I GRANDI REPORTAGE - Fausto Biloslavo · la nostra terra», spiega Mohammed che parla bene inglese....

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25 Venerdì 16 settembre 2016 il Giornale il mensile de il Giornale in collaborazione con I GRANDI REPOR Fausto Biloslavo da Sirte N el rudere di un palazzo in prima linea a Sirte la vampata rossastra di unesplosione, alle spalle di un manipolo di combattenti che urla vittorio- samente Allah o Akbar (Dio è grande), ci fa ammutolire. Un kamikaze dello Stato isla- mico si è fatto saltare in aria con una mac- china minata. Il sangue è schizzato fin den- tro il rudere, che ci protegge dipingendo di rosso il soffitto. E i brandelli umani del sui- cida ci piombano sulla testa. I carri armati sulla strada, che erano lobiettivo, sono in- tatti. I miliziani delle bandiere nere conti- nuano a bersagliarli, inutilmente, con le mitragliatrici. I proiettili sollevano sbuffi di fumo grigio, ma non scalfiscono la coraz- za. Da quattro mesi 3mila uomini in gran parte di Misurata, ma giunti anche da Tri- poli, Zliten, Zwara e altre città, una volta tanto unite, avanzano combattendo casa per casa con lappoggio aereo americano. Sirte, lex roccaforte del Califfo sulla costa libica di fronte allItalia, è una città spettra- le ridotta a un cumulo di macerie. Poche centinaia di jihadisti votati alla morte sono ancora asserragliati nella zona residenzia- le di Al Jizza e in una striscia del quartiere 3. La spallata finale è questione di giorni. Sirte sarà la prima capitale delle band re nere a cadere. «Secondo le nostre informazioni uno dei capi tunisini nelle sacche di resistenza si chiama Moez Fezzani. Potrebbe essere lo stesso terrorista collegato allItal che se lo abbiamo solo intercettato e non sappiamo quale sia il suo volto per identifi- carlo», spiega il colonnello Ismail Shoukri, comandante dellintelligence libica nellarea di Sirte. Fezzani, veterano dell guerra santa catturato dagli americani in Afghanistan (...) segue a pagina 26 LA GUERRA IN LIBIA La cronaca e le immagini della battaglia finale con l’Isis A Sirte si combatte casa per casa per liberare la città dalle milizie del Califfato. I militari libici non fanno prigionieri

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Page 1: I GRANDI REPORTAGE - Fausto Biloslavo · la nostra terra», spiega Mohammed che parla bene inglese. Questa è un guerradura espietata, senzaprigio-nieri. I salafiti con i barboni

25Venerdì 16 settembre 2016 il Giornale

il mensile de il Giornalein collaborazione con

I GRANDI REPORTAGE

Fausto Biloslavoda Sirte

Nel rudere di un palazzo in primalinea a Sirte la vampata rossastradi un’esplosione, alle spalle di un

manipolo di combattenti che urla vittorio-samente Allah o Akbar (Dio è grande), ci faammutolire. Un kamikaze dello Stato isla-mico si è fatto saltare in aria con una mac-china minata. Il sangue è schizzato fin den-tro il rudere, che ci protegge dipingendo dirosso il soffitto. E i brandelli umani del sui-cida ci piombano sulla testa. I carri armatisulla strada, che erano l’obiettivo, sono in-

tatti. I miliziani delle bandiere nere conti-nuano a bersagliarli, inutilmente, con lemitragliatrici. I proiettili sollevano sbuffi difumo grigio, ma non scalfiscono la coraz-za. Da quattro mesi 3mila uomini in granparte di Misurata, ma giunti anche da Tri-poli, Zliten, Zwara e altre città, una voltatanto unite, avanzano combattendo casaper casa con l’appoggio aereo americano.Sirte, l’ex roccaforte del Califfo sulla costalibica di fronte all’Italia, è una città spettra-le ridotta a un cumulo di macerie. Pochecentinaia di jihadisti votati alla morte sonoancora asserragliati nella zona residenzia-le di Al Jizza e in una striscia del quartiere

3. La spallata finale è questione di giorni.Sirte sarà la prima “capitale” delle bandie-re nere a cadere.

«Secondo le nostre informazioni unodei capi tunisini nelle sacche di resistenzasi chiama Moez Fezzani. Potrebbe esserelo stesso terrorista collegato all’Italia, an-che se lo abbiamo solo intercettato e nonsappiamo quale sia il suo volto per identifi-carlo», spiega il colonnello Ismail Shoukri,comandante dell’intelligence libicanell’area di Sirte. Fezzani, veterano dellaguerra santa catturato dagli americani inAfghanistan (...)

segue a pagina 26

LA GUERRA IN LIBIA

La cronaca e le immaginidella battaglia finale con l’Isis

A Sirte si combatte casa per casa per liberare la città dallemilizie del Califfato. I militari libici non fanno prigionieri

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Venerdì 16 settembre 2016 il Giornale

(...) ha vissuto a lungo a Milano. Pri-ma l’abbiamo scarcerato ed espulsonel 2012, poi condannato in secon-do grado a 6 anni di carcere per ter-rorismo, ma stava già combattendoin Siria.L’ultima avanzata ha portato alla

conquista del quartiere 1 di Sirte,che si affaccia sul Mediterraneo. Ivecchi carri armati di fabbricazionesovietica aprono la strada a canno-nate alle katibe, i reparti libici checombattono lo Stato islamico. Iltank è piazzato in mezzo a un incro-cio a un centinaio dimetri dal mina-reto di una moschea bucherellatodai colpi, che sta in piedi permiraco-lo. Il cannone si alza lentamente evomita una vampata rossastra di fuo-co sollevando una nuvola di polve-re. La granata fa a pezzi la postazio-ne di un cecchino delle bandiere ne-re.I combattenti avanzano appiattiti

ai muri di cinta della zona residen-ziale e noi dietro, inmezzo a un fuo-co d’inferno. Per passare da un edifi-cio a un altro, evitando di venir col-piti, i libici più nerboruti portanodelle mazze per sfondare i muri. Ebisogna “scalare” le pareti più altecon mezzi di fortuna fino ad arriva-re a pochimetri dalle bandiere nere.Un libico anti Isis ci porta a vede-

re, orgoglioso, il cadavere semi car-bonizzato di un miliziano del Calif-fo. «Forse viene dal Ciad. Ecco lafine che fa chi ci invade. Non per-metteremo a nessuno di occuparela nostra terra», spiega Mohammedche parla bene inglese. Questa è unguerra dura e spietata, senza prigio-nieri.I salafiti con i barboni lunghi fino

al petto e i baffi rasati non si fannofotografare, come i talebani. Però vo-gliono far vedere ai giornalisti che i“buoni” sono loro e i “cattivi” quellidell’Isis, nemici giurati per la supre-mazia nell’Islam duro e puro.I combattenti libici sono un’arma-

ta Brancaleone: qualcuno porta l’el-metto, altri il giubbotto antiproietti-le, ma con i sandali ai piedi. Nessu-no indossa un’uniforme ugualeall’altro. A ogni battaglia si appicci-cano addosso un nastro adesivo dicolore diverso, giallo, arancione orosso per evitare infiltrazioni e il fuo-co amico. Non mancano i portafor-tuna, come una pecorella di pezza o

un orsacchiotto di peluche. «I nostrifigli vogliono che li portiamo al fron-te convinti che ci proteggeranno. Anoi ricordano sempre che abbiamouna famiglia e una casa dove torna-re», spiegano i combattenti.Anas Circassi, giovane, prestante,

ben equipaggiato e con il turbantenero, sembra un Rambo islamico.«Noi siamomusulmani,ma i terrori-sti li combattiamo. L’Isis è un can-cro velenoso per il mondo, perl’Islam e per la Libia», sottolinea inprima linea.In un vicolo sono abbandonati e

aggrovigliati uno all’altro tre corpidei miliziani del Califfo, che comin-ciano a gonfiarsi sotto il sole. Uno,di pelle molto scura e fattezze diver-se, potrebbe far parte della legionedi volontari nigeriani di Boko Ha-ram (Occidente è peccato), che com-battono a Sirte con le bandiere nere.La scena più incredibile è quella di

un furgoncino protetto da corazzeartigianali fermo in mezzo alla stra-da. Sul volante è riverso il corpo diun kamikaze. La spessa lamiera da-vanti è ridotta a un colabrodo daiproiettili di mitragliatrice pesante.Un cecchino deve aver colpito l’auti-sta suicida prima che si facesseesplodere. Nel cassone sul retro cisono ancora granate di artiglieria efili per l’innesco. Nessuno osa toc-

carlo per timore che salti tutto inaria.Dopo 5 ore di battaglia torniamo

indietro, ma non è facile. Un com-battente di mezza età ci appare da-vanti come un fantasma. Dal bucodi proiettile nella gola il sangue zam-pilla come una fontana. Si tiene an-cora in piedi, ma barcolla. È statoappena colpito. Per un attimo i no-stri sguardi si incrociano. Sembra

NEL 2011 LA CADUTA DEL DITTATORE

Guerra civile senza fine dopo la morte di GheddafiIl colonnello Muammar Gheddafi è stato

per 42 anni la massima autorità della Libia,dopo il golpemilitare che nel 1969 portò allacaduta dellamonarchia. Nel 2011, il Tribuna-le penale dell’Aja lo accusa di crimini control’umanità per la sanguinosa repressione del-la rivolta partita da Bengasi. Rivolta suppor-tata dall’Occidente con Parigi, Londra e Wa-shington in prima linea. Gheddafi proclama

che sarebbe morto da martire, piuttosto chelasciare la Libia. Il 20 ottobre 2011, risultan-do vana ogni resistenza nella difesa di Sirte,Gheddafi tenta di guadagnare il deserto, mail convoglio in cui viaggia viene attaccato.Dopo essere stato ripetutamente pestato ebrutalizzato, viene ucciso con un colpo dipistola alla testa. Con la sua morte la Libiaentra in una nuova fase di guerra civile.

libia

IN PRIMA LINEA CON LE MILIZIE DI MISURATA

La battaglia finale contro l’Isistra le macerie della città di Sirte

Quattro mesi di scontri armati, si combatte casa per casa per strappareai jihadisti la loro roccaforte. Cronaca di una guerra alle porte dell’Italia

«Noi siamo musulmani malottiamo contro l’Isis,

che è un cancro velenosoper il mondo e per l’Islam»

L I B I A

ALGERIA

NIGER CHAD SUDAN

EGITTO

TURCHIATripoli

Sirte

L’EGO

segue da pagina 25

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chiederci aiuto, ma la scena ci haimpietrito. Prima che crolli altricombattenti lo sorreggono per tra-scinarlo all’ambulanza. La mimeti-ca è inzuppata di sangue. E mentrelo caricano sulla barella l’autista ur-la all’infermiere nel retro «fermal’emorragia, ferma l’emorragia».

Per uscire dall’inferno seguiamoun pick up stracolmo di giovanicombattenti, che dovrebbe aprircila strada, ma si infila in un viale bat-tuto dai cecchini. Dei container bu-cherellati messi di traverso non ba-stano a proteggerci. I colpi fischianodappertutto sempre più vicini. Unproiettile colpisce il nostro fuoristra-da con un assordante fragore metal-lico infilandosi nella carrozzeria afianco del fanalino posteriore.Un’accelerata pazzesca a zig zag inmezzo al viale della morte e siamoin salvo.

Fausto Biloslavo

«Li ammazzeremo tutti. L’as-sedio è sempre più strettoper non lasciarli fuggire»,

dichiara senza peli sulla lingua il gene-rale Mohamed Al Gasri. La guerra aSirte è senza pietà. Per i seguaci delloStato islamico, che ancora combatto-no non c’è speranza. L’alto ufficiale èil portavoce dell’operazione Bunianal Marsus, che ha il suo comando aMisurata. L’obiettivo è liberare la cittàcostiera libica, che ha dato i natali aMuammar Gheddafi e dall’anno scor-so è stata occupata e trasformata in“capitale” dello Stato islamico. Si com-batte da 4 mesi e oramai siamo allabattaglia finale.Sirte sta cadendo. È vero che nonvolete fare prigionieri fra imilizia-ni superstiti del Califfo?«Non permetteremo a nessuno di

scappare. Dato che non si arrendonoli elimineremo tutti. Non a caso abbia-mo stretto ancora di più l’assedio sen-za lasciare vie di fuga. Dal corridoioumanitario aperto per far evacuare icivili, le loro famiglie, non è passatonessuno. Non vogliamo che i terrori-sti vadano a seminare terrore da altreparti. Per questo vanno ammazzati».Quanti jihadisti sono ancora asser-ragliati a Sirte?«La guerra è vinta. Non hanno alcu-

na possibilità di resistere, ma pensoche siano ancora qualche centinaio.Gente votata alla morte da non sotto-valutare».Dopo la caduta della “capitale”delle bandiere nere, la minacciadello Stato islamico in Libia è fini-ta?«Non rialzeranno la testa. Possono

esserci ancora delle cellule dormientiannidate in altre città, ma per noi diMisurata la guerra è finita. Abbiamogià perso quasi 500 uomini e contia-mo oltre 2500 feriti».Nelle zone liberate di Sirte abbia-mo trovato diverse scritte che in-neggiavano alla conquista di Ro-ma. La minaccia è reale?«Quando annunciano attacchi o di

espandersi, poi lo fanno. Il loro obietti-vo era partire da Sirte per controllarela Libia e usarla come trampolino ver-so l’Europa. Tutte le capitali europee,occidentali sono in pericolo, non soloRoma».Chi vi ha aiutato dall’Occidente?«A essere sinceri solo gli americani

e gli inglesi sono stati al nostro fianco

fin dall’inizio, offrendoci aiuti, appog-gio logistico e d’intelligence. Dai pri-mi di agosto gli Stati Uniti hanno lan-ciato i raid aerei su Sirte in supportoall’avanzata delle nostre truppe».E l’Italia non vi ha appoggiato?«I rapporti sono ottimi. Ringrazia-

mo l’Italia per avere accolto a Roma30 feriti, ma non è abbastanza. Ci ave-te fornito 400 giubbotti anti proiettileed elmetti, ma abbiamo bisogno diben altro per disinnescare mine e trap-pole esplosive. Attendiamo l’arrivo divostri medici militari e di un ospedaleda campo a Misurata».L’Occidente ha fatto abbastanzaper la liberazione di Sirte?«Gli Stati Uniti sì, ma altri paesi, co-

me la Francia, no. Le nostre forze han-no subito ingenti perdite per combat-tere una guerra che non è solo libica.Tutte le nazioni democratiche delmondo libero dovrebbero almeno of-frire un aiuto umanitario per evacua-re e curare all’estero i nostri feriti piùgravi».Le bandiere nere sono state appog-giate da qualcuno nel loro sbarcoin Libia?«Il cugino di Gheddafi, che vive in

Egitto, sosteneva che i terroristi diDaesh (Stato islamico in arabo nda)sono bravi musulmani. Sperava cheannientassero Misurata vendicandola morte del dittatore».Ci sono sostenitori del defunto co-lonnello fra le bandiere nere?«Certo. Ufficiali dell’ex 32ma briga-

ta che era guidata da Khamis, uno deifigli di Gheddafi. In Libia si è ripetutoil copione già visto in Irak. Gli ex uffi-ciali di Saddam sono passati con il co-siddetto Califfato per vendicarsi degliamericani. Stesso discorso con gli exgheddafiani, che vogliono vendicarsidei paesi della Nato per la caduta delcolonnello».Dopo la liberazione di Sirte cosachiederete alla comunità interna-zionale?«Appoggio per chi ha combattuto

anche per voi contro una minacciaglobale. In concreto dovreste aiutarcia creare e addestrare un esercito chesi basi sulle forze in prima linea a Sirtee risponda al governo di unità nazio-nale a Tripoli. I carabinieri italiani so-no ottimi addestratori. E noi, i liberato-ri di Sirte, siamo il primo nucleo dellefuture forze armate libiche capace digarantire sicurezza a tutto il paese».

La guerra

GUERRASPIETATASopra,

combattentilibici in unmomento diriposo nelquartiere 1di SirteIn alto,milizianidell’Isis

uccisi a Sirtenella

battaglia diAbu Faraa. Ilsecondo

cadavere dadestra eradell’Africa

neraA sinistra, lascritta di Isissu un muro diSirte «Questaè la via perRoma» e uncarro armatodelle forzelibiche

A destra, ilcomandanteMustafa al

Shebani dellaterza brigataindica i fronti

dellabattaglia

sulla mappaA fianco, uncombattentelibico sparacontro lelinee dello

Statoislamico aSirte. Per

conquistarela città le

forze libichestanno

combattendocasa per casa

Libri«Gheddafi. La rivolu-zione tradita» di Nico-la Mastronardi (Ed.Mimesis)«L’ultima notte delRais» di Yasmina Kha-dra (Ed. Sellerio)«Libia. Dalla Jamahi-rya alla guerra civile»di Antonella ColonnaVilasi (Ed. Libelluyla)«Italia e Libia. Un se-colo di relazioni con-troverse» di M. Borgo-gni e P. Soave (Ed.Aracne)«Libia 2011» di PaoloSensini (Ed. JacaBook)«Le mie verità» diMuammar Gheddafi(Ed. Mimesis)

Film«Italia e Islam. Dallaguerra di Libia a Nas-sirya» regia di RenatoBesana (2006)«Il leone del deserto»regia di Muistafa Ak-kad (1981)«13 Hours. The SecretSoldiers of Benghazi»regia di Michale Bay(2016)«Bengasi» regia di Au-gusto Genina (1942)

Internethttp://www.limeson-line.com/tag/libia, si-to di geopolitica conanalisi sulla Libia

per sapernedi più

L’INTERVISTA

«Li ammazzeremo tuttiDobbiamo impedire lorodi seminare altro terrore»

Il generale Al Gasri: «I miliziani del Califfatonon si arrendono, dovremo eliminarli tutti»

Gli aiuti

Dovete darciuna mano acreare e adaddestrareun esercitoI Carabinierisono ottimiaddestratori

Americani einglesi unicial nostrofiancodall’inizio.L’Italia? Nonha fattoabbastanza