano Vecchio, tra Vulci e Tuscania. Questo microcosmo inizia nel 2150 a.C. al 41°43’ latitudine nord e si completa nel 1900 a.C. al 42°43’ latitudine nord.

A3. Fase pre-etrusca dal 2050 al 1900 a.C.: dall’arrivo di Cassiopea a sud al raggiungimento del decumano massimo dell’Etruria del sud (al 42°43’ di lat. nord). L’ingresso di Cassiopea a sud dell’Etruria da inizio alla fase preparatoria della nuova civiltà che vede completato il suo primo microcosmo a sud dell’Etruria, che rappresenterà la pars àntica dell’Etruria, nel 1900 a.C., quando la prima stella di Cassiopea εCas raggiunge i 42°43’ latitudine nord, all’altezza circa dell’Argentario. Il primo microcosmo è delimitato a nord dal fiume Ombrone e dal fiume Paglia che lasciano un varco ad est del monte Amiata: probabilmente la prima porta del nuovo microcosmo viene a trovarsi nei pressi di Radicofani (o di Castelluccio). In questa parte àntica dell’Etruria dove sopraggiunge allo zenit la prima stella εCas, si è verificata la prima

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aggregazione dell’Etruria, costituita da 6 popoli a cui fa accenno il Dempster, noto storico seicentesco, nel suo De Etruriae regali. In questo periodo inizia al sud dell’Etruria quel processo che porterà all’unificazione di più popoli attraverso una federazione di stati, dando inizio alla civiltà etrusca, il cui primo re sarebbe stato, per alcuni studiosi, Giano (rif. Dempster, Ciatti), che per alcuni storici coinciderebbe con Noè. Il fatto di attribuire al periodo di Noè la nascita dei popoli è scritto nelle sacre scritture che sono ritenute un’importante fonte storica; secondo i conteggi effettuati interpretando le sacre scritture il diluvio universale si sarebbe verificato nel 2041 a.C., e cioè nello stesso periodo della nascita del microcosmo etrusco. Sul fatto che possa essere stato Noè il fondatore, così come sostiene il Ciatti, sembra un’ipotesi piuttosto fantasiosa. In fig. 37 vediamo l’intera Etruria prima dell’inizio della civiltà etrusca e in fig. 38 il primo microcosmo, sviluppatosi intorno al 1900 a.C. Al centro del decumano massimo di questo primo microcosmo (decumano massimo che passa per Cosa, l’attuale Ansedonia, Pyrgi e Tuscania) all’incrocio col cardo (che passa per Tarquinia), potrebbe essere ubicato quel fanum Voltumnae a cui fanno riferimento molti storici ma del quale ancora non si conosce con certezza l’ubicazione. Questo darebbe ragione al Dempster che nomina Voltumno tra i primi re dell’Etruria, dopo Giano e Tiberino. Per quanto riguarda Giano è plausibile che questi sia intervenuto successivamente con il completamento dell’Etruria a nord, dove nomi di città sono dedicati a Giano, come Giano dell’Umbria, Torgiano, Corciano, Marsciano, ecc.; si tratta di zone della pars pòstica dell’Etruria e non di quella àntica nella quale è nato il microcosmo Etruria. Possiamo anche supporre che i nomi dei due fiumi Chiana e Chiani, posti a est della pars pòstica dell’Etruria prima dell’espansione fino al Tevere, facciano riferimento a Giano (e a Culsan) e che la stessa città di Chianciano, che contiene sia il termine Clanis che Giano, sintetizzi questo riferimento. Tutto ciò per concludere che Giano ha certamente lasciato tracce profonde nell’Etruria, ma che egli fosse o meno fondatore della civiltà etrusca che prevede l’aggregazione pacifica di popoli sulla base della corrispondenza celeste, è un’ipotesi difficile da sostenere: è piuttosto lecito ipotizzare che Giano possa essere l’artefice di quell’ampliamento ad est eseguito successivamente per estendere il macrocosmo fino alle sponde del Tevere e probabilmente anche oltre. Gli Etruschi, dedicando il loro principale santuario a Voltumno hanno voluto probabilmente riconoscere in lui il fondatore, ovvero il primo ideatore dell’aggregazione etrusca. E’ possibile che con Voltumno quindi abbia avuto inizio, intorno al 1900 a.C., quando Cassiopea ha completato il primo microcosmo al sud dell’Etruria con εCas, la civiltà etrusca. La presenza dei sei fiumi ci mostra che il primo stato etrusco è uno stato federale che unisce sei popoli diversi, ognuno dei quali raggruppava tribù etnicamente diverse che si sono avviate a diventare popoli: questi dati confermano l’ipotesi del Demster che inizialmente lo stato fosse costituito da sei popoli. Quanto sopra ci fa comprendere che è già chiara la concezione cosmologica che divide lo stato in una pars àntica costituita dai tre territori a sud (che saranno consacrati a Tin, delimitati da Treia, Arrone e Mignone) e dai tre territori della pars pòstica, delimitati dal Marta, dal Fiora e dall’Albegna (fig. 38). Centri importanti nascono lungo il decumano massimo e lungo il cardo, ma come abbiamo rilevato non è ancora noto il concetto di zodiaco. Ancora il principio di corrispondenza non è stato teorizzato in modo canonico, ma già i sei popoli iniziano a riunirsi per prendere decisioni comuni, e per nominare fra i singoli re colui che deve guidare la federazione in

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caso di necessità, e che definisce le porte di collegamento fra un singolo stato e gli altri, ovvero la posizione dei ponti per attraversare i fiumi che li separano: egli per questa funzione importante che, definendo i punti di contatto fra i singoli territori ne condizionava la politica estera, sarà chiamato pontefice massimo.

Fig. 39. Cielo del 1900 a.C. a 42°43’ latitudine nord, con εCas allo zenit

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A4. Dal 1900 al 1700 a.C.: dal completamento della parte àntica dell’Etruria a quello della parte pòstica con l’arrivo di εCas al nord dell’Etruria. In questo periodo, dal 1900 a.C. al 1700 a.C., sarebbe avvenuta l’espansione a nord del macrocosmo etrusco, corrispondente all’estensione di Cassiopea su tutto il territorio dell’Etruria; il

Il decumano massimo termina a Populonia ad ovest e a Chiusi ad est. Il cardo passa per l’etrusca Roselle. La porta dell’Etruria è ancora unica ed è situata presso Chiusi, dove il Chiana verso nord e il Clanis verso sud lasciano libero uno spazio di accesso.

A P

B

A’ B’

O

Fig. 41.Il macrocosmo Etruria si estende verso nord fino al fiume Arno dal 1900 a.C. al 1700 a.C., con la presenza nel cielo dell’Etruria della seconda stella di Cassiopea, quella che è al centro della costellazione e che gli Etruschi chiamavano CATHA. L’ampliamento sarebbe stato effettuato dai re etruschi Ercole e Tusco (HERC e TLUSCV). Il nuovo decumano massimo si trova nella pars pòstica ed il cardo corrispondente passa per Porto Ercole. Curioso riscontrare che Porto Ercole si trova in una posizione sacra rispetto al decumano massimo, in quanto, essendo l’angolo OPB’=OPA’≈42°30’, è uguale all’altezza del polo nel punto P è come se da quel punto fosse fondato il territorio

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nuovo stato è delimitato dal Tirreno ad ovest, dal Tevere a sud e sud-est, dal Chiani e dal Chiana ad est e dall’Arno al nord. In questo periodo si accresce il macrocosmo etrusco conglobando nella confederazione popoli e tribù situate più a nord, come gli Umbri e i Celti. Un personaggio importante di questo periodo della storia etrusca, è Ercole, che il Ciatti annovera fra i re etruschi, e che con il suo cognome lidico di Arno avrebbe dato nome a parte della Toscana e dell’Umbria (il fiume Arno a nord e il territorio di Arna ad est del fiume Tevere); il figlio di Ercole, Tusco, avrebbe dato il suo nome al territorio della Tuscia, che in quel periodo giunge fino all’Arno a nord; il Ciatti fa risalire il regno di Tusco al 1680 a.C., il che corrisponde alla nostra ipotesi, essendo completato il macrocosmo nel 1700 a.C. Se osserviamo la pianta dell’Etruria in questo periodo, dall’Arno al Tevere, notiamo che il suo decumano massimo presenta il cardo che passa per Porto S. Ercole, il che conferma che possano essere Ercole e il figlio Tusco veramente i personaggi che avrebbero completato il macrocosmo dell’Etruria (vedi fig. 41). Se poi sia una coincidenza o meno il fatto che da Porto Ercole l’angolo OPA sia pari alla latitudine del posto, o se preferiamo all’altezza del polo, avvalora ancora di più l’ipotesi che sia Ercole il fondatore della Tuscia. Di Ercole ci riferisce Strabone (L. 5, p. 251) a proposito della Sardegna, informandoci che al tempo di Ercole sbarcò anche Jolao con i figli di Ercole e vi trovò gli abitatori toscani. Altri autori come il Guarnacci fanno risalire la presenza di Ercole al tempo dei Glauconi, popolo errabondo presente presso gli Etruschi prima della venuta di Enea; Guarnacci cita Ateneo (L. 10, C.11) che racconta della voracità di Ercole e della sua competizione con Lepreo e cita Plutarco che racconta che Ercole in Italia giocò anche ai dadi. In fig. 42 vediamo nel 1700 a.C. l’arrivo di εCas, la prima di Cassiopea, al nord dell’Etruria ed il completamento del macrocosmo Etruria.

Fig. 42. Cielo del 1700 a.C. a 43°45’ latitudine nord. La prima di Cassiopea, εCas, giungendo a nord completa la presenza di Cassiopea su tutta l’Etruria (nel riquadro è riportato il dettaglio che evidenzia la posizione di εCas allo zenit).

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Potrebbe quindi essere effettivamente accaduto che dal 1900 a.C. al 1700 a.C., all’ampliamento a nord dell’Etruria abbiano contribuito Ercole (il cui nome HERC si trova al centro del fegato aruspicino), e Tusco (il cui nome TLUSCV si trova a nord del fegato aruspicino). Si tratta di accrescimento e di messa a punto di un sistema di aggregazione dei popoli basato su un principio, quello di corrispondenza, tramandato dagli Etruschi fondatori, che sarà a breve arricchito e teorizzato dalle rivelazioni di Tagete e della ninfa Vegoia. La fondazione di Tarquinia La città di Tarquinia ha la forma di un animale, probabilmente un cane, posto in direzione est-ovest e rivolto verso ovest.

Importante è riscontrare che il decumano massimo della parte àntica (e il decumano dividente molto prossimo ad esso) presentano in mezzeria l’Ara della Regina, il grande tempio di Tarquinia, ed in particolare il pozzo situato nell’angolo nord-est del recinto del tempio.

W d1=dmax

C1

d3

C2=C3

d2

Fig. 43. Pianta della città di Tarquinia che mette in risalto la sua forma zoomorfa: essa richiama la figura di un cane. Nel punto di mezzo del decumanus maximus della pars antica della città (d3) si trova la fontana dell’Ara della Regina.

Fig. 44. Vista sull’Ara della Regina. In rosso sono riportati il cardo c3 e il decumano d3 della fig. II4a-1.

d c3

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Se analizziamo la posizione del pozzo sacro e quella della prima fase costruttiva del tempio, poi ampliato in direzione est e li confrontiamo con la parte del cielo più sacra, ovvero il polo celeste e una parte della costellazione più vicina, il carro dell’Orsa Minore, esiste solo un periodo in cui le parti si somigliano ed è quello del 1800 a.C. Se gli aruspici che hanno progettato il tempio avessero voluto riprodurre questa parte sacra del cielo, ciò sarebbe avvenuto nel 1800 a.C. Questa ipotesi di costruzione del santuario delle città etrusche, che ci consente di pervenire alla sua datazione, sarà riscontrato, in modo più preciso, nella città di Perugia, nella quale il tempio ha avuto minori ampliamenti rispetto all’Ara della Regina.

Fig. 45. Pianta dell’Ara della Regina: il tempio è esposto ad est, la fontana è posta a NE, ai piedi di una collinetta nella quale dovrebbero trovarsi i drenaggi che la alimentavano. Si notano nella pars àntica del tempio 16 gradini, lo stesso numero delle costellazioni dello zodiaco etrusco (lo stesso numero di gradini è nel tempio del Belvedere di Orvieto).

N

d3

c3

Fontana sacra