I laghi italiani e il problema...

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NOV DIC. GEN. FEB MAR. APR. MAG GIU LUG. AGO. SET. Andamento delle misure di trasparenza effettuate con il disco di Secchi sul lago d'Iseo in due diver- si cicli annuali: dalla fine del 1971 alla fine del 1972 (linea in colore) e nel corrispondente periodo del 1976-77 (linea in grigio). Risulta evidente la netta riduzione di trasparenza che si è avuta nel giro di cinque anni, così come l'andamento stagionale simile riscontrabile dalle due curve. o 2 4 6 8 10 12 Esperimento 6.0 Risultamento delle esperienze eseguite nei giorni 24 e 26 Maggio 1865 con tre piatti di metri 0,43 di diametro, uno di porcellana bianco, l'altro di tela verniciato bianco, ed il terzo di tela verniciato color fango di mare. Data ,3 5. Profondità alla Posizione c., Profondità Stato Forza e Condizione Altezza Posizione Qualità quale si sono del Bastimento -9, ' ,.:' , e qualità del fondo del Mare direzione del vento del Cielo del Sole dell' esperimento e colore del piatto perduti di vi- sta metri Giorno ora h o 24 Maggio 11. 21 A.M. Si rileva il 7 Metri 120 Leggier- Piacevole Velato sot- 66 42' All'ombra Porcellana bianco 31 » 11. 37 » faro di Ci- » mente da Ovest tilmente 67 49 » Tela bianco 29 » 11. 42 » vitavecchia » a incre— 68 7 a Tela f.° di mare 21 » 11. 50 » per N. E » a spalo 68 24 Al sole Porcellana bianco 36 » 11. 54 » 1/4 E. » » 68 27 » Tela bianco 32 » 12. 00 » » a 68 32 » L Tela ' di mare 24 26 Maggio 11. 45 » A SO del 8 Metri 130 Agitalo Steso da Chiaro 68 27 Al sole Porcellana bianco 35 11. 47 » faro di Ci- » a da Sud SE 68 34 a Tela bianco 31 » 11. 49 » vitavecelda » a 68 41 a Tela i.° di mare 20 a 12. 00 » » a 68 55 All'ombra Porcellana bianco 29 a 12. 05 » » a 68 55 a Tela bianco 26 a 12. 10 » » a 68 54 » Tela f.° di mare 19 Il disco ancora oggi usato nella ricerca limnologica e oceanografica per valutare la trasparenza dell'acqua fu ideato da A. Secchi nel 1865. La tabella, compilata da Secchi, confronta la visibilità di tre diversi tipi di disco. Colore e diametro del disco sono oggi standardizzati. sospensione nelle zone dove si ha una certa turbolenza, cioè vicino alle coste e particolarmente in corrispondenza del- l'immissione di corsi d'acqua; possiamo invece considerarlo presente in quantità trascurabile, rispetto al particellato bio- logico, a una certa distanza dalla costa. Allora, in tali zone, la componente che maggiormente contribuisce a determina- re la torbidità è quella relativa al planc- ton; e questo è soprattutto rappresentato dal fitoplancton, cioè da alghe unicellulari vaganti liberamente nell'acqua; lo zoo- plancton è presente in quantità general- mente molto inferiori. Le profondità alle quali il disco è visibile sono quindi con- nesse abbastanza strettamente alla consi- stenza dei popolamenti fitoplanctonici. Così, d'estate, quando le condizioni di luce e di temperatura sono quelle ottimali per lo sviluppo del fitoplancton, la traspa- renza dell'acqua sarà più bassa di quella riscontrata durante l'inverno. Si può costruire un grafico che rap- presenta l'andamento della trasparenza delle acque riportando sull'asse orizzon- tale l'epoca dei rilevamenti e sull'asse verticale la profondità di scomparsa del disco. Un ciclo annuale di misure evi- denzierà allora un andamento sinusoida- le, con profondità di scomparsa massime attorno ai mesi di gennaio-febbraio e minime in piena estate. Letture del disco di Secchi sono state effettuate in due distinte campagne lim- nologiche sul lago d'Iseo da parte di ricer- catori dell'Istituto di botanica dell'Uni- versità di Padova. A distanza di cinque anni dal precedente, nel secondo ciclo di ricerche si è rilevata una netta diminuzio- ne della trasparenza delle acque: più o meno, di due metri nel periodo invernale e di uno in quello estivo. Dal punto di vista estetico, quindi, il lago è andato in- contro a un peggioramento. Se questo aspetto non va sottovalutato, ci sono tut- tavia altri fenomeni correlati che richie- dono attenzione. Possiamo supporre, per quanto detto prima, che la causa principale di questa diminuzione di trasparenza sia stato l'aumento del fitoplancton; andiamo allo- ra a verificare se nel nostro lago esiste questa connessione. Bisogna però prima stabilire come valutare la consistenza dei popolamenti fitoplanctonici. Pur esisten- do diverse possibilità, direi che il metodo principe è l'osservazione microscopica. Il fitoplancton contenuto in una certa quan- tità d'acqua viene valutato sia qualitati- vamente (la composizione tassonomica viene determinata fino alla specie o, ra- ramente, si ferma al genere) sia quantita- tivamente (cioè, viene determinato il numero di individui fitoplanctonici pre- senti in quella quantità d'acqua, ossia la loro concentrazione). Il conteggio e la classificazione al mi- croscopio ci danno una serie di informa- zioni molto dettagliate sulla struttura e la consistenza della comunità fitoplanctoni- ca. Spesso però si preferisce avere un dato che, a scapito della completezza dell'in- formazione, dia una visione immediata e sintetica di questa entità. Ci basta cioè sapere la quantità di materiale algale pre- sente in una certa massa d'acqua: è necessa- rio quindi adottare un parametro che per- metta di esprimere il volume algale com- plessivo entro un certo volume d'acqua. Una tale misura si chiama «biomassa»; qualcuno la chiama, più correttamente, «biovolume», ma visto che, in prima ap- prossimazione, possiamo considerare il peso specifico del fitoplancton uguale a uno, i due termini possono coesistere pa- cificamente. Non è difficile ottenere una stima del- la biomassa dal conteggio microscopico descritto sopra. Valutato il volume medio di un singolo organismo di una certa spe- cie, si moltiplica tale volume per il nume- ro di organismi conteggiati: si ha così la biomassa di quella specie. Si procede ana- logamente per tutte le altre specie rinve- nute, e alla fine la somma dei vari risultati parziali ci dà il valore complessivo della biomassa fitoplanctonica. Se concettualmente questo metodo è elementare, si comprende che la sua ap- plicazione è lunga e noiosa. C'è allora bisogno di un sistema più rapido che rie- sca a sintetizzare in un solo dato la quanti- tà di fitoplancton presente in un certo volume d'acqua. Bisogna insomma trova- re un elemento unificante, del quale ogni specie fitoplanctonica sia dotata, e che sia misurabile (osserviamo, per inciso, che a questi requisiti rispondeva, nel metodo precedente, il volume). Il processo che qualifica i vegetali è la funzione fotosintetica, connessa alla pre- senza di clorofilla: proprio quest'ultima può essere l'elemento unificante cercato per il fitoplancton. Più precisamente, prendiamo in considerazione il contenuto in clorofilla a, che è il solo pigmento foto- sintetico posseduto contemporaneamen- te da tutte le specie di fitoplancton. Un sistema largamente usato per dosare la clorofilla è basato sulla filtrazione di una determinata quantità d'acqua, trattenen- do il fitoplancton. Dal materiale vegetale rimasto sul filtro si estrae, con un solvente (metanolo o acetone) e secondo partico- lari procedimenti, la clorofilla, la cui con- centrazione viene poi valutata con tecni- che spettrofotometriche. A questo punto si hanno valori espres- si, per esempio, in milligrammi di clorofil- la a per metro cubo d'acqua. Questo dato è una valutazione indiretta della biomassa e costituisce un buon indice dell'entità dei popolamenti fitoplanctonici. Nel lago d'I- seo si è avuto, nell'arco di cinque anni, un notevole aumento della biomassa algale espressa come clorofilla a, e ciò è in ac- cordo con la diminuzione della trasparen- za delle acque evidenziata con il disco di Secchi. L'aumento della clorofilla a (e quindi della biomassa algale) e la diminu- zione della trasparenza non sono buoni sintomi dello «stato di salute» di un ecosi- stema lacustre; costituiscono, infatti, due degli indici maggiormente usati dai limno- logi per fare la diagnosi di «processo di eutrofizzazione in atto». L'eutrofizzazione ha, come primo signi- ficato, quello di «arricchimento in nu- trienti», cioè in sostanze indispensabili per la crescita delle piante. Questo arric- chimento provoca, nelle acque di un lago, un rigoglioso sviluppo del fitoplancton / I più semplice strumento che si usa nello studio scientifico delle acque interne (indagini limnologiche) è un disco bianco del diametro di 20 centime- tri. Esso viene calato nell'acqua con una fune fino a che un osservatore posto sulla verticale non riesce più a distinguerlo. La profondità di scomparsa del disco è una misura della trasparenza dell'acqua: il massimo valore nei laghi è attorno ai qua- ranta metri ed è stato osservato in due bacini, uno in Giappone e l'altro nell'A- merica settentrionale. Fu l'astronomo A. Secchi a ideare lo I laghi italiani e il problema dell'eutrofizzazione Particolari sostanze chimiche, che vengono immesse nei bacini lacustri da molteplici attività umane, provocano forti modificazioni a carico delle comunità biologiche che normalmente popolano questi ecosistemi di Paolo Cordella strumento e a effettuare le prime osserva- zioni, nel 1865, nel Tirreno, al largo di Civitavecchia. Il resoconto delle osserva- zioni venne pubblicato l'anno successivo in un trattato di A. Cialdi sul moto ondoso e le correnti marine. Da allora, le misure della trasparenza dell'acqua per ricerche oceanografiche e limnologiche vengono effettuate con quello che ormai viene comunemente chiamato «disco di Sec- chi». E pur disponendo ora di sofisticati fotometri subacquei, la sua semplicità d'uso e la comprensibilità del dato ricava- bile lo rendono ancora attuale. Il disco di Secchi scompare alla vista quando la torbidità della massa d'acqua sovrastante assorbe la luce da esso riflessa in misura tale che non lo si riesce più a distinguere dall'acqua circostante. Le particelle in sospensione che determina- no questa torbidità possono essere mine- rali (limo, argilla) o piccoli organismi: plancton vegetale e animale. Mentre il plancton ha particolari meccanismi che regolano il suo spostamento verticale nel- l'acqua, il materiale particellato minerale tende, dato il suo peso specifico, a sedi- mentare; viene tenuto più facilmente in 24 25

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NOV

DIC. GEN. FEB

MAR. APR. MAG

GIU

LUG. AGO. SET.

Andamento delle misure di trasparenza effettuate con il disco di Secchi sul lago d'Iseo in due diver-si cicli annuali: dalla fine del 1971 alla fine del 1972 (linea in colore) e nel corrispondente periododel 1976-77 (linea in grigio). Risulta evidente la netta riduzione di trasparenza che si è avuta nelgiro di cinque anni, così come l'andamento stagionale simile riscontrabile dalle due curve.

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Esperimento 6.0

Risultamento delle esperienze eseguite nei giorni 24 e 26 Maggio 1865 con tre piatti dimetri 0,43 di diametro, uno di porcellana bianco, l'altro di tela verniciato bianco, edil terzo di tela verniciato color fango di mare.

Data ,3 5. Profondità allaPosizione 'à c., Profondità Stato Forza e Condizione Altezza Posizione Qualità quale si sono

delBastimento

-9,',.:',

e qualitàdel fondo

delMare

direzionedel vento

del Cielo delSole

dell'esperimento

e colore del piatto perduti di vi-sta metriGiorno ora

h o24 Maggio 11. 21 A.M. Si rileva il 7 Metri 120 Leggier- Piacevole Velato sot- 66 42' All'ombra Porcellana bianco 31

» 11. 37 » faro di Ci- » mente da Ovest tilmente 67 49 » Tela bianco 29» 11. 42 » vitavecchia » a incre— 68 7 a Tela f.° di mare 21» 11. 50 » per N. E » a spalo 68 24 Al sole Porcellana bianco 36» 11. 54 » 1/4 E. » » 68 27 » Tela bianco 32» 12. 00 » » a 68 32 » LTela ' di mare 24

26 Maggio 11. 45 » A SO del 8 Metri 130 Agitalo Steso da Chiaro 68 27 Al sole Porcellana bianco 3511. 47 » faro di Ci- » a da Sud SE 68 34 a Tela bianco 31

» 11. 49 » vitavecelda » a 68 41 a Tela i.° di mare 20a 12. 00 » » a 68 55 All'ombra Porcellana bianco 29a 12. 05 » » a 68 55 a Tela bianco 26a 12. 10 » » a 68 54 » Tela f.° di mare 19

Il disco ancora oggi usato nella ricerca limnologica e oceanografica pervalutare la trasparenza dell'acqua fu ideato da A. Secchi nel 1865.

La tabella, compilata da Secchi, confronta la visibilità di tre diversitipi di disco. Colore e diametro del disco sono oggi standardizzati.

sospensione nelle zone dove si ha unacerta turbolenza, cioè vicino alle coste eparticolarmente in corrispondenza del-l'immissione di corsi d'acqua; possiamoinvece considerarlo presente in quantitàtrascurabile, rispetto al particellato bio-logico, a una certa distanza dalla costa.

Allora, in tali zone, la componente chemaggiormente contribuisce a determina-re la torbidità è quella relativa al planc-ton; e questo è soprattutto rappresentatodal fitoplancton, cioè da alghe unicellularivaganti liberamente nell'acqua; lo zoo-plancton è presente in quantità general-mente molto inferiori. Le profondità allequali il disco è visibile sono quindi con-nesse abbastanza strettamente alla consi-stenza dei popolamenti fitoplanctonici.Così, d'estate, quando le condizioni diluce e di temperatura sono quelle ottimaliper lo sviluppo del fitoplancton, la traspa-renza dell'acqua sarà più bassa di quellariscontrata durante l'inverno.

Si può costruire un grafico che rap-presenta l'andamento della trasparenzadelle acque riportando sull'asse orizzon-tale l'epoca dei rilevamenti e sull'asseverticale la profondità di scomparsa deldisco. Un ciclo annuale di misure evi-denzierà allora un andamento sinusoida-le, con profondità di scomparsa massimeattorno ai mesi di gennaio-febbraio eminime in piena estate.

Letture del disco di Secchi sono stateeffettuate in due distinte campagne lim-nologiche sul lago d'Iseo da parte di ricer-catori dell'Istituto di botanica dell'Uni-versità di Padova. A distanza di cinqueanni dal precedente, nel secondo ciclo diricerche si è rilevata una netta diminuzio-ne della trasparenza delle acque: più omeno, di due metri nel periodo invernalee di uno in quello estivo. Dal punto divista estetico, quindi, il lago è andato in-contro a un peggioramento. Se questoaspetto non va sottovalutato, ci sono tut-tavia altri fenomeni correlati che richie-dono attenzione.

Possiamo supporre, per quanto dettoprima, che la causa principale di questadiminuzione di trasparenza sia statol'aumento del fitoplancton; andiamo allo-ra a verificare se nel nostro lago esistequesta connessione. Bisogna però primastabilire come valutare la consistenza deipopolamenti fitoplanctonici. Pur esisten-do diverse possibilità, direi che il metodoprincipe è l'osservazione microscopica. Ilfitoplancton contenuto in una certa quan-tità d'acqua viene valutato sia qualitati-vamente (la composizione tassonomicaviene determinata fino alla specie o, ra-ramente, si ferma al genere) sia quantita-tivamente (cioè, viene determinato ilnumero di individui fitoplanctonici pre-senti in quella quantità d'acqua, ossia laloro concentrazione).

Il conteggio e la classificazione al mi-croscopio ci danno una serie di informa-zioni molto dettagliate sulla struttura e laconsistenza della comunità fitoplanctoni-ca. Spesso però si preferisce avere un datoche, a scapito della completezza dell'in-formazione, dia una visione immediata esintetica di questa entità. Ci basta cioè

sapere la quantità di materiale algale pre-sente in una certa massa d'acqua: è necessa-rio quindi adottare un parametro che per-metta di esprimere il volume algale com-plessivo entro un certo volume d'acqua.Una tale misura si chiama «biomassa»;qualcuno la chiama, più correttamente,«biovolume», ma visto che, in prima ap-prossimazione, possiamo considerare ilpeso specifico del fitoplancton uguale auno, i due termini possono coesistere pa-cificamente.

Non è difficile ottenere una stima del-la biomassa dal conteggio microscopicodescritto sopra. Valutato il volume mediodi un singolo organismo di una certa spe-cie, si moltiplica tale volume per il nume-ro di organismi conteggiati: si ha così labiomassa di quella specie. Si procede ana-logamente per tutte le altre specie rinve-nute, e alla fine la somma dei vari risultatiparziali ci dà il valore complessivo dellabiomassa fitoplanctonica.

Se concettualmente questo metodo èelementare, si comprende che la sua ap-plicazione è lunga e noiosa. C'è allorabisogno di un sistema più rapido che rie-sca a sintetizzare in un solo dato la quanti-tà di fitoplancton presente in un certovolume d'acqua. Bisogna insomma trova-re un elemento unificante, del quale ognispecie fitoplanctonica sia dotata, e che siamisurabile (osserviamo, per inciso, che aquesti requisiti rispondeva, nel metodoprecedente, il volume).

Il processo che qualifica i vegetali è lafunzione fotosintetica, connessa alla pre-senza di clorofilla: proprio quest'ultimapuò essere l'elemento unificante cercato

per il fitoplancton. Più precisamente,prendiamo in considerazione il contenutoin clorofilla a, che è il solo pigmento foto-sintetico posseduto contemporaneamen-te da tutte le specie di fitoplancton. Unsistema largamente usato per dosare laclorofilla è basato sulla filtrazione di unadeterminata quantità d'acqua, trattenen-do il fitoplancton. Dal materiale vegetalerimasto sul filtro si estrae, con un solvente(metanolo o acetone) e secondo partico-lari procedimenti, la clorofilla, la cui con-centrazione viene poi valutata con tecni-che spettrofotometriche.

A questo punto si hanno valori espres-si, per esempio, in milligrammi di clorofil-la a per metro cubo d'acqua. Questo datoè una valutazione indiretta della biomassae costituisce un buon indice dell'entità deipopolamenti fitoplanctonici. Nel lago d'I-seo si è avuto, nell'arco di cinque anni, unnotevole aumento della biomassa algaleespressa come clorofilla a, e ciò è in ac-cordo con la diminuzione della trasparen-za delle acque evidenziata con il disco diSecchi. L'aumento della clorofilla a (equindi della biomassa algale) e la diminu-zione della trasparenza non sono buonisintomi dello «stato di salute» di un ecosi-stema lacustre; costituiscono, infatti, duedegli indici maggiormente usati dai limno-logi per fare la diagnosi di «processo dieutrofizzazione in atto».

L'eutrofizzazione ha, come primo signi-ficato, quello di «arricchimento in nu-trienti», cioè in sostanze indispensabiliper la crescita delle piante. Questo arric-chimento provoca, nelle acque di un lago,un rigoglioso sviluppo del fitoplancton

/

I più semplice strumento che si usanello studio scientifico delle acqueinterne (indagini limnologiche) è un

disco bianco del diametro di 20 centime-tri. Esso viene calato nell'acqua con unafune fino a che un osservatore posto sullaverticale non riesce più a distinguerlo. Laprofondità di scomparsa del disco è unamisura della trasparenza dell'acqua: ilmassimo valore nei laghi è attorno ai qua-ranta metri ed è stato osservato in duebacini, uno in Giappone e l'altro nell'A-merica settentrionale.

Fu l'astronomo A. Secchi a ideare lo

I laghi italiani eil problema dell'eutrofizzazioneParticolari sostanze chimiche, che vengono immesse nei bacini lacustrida molteplici attività umane, provocano forti modificazioni a caricodelle comunità biologiche che normalmente popolano questi ecosistemi

di Paolo Cordella

strumento e a effettuare le prime osserva-zioni, nel 1865, nel Tirreno, al largo diCivitavecchia. Il resoconto delle osserva-zioni venne pubblicato l'anno successivoin un trattato di A. Cialdi sul moto ondosoe le correnti marine. Da allora, le misuredella trasparenza dell'acqua per ricercheoceanografiche e limnologiche vengonoeffettuate con quello che ormai vienecomunemente chiamato «disco di Sec-chi». E pur disponendo ora di sofisticatifotometri subacquei, la sua semplicitàd'uso e la comprensibilità del dato ricava-bile lo rendono ancora attuale.

Il disco di Secchi scompare alla vistaquando la torbidità della massa d'acquasovrastante assorbe la luce da esso riflessain misura tale che non lo si riesce più adistinguere dall'acqua circostante. Leparticelle in sospensione che determina-no questa torbidità possono essere mine-rali (limo, argilla) o piccoli organismi:plancton vegetale e animale. Mentre ilplancton ha particolari meccanismi cheregolano il suo spostamento verticale nel-l'acqua, il materiale particellato mineraletende, dato il suo peso specifico, a sedi-mentare; viene tenuto più facilmente in

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o 0,25 0,50 1 2 4

8

CLOROFILLA a (MILLIGRAMMI PER METRO CUBO)

Relazione tra la trasparenza dell'acqua (espressa come visibilità del disco di Secchi) e le corri-spondenti concentrazioni della clorofilla a. Le scale logaritmiche sono state costruite utilizzandoi dati raccolti nella primavera del 1972 (pallini neri) e in quella del 1977 (pallini in colore).

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EPILIMNIO

5

10METALIMNIO

(ZONA DEL TERMOCLINIO)

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IPOLIMNIO

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150

250

1 6 10 14 18 22 26

TEMPERATURA (GRADI CENTIGRADI)

Distribuzione della temperatura dell'acqua in funzione della profondità nel lago di Iseo. La li-nea verticale a sinistra rappresenta la situazione di isotermia che è stata rilevata nel mese difebbraio del 1977. La linea in colore mostra la stratificazione termica avutasi nel mese di lugliodello stesso anno. Si possono notare la discontinuità e la variazione della scala delle profondità.

GEN. FEB. MAR. APR. MAG. GIU. LUG. AGO, SET. OTT.

Quantità di ossigeno disciolto nelle acque del lago di Iseo, alla profondità di 150 metri, nei primi diecimesi del 1972 (linea in colore) e nello stesso periodo del 1977 (linea in grigio). La dimi-nuzione di ossigeno nelle acque profonde costituisce un indice di livello di trofia di un bacino.Il rialzo dei valori che si nota nelle due curve in corrispondenza del mese di aprile è dovuto a unrifornimento di ossigeno conseguente al rimescolamento delle acque, avvenuto a fine inverno.

12

10

8

6

4

2

conseguenze che ne derivano: l'aumentodella biomassa vegetale e animale, inprimo luogo, e molti altri effetti che ve-dremo in seguito.

Sembra opportuno, prima di prosegui-

n-.2 re, fissare qualche idea sui meccani-smi che regolano il funzionamento del-l'ecosistema lacustre; lo faremo riferen-doci a laghi delle nostre latitudini e diuna certa profondità: quel tipo di bacini,insomma, di cui il lago d'Iseo è un tipicoesempio.

Prendiamo schematicamente in esame,per prima cosa, le vicende termiche delleacque. La radiazione solare ne riscalda glistrati superficiali; questi, per l'innalza-mento di temperatura, raggiungono unadensità inferiore a quella degli strati sot-tostanti più freddi, e, per così dire, galleg-giano sopra di essi. Tra la zona più calda esuperficiale (epilimnio) e quella più pro-fonda e fredda (ipolimnio) si ha una zonadi transizione, con pronunciato gradientetermico rispetto alla profondità, dettatermoclinio, che si comporta come unasorta di barriera tra i due strati. Questa èla tipica situazione estiva. Nel periodoinvernale, il lago cede gradualmente ilcalore accumulato; verso la fine dell'in-verno, può arrivare a una situazione diisotermia: uguale temperatura dell'acquaa tutte le profondità. In questo caso, nonesistono differenze di densità nella massaidrica, che, per effetto del vento, può ve-nire rimescolata fino ad arrivare a unacompleta omogeneizzazione: le concen-trazioni dei soluti e delle particelle in so-spensione in essa contenuti risulterannocosì uguali dalla superficie al fondo.

Naturalmente, il lavoro richiesto per ilcompleto rimescolamento delle acqueaujnenta con l'aumentare della profondi-tà dei laghi: nei nostri grandi laghi subal-pini si raggiunge la completa circolazionedelle acque solo negli inverni particolar-mente rigidi e ventosi. Negli altri anni, ilrimescolamento si limita agli strati supe-riori e le acque di fondo non partecipanoall'omogeneizzazione.

L'energia solare che arriva al lago con-diziona inoltre il processo fotosinteticodel fitoplancton. La radiazione luminosa,penetrando nell'acqua, va via via atte-nuandosi; oltre una certa profondità, nonconsente più l'attività fotosintetica. Que-sta profondità viene generalmente consi-derata quella alla quale si ha la centesimaparte della radiazione luminosa presentealla superficie. Si è osservato che lo stratocosì definito ha uno spessore approssima-tivamente pari a due-tre volte la profon-dità di visibilità del disco di Secchi. Laproduzione primaria di materiale organi-co, determinata dall'attività fotosinteticadel fitoplancton, si ha dunque solo in que-sta zona, che viene detta eufotica (cioèbene illuminata). Al di sotto, dove la lucenon è sufficiente per la fotosintesi algale,si ha la zona afotica.

La presenza di ossigeno disciolto nelleacque è dovuta alla liberazione di ossige-no fotosintetico da parte dei vegetali e ascambi gassosi con l'atmosfera. Entrambiquesti fenomeni sono limitati agli strati

superficiali: il primo avviene nella zonaeufotica, il secondo si ha in corrisponden-za dell'interfaccia aria-acqua. La distri-buzione dell'ossigeno agli altri livelli diprofondità è affidata al trasporto del gascon la circolazione delle acque. Abbiamovisto che questa è limitata all'epilimnio inpresenza di stratificazione termica e arri-va alla sua massima estensione verso lafine dell'inverno, in condizioni di isoter-mia. Possiamo invece considerare trascu-rabile un'altra modalità di distribuzionedell'ossigeno, la diffusione, data la sualimitatissima velocità. La sottrazione dal-le acque dell'ossigeno disciolto è dovuta aprocessi respiratori e ossidativi per mezzodei quali gli organismi che vivono nel lago- pesci, zooplancton, animali bentonici(cioè viventi sul fondo), batteri, oltre na-turalmente al fitoplancton - ricavano l'e-nergia per le loro funzioni vitali demolen-do materia organica.

IIntroducendo ora una forte approssima-zione, consideriamo che in estate stra-

to eufoticc ed epilimnio coincidano. Inquesta zona il processo prevalente sarà laproduzione primaria fitoplanctonica, consviluppo di ossigeno; nella zona sotto-stante si avrà invece solo respirazione,con consumo di tale gas. In questo perio-do non sono possibili rifornimenti di ossi-geno agli strati inferiori, perché la presen-za del gradiente di densità in corrispon-denza del termoclinio impedisce la circo-lazione delle acque e il conseguente tra-sporto del gas disciolto. Il consumo diossigeno nella zona ipolimnica sarà pro-porzionale alla quantità di biomassa vege-tale (cioè di fitoplancton che ha conclusoil suo ciclo vitale e tende a sedimentare)che, «piovendo» dagli strati superiori,viene qui utilizzata, direttamente o indi-rettamente, in processi respiratori e ossi-dativi. Naturalmente, un contributo aquesta pioggia di materiale organico èdato anche da spoglie animali (soprattut-to zooplancton).

L'ossigeno consumato negli strati pro-fondi dovrebbe essere rimpiazzato neimesi tardo-invernali, quando il vento for-nisce l'energia necessaria alla messa incircolazione della massa d'acqua aventein quel periodo temperatura e densitàuniformi. Ma nel caso in cui, a causa ditemperature non abbastanza basse o perinsufficiente azione del vento, l'acquanon circoli fino al fondo, o circoli per untempo insufficiente a un adeguato rifor-nimento di ossigeno, il contenuto di que-st'ultimo non viene riportato ai livelli pre-cedenti. In questo caso, anno dopo anno,l'ossigenazione degli strati profondi di-minuisce; e si può anche arrivare a unacompleta scomparsa del gas. In tali condi-zioni, la decomposizione del materialeorganico proveniente dagli strati superio-ri si svolge mediante l'intervento di mi-crorganismi anaerobi e porta allo svilup-po di composti non desiderabili, qualiammoniaca, metano e idrogeno solforato.

La diminuzione del tenore in ossigenoverso il fondo del lago è quindi un ulterio-re campanello di allarme, un indice dicrescente eutrofizzazione delle acque e

del progressivo peggioramento della loroqualità. Anche per il lago d'Iseo questoallarme è suonato: confrontando i datirelativi alle due campagne limnologiche,distanziate di cinque anni, si è evidenziatoun notevole calo dell'ossigeno discioltonegli strati profondi.

Part en do da osservazioni sulla traspa-renza dell'acqua, abbiamo visto come

essa sia influenzata dall'entità dei popo-lamenti fitoplanctonici; si è poi stabilitauna connessione tra quest'ultima e il con-sumo dell'ossigeno disciolto nelle acqueprofonde. Alte quantità di biomassa alga-le e bassi valori di trasparenza e di conte-nuto in ossigeno disciolto nelle acque pro-fonde sono, si è detto, indici di eutrofizza-zione; abbiamo anche accennato alla cau-sa che dà l'avvio a questo processo: unagrossa disponibilità di sostanze necessarieallo sviluppo del fitoplancton, i nutrienti.

Ma gli effetti del processo innescato dauna eccessiva «fertilizzazione» dell'acqualacustre non si fermano a quelli, peraltropreoccupanti, finora elencati. Per quantoriguarda il fitoplancton, va messo in evi-

denza, oltre all'aumento della biomassacomplessiva, anche il cambiamento ditipo delle alghe. Si hanno, quando il pro-cesso è avanzato, massicce fioriture dicianoficee (alghe azzurre) che tendono asoppiantare gli altri raggruppamenti alga-li. Le alghe azzurre sono poco desiderabiliper la capacità di alcune di esse di produr-re sostanze tossiche, e anche per una loropeculiare caratteristica: il fatto di essereazoto-fissatrici, di potere cioè sfruttareper il proprio metabolismo l'azoto atmo-sferico. L'importanza di questo verràmessa in evidenza più avanti trattando ilproblema dei fattori limitanti lo sviluppodelle alghe planctoniche.

Il cambiamento, in qualità e quantità,di questi abitatori lacustri provoca modi-ficazioni anche nelle comunità biologichedei livelli superiori nella piramide energe-tica dell'ecosistema; in particolare, si haun cambiamento nelle specie ittiche, chepassano da quelle più pregiate ed esigentiin termini di purezza dell'acqua a speciepiù resistenti, ma di qualità inferiore. Intermini più semplici, partendo da una si-tuazione di acque pulite e poco produtti-

(tralasciamo, in questo contesto, le ma-crofite litorali); l'aumentata produzionevegetale si ripercuote su tutti i livelli suc-cessivi della catena alimentare, determi-nando un incremento nella biomassacomplessiva degli altri organismi, com-presi i pesci. In altre parole, l'eutrofizza-zione fa sì che un lago oligotrofico, cioè

scarsamente rifornito di nutrienti, conproduzione biologica limitata e acque tra-sparenti, cambi le sue caratteristiche arri-vando a una alta produzione e a un intor-bidamento delle acque.

Ora è invalso l'uso di intendere, pereutrofizzazione, non tanto l'aumentatoafflusso di nutrienti, quanto piuttosto le

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ve, caratterizzate da popolamenti a sal-monidi (ad esempio trota), si tende, conl'aumento della trofia del lago, ad avereacque più torbide, con aumentata produ-zione biologica e comunità ittiche domi-nate da ciprinidi (ad esempio scardola).

L'eutrofizzazione comporta insommauna serie di fenomeni strettamente colle-gati fra loro che portano, una volta che ilprocesso è stato innescato, a una evidentedegradazione dell'ambiente lacustre, to-gliendo all'acqua gran parte delle possibi-lità di utilizzazione a scopo ricreativo,industriale, agricolo, e creando forti pro-blemi per la potabilizzazione.

Abiamo detto che il problema ha ini-zio con l'eccessiva disponibilità di

nutrienti algali nell'acqua. Le piante, perla loro esistenza, richiedono dall'ambien-te elementi minerali indispensabili: per lepiante superiori, quelli richiesti in mag-giore quantità, detti macronutrienti, sonoazoto, potassio, calcio, fosforo, zolfo emagnesio. Nel caso delle alghe planctoni-che, va tenuto presente anche il silicio,componente principale delle teche ester-ne delle diatomee. Una attenzione parti-colare meritano l'azoto e il fosforo. Que-

sti sembrano essere infatti gli elementilimitanti, cioè quelli presenti in quantitàpiù ridotta rispetto alle richieste fisiologi-che dei popolamenti fitoplanctonici.

Si intuisce che, riuscendo a limitare ilrifornimento alle acque del lago dell'ele-mento limitante la crescita del fitoplanc-ton, si affronterebbe alla radice il pro-blema del controllo dell'eutrofizzazione.Si è molto discusso se questo elementofosse l'azoto (come nitrato o ammonio) oil fosforo (come ortofosfato). G. Chiau-dani e M. Vighi, dell'Istituto di ricercasulle acque (CNR), hanno per primi for-nito il criterio per risolvere la questione.Prendendo in considerazione il rapportoN/P delle acque, il fosforo è limitante pervalori maggiori di 10, mentre l'azoto lo èper valori inferiori a 5 (condizione rara incorpi idrici naturali non soggetti a immis-sioni di liquami).

Solo per completezza di informazioneva detto che anche il carbonio (come ani-dride carbonica necessaria per la fotosin-tesi) è stato da alcuni ritenuto il probabilefattore limitante.

Recentemente però D. W. Schindler,del Freshwater Institute di Winnipeg,Canada, ha dimostrato, con ricerche con-

dotte fertilizzando artificialmente alcunilaghi canadesi, che, in un lago eutrofizza-to, esistono meccanismi naturali capaci dicompensare eventuali carenze di carbo-nio e azoto. Questi meccanismi sono inrealtà un complesso di processi di varianatura, non semplici da evidenziare; unodi questi processi è comunque senz'altrola citata capacità azoto-fissatrice delle al-ghe azzurre. Attualmente, si tende a rite-nere il fosforo l'elemento limitante, nellamaggior parte dei casi, lo sviluppo algale.

Un valido argomento a favore di questatesi è stato portato nel 1966 da un ricerca-tore giapponese, M. Sakamoto, che mise inevidenza una stretta correlazione tra leconcentrazioni primaverili di fosforo e laquantità di clorofilla presente in estate invari laghi del suo paese. Questa relazione èstata in seguito ampiamente confermata.

Vediamo ora di chiarire quali processideterminano la concentrazione di fosforonelle acque, di individuarne cioè gli af-flussi e le perdite. Le perdite sono dovuteall'utilizzazione del fosforo da parte deivegetali, alla sedimentazione e alle uscitedall'emissario. Gli afflussi derivano dallesorgenti di fosforo situate a monte dellago, o meglio nel suo bacino idrografico.

Queste sorgenti hanno una precisa disloca-zione sul territorio - si identificano prati-camente con gli scarichi fognari, zootecnicie industriali - e per questo vengono indicatecome «puntiformi»; risulta quindi relati-vamente semplice, una volta fattone uncensimento che tenga conto delle loro ca-ratteristiche, valutare con opportuni calcoliil carico di fosforo che esse inviano al lago.Esistono sorgenti di fosforo che, per con-trasto a quelle puntiformi, vengono dette«diffuse», la più importante delle quali è laliberazione di fosforo dai terreni agricoli. Echiaro che, agli effetti del calcolo, anchetale fonte va tenuta presente. Il carico difosforo relativo a un bacino idrografico puòessere espresso in varie maniere: per esem-pio, conoscendone il valore annuale (inpeso) e conoscendo la superficie del lago, èpossibile indicarlo come quantità di nutrien-te aggiunto per unità di area del lago perunità di tempo. In termini tecnici si parla di«carico specifico in superficie», che vienegeneralmente valutato in grammi di fosforoimmesso ogni anno per ogni metro quadratodello specchio d'acqua considerato.

Questo tipo di espressione del carico difosforo si è rivelata molto utile: R. A.Vollenweider, un limnologo svizzero che

attualmente opera in Canada, trovò infat-ti una relazione tra essa, la profonditàmedia dei laghi e il loro stato trofico, cioèla loro caratterizzazione in una scala cheva dall'oligotrofia all'eutrofia. La rela-zione è evidenziata in uno schema, pub-blicato nel 1968, che permette di indivi-duare a quale delle tre classiche categorie(oligotrofia, mesotrofia, eutrofia) appar-tiene un lago, partendo dalla conoscenzadella sua profondità media e del carico dinutriente a cui è sottoposto; si riscontrauna soddisfacente corrispondenza tra lacategoria così determinata e quella dedot-ta basandosi sui classici indici (misuratidirettamente) come concentrazione diclorofilla e trasparenza.

Ma l'uso pratico dello schema era so-prattutto quello di fornire il valore delcarico di fosforo che si doveva raggiunge-re (controllando opportunamente le sor-genti, per esempio con l'abbattimento delfosforo con sistemi di depurazione) perportare o riportare il lago al grado di tro-fia desiderato. Il modello di Vollenwei-der, pur nella sua semplicità, riempiva unvuoto fino allora presente nello studiodell'eutrofizzazione e consentiva unaprecisa valutazione dei carichi di fosforo

«ammissibili» (linea inferiore) e «perico-losi» (linea superiore), rappresentandocosì una guida per la corretta gestionedelle risorse idriche lacustri.

Lo stesso autore avvertiva, tuttavia,che la relazione carico-profondità mediaera molto approssimativa, e che sarebbestato necessario migliorare il modello conl'introduzione di altri parametri. il piùimportante dei quali era il «tempo mediodi residenza» delle acque. Per potere pro-seguire il discorso si deve chiarire il signi-ficato di tale espressione.

I 'acqua di un lago subisce un continuorinnovo: proviene dal bacino idrogra-

fico, rimane per un certo tempo nella con-ca lacustre e infine ne esce dall'emissario.Consideriamo ora il volume dell'acquacontenuta nel lago e il volume complessi-vo di quella che ne esce, attraverso l'emis-sario, nell'arco di un anno. Dividendo ilprimo volume per il secondo, si ottiene iltempo (espresso in anni) che il lago, inassenza di afflussi, impiegherebbe persvuotarsi. Ma visto che l'afflusso idrico ècontinuo, questo tempo rappresenta quel-lo mediamente necessario perché l'acquacontenuta in un certo momento nel baci-

In questa sequenza sono stati riprodotti i generi più rappresentativi delfitoplancton del lago d'Iseo. comuni anche a molti altri laghi italiani: Melo-

sira (a), Asterionella (b), Fragilaria (c), Dinobryon (d), Pandorina(e), Dictyosphaerium (f),Staurastrum (g), Oscillatoria (h). I primi tre

generi appartengono alla famiglia delle diatomee, mentre tutti gli altrisono alghe che rappresentano rispettivamente crisoficee (d), cloroficee

(e, f, g) e cianoficee (h). Le microfotografie originali, con un ingrandi-mento di 600 diametri, sono dovute alla cortesia di Renata Trevisan.

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1000FOSFORO (MILLIGRAMMI PER METRO CUBO)

Relazione tra le concentrazioni primaverili di fosforo totale e le concentrazioni medie estive diclorofilla a, entrambe riferite agli strati di acqua superficiali. 1 punti riportati sul grafico sono sta-ti rilevati in diversi laghi. La figura è tratta da un lavoro di P. J. Dillon e F. H. Rigler. Il trian-golo in colore rappresenta i valori raccolti sul lago d'Iseo nel corso della campagna del 1977.

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OLIGOTROFIA

0.1 1 10 100INDICE DI TROFIA SECONDO VOLLENWEIDER (zIrw)

Uno dei più noti modelli di R. A. Vollenweider permette di prevedere la situazione trofica di unlago, partendo dai dati di afflusso di fosforo e dalle caratteristiche idrauliche del bacino. Al di sottodella curva di «carico ammissibile», il lago conserva condizioni oligotrofiche. Il superamento dellacurva di «carico pericoloso» porta all'eutrofia. Facciamo un esempio impiegando valori relativi allago di Iseo. Questo bacino ha una profondità media, t, uguale a 124 metri; un tempo teoricodi rinnovo delle acque, rw, pari a circa 4,1 anni. Il rapporto th-w vale quindi 30. Una plausibilestima del carico di fosforo in superficie dà 3 grammi per metro quadrato per anno. Riportando ingrafico i due valori (linee in colore) si individua un punto al di sopra della linea di caricopericoloso. È quindi prevedibile una evoluzione delle condizioni del lago d'Iseo verso l'eutrofia.

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O 01

no venga sostituita. È chiaro che si sonofatte molte semplificazioni rispetto a unasituazione reale: si è infatti assunto che gliafflussi siano uguali ai deflussi, che lospecchio d'acqua non subisca variazionidi livello, che non ci siano perdite d'acquané dalla superficie per evaporazione nédal fondo per infiltrazione. Ma, in partico-lare, si è considerata l'acqua in uno statodi completo rimescolamento: il che non ècorretto perché l'esistenza di una stratifi-cazione termica per un lungo periodo del-l'anno fa sì che il deflusso dall'emissario,interessando il solo strato superficiale,non abbia in tali periodi alcun effetto sulrinnovo dell'acqua degli strati profondi.

È doveroso ricordare che queste consi-derazioni furono fatte per la prima voltada un grande limnologo italiano, VittorioTonolli, il quale indicò i metodi di calcolonecessari per la corretta valutazione deltempo di rinnovo delle acque di un lago.Il tempo medio di residenza delle acque,calcolato semplicemente dividendo il

volume del lago per il deflusso medioannuale, viene chiamato «tempo teoricodi rinnovo» (o «tempo teorico di residen-za»); teorico e non reale, per quanto èstato detto sopra.

La necessità di tenere conto di questoparametro risultò evidente quando si os-servò che il modello prima citato dava unainesatta determinazione della trofia deilaghi caratterizzati da un vivace ricambioidrico, cioè da un tempo medio di resi-denza delle acque piuttosto basso, e da unelevato carico di fosforo. Lo schema,prendendo in considerazione la profondi-tà media e il carico di fosforo, classificavaquesti bacini come decisamente eutrofici,mentre la misura diretta dei due fonda-mentali parametri, clorofilla e trasparen-za, li assegnava invece alla categoria infe-riore. Si intuisce che il veloce ricambiodelle acque non consentiva quel potenzia-le sviluppo algale che il carico di fosforofaceva prevedere.

Venne allora opportunamente inserito

nello schema il parametro «tempo teoricodi rinnovo delle acque», e il problema furisolto. Tale versione, che Vollenweiderpubblicò nel 1975, rappresenta ora unostrumento sufficientemente preciso e af-fidabile. Tramite il grafico si ricavano, inultima analisi, da dati di afflusso del nu-triente e dati morfometrici e idrologici, lefasce di concentrazione del fosforo nelleacque del lago. Il grafico fornisce insom-ma la stima delle concentrazioni di nu-triente che si possono raggiungere; que-ste, essendo strettamente correlate, comeabbiamo visto, alla quantità di clorofillafitoplanctonica e alla trasparenza, posso-no essere associate ai diversi livelli troficiindicati.

Abiamo finora parlato di oligotrofiacome di una condizione caratterizza-

ta da basse concentrazioni di fosforo e,conseguentemente, scarsa biomassa ve-getale e alta trasparenza delle acque; lasituazione eutrofica è stata definita oppo-sta (molto fosforo, molta clorofilla, bassivalori del disco di Secchi) e la mesotrofiacome stato intermedio. Dovrebbe tutta-via essere chiaro che in natura non esisto-no solo questi tre casi, ma piuttosto uncontinuum di situazioni che vanno dallaestrema oligotrofia all'eutrofia più spinta.Nell'ambiente limnologico si è sentita lanecessità di una più precisa definizionedel livello di trofia, generalizzabile a tutti ilaghi e non soggettiva. Una risposta aquesta esigenza è stata la formulazione,da parte di R. E. Carlson, dell'«indice distato trofico» (TSI, trophic state index).Grazie alla stretta correlazione esistentetra le concentrazioni invernali di fosforo,la concentrazione estiva di clorofilla e latrasparenza estiva dell'acqua, è possibilecalcolare l'indice a partire da uno qualsia-si dei tre parametri, ottenendo valori chesono generalmente in buon accordo.L'indice assume valori compresi tra O e100, ed è costruito in maniera che ognisuddivisione maggiore (10, 20, 30 ecc.)corrisponda a un raddoppio della biomas-sa algale. Valori da O a 40 rivelano condi-zioni oligotrofiche, da 40 a 50 mesotrofi-che, da 50 in su eutrofiche. La formulaper il calcolo dell'indice a partire dalleprofondità di scomparsa del disco di Sec-chi, espresse in metri (e indicate comeSD), è la seguente: TSI = 10 (6-log2SD).TSI così definito assume valore O per SD= 64 metri, una visibilità mai rilevata;TSI vale 10 con SD = 32 metri, vale 60con un metro di visibilità, e così via.

L'importanza di questo indice dipendedalla sua immediata comprensibilità epermette inoltre di evitare locuzioni ela-borate quali «condizioni oligotrofichecon tendenza alla mesotrofia». E come lascala Richter ha senso anche per i nonsismologi, l'indice di stato trofico si prestabene alla divulgazione dei concetti basedel problema dell'eutrofizzazione.

È infine il caso di puntualizzare che unindice di stato trofico non è un indice diqualità delle acque. Il concetto di qualitàdi un corpo idrico è strettamente dipen-dente dall'utilizzo a cui tale corpo idrico èdestinato. Ad esempio, in un laghetto

destinato all'allevamento della carpa ascopi alimentari, un alto livello di trofiaè desiderabile, poiché porta a una eleva-ta produzione di proteine animali; inquesto caso, a una situazione eutrofica sipuò associare un positivo giudizio di qua-lità dell'acqua, in relazione all'uso previ-sto. Al contrario, e come si è chiaramen-te messo in evidenza finora, una tenden-za all'eutrofizzazione dei grandi laghisubalpini (Maggiore, di Como, d'Iseo, diGarda), che come condizione naturaleoriginaria sono oligotrofici, è decisamen-te negativa.

G. Bonomi, A. Calderoni e R. Mosel-lo, ricercatori presso la maggior istitu-zione del nostro paese che operi in cam-po limnologico - l'Istituto italiano diidrobiologia di Pallanza - riportano in-formazioni sulla situazione trofica deiquattro laghi sopra citati. Partendo daiconsumi ipolimnici di ossigeno, si puòdisporli su una scala di trofia crescente;l'ordine risulta: lago di Garda, d'Iseo,Maggiore, di Como. Come condizioniattuali, si ha quindi che il Garda è - digran lunga - quello con acque più limpidee meno produttive, e che il lago di Comoè il più eutrofico.

Si conoscono anche i carichi di fosforoai quali i quattro laghi sono sottoposti e irelativi carichi critici di fosforo calcolatisecondo il modello di Vollenweider. Ilrapporto tra carico critico e carico at-tualmente applicato consente di preve-dere la tendenza evolutiva della situazio-ne trofica. Se il rapporto è prossimo al-l'unità, o minore, il lago dovrebbe man-tenersi su livelli di trofia costanti, o addi-rittura tendere a un abbassamento; vice-versa, quanto più il rapporto consideratosupera il valore di uno, tanto più è daattendersi un cambiamento verso unasituazione più eutrofica. Il rapporto inquestione vale, approssimativamente: peril Garda, 1,5; per il Maggiore, 2,5; peri laghi di Como e d'Iseo circa 3.

I l movimento del fosforo nella biosfera è regolato da tre fattori principali: l'uti-

lizzazione da parte degli organismi viven-ti, la precipitazione con alcuni cationi (peresem pio in seguito alla formazione di fosfa-to di calcio), il trasporto in soluzione nel-l'acqua. In termini ancora più essenziali, sipuò dire che il ciclo biogeochimico dell'e-lemento è di tipo sedimentario, una sorta distrada a senso unico consistente in un conti-nuo trasporto del fosforo dalle terre emer-se. attraverso la rete fluvio-lacustre. al mare.

Data la sua scarsità nella biosfera, gliorganismi viventi hanno sviluppato mec-canismi di accumulo di questo elemento,e negli ecosistemi naturali c'è un'organiz-zazione complessiva di riutilizzo che nelimita le perdite a livelli molto bassi. Inve-ce, nelle moderne pratiche agrarie, il fo-sforo che le piante hanno ricavato dal ter-reno viene allontanato assieme al raccol-to. Per mantenere costante la produttivi-tà, è allora necessario rifornire il suolodell'elemento con fertilizzanti ottenuti darocce fosfatiche. Contemporaneamente,il fosforo contenuto nei vegetali raccoltisegue un'altra strada. I prodotti agricoli

sono usati a scopo alimentare, per gliuomini e gli animali domestici. Gli escre-menti prodotti vengono scaricati, attra-verso sistemi fognari, nelle acque superfi-ciali: il fosforo che le piante hanno sot-tratto al terreno si viene così a ritrovarenell'acqua. La strada che ha seguito non ènaturale, ma è stata tracciata dall'uomo.Il quale, va aggiunto, fa arrivare il nu-triente nell'ambiente acquatico anche conlo scarico di detergenti, di rifiuti, metabo-liti e di prodotti industriali contenenti fo-sfati. E non va sottovalutata la liberazio-ne di fosfati da terreni agricoli concimati.

È l'uomo insomma l'agente che arric-chisce la biosfera con fosforo prima im-mobilizzato nelle rocce. Lo scopo è, nelcaso dell'uso dei fertilizzanti, quello diottenere una maggiore produttività agri-cola. Ma quando il fosforo entra nellarete fluvio-lacustre. come conseguenzadel sistema di smaltimento dei rifiuti pervia fognaria, dell'uso di detergenti, e delloscarico da altre fonti che definiamo gene-ricamente industriali, si ha un aumentodella produttività biologica nelle acque. Equesto, abbiamo visto, determina uncomplesso assieme di eventi che vengonocomplessivamente designati come «eu-trofizzazione».

L'arricchimento in nutrienti delle ac-que di un lago non è solo dovuto all'azio-ne antropica, ma avviene anche per unprocesso naturale, il dilavamento del ter-reno del bacino idrografico a opera del-l'acqua di scorrimento superficiale e il

conseguente accumulo di soluti nella con-ca lacustre. Questa seconda modalità dieutrofizzazione procede tuttavia a unavelocità grandemente minore dell'altra e,proprio per questo, ha una incidenza mi-nima sul fenomeno complessivo.

Va ricordato ancora che il processoinnescato e mantenuto dall'attività del-l'uomo viene qualche volta indicato, perdistinguerlo da quello naturale, come«eutrofizzazione culturale».

Mettiamo ora in evidenza alcuni puntiemersi dalla trattazione. Il fosforo

è nella grande maggioranza dei laghil'elemento limitante lo sviluppo algale; iltenore di fosforo nella biosfera e più spe-cificamente nelle acque dolci è, in condi-zioni naturali, molto basso rispetto a quel-lo degli altri nutrienti; la maggior partedel fosforo immesso dall'uomo nell'am-biente acquatico deriva da prodotti orga-nici di rifiuto e da detergenti; le fonti difosforo collegate all'attività umana sonocensibili; inoltre, la loro portata in nu-trienti è quantificabile; esiste un rapidometodo di calcolo del carico di fosforoammissibile perché il livello trofico di unbacino lacustre rimanga entro i limiti de-siderati.

Sintetizzando, i primi due punti sottoli-neano che, generalmente, l'eutrofizza-zione naturale è un fenomeno scarsamen-te rilevante; e dai punti successivi si dedu-ce che è possibile tenere sotto controllol'eutrofizzazione culturale riducendo a un

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VICOTOGGIASPLUGA

5

10

15

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25

30

È qui rappresentato graficamente quante volte il carico attuale di fosforo di alcuni laghi italianisupera il carico accettabile calcolato secondo il modello di Vollenweider. Quanto maggiore è ilvalore del rapporto tanto più velocemente il lago tenderà a una situazione di elevato livello trofico.

FONTE TONNELLATE PER ANNO PERCENTUALE

SCARICHI DOMESTICI

TERRENI AGRICOLI

ZOOTECNICA

INDUSTRIA

SUOLI INCOLTI

35 837

10 518

7884

3584

1265

)19 116

598 -239 -

DETERSIVIMETABOLICI 60 ' 65 {

17,80

13,34

6,07

2,14

33,1727,48

Stima dei carichi di fosforo, per il territorio nazionale, riversati nei bacini idrici. Come si puòvedere il carico domestico risulta il più gravoso e l'apporto dei detersivi in cui il fosforo svolge ilruolo di tensioattivo (sarebbe sostituibile con altri composti chimici)è quantitativamente pesante.

BILANCIOIDROLOGICO

CARICODI FOSFORONATURALE

CARICODI FOSFOROARTIFICIALE

MORFOLOGIADEL LAGO

LAGO

certo valore gli afflussi di fosforo che ar-rivano a un determinato bacino.

Dunque, conoscendo esattamente permezzo del modello di Vollenweider a qua-le carico areale di fosforo si deve arrivare,è possibile scegliere tra diverse soluzioniquella più conveniente per il controllodelle sorgenti. Per esempio, si può agiresul trattamento dei liquami fognari, inse-rendo negli impianti di depurazione,dopo lo stadio meccanico e quello biolo-gico, una fase terziaria per l'abbattimentodel fosforo: la tecnologia necessaria è di-sponibile ed efficiente; si può cercare unaccordo con i produttori di detergenti,perché il contenuto di fosfati nel prodottovenga adeguatamente ridotto. Questosecondo provvedimento ha formato l'og-getto di un trattato stipulato nel 1972 traUSA e Canada, per la tutela dei GrandiLaghi tra i due paesi.

Dove si è attuata una adeguata riduzio-ne negli afflussi di fosforo ai laghi eutro-fizzati, la situazione complessiva ha mo-strato nel giro di pochi anni decisi sintomidi miglioramento. L'ecosistema lacustre,se non è più sottoposto allo stress di unamassiccia fertilizzazione delle acque, ri-torna gradualmente ai livelli di trasparen-za e produttività precedenti all'eutrofiz-zazione. Nella letteratura specialisticasono contenuti diversi esempi di questorecupero di bacini lacustri. Il più significa-tivo è probabilmente quello del lagoWashington, che era andato incontro apartire dal 1952 a un continuo peggiora-mento delle sue condizioni, principal-mente a causa degli scarichi urbani dellacittà di Seattle. La profondità del disco diSecchi era passata da 3,7 metri nel 1950 aun solo metro nel 1963; e parallelamenteerano variati i valori degli altri indici del-l'eutrofizzazione. Attorno alla metà deglianni sessanta fu completato un sistema dicanalizzazione degli scarichi urbani, percui oltre il 50 per cento del carico di fosfo-ro originariamente diretto al lago venivascaricato in mare. I miglioramenti non sifecero attendere, e sono chiaramentedocumentati in una serie di studi del lim-nologo W. T. Edmondson, al quale vaanche il merito di aver sensibilizzato lacittadinanza di Seattle per l'esecuzionedelle opere di diversione degli scarichi dallago. Nel 1970, il lago era ritornato nellecondizioni del 1950, per quanto riguardala biomassa algale e gli altri segni di eutro-fizzazione; la visibilità del disco di Secchiera misurata, a metà estate, a 3,5 metri.Gli abitanti della zona potevano dirsisoddisfatti: agendo con tempestività,avevano evitato una situazione che pote-va diventare disastrosa.

Gli strumenti per avviare il recuperodei laghi eutrofizzati o tendenti al-

l'eutrofia ci sono e sono affidabili. Biso-gna ricorrervi non appena si evidenziauna variazione degli indici che faccia pre-sagire un peggioramento, senza aspettareche si manifestino clamorosamente i segnidel deterioramento, perché la sequenzadegli avvenimenti diventa poi rapidamen-te sempre più grave. Oltre alle argomen-tazioni già presentate, si può fare al ri-

guardo un ulteriore esempio: se si per-mette che si raggiunga negli strati profon-di una condizione di totale assenza di os-sigeno, si attiva un particolare processochimico-fisico che determina la liberazionedi grosse quantità di nutrienti dai sedimen-ti del fondo dove erano immobilizzati. Illivello trofico del lago, in seguito a questanuova disponibilità di fertilizzanti, si in-nalzerà ulteriormente. Abbiamo finoracentrato il discorso sul fosforo, trascuran-do quasi completamente gli altri macro-nutrienti, i micronutrienti e alcuni fattoridi crescita per le alghe, che studi recentidimostrano avere un ruolo importante nelmetabolismo lacustre. Quanto sopra sigiustifica, oltre che per il ruolo di elemen-to limitante che il fosforo generalmentesvolge nei confronti della produttivitàbiologica, anche perché esso è l'elementoche più facilmente può venire controllatodall'uomo: quindi, scegliendo di ridurnel'afflusso per contrastare l'eutrofizzazio-ne, si hanno due importanti argomenti afavore di tale linea di condotta.

Se si volesse invece operare un control-lo dell'azoto si andrebbe incontro a benmaggiori difficoltà. Molte sorgenti dell'a-zoto sono infatti diffuse, e quindi di diffi-cile controllo, consistendo principalmen-te in apporti con le precipitazioni, fissa-zione biologica, dilavamento del terrenoagrario fertilizzato artificialmente. Si po-trebbe obiettare che quest'ultimo proces-so coinvolge anche il fosforo: in realtà ciòavviene in misura molto minore, dato cheil suolo tende a trattenere maggiormentequest'ultimo rispetto all'azoto.

Va infine notato che i popolamenti al-gali sono particolarmente condizionatidar rapporto tra le quantità di azoto efosforo presenti in soluzione nelle acque.Con bassi valori di questo rapporto sonofavorite le cianoficee, che abbiamo giàvalutato non desiderabili in grandi quan-tità nell'ambiente lacustre. Alti valori delrapporto azoto/fosforo determinano in-vece una prevalenza di diatomee decisa-mente preferibili. Un mezzo per mante-nere alto il rapporto è evidentementel'abbassamento delle concentrazioni difosforo, e questo è un ulteriore punto chegioca a favore della riduzione di questoelemento come strategia per la lotta con-tro l'eutrofizzazione.

Facciamo ora alcune considerazioni epuntualizzazioni conclusive. La prima èanche la più generale e opportuna. Comeogni fenomeno biologico, anche l'eutro-fizzazione è un qualcosa di estremamentecomplesso. La descrizione che qui se ne èdata è quanto mai semplificata e ridotta:la ricerca nel settore individua continua-mente nuovi meccanismi, chiarisce aspet-ti più profondi e, qualche volta, apportaprofonde modifiche a teorie fino ad alloramolto seguite. Però, attenzione: questonon contrasta col fatto che quella indicataper il controllo dell'eutrofizzazione -l'abbassamento dei carichi di fosforo - siala chiave giusta. È importante cioè capireche, se il processo eutrofico non è deside-rabile, non è necessaria una conoscenzaestremamente approfondita del fenome-no per tenerlo sotto controllo: le contro-

CARATTERISTICHEGEOLOGICHE

USO DELTERRITORIO

PRECIPITAZIONIE CLIMA

POPOLAZIONEPRESENTE

LIVELLOTECNOLOGICO

BACINO

IDROGRAFICO

misure efficaci sono già note. Corriamo ilrischio della banalità presentando l'e-sempio di una persona che spegne unaradio ad alto volume che la infastidisce:essa ottiene il suo scopo senza bisogno diessere un radiotecnico in grado di inter-venire sui circuiti interni dell'apparec-chio. Così, se si tagliano i rifornimenti difosforo a un lago, agendo cioè a monte delfenomeno, si può essere certi che la con-seguenza sarà un abbassamento di trofia.Ciò richiederà un certo tempo - l'ecosi-stema dovrà cioè smaltire gradualmentel'eccesso di nutrienti presente all'iniziodella cura - e passerà per tappe non esat-tamente prevedibili. Ma il risultato finaleè sicuro.

A questo punto dovrebbe risultarechiaro come, per il controllo dell'eutro-fizzazione, provvedimenti quali l'ossige-nazione dell'ipolimnio (ottenuta immet-tendovi aria con compressori) o l'applica-zione di composti alghicidi al lago nonsiano che trattamenti sintomatici e nonpossano rappresentare la soluzione delproblema.

Secondo R. Marchetti e R. Passino lastrategia che oggi presenta le basi più rea-listiche e le prospettive più promettenti èquella che guarda alla soluzione del pro-blema partendo da interventi graduati neltempo e diversamente articolati a secon-

CONCENTRAZIONEDI FOSFORO(PRIMAVERA)

CONCENTRAZIONEDI CLOROFILLA a

(ESTATE)

TRASPARENZADELL'ACQUA

ESTATE

da delle fonti di nutrienti e delle realtàterritoriali. Sempre secondo tali autori,nel breve periodo, l'intervento sui deter-sivi sembra offrire le maggiori garanzie dioperatività. Nel medio termine, l'inter-vento sugli altri tipi di scarico (domestico,zootecnico e industriale) potrà portare auna ulteriore e significativa riduzione nel-le emissioni di fosforo nelle acque; men-tre è possibile prevedere solo nel lungoperiodo una efficace strategia di controllodell'emissione da terreni agricoli.

La soluzione del problema sta in altritermini in una politica ambientale che loaffronti globalmente. È in questa direzio-ne che sono state orientate le indaginicondotte nel quadro dei Progetti fina-lizzati del CNR, tema «Eutrofizzazione».Esse hanno permesso di acquisire il pano-rama generale della situazione nazionalee, per ciascun lago, di quantificare il pesorelativo delle varie fonti di fosforo. Que-ste ricerche non si sono limitate allo stu-dio delle acque interne, ma hanno presoin considerazione anche quelle costiere,nelle quali i recenti episodi di eutrofizza-zione (si ricordino le acque litoranee del-l'Emilia Romagna) stanno a documenta-re la dimensione oramai raggiunta dalproblema e la sua tendenza a estendersiinoltre verso ambienti considerati finoramolto tolleranti.

Schematizzazione delle connessioni tra le principali caratteristiche di un bacino idrograficoe di un qualsiasi lago e alcuni degli indici di eutrofizzazione più comunemente utilizzati.

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