I CONVEGNO DI NAPOLI -...

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I CONVEGNO DI NAPOLI Una grande assemblea che ha espresso con grande chiarez- za la volontà di lotta delle classi lavoratrici meridionali, la forza della loro rivolta contro le discriminazioni salariali e le condizioni di lavoro e di vita a cui la classe dirigente le condanna: questo è stata l'assemblea degli attivisti meridionli della CGIL che si è tenuta a Napoli il 29 e 30 novembre e che nei due giorni ha am- piamente discusso la situazione economica, sociale, sindacale del Sud e concretamente indicato i contenuti delle azioni sindacali che verranno portate avanti. Fra queste azioni, particolare rilievo assumono gli scioperi re- gionali proclamati unitariamente in Calabria (9 dicembre), Sarde- gna (10), Sicilia (11), Emilia e Puglia (12), Abruzzo e Toscana (13) : nel proclamarli, CGIL, CISL e UIL hanno dichiarato che la battaglia contro le zone salariali esaurirà entro il 15 dicembre la fase degli scioperi regionali e provinciali, dopo di che si aprirà una fase di scioperi articolati a livello di categoria. Hanno partecipato all'assemblea ottocento attivisti. Erano rap- presentate le più importanti federazioni di categoria, le maggiori Camere del lavoro e comitati regionali del Centro e del Nord. Alla presidenza, i segretari confederali Rinaldo Scheda, Vittorio Foa, Luciano Lama, Fernando Montagnani, i vice segretari Mario Didò, Arvedo Forni, Gino Guerra, Silvano Verzelli, il segretario della Camera del lavoro di Napoli, Giuseppe Vignola. L'assemblea (alla quale ha portato il saluto una delegazione unitaria di ope- rai dell'ltalcantieri) è stata aperta dal segretario regionale della Campania, Augusto Pumpo. Subito dopo ha preso la parola, per la relazione introduttiva — che aveva per argomento: la ejimina- zione delle zone salariali per l'occupazione e lo sviluppo del Mez- zogiorno — Rinaldo Scheda. Pubblichiamo una sintesi della sua relazione, degli interventi nel dibattito, delle conclusioni di Vit- torio Foa e, infine, l'ordine del giorno approvato. La relazione di Rinaldo Scheda Questa assemblea, che vede la presenza di cen- tinaia di dirigenti e attivisti sindacali di tutte le regioni dell'Italia Meridionale e insulare unitamente a delegazioni qualificate del nostro movimento del- l'Italia Centrale, dei centri principali delle regioni settentrionali e delle Federazioni nazionali, di cate- goria, la Segreteria della CGIL l'ha voluta promuo- vere e convocare qui a Napoli, sulla base di una comune consapevolezza del fatto che i lavoratori ita- liani, il movimento sindacale nel suo insieme e la nostra CGIL vivono una fase politica sindacale mol- to importante e per molti aspetti nuova: ricca co- munque di interessanti esperienze e di vaste pro- spettive. La convocazione di questa assemblea ha come motivo di fondo la constatazione che, nella attuale fase dell'azione sindacale, le masse lavora- trici meridionali, nelle città e nelle campagne, gio- cano già un ruolo di portata essenziale, decisiva; e ancor più saranno chiamate a sostenerlo nel pros- simo avvenire. La fase che attraversiamo è caratterizzata da una forte tensione rivendicativa e sociale; da scon- tri ampi, profondi, difficili ed anche aspri. Ma si tratta, nello stesso tempo, di una fase molto aper- ta e, anche se ardua e complessa, ricca di possi- bilità per nuove avanzate, per nuove conquiste che, oltre a dover corrispondere alle legittime aspira- zioni immediate dei lavoratori italiani, siano di una portata tale da imporre mutamenti sostanziali tali da coinvolgere gli stessi indirizzi di politica economica e sociale finora perseguiti nel Paese dalle forze padronali e conservatrici. Questo è il punto centrale di questa fase della situazione sin- dacale. La tenace ricerca di soluzioni positive im- mediate per le rivendicazioni dei lavoratori oggi sul tappeto, non può e non deve risultare in con- traddizione con gli sbocchi che sono richiesti dal profondo e diffuso malcontento di tanta parte del la popolazione, dalla crescente e già acuta tensione sul piano sindacale e sociale, dalla lotta unitaria di milioni di lavoratori, di cittadini, di studenti dai cui movimenti sprigiona oggi una maturità nuova, un vigore inequivocabile. Di ciò, noi e tutte le or- ganizzazioni sindacali dobbiamo tener conto. Voglio cioè rilevare che le spinte e i movimenti in atto pongono l'esigenza di un profondo muta- mento negli indirizzi che finora sono riusciti a pre- valere nel campo della politica salariale, in quello dell'occupazione e dello sviluppo economico, in quello dei diritti democratici e sindacali dei lavo- ratori e del ruolo del sindacato nelle aziende e nella società, nel campo del pensionamento e della sicurezza sociale, nel campo della scuola e in altri fondamentali settori della vita civile e sociale. Que- sto è l'impegno — e anche la difficoltà — che emer- ge dalla presente situazione. Si dirà che quelle esi- genze, quelle istanze, sono poste da tempo, per esempio dalla nostra organizzazione. E' vero. E' da tempo che la CGIL denuncia una condizione dei lavoratori e una situazione delle strutture sociali sempre più insostenibile, nel Mezzogiorno e nel Paese in generale. La CGIL e le sue organizzazioni hanno indubbiamente contribuito a suscitare inizia- tive, proposte, movimenti e lotte, vigorosamente te- si ad affermare soluzioni rinnovatrici. Cose positi- ve sono state realizzate; e risultati a volte signifi- cativi sono stati ottenuti, acquisiti. Ma, oggi, la fase che si è aperta ha altre caratteristiche poiché presenta alcuni « nodi » essenziali che stanno ve- nendo al pettine e alcune contraddizioni sociali sono giunte al punto di rottura. Il movimento di lotta è cresciuto, lo scontro sindacale e sociale si è posto ad un livello più avanzato: è cresciuta quindi la posta in gioco. Mi pare che in questa assemblea noi siamo chia- mati a compiere una verifica della situazione, delle esperienze di lotta compiute in questo ultimo pe- riodo; soprattutto, dobbiamo vedere cosa va fatto nel prossimo avvenire, nelle prossime settimane; vedere quali prospettive darci, prendendo le mosse dallo sviluppo dello scontro sindacale e sociale, così come si è venuto concretizzando al livello dei problemi che la situazione complessiva dei lavorato- ri e del Paese — del Mezzogiorno in particolare — ci presenta. Pur senza nasconderci le difficoltà e i limiti tuttora esistenti nella stessa nostra capa- cità di iniziativa e di mobilitazione, la situazione appare tuttavia aperta per un'avanzata del movimen- to verso un mutamento positivo dei rapporti di forza a favore delle masse lavoratrici, in tutto il Paese. Alcuni dati fondamentali ci indicano l'esi- stenza di questa possibilità. Intanto, l'incalzare cre- scente della pressione dei più larghi strati della po- polazione lavoratrice e della, classe operaia, dato che è comune a tutte le regioni del Paese. In que- sto ambito, mentre milioni di lavoratori si muo- vono, nelle fabbriche nuove e in quelle vecchie, l'apporto delle nuove generazioni sta diventando massiccio e entusiasmante, mentre l'inventiva di lotta sta crescendo in forme nuove, positive, avan- zate. Questi movimenti di lotta non soltanto han- no assunto grandi dimensioni ma hanno acquisito altresì la caratteristica di una continuità d'azione e una articolazione di movimento, davvero impres- sionante. E questo è un segno di grande maturità. Interessante è il fatto che i necessari momenti di

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I CONVEGNO DI NAPOLIUna grande assemblea che ha espresso con grande chiarez-

za la volontà di lotta delle classi lavoratrici meridionali, la forzadella loro rivolta contro le discriminazioni salariali e le condizionidi lavoro e di vita a cui la classe dirigente le condanna: questo èstata l'assemblea degli attivisti meridionli della CGIL che si ètenuta a Napoli il 29 e 30 novembre e che nei due giorni ha am-piamente discusso la situazione economica, sociale, sindacale delSud e concretamente indicato i contenuti delle azioni sindacali cheverranno portate avanti.

Fra queste azioni, particolare rilievo assumono gli scioperi re-gionali proclamati unitariamente in Calabria (9 dicembre), Sarde-gna (10), Sicilia (11), Emilia e Puglia (12), Abruzzo e Toscana (13) :nel proclamarli, CGIL, CISL e UIL hanno dichiarato che la battagliacontro le zone salariali esaurirà entro il 15 dicembre la fase degliscioperi regionali e provinciali, dopo di che si aprirà una fase discioperi articolati a livello di categoria.

Hanno partecipato all'assemblea ottocento attivisti. Erano rap-presentate le più importanti federazioni di categoria, le maggioriCamere del lavoro e comitati regionali del Centro e del Nord.Alla presidenza, i segretari confederali Rinaldo Scheda, VittorioFoa, Luciano Lama, Fernando Montagnani, i vice segretari MarioDidò, Arvedo Forni, Gino Guerra, Silvano Verzelli, il segretariodella Camera del lavoro di Napoli, Giuseppe Vignola. L'assemblea(alla quale ha portato il saluto una delegazione unitaria di ope-rai dell'ltalcantieri) è stata aperta dal segretario regionale dellaCampania, Augusto Pumpo. Subito dopo ha preso la parola, perla relazione introduttiva — che aveva per argomento: la ejimina-zione delle zone salariali per l'occupazione e lo sviluppo del Mez-zogiorno — Rinaldo Scheda. Pubblichiamo una sintesi della suarelazione, degli interventi nel dibattito, delle conclusioni di Vit-torio Foa e, infine, l'ordine del giorno approvato.

La relazionedi Rinaldo Scheda

Questa assemblea, che vede la presenza di cen-tinaia di dirigenti e attivisti sindacali di tutte leregioni dell'Italia Meridionale e insulare unitamentea delegazioni qualificate del nostro movimento del-l'Italia Centrale, dei centri principali delle regionisettentrionali e delle Federazioni nazionali, di cate-goria, la Segreteria della CGIL l'ha voluta promuo-vere e convocare qui a Napoli, sulla base di unacomune consapevolezza del fatto che i lavoratori ita-liani, il movimento sindacale nel suo insieme e lanostra CGIL vivono una fase politica sindacale mol-to importante e per molti aspetti nuova: ricca co-munque di interessanti esperienze e di vaste pro-spettive. La convocazione di questa assemblea ha

come motivo di fondo la constatazione che, nellaattuale fase dell'azione sindacale, le masse lavora-trici meridionali, nelle città e nelle campagne, gio-cano già un ruolo di portata essenziale, decisiva; eancor più saranno chiamate a sostenerlo nel pros-simo avvenire.

La fase che attraversiamo è caratterizzata dauna forte tensione rivendicativa e sociale; da scon-tri ampi, profondi, difficili ed anche aspri. Ma sitratta, nello stesso tempo, di una fase molto aper-ta e, anche se ardua e complessa, ricca di possi-bilità per nuove avanzate, per nuove conquiste che,oltre a dover corrispondere alle legittime aspira-zioni immediate dei lavoratori italiani, siano diuna portata tale da imporre mutamenti sostanzialitali da coinvolgere gli stessi indirizzi di politicaeconomica e sociale finora perseguiti nel Paesedalle forze padronali e conservatrici. Questo è ilpunto centrale di questa fase della situazione sin-dacale. La tenace ricerca di soluzioni positive im-mediate per le rivendicazioni dei lavoratori oggisul tappeto, non può e non deve risultare in con-traddizione con gli sbocchi che sono richiesti dalprofondo e diffuso malcontento di tanta parte della popolazione, dalla crescente e già acuta tensionesul piano sindacale e sociale, dalla lotta unitaria dimilioni di lavoratori, di cittadini, di studenti daicui movimenti sprigiona oggi una maturità nuova,un vigore inequivocabile. Di ciò, noi e tutte le or-ganizzazioni sindacali dobbiamo tener conto.

Voglio cioè rilevare che le spinte e i movimentiin atto pongono l'esigenza di un profondo muta-mento negli indirizzi che finora sono riusciti a pre-valere nel campo della politica salariale, in quellodell'occupazione e dello sviluppo economico, inquello dei diritti democratici e sindacali dei lavo-ratori e del ruolo del sindacato nelle aziende enella società, nel campo del pensionamento e dellasicurezza sociale, nel campo della scuola e in altrifondamentali settori della vita civile e sociale. Que-sto è l'impegno — e anche la difficoltà — che emer-ge dalla presente situazione. Si dirà che quelle esi-genze, quelle istanze, sono poste da tempo, peresempio dalla nostra organizzazione. E' vero. E'da tempo che la CGIL denuncia una condizione deilavoratori e una situazione delle strutture sociali

sempre più insostenibile, nel Mezzogiorno e nelPaese in generale. La CGIL e le sue organizzazionihanno indubbiamente contribuito a suscitare inizia-tive, proposte, movimenti e lotte, vigorosamente te-si ad affermare soluzioni rinnovatrici. Cose positi-ve sono state realizzate; e risultati a volte signifi-cativi sono stati ottenuti, acquisiti. Ma, oggi, lafase che si è aperta ha altre caratteristiche poichépresenta alcuni « nodi » essenziali che stanno ve-nendo al pettine e alcune contraddizioni socialisono giunte al punto di rottura. Il movimento dilotta è cresciuto, lo scontro sindacale e sociale siè posto ad un livello più avanzato: è cresciutaquindi la posta in gioco.

Mi pare che in questa assemblea noi siamo chia-mati a compiere una verifica della situazione, delleesperienze di lotta compiute in questo ultimo pe-riodo; soprattutto, dobbiamo vedere cosa va fattonel prossimo avvenire, nelle prossime settimane;vedere quali prospettive darci, prendendo le mossedallo sviluppo dello scontro sindacale e sociale,così come si è venuto concretizzando al livello deiproblemi che la situazione complessiva dei lavorato-ri e del Paese — del Mezzogiorno in particolare— ci presenta. Pur senza nasconderci le difficoltàe i limiti tuttora esistenti nella stessa nostra capa-cità di iniziativa e di mobilitazione, la situazioneappare tuttavia aperta per un'avanzata del movimen-to verso un mutamento positivo dei rapporti diforza a favore delle masse lavoratrici, in tutto ilPaese. Alcuni dati fondamentali ci indicano l'esi-stenza di questa possibilità. Intanto, l'incalzare cre-scente della pressione dei più larghi strati della po-polazione lavoratrice e della, classe operaia, datoche è comune a tutte le regioni del Paese. In que-sto ambito, mentre milioni di lavoratori si muo-vono, nelle fabbriche nuove e in quelle vecchie,l'apporto delle nuove generazioni sta diventandomassiccio e entusiasmante, mentre l'inventiva dilotta sta crescendo in forme nuove, positive, avan-zate. Questi movimenti di lotta non soltanto han-no assunto grandi dimensioni ma hanno acquisitoaltresì la caratteristica di una continuità d'azionee una articolazione di movimento, davvero impres-sionante. E questo è un segno di grande maturità.Interessante è il fatto che i necessari momenti di

IL CONVEGNO DI NAPOLIgeneralizzazione (come gli scioperi generali per lepensioni o contro le « zone » ) non abbiano offu-scato né tanto meno deviato l'iniziativa articolatadi fabbrica: e questo è un dato anch'esso comune atutte le regioni del Paese. Il fatto è che questi mo-vimenti, pur con limiti talvolta seri (come la man-canza di incisività della lotta articolata in un certonumero di aziende e in qualche settore, oppure lamancata concretizzazione di movimenti reali sulfronte dell'occupazione), presentano un quadro com-plessivo sulla base del quale già si può vederequanto positivo sia stato il bilancio di questa an-nata.

Qui nel Mezzogiorno, come nelle altre regioni, sitratta già di un movimento che riesce ad operaresu un arco ricco di iniziative, di rivendicazioni, chevanno dall'azione articolata nell'azienda alla lottaper il superamento delle « zone » salariali, dallalotta per i contratti di settore a un impegno cre-scente nelle iniziative per la difesa e l'espansionedell'occupazione, per lo sviluppo economico fino arealizzare con successo, questo anno, anche duescioperi generali per il miglioramento delle pen-sioni e la riforma del pensionamento. E' aumentata,in sostanza, la capacità del movimento sindacale didarsi disegni rivendicativi più ricchi e di operaresu più « tavoli », reagendo in questo modo al ri-catto padronale che tenta di contrapporre l'occu-pazione ai salari e infrangendo nello stesso tempoil disegno di insabbiare l'iniziativa sindacale.

Un altro dato positivo dello stato del movimen-to è costituito dai progressi compiuti dal processounitario. Un processo che complesso, e anche trava-gliato, ha però compiuto quest'anno nuovi passiavanti, qualitativamente importanti; permangonocerte differenze, talvolta anche profonde, ma ilconfronto e la ricerca unitaria avvengono ormai suun terreno e ad uno stadio più avanzati di quelliche esistevano anche soltanto alcuni mesi fa. Ledimostrazioni più interessanti di questo progressonon sono soltanto registrabili nei rapporti tra leorganizzazioni sindacali, instaurati in alcuni settorio al livello interconfederale, dove da più tempo so-no in corso confronti ed esperienze unitarie; lo siverifica anche in alcune regioni meridionali dove permolto tempo, e fino a pochi mesi fa regnava unostato di vera e propria cristallizzazione delle rela-zioni instaurate dopo le scissioni sindacali del 48-49. Così, degno di rilievo e sintomatico è un certospostamento unitario in corso, imperniato su con-tenuti di azioni, che si verifica fra le organizzazio-ni bracciantili e mezzadrili, dove gli sforzi unitaliparevano destinati a rimanere sterili. Infine, unaltro dato positivo è costituito dal fatto che, a so-stegno delle lotte de] movimento sindacale, cioècon i lavoratori in movimento, si sono schierati mi-gliaia di studenti, dando vita a un rapporto che— anche se ha aperto e apre talvolta problemi con-cernenti il modo di intendere, in questa o quellasituazione di lotta, l'autonomia dei rispettivi mo-vimenti — vede spesso schierate masse ingenti distudenti a fianco dei lavoratori. Questo è un cla-moroso fenomeno nuovo, positivo, di grande im-portanza. Questo spostamento di migliaia di giovanisu posizioni avanzate non soltanto va salutato ecolto come elemento di fondo, ma occorre altresì,come movimento sindacale, che lavoriamo perchétale spostamento si rafforzi e tale movimento de-gli studenti rivesta un ruolo sempre più incisivonella realtà e nelle lotte sociali del Paese. Ma si-gnificativo è, altresì, il pronunciamento di un certonumero di organi di governo locali a favore dellelotte operaie e contadine, e in generale la cre-scente simpatia e quindi l'aumentato prestigio del-l'azione sindacale che viene ai lavoratori da larghistrati della popolazione, come si è sentito nellelotte delle ultime settimane.

E' vero che la vertenza imperniata sul supera-mento delle « zone » salariali, e cioè per la liqui-dazione di una concezione discriminatoria verso ilavoratori del Mezzogiorno e di altre zone delPaese, ha contribuito a aumentare la tensione. Noiinfatti avevamo messo in guardia la Confindustriasu quello che « bolliva in pentola ». Abbiamo an-nunciato che non si trattava di una delle tante ver-tenze. La lotta contro le « gabbie », contro « l'Ita-lia a fette », contro l'esistenza di lavoratori di la,di 2a, e di 3a o 4a classe, è una lotta contro tuttauna politica, fatta dai gruppi dirigenti verso il Mez-zogiorno, e a danno dell'intero Paese. La carica com-

battiva, espressa da centinaia di migliaia di lavo-ratori meridionali e di altre zone soggetti a discri-minazione, non ci ha quindi colto di sorpresa. Maanche di questa carica dobbiamo comprendere e fa-re intendere alla classe dirigente tutte le implica-zioni.

La presa di coscienza e la legittima esaltazionedei dati positivi sullo stato del movimento, e del-le possibilità che esistono di ottenere risultati im-portanti, non ci possono permettere di oscurare0 tanto meno minimizzare le difficoltà presenti neltipo di scontro in atto nelle vertenze oggi sul tap-peto. Le difficoltà ci sono e scaturiscono innanzi-tutto dal comportamento del padronato, dalle scel-te che queste forze continuano a perseguire nelcampo dei rapporti sindacali e ad imporre all'in-tero Paese. Tale linea dei gruppi dirigenti padro-nali è tuttora ancorata a un sostanziale irrigidi-mento nei confronti delle rivendicazioni dei lavo-ratori. Essa ha per caposaldi: bassi salari ed in ge-nerale compressione del costo del lavoro (signifi-cative in proposito sono le posizioni di Costa perle pensoini, col rifiuto dell'agganciamento all'80per cento della retribuzione e con la proposta dipensionamento a 65 anni); negazione di ogni effet-tiva autonomia contrattuale al sindacato nelle azien-de (e qui si inserisce la nostra rivendicazione, pre-sentata alla Confindustria per il diritto di assem-blea e il riconoscimento della sezione sindacaleaziendale); discriminazione e barriere contro i mi-litanti e, infine, pressioni per spingere ai marginidella società il movimento sindacale, a meno cheesso non si lasci addomesticare (per esempio, attra-verso l'accordo-quadro ). Si tratta di una linea chenon regge: essa non può vincere, può soltanto resi-stere più o meno a lungo. E ciò dipende anche danoi. Non può vincere perché fa acqua ovunque. Siguardi al Mezzogiorno.

Borletti, al tavolo delle trattative quando l'altrogiorno si era ormai in fase di rottura, ha credutodi usare una frase d'effetto dicendo che, se i lavo-ratori di Enna pretenderanno di essere pagati con1 livelli minimi di Milano, ebbene quel 20% in piùimpedirebbe a Enna di avere uno sviluppo econo-mico e nuove iniziative industriali. E' perfino trop-po facile rispondere a Borletti (come del resto fe-ce giustamente Rossitto), dicendo che Enna è daoltre 20 anni al di sotto del 20% in meno nei con-fronti dei minimi di Milano. Ma a Enna, appunto,c'è stata l'involuzione economica e migliaia di la-voratori di altre provincie, relegati in 7a, 6a o 5aposizione dalla « gabbia » salariale, hanno dovutoemigrare, se hanno voluto trovarsi un lavoro. Que-sto è il punto! ma non siamo più all'anno zero. Sia-mo in grado di tirare le somme non tanto noi

della CGIL che le abbiamo tirate da un pezzo, machiunque sia in buona fede può constatare il falli-mento clamoroso, generale, di una politica cosid-detta di incentivazione verso il Mezzogiorno e lealtre aeree depresse del Paese. Essa è basata sudue pilastri: i bassi salari, come incentivazione ge-nericamente indiretta, ma fatta direttamente sullapelle dei lavoratori; l'incentivazione diretta, fattacon finanziamenti, sgravi e agevolazioni che paganotutti i cittadini: ebbene oggi tutti gli indici econo-mici e le tendenze, consolidantesi nella nostra eco-nomia dopo la crisi « congiunturale », stanno a in-dicare che i ritardi e gli squilibri relativi al Mez-zogiorno rispetto al resto del Paese stanno crescen-do non solo in termini di tempo, ma anche in sensostrutturale. Gli incentivi sono serviti infatti ai gran-di gruppi per fare molti affari, mentre nel Mezzo-giorno e in altre zone del Paese la crisi sociale èprofonda. Tutti gli obiettivi dell'occupazione (an-che quelli del Piano Pieraccini) sono saltati, percui l'industria e l'agricoltura non riescono a darelavoro: la prima l'ha fatto in modo assolutamen-te inadeguato, la seconda continua a fornire cen-tinaia di migliaia di « braccia » italiane all'emigra-zione, alle quali vanno aggiunte le masse di lavo-ratori senza lavoro o sottoccupati.

La tesi del basso salario come condizione distimolo e incentivazione allo sviluppo economicoè una mistificazione, non è altro che un inganno:tutti i dati confermano che la compressione dellivello salariale ha depresso l'ambiente e ha resopiù difficile e costosa la formazione e l'adattamen-to delle forze di lavoro. I processi di industrializ-zazione «indotta » dai bassi salari e dagli altri in-centivi statali hanno creato « rendite » salariali peri padroni, ma non ha consentito di creare un mer-cato meridionale autopropulsivo, che può nasceresoltanto da una domanda crescente di beni di con-sumo e di investimento. Inoltre, l'insieme dellaincentivazione ha giocato a favore delle aziende adalta intensità di capitale (siderurgia, petrolchimica),senza dare sviluppo alla meccanica e tanto menoall'occupazione in generale dei lavoratori. Si assi-ste, altresì, al fenomeno di insediamento di alcunenuove grandi aziende (vedi il caso dell'Alfa Sud),dove si punta all'utilizzazione dei quadri tecnici especializzati già attivi, togliendoli da altre attivitàminacciate oppure portandoli dal Nord o dall'este-ro. Pieni fra l'altro di una altezzosità di tipo co-lonialistico.

Anche la stessa linea di industrializzazione soste-nuta, ad esempio, dalla Fiat (sulla carta...) con im-prese nuove ad alta intensità di lavoro (elettroni-ca, elettromeccanica, aeronautica, elettronucleareecc.) non ha affrontato l'esigenza di una crescita

industriale collocata nel vivo della realtà meridio-nale, basata sull'industria di trasformazione legataalla agricoltura, a un'agricoltura da valorizzare at-traverso misure di riforma radicale. I dati dellarealtà dimostrano quindi il fallimento della lineadei bassi salari, della compressione del costo dellavoro e dell'incentivazione diretta dei grandi grup-pi industriali. Questa linea può e deve essere bat-tuta, anche se tenace è la resistenza delle forze pa-dronali e conservatrici. Tale caparbietà non vi èstata soltanto nell'atteggiamento della Confindu-stria: lo stesso governo ha trovato il modo di elu-dere per mesi, fino alla crisi, il problema delle pen-sioni e perfino l'impegno di copertura del fondosociale che spetta allo stato. Tuttavia, il governo hasaputo trovare centinaia di miliardi da concederea buon me.cato ai grandi gruppi padronali attra-verso gli sgravi e gli incentivi previsti dal cosid-detto decretone. Non è, d'altra parte, escluso chelo sconquasso in atto nel sistema monetario e gliesempi di politica antioperaia forniti in questi gior-ni da De Gaulle non suggeriscano linee di ten-denza apertamente reazionaria a qualche ambientenel nostro Paese più pronto a recepirle. A questoproposito, rendendosi conto della gravita della cri-si monetaria e delle sue possibili conseguenze, lasegreteria della CGIL pensa di lanciare una pro-

posta unitaria di iniziativa sindacale. Ma le forzepadronali, i gruppi dirigenti del Paese faranno be-ne a misurare i loro passi. La CGIL, il movimentosindacale italiano hanno dato prova di maturità,di senso di responsabilità: questo non significacerto un ammorbidimento o tanto meno una ri-nuncia. Quello che vogliamo non è tutto e subito,ma atti che sblocchino una situazione insostenibilee che diano il senso che si vuole imboccare unastrada nuova. L'Intersind ha dimostrato, ad esem-pio, una linea di ragionevolezza aprendo una stradaalla soluzione del problema delle zone; noi l'ap-prezziamo positivamente e ci accingiamo a con-frontare il 9 dicembre le posizioni di merito sutale strada.

In questi giorni le forze politiche sono impegna-te a formare il governo. La CGIL non intendefarsi partigiana di questa o di quella formula; nonè suo compito. Ma alle forze politiche essa si ri-volge per dire loro che fra i lavoratori ci sonoattese le quali non possono più essere deluse: pen-sioni, salari, occupazione, investimenti nel Mezzogiorno e nelle aree depresse, ruolo nuovo dellePartecipazioni statali, politica agraria, espansionedel mercato interno, diritti dei lavoratori, rifor-ma del collocamento, formazione professionale, af-fitti, e in generale partecipazione sindacale alle

scelte economico-socialj. Alcune proposte nuovesu una linea nuova sarebbero un fattore che fa-vorirebbe la creazione di un clima più propizioe che scoraggerebbe le punte oltranziste della Con-findustria e della confagricoltura. Ma se cosi nonsarà, la risposta dei lavoratori vi sarà e non si fa-rà attendere. Per esempio, non è che sulle pen-sioni possiamo fare molta anticamera. I lavorato-ri hano fatto lo sciopero generale in Italia del14 Novembre, e vogliono sapere se si fa sul serio.La UIL ha proposto alla CGIL e alla CISL unincontro per il 4 dicembre. Abbiamo già rispostoche siamo disponibili per un esame delle lotte incorso e dei problemi aperti. Viglianesi, nella let-tera che ci ha inviato e che poi ha dato alla stam-pa, indica tutte le questioni che oggi suscitanopreoccupazioni e tensione fra i lavoratori: rifor-ma delle pensioni; preoccupazioni per l'occupa-zione; problema degli affitti; condizione dei lavo-ratori nelle aziende; questione delle « zone » sa-lariali. Non abbiamo nessuna difficoltà a fare unesame di insieme. Vogliamo però precisare che sitratta di vertenze o di problemi per ognuno deiquali scelte sindacali furono fatte a suo tempo eche comunque coinvolgono controparti diverse tal-volta private, in altri casi pubbliche, o entrambecontemporaneamente; si tratta di vertenze, molte

ROMA SI FERMAPEH UN DIVERSO SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE

PROVINCIALE DI 24 OREDI TUTTE LE CATEGORIE

Giovedì 5 dicembreproclamato dalla CGIL - CISL - UIL

COMIZIO:.».,A SAN GIOVANNI

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ROMA:UN GRANDESCIOPEROGENERALECONTRO

LA DEGRADAZIONEECONOMICA

Non è un modo di dire, è la pura verità: lo scio-pero generale del 5 dicembre (contemporaneo agliscioperi generali di Latina, Frosinone e Viterbo) haveramente, letteralmente paralizzato Roma. Bloccatii treni, gli autobus, le poste, i taxi, deserte le fab-briche e le scuole (dopo due giorni consecutivi disciopero il provveditore, il terzo giorno le hachiuse), chiusi i negozi e i mercati. E unagrande manifestazione: un lunghissimo corteo dalColosseo a San Giovanni dove, dinanzi a diecinedi migliaia di lavoratori di tutta la provincia e amigliaia di studenti, hanno parlato il segretario dellaCamera del lavoro, Aldo Giunti, e i segretari pro-vinciali della CISL e della UIL. Con questa ecce-zionale manifestazione di forza unitaria i lavoratoriromani e le organizzazioni sindacali hanno espressola loro risoluta volontà di imporre il rovesciamentodella tendenza che sta portando Roma verso la de-gradazione economica, la loro determinazione dilottare per lo sviluppo economico della città e dellaprovincia; e per questi obiettivi hanno chiesto unintervento tempestivo ed efficace delle partecipazio-ni statali nell'industria e nell'agricoltura utilizzandoi duecento miliardi « congelati », rapida e positivasoluzione delle vertenze ancora in corso, pieno ri-spetto delle libertà e dei diritti sindacali.

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IL CONVEGNO DI NAPOLIdelle quali non sono riconducibili a una generalecentralizzazione, e anzi sono legate alla capacitàdi articolazione rivendicativa e operativa. Ci sonoindubbiamente problemi di priorità e di coordi-namento. Ad esempio, per le pensioni una certacentralizzazione si impone; lo sciopero del 14 no-vembre (che la CGIL avrebbe voluto fare già pri-ma) è andato ottimamente, ma ci sono certe coseda chiarire per dare espansione e fiato a que-sta battaglia unitaria; è una questione che ha isuoi tempi e sui cui occorre presto una risposta.Non si possono « omogeneizzare » logiche e tempidi tutte le questioni oggi sul tappeto; in ogni ca-so, il governo è chiamato in causa fin dalla suaformazione, per la questione delle pensioni.

Per quel che riguarda le « zone » salariali, l'In-tersind ha aperto sulla linea del superamento, e sitratta. Ma la Confindustria ha rotto, definendo« estremisti » i sindacati. C'è qui un problema didirezione, che è quello di una prima ondata discioperi generali regionali per rispondere con im-mediatezza alla rottura, ma poi, prima delle fe-ste, occorre imprimere un ritmo diverso e formedifferenti all'azione. Bisogna discuterne tra noi, econ gli altri sindacati. Secondo noi occorre man-tenere aperta la linea per un accordo di supera-mento, e non attraverso singoli « punti » che difatto allontanerebbero la situazione. Dobbiamo na-turalmente ottenere ciò attraverso un aumento del-la pressione, e siccome il ritmo degli scioperi ge-nerali è per sua natura più lento occorre andarea una certa articolazione che non divida noi, ben-sì il fronte padronale; quindi puntare sull'accordodi settore più che sul « capitolato » aziendale. Mal'azione per i salari non si esaurisce nelle « zone ».Queste sono il punto di attacco per un discorsopiù vasto. Nel Mezzogiorno vi è tutto il problemadel sottosalariato da eliminare, e qui l'azione de-ve essere pertinente. C'è inoltre un'azione salaria-le e contrattuale più che mai aperta nelle cam-pagne, e qui la risposta deve farsi più massiccia;sono aperte vertenze in 21 provincie per i contrattibracciantili e 600 mila sono i lavoratori interes-sati. Si tratta di accelerare le iniziative mentre peril settore colonico vi sono nuove possibilità anchein relazione alla positiva evoluzione delle inteseunitarie. Poi ci sono i settori olivicolo, forestale( dove si tenta di rompere la « gabbia » centraliz-zatrice ).

Ma il tema dei salari e della contrattazionenella industria e nella agricoltura (anche nel pub-blico impiego) sollecita il movimento tutto a schie-rarsi con maggiore decisione sul fronte comunedell'occupazione e dello sviluppo economico, perbàttere nei fatti la contrapposizione fra salario eoccupazione. Non bastano più le enunciazioni, leprese di posizione. Le scelte generali e regionalile abbiamo fatte; siamo disposti a discuterle e an-che a rivederle, ma ora le indicazioni più probantidevono pervenirci dal movimento. Gli obiettivinazionali, generali, ci vogliono, così come è ne-cessario un coordinamento. Ma l'essenziale è ri-proporre nei fatti la nostra linea di riforme e disviluppo, nel Mezzogiorno e nelle altre regioniai livelli settoriali. II fatto è che sull'occupazioneci sono molti documenti e poche lotte. Direi chela lotta per l'occupazione e lo sviluppo dovrebberisultare come il quadro e nello stesso tempo ilprolungamento immediato della lotta salariale.La leva della azione salariale e contrattuale cigarantisce il passaggio alla azione, ma bisognavolere poi quel « prolungamento », poiché nonpossiamo affidarci passivamente all'andamento delciclo di sviluppo e della crescita degli squilibri ealle fluttuazioni che si riflettono sull'occupazione.I tempi, soprattutto per il Mezzogiorno, non pos-sono essere lunghi perché lo sono già stati troppo!Sappiamo per esperienza nostra (e anche francesee inglese) che la conquista salariale da sola nonbasta. Occorre ottenere sul terreno della politicaeconomica quelle garanzie di consolidamento del-le conquiste salariali, contro le misure di inflazio-ne o di deflazione, contro l'aumento della disoc-cupazione e la crescita dello sfruttamento.

Il padronato è oggi in uno stato generale didebolezza di fronte all'incalzare delle lotte; puòdarsi che nei prossimi mesi si rompa « l'equili-brio » attuale fra salari e profitti. Se vogliamo, inquel momento, impedire la ritorsione contro i la-voratori, dobbiamo impegnarci su una linea di

consolidamento attraverso nuovi equilibri di po-litica economica e sociale.

Il fronte dei diritti sindacali, che stiamo riven-dicando, è in tal senso coerente a tale esigenza.Altri grossi campi della nostra azione sono i fit-ti, la scuola (e qui bisogna- impegnarci per ren-dere più fecondo l'incontro con gli studenti). Masu tutto il fronte delle nostre richieste quello cheviene oggi al pettine è questo punto d'incontro travisione nazionale e linea articolata: qui abbiamoseminato e oggi stiamo raccogliendo. « Zone »,pensioni, occupazioni, sono temi nazionali su cuidobbiamo muoverci col massimo di capacità didirezione e il massimo di articolazione nel rappor-to con le masse. Per il Mezzogiorno, dobbiamo es-sere all'altezza dello scontro.

Concludo sottolineando due esigenze: quelladi un rafforzamento unitario, che nel Sud è oggiin atto con l'apertura di nuove occasioni, forsesenza precedenti, e che richiede da parte nostradi rompere ogni residuo indugio, di battere ogni

settarismo, per nuovi avanzati rapporti unitari cheson resi possibili dall'evoluzione in corso pressomolti quadri delle altre organizzazioni. L'altra esi-genza, valida per tutta la nostra organizzazione,è quella di un nuovo modo di far concorrere tut-ti i militanti alle scelte dell'organizzazione, il checircoscrive le responsabilità di ogni gruppo diri-gente, ma arricchisce l'apporto, la partecipazionee la convinzione dei militanti all'azione generaledel sindacato. E' una questione di sviluppo dellacoscienza democratica, di formazione di massa del-le decisioni, dibattito sulle forme di lotta; in-somma di rendere protagonisti i lavoratori, con lamassima attenzione e apertura alle nuove leve, conun rinnovamento delle nostre strutture, dei nostriquadri, della milizia sindacale nel senso più alto.La grande ondata di battaglie apertasi nel '68,dopo un crescendo di maturazione sindacale e ope-raia, è un'ondata che nel 1969 non potrà cheestendersi; è la grande occasione per un passoavanti decisivo anche in questa direzione.

LA ROTTURA DELLE TRATTATIVECON LA CONFINDUSTRIA

II 26 novembre si è svolta la prevista riu-nione tra le organizzazioni sindacali operaiee la Confindustria per discutere il problemadell'assetto zonale. Dopo la puntualizzazionedelle rispettive posizioni la trattativa è statainterrotta perché la Confindustria si è atte-stata sulla linea di semplice avvicinamentodelle attuali distanze zonali, rifiutando la ri-chiesta sindacale di superare integralmente,entro tempi certi e predeterminati, l'attualeassetto.

Il giorno seguente la CGIL ha diramatola seguente nota: « II comunicato della Con-findustria e ancor più la dichiarazione delsuo vice presidente dottor Borletti, apparsioggi sulla stampa, danno della rottura delletrattative una spiegazione di parte che varettificata, specie per quanto concerne laCGIL, fatta oggetto di un attacco specifico.

Le tre Confederazioni sostennero aperta-mente nell'aprile scorso che il potere di de-finire i minimi salariali in ogni provincia ve-nisse riconosciuto alle categorie. Di fronteal reciso diniego della Confindustria che ri-vendicava al livello confederale la compe-tenza della determinazione dei minimi pro-vinciali, le Confederazioni dei lavoratori, ela CGIL in particolare, hanno chiaramente so-stenuto, in tutto l'arco della vertenza, che intali condizioni la trattativa aveva un sensosoltanto se l'accordo interconfederale avessecontenuto il superamento dell'attuale asset-to zonale entro tempi certi e predeterminati.

La Confindustria non ha dunque oggi il di-ritto, in presenza di un vasto e unitario mo-vimento rivendicativo che investe decine diprovincie, di rimproverare alle confederazio-ni dei lavoratori, e tanto meno alla CGIL,un atteggiamento che la Confindustria stes-sa, con la sua posizione, ha in sostanza de-terminato. Del tutto inutile, in queste condi-zioni, sarebbe stato protrarre le trattativesu particolari modalità (conglobamento dellaindennità di contingenza, coordinamento conle situazioni di fatto, gradualità di applicazione) quando sul fine stesso dell'accordo,superamento o meno dell'assetto zonale, siera manifestato un dissenso insanabile.

E' anche opportuno ripetere che la CGIL,come le altre Confederazioni, hanno fin dalprincipio rifiutato l'argomento padronale se-condo il quale il miglioramento dei salariprovinciali sarebbe possibile soltanto colprocedere dell'industrializzazione. Questa li-nea di politica economica che ha condannatoper decenni i lavoratori del sud a una intol-lerabile inferiorità salariale non è certq ser-vita a favorire lo sviluppo economico comeè dimostrato dal crescere degli squilibri frail nord e il Meridione d'Italia. E' contro que-sta condizione di inferiorità che i lavoratoriconducono oggi la lotta per il superamentodelle zone. Solo la crescita dei salari e quin-di dei consumi popolari nel sud può dar vitaa quello sviluppo economico che la politicadel grande padronato ha finora nei fatti im-pedito ».

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IL DIBATTITO

SILVANO RIDISegretario provinciale FIOM di Napoli

La partecipazione della classe operaia napole-tana e dei metallurgici in particolare è venutaavanti in modo crescente con gli inizi del 1968 nelcontesto di un esame critico e autocritico dellasituazione sindacale del Mezzogiorno e dei suoiritardi rispetto ad altre aree del Paese. Ponemmoallora in termini espliciti delle piattaforme riven-dicative aziendali che investivano i problemi del-l'ambiente di lavoro, degli organici, dei diritti sin-dacali, del potere contrattuale nonché il riassettoe il superamento degli squilibri salariali. A lugliopotemmo fare un bilancio positivo. Lotte azien-dali importanti tra cui alcune assai dure, si eranocollegate al movimento degli studenti e di vastistrati popolari e avevano portato a quindici accor-di aziendali. La rivendicazione del riassetto zonalesi palesò quale scelta non assorbente dell'inizia-tiva rivendicativa articolata, ma capace di allar-gare ulteriormente le lotte rivendicative articolate.

I risultati ottenuti con l'azione sul terreno delriassetto zonale hanno dato, quindi, alle lotte ar-ticolate nuovo vigore, permettendo un collega-mento con le zone più arretrate del movimento;si è giunti per questa via a momenti di genera-lizzazione, come è stato con lo sciopero provincia-le unitario dell'8 novembre, il quale ha visto mas-se importanti di lavoratori rifiutare esplicitamen-te, per la prima volta in venti anni, attraversola battaglia salariale, tutte le linee di sviluppoeconomico imposto in questi ultimi anni al Mez-zogiorno. Il rifiuto delle cosidette « convenienze »da apprestare allo sviluppo capitalistico e dei bas-si salari, ecc. si manifesta oggi nella nostra pro-vincia in modo si può dire clamoroso, sul terrenodi massa e partendo appunto dalla lotta salaria-le nelle aziende. Con l'avanzata del processo uni-tario, il movimento fa fallire anche manovre tat-ticistiche e i tentativi di strumentalizzare il sinda-cato e si creano le condizioni, cui siamo impegna-ti, per portare avanti, sviluppare le lotte a livellodi categoria e territoriale, e condurre al combat-timento le masse dei lavoratori delle piccole azien-de fin'ora poco presenti. Di grande importanzasono i compiti che gli organi dirigenti delle cate-gorie e delle Camere del lavoro debbono affron-tare per armonizzare e coordinare la lotta.

GIUSEPPE CALEFFISegretario nazionale della Federbraccianti

Le zone di sottosalario agricolo interessano cen-tinaia di migliaia di lavoratori. Accanto alle usua-li violazioni contrattuali quelle ad es., di pagarela metà del dovuto vi è il sottosalario di zona,che aggrava gli squilibri all'interno delle stesseregioni meridionali. La gran massa dei coloni nonha avutb alcun compenso per i miglioramenti pro-duttivi da essa apportati; basso, è, inoltre il nu-mero di giornate lavorative dei braccianti ( 100all'anno in media nazionale, 60 nel Mezzogiorno).

Nelle aziende agrarie capitalistiche, comincia adapparire la disoccupazione tecnologica: la Con-fagricoltura punta a un accordo quadro per i brac-cianti in modo da togliere alle organizzazioni pro-vinciali la possibilità di adeguare i salari alle real-tà locali e realizzare ulteriori concentrazioni e loaumento dei profitti. Anche in agricoltura siamo aldunque: o riusciamo a dare una risposta facendoavanzare la contrattazione a livello provinciale eaziendale, o rischiamo di non mantenere i livelliacquisiti.

In 21 provincie sono aperte vertenze a cui sonointeressati 600 mila lavoratori. Numerose sono le no-stre categorie in lotta in altri settori e zone. Ma noipensiamo che si può e si deve andare oltre, con lottetali da riuscire a imporre trattative positive. A Sira-cusa è stato deciso lo sciopero a tempo indetermina-to. Catania, Agrigento, Caltanissetta ed altre provin-

ce in Puglia vengono investite dalla lotta. I colo-ni faranno scioperi unitari regionali: il 4 in Pu-glia, il 5 in Calabria, il 9 in Sicilia. Gli obiettividella lotta dei nostri settori sono ora chiari: ciòche occorre realizzare è un giusto rapporto dina-mico con gli altri settori e ottenere un salto diqualità rispetto al tempo in cui le giuste tesi danoi sostenute in materia di sviluppo economico,in seno ai Comitati Regionali della Programma-zione, non erano sostenute dal movimento dei la-voratori. Le lotte vanno però collegate ad obiet-tivi interni ed esterni alla azienda, quali quellidel collocamento, dei canali, delle strade, delledighe. Un dato è certo: il 90% dei lavoratori delnostre settore è sottoccupato. Partendo dalle le-ghe bracciantili, dobbiamo costruire, in modo au-tonomo ed unitario, un nuovo collocamento con-trollato dai lavoratori.

CARMINE PATRONOSegretario Camera del lavoro di Bari

La battaglia contro le zone salariali trascendel'interesse puramente salariale: da qui la parte-cipazione di massa, che nella nostra provincia èstata assolutamente eccezionale, anche se CISL,e UIL tendevano ad escludere alcune categorie.Le giustificazioni padronali delle « gabbie » nonreggono: nelle aziende del Sud il tasso di pro-fitto è almeno tanto alto (se non più alto) chenegli stabilimenti del Nord. E, come sappiamobene nel mezzogiorno, non è vero che il basso sa-lario incoraggi l'industrializzazione né è vero chel'aumento del costo del lavoro la freni. La lottacontro le « zone » ha avuto inoltre l'effetto di esal-tare tutte le azioni aziendali in corso, dando lorouna componente generale assai sentita. Non sonomancati i limiti; principale quello consistente nel-l'insufficiente continuità. In ogni caso, Governo eConfindustria si trovano isolati su due grossi fi-loni come quello delle pensioni e le « zone ». Do-po la crisi, il nuovo Governo non potrà eluderele proprie responsabilità; la Confindustria dalcanto suo non può — dopo l'apertura attuata dal-l'Intersind — credere di cavarsela procrastinandotroppo a lungo l'eliminazione delle disparità sa-lariali; anzi, a questo proposito occorre essere chia-ri e stabilire che nessun superamento graduale po-trà allontanare la soluzione definitiva al massimooltre i due, tre anni.

ANDREA GIANFAGNASegretario nazionale della FILZIAT

La rottura della Confindustria sulle zone sala-riali è importante poiché realizzata nell'unità: es-sa fa chiarezza sul nostro obiettivo di superamen-to della disparità e comporta una trattativa che èstata tutta sostenuta dalla lotta: esempio assai si-gnificativo. Ora occorre intensificare rapidamenteil movimento, proprio perché Ja rottura ha rive-lato che il padronato voleva cavarsela con un« aggiustamento » — « Se fosse vero che i bassisalari fanno bene all'industria — mi ha detto unoperaio — allora nella Spagna ci sarebbe unaindustria meglio che in America...! » — L'esem-pio del settore alimentare è tipico: realizzata daigrandi gruppi, la crescita dell'industria di trasfor-mazione si è risolta nel Sud con un aumento dellosfruttamento operaio e contadino, con un calo del-l'occupazione, con il permanere del sottosalario.

E' per questo che nel Sud, in particolare, lalotta per abolire le discriminazioni salariali (60-70lire nelle aziende alimentari) deve essere stretta-mente intrecciata con la battaglia per l'occupa-zione, cioè per investimenti produttivi e propul-sivi per i quali il posto preminente spetta alle

Partecipazioni statali; non dimentichiamo, infatti,che nelle aziende alimentari la « mano pubblica »si è fatta abbastanza robusta, senza comportarepurtroppo apprezzabili risultati in termini di sa-lario e di occupazione. La rottura di fronte ope-rata dall'Intersind deve spingerci a rivendicarecon la lotta una funzione trainante, da parte delsettore pubblico. Infine va sottolineata la giustez-za di una tattica di articolazione che non ci fac-cia cadere della dispersione degli accordi azien-dali e che ci assicuri una continuità e direzionedel movimento.

MARIO GIOVANNETTISegretario regionale della Sardegna

L'imponenza dello sciopero regionale del 28 ot-tobre ha confermato la carica di lotta dei lavora-tori sardi intorno al problema delle « zone » sala-riali. Nata dal tema delle sperequazioni salariali, lalotta ha avuto altre componenti: l'occupazione, lelibertà sindacali, l'assetto civile dell'economia iso-lana. Esisteva uno stato di mortificazione delle or-ganizzazioni meridionali, alle quali, in certo senso,si tendeva ad addossare la responsabilità di solle-vare un problema che poteva bloccare l'intero mo-vimento e pregiudicare margini di manovra in altrezone del paese. Si tratta di una preoccupazione odi uno stato d'animo che va eliminato. E' neces-sario, invece, precisare che cosa si intende oggi perproblema meridionale, riguardo alle sue stesse di-mensioni geografiche ed economiche e di fronte ainuovi squilibri creatisi nel Mezzogiorno con le co-siddette isole di sviluppo. C'è da domandarsi anzi,se non si corra il rischio di trovarci tutti quali me-ridionali nell'area del MEC.

A questi interrogativi va data una risposta uni-taria, se si vuole l'unitarietà del movimento. E'certo limitativa la visione di talune Federazioni dicategoria che considerano l'azione per le « zone »salariali una remora per i prossimi rinnovi contrat-tuali o un ostacolo alla azione articolata e pensanoa un ritorno ai movimenti di generalizzazione. Lacontestazione al tipo di sviluppo capitalistico, alprocesso di riorganizzazione monopolistica, parteda momenti aziendali ma deve, necessariamente, tro-vare momenti più generali di lotta contro gli squi-libri di varia natura. La lotta contro le sperequa-zioni non può essere intesa solo come fatto sala-riale: la sperequazione si riscontra anche nei regimiaziendali introdotti da imprenditori continentali conuna mentalità colonialista. Essa si manifesta conrapporti che mortificano i lavoratori e suscitano unaforte carica di ribellione davanti alle scelte di poli-tica economica basate sull'assurdità di certe incen-tivazioni che non hanno creato le condizioni al for-marsi di una classe imprenditoriale locale, ma han-no favorito l'espansione di forti gruppi industrialidel Nord. Siamo di fronte ad aziende costruite conforti finanziamenti pubblici, affidate alla gestione diprivati.

Non intendiamo farci un feticcio dei problemidelle piccole aziende: nei loro confronti occorre undiscorso nuovo e anche più coraggioso. Quelleaziende sono di fronte ad una nuova realtà carat-terizzata dai processi di concentrazione e raziona-lizzazione. Non tener conto di questo processo irre-versibile, significa accogliere l'esistenza di zone, diaziende in cui saranno possibili regimi di basso sa-lario e riversare sui lavoratori il peso di tale situa-zione. Non più tollerabile è la presenza di aziendeche si reggono sul sottosalario e l'evasione dei con-tributi assicurativi. La nostra strategia salariale èstrumento per un nuovo corso di politica economi-ca: la nostra scelta, proprio con gli aumenti sala-riali, mette in discussione una programmazione chenon realizzi obiettivi che si era prefissi. Noi siamodel parere che le « zone » salariali devono esserecon tempi brevi eliminate in due anni al massimo.

7.1* A, 1 1

IL CONVEGNO DiConsideriamo possibili fasi di lotta ancora più avan-zate. E' in discussione l'idea di una giornata dioccupazione simbolica di tutti i luoghi di lavoro conassemblee di lavoratori e sindacati in fabbrica pro-prio per discutere gli sbocchi della lotta in atto.Si sta esaminando l'idea di fare delle giornate perle « zone » salariali un momento di lotta in colle-gamento con la parte interna dell'isola (occupa-zione simbolica dei municipi o di terre incolte) congli obiettivi che le organizzazioni sindacali indiche-ranno; questo anche per evitare quei movimentistrumentali che da più parti vengono avanti.

GASTONE SCLAVISegretario regionale della Lombardia

Le lotte del 1968 nelle grandi fabbriche del Norde del Sud vedono rincorrersi fra loro forme fra lepiù avanzate, mediante la continua partecipazionedei lavoratori allo sviluppo ed al contenuto dellelotte stesse: i diritti conquistati all'Alfa Romeo diPomigliano trovano corrispondenza con quelli con-quistati nel Nord indicando la direzione per altreconquiste. I gruppi dirigenti del nostro Paese mi-rano, peraltro, alla sua unificazione sotto la guidadei grandi gruppi economici, attraverso una lineadi sviluppo che procede per forti squilibri ed è vol-ta a dividere i lavoratori. Abbiamo cominciato arovesciare queste mire col movimento dei lavora-tori, a impedire la divisione unificando i contenutidella lotta non a livello più basso, ma attorno aglielementi più qualificanti. Le lotte al Nord e al Sudcontengono in tal modo validi riferimenti comuniper una linea alternativa a quella dei grandi gruppicapitalistici. Poiché gli squilibri ci sono anche al-l'interno delle regioni del Nord, noi stiamo pen-sando ad uno sciopero generale in Lombardia pereliminare le « zone » salariali, per affermare il di-ritto alle assemblee di fabbrica, per imporre lineedi sviluppo, che impedendo ulteriori concentrazio-ni a Milano facilitino l'espansione del Sud. Legrandi esperienze dei metallurgici milanesi, a par-tire dalla fine degli anni '50, l'unità costruita muo-vendo dalle loro lotte articolate sono valide persuggerimenti che recano anche per i movimenti incorso in altre zone italiane, laddove appunto colmovimento e la lotta articolata si consolida o si co-struisce una nuova unità.

GIUSEPPE CRISCUOLOItalcantieri di Castellammare di Stabia

Con la lotta contro le « zone » che discriminanoil Mezzogiorno è venuta l'ora di dire la parola« fine » per un Sud subalterno e colonizzato. Vadetto che l'azione in corso ha risollevato l'attenzio-ne per il problema del sottosalario, che è una pallaal piede per i livelli retributivi e per la realtà so-ciale. Lo stesso processo di concentrazione (vedi ilcaso Fiat-Citroen ), oltre alle ipoteche che pone sulPaese e sul Sud (forse anche sull'Alfa Sud), mo-stra l'altra faccia quando si accompagna a livellidi sfruttamento alti accompagnati da salari bassia volte sotto il contratto: ecco da dove viene l'altacompetitivita del sistema.

Lottare contro le « zone » significa combatterequest'altra faccia; occorre, insieme, sviluppare ilmovimento per imporre nuovi livelli d'occupazione,modifiche nell'ambiente di lavoro, nuove qualifiche,rispetto dei diritti sindacali. Sappiamo, tuttavia,che quando i lavoratori manifestano per i loro di-ritti, come è accaduto alla Girio, allora il governomanda loro i poliziotti col manganello, mostrandocosì quanto scricchiolino le fondamenta del suo po-tere. Un aspetto importante emerso nelle lotte incorso è quello del nuovo tipo di rapporto che lemasse rivendicano con i propri dirigenti sindacali,che spesso non si sono mostrati all'altezza dellaspinta operaia emersa quest'anno; tra l'altro, unelemento incalzante è anche la nuova unità di base,che ha prodotto una lingua unica nei discorsi sin-dacali e che da nuova grande forza e responsabilitàal movimento. Fermenti interessanti emergono ancheper i tecnici e soprattutto fra i giovani: anche di

questo occorre tener conto poiché tutto ci confi-gura un salto di qualità anche nel Sud.

BRUNELLO CIPRIANISegretario nazionale della FILCEP

I problemi delle sperequazioni salariali devonoessere risolti al più presto per far corrispondere allaqualifica un uguale salario, non possono cioè aspet-tare come dice il vice presidente della Confindu-stria, Borletti, dipendendo da essi lo sviluppo eco-nomico. A questo proposito, quindi, dobbiamo ac-centuare la lotta nelle cittadelle della resistenza pa-dronale (Brindisi, Crotone, Cagliari, ecc), in mododa realizzare, nel quadro delle decisioni di lotta re-gionali e provinciali, l'intensificazione delle azionisindacali nei centri monopolistici della chimica, delpetrolio, della metallurgia, ecc. E' necessario, però,evitare la firma di accordi che non prevedano ilprincipio del superamento delle discriminazioni sa-lariali oggi esistenti con le zone.

Si devono condurre, quindi, azioni più avan-zate articolate nelle fabbriche dei grandi monopoli.La categoria dei chimici si deve impegnare di piùin questa direzione per ottenere un accordo inter-confederale che preveda il superamento totale intempi brevi delle differenze salariali. Inoltre, perquanto riguarda il Mezzogiorno, la lotta per lo svi-luppo dell'occupazione oggi diventa la battaglia perdeterminare all'interno delle aziende condizioni diorganici migliori e di ambiente di lavoro più umano.

COSIMO LATTANZIItalsider di Taranto

Con le lotte aziendali a Taranto si sono ottenuteriduzioni nelle sperequazioni salariali rispetto alNord: si tratta quasi sempre di aziende metalmec-caniche a partecipazione statale, dove altissima èla produttività e dove è perfettamene possibile eli-minare le discriminazioni. Sono poi da ricordarei miliardi e miliardi che il governo, con il « de-cretone », ha regalato agli industriali che hannoaziende nel Sud; e questa è una ragione in più adimostrare che essi possono pagare più alti salari.Desidero però anche aggiungere che le « zone »anche quando saranno abolite — e questo è unobiettivo irrinunciabile ed indilazionabile — noneliminano le radici delle altre discriminazioni cheseparano ancora il Mezzogiorno dal Settentrione dicui sono sempre le masse lavoratrici a fare le spese.

ANTONIO MUSCASSegretario della Camera del lavoro di Latina

Una classe operaia giovane per età ed esperienzacome quella di Latina si è ribellata in questi mesinon solo per ottenere aumenti salariali, ma peril suo rifiuto di accettare la sua attuale condizionenon solo economica ma civile in rapporto alle li-bertà. Occorre, per questo, un sindacato più forte,capace, articolato nella fabbrica e fuori. La disdettadell'accordo sulle zone salariali è stata la molla cheha fatto esplodere la situazione. Vi sono stati settescioperi generali e centinaia di scioperi articolatiaziendali, spesso su iniziativa diretta dei lavoratori.In certi casi si è ritenuto opportuno ricorrere allaoccupazione delle fabbriche. Sarebbe stato un gra-ve errore frenare questa carica dal momento chesiamo riusciti ad imporre al padronato di trattareanche mentre i lavoratori erano in lotta.

I risultati ottenuti sono notevoli: abbiamo accet-tato anche risultati parziali. In 45 aziende si è ot-tenuto un totale di due miliardi di lire di aumenti;settori interi sono quasi interamente coperti dagliaccordi. Si è rovesciato un rapporto di forza cheuna volta vedeva i lavoratori quasi indifesi. Oggi,questi ripropongono problemi di ritmi di lavoro, diambienti, di dignità, cottimi, ecc, e tornano a lot-tare. Fra i principali obiettivi vi è quello del sin-dacato in fabbrica.

Ci colleghiamo agli altri strati di cittadini per unnuovo sviluppo economico del Lazio. Le Federa-zioni di categoria devono impegnare tutti i settori,non lasciare vuoti, cogliere tutte le possibilitàreali di movimento.

MARIO RANNELLAAlfa Romeo di Pomigliano 'd'Arco

Dopo la rottura con la Confindustria, l'azionecontro le zone salariali deve procedere in modosempre più incisivo. L'esperienza dell'Alfa di Po-migliano mostra che è matura tra i lavoratori (elo è anche nelle piccole aziende) la coscienza del-l'intollerabilità delle discriminazioni. Tale coscien-za è stata espressa sia come obiettivo, sia comeforma di lotta. Infatti, abbiamo effettuato scioperiunitari per 30 ore in venti giorni onde non dissan-guare gli operai e non ripetere l'esperienza sba-gliata del 1964, quando si partì per uno sciopero« ad oltranza » e se ne uscì quindici giorni dopocon dei risultati, ma anche con le ossa rotte. Lamaturità nella forma di lotta collegata alla matu-rità negli obiettivi ha dato luogo, per esempio, acortei all'interno dello stabilimento (e alla testac'erano anche gli impiegati, scesi in lotta in grandemaggioranza), al fatto che gli operai, sotto le fine-stre della direzione, gridavano parole d'ordine sulsalario unico, sui diritti sindacali e sulla contratta-zione degli ambienti e delle condizioni di lavoro.Abbiamo ottenuto l'armonizzazione dei trattamenticon gli stabilimenti Alfa di Milano, la contratta-zione degli ambienti e alcuni diritti per i dirigentisindacali. La partecipazione dei giovani è stata mas-siccia, poiché hanno capito meglio di tutti che sesi ottengono soltanto degli aumenti, poi l'aziendase li ripiglia operando sui ritmi e sui cottimi. Indefinitiva, credo che vada fin d'ora proposta perla prossima battaglia contrattuale dei metallurgici larivendicazione del salario unico senza che vi sianopiù discriminazioni territoriali.

SALVATORE MASTANDREAVice segretario del Sindacato cementieri di Bari

L'impostazione della CGIL ci trova d'accordo:quando anni fa ci fu il rinnovo del contratto na-zionale, noi eravamo del parere di inserirvi l'elimi-nazione delle zone salariali. Noi intendiamo averela stessa paga esistente per il nostro settore, nellezone d'Italia più avanzate. Né intendiamo accet-tare una gradualità eccessiva, nel tempo, per eli-minare le sperequazioni.

GIUSEPPE IANNONESegretario della Federbraccianti di Foggia

I braccianti di Foggia e della Puglia hanno scio-perato come i lavoratori dell'industria. Spesso laspinta dei lavoratori del Sud, come si è visto per lepensioni, è superiore alle aspettative dei sindacati.Sviluppare le lotte contro le zone salariali e perle pensioni significa anche pensare all'occupazione,a riforme economiche: Da noi, in otto anni, oltrecentomila lavoratori hanno abbandonato la terra,mentre si ricostituiscono aziende di grande esten-sione, in mano privata, trasformate con denaropubblico col pretesto di creare officine verdi eincrementare la meccanizzazione, ecc. Le conseguen-ze della linea del MEC per il Mezzogiorno impon-gono di rovesciare la politica padronale, per cui ilcollegamento con le lotte dei lavoratori dell'indu-stria è essenziale. Il ritmo delle lotte deve essereintensificato, deve colpire nel vivo degli interessi ilpadronato. Occorre, però, articolare il movimentoin modo da non lasciare spazi e tempi troppo lar-ghi fra uno sciopero regionale e l'altro. Seguendol'indicazione di far intervenire i settori, va osser-vato che problemi come quello dell'irrigazione del-la provincia di Foggia vanno posti con forza, per-ché il movimento non resti isolato.

_X2 rassegna sindacale

Il problema del potere contrattuale nell'aziendanon va lasciato alla sola azienda o categoria, mava considerato insieme con gli organismi orizzon-tali, camerali e provinciali.

FELICIANO ROSSITTOSegretario regionale della Sicilia

La portata complessiva delle lotte per il supera-mento delle zone salariali è diventata di grandeimportanza per le forze imprenditoriali che sonoscese in campo. E' necessario quindi non effettuarepause nell'azione sindacale utilizzando al massimola forte pressione dei lavoratori per portare a so-luzione un problema chiave come quello delle« zone » salariali ai fini dello sviluppo economicoe sociale del Mezzogiorno. Insieme all'obiettivo delsuperamento delle discriminazioni salariali dobbia-mo sviluppare il movimento per avviare a soluzio-ne anche gli altri problemi, come quelli della rifor-ma del collocamento, del pensionamento, dei dirittisindacali e di una diversa politica degli investimen-ti.— soprattutto da parte delle aziende a parteci-pazione statale — nel Sud. Per quanto riguarda par-ticolarmente le zone salariali si sta preparando inSicilia una giornata di lotta regionale per il 9 di-cembre. In questo quadro però diventano partico-larmente importanti le azioni sindacali di settore,anche in forma articolata, per dare un ruolo spe-cifico e più positivo alle categorie.

Le lotte in corso e le vertenze che saranno aper-te nelle prossime settimane in Sicilia (ESPI, EMS,ANIC, ecc.) si sviluppano in direzione dell'indu-strializzazione e in generale dell'occupazione nel-l'isola. Per quanto riguarda l'agricoltura, nella stes-sa giornata del 9 dicembre vi sarà uno sciopero re-gionale dei coloni e braccianti. In questo settorel'unità fra le diverse organizzazioni sindacali è statasempre molto carente. Questo sciopero unitàrio èquindi un risultato molto importante. Permette disottolineare l'esigenza di un sindacato più forte nelMezzogiorno, nelle strutture organizzative e piùmoderno nelle politiche sindacali. Un'attenzione par-ticolare va rivolta anche ai problemi dei giovanilavoratori (e non soltanto agli studenti) per farpartecipare sempre di più le nuove generazioni allescelte del sindacato.

PASQUALE JOZZICamera dellavoro di Crotone

In Calabria le lotte contro le zone salariali si so-no collegate rapidamente con le categorie non di-rettamente interessate (commercianti, artigiani, pro-fessionisti) e con i problemi dello sviluppo econo-mico. Negli scioperi provinciali e in quelli gene-rali estesi a tre provincie, le lotte per le zone sisono strettamente intrecciate con quelle per la di-fesa dei posti di lavoro (ad esempio nel settoredella forestazione) e a quelle per il rinnovo delcontratto di lavoro di singole categorie. Sono sen-sibilmente migliorati i rapporti con CISL e UIL.

Occorre adeguare gli obiettivi alla grande caricain atto. Non si tratta di stabilire tutto fin da adesso,perché dipende da come porteremo avanti la lotta.E' essenziale continuare a dimostrare la volontà dilotta delle categorie, avere iniziative continue, sa-per colpire la controparte nei punti giusti, inciden-do sui profitti. I sindacati nazionali devono esserepresenti e dare un contributo specifico ai sindacatiprovinciali e alle Camere del lavoro. I problemi del-l'occupazione sono strettamente collegati alle lottein corso. Per esempio in agricoltura abbiamo richie-sto all'ESA l'attuazione di piani di sviluppo zonali(che rappresentano gli strumenti della trasforma-zione agricola), piani, di difesa idrogeologica, ecc.Gli impegni dell'ESA possono naturalmente svani-re senza un serio movimento delle masse su obiet-tivi concreti.

ANGELO RESTACIMI di Taranto

La situazione dell'occupazione e delle condizioni dilavoro nella provincia di Taranto è pesante. E' ne-cessario intensificare la lotta anche per far recepire

Scioperi, cortei e manifestazioni si susseguono con-tro le « zone » che sanciscono una forma non piùtollerabile di sottosalario. La panoramica riprendeepisodi di questa lotta a Treviso, Livorno ed Enna.

VILUPPO ECDJJDMICO

xi_ COMWEGNO DI NAPOLIai pubblici poteri le spinte di miglioramento degliorganici delle grandi aziende. La lotta sindacale de-ve essere concentrata anche per ottenere il ricono-scimento del sindacato in fabbrica, come agentecontrattuale, e il diritto d'assemblea nei luoghi dilavoro; presupposti questi essenziali per fare avan-zare gli obiettivi di democrazia e di potere del sin-dacato nelle aziende. Va denunciato il fatto cheaziende a partecipazione statale — come la CIMIe l'Italsider — svolgano oggi nella realtà meridionalelo stesso ruolo ricoperto dalle aziende private (ri-cerca del massimo profitto, compressione degli or-ganici ecc). L'assemblea dei lavoratori serve oggial sindacato per dare giusti orientamenti, per ce-mentare l'unità alla base e per sviluppare la de-mocrazia sindacale: è giusto che i lavoratori primadella firma di un accordo ne conoscano e ne valu-tino i contenuti.

ALBERTINO MASETTISegretario della FIOM nazionale

Lo sviluppo della lotta conro le « zone » sala-riali ha dato luogo a una crescita esplicita del li-vello di lotta nel Mezzogiorno, dove, fino a qual-che tempo fa, il movimento — per i suoi obiet-tivi e anche per le forme di azione — apparivaancora indietro. Per i metallurgici, si è visto cheormai c'è una larga omogeneità, dimostrata adesempio dalle agitazioni all'Italsider: la battagliadegli impiegati è iniziata a Bagnoli e Taranto, nonnegli stabilimenti del Nord, ai quali poi si è este-sa; così dicasi per la battaglia per il superamentodell'attuale sistema di incentivo. Alcuni limiti, an-che fra i metallurgici, permangono soprattutto intema di continuità della lotta. Ma lo sviluppodelle azioni generali sulle pensioni, contro le « zo-ne », per i diritti e per l'occupazione, ha favoritoil collegamento con le azioni aziendali e le ha vi-vificate dando loro un ambito più vasto « rilan-ciandole » e nel contempo arricchendole. Nella nuo-va fase della battaglia contre le « zone », l'impe-gno delle categorie — cioè l'azione di settore —deve farsi più pressante. Noi vediamo che la lineapadronale può resistere, ma non può reggere poi-ché contrasta con la maturazione di una coscienzagenerale e genera una ribellione sentita. C'è il pe-ricolo che il padronato dia per scontato il supera-mento di fatto delle « zone » in alcune grandiaziende, ma conti sulla difficoltà per il movimen-to sindacale di « passare » nella miriade di mediee piccole aziende. Per questo, vanno schierati tuttii lavoratori dei settori. Tra l'altro, anche se vagiudicata con cautela, la svolta dell'Intersind inde-bolisce la Confindustria: specialmente se incalzere-mo le aziende pubbliche IRI ed ENI con assem-blee, documenti ecc. fino alla data dell'incontro.Un buon accordo con l'Intersind e l'ASAP dareb-be nuovo slancio a tutta l'azione, che deve esserecontinua e pertanto, mentre si avvia a sbocchi re-gionali, va sostenuta con lo sviluppo dell'unitàsindacale e con la partecipazione decisiva dellevarie categorie. Questo è l'impegno che assumonoi metallurgici, la FIOM.

FRANCESCO RIZZOSegretario della FILCEP di Brindisi

II superamento delle « zone » salariali non è sol-tanto un problema retributivo, d'interesse esclu-sivamente operaio: è un problema di sviluppo eco-nomico per vaste zone del Mezzogiorno. I tempidel superamento effettivo delle discriminazioni, an-che per questa ragione, non possono in alcun casosuperare i due anni; tra l'altro, lo esige l'incalzaredel carovita, che a Brindisi la crescita del « polo »petrolchimico ha fatto salire alle stelle. Per favorirelo sviluppo dell'azione articolata, occorrono larghis-simi contatti con i lavoratori delle grandi fabbriche,i quali devono diventare elemento trainante dellealtre aziende, come sviluppo di coscienza, di orga-nizzazione e di mobilitazione. Anche il collegamen-to con gli studenti, che a Brindisi abbiamo realiz-zato, si è mostrato importante ai fini di dare allelotte operaie e sindacali un'etco maggiore nella pub-blica opinione, per isolare maggiormente, i grandi

gruppi padronali che fanno il bello e il cattivo tem-po nel Sud e che tirano le fila della Confindustria.

MICHELE GIANNOTTAUfficio economico CGIL

L'impegno per eliminare le zone salariali va ol-tre il suo significato immediato in quanto rispondead una più ampia esigenza, quella di una profondamodifica della politica economica nei confronti delMezzogiorno. Negli ultimi venti anni il Sud si èmolto trasformato, vi sono stati investimenti digrande ampiezza, sono sorti squilibri nuovi internia questa stessa area. Ma la caratteristica costante èstata quella di considerare lo sviluppo del Sud co-me uno sviluppo « protetto », un sottoprodotto del-le esigenze di crescita delle zone « ricche ». E' sta-ta fatta, in altri termini, una politica « assistenzia-le » con le sue implicazioni di sottoconsumo, diinefficienza, di spreco, di conseguente degradazio-ne del tessuto economico e sociale.

La linea di fondo della lotta per il superamentodelle « zone » salariali rappresenta una controten-denza a tale politica, implica uno sviluppo econo-mico del Sud che sia dinamico, che porti un'im-prenditorietà nuova, che trascini anche le aziendepiccole e medie fuori della stagnazione, che vedainfine, il problema dell'occupazione come nodo difondo da risolvere mediante la dilatazione del po-tere sindacale nel mercato del lavoro. L'apertura mo-strata dall'Intersind sarà tanto più valida se essacorrisponderà non solo a un suo ruolo salariale,ma soprattutto a un suo ruolo economico nel Sud.Dobbiamo anche riaprire il discorso con le forzedel cosiddetto meridionalismo, investendo tutte leforze politiche consapevoli del problema meridio-nale. Che da alcune di queste forze siano venuteindicazioni di politica dei redditi, non ci esime daun dovere di lanciare a quelle forze un appello,che permetta a tutti un impegno più avanzato.

CLAUDIO CIANCASegretario responsabile della FILLEA

La lotta per il superamento delle « zone » sala-riali si colloca nel quadro delle tensioni di rinno-vamento e di avanzata sociale. Sul valore politicodi questa battaglia Scheda si è trattenuto ampia-mente ed io ne condivido l'impostazione. La rottu-ra delle trattative da parte della Confindustria haposto con estrema chiarezza le responsabilità de-gli imprenditori. Rompere la resistenza degli oltran-sisti padronali vuoi dire quindi battere ogni di-segno conservatore del padronato e la linea poli-tica che domina e continua a dominare il tipo disviluppo economico imposto al nostro paese e, inparticolare, al Mezzogiorno. Ecco perché è necessa-rio accrescere la pressione del movimento svilup-pando le lotte e dando ad esse una maggiore arti-colazione provinciale a livello di settore. Le lotte,cioè, devono avere una continuità ed una maggiorcadenza nel ritmo investendo interi settori per dareuna soluzione globale al problema del superamen-to delle « zone » salariali. La Fillea si è impegnatain questa direzione per tutte le categorie ad essaaderenti (edili, laterizi, ecc). Per gli edili il livellodi lotta provinciale è assolutamente necessario.Questi lavoratori — che costituiscono una grossafetta della classe operaia del Mezzogiorno — po-

rranno dare alla battaglia per il superamento delle« zone » salariali quel carattere drammatico di lottaaperta, che essa deve avere. Le prossime scadenzecontrattuali non devono esercitare alcun freno nel-lo sviluppo delle lotte per l'assetto zonale. Siamoconvinti che la lotta per eliminare le discriminazionisalariali si lega strettamente a quella per combat-tere il sottosalario e le violazioni contrattuali. Nellelotte in corso, le esigenze • della articolazione hannoposto in risalto le esigenze di un rafforzamento or-ganizzativo del sindacato.

GIULIANO ANGELINISegreteria regionale del Lazio

Nel Lazio, l'esperienza delle lotte contro le « zo-ne » salariali e per le pensioni, è ricca di articola-zioni. Abbiamo due province in sviluppo (Frosi-

none e Latina) e due depresse (Rieti e Viterbo);è da notare che anche per Roma la situazione del-l'occupazione è grave. Muovendoci sulla base dellerealtà locali, a Frosinone, dove avevamo più espe-rienze, tutto il fronte è stato saldo, mentre a La-tina si sono riscontrate, forse, immaturità e frettadi concludere accordi aziendali che per altro nonbloccheranno la partecipazione allo sciopero regio-nale del 5 dicembre, il primo in Italia contro le« zone ». Anche a Viterbo e a Rieti ( ricordo qui ilcaso della Cisa Viscosa) l'azione è andata avanti:abbiamo cercato il massimo collegamento con lerealtà locali, in modo da far crescere la consape-volezza che il problema delle « zone » non può ri-solvere tutti i problemi dello sviluppò della con-dizione operaia. Ci sono state difficoltà di com-prensione, ma la lotta contro le « zone » salarialiha contribuito a far chiarezza;, per esempio lo scio-pero del 5 sarà contro le « zone », per l'occupa-zione e per lo sviluppo economico. E' importanterilevare l'adesione già data dagli studenti medi,che non trovano nel Lazio adeguate prospettive dilavoro. E' altresì importante notare che anche leaziende, dove è stato ottenuto l'accordo, prenderan-no parte allo sciopero. Gli ostacoli sono stati su-perati mediante un maggior collegamento con i la-voratori, con la realtà locale; di legare le rivendi-cazioni salariali alla politica di riforme, la condizio-ne operaia alla condizione civile e la democrazianel sindacato alla crescita dell'organizzazione. Dob-biamo mirare a sottoporre tutte le nostre decisionie proposte a una verifica di massa: spesso i lavo-ratori hanno una capacità di comprensione supe-riore alla nostra. Ultima considerazione: non bastamuoversi sulle « zone » per provincia, regione esettore, ma limitatamente alle aree interessate; bi-sogna che, nel suo sviluppo, la lotta coinvolga an-che le zone non direttamente interessate, altrimen-ti una mancata soluzione positiva rappresenterebbeuna palla al piede per tutti i lavoratori e per tuttele categorie.

ANTONIO LO BIANCOCommissione Interna BALBI di Vibo Valentia

La lotta per lo sviluppo del Sud non può esserevista a se stante. Il nostro convegno, qui a Napoli,mostra la presa di coscienza nazionale di questoproblema. Da noi le lotte contro le « zone » eranocominciate nel 1958, e furono poi riprese sette an-ni dopo, con risultati non proporzionati alla situa-zione allora esistente nelle fabbriche. Oggi il mo-vimento è diverso e dobbiamo ormai mettere fineal salario di zona.

L'intesa di principiocon Intersid e Asap

II 28 novembre si sono riuniti i rappresen-tanti delle tre Confederazioni dei lavoratoricon quelli della Intersind e Asap per discu-tere il problema dell'assetto zonale dellaretribuzione nelle aziende a partecipazionestatale.

I rappresentanti dell'Intersind e dell'ASAPhanno accettato l'impostazione data dalle or-ganizzazioni sindacali di elimianre l'attuale

| sperequazione dei minimi salariali fra le va-rie provincie d'Italia unificando tali minimial livello più alto. Nel corso della riunioneè stato anche convenuto di conglobare nellapaga base i punti di contingenza maturatidal 1961 ad oggi. I tempi ed i modi del su-peramento dell'assetto zonale e del conglo-

ì bamento saranno discussi in una trattativache inizierà nel pomeriggio di lunedì 9 di-cembre e che è intenzione delle parti diconcludere entro la stessa settimana.

Le tre Confederazioni sottolineano il valore, positivo dell'impegno assunto dall'Intersind e

dall'Asap. Pur non nascondendosi che anco-ra divergenze e difficoltà, anche serie, pos-sono esistere fra le parti, hanno preso attodel dfverso comportamento che si è mani-festato in questa occasione tra la Confindu-stria e la rappresentanza delle aziende a par-tecipazione statale.

1 A r-r

GIUSEPPE VIGNOLA•Segretario della Camera del Lavoro di Napoli

II movimento rivendicativo non si è ancora espres-so in tutta la carica che è insita nei lavoratori me-ridionali. Dobbiamo fare di questa occasione — lalotta per il superamento delle « gabbie » salariali— la battaglia per lo sviluppo rivendicativo nel Sudin direzione dell'espansione dell'occupazione e perottenere migliori condizioni di vita e di lavoro nelMezzogiorno. Dobbiamo osservare a questo propo-sito che, nonostante alcuni ritardi, il movimento ri-vendicativo meridionale è cresciuto qualitativamen-te. Non siamo più infatti agli accordi che prevedo-no aumenti salariali una tantum, ma ad azioni sin-dacali che hanno come obiettivo la conquista diun maggior potere al sindacato e un'avanzata deidiritti dei lavoratori. Vi è oggi una forte esigenzadi far partecipare i lavoratori alle iniziative sinda-cali in ogni loro fase. La spinta a un avanzamentodella democrazia sindacale è quindi molto sentitafra i lavoratori. L'azione rivendicativa generale nelMezzogiorno deve utilizzare tutte le spinte di rin-novamento dei lavoratori per gli obiettivi dell'abo-lizione delle « gabbie » salariali, dello sviluppo eco-nomico e sociale del Mezzogiorno. Prima di Natalequindi tutte le categorie devono essere mobilitateper programmare ed attuare scioperi generali car-tolat i a livello di settore. E a Natale, cosi comegli elettromeccanici di Milano hanno fatto qualcheanno fa, dobbiamo ripetere nel Mezzogiorno quellagrande iniziativa di lotta per la conquista di piùelevati livelli retributivi e per migliori condizioni dioccupazione di vita e di lavoro nel Meridione.

DOMENICO BANCHIERISegretario nazionale della FILCAMS

Le principali vertenze nazionali in corso delle no-stre categorie riguardano essenzialmente la contrat-tazione nazionale specifica dei grandi magazzini esupermercati e la contrattazione nazionale aziendaledegli autogrill Motta, Alemagna, Pavesi e Fini. Al-tri settori sono fortemente impegnati per il rin-novo dei loro contratti collettivi nazionali, tra cuigli alberghi (principalmente per la riforma dellaclassificazione e l'istituzione di parametri nazionalicollegati ai raggruppamenti di qualifiche). I lavo-ratori dei grandi magazzini e dei supermercati apro-no al settore del commercio la via per il salario na-zionale di qualifica. Abbiamo qui la prospettivareale dell'attuazione di uno sciopero nazionale in-teraziendale prima di Natale. I bassi livelli salarialiin atto, le sperequazioni e le differenze anche ter-ritoriali, inammissibili, possono trovare il loro su-peramento nell'azione per il rinnovo degli accordiprovinciali salariali.

In questa battaglia generale e nella collocazionedi lotta dei lavoratori del commercio e del turismo,le Camere del Lavoro, in particolare del Mezzogior-no, hanno certamente registrato il nuovo slancio chenei nostri settori si è verificato negli ultimi mesi.La nostra Federazione da un giudizio positivo delmodo come i lavoratori delle nostre categorie han-no partecipato, nelle grandi e medie città del Nord,del Centro e del Sud, allo sciopero generale del 14novembre per le pensioni. Anche le azioni specifi-che di lotta, hanno caratterizzato in modo nuovoe in diverse provincie i dipendenti del nostro set-tore. In questa assemblea la nostra Federazione, alleCamere del Lavoro del Mezzogiorno, cui è deman-dato il compito di coordinamento dell'azione sin-dacale, ribadisce l'esigenza e la disponibilità di unadiretta partecipazione dei lavoratori del commer-cio e del turismo alle manifestazioni e agli scio-peri generali e le invita a rilevarne la concretadisponibilità. Noi riteniamo maturo il momentoaffinchè, da parte delle Camere del Lavoro e deiComitati regionali del Mezzogiorno, si assumanodelle iniziative in comune con la nostra Federazio-ne nazionale, per una funzione di stimolo alle ini-ziative dei sindacati provinciali e dei lavoratori del-le nostre categorie, proprio perché essi sono ogget-tivamente interessati a qualificare una propria par-tecipazione e iniziativa nella lotta per la riforma sa-lariale che — con i problemi dell'occupazione e deidiritti nell'azienda — è attualmente al centro del-l'azione sindacale unitaria nel nostro paese.

GIUSEPPE AMARANTESegretario della Camera del lavoro di Salerno

Con diversi successi aziendali, ottenuti a Saler-no, nonostante la resistenza padronale e l'interven-to della polizia e perfino dei « guappi » e della« camorra », sono state ridotte le sperequazioni ein alcuni casi è stato raggiunto il livello della « zo-na » O. Gli scioperi per le pensioni, contro le« zone » e anche quello degli statali hanno trasci-nato grosse masse di lavoratori coinvolgendo an-che le piccole e medie aziende. Si è visto che lapartecipazione dei lavoratori all'azione per questio-ni sentite è superiore alle nostre aspettative, e que-sto ci deve far chiedere se non occorra spingersipiù innanzi con gli obiettivi. Va notato che nel Sudla disoccupazione, l'emigrazione e la ristrutturazio-ne sono certo dati gravi: i problemi vecchi restano,e nuovi problemi si creano. Per esempio, non risul-ta vero che l'intervento monopolistico e straniero(spesso finanziario più che produttivo) spazzi viale piccole imprese: è vero invece che lo sviluppomonopolistico poggia su questa fascia, e perciò stes-so sul sottosalario che vi regna. Quanto al prose-guimento dell'azione, è importante la via dell'ar-ticolazione settoriale per provincia; anche se essapresenta difficoltà, è la strada per arrivare a inve-stire le piccole e medie aziende, cioè il sottosalarioe per far emergere il problema dell'occupazione.Infine, vorrei dire che questa grande ondata di lot-te solleva con forza i problemi del respiro demo-cratico da fornire al movimento e ai suoi sbocchi:dal diritto d'assemblea alla creazione delle CI.,che a Salerno sono ancora una conquista non fa-cile.

GIUSEPPE PICCOLOSegretario della Camera del lavoro di Caserta

La rottura delle trattative, da parte padronale,sulle « zone » salariali, è avvenuta al momento del-l'intensificazione delle lotte già in corso. Anche sea Caserta e altrove è da presumere che il padro-nato dovrà cedere in alcune grandi aziende e qual-che settore, occorre considerare le piccole aziendedove lo sfruttamento raggiunge livelli altissimi eche occupano da noi la maggior parte dei lavora-tori. La battaglia per categorie e settori deve per-mettere a questi lavoratori di partecipare all'azio-ne e di goderne i risultati. Per questo occorre spo-stare la battaglia a livello di zona, territoriale, do-ve sono appunto presenti sia le piccole sia legrandi aziende. Occorre poi collegare le lotte controle « zone » a quelle per lo sviluppo economico, le-gando gli obiettivi di sviluppo locale a quelli piùgenerali. Questi si intrecciano con la battaglia perun dignitoso vivere civile nel campo delle pensionie della sicurezza sociale, a cui — a Caserta — par-tecipano con forza i lavoratori della terra, in par-ticolare. La battaglia deve essere a tempi brevi:due anni sono troppi e non corrispondono alla ca-pacità del movimento, alla sua carica. Ci si può

porre un obiettivo più ravvicinato per l'abolizionedefinitiva delle « zone ».

FRANCESCO CORDI'Commissione Interna Cementificio di Vibo Valentia

Nel 1958 facemmo 12 giorni di sciopero controle discriminazioni salariali di zona, nel 1965 altri23 giorni di fila. Allora non avemmo successo e do-vemmo rientrare in fabbrica a testa bassa. Su 350operai solo 19 votarono allora per la nostra lista.Negli ultimi due anni le cose sono cambiate ed han-no subito un salto da quando è stato disdetto l'ac-cordo sulle « zone » salariali ed è stata chiestala riforma delle pensioni. Il 24 settembre abbiamoiniziato scioperi articolati di 24 ore la settimana.La nostra azione è appoggiata da studenti, intellet-tuali, professionisti e commercianti. Abbiamo dinuovo la maggioranza nella Commissione interna.Circa le prospettive, siamo decisi a lottare finchéotterremo la « zona » zero, perché siamo stufi diessere trattati come una colonia ed è inutile pre-dicare l'uguaglianza fra i popoli se poi da noi man-cano i principi dell'unità e dell'uguaglianza e senoi meridionali, che lavoriamo in condizioni più di-sagiate, continuiamo ad essere discriminati.

NATALE SCARCIELLOATAN di Napoli

Mentre porto il saluto degli autoferrotranvieri,che in questi giorni stanno tenendo il loro con-gresso nazionale a Castellammare di Stabia, voglioanch'io sottolineare come la « questione meridiona-le » resti in Italia un bubbone, che la lotta controle « zone » ha fatto scoppiare. E' anche un'occasio-ne sindacale per ricuperare il ritardo col quak :iaffronta un Meridione nel quale la penetrazionemonopolistica non risolve e aggrava le tare tradi-zionali. Le motivazioni padronali alle sperequazio-ni retributive sono inconsistenti: per esempio, nelSud il costo della casa sta diventando proibitivo ecosì il costo della vita in generale. Anche quellodei trasporti, ma ancor più quello dell'occupazione,è un problema sul quale occorre dare una spallatada cui il Mezzogiorno esca con un posto nuovo nelpaese.

Il grandioso sciopero generale unitario delLazio, attuato mentre questo numero era intipografia, ha fatto ritardare l'uscita del gior-nale. Ci scusiamo inoltre per il rinvio dellerubriche « Stanza accanto » e « Servizio li-bri », dovuto allo spazio dedicato al Convegnodi Napoli.

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