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DIRETTIVO/LA PREPARAZIONE DEL CONGRESSO

La relazione di

Guglielmo Epifanl

Q uando abbiamo pensato e deciso la discussione dasvolgere in questa sessione del Comitato direttivosul congresso ritenevamo tutti possibile uno stato

più avanzato dei lavori preparatori. Ci troviamo invece difronte — questo va riconosciuto — a una fase di prepa-razione del lavoro congressuale non all'altezza di quelloche a suo tempo ritenevamo possibile. Ci sono, è vero,delle commissioni che hanno lavorato un po' meglio, main generale siamo, nellamedia tra le due commis-sioni e le quattro sottocom-missioni, a un lavoro chefino ad oggi ha prodotto o delle semplici griglie di impo-stazione dei problemi, oppure in qualche caso anche auna proposta di testo, come nel caso della revisione delprogramma fondamentale, che però fino ad oggi non èstato oggetto di discussione nella commissione.Questo ritardo non è dovuto né a volontà politiche né aproblemi politici. Abbiamo, come sempre, tempi più lun-ghi di quelli che pensiamo di avere, ma soprattutto abbia-mo avuto la concomitanza di impegni di lavoro partico-larmente rilevanti: penso agli incontri con il governo, allavoro preparatorio necessario alla Conferenza di pro-gramma e anche, per ultimo, alla consultazione sul segre-tario generale che ha reso più difficile la stessa organizza-zione dei calendari del lavoro delle commissioni. Questapremessa pone alla discussione del direttivo, e per la veritàanche al relatore, qualche problema di impostazione.Chiarito questo, però, e confermato che dopo questo Co-mitato direttivo il lavoro per il congresso deve riprenderecon forza, per rispettare il più possibile i tempi che ci sia-mo dati, possiamo comunque affrontare una prima discus-sione di merito a partire dal lavoro che fin qui è stato fat-to. Ovviamente non si può chiedere alla relazione di an-dare oltre quello che è stato prodotto, non sarebbe giustoe neanche rispettoso dell'iter di lavoro che ci siamo dati.Inviterei le compagne e i compagni a evitare una discus-sione solo di recriminazione del fatto che non ci presenta aquesta occasione avendo svolto il lavoro necessario per im-bastire una compiuta discussione politica nell'organismo,perché, se fosse cosi, lo riterrei sbagliato, tanto varrebbespostare a un lavoro più avanzato questa discussione.Il primo compito di lavoro preparatorio della commissio-ne riguarda l'aggiornamento del programma fondamen-tale della Cgil. Anche nell'esposizione di questa relazioneè al primo posto: ovviamente non è una priorità cronolo-gica, ma è una priorità politica, perché nella nostra scel-ta del Congresso di Rimini il programma fonda a untempo l'identità e il patto di adesione nei confronti dellaCgil. La proposta di lavoro sul programma parte da quel-la premessa che fece Trentin nel Comitato direttivo pre-cedente, quando affermò che c'erano nel programma fon-damentale delle parti che andavano conservate, perchéancora attuali nella loro definizione, mentre altre partiandavano modificate perché si erano venuti modificandoi termini delle questioni e dei problemi, e c'erano anchedelle parti da aggiungere, perché ovviamente rispetto aquattro anni fa vi sono, poi dirò quali, degli elementi

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nuovi, la cui impostazione va portata nel programma fon-damentale.Nella rivisitazione del programma fondamentale i compa-gni della segreteria e del gruppo di lavoro hanno lavora-to a un testo che risponde a questo criterio e che tiene ov-viamente conto in buona parte di tutta l'elaborazione del-la Conferenza di Chianciano: mi riferisco ai materiali, al-le relazioni, alle conclusioni di Bruno, al lavoro, al suosvolgimento. Questa proposta di modifica del programmafondamentale lascia intatto — e questa è già una sceltapolitica — il nucleo originario ispiratore del programma:la definizione di un sindacato dei diritti, della solidarietà.

della partecipazione e delconflitto. Il preambolo delprogramma fondamentaleresta identico in questa im-

postazione, e i capitoli relativi all'umanizzazione del lavo-ro, al sindacato dei diritti contro le corporazioni, al pattodella Cgil con i lavoratori sono stati modificati fornial-mente solo in qualche passaggio, diciamo che preambolo,capitolo 2, capitolo 4 e capitolo 10 sono sostanzialmenterimasti inalterati.Cambia, invece, il capitolo primo («La Cgil di fronte allesfide del Duemila») perché in questo caso si è trattato diaggiornare l'analisi della situazione internazionale e deicompiti della Confederazione di fronte al crollo del vec-chio sistema politico, alla crisi del modello sociale e deltaylorismo, alle trasformazioni profonde del mercato dellavoro. Nuovo sostanzialmente si presenta anche il capi-tolo secondo («Un nuovo modello contrattuale e la for-mazione permanente») nel senso che, pur riprendendo lavecchia ispirazione, tenta di aggiornare coerentemente lenuove frontiere del movimento sindacale e della Cgil nel-la contrattazione e nella politica scolastica e formativa.Il capitolo 5 («Le politiche e le risorse per lo sviluppo») so-stituisce quello che era il vecchio capitolo 9 («La riconver-sione dell'economia») e indica nella rinascita del Mezzo-giorno la prima, vera, grande risorsa per lo sviluppo e lademocrazia del paese; abbiamo aggiornato in questo capi-tolo anche le opzioni strategiche per un diverso governodell'economia, fisco e debito pubblico in primo luogo.Il capitolo sesto (dedicato a «Tempi e orari di lavoro»)sintetizza il cuore dell'elaborazione della Conferenza diChianciano, i tempi e gli orari di lavoro come una nuovafrontiera della politica industriale, economica e dell'occu-pazione, la persona e le condizioni di lavoro come varia-bile indipendente di una nuova civiltà e di una nuova cul-tura democratica.

Il capitolo 7 («Riforma dello Stato e della pubblica am-ministrazione») rende ragione della nostra nuova scelta difondo per un federalismo democratico e motiva questascelta e questa convinzione con argomenti e indicazioniaggiornati, con la riforma del sistema politico-ammini-strativo, con la riforma della rappresentanza degli utenti eun processo esteso di democrazia sindacale, di cui elezio-ne delle Rsu e legge sulla rappresentanza sono i pilastri.Il capitolo ottavo («Per una società più solidale») è anchein parte nuovo perché anche qui. a partire dalla Confe-renza di Chianciano, si introducono le nostre riflessioni ele nostre proposte concernenti lo Stato sociale e più in ge-nerale il superamento di un modello sociale che ha persole sue figure tradizionali di riferimento. Abbiamo aggiun-

Supplemento a Rassegna n. 28 del 25 luglio 1994

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to a questo punto un capitolo dedicato all'Europa eall'impegno europeista della Cgil, mentre per ultimo ab-biamo aggiornato il capitolo sull'unità sindacale, soprat-tutto nel senso di esplicitare con maggiore nettezza la ne-cessità, il percorso e le condizioni democratiche che deb-bono essere soddisfatte per la creazione e per la costitu-zione di un rinnovato sindacato unitario, autonomo e plu-ralista dei lavoratori italiani.Queste sono le impostazioni del programma fondamenta-le. In questo modo onoriamo l'impegno all'aggiornamen-to costante del programma che ci eravamo dati comemetodo di lavoro anche a Rimini, intendendo il pro-gramma sia come guida dei valori, dei princìpi e dellescelte della Cgil, ma insieme come ricerca che si aggior-na, che muta con il mutare della situazione generale, po-litica, sociale e culturale e con il mutare dei processi, an-che in relazione all'azione della Cgil e del sindacalismoconfederale.Più indietro rispetto al lavoro fatto sul programma fonda-mentale è quello sulle tesi e questo, a essere onesti, è il ve-ro ritardo politico che abbiamo nella preparazione delcongresso. Probabilmente abbiamo sottovalutato il fattoche i compagni della segreteria incaricati di coordinarequesto gruppo di lavoro si sarebbero trovati in queste set-timane di fronte a una mole di lavoro e di impegni cherendeva molto difficile coordinare con continuità il lavorodella commissione. Quest'ultima è stata riunita tre volte,abbiamo presentato in commissione una prima griglia ditemi su cui articolare lo schema delle tesi, ma l'andamen-to della discussione ci porta a immaginare come punto dipartenza per il lavoro sui temi politici congressuali nontanto la griglia dei singoli temi specifici quanto la sceltagenerale di un'impostazione politica chiara, così come fa-cemmo peraltro al Congresso di Rimini, in cui lo svolgi-mento tematico dei singoli capitoli era preceduto da unnocciolo di ragionamento compiuto, che indicava connettezza la scelta politica, il segnale, il mes-saggio, che la Cgil rivolgeva ai lavoratori, aigiovani, agli anziani, alle controparti, alle for-ze politiche.Si è deciso di riprendere il lavoro della com-missione nella prossima settimana, o comunqueprima possibile, a partire dalla preparazione(che tocca alla segreteria) di questa impostaziu-ne politica generale delle tesi: un'introduzionenetta e precisa, che segni inequivocabilmente leparole d'ordine del congresso della Cgil: la valutazione suimutamenti della società, quelle sul quadro politico, i pro-blemi posti dal crescere di una cultura liberista, che puòportare all'esclusione dei diritti e degli accessi egualitari eaccentuare le differenze, e insieme la capacità e la volontàdella Cgil di indicare la sua proposta di rinnovamento de-mocratico della società, dello Stato sociale e dei diritti.Una Cgil che sappia parlare di proposte alternative, soli-

dali e convincenti nei confronti dei lavoratori e del paese:al centro di questa impostazione non può che esserci illavoro e l'uguaglianza dei diritti, da qui la proposta delrinnovamento democratico e unitario del sindacalismoconfederale.La griglia possibile dello schema di tesi sta ovviamente inun ordine di priorità e in un ordine di temi che è abba-stanza tradizionale: la politica internazionale e il nuovoordine economico, il ruolo e i compiti del sindacato nellamutata realtà italiana, il rinnovamento del sindacato, lepolitiche rivendicative, la democrazia economica e indu-striale, i diritti e i soggetti; individuando per ognuno diquesti capitoli temi specifici che non sto adesso ad elen-care ma che investono i diversi campi e i diversi settori diproposta politica della Cgil.Attorno alle tesi e al lavoro della commissione ruota ingran parte anche la verifica del modo con il quale la Cgilsi presenta al congresso — gradi e confini di impostazio-ne unitaria, aree e confini di impostazione differenziata—: è stato così al Congresso di Rimini; ovviamente attor-no al nodo dell'impostazione politica e programmaticadelle tesi ci giochiamo il modo con il quale l'organizza-zione si presenta al complesso del suo dibattito, i punti dipartenza che vengono assunti come tali da sottoporre alvaglio dei lavoratori.E intenzione della segreteria, questo lo dico con chiarez-za, che il congresso sia una sede di discussione vera, unadiscussione che sia fatta con grande chiarezza, con gran-de esplicitazione dei problemi, per andare al fondo deiproblemi e del rapporto con i lavoratori. Non intendia-mo, al di là di un percorso rapido dell'iter congressuale,sacrificare a questi tempi la chiarezza dell'impostazionepolitica e della discussione, dal momento che l'insiemedella situazione propone una grande esigenza di rappor-to democratico e di chiarezza attorno ai nodi politici con

i quali la Cgil gestirà le proprie politiche nei pros-simi anni.Detto questo sul programma e sulle tesi, vorreipassare ad esaminare lo stato di avanzamentodei lavori per quanto riguarda le regole, la de-mocrazia di organizzazione e le strutture, i cri-tcri di elezione dei gruppi dirigenti e dei dele-gati, le modifiche statutarie. Siamo in presen-za di nodi di grande complessità, sia per dif-ferenti valutazioni che sono già emerse, sia

puri- parzialmente, nei primi lavori delle commissioni,sia perché c'è una sovrapposizione tra Statuto, decisionidella Conferenza di organizzazione e possibilità di modi-fica dello Statuto che rende questo, al di là della sceltache faremo, un lavoro di grande delicatezza.Sulle questioni della modifica delle regole e dello Statutoin generale la segreteria ritiene preferibile svolgere il con-gresso attenendosi allo Statuto in essere e qualcunopotrebbe dirmi che non potrebbe essere altrimenti — e

Auto e lavoroAlla conquista della fabbrica

integrata in Europapp. 192, lire 30.000

Supplemento a Rassegna n. 28 del 2f> luglio 1994

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DIRETTIVO/LA PREPARAZIONE DEL CONGRESSO

lavorare invece seriamente per una revisione organica ecomplessiva dello Statuto che valga per il XIV Congres-so: è una scelta di impostazione, che implica una discus-sione politica e anche una valutazione.I vantaggi evidenti di questa scelta sono per la segreteriai seguenti: certezza di dirit-ti; certezza e rapidità ope-rativa; una discussionesull'esigenza del rinnova-mento e dell'autoriforma,che implica anche una re-visione dello statuto non le-gata alla contingenza delladiscussione o dell'imposta-zione politica.Quando affrontiamo pro-blemi di revisione statuta-ria occorre lavorare congrande attenzione e congrande correttezza di im-pianto, senza campagneimprovvisate perché altri-menti rischieremmo di tro-varci con una forma statu-to di fatto contraddittoria e in gran parte ingestibile: èmolto meglio avviare uno spartiacque netto tra quello cheoggi è lo Statuto e la revisione che di esso si proporrà, se-gnando però con grande chiarezza il modo con il qualeprocediamo oggi e il modo con il quale cambiano doma-ni.Dico questo perché già oggi ci sono in alcune parti di sta-tuto delle decisioni — che partivano, per quanto riguar-da in modo particolare le strutture, dalla valutazione chesi dava allora sui processi di decentramento dello Stato —che contraddicono le scelte fatte oggi alla Conferenza diorganizzazione. Già oggi abbiamo problemi di sovrappo-sizione e di elisione tra due scelte, e questo, ovviamente,moltiplicato per altre parti, può rendere particolarmentelungo e impegnativo il lavoro di riscrittura dello Statuto.Più semplice invece, rispetto a questa discussione sulloStatuto, è stabilire alcune regole e criteri di democrazia diorganizzazione, anche per il lavoro fatto su questo puntoalla Conferenza di organizzazione: mi riferisco al circuitodella democrazia interna, prerogative, poteri, risorse efunzioni dei comitati degli iscritti, delle leghe dei pensio-nati, dei comitati per il lavoro, le assemblee territoriali, ildiritto alla convocazione degli organismi direttivi territo-riali, cioè quel circuito dal basso verso l'alto che abbiamoaffrontato nella conferenza e deliberato nel Comitato di-rettivo successivo.Lo stesso vale per i doveri di consultazione ordinaria estraordinaria dei comitati degli iscritti, delle leghe, dei co-mitati per il lavoro da parte del direttivo nazionale dellaCgil e per la consultazione obbligatoria degli iscritti supiattaforme e accordi in assenza di forme unitarie di con-sultazione.Più facile è anche normare le modalità di esercizio dellademocrazia della solidarietà, in modo particolare il rap-porto che deve saldare interessi e diritti nella pratica ri-vendicativa e nelle forme di lotta, soprattutto quando par-liamo di settori e di aree interessate alla disciplina dell'au-toregolamentazione del diritto di sciopero.

L'ODGAPPROVATO

II Comitato direttivo, della Cgil impegna le Commissionia intensificare il lavoro di merito sui documenti, per con-sentire il rispetto dei tempi congressuali definiti.Il Cd approva la proposta di tenere entro la metà di lu-glio un seminario che serva ad approfondire tutte le im-plicazioni relative alle modalità di svolgimento del Con-gresso.Resta inteso che spetterà al Comitato direttivo ogni deci-sione definitiva.Il Cd della Cgil propone di aprire una discussione nellestrutture, dopo il seminario, circa le finalità e i criteri disvolgimento del Congresso.

Approvato con 9 astenuti

Sugli altri problemi, invece, la discussione è più comples-sa. Provo a indicare almeno le questioni principali di im-postazione. Per comodità di esposizione, ma anche perimpostare correttamente la discussione e la ricerca, parti-rei dalla questione statutaria intesa non come forma scrit-

ta di norme astratte, macome terreno entro il qualeconfluiscono alla fine sia ildibattito aperto sul modellodella Cgil (quale autono-mia, quali poteri, quali in-terferenze, quale democra-zia) sia le conseguenti sceltesull'iniziativa e i temi diazione politica.Oggi abbiamo uno statutofortemente centralizzatoche prevede la possibilità,da parte delle strutture re-gionali e delle categorie na-zionali, di fare propri statu-ti, ma poi definisce unaspecie di norma di incom-patibilità in base alla quale,

se uno statuto innova su punti che sono contenuti nellostatuto nazionale, vige il principio dell'incompatibilità traquello statuto e quello nazionale.Ma d'altro canto sappiamo presente nella nostra discus-sione, anche come modello, la richiesta di una maggioreautonomia anche federale delle strutture e di una mag-giore flessibilità per quanto riguarda le parti che non so-no generali di principio.Qui subito entriamo nel merito della discussione. 11 primopunto sul quale si tratta di verificare l'orientamento deldirettivo — anche su questo c'è un'opinione convergentedella segreteria — è che tra il modello di riforma delloStato che intendiamo affermare nel lavoro congressuale,sia nel programma che nelle tesi, e il modello di auto-riforma della Cgil ci sono ovviamente dei rapporti, manon necessariamente da un modello statuale ha origineun analogo modello per quanto riguarda l'organizzazionedel sindacato. Per quello che riguarda la Cgil per quelloche noi siamo e vogliamo essere, sindacato dei diritti edella solidarietà, dobbiamo essere in grado di trovare imodi attraverso i quali rispondere alla domanda che saledi autonomia e di autodeterminazione, ma insieme ancheal valore del vincolo della solidarietà, dell'uguaglianza didiritti e della democrazia solidale.Lo diciamo anche nella nostra discussione sull'imposta-zione federalista dello Stato, ma non c'è dubbio che, perquanto riguarda noi, problemi come quello dell'ugua-glianza di diritti e di certezze per tutte le strutture, pro-blemi di democrazia solidale e vincoli di solidarietà ac-quistano forza e rilevanza proprio per quello che voglia-mo essere.Fatta questa premessa — che però, ripeto, va sottopostaa una discussione di impostazione: se è giusta, fin dove ègiusta, che problemi crea - - evidentemente si potrebbepensare di lavorare innanzitutto su quello che deve essereil nuovo statuto nazionale, su quali princìpi, norme, pro-cedure debbano restare nello statuto nazionale, assumen-do il fatto che tutto quello che non trova collocazione,

Supplemento a Rassegna n. 28 del 25 luglio 1994

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per scelta, nello statuto nazionale è demandato all'auto-nomia e alla facoltà di definire statuti dei regionali o del-le categorie nazionali.Questi statuti potranno essere discussi dove non lo sianogià stati, nei rispettivi congressi, ma credo che, se impo-stiamo un lavoro che partedallo statuto nazionale epoi apre, in virtù delle coseche non sono normate lì,spazio agli statuti dellestrutture, non si possa cheprevedere delle formule dipredisposizione successiveal congresso. Allora i con-gressi delle strutture posso-no impostare la discussionesui loro statuti con delleclausole di rimando a

Non approvato con 27 voti a favore, 38 contrarì e 28 astenuti

un occasione successiva, at-traverso poteri deliberati oconferiti dal congresso,che, una volta definito lostatuto nazionale, le mettapoi nella condizione di es-sere nella pienezza dell'esercizio e delle possibilità reali.Questo tipo di impostazione mi convince molto, ma nonsarà lo stesso facile, anche partendo in questo modo, defi-nire con chiarezza quello che spetta allo statuto nazionalee quello che deve essere demandato agli statuti territorialio delle categorie. Cosa abbiamo infatti nello statuto na-zionale? C'è un primo capitolo che riguarda i princìpi co-stitutivi, e non c'è dubbio che questi debbano essere l'ar-chitrave dello statuto nazionale. Poi c'è il capitolo sullestrutture: e qui possiamo vedere quanto deve restare nellostatuto nazionale e quanto di flessibilità deve essere de-mandato agli statuti regionali o di categoria nazionale.Sapendo però che nel momento in cui faccia-mo questo dobbiamo anche essere in grado diassicurare parità di diritti e di condizioni a tut-te le strutture; in sostanza il rischio da evitare èche una struttura più debole si trovi di fronte adifficoltà nel rapporto con quelle più grandi,mentre una struttura più grande può essere piùin grado di esercitare un'autonomia anche ri-spetto alle proprie scelte.

Qui si propone il problema di scegliere cosa ri-mane dell'impostazione sulle strutture nello statuto nazio-nale, essendo però in grado di non operare in modo taleche poi sulle strutture più piccole o più deboli possanoesercitarsi nei fatti poteri, interdizioni, esercizi di disponi-bilità, magari non voluti e non richiesti, che possano met-tere in discussione ad esempio l'autonomia di una picco-la categoria, per usare soltanto un esempio. Il terzo capi-tolo dello statuto riguarda gli organi confederali, enti eistituti, e questi ovviamente debbono trovare posto nellostatuto nazionale; ci sono le norme generali, incompatibi-lità e quant'altro, anche questo nei grandi princìpi nonpuò che trovare posto nello statuto nazionale.Ci sono poi le scelte sull'amministrazione che, almenonell'impostazione, è giusto che rimangano nello statutonazionale; e la questione della riforma dei nostri organi didisciplina interna, sui quali i compagni che hanno lavora-

L'ODGNON APPROVATO

II Comitato direttivo nazionale della Cgil, riunito a Romail 27-28-29 giugno 1994, assume la relazione svolta dalcompagno Guglielmo Epifani sul Congresso della Confe-derazione e decide di avviare, parallelamente al lavorodelle commissioni congressuali, una prima discussione diindirizzo sulle finalità e sugli obiettivi come sulle modalitàdel suo svolgimento che veda impegnati gli organi diretti-vi dei sindacati nazionali di categoria, delle Cgil regiona-li e delle Camere del lavoro.Il Comitato direttivo nazionale verrà convocato per trar-re una prima sintesi del dibattito utile alla predisposizionedei documenti congressuali.

to allo statuto hanno già pronta una proposta che, per ilfatto di essere valida nei confronti dell'organizzazione, siarticolerà territorialmente in maniera diversa, ma dovràtrovare una sua identità e un suo principio di certezzanello statuto nazionale.

Ho fatto questi esempi persegnalare come, anche sel'impostazione è giusta, co-munque un lavoro di snelli-mento vero, reale, deiprincìpi e dei punti conte-nuti nello statuto nazionalenon è semplice. Si può an-che immaginare che unaparte delle questioni oggitrattate nello statuto possa-no essere messe in un alle-gato allo statuto, ma ciònon toglie il fatto che siparli di statuto e di allegatodi carattere nazionale.Un problema di analogacomplessità e delicatezza ri-guarda i criteri di composi-

zione degli organismi direttivi: qui le norme statutarie inatto consegnano soprattutto due possibilità. La prima èquella dell'invarianza delle modalità tradizionali: ognicongresso elegge il proprio comitato direttivo, in questocaso l'area della sperimentazione o dell'innovazione ri-guarda, attraverso il regolamento congressuale, la possibi-lità o la necessità di prevedere quei riferimenti percentua-li nella presenza di luoghi di lavoro nei comitati direttividi cui abbiamo parlato in Conferenza di organizzazione eche, sia pure in modo diverso, stabilimmo nel regolamen-to dell'XI Congresso confederale; questo riguarda esplici-

tamente la presenza dei posti di lavoro nei diretti-vi delle categorie comprensoriali e nei direttividelle Camere del lavoro.

La seconda possibilità è quella di sperimentare,negli ambiti dello statuto, modalità nuove, lad-dove sono possibili e si ritenga conveniente diassumerle; le sperimentazioni possono riguar-dare, ne abbiamo parlato in altra occasione,l'uso delle primarie per fornire rose di candi-dature alle commissioni elettorali e per far pe-

sare di più gli iscritti nella determinazione della compo-sizione degli organismi direttivi. Qui siamo in presenza diun percorso democratico importante, il punto che il di-rettivo dovrà valutare è se la complessità della rappresen-tanza dei lavori e dei luoghi della Cgil consenta, nellecondizioni di oggi, su questo punto di garantire parità didiritti e uguaglianza di opportunità per tutti gli iscritti; miriferisco al rapporto tra grande e piccola azienda, tra in-dustria e altri settori, tra figure professionali diverse. Lasperimentazione delle primarie è un fatto rilevante di de-mocrazia, però la valutazione che dovrà essere fatta allafine consiste nella valutazione del fatto se questo percorsopossa contraddire o meno uno dei princìpi dì cui parlavoprima, oppure dei modi attraverso i quali si possa evitareuna disparità di diritti.Infine, e questa mi pare l'ipotesi più rilevante, vi potreb-be essere la possibilità, qui i margini di flessibilità dello

Supplemento a Rassegna n. 28 de! 25 luglio 1904

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RIVISTE EDIESSE

È uscito il n. 4 del

9 La nuova associazione«Quadri» della Cgil,

con un interventodi Gian Filippo Della Croce

• Assoggettabilitàe contribuzione previdenziale

degli accantonamentiannuali per il Tfr,

di Gennaro Oliviero

NOTIZIARIOGIURIDICO

Legislazione Contrattazione Giurisprudenza

II fascicolo ha un prezzo di L. 8.000e può essere richiesto all'Ediesse

Via dei Frentani, 4a - 00185 Romatei. 06-44870325 fax 06-4469007

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LA PREPARAZIONE DEL CONGRESSO

EDIESSE

statuto potrebbero consentirlo, di comporre i comitati di-rettivi secondo un criterio nuovo, cioè secondo un criteriomisto: una parte eletta dal congresso di riferimento, unaparte eletta, o designata, dai livelli congressuali categoria-li e territoriali o inferiori o paralleli. Questa composizione«mista» anticiperebbe una prima visione di tipo federati-vo della composizione del Comitato direttivo nazionale.Con questo punto, presente nel dibattito della commissio-ne, la discussione, non più solo statutaria ma politica, si fapiù rilevante. La affrontammo già in preparazione delCongresso di Rimini, ma oggi diventa molto più pre-gnante, e di profilo diverso, in relazione al modello di ri-visitazione federativo della nostra organizzazione. Quan-do lo affrontammo a Rimini parlammo di responsabilitàche i membri del direttivo dovevano avere nei confrontidelle strutture di provenienza: oggi non siamo più in pre-senza di una semplice responsabilità di provenienza, masiamo in presenza di un modello di organizzazione dellaCgil a cui risponde un modello e un criterio di composi-zione del Comitato direttivo.

Comunque decideremo su questo punto, non ha senso im-maginare uno svolgimento congressuale in più tempi,l'idea cioè che si possa fare un percorso congressuale, poisi interrompa in attesa del cambiamento dello statuto, poilo si riprenda per completarlo. Questo percorso non con-vince, non perché formalmente non sia possibile farlo, maperché, se seguissimo quella strada, da oggi fino a prima-vera inoltrata saremmo intenti allo svolgimento di percor-si congressuali. Volenti o nolenti questa sarebbe la situa-zione e come segreteria siamo d'accordo sul fatto che, se inuna situazione politica e sociale di tipo tradizionale avrem-mo potuto anche dedicare un anno e mezzo a svolgere ilnostro congresso, in una situazione come questa non pos-siamo permetterci di restare chiusi in noi stessi per untempo cosi lungo. Dobbiamo invece fare un congresso intempi rapidi, con segnali e scelte precisi, rivolti alla nostrabase e all'insieme dell'opinione sociale e politica del paese.Questa valutazione della segreteria — la necessità cioè difare un congresso vero di discussione e contemporanea-mente di avere tempi non lunghissimi di svolgimento con-gressuale — implica, nella fase di impostazione e di pre-parazione, la capacità di risolvere nella nostra discussionealmeno qualcuno dei punti più rilevanti di impostazione. Einfatti evidente che, se dovessimo soddisfare l'esigenza diun dibattito vero avendo allo stesso tempo dentro di noiopinioni differenziate sui modelli di organizzazione dellaCgil, correremmo il rischio di fare una discussione in cuidi volta in volta il baricentro si può spostae. E il rischio difare precipitare la discussione al nostro interno, piuttostoche utilizzare il rapporto con i nostri iscritti per parlareall'esterno, è un rischio che un gruppo dirigente avvertitodeve cercare, almeno in fase di impostazione, di evitare.Questo è il punto a cui è arrivato il lavoro delle commis-sioni. Vi sono ovviamente altre questioni di merito, maquesti mi sembrano onestamente i punti di discussionepiù rilevanti. In molti casi le informazioni che vi ho datorisentono della genericità del lavoro fatto (in qualche ca-so dell'inconsistenza del lavoro fatto). Su altri punti inve-ce possiamo già dire che la discussione, se non oggi allaprima occasione del direttivo, finito il lavoro della com-missione, può già precipitare ai nodi di impostazione po-litica. #

Supplemento a Rassegna n. 28 del 25 luglio 1994

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DIRETTIVO/LA CONSULTAZIONE

La relazione di

Paolo Lucchesi

N ei giorni 15-16-17 giugno si è svolta la consulta-zione decisa dal Comitato direttivo (Cd) del 22aprile articolandosi su due domande che sono sta-

te formulate seguendo scrupolosamente il deliberato diquell'organismo dirigente. Ad essa hanno preso parte 204compagne/i su 226, pari cioè al 90,2 per cento degliaventi diritto — comprendendo anche la presidenza siadel comitato di garanzia che del collegio dei sindaci —,cioè con un'assenza di cir-ca il 10 per cento dovuta,per lo più, a non rinviabiliimpedimenti personali o acontestuali viaggi all'estero. Come nelle precedenti con-sultazioni non sono mancati i rilievi critici, non sempremotivati, sulla forma di consultazione, fra questi alcunihanno evidenziato come il modello «de visu» sia troppovecchio e tradizionale, quando ormai esistono nuove tec-nologie (dal telefono viva foce al fax) che avrebbero potu-to accelerare i tempi, evitare ai consultandi faticosi trasfe-rimenti con un non disprezzabile risparmio economicoper l'insieme dell'organizzazione.

In più occasioni si è dovuto ricordare come la commis-sione aveva il compito chiaramente indicato dal delibera-to del Cd e ad esso non poteva che attenersi.La prima domanda era finalizzata a «individuare la can-didatura o le candidature all'incarico di segretario gene-rale della Cgil».Prima di fornire i risultati di questo «pronunciamento» èopportuno che vengano riferiti i giudizi espressi sul meto-do seguito. Anche se coloro che vi hanno fatto esplicito ri-ferimento sono in numero contenuto, appaiono significa-tive le loro sottolineature.In pochissimi hanno apprezzato questa forma aperta sen-za candidature, un numero contenuto l'ha ritenuta inveceuna forma d'ipocrisia poiché i nominativi erano da tempoespressi, commentati e valutati dai mass media e altri, po-chi, avrebbero preferito delle indicazioni fatte dal segreta-rio generale uscente o dalla segreteria, magari dopo unconfronto programmatico all'interno del Cd.Per queste valutazioni una metà di coloro che si sono pro-nunciati criticamente ha richiesto regole definite e certe.Più radicale ancora, e dall'evidente riscontro politico, lacritica di chi vedeva come più logico e opportuno il rinvioal momento congressuale (13).Per quanto riguarda la registrazione dei consensi raccoltidai compagni si sono avute le seguenti indicazioni: • perSergio Cofferati si è espressa una consistente maggioran-za, esattamente in 134, pari al 65,7%; • per Alfiero Gran-di una minoranza significativa, cioè 51, pari al 25%; • uncompagno ha indicato Lettieri; • il compagno Trentin,coerentemente col suo comportamento, non fa una sceltae prende atto dell'espressione della maggioranza per Cof-ferati; • i due compagni interessati, logicamente, non sipronunciano; • in 15, pari al 7,5%, tranne tre che nonscelgono per la qualità di entrambe le candidature, di-chiarano di non pronunciarsi perché il segretario genera-le appartiene alla maggioranza e deve essere la maggio-ranza a decidere. Alcuni di loro, più i tre sopra citati, va-

28 GIUGNO

luteranno al Cd il loro personale comportamento.Anche se la maggior parte dei consultati, in particolarecoloro che esprimono la propria opzione per Cofferati, silimita alla pura e semplice indicazione nominativa, nonappaiono banali le considerazioni che possono essere trat-te da chi si è soffermato ad argomentare.Prima di tutto si è voluto evidenziare la qualità di en-trambe le possibili candidature (25) e quindi la sceltadell'uno o dell'altro veniva effettuata nell'apprezzamentodel reciproco contributo fornito dai due compagni, chemolti di costoro chiedono venga garantito e valorizzatoanche per il futuro.

Una decina di consultatimettono in evidenza che inCgil esiste anche la possibi-lità di una rosa di candida-

ti più ampia e così in sei ritengono che avrebbe potuto es-sere inserito in essa anche Epifani e uno dei consultati,accanto a Cofferati e Grandi, fa il nome di Campagnoli.Fra coloro che hanno optato per Grandi alcuni hannovoluto dichiarare che al Cd prenderanno atto della con-sultazione e quindi voteranno per il segretario generaleche si sarà delineato.In 14, che indifferentemente si sono pronunciati per l'unoo per l'altro, auspicano, e perciò ritengono opportuno onecessario, che a conclusione del Cd rimanga un'unicacandidatura, così da procedere alle votazioni su un solonominativo, al fine di evitare letture strumentali di divi-sione interna non ricomponibile.Infine in otto considerano corretto e inevitabile il ricorsoal voto segreto.In riferimento alle motivazioni che sono state presentateper avvalorare la scelta del nome si può osservare come:• per Sergio Cofferati sono stati messi in evidenza parti-colarmente: la capacità contrattuale, la sua cultura edesperienza sindacale, la sua posizione sul processo unita-rio, la sua caratterizzazione politica che garantisce e in-terpreta una linea di continuità e di gestione dell'accordodel 23 luglio '93, infine l'impegno a una direzione plura-lista. Queste caratteristiche sono ricavabili dalla sua vitasindacale e da molti sono state riscontrate, con grandeapprezzamento, nel suo intervento a Chianciano durantela Conferenza di programma;• anche in chi ha indicato Alfiero Grandi ha assuntoun'importanza considerevole l'intervento da lui tenuto aChianciano. In Alfiero si sono stimati positivamente i ca-ratteri di novità e di discontinuità, la nettezza dell'atteg-giamento verso il governo, come richiesto dalla novitàBerlusconi, un iter unitario attento ai suoi contenuti, lagaranzia di un reale pluralismo di fronte a chi teme logi-che e prassi di omologazione. Alcuni danno rilievo a talecandidatura anche in proiezione congressuale, in quantofacilita l'espressione di una salutare dialettica interna.Queste soggettive valutazioni sulle doti e le caratteristichedi Cofferati e Grandi, e quindi sulle maggiori o minori af-finità che ciascuno avverte verso di loro, sono state ac-compagnate da alcune considerazioni che riguardano lasegreteria e più in generale la realtà della Cgil e il suomodello di direzione.Viene fatto presente che l'uscita di Trentin segna la finedi un'epoca e di una determinata fisionomia caratterizza-ta da un leader di grande qualità e autorevolezza; adesso.

Supplemento a Rassegna ^ | | n. 28 del 25 luglio 1994

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DIRETTIVO/LA CONSULTAZIONE

molto più che in passato, occorre che la direzione si af-fermi e si distingua per la sua collegialità, è quanto so-stiene un buon numero di consultati (31).Non minore rilevanza viene assegnata alla capacità di assi-curare l'unità interna garantendo l'espressione e la valoriz-zazione del pluralismo e si indicano anche i requisiti idoneia realizzare tale sintesi: alcuni pongono l'accento sui con-tenuti e il profilo programmatico, altri sulla solidarietà in-terna al gruppo dirigente e sul proprio convincimento didirezione unitaria, altri ancora sulla necessità di addiveni-re a un forte accordo politico, infine c'è chi con moltopragmatismo considera importante la stessa attribuzione diresponsabilità e di ruolo all'interno della segreteria.Nei contenuti programmatici vengono citati: la realtà delMezzogiorno, lo Stato sociale, l'effettiva rappresentanzadi tutti i soggetti, specialmente i più deboli.Per alcuni altrettanto decisiva viene considerata la deter-minazione per una profonda autoriforma della Cgil che,attuando quanto previsto con la Conferenza d'organizza-zione, proceda ulteriormente con maggior radicalità e or-ganicità.

In tal senso due-tre compagni richiamano l'attenzione suun più incisivo ruolo degli organismi dirigenti, altri duegiudicano una contraddizione il sostanziale congelamentodella segreteria fino al congresso, in quanto sarebbe statoopportuno puntare a un suo rinnovamento e rafforza-mento attorno al segretario e uno indica in Casadio e Ra-nieri i più idonei.Logicamente non sono mancati i compagni che hannoauspicato la continuazione di un impegno militante diTrentin in Cgil.La seconda domanda era rivolta ad attuare quella partedel deliberato del Cd che sanciva «il reintegro nella se-greteria della minoranza congressuale».Anche su questa domanda, prima di riferire sui risultatidel pronunciamento dei componenti il Cd, appare indi-spensabile soffermarsi sui rilievi che sono sta-ti avanzati.Un primo ordine di problemi riguarda la stes-sa presenza in segreteria della minoranza con-gressuale: ebbene, la grande maggioranza deiconsultati la considera positivamente e la valu-ta un atto praticamente dovuto. Tuttavia alcu-ni, pochi per la verità, la considerano datata,appartenente alla vecchia Cgil, mentre in cinqueritengono che si sarebbe dovuto più opportuna-mente rinviare al congresso, anche perché taluni sosten-gono che «Essere sindacato» non è più quello del con-gresso di Rimini e il congresso che si dovrà svolgere potràdeterminare un quadro con significative modificazioni.Un secondo ordine di problemi è attinente all'eserciziodel diritto di proposta da parte della minoranza congres-suale. Anche su questo aspetto esiste una netta maggio-ranza di consultati che lo ritiene naturale, ma non man-cano (in cinque) coloro che intrawedono il permaneredella logica del vecchio patto e perciò lo accettano conuna dichiarazione «purché sia l'ultima volta»!Senza alcun dubbio il problema più rilevante si è imme-diatamente manifestato nell'esistenza di una doppia can-didatura.Essa ha comportato obbligatoriamente una precisazioneaggiuntiva al deliberato del Cd nella stessa formulazione

della domanda: infatti si è dovuto precisare che per lacompagna Betty Leone si trattava dell'esercizio del dirittodi proposta, mentre per il compagno Gianpaolo Patta siera di fronte a una legittima indicazione fatta pervenire,alla vigilia della consultazione, per iscritto alla commissio-ne dei saggi da otto compagne/i di «Essere sindacato»,facenti parte del Cd, con l'argomentazione del compagno«maggiormente rappresentativo dell'area di «Essere sin-dacato».Nella lettera inviata ai saggi veniva chiesta «la possibilitàdi illustrare le motivazioni ai consultandi» e a tal fine ve-niva indicato il compagno Tosini. Tale richiesta non po-teva essere accolta poiché la commissione dei saggi è dinomina del Cd e solo lo stesso Cd aveva il potere even-tualmente d'integrarla.Ad ogni modo mercoledì 15 giugno, prima di iniziare laconsultazione, i compagni Epifani, Tonini e Lucchesihanno ascoltato il compagno Patta e, preso atto dell'ac-ccttazione della propria candidatura avanzata dalla lette-ra degli otto componenti il Cd, si decideva di: • registra-re che esistevano due candidature; • evidenziare la diver-sità delle modalità di percorso; • sottoporre alla visione ditutti i consultandi la lettera delle/dei otto compagne/i; •tener nota, sul piano squisitamente statistico, del pronun-ciamento rispetto ai due candidati delle/dei compagne/idi «Essere Sindacato», come richiesto da Patta stesso.In relazione a queste inevitabili modalità non sono, logi-camente, mancate le considerazioni di varia natura.Cinque compagni della minoranza, quasi tutti firmataridella lettera indirizzata ai saggi, non hanno concordatocon la formulazione della domanda, perché non mettevasullo stesso piano le due candidature.Al contrario, in molti delle compagne e dei compagnidella maggioranza la lettera ha determinato uno stato didifficoltà, per taluni ha posto un problema, uno l'ha qua-

lificata una vicenda non seria, un altro un vecchiorimasuglio di designazioni esterne alla sede sin-dacale.

Infine cinque hanno voluto denunciare la nega-tività della procedura interna seguita da «Esse-re sindacato», soprattutto col ricorso al voto se-greto per avanzare la propria proposta.Con tali precisazioni adesso è più agevole ren-dere nota la registrazione dei consensi sulledue candidature.

Per Betty Leone si è espressa una larga maggioranza chepuò essere così suddivisa: in 106 hanno manifestato un sipieno, in 16 il consenso è per presa d'atto di fronte al di-ritto di proposta esercitato da «Essere sindacato», per trela presa d'atto avviene con riserva, cioè verrà confermataqualora la parte maggioritaria di «Essere sindacato» avràindicato nella consultazione la Leone e quindi si sarà ef-fettivamente dimostrata la validità del risultato che avevadeterminato la sua candidatura come legittima proposta.In tutto Betty Leone raccoglie pertanto il consenso di 135consultati pari al 61,3%.Per Giampaolo Patta si sono espressi in 13, pari al 6,4%.Sul piano statistico si può documentare come i pronun-ciamenti delle compagne e dei compagni della minoranzacongressuale hanno avuto il seguente esito:G. Patta 9 indicazioni;B. Leone 14 indicazioni.

Supplemento a Rassegna 11 n. 28 del 25 luglio 1994

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DIRETTIVO/LA CONSULTAZIONE

In tre hanno avanzato la proposta di Agostini, per uno diessi rafforzata nella motivazione dall'esistenza delle duecandidature; anche in questo caso la compagna e il com-pagno direttamente interessati hanno rinunciato ad espri-mersi; infine ben 56, pari al 27,5%, a fronte delle duecandidature non si sono pronunciati rinviando tutto al Cde quindi al risultato della consultazione fra i componentidell'organismo facenti parte della minoranza congressua-le. La maggior parte ritiene e quindi auspica che al Cd,prendendo atto dell'esito, rimanga una sola candidaturaper l'integrazione della segreteria.In riferimento alle motivazioni che sono state illustrateper avvalorare la scelta del nome si può affermare come:• per Betty Leone in 35 hanno voluto sottolineare la diffe-renza di genere e fra le compagne talune hanno eviden-ziato che l'esistenza di una candidatura femminile è an-che il risultato di un percorso fatto in Cgil dalle donne eda loro fatto fare alla Cgil. Ma due di esse hanno teso aindicare la diversità della procedura che stavolta, a diffe-renza delle altre, ha escluso il coordinamento donne. Estato inoltre posto l'accento in modo significativo sullaqualità espressa dalla compagna, sulla sua esperienza didirezione sindacale in categoria e in una Camera del la-voro, sulla valorizzazione, finalmente, di un quadro meri-dionale da tempo assente in segreteria nazionale, infine èconsiderata una candidatura che per le caratteristiche dilibertà di pensiero della compagna e per le motivazioniprettamente sindacali costituisce un dato di rinnovamen-to non trascurabile;• per Giampaolo Patta le argomentazioni hanno riguardatol'essere espressione della maggioranza di «Essere sindaca-to» e di un pluralismo politico oggi esistente.Questa comunicazione può essere conclusa sottoponendoal Cd una problematica. Una decina di consultati, siadella maggioranza che della minoranza, hanno volutoporre all'attenzione e alla considerazione di tutti il pro-blema dell'espressione e della presenza delle varie sensibi-lità politiche. Dopo il superamento della Cgil del patto trale componenti non si è ancora stabilito in quale misura econ quale regole, nella Cgil dei pluralismi e delle diver-sità, possano o debbano essere presenti negli organismi enei gruppi dirigenti le varie sensibilità partitiche.E problema già dell'oggi, lo sarà ancora di più domani, èproblema non della minoranza, ma di tutta la Cgil e ilcongresso deve fornire una soluzione.Qui si conclude la comunicazione sulla consultazione fat-ta a nome della commissione votata da questo Cd.Assumo adesso un'altra veste, precisamente quella dicomponente della segreteria nazionale. Lunedì scorso, ri-ferendo appunto sull'andamento della consultazione, lasegreteria ha espresso una sua valutazione critica su unaspetto chiaramente esplicitatosi e ha ritenuto opportunosottoporla al Cd.Per noi è un campanello d'allarme che vi sia ancora nel-la minoranza congressuale chi non si pronuncia sul segre-tario generale ritenendolo un fatto della maggioranza.Ma è specularmente identico il comportamento dei tantidella maggioranza che si sono sentiti imbarazzati a sce-gliere fra due candidature della minoranza. Invece di es-sere valutata come un'opportunità, anzi una positiva no-vità, quella di poter far valere altre considerazioni e valu-tazioni di merito, in aggiunta a quelle di essere espressio-

ne della minoranza congressuale, nello scegliere fra duecandidature, si è preferito rinunciare.Evidentemente si è tuttora chiusi in una concezione doveognuno sceglie all'interno dei suoi e quindi con un pri-mato dell'appartenenza.Se sommiamo i numeri di tutti coloro che non hanno vo-luto o saputo liberarsi di schemi più appartenenti alla no-stra storia che al nostro futuro, giungiamo a 90 compo-nenti il Cd, cioè oltre il 44% di chi ha partecipato allaconsultazione.E un dato numerico troppo rilevante e forse lo è ancoradi più sul piano politico. •

L'intervento di

Alflero Grandi

L a commissione ci ha informati dei risultati dellaconsultazione, non si può che prenderne atto. Unamaggioranza dei membri del Comitato direttivo ha

indicato Cofferati. Non c'è ragione nel negare l'evidenzae quindi, per quanto mi riguarda, è proponibile un'unicacandidatura, la sua. Non posso che ringraziare le com-pagne e i compagni che hanno ritenuto di indicarmi,dandomi la loro fiducia nella consultazione. So chel'hanno fatto pur sapendo che, con tutta probabilità, illoro consenso aveva le caratteristiche di una sottolineatu-ra politica.Continuo a pensare che sarebbe stato preferibile fare que-ste scelte dopo il congresso. Questo ci avrebbe consentitodi affrontare i nodi di linea politica e il riassetto comples-sivo dei gruppi dirigenti ai vari livelli dell'organizzazione,rinviando all'esito congressuale la soluzione dei nodi poli-tici e al nuovo Comitato direttivo la scelta del segretariogenerale.Abbiamo deciso diversamente e rispetto questa scelta chevincola tutti, anche me. Avere opinioni diverse non è in-conciliabile con il prendere atto delle decisioni di unamaggioranza. Così del resto ho risposto a una lettera dioperatori Fiom che mi invitava a chiedere una procedurapiù ampia, come nel Pds.La rilegittimazione, attraverso il congresso, della baseelettorale (cioè il Comitato direttivo) avrebbe valorizzatola novità importante che è stata introdotta in questa oc-casione. Mi riferisco alla particolare forma di consultazio-ne adottata, che ha capovolto la tradizione.Anziché dare indicazioni, sono state raccolte indica-zioni. Questo è un aspetto importante, un'evidente rottu-ra di continuità con il passato, durante il quale i processidi cooptazione dall'alto sono stati la regola per la forma-zione dei gruppi dirigenti. Per tanti versi anche del no-stro. Questa scelta deve diventare irreversibile ed esserecompletata da una procedura che partendo dai luoghi dilavoro consenta di costituire ai vari livelli un corpo elet-torale coerente e rappresentativo. E uno dei compiti delnuovo congresso quello di definire regole trasparenti e in-novative che diano agli organi dirigenti a tutti i livelli unarinnovata e forte legittimità.Del resto la fase di costruzione, anche se per ora troppolimitata, di costituzione delle Rsu ci pone evidenti esigen-ze di rinnovamento della nostra stessa rappresentanza. Irappresentanti eletti dai lavoratori sono una novità desti-

SuppU'mcnto a Rassegni ^ mJ n. 28 (IH 25 luglio 1994

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nata a sconvolgere, per fortuna, la tranquilla soprawi-venza burocratica che pervade anche una parte troppogrande della Cgil.A domande vere e forti della rappresentanza dei lavora-tori occorrerà sempre più dare risposte altrettanto vere eforti, riconquistando (o perdendo) volta per volta il ruolodi dirigenti.In questa direzione è senz'altro positivo che tutto il setto-re pubblico abbia risolto i complessi problemi procedura-li per la costituzione delle Rsu. Quindi entro ottobre uncorpo elettorale potenziale di oltre 3.000.000 di lavorato-ri, a meno di altri intoppi, voterà le sue Rsu. Se a questosi accompagnerà un'iniziativa di generalizzazione in tuttii settori privati, il prossimo autunno potrebbe essere unatappa decisiva nel cammino verso l'elezione delle Rsu neiluoghi di lavoro con e\identi risvolti positivi anche sulpercorso unitario.Per questa e altre ragioni, come abbiamo detto anche al-la Conferenza di Chianciano, dobbiamo sforzarci di gui-dare un processo di forte innovazione politica e democra-tica per affrontare la crisi del sindacalismo confederale edi conseguenza adeguare la Cgil, e in generale il sindaca-to, alle novità, per affrontare meglio le prove difficili chela nuova situazione ci imporrà.Il congresso, la sua preparazione a partire dai luoghi dilavoro, ci può aiutare in questa direzione. Sarebbe, perme, veramente assurdo che dopo avere scelto questo par-ticolare rapporto tra cambio del segretario generale econgresso, anche — è stato detto — per evitare un con-gresso troppo influenzato dai problemi di inquadramento,rovesciassimo il problema nel suo contrario.Dopo aver scelto ed eletto il nuovo segretario generalenon si può pensare di svolgere un congresso con il torci-collo, ancora centrato sul problema del segretario genera-le. Si può discutere se abbiamo scelto l'iter migliore, e sa-pete che non la penso così, ma non si può certo finire conil sommare tutti i difetti: i difetti dell'iter scel-to e i difetti dell'iter opposto.Per quanto mi riguarda il congresso deve es-sere una ricerca politica libera e democratica,senza retropensieri. Un congresso svolto nellapreoccupazione (o nell'illusione) di confermareo di ribaltare le scelte di oggi sarebbe un erro-re imperdonabile che, per quanto mi riguarda,sono ben deciso a non commettere, anzi a com-battere. Ho già detto a Sergio che c'è la mia pie-na disponibilità a fare la mia parte nel gruppo dirigente,portando il contributo richiesto, senza nessun altro pro-blema aperto di natura personale.

Vedo il congresso come un'occasione troppo importanteper ridurlo a questa dimensione. Ho già avuto occasionedi dire che l'eredità che il nuovo gruppo dirigente prendenelle proprie mani, a partire dal segretario generale, nonè questione affidata a uno solo, ma all'intero gruppo diri-gente. A tutti noi.È qualcosa di più della collegialità. La collegialità èuno dei modi per affrontare il problema, che è in realtàquello del pluralismo, cioè della piena legittimità a espri-mere le posizioni e le esperienze che ognuno di noi rap-presenta. Ogni tanto si riaffaccia anche nella Cgil la ten-tazione di ridurre la complessità, la pluralità degli appor-ti e delle posizioni politiche e sindacali. In genere questa

è stata la premessa di esiti infausti per tutti. Se è così, al-lora dobbiamo identificare, almeno in prima approssima-zione, i due corni del problema. Da un lato ci sono le no-stre diversità, grandi o piccole che siano, che debbono vi-vere ed essere accettate come tali. Dovremmo essere tutticonvinti che l'«altro», in quanto diverso, ci fa tutti più ric-chi. È difficile credere a una reale apertura verso le di-versità nella società e nel campo dei diritti quando questoatteggiamento non è coerentemente applicato verso sestessi, verso la propria organizzazione.Dall'altro c'è l'esigenza di evitare che la diversità diventiparalisi dell'organizzazione. In fondo la nostra scommessaè in gran parte nella capacità di far vivere e comporre lediversità. Fino ad ora questo equilibrio è stato garantito,nelle forme e nei modi che conosciamo, in gran parte,dalla presenza di Bruno Trentin come segretario genera-le. Da ora questo non sarà più possibile nelle forme pre-cedenti e quindi spetterà a ognuno di noi, a partire dalnuovo segretario generale, contribuire all'equilibrio diquesta coppia straordinaria: dialettica e unità. Tentazionisemplificatrici sono sbagliate e in fondo mutuate dall'ideache anche il sindacato, come le vicende politiche, sia ri-conducibile al rapporto di maggioranza-opposizione. Ilsindacato è una creatura complessa in cui si intreccianopiani diversi, che vanno colti e rispettati. Del resto in pas-sato abbiamo tutti ascoltato le osservazioni di Bobbio avisioni troppo semplificate della dialettica sindacale, a chinon comprendeva abbastanza il modo complesso con cuiil sindacato costruisce le sue sintesi.

Aggiungiamo poi che le regole che immaginiamo per noinon possono che essere Ìpotizzabili anche per un futurosindacato unitario, e mi pare difficile immaginare unaprospettiva unitaria che non si faccia carico di garantirele diversità, il pluralismo, il rispetto delle diversità, altri-menti saremmo destinati a perdere per strada pezzi delle

attuali confederazioni.Guardiamo quindi al percorso congressuale co-me sede migliore per compiere una riflessionevera, senza paura delle differenze che esistono einsieme senza dimenticare che l'organizzazioneoggi meno che mai può permettersi la paralisi.Nel corpo dell'organizzazione corrono di-verse tensioni, a volte contraddittorie. Sonopossibili diverse logiche con cui farle esprime-re. A me pare preferibile che si esprimano in

modo limpido essenzialmente come diversità di espe-rienze e di risposte ai problemi reali, quindi come diver-sità che hanno dignità politica, piuttosto che appartenen-ti a logiche di potere, o personaìistiche. Queste ultime in-fatti non sono in grado di far crescere il confronto e la di-scussione, ma la rinchiudono all'interno dell'organizza-zione e dei gruppi dirigenti.In questo senso il gruppo dirigente, a partire dal nuovosegretario generale, è chiamato a far vivere una scelta an-ziché un'altra e per quanto mi riguarda c'è piena dispo-nibilità in questa direzione. Considererei una sconfitta an-che personale un futuro segretario generale alla ricerca dialleanze improprie, alla ricerca di consensi ad ogni costo.A Chianciano sono stati indicati con una certa chiarezzai tanti elementi comuni e anche le diversità di accenti o divalutazione che esistono tra noi. Allo stato della prepara-zione congressuale non è facile dire se i punti più sottoli-

Suppleincnln a Rassegna n. 28 del 25 luglio 1994

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DIRETTIVO/LA CONSULTAZIONE

neati prefigurano diversità che è bene sottoporre al con-gresso. Anche se è possibile che sia così e se sarà così, ri-tengo preferibile lavorare per superare sia la logica dellemozioni alternative che quella degli emendamenti. Sonodue scelte che hanno segnato il precedente congresso, manon mi sembrano adeguate per quello che dobbiamo fa-re. Dobbiamo evitare una sorta di autocostrizione a ripe-terci. Se ci saranno diversità, indichiamole senza timoricome tesi diverse o alternative. Questo è anche un modoper evitare che l'esito congressuale sia già deciso prima diiniziare.Ne parleremo più e meglio nelle sedi dell'apposita com-missione e poi nel direttivo che dovrà varare i documen-ti e avviare effettivamente i lavori del congresso. Oggi milimito a sottolineare alcuni punti cruciali. Si tratta anzi-tutto del rapporto tra sindacato e nuovo quadro politico,dopo la vittoria della coalizione delle destre.Dopo le elezioni politiche del 27-28 marzo c'è stato il ri-sultato delle elezioni europee che ha confermato e raffor-zato un risultato negativo e ha aperto una crisi a sinistra,nel fronte progressista. Il segnale che viene dal voto di do-menica 26, pur essendo positivo, non è in grado di testi-moniare un'inversione di tendenza. Inoltre la svolta se-gnata dal voto ha forti intrecci con un analogo processonel profondo della società.Ricordare la destra al potere, per me, non significa affat-to alzare i ponti levatoi o rinchiudersi in una protesta fi-ne a se stessa, che non avrebbe grande efficacia. Né pos-siamo limitarci a un'attesa induttiva e limitata alla sferadei «nostri» problemi, perché deve preoccuparci comecittadini e come sindacato, ad esempio, il chiaro tentativodel governo di intervenire pesantemente nel campodell'informazione, o il rialzare la testa della criminalità or-ganizzata, e in particolare della mafia, da sempre sensibi-le all'evoluzione degli scenari politici, come ci ha ricorda-to lo squallido comizio di Riina. Per non parlare dell'or-ganigramma del Sismi trovato nei documenti di quel si-gnor Rossi, dichiarato amico del nuovo ministro della Di-fesa. Tuttavia, se vogliamo restare alla nostra sfera più di-retta, a me pare che ancora oggi il movimento sindacalesoffre di un notevole grado di approssimazione nel prepa-rarsi a un confronto lungo e difficile, forse duro, con ilgoverno delle destre. Qualcuno nella sinistra politica puòilludersi che dopo cinque anni basterà criticare le man-chevolezze della destra per rovesciare le sorti elettorali.Spero che questo qualcuno non sia decisivo nei compor-tamenti della sinistra che ha più che mai bisogno diun'analisi, di una proposta, di un aggancio solido con lasocietà. Qui ed ora.In ogni caso il sindacato non se lo può permettere.Deve rivendicare ora, fare accordi quando è possibile. Inuna parola, tentare di ottenere il massimo di risultati pos-sibile. Quindi nessuno di noi può voler portare il sindaca-to all'opposizione, questo è compito di chi siede in Parla-mento, se è capace di farlo. A me pare un errore, invece,non preparare la nostra iniziativa con un'adeguata anali-si della realtà, delle difficoltà enormi che siamo destinati aincontrare, anche come condizione per preparare le ri-sposte più adeguate, che per essere efficaci hanno bisognodei lavoratori, che per muoversi in questa situazione nonhanno certo bisogno di spontaneità, ma di un'adeguatapreparazione e indicazione di iniziativa.

Più che mai oggi il mondo del lavoro ha bisogno diun'organizzazione che ne organizzi l'iniziativa e la rispo-sta. Non culliamoci troppo nell'illusione che sia sufficien-te lavorare all'interno delle contraddizioni della maggio-ranza, che pure ci sono, sono forti e vanno utilizzate. Èvero che questo governo offre talora un'immagine confu-sa, in cui spesso prevale un singolo parere, a volte un po'naif, sul collettivo. Non a caso Berlusconi ha imposto or-dine nella sua squadra. Una tattica intelligente può otte-nere risultati anche importanti, ma non basta. Del resto èdifficile sfuggire all'impressione che nel sindacato c'è chipensa che tutto è cambiato per non cambiare nulla, forseinfluenzato da Tornasi di Lampedusa. Anche questa mipare un'ottica dalla vista corta e conservatrice perché im-magina che gli assetti essenziali del potere non cambie-ranno e che forse in definitiva è bene che non cambino.Non mi pare che la Cgil possa condividere atteggiamen-ti come quelli che ho descritto. Senza sconfiggere atteg-giamenti di questo tipo temo che sul cammino del futurosindacato unitario ci sarà qualcosa di più della discussio-ne pure importante sul rapporto tra iscritti e insieme deilavoratori. In ogni caso continuo ad essere preoccupato,insoddisfatto del modo come affrontiamo il nostro rap-porto con il governo. Siamo partiti con una risposta giu-sta agli argomenti proposti dal governo sul mercato dellavoro, ottenendo anche un risultato tattico, piccolo manon disprezzabile, di rinvio di queste misure, mentre so-no stati approvati solo gli sgravi per le imprese che assu-mono.Tuttavia ora siamo oltre, nei fatti è iniziato un confron-to a tutto campo con il governo che mi desta qualchepreoccupazione. Il confronto sta sovrapponendo diversipiani, allargando gli argomenti di verifica, in un modoun po' alluvionale, e questo con un governo che un po'per la confusione, un po' per la tattica scelta verso di noinon consente un confronto ordinato sui singoli argomen-ti, mentre per bocca del sottosegretario alla presidenzaipotizza la ricerca di un possibile terreno di intesa, altri-menti il governo andrà avanti per la sua strada. Dovre-mo abituarci a questo stile derivante dal mondo degli af-fari, più che dell'impresa. Se si tratta di verificare l'at-tuazione dell'accordo di luglio, e in parte è così, occorrepreparare con cura, da parte nostra innanzitutto, la rico-gnizione dei problemi aperti e la ricerca di risposte perquesta fase.Ma il governo già tende ad andare oltre l'attuazionedell'accordo di luglio, che peraltro conosce ben poco. Ipiani vanno tenuti ben separati e soprattutto va reso espli-cito che la conferma di un principio di concertazione pre-suppone un governo che è disponibile a mettere tutte levariabili, le scelte, le misure da prendere sul tavolo. Men-tre il cuore delle misure è prevalentemente oggetto di di-battito esterno, di esse infatti non abbiamo alcuna notiziaprecisa e l'unica cosa che si avverte con una certa chia-rezza è che si pensa a misure molto consistenti, da adot-tare con la prossima Finanziaria.Quello che si capisce fino ad ora rende inimmaginabileche possa esserci un terreno di convergenza generale, diconcertazione delle scelte tra noi e questo governo, tantomeno che luglio possa essere il mese buono per un accor-do. Per quanto ci riguarda le nostre scelte di contenimen-to salariale e di rispetto del modello contrattuale definito

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il 23 luglio sono già sul tavolo, senza contraddizioni. Perquanto riguarda il governo non è così. Basta pensare alconfronto, tutt'altro che risolto, per i rinnovi contrattuali,sia dei meccanici che del pubblico impiego. Dietro loscoordinato concerto offerto dai ministri si avverte la pre-disposizione di misure la cui scelta temporale dipenderàanche dalla fine delle scadenze elettorali e dei sondaggi,ma che tutto lascia prevedere arriveranno e investirannoaspetti decisivi.Intravedo in sostanza il rischio sia di un estenuante con-fronto sull'acqua com'è stato fino ad oggi, visto che il go-verno fino ad ora ha rinviato le risposte, sia di un possi-bile tentativo, non importa quanto maldestro o improdut-tivo, di giocare la carta di un accordo, magari a luglio.Sarebbe veramente un brutto modo di debuttare per ilnuovo gruppo dirigente.Per questo ritengo necessario chiarire bene anzitutto a noistessi, poi con Cisl e Uil e quindi con il governo la natu-ra del confronto in atto. Distinguendo bene cosa è attua-zione del 23 luglio (terreno in cui siamo creditori) e quin-di cosa ci attendiamo come risultato. Così dobbiamo de-finire bene i confini delle materie oggetto di confronto co-me abbiamo cercato di fare con le controproposte sulmercato del lavoro. In sostanza ci sono risposte di cui sia-mo creditori (gli impegni del 23 luglio) e c'è un quadro dipolitiche che il governo dovrà esplicitare al sindacato pri-ma di adottarle. Poi dobbiamo definire con chiarezza an-che un iter di risposte politiche non difensive e di iniziati-ve sui principali temi su cui è possibile intervenga il go-verno: a partire da pensioni e sanità. Una verità l'ha giàadombrata il ministro Dini. Saremo messi di questo pas-so di fronte ad alternative del tipo: volete i contratti pub-blici e un po' meno pensioni o volete il contrario?È questa concezione della concertazione, che pre-vede un nostro ruolo tutto subalterno, entro la schema in-dicato, che non è accettabile, tanto più se avanzata daparte di un governo che invoca i nostri com-portamenti di moderazione salariale, ma poinon assume una politica di concertazione co-me effettiva stella polare della sua politica edei suoi rapporti. Del resto è governo delle de-stre anche per questo. Occorre dare visibilità etrasparenza al confronto, chiarendo bene le no-stre posizioni e quelle del governo e in partico-lare che l'attuazione dell'accordo del luglio '93non richiede accordi ulteriori.Poi occorre costruire insieme alle posizioni politiche pri-me risposte di iniziativa, di mobilitazione. Non si trattacerto di inseguire la palingenesi dello sciopero generale,ma occorre costruire un primo telaio di iniziative anchedi lotta. Questo è necessario al più presto, altrimenti aitavoli ci si sta con una posizione di debolezza, che puòtrascinare qualcuno a vedere, magari lui solo, risultatipositivi.

In quanto ho detto c'è già l'avvio di una riflessione con-gressuale sull'accordo del 23 luglio '93 e sull'idea di con-certazione, distinguendo gli aspetti strutturali da quelli le-gati a una fase particolare, molto complicata e difficile.Va rivendicata fino in fondo l'attuazione degli impegnipresi da governo e Confindustria il 23 luglio 1993. L'ac-cordo del luglio '93 ha consentito potenzialmente il recu-pero di molti aspetti di quello del luglio '92, che ha se-

gnato un punto negativo e sfavorevole nelle relazioni peril sindacato. L'accordo del luglio '93, che non può esserevalutato fuori del contesto in cui è avvenuto, ha sblocca-to, almeno in potenza, il sistema contrattuale con l'impe-gno al rinnovo dei contratti. L'identificazione certa deidue livelli contrattuali, le Rsu sia pure con i limiti noti so-no due risultati importanti. Per arrivare a questi risultati èstato identificato un particolare e sperimentale assettocontrattuale e un particolare rapporto con la politica deiredditi e più in generale con alcuni impegni concertati.La forte moderazione salariale in particolare sta dentro lafase congiunturale e il quadro di impegni assunti dal go-verno e dalla Confindustria.Ora quel punto di equilibrio è in discussione. C'è il ri-schio concreto che quel particolare equilibrio raggiuntoentri in crisi per iniziativa del governo e dei padroni supunti essenziali: occupazione, politiche di sviluppo, con-tratti, potere d'acquisto. Difendere, com'è giusto, gli im-pegni ottenuti, rivendicandone il pieno rispetto vuoi diremettere in campo prima di tutto tutte le nostre risorse po-litiche e di iniziativa per conquistarne gli obiettivi, par-tendo dalla richiesta del rispetto dei punti essenziali. Apartire appunto dal rinnovo dei contratti di lavoro.La politica dei redditi cui il sindacato si è reso di-sponibile richiede certezze di riferimento e anzitutto im-pegni del governo. Politica dei redditi e concertazionenon sono credibili se sono in realtà perdita di peso qua-litativo e quantitativo del lavoro e del suo reddito. Il go-verno deve prendere impegni per la politica di sviluppo,sostenendo qualità ed estensione della ricerca, dell'inno-vazione, della qualità dell'apparato produttivo e dei ser-vizi. Obiettivi e mezzi per realizzarli non possono certoridursi a un po' di sgravi e a meno diritti. Il quadro diimpegni che il governo deve prendere, che il sistemadelle imprese deve adottare nei suoi comportamenti, è

condizione di una vera politica di tutti i redditi,mentre oggi è irrisolto il problema della tuteladel potere d'acquisto per i lavoratori e comesappiamo è irrisolta — ancora di più — unadrammatica questione occupazionale. Uno svi-luppo guidato, stimolato, sorretto, in un qua-dro europeo richiede politiche adeguate e so-stegno ai settori produttivi vecchi e nuovi, maanche il ridisegno di una politica per il Sud,

~ la cui base di partenza più ristretta non con-dente di affidarsi solo a ciò che esiste.

Per questo a Chianciano ho posto un problema: se l'ac-cordo del 23 luglio è destinato a entrare in crisi, e temoche per il quadro di insieme è probabile che sarà così,conviene mettere in campo da subito un'azione tale chenon ci releghi in difesa, a evitarne il progressivo svuota-mento, ma a individuarne il superamento in avanti.Per questo ho usato la formula: se l'accordo del 23 luglioè destinato a entrare in crisi è meglio che ciò avvenga dasinistra, cioè non da posizioni difensive.Occorre che il sindacato affronti con nettezza il versantedelle contraddizioni sociali aperte con l'obiettivo di ri-comporre una solidarietà che non è scontata e che di persé non è rafforzata da un attacco più forte alle singolecondizioni di lavoro. La solidarietà va ricostruita, va ri-conquistata nel modo di pensare e di rivendicare, di pra-ticare le rivendicazioni e di lottare. Altrimenti un mondo

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del lavoro segmentato e diviso, frantumato e in preda aldissolvimento della solidarietà, potrebbe non essere ingrado di far valere le proprie proposte. Per realizzarequesta unificazione la capacità di tutela della condizionedi lavoro, delle singole condizioni, deve consentire di an-dare oltre la difesa dell'esistente per riunificare in progetialternativi coerenti il mondo del lavoro.Si tratta di confermare, nelle mutate condizioni, il sinda-cato come soggetto politico, che non si ferma alla tutela de-gli interessi, che sarebbe la rappresentazione della realtàesistente e delle sue contraddizioni, a volte laceranti. Oc-corre essere capaci di inverare l'idea del sindacalo dei di-ritti, se non vogliamo che dilaghi la guerra corporativa ditutti contro tutti, di cui emergono anche nel mondo dellavoro sintomi preoccupanti. L'unificzione che può realiz-zare il sindacato dei diritti è quella di partire dalle diver-sità esistenti per realizzare una politica di benefici diversi,tali da realizzare pari opportunità nelle scelte fondamen-tali, anzitutto per i lavoratori.I sindacati autonomi, oggi valorizzati dal nuovo go-verno e dal nuovo clima politico, esprimono una possibi-le riedizione del corporativismo dei gruppi sociali con lacrescita di diversità e di particolarismi e questo potrebbeanche diventare uno schema diverso, alternativo al sinda-cato generale dei diritti, alimentato dalle politiche del go-verno e da comportamenti imprenditoriali in sostanzialesintonia con esso.La crisi del sindacato confederale, non risolta, deve daoggi essere affrontata in una nuova e più difficile condi-zione, che non consente tuttavia acquiescienza o resa, pe-na il venir meno dell'idea stessa di sindacato della solida-rietà. Combattere il corporativismo e la rincorsa degli in-teressi di gruppi sociali più e meno consistenti può avve-nire solo attraverso la ricostruzione di un sindacato con-federale generale e della solidarietà. Questa scelta è anti-tetica all'idea di uno Stato sociale residuale per gli esclusie i poveri. Anzi dobbiamo rinnovare l'idea di Stato socia-le attorno all'idea guida di una nuova solidarietà.Sono convinto che una politica di frantumazione corpo-rativa sia non solo da combattere in nome dell'unificazio-ne del mondo del lavoro partendo dalla sua realtà attua-le, ma sia contraria agli interessi dello stesso apparatoproduttivo, del capitale per intenderci, perché renderebbepiù difficile, se non impossibile, la stessa flessibilità e mo-bilità del lavoro.Per essere soggetto politico il sindacato deve essere autono-mo e quindi in grado di verificare la propria autonomiasulla base di un proprio programma di proposte, di ini-ziative e di regole democratiche tali da garantire un'effet-tiva rappresentanza del proprio corpo sociale. Sappiamoche questo punto è tutt'altro che ovvio, perché la que-stione dell'autonomia, in particolare dalle controparti, haavuto anche recentemente momenti difficili. L'autonomiaè una delle condizioni essenziali per l'unità e può esistereanche in presenza di diverse posizioni. La nostra espe-rienza del sindacato di programma è anche per questo uncontributo all'esperienza di tutto il sindacalismo confede-rale e alla stessa prospettiva unitaria in quanto è in gradodi superare vecchie appartenenze, riemergenti tentazionidi correnti di derivazioni partitica e subalternità di variogenere nei confronti di interlocutori come i padroni e ilgoverno. Il sindacato di programma è autonomo anzitut-

to sul terreno delle proposte e se è capace di recuperarela crisi di rappresentatività. Proprio la diminuzione delpeso specifico delle confederazioni rende indifferibilel'adozione di un corpo di regole democratiche capaci difar decidere l'insieme dei lavoratori sui problemi che li ri-guardano a partire dai contratti di lavoro.Il rinnovamento democratico è condizione per il su-peramento della crisi del sindacalismo confederale. E ne-cessaria una vera e propria rottura democratica, in gradodi parlare all'insieme dei lavoratori e di consentire loro didecidere sulle scelte fondamentali che li riguardano. Sen-za questo il sindacato, tanto più nelle nuove condizionipolitiche delle destre al potere, rischia di non reggere ildifficile scontro in cui sarà impegnato.La rottura democratica di cui c'è bisogno ha un versanteimportante anche nel rapporto tra sindacato e iscritti, ilcui ruolo deve essere valorizzato sia come lavoratori chia-mati a decidere sulle scelte che li riguardano insieme atutti i lavoratori interessati, sia come militanti sindacali,detentori per definizione di un ruolo fondamentale nellacostruzione delle proposte e dell'iniziativa sindacale.Un sindacato programmatico autonomo e democratico,può e deve essere unitario. L'unità è la prospettiva per laquale lavorare, ed è possibile oggi immaginare un percor-so che ci faccia uscire dalla schizofrenia di date mitiche abreve per l'unità e polemiche, o rotture, pesanti nella pra-tica (Atm Torino), che rivelano come il percorso unitariosia troppo spesso inquinato dalla ricerca di primazie o daspirito di organizzazione. Il percorso unitario deve esseremesso in una prospettiva reale ed efficace, togliendol'unità dal terreno della polemica verso gli altri sogetti in-teressati. L'unità per definizione non può essere controqualcuno. L'unità deve anzitutto consentire a Cgil, Cisl,Uil di parteciparvi con tutte le loro anime e sensibilità,senza esclusioni. Ognuno deve sentirsi a casa propria nelprocesso unitario. Sarebbe contraddittorio avviare unprocesso unitario per fare a meno di qualcuno, quando ilvero problema è far sì che la prospettiva unitaria deveavere l'ambizione di coinvolgere un'area più ampia diCgil, Cisl, Uil e in questo senso è decisivo che la prospet-tiva unitaria non sia requisita dai gruppi dirigenti, ma siaoggetto di una discussione ampia e coinvolgente del sog-getto essenziale dell'unità: i lavoratori.Una prospettiva di questo tipo richiede trasparenza etappe di reale avvicinamento all'obiettivo, nel rispettopiù completo del pluralismo, senza forzature che segne-rebbero, temo, una rapida fine del processo unitario. Enecessario che le regole democratiche dell'unità abbianoun solido retroterra e prima ancora di garantire, com'ènecessario, il pluralismo nei gruppi dirigenti, debbano af-fidare un ruolo protagonista ai luoghi di lavoro. Quindicondizione per l'unità è la realizzazione effettiva di untessuto diffuso e forte di Rsu elette dai lavoratori. Il sin-dacato unitario non può che nascere come risposta allacrisi democratica del sindacato confederale. Infine il sin-dacato unitario non può che sperimentare la sua pro-spettiva in una reale autonomia politica e programmati-ca, anche come superamento del limite dell'esperienzasocialdemocratica che pure è diffusa in Europa. Il supe-ramento di quell'esperienza e di quella del Patto di Ro-ma, di cui sentiamo ancora oggi l'influenza, è possibile acondizione che vengano individuati con chiarezza gli ele-

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menti fondanti che debbono diventare l'anima del sinda-cato unitario, cioè un programma e un corpo di regole.Un percorso per l'unità è oggi possibile. Occorreconsolidare i processi avviati e insieme fare un deciso pas-so avanti, anche per evitare ripensamenti e passi indietro.In questo senso vanno: la proposta di una costituente perl'unità dopo il nostro congresso nazionale, la sperimenta-zione dell'elezione delle Rsu; Favaio di sperimentazioniunitarie per materie, per settori di intervento; un'ampiadiscussione con i lavoratori e con i quadri; la sperimenta-zione di prime regole certe di democrazia nel rinnovo deicontratti. Sono tutti punti importanti volti a consolidare ilprocesso unitario. Si può ipotizzare un ulteriore passoavanti che, tra accelerazioni o inutili ritardi, consolidi alpiù presto un nuovo rapporto unitario esplicito tra Cgil,Cisl, Uil partendo dagli impegni a non fare piattaforme eaccordi separati e puntando a lavorare insieme per il fu-turo, cercando meccanismi decisionali che, con il contri-buto delle Rsu, superino le singole sigle. Più che cercaredi limare le differenze tra Cgil, Cisl e Uil, è importantededicare tutta la prossima fase a individuare forme e mo-di per lavorare insieme, senza vecchi steccati. Un nuovopatto unitario tra Cgil, Cisl, Uil potrebbe essere una tap-pa importante e realistica a cui attestare in tempi brevi ilprocesso avviato, consentendo cosi una sperimentazioneeffettiva in vista di un ulteriore e conclusivo percorso ver-so l'unità organica.

Debbo dire per sincerità che sono molto colpito che alcu-ni di coloro tra noi che pensano a percorsi più acceleratidi quelli che ho indicato poi non si pongano coerente-mente il problema di iniziare almeno a rendere paralleleo almeno paragonabili le strutture e le regole delle tre or-ganizzazioni, nemmeno ora che awiamo il congresso.In conclusione voglio ringraziare ancora una volta BrunoTrentin per il contributo straordinario che ha dato a tut-ti noi come segretario generale guidando l'organizzazio-ne in un periodo tormentato e difficile. Inparticolare lo ringrazio, per aver consentitosempre un confronto franco, perfino più fran-co quando è stato diretto. Forse è proprio ilpeso tanto rilevante di questo contributo cheha reso più difficile accettare l'idea che eragiunto il momento per lui e per la Cgil di unafase nuova. Personalmente sono grato a Brunoperché so di aver ricevuto molto dall'aver lavo-rato con lui. Ho già avuto occasione di dirgliche considero questo periodo per me molto importantecosì com'è stato.

Ma a Bruno non rivolgo un saluto. Il rapporto conBruno continuerà in modi diversi. Pur nelle forme nuove,e distinte dai compiti di direzione, che decideremo insie-me, Bruno Trentin può e deve dare un contributo im-portante. Proprio sul terreno del programma, che in fon-do è idea in gran parte sua e che altre organizzazioni, co-me la Spd, considerano un processo continuo di riflessio-ne e revisione. Forse questo è anche il terreno miglioreper dare un contributo, anche se indiretto, ai progressistie al Pds.Discuteremo meglio le forme e i modi, ma questo è uncontributo di cui abbiamo bisogno. A Sergio rinnovo lamia stima personale. Le distinzioni, come la collaborazio-ne, quando ci sono è bene che emergano con trasparen-

za e linearità e anche in questa occasione non vedo per-ché dovrebbe essere diverso. Non ho garanzie particolarida chiedere a Sergio se come è probabile sarà eletto, masono pronto a offrirgli un leale sostegno, a partire dal ri-spetto reciproco delle posizioni. Gli accordi si fanno nelconfronto leale e trasparente delle posizioni e attraversouna piena assunzione di responsabilità, tra persone che sirispettano, e anche per questo non intendono rinunciaread esprimere le loro diversità, nella convinzione che il ri-spetto delle idee altrui sia il modo migliore per pretende-re il rispetto delle proprie. •

L'intervento di

Sergio Cof forati

L e compagne e i compagni che mi hanno indicatonella consultazione per sostituire Bruno Trentin nelruolo di segretario generale della Cgil mi chiedono

di assolvere a un compito gravosissimo. Li ringrazio perla stima e la fiducia. Se l'insieme del direttivo mi indi-cherà, non mi sottrarrò alla responsabilità che mi verràdata.Ho già detto dell'insostituibilità di Bruno Trentin: il suoprestigio, la sua autorevolezza e la sua storia non sono pa-trimonio di nessuno di noi. Dovremo ovviare con la col-legialità e con il contributo di tutti.Vorrei evitare ogni discorso programmatico: ho giàespresso le mie opinioni con franchezza in occasioni re-centi (nell'ultimo direttivo e alla Conferenza di program-ma di Chianciano). Su molti temi il congresso dovrà ri-tornare per definire orientamenti e proposte. A quel di-battito voglio partecipare liberamente, nelle commissionie nel direttivo, come ognuno di voi. Voglio invece ri-prendere qui alcuni temi della discussione di questi mesi,

temi che ritengo importanti per la Cgil, in pro-spettiva delle scadenze più impegnative che ciaspettano.La prima questione riguarda l'unità interna dellaCgil, Uil tema che non si può scindere dall'esi-genza di autoriformare la nostra organizzazio-ne. Siamo in una fase nella quale cambianorapidamente i modelli di rappresentanza isti-tuzionale e politica. Anche per questo la rap-presentanza sociale ha bisogni analoghi che

non possono essere disattesi: diversamente diventerem-mo noi gli ultimi conservatori di questa società civile. Ri-mini è stato un congresso di vera svolta: il modello adot-tato ha prodotto risultatiimportanti e va confermato. Dovremo essere sempre dipiù un sindacato di programma che basa la sua politicasulla solidarietà e i diritti. La vecchia convenzione dellavita interna basata sulle componenti, che pure ha gover-nato fasi e momenti importanti della storia della Cgil, èdefinitivamente alle nostre spalle. Non deve rivivere innessun modo, in nessuna delle fasi pur difficili che ciaspettano. Deve essere chiaro che per noi il pluralismo èun valore e un'esigenza vitale. Dobbiamo impegnarci acostruire un'organizzazione che lavori e viva stabilmentesul principio della maggioranza e della minoranza, senzascadere mai in un rapporto basato sui criteri del governoe dell'opposizione. Questo presuppone la rinuncia a mag-

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gioranze precostituite e la faticosa ricerca delle differenze(quando esisteranno) basate sempre ed esclusivamente sulmerito dei problemi che dovremo affrontare. So per pri-mo che queste non possono essere opzioni generiche, madevono diventare intenzioni che andranno dimostrate everificate in concreto sul campo. L'ambito di questa pro-va è il congresso e il terreno sono le politiche e la costru-zione dei gruppi dirigenti. La scommessa è alta perché daqui parte la possibilità di una discussione libera sul carat-tere della nostra autoriforma e della nostra ipotesi di arti-colazione dei poteri e della rappresentanza della Cgil.Ma l'unità della Cgil è fondamentale anche per realizza-re l'obiettivo dell'unità sindacale, per costruire cioè quelnuovo soggetto a cui diciamo di voler mirare. Ritengo in-dispensabile avviare in questa fase il processo di nullitàsindacale. Il nuovo soggetto deve nascere sulla base di va-lori condivisi, di regole di democrazia certe e del plurali-smo. In questo nuovo soggetto deve essere presente tuttala Cgil, con la sua storia e con le sue articolate sensibilità.Il ruolo e i valori del sindacato generale sono storicamen-te nostri e devono rappresentare la vera discriminante delnuovo sindacato unitario. So bene anch'io che il percorsoè difficile e tortuoso e che ancora una volta non basterà lavolontà, che nessuno mette in discussione, dei protagoni-sti di questo percorso. Esistono ancora presupposti da rea-lizzare e contraddizioni che devono ancora essere intera-mente risolte. Bisogna partire dalla generalizzazione delleRsu nei luoghi di lavoro e definire il nostro ruolo nella so-cietà. Ma per realizzare questo obiettivo è necessario li-berare subito il dibattito. I protagonisti devono diventaresubito i dirigenti e soprattutto i lavoratori.Questo salto è indispensabile per definire le condizioni delprocesso costituente che il congresso dovrà decidere. Maun'accelerazione è anche indispensabile per rafforzarel'autonomia del sindacato, in una fase nella quale i rischisono diventati più evidenti e rilevanti. A questo fine (manon solo a questo) vanno indirizzati anche i momenticontrattuali più rilevanti delle prossime settimane. I rin-novi dei contratti e le loro modalità di esercizio democra-tico possono essere utile base per far evolvere positiva-mente il dibattito e il quadro di riferimento della costru-zione del processo. So che alla fine ci servirà una leggesulla rappresentanza, per risolvere il contenzioso esistentesull'esercizio contrattuale e per evitare i danni potenzialidel referendum. Ma so in primo luogo che è l'esercizioconcreto del nostro potere negoziale, il modo in cui fac-ciamo vivere le regole di democrazia, che può risolvereai-la radice il problema.Il terzo ordine di questioni riguarda le nostre politiche,quelle che devono servire a fronteggiare le mutate condi-

zioni economiche e sociali. I cambiamenti che oggi ab-biamo di fronte hanno spesso radici lontane. Sono spessoil prodotto della crescita distorta degli anni 90 e dei mo-delli culturali che l'hanno caratterizzata, sono spesso an-che generati dagli effetti della recessione di questi ultimianni. La crisi ha spesso mutato i bisogni e la loro gerar-chia nel sentire comune, in più di una circostanza sonomutati purtroppo anche i valori in parti rilevanti del cor-po della società.Lo specchio di queste trasformazioni è la condizione cheha portato al primo governo di destra della storia repub-blicana. Il pericolo maggiore non è rappresentato tantodalla sua esistenza, ma dalla minaccia di una politica li-beri-sta. Non siamo ancora per nostra fortuna davanti acon-dizioni stabili, a un blocco sociale consolidato, cheesprime orientamenti di per sé. Il governo rappresentaancora interessi confliggenti, spesso bastano i risultati diun sondaggio per cambiare le scelte di questo o quel mi-nistro o dell'insieme della compagine governativa, e perfortuna l'elettorato mostra segni interessanti di ripensa-mento (basti guardare quello che è avvenuto negli ultimigiorni alle amministrative).Questo però resta un quadro preoccupante, a mio parereancor più grave di quello, semplificato, che presuppone loscontro a fronte di scelte esplicitamente liberiste; un qua-dro più insidioso, più difficile da fronteggiare. La grandefrantumazione degli interessi, il loro radicamento corpo-rativo vanno individuati e affrontati con coraggio. La ri-presa spontanea dell'economia e la politica del governo ri-schiano di assecondare il processo e di renderlo stabile.La politica economica e quella sociale sono per noi terre-ni senza dubbio assai diffìcili ma sperimentati. Valgonoper noi le scelte che abbiamo già fatto e che abbiamoscritto nell'accordo del 23 luglio 1993: dobbiamo preten-derne l'attuazione integrale, dobbiamo far diventare quel-lo il nostro punto di riferimento, non pensando a quell'ac-cordo come a un modello astratto e ideologico, ma consi-derandolo una somma di strumenti e di regole funzionalia realizzare gli obiettivi che per noi sono prioritari.Dobbiamo però fare attenzione anche ad altro. E possibi-le che si apra davanti a noi la fase di instabilità che puòprecedere un altro violento cambiamento. I referendumdella primavera prossima possono portare, più delle scel-te politiche consapevoli, a un ulteriore mutamento dellarappresentanza politica: l'adozione dell'innominale seccapotrebbe favorire un processo di ulteriore destrutturazio-ne e ricostruzione in forme diverse da quelle attuali dellarappresentanza politico-istituzionale. E si potrebbe cosìtrasformare e fissare per un tempo lungo il reticolo delpotere politico e di quello economico che è conseguente.

Ivan CavicchiLeggere attentamente

le avvertenzeProposte per una nuova

politica del farmacopp. 160, lire 14.000

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Si potrebbe così aprire una fase nella quale potrebberoessere messi in discussione alcuni caratteri rilevanti dellademocrazia, in uno stato di indeterminatezza nel quale sipossono aprire spazi nuovi oppure si possono subire invo-luzioni molto forti.Per queste ragioni, e per gli effetti diretti che potrebberoesserci su di noi e sul nostro ruolo, dobbiamo prestare piùattenzione e dedicare iniziative a temi rilevanti. Voglio in-dicarne solo alcuni.E in atto una revisione ideologica, riproposta con insi-stenza da più parti, e non solo da settori che fanno riferi-mento alle forze di governo. Non sono solo i valoridell'antifascismo ad essere ridiscussi, ma la tolleranza, iprincìpi del pluralismo politico, la convivenza tra le etnie,alcuni dei principali diritti di cittadinanza. La cancellazio-ne di alcuni di questi valori avrebbe effetti dirompenti an-che sui comportamenti nel medio periodo disoggetti apparentemente protetti, quali sono Woggi i lavoratori dipendenti e i pensionati. A »j»llquel punto l'esercizio della solidarietà e la tu- v»*tela dei diritti diventerebbero enormementepiù difficili rispetto a oggi.Si è aperto uno scontro sordo ma durissimo sulcontrollodei centri vitali del potere economico e della co-struzione del consenso. Il processo di privatizza-zione in corso può portare alla riproposizione del con-trollo, da parte di pochicentri finanziari, della maggioranza delle attività econo-miche, con forme radicalmente diverse dal passato macon risultati analoghi e con effetti pericolosi sul tessutodemocratico. Senza voler ignorare qui i problemi che de-rivano dal mutamento dei sistemi della mobilità e daquelli della produzione e della distribuzione dell'energia,che sono assolutamente vitali per ogni tessuto economico,oggi un blocco di questioni prevale su ogni altro, quelloche aprendosi a 90 gradi congiunge l'istruzione, la forma-zione e l'informazione. Non è casuale il riesplodere dipressioni per cambiare il carattere della scuola, i suoi pro-grammi, il suo ruolo nel costruire il sapere. E non è ca-suale che ciò avvenga contemporaneamente allo scontrosul controllo dell'informazione. Non sono solo i mass me-dia in gioco, a partire dalle reti televisive, ma tutto ilcomplesso che costruisce l'informazione e la raccorda allagestione del potere economico: la trasmissione dei dati as-sieme alle immagini e alle parole. Per noi non sono ingioco solo problemi materiali di lavoro e di reddito percoloro che sono coinvolti in questi processi, ma sorgonoquestioni che riguardano direttamente segmenti del mo-dello democratico, che come tali vanno affrontate.Esistono infine rischi rilevanti anche nella pratica sinda-cale più tradizionale. Si riaffaccia l'ipotesi dell'aziendali-smo, forse la risposta più semplice alla crisi del modellotaylorista e allo scarso successo del toyotismo. In questacircostanza si rovescia la prassi tradizionale: è il modellosociale che pervade il mondo della produzione materialedei beni e dei servizi. Anche in questa situazione bisognasapere che non sono in discussione soltanto questioni cheriguardano le condizioni materiali, ma che riguardano inprimo luogo la capacità di rappresentare e i poteri di unsindacato che vuoi essere un sindacato generale. Rischia-mo la subalternità e la marginalizzazione nei luoghi di la-

voro se accettiamo supinamente questi processi o se ciestraniamo da essi. La nostra possibilità di protagonismoè basata sulla nostra capacità di proposta di modelli di or-ganizzazione del lavoro e della produzione e contempo-raneamente di modelli di relazioni che formalizzino ilrapporto dei nostri poteri con quelli delle nostre contro-parti. E questo un passaggio nodale verso la democraziaindustriale ed economica che, se non risolto positivamen-te, ci costringerebbe a un ruolo subalterno e totalmentemarginale.Abbiamo sperimentato in questi giorni un nuovo percor-so democratico, le compagne e i compagni si sono espres-si con franchezza, si è generato un clima utile e positivo.Per questa ragione so di poter contare, qualora mi sia af-fidato l'incarico proposto, su tutti voi: su quelli che mi da-

ranno il loro consenso e su quelli che, legittima-mente dal loro punto di vista, me lo negheran-no. La loro realtà per me è e sarà ampiamentesufficiente.Alfiero Grandi vi ha dato qui, con la franchez-za di sempre, conto delle sue valutazioni e del-le sue decisioni. Il merito e il metodo da luiprospettato e usato confermano senza ombradi dubbio quanto fosse legittima e fondata lasua candidatura a dirigere questa organizza-

zione. Il suo ruolo e il suo contributo saranno indispensa-bili a questa organizzazione. Io so che non mi farà maimancare il suo aiuto. È un'organizzazione che giunge auna scadenza così importante con più ipotesi da spende-re è un'organizzazione che ha un piccolo patrimonio dafar fruttare.Ecco, con questa consultazione si è confermato un climanel quale la dialettica è forte ed esplicita^ ma i toni sonosempre improntati al rispetto reciproco. E merito di tuttivoi e in particolare di Bruno Trentin che ci ha insegnatoin questi anni a discutere e a lavorare così.In una fase nella quale le regole vengono spesso violateanche nel dibattito a sinistra il metodo diventa sostanza.E compito di tutti noi difendere questo valore. #

L'intervento di

Glampaolo Patta

C hiedo scusa a tutti per l'imbarazzo creatosi nellaconsultazione con i quesiti riguardanti l'integrazio-ne nella segreteria per la minoranza.

Purtroppo l'uscita di Fausto Bertinotti in un'area pro-grammatica, appunto, e non di partito, per com'è avve-nuta, ha creato difficoltà di gestione anche nei rapportiinterni all'area e di verifica democratica tra di noi.Il quesito che avete visto è il frutto di questa situazione diconsultazioni male avviate, di pronunciamenti vari che cisono stati in questi mesi e che hanno portato alcuni com-pagni al convincimento che le scelte più rappresentativeper l'integrazione della minoranza nella segreteria fosserodiverse.Una precisazione sul termine «rappresentativo», vista an-che l'introduzione di Paolo Lucchesi: esso non è riferitoall'appartenenza a questo o a quel partito, ma proprio al-la vicenda sindacale della Cgil.Del resto tutti i compagni sanno che all'origine di «Esse-

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DIRETTIVO/LA CONSULTAZIONE

re sindacato» c'è stato anche il ritiro da parte del sotto-scritto di una terza mozione al Consiglio generale diAriccia che varò le tesi. E tutti sanno che c'è stato un di-battito significativo sul costruire o meno una componentedi Rifondazione comunista nella Cgil, posizione che è sta-ta battuta dai compagni di Rifondazione comunista dellaCgil e non da altri, che hanno dimostrato quindi ancheun grado di autonomia prezioso per tutta l'organizzazio-ne. Un dibattito che si è svolto alla luce del sole e di cuitutti i compagni sono a conoscenza.La maggior rappresentatività era quindi un dato sindaca-le e non politico. E per questo apprezzo la posizione diquei compagni che, nella consultazione, hanno voluto ri-spettare questo travaglio e hanno atteso il diritto di pro-posta da parte dei compagni della minoranza.Questa è una questione importantissima anche per il fu-turo sindacato unitario, una delle pietre fon-damentali: io non parlo del diritto di elezionediretta da parte delle aree, ma del diritto diproposta; poi è l'organizzazione nel suo insic-me che decide sul suo gruppo dirigente.Questo vale per la minoranza congressuale co-me per la maggioranza ed è per questo chenon mi sono espresso in consultazione su nessunnome, anche perché non c'erano candidature.Questo lo dico anche alla luce di un'esperienzadiversa che abbiamo realizzato in Lombardia: la sostitu-zione del compagno Riccardo Terzi, dopo le sue dimis-sioni nella segreteria regionale, è avvenuta non sulla basedelle vecchie maggioranze e minoranze del Congresso diRimini, ma sulla base di candidature programmatica-mente motivate all'inizio del percorso all'interno del di-rettivo regionale della Cgil Lombardia.In quell'occasione ho utilizzato il mio diritto di propostaperché veniva superata una situazione che il Congresso diRimini ci aveva consegnato; qui, invece, il dibattito tra idue compagni è arrivato alla fine di questo percorso. Nonè stato portato avanti nessun programma diverso tra i duecompagni, la consultazione ha avuto due quesiti: segreta-rio generale e la proposta della minoranza. Oggi questafase è finita, io continuo a preferire il percorso della Lom-bardia rispetto a quello portato avanti in questa sede.Prendo ovviamente atto delle conclusioni, sia per quantoriguarda l'indicazione del segretario generale, sia perquanto riguarda l'indicazione che i compagni di «Esseresindacato» hanno manifestato all'interno della consulta-zione.Apprezzo negli interventi sia di Grandi che di Cofferatiquesto richiamo forte all'unità della Cgil e in modo parti-colare l'affermazione di Cofferati per cui l'unità della Cgilè premessa per l'unità del sindacato.Avevamo già discusso in questo senso nel recente passato,è una conferma importante adesso che ci apprestiamo arealizzare il congresso. Se al futuro congresso confermia-mo questo approccio credo che potremmo fare moltastrada tutti insieme rispetto all'obiettivo finale che ci stia-mo proponendo.Per quanto riguarda il problema delle politiche sapeteche esiste una profonda differenza tra l'impostazione cheil compagno Cofferati ha illustrato e quella che io hopraticato in questi anni insieme ad altri compagni: bastipensare alla questione del 23 luglio, e della sua gestione,

alle vicende della scala mobile. Credo che ci saranno dif-ferenze anche in futuro su questioni molto importanti:Stato sociale ecc.Credo però che il permanere di differenze non tolga lapossibilità di apprezzare anche e comunque un segretariogenerale che si propone come il punto unitario forte perl'insieme dell'organizzazione.Ho già detto ieri che questo atto — l'elezione del segre-tario generale e l'indicazione dell'integrazione per la mi-noranza — chiude definitivamente il congresso di Rimini.Era un atto dovuto rispetto a quei moralismi. Il prossimocongresso sulla base di una discussione franca e apertadovrà definire sulla base delle diverse opzioni, qualoraqueste ci fossero, le future aree programmatiche, se ci sa-ranno, dell'organizzazione, anche se io spero in un pro-

cesso unitario perché anch'io sento molto l'impe-gno unitario che ci viene posto da questo gover-no e dalla svolta politica e sociale più comples-siva che il paese sta attraversando.In questo senso credo che comunque vadano lecose — che ci siano mozioni alternative, che cisiano emendamenti, che ci sia un'unica tesidell'organizzazione — questa organizzazionenon può restare bloccata in un rapporto go-verno-opposizione, come in parte abbiamo

\issuto in qualche periodo della nostra storia; che sia be-ne avere un rapporto ricco maggioranze e minoranze,anche tra diverse aree che non devono restare incomuni-canti tra di loro.Io posso portare, come esperienza positiva in questo sen-so, l'esperienza lombarda, una delle poche che abbiamorealizzato dal Congresso di Rimini ad oggi, a testimo-nianza, tra l'altro, che non ci sono compagni che rappre-sentano l'esterno e compagni che rappresentano l'interno:siamo tutti compagni che hanno una storia sindacale esiamo riusciti a dare un contributo più generale e positi-vo per tutta l'organizzazione.Ovviamente tutta la mia stima alla compagna che è stataindicata da parte dei compagni di «Essere sindacato» co-me indicazione prevalente. Penso di dover dire chiara-mente che a questo punto la mia candidatura decade eche il completamento del pluralismo deciso dal Congressodi Rimini avviene, per quanto mi riguarda, attraverso l'in-serimento di Betty Leone all'interno della segreteria. •

L'intervento di

Betty Leone

C ompagne e compagni, anche per me il percorsoche ha portato ad oggi non è stato facile. Patta hagià evidenziato che c'è stato un travaglio dentro

l'area che mi ha designata. Ma voi sapete che c'era ancheuna mia posizione personale già espressa in questo diretti-vo. Anche in passato mi ero battuta perché ci fosse unasoluzione dei problemi politici al congresso e non ora:questo mi pareva un percorso più limpido, che ci avrebbepermesso in qualche modo di arrivare a un chiarimentodi contenuti politici senza dare l'impressione che ci fossesoltanto una discussione di poteri, cosa che poi non è.Il direttivo non ha accettato questa tesi, io allora ho rite-nuto di dover accettare la proposta, che mi facevano i

Supplemento a Rassegna ^ ^ J ^ n. 28 del 2") luglio 1994

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compagni e le compagne dell'area, di fare una battagliapolitica che segnasse la continuità di un'esperienza, per-ché anch'io ritengo che Rimini abbia segnato una rotturaimportante per la nostra organizzazione, appunto la rot-tura dell'unanimismo formale, il metodo di rendere espli-cite le differenze tra punti di vista diversi e di metterli inrelazione dialettica tra di loro.Non sempre questo processo è stato limpido, del resto ve-nivano tutti da pratiche diverse dentro l'organizzazione,era difficile innovarle.L'esperienza da Rimini ad oggi ci deve insegnare a con-tinuare nella strada del confronto limpido tra posizioni di-verse, senza che questo significhi contrapposizioni, cristal-lizzazioni, rotture di percorsi anche unitali e dialettici, co-me dicevamo prima. Io credo che allora sia utile oggi ri-proporre la presenza di «Essere sindacato» dentro la se-greteria a rappresentare la continuità e l'importanza di unpunto di vista critico all'interno dell'organizzazione, sa-pendo che questo punto di vista critico si è confrontatoattraverso l'esperienza dei compagni e delle compagneche hanno aderito con tutte le scelte dell'organizzazione.Io stesso ho vissuto il ruolo apparentemente contradditto-rio di essere dirigente di una struttura e rappresentante diuna minoranza: questo mi ha insegnato a mettere sempreinsieme questo doppio ruolo di direzione, senza perderele cose a cui si crede e il punto di vista che si rappresen-ta. Non è stato semplice, so che non sarà semplice, se voimi confermerete la fiducia data nella consultazione, nep-pure in questo percorso congressuale che si presenta diffi-cile, ma è la sfida che questa organizzazione nell'insiemedeve affrontare.

Questo deve essere in qualche modo l'impegno dei com-pagni e delle compagne che mi hanno designato: affron-tare un congresso non unanime, un congresso che salva-guardi un dibattito trasparente, un congresso, però, chesegni l'unità della Cgil dentro le diversità e le differenze.Voglio qui ringraziare il compagno Patta per le cose cheha detto, i compagni e le compagne del direttivo che mihanno dato- la loro stima; voglio ringraziare quelle com-pagne che hanno voluto sottolineare la mia appartenenzaa un percorso di genere perché anche questa è la mia sto-ria che è stata cosi importante e tale resterà nella segrete-ria e nel mio lavoro, sempre se avrò la fiducia del diretti-vo nel voto finale.Voglio ringraziare le due compagne che hanno segnalatoche c'è stata un'altra rottura nella mia designazione; larottura di un percorso di designazione di una donna chenon è stata fatta dal Coordinamento donne. Questo nonè in contraddizione con chi diceva che la mia designazio-ne è il frutto della battaglia delle donne della Cgil: io so-no convinta di questo e sono anzi convinta che è frutto diquesta battaglia anche il percorso anomalo. Perché se iosono qui e posso essere designata da un'area politico-pro-grammatica è perché ho acqustato autorità attraverso larelazione che ho costruito con altre donne della Cgil.Questa relazione è stata per me molto importante ed èquella che mi ha dato autorità, perciò io ringrazio lecompagne che hanno voluto segnalarlo.Anche questo è nella continuità della battaglia che tutteinsieme, noi donne della Cgil, abbiamo fatto fino a oggi espero continueremo a fare anche con scelte e percorsi di-versi. •

RIVISTE EDIESSE

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•ir.

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L'intervento di

RSergio Cof forati

ingrazio le compagne e i compagni che mi hannomanifestato la loro stima e la loro fiducia eleggen-domi alla responsabilità più alta di questa organiz-

zazione.Il compito che oggi mi avete assegnato è di particola-re gravosita e impegno e risulta ancor più alto perchésubentro in questo incarico a Bruno Trentin. In ve-rità, come già ho avuto modo di dire, Bruno Trentinnon si può sostituire: lasua figura e il suo ruolonel corso di interi decen-ni hanno caratterizzatogran parte della vita della Cgil.Insieme a Di Vittorio, Novella, Santi, Foa, Lama egli hacontribuito a rendere il sindacato italiano, tutto il sinda-cato confederale, non solo la Cgil, un soggetto fonda-mentale nella società di questo paese. Per queste ragioniTrentin non si può sostituire. La sua capacità e la sua au-torevolezza non sono caratteristiche che si ricreano confacilità.Si chiude così un'epoca e si apre una nuova fase, difficilema affascinante. Mi aspetta, anzi ci aspetta, care compa-gne e cari compagni, un compito molto delicato: si trattadi realizzare il primo obiettivo e lo dobbiamo realizzareassieme, dobbiamo dare corpo e visibilità a una gestionecollegiale di questa organizzazione.E un compito che non si può limitare alla segreteria con-federale, ma che deve coinvolgere tutti voi nelle forme econ le modalità che insieme decideremo.La discussione delle proposte congressuali è l'occasioneprincipale per attuare in concreto questo orientamento.Ci attendono scadenze importanti, dovremo esserne all'al-tezza, il nostro congresso dovrà consentirci di completaree di rendere organiche le proposte descritte nella Confe-renza d'organizzazione e in quella di programma.Sarà necessario fare i conti, con realismo e franchezza,con le mutate condizioni economiche, sociali e politichedel paese, senza evitare nell'analisi di registrare, anchecon crudezza, i nostri limiti e — dove ci sono state — lenostre responsabilità o manchevolezze, ma con lo spiritoe l'intenzione di chi vuole e deve prospettare obiettivi ingrado di dare speranze e fiducia a milioni di lavoratori, digiovani e di pensionati.Sappiamo bene quali sono gli effetti rilevanti della crisi,della recessione; conosciamo i guasti prodotti nelle condi-zioni materiali di lavoro e di vita di tantissime lavoratricie tantissimi lavoratori; sappiamo come sono mutate lecondizioni della vita sociale in molte parti del paese; co-nosciamo i timori e le preoccupazioni di tantissimi giova-ni e dei pensionati per il loro futuro.Dobbiamo partire da lì, senza negarci gli ostacoli e le dif-ficoltà, ma per prospettare una linea chiara nella sua di-rezione e nelle sue implicazioni. E dobbiamo farlo in pri-mo luogo per i giovani, per quelli che un lavoro nonl'hanno o per quelli che sono da poco entrati nel mondodel lavoro.Il lavoro, appunto, è oggi il diritto di cittadinanza più ri-levante. Non servono soluzioni miracolistiche, ma atti

29 GIUGNO

concreti e precisi per costruire lavoro. La nostra scelta ènota: noi pensiamo che, in primo luogo, sia indispensabi-le dare a questo paese sviluppo e crescita, senza rinuncia-re a controllare il debito e l'inflazione. Sono questi gliobiettivi e i vincoli stessi dell'accordo del 23 luglio del1993. Per realizzare questi obiettivi servono politiche mi-rate a sostenere e rilanciare l'occupazione, tra queste do-vrà trovare centralità la politica degli orari e della ridu-zione del tempo di lavoro.Senza crescita non ci sarà nuova occupazione stabile, nonci saranno prospettive per i giovani o per coloro che sonostati espulsi dal processo produttivo. La nuova accumula-

zione è decisiva per affron-tare anche i problemi dellearee deboli e in particolaredel Mezzogiorno che,

com'è noto, ha bisogno di infrastrutture e di nuove occa-sioni di lavoro in tutti i settori.Ma questa ripresa va orientata, perché se lasciata a sestessa finirebbe per accentuare le differenze e non ne ri-durrebbe gli spazi e gli effetti.La nostra sfida al governo di destra non è astratta o pre-giudiziale, anche se è evidente, e nessuno lo può ignora-re, che i nostri valori sono in antitesi a quelli delle forzepolitiche che compongono il governo. Lo sfidiamo sulmerito e lo misuriamo sul merito: dimostri che vuole pas-sare dalle parole ai fatti; sappia che non ci accontentere-mo semplicemente di procedure di confronto, ma che lasostanza di questo confronto sarà risolutiva per il nostrogiudizio finale; sappia anche che, se questa sostanza noncorrisponderà agli impegni presi, alle affermazioni fatte,troverà l'esplicita ostilità della Cgil.Ma non vorrei essere vago nemmeno su altri aspetti im-portanti delle prossime scadenze: il sistema produttivo ita-liano ha certamente bisogno di flessibilità, in primo luogoe fondamentalmente per cogliere le occasioni che la cre-scita può offrire, non per generare astrattamente nuoveoccasioni di lavoro.La flessibilità va estesa, ma in un sistema di regole che lafinalizzi e permetta di confermare la conoscenza dei pro-cessi da parte delle organizzazioni sindacali e il rispettodei diritti elementari dei singoli lavoratori.Vive in questo paese un'idea di liberismo che combatte-remo aspramente, quell'idea cioè che considera la sop-pressione dei diritti come una vera e propria occasione dicrescita delle attività produttive ed economiche. Ma an-che alla nostra idea di rigore nel controllo del debito dol>biamo dare più risalto. Ancora una volta sappiamo chepossono prender corpo ipotesi diverse che prefigurano epossono costruire un'idea opposta alla nostra di società ci-vile. Per noi, che non rinunciamo a un'idea di società piùgiusta ed equa, la difesa dei più deboli è fondamentale.Esistono spazi concreti per aumentare le entrate agendosulle varie forme di evasione e si possono ridurre le speseintervenendo in primo luogo sugli sprechi e sulla disorga-nizzazione. So che non sarebbero interventi sufficienti,ma darebbero il segno della rotta che si intende prendere,ogni altra direzione troverà la nostra opposizione perchéfinirebbe inevitabilmente con lo scaricarsi sulle figure piùdeboli della nostra società.Ma non dovremo, né vorremo limitarci ad affrontare i te-mi della politica economica e di quella sociale. Anche per

Supplemento a Ra.s 22 il. 28 del 25 luglio 1994

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noi, per chi ha un'identità antica, basata sui princìpi dellatolleranza, sulla lotta all'autoritarismo, sul valore dell'unitàdella nazione, ogni battaglia per la libertà e per la demo-crazia è un terreno di iniziativa feconda. Sono in discus-sione princìpi fondamentali del vivere democratico, chevanno dal carattere e dal ruolo della scuola al pluralismodell'informazione, alla privatizzazione di importanti siste-mi produttivi e di servizi. In ognuna di queste vicende, inqueste scadenze sono in evidenza aspetti economici, con-dizioni di lavoro per molti e tratti rilevanti del possibile as-setto della democrazia negli anni a venire. Ecco, noi do-vremmo occuparci dell'insieme di questi problemi e nonsoltanto di quella parte che ci è naturalmente assegnataperché vogliamo tutelare il mondo del lavoro dipendente.Nel percorso che ci porta al congresso e ancora di più inquella sede saremo chiamati a dare corpo a due esigenzefondamentali: l'unità della Cgil e l'avvio della costituenteper l'unità sindacale. Sono obiettivi tra di loro comple-mentari, non sono affatto in contrasto.Siamo apparsi spesso come un'organizzazione divisa, co-si ci hanno descritto, ma noi troppe volte ci siamo pre-stati a quella che, in qualche occasione, è diventata ad-dirittura una caricatura. Dobbiamo rendere esplicito chesiamo un'organizzazione pluralista, con una forte dialet-tica interna, ma con una rilevante coesione. Per farlo,per rendere chiaro questo anche all'esterno, ci servonoregole precise, esercizio concreto di democrazia e forteetica della responsabilità in tutte le compagne e i com-pagni che compongono i gruppi dirigenti. La nostraunità è un valore e un patrimonio politico che fa del plu-ralismo una sua ragion d'essere, che basa la sua esisten-za su un programma, offre un modello di riferimento eun terreno di confronto importante all'intera sinistra po-litica, troppo spesso prigioniera della voglia di distingue-re le singole opzioni, più che del desiderio di unire leprospettive strategiche.

Ma la nostra unità è rilevante anche per da-re corpo ad un nuovo soggetto: il sindacatounitario. Anche questo dovrà essere un sog-getto pluralista, basato su regole certe di de-mocrazia e su valori discriminanti, quale lasolidarietà e l'esercizio dei diritti.È un processo che va avviato subito, conse-gnando la discussione sul suo carattere ai grup-pi dirigenti delle nostre strutture e soprattutto ailavoratori.10 non credo al mito dell'unità spontanea che nasce dalbasso: ognuno di noi ha un compito e può, deve parteci-pare a questo processo, l'importante però è che questa di-scussione venga liberata e riconsegnata ai destinatali fina-li, i lavoratori, che devono costruirne il carattere e dircicome la stessa va ancorata ai loro bisogni.11 congresso, infine, dovrà consentirci di completare lanostra autoriforma, dovremo sciogliere nodi delicatissimiper il nostro futuro: il nostro rapporto con il federalismo,il decentramento dei poteri e delle risorse, il coordina-mento delle politiche.Un primo passo concreto in questa direzione sarà rap-presentato dalla riorganizzazione del centro confederale edella segreteria nazionale. Esiste ovviamente un rapportotra i due livelli, ma sono io qui in grado di formalizzare anome della segreteria, fin da ora, alle compagne e com-

pagni del direttivo, il nuovo assetto che la segreteria in-tende darsi con i relativi incarichi. Ovviamente dovrà de-terminarsi un rapporto stretto tra questo assetto e il restodel centro confederale. Altrettanto ovviamente questo do-vrà valere come modello di riferimento anche per l'insie-me delle nostre strutture.Ma possiamo definire fin da ora che in una struttura disegreteria che muta rispetto a quella preesistente si po-tranno individuare responsabilità relative alle politichemacroeconomiche, di sviluppo del lavoro e di riforma delVVelfare, da assegnare alla compagna Betty Leone e alcompagno Angelo Airoldi.Definire un incarico per le politiche settoriali di ristruttu-razione e sostegno all'apparato produttivo e dei servizi, diriforma dell'apparato pubblico, del quale saranno respon-sabili il compagno Alfiero Grandi e il compagno WalterCerfeda.Assegnare alla compagna Francesca Santoro la responsa-bilità delle politiche culturali e dell'informazione; ricon-fermare le politiche di insediamento e di autoriforma delsindacato al compagno Paolo Lucchesi, e assegnare allasegreteria generale la politica delle relazioni estere.La decisione presa qui e qui comunicata vuole essere laconferma di un interesse, di una disponibilità concreta daparte di tutti i compagni e le compagne della segreteria diprocedere rapidamente alla riorganizzazione per metterequesta organizzazione in grado di lavorare al meglio del-le sue potenzialità.La decisione di Guglielmo Epifani, formalizzata ieri, dirimettere il suo mandato di segretario generale aggiuntoè un atto di straordinaria sensibilità politica che tutti ab-biamo esplicitamente apprezzato. E ancor più importan-te questo gesto perché non dovuto, ma utilissimo a favo-rire il cambiamento della Cgil secondo le linee decise daRimini, uscendo dalla logica dell'appartenenza e risco-

prendo, invece, con la decisione necessaria, il va-lore delle donne e degli uomini che lavoranodentro la Cgil.Sono orientamenti che successivamente la Con-ferenza d'Organizzazione ha meglio tratteggia-to e, proprio in attuazione dei deliberati diquella conferenza, proporrò alla prossima riu-nione del Comitato direttivo di istituire la fi-gura del vicesegretario, con funzioni vicarie, edi affidarla a Guglielmo Epifani.

Per quanto riguarda il compagno Trentin, raccogliendola richiesta esistente nella nostra organizzazione di unavalorizzazione delle sue disponibilità a dare ancora uncontributo indispensabile alla nuova Cgil, che lui più diogni altro ha delineato e che oggi ci affida, la propostache formalizzeremo e sottoporremo in forma organica al-la prossima riunione del Comitato direttivo è quella del-la costituzione di un Ufficio del programma, al quale as-segnare il duplice compito di coordinare gli istituti di ri-cerca e di formazione e, contemporaneamente, di pro-muovere conferenze di approfondimento tematico utili adeterminare un aggiornamento sistematico del nostroprogramma fondamentale. Questo incarico vuole mirarealla nascita di una sede permanente di elaborazione e diconfronto, aperta, oltre che alle compagne e ai compagnidell'organizzazione, a contributi esterni anche di caratte-re internazionale, quindi diventare un vero e proprio la-

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boratorio politico-sindacale, anche per la sinistra italianaed europea.Care compagne e cari compagni, mi affidate un incaricodi grande responsabilità, che so essere superiore alle miesole forze. In questi anni, lavorando con incarichi di re-sponsabilità nazionale nel corpo della Cgil, ho vistoall'opera i compagni Lama, Pizzinato e, da ultimo, BrunoTrentin. So, credo di sapere che cosa mi aspetta. Mi sonopresenti anche i bisogni e le aspettative delle donne e de-gli uomini che sono iscritti alla Cgil o che lavorano inquesta organizzazione. La Cgil per loro è un punto di ri-ferimento insostituibile, un luogo spesso di lavoro duro epoco gratificante, ma centrale nella loro vita. Alla loro at-tenzione e a quella dei lavoratori e dei cittadini, che pureguardano alla Cgil come a una parte insostituibile dellasocietà civile, dobbiamo saper rispondere e dobbiamo far-lo insieme.Vi sono grato per la lealtà che mi avete mostrato. Lo di-co ai miei compagni vecchi e nuovi della segreteria e aicomponenti del Comitato direttivo. La lealtà si è esplici-tata in consenso e in altrettanti franchi dissensi, ma è labase per poter lavorare insieme in futuro: la collegialitàsarà la nostra risorsa. So di poter contare su tutti voi equesto, anche in un momento così impegnativo, mi rendesereno. •

II saluto a Trentin di

Guglielmo Epifanl

N on è facile salutare e ringraziare Bruno Trentinnel momento in cui lascia l'incarico di segretariogenerale della Cgil.

Non lo è perché cosi rilevante è stato il suo ruolo, il suocontributo nella direzione della Cgil, dentro una vita in-teramente dedicata alla Cgil, che non è facile tradurlo invalutazioni e parole adatte.Non lo è perché Trentin non amerebbe che non un salu-to sobrio, schivo, misurato. E probabilmente neanchequesto.E poi non è facile perché Bruno non lascia la Cgil: ne la-scia l'incarico di segretario generale, ma continuerà a la-vorare con noi e tra noi, senza incarichi esecutivi, in queisettori di attività che più ama, che con fatica ha dovutotrascurare in questi anni, e dai quali la Cgil sa di potertrarre per il futuro un contributo di grande intelligenza,di grande lucidità, di grande rigore.Si può però provare a tracciare, di questo lavoro, un qua-dro di riferimenti essenziali e comunque significativi.Trentin diventa segretario generale della Cgil nel 19. Ab-biamo vissuto le fasi che portarono Bruno nell'incaricopiù alto di direzione della Cgil. Bruno f u chiamato al ti-mone della Cgil in una fase difficile della sua vita internae della ricerca di una nuova identità.Si era alla vigilia del 199, dei grandi sconvolgimenti poli-tici europei e mondiali. Si era dentro una fase di sviluppodel paese segnata dalle tante contraddizioni e probleminon risolti, come gli anni 90 avrebbero poi dimostrato.Il primo compito che Trentin si assunse fu appunto quel-lo di ridefinire l'identità della Cgil, i suoi fondamenti, lescelte di valore. Fu a Chianciano che la sua lunga e ap-passionata relazione disegnò per la prima volta la strate-

gia dei diritti e fu poi al Congresso di Rimini che presecorpo la strategia della Cgil (i diritti e la solidarietà) e so-prattutto il fondamento programmatico della sua iden-tità. Io credo che questa sia — e lo confermerà la storio-grafia del sindacalismo italiano anche tra molti anni lanovità più rilevante, la «svolta», il dato fondamentale del-la segreteria di Bruno.Per un sindacato come il nostro, così legato nella sua sto-ria alle vicende politiche e ideologiche della sinistra ita-liana, articolato per componenti di partito, quella sceltaha davvero segnato uno spartiacque e ha alimentato, tratutte le difficoltà e le resistenze che conosciamo, i pro-cessi di rinnovamento e di autoriforma e insieme la ri-presa di una forte autonomia progettuale e di ricercadella Cgil, fino all'ultima Conferenza programmatica diChianciano.Se dovessi indicare una seconda traccia profonda della di-rezione di Bruno, la collocherei nella politica e nella vo-cazione internazionale della Cgil. L'adesione alla Cisl In-ternazionale ne è sicuramente l'episodio storicamente epoliticamente più rilevante. Ma non è tutto, anche perchéquesta scelta, dopo i grandi rivolgimenti nell'ordine mon-diale, sarebbe stata comunque nell'ordine delle cose.Mi riferisco piuttosto alla sprovincializzazione dell'oriz-zonte politico e culturale della Cgil, il suo immergersi inuna relazione costante con i grandi filoni del dibattito eu-ropeo, l'attenzione prestata alle vicende dell'Unione, del-le sue istituzioni, alla vita dei suoi Stati membri. E insie-me la riconferma di un moderno impegno nei confrontidelle realtà dei paesi in via di sviluppo, e la grande batta-glia contro i razzismi, l'intolleranza, la discriminazione el'oppressione razziale.La battaglia per la democrazia e la parità dei diritti delSudafrica ne è stato il paradigma come cuore di un im-pegno che in Italia e in Europa si traduceva nella difesadei diritti di cittadinanza e nella costruzione culturale, ci-vile, legislativa di una vera società multietnica.Qui davvero l'intransigenza etica di Bruno è stata decisi-va per superare incomprensioni, ritardi e talvolta ostilitàmai dichiarate. Bruno è stato soprattutto l'uomo che hadifeso l'unità della Cgil e il suo pluralismo interno, il di-fensore della libertà della discussione, della necessità delconfronto tra i diversi punti di vista. Dell'autonomia del-la Cgil. Non era e non è facile difendere la nostra unitàe valorizzare i nostri pluralismi. Non lo è stato nel duroconfronto del Congresso di Rimini, nella gestione di que-sti anni, nel confronto di questa stagione politica.Lungo questa strada con tenacia Trentin ha (difeso questivalori, spesso creando incomprensioni, spesso scontentan-do molti, lasciando molti problemi aperti. Ma oggi gli variconosciuto il merito di avere operato nell'interesse dellaCgil. E se oggi possiamo lavorare tutti per essere più au-tonomi, più ricchi, più determinati nel difendere gli stessiobiettivi lo dobbiamo alla sua azione e alla sua tenacia.Non è stata, la sua e la nostra, una vicenda tutta linearee semplice. Abbiamo attraversato grandi travagli e mo-menti di grande difficoltà. Pensiamo al 31 luglio del 1992,al giudizio che ci divise, alle sue dimissioni. Bruno firmòper non rompere l'unità con la Cisl e la Uil e forse anchela nostra unità. E avendo disatteso il mandato ricevuto sidimise. Quella scelta apparve a molti incomprensibilestrana, forzata. C'è chi vide un segno di debolezza, chi al

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contrario un gesto di furbizia. Era ed è invece un gesto diresponsabilità, quasi deontologico, e il modo per cuiognuno e tutti fossimo liberi di decidere con la stessa re-sponsabilità dei nostri atti e comportamenti. La Cgil ebbeun soprassalto di responsabilità, e da allora risalimmo pia-no piano la china.L'unità a cui Bruno pagò quel prezzo è tornata in questimesi al centro dell'iniziativa della Cgil. Se c'è stato, comeio penso, qualche ritardo nel riprendere la nostra iniziati-va per l'unità sindacale questo non toglie che in questimesi siamo tornati a essere con grande forza il sindacatoche lavora per il progetto della costruzione di un rinno-vato e democratico sindacato Unitario confederale. E diTrentin la proposta di un'assemblea costituente perl'unità, ed è toccato a Trentin, nell'assemblea dei delega-ti metalmeccanici, di lasciare a quella che è stata la suacategoria, la sua Firn, un messaggio di lavoro e di fiduciaper andare avanti.Trentin ci consegna una Cgil rispettata dalle contropartistimata da Cisl e Uil, con molti problemi aperti, ma conmolte risorse in più di quelle che avevamo sei anni fa. Ilsegnale più importante è quello che proviene dal voto deilavoratori e dal rinnovamento democratico delle rappre-sentanze sindacali unitarie.Oggi Trentin ha voluto dare alla Cgil l'ennesima provadel suo spirito di servizio per l'organizzazione: i tempi e imodi della sua uscita dall'incarico di segretario generale.Se siamo in condizione di eleggere un nuovo segretariogenerale in un clima di grande rispetto e lealtà interna, seoggi possiamo affidare la guida della Cgil a dirigenti digenerazioni più recenti e sperare di lavorare con la colle-gialità necessaria a colmare il vuoto di storia e di espe-rienza che Bruno lascia, lo dobbiamo a questa scelta, allaresponsabilità cui chiama con grande forza.Anche per questo, a nome di tutte le compagne e i com-pagni del Comitato direttivo, ti ringraziarne E lo faccia-mo nel modo giusto, che a te piace. Confer-mando l'impegno a non disperdere in nulla iltuo e il nostro duro lavoro di questi anni. Acontinuare nella direzione di lavoro che ci sia-mo dati e per la quale continueremo a chiede-re e ricevere il tuo contributo. A mettere lescelte e gli interessi personali, anche a costo disofferenze intcriori profonde, al servizio dei va-lori che ci guidano. Tanto più oggi, nella diffici-le situazione politica, l'idea di un sindacato deidiritti e della solidarietà deve essere difesa e promossa.In questo intendiamo il ringraziamento del Comitato di-rettivo come omaggio vero, rispetto vero per il tuo lavoro,per la tua passione, per i risultati del tuo impegno. Spesitutti per la tua e la nostra Cgil. Per quei lavoratori, so-prattutto, ai quali hai dedicato e continuerai a dedicare latua scelta di vita, e che hanno senato cosi profondamen-te la tua ricerca culturale, il tuo rigore, il tuo senso mora-le, il tuo stile di lavoro.

Quelle caratteristiche e quei tratti umani e politici chehanno fatto di te un testimone e un protagonista unicodelle vicende sociali e sindacali di quarant'anni, con lamedesima fedeltà alle idee e con grande coraggio di ri-cerca di sperimentazione e di apertura al nuovo. E questaè forse la lezione più alta che hai trasmesso e della qualela Cgil davvero non potrà fare a meno. •

L'intervento di

Bruno Trentin

T emo che questa volta la darò vinta a Valeria Fede-li, che ha polemizzato con me per la faccia dibronzo che ero capace di mantenere, ma sarei un

ipocrita se negassi che provo in questo momento unaprofonda emozione, anche un senso di dolore, come ac-cade ogni volta che si interrompe un modo di operare eanche un tipo di vita, mentre si affronta con qualche an-sia un futuro che deve essere ancora disegnato. E pesaanche in me il timore di vedersi allontanare i rapportiumani con molti di voi che sono sempre stati capaci diarricchirmi e che sono inseparabili nel mio lavoro, nellaCgil e nella mia vita, particolarmente con coloro con iquali ho avuto una lunga dimestichezza e un dialogo avolte polemico che temo possa venire in qualche modointerrotto.È questo il prezzo inevitabile da pagare, io credo, difronte a un cambiamento personale così rilevante comequello che io sto vivendo, anche se si tratta in questo ca-so, come sapete bene, di un cambiamento fortementevoluto e che mi sembra oggi, ancora più di ieri, unascelta giusta e necessaria. Necessaria per la Cgil, neces-saria anche per me.Credo, però, di poter dire che provo anche in questomomento, come militante della Cgil, un sentimento con-fuso di riconoscenza, ma anche di fierezza, per tutto quel-lo che mi hanno dato questa organizzazione e le personeche ho potuto conoscere, scoprire, stimare, apprendendomolto da loro. Riconoscenza anche per le prove dureche, come molti di voi, ho dovuto affrontare, per gli inse-gnamenti che ne ho ricevuto e perché mai esse sono sta-te vissute in totale solitudine: anche in chi dissentiva radi-

calmente ho potuto sempre cogliere rispetto e af-fetto di cui li ringrazio. Fierezza, anche, per es-sere stato in alcuni momenti tra le persone chehanno contribuito a un cambiamento di questaorganizzazione e alla sua ripresa in una situa-zione tra le più diffìcili che il movimento sin-dacale abbia vissuto nel nostro paese.Guglielmo lo ha ricordato nel suo intervento:avrei potuto lasciare la direzione della Cgilnei primi di agosto del '92 e vi assicuro che

la mia scelta non era dettata da furbizia o da secondi fi-ni. Ma vi sono grato di avermi consentito, forzando an-che la mia volontà, di dare un senso, un significato a ungesto che per me fu estremamente doloroso anche se ne-cessario: si trattava di assumere una sconfitta e nello stes-so tempo di non rompere con un fronte sindacale in mo-do da tenere aperta una strada, se c'era, per una rimon-ta unitaria e per non rimanere soltanto, per un lungo pe-riodo, una forza di testimonianza.

Io credo che l'accordo che abbiamo concluso un annodopo, e dopo una consultazione dei lavoratori, ha segna-to questa ripresa; nessuno ha nascosto tra di noi i suoi li-miti, le sue ombre, le sue velleità e le sue genericità, maio credo, guardando proprio a quello che l'accordo del'92 aveva compromesso o distrutto (e non si trattava sol-tanto della scala mobile), che solo una grave sottovaluta-zione del movimento sociale che ha scandito i mesi

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dall'autunno del '92 agli inizi del '93 può condurre a unalettura dell'accordo del '93 che svaluti le grandi poten-zialità che, con tutti i limiti che contiene, esso apre an-cora al movimento sindacale.Soltanto una lettura masochista può ignorare dei risulta-ti che portano anche, lo sappiamo e lo diciamo senza or-goglio o boria di organizzazione, il segno della Cgil, conla consapevolezza che senza la Cgil quell'accordo non sa-rebbe stato lo stesso. La conquista di due livelli di con-trattazione in tutto il mondo del lavoro, includendo lariforma del rapporto di lavoro nel pubblico impiego; laconquista di rappresentanze sindacali unitarie abilitatealla contrattazione collettiva restano, con tutti i limiti chehanno preceduto quell'esperienza e che hanno segnatoquell'intesa, una conquista che il movimento sindacaleitaliano non aveva mai raggiunto da quando esiste; unaconquista che non ha precedenti oggi, che io sappia, nelmovimento sindacale in Europa.Oggi siamo in condizione di agire con molto rigore, in-tanto per colmare l'enorme distacco che esiste, e che for-se si accentuerà con il governo che abbiamo di fronte, fragli impegni assunti nell'accordo del 23 luglio 1993 e i fat-ti e gli atti concreti che il governo a un certo momentoadotterà.Fra questi impegni, se n'è parlato nella giornata di ieri edell'altro ieri, ci sono certamente anche quelli riguardan-ti la cosiddetta concertazione, ossia la verifica della dina-mica dei prezzi e delle tariffe e l'adozione di eventuali mi-sure atte a contenere la crescita di tutti i redditi, qualorasuperassero un tasso di inflazione ritenuto valido tra leparti attraverso il consenso delle parti, attraverso lo stru-mento fiscale.Si può dire, quindi, anche a questo proposito, non con-centrando la nostra attenzione su questioni di parole, chec'è concertazione solo se c'è accordo sul modo in cui go-vernare queste variabili. La concertazione non è un datoacquisito, è l'eventuale sbocco di una ricerca che non sichiama contrattuale solo perché i soggetti sono diversi esoggetti anche essi a responsabilità diverse.Ho richiamato questo perché sono consapevole, come tut-ti voi, che viviamo una situazione estremamente difficilecon elementi di forti pericoli per il movimento sindacale,soprattutto se venisse a mancare una tenuta unitaria nel-la capacità di proposta, di sostegno coerente delle propo-ste di fronte al governo e alle altre controparti e soprat-tutto di mobilitazione delle nostre strutture e dei lavora-tori intorno a queste proposte.Sono consapevole delle prove difficili che ci attendono, eanche delle trappole che possono configurarsi, ma credoche possiamo affrontarle da posizioni più forti rispetto alpassato.Ecco perché prego molti compagni, e soprattutto quelliche per i litigi che abbiamo avuto mi sono più cari e piùamici, di non passare dalla sacrosanta autocritica al ma-sochismo. Se non ci fossero stati questi risultati e con es-si anche le battaglie che abbiamo potuto condurre primadi tutto, come Cgil, sui diritti, sul controllo dei licenzia-menti nelle piccole imprese, sulle prime forme di legisla-zione per i lavoratori immigrati, sulla riforma del rap-porto di lavoro nel pubblico impiego, nel contenere gliattacchi allo Stato sociale che si sono succeduti in tuttiquesti anni; se non ci fosse stato il segno, il marchio del-

la Cgil in grandi vertenze che hanno avuto un ruoloesemplare, come quella alla Fiat, su nuove strategie dipolitica industriale e di codecisione nelle politiche dell'oc-cupazione; se non avessimo la prospettiva di vedere con-solidato nel contratto dei chimici (e io mi auguro tra po-che ore nel contratto dei metalmeccanici) il principio in-condizionato del diritto alla contrattazione nei luoghi dilavoro e nel territorio, ricordandoci tutti quale era labandiera della Confindustria ancora nell'autunno '92; senon facessimo i conti sui risultati, certo ancora fragili,delle elezioni delle Rsu; allora davvero lavoreremmo peril Re di Prussia, non riusciremmo più a distinguere unanno dall'altro, un mese dall'altro, un'esperienza dall'al-tra, fatto tanto più grave dato che le abbiamo vissute tut-te insieme queste esperienze.Sono ben consapevole, l'ho detto alla Conferenza di pro-gramma, che nel divorzio che tocchiamo per mano intutte le regioni italiane, sia pure in modo diverso, fra ilvoto alle Rsu (l'alta percentuale di partecipazione al vo-to, la fiducia data al sindacalismo confederale, il succes-so che riportano le liste della Cgil, alla Fiom siamo ritor-nati a prima del 1955) e quello alle politiche c'è il segnodi una divaricazione fra gli orientamenti politici e quellisociali di tanta parte della popolazione, e anche dei la-voratori; c'è il segno di una schizofrenia preoccupante,che non può durare e non durerà. Ma c'è anche qualchecosa di più: quando c'è non solo tenuta, ma crescitadell'autorità, del peso che la Cgil si è conquistata in que-sti anni, c'è anche un atto di fiducia, sia pure provviso-rio, che dobbiamo sapere onorare e che non dobbiamoignorare.Provo un sentimento di fierezza anche perché sono con-vinto di lasciare la segreteria della Cgil e la Cgil in unclima molto diverso da quello che ha segnato la vita an-che di questo Comitato direttivo all'indomani del Con-gresso di Rimini. Non parlo di stile, di rispetto reciproconella discussione, che non è mai mancato — se una cosaha contraddistinto il lavoro di questo organismo è pro-prio il clima di grande civiltà anche quando ci dicevamole cose più orribili —, ma parlo del rischio, sul quale viho intrattenuto e annoiato anche troppo, di cristallizza-zione delle posizioni in una logica di schieramenti con-trapposti e sussistenti quasi per forza di inerzia, per do-vere di lealtà a dissensi manifestati, magari, tanti anni fa,in una situazione completamente diversa da quella con laquale ci confrontiamo.Credo che in questi anni, particolarmente nel periodopiù vicino a noi, siamo tutti cresciuti alla prova dei fattie alla prova di quella grande scuola che è il sindacato,che, presto o tardi, ci impone di superare i pregiudizi e itabù ideologici. Qui la testimonianza ha poco spazio inun gruppo dirigente; qui è difficile mantenere, e basta,una posizione per quattro-cinque anni quando questanon ha nessun riscontro nella società reale, nei risultatidella contrattazione collettiva, nella mobilitazione dei la-voratori.Il pregio e la terribile prova che il sindacato ha impostoa ognuno di noi hanno anche un loro immenso fascino:quello che consente sempre di verificare in tempi relati-vamente brevi i risultati, le conseguenze, le implicazionidelle scelte che ognuno di noi compie, e per questo nonè consentito, se non a pochi, il ruolo del testimone senza

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meriti e senza colpe rispetto a quello che la Confedera-zione deve fare giorno per giorno attraverso le sue strut-ture, attraverso le sue iniziative, sul piano contrattualecome sul piano politico.Io penso che in questi mesi si è sviluppato, e ancora piùin questi giorni, un dibattito molto più creativo rispetto almodo in cui eravamo abituati a discutere in questa orga-nizzazione da un lungo periodo; un dibattito molto piùcreativo, capace di far fare a tutta l'organizzazione, anchealla periferia, un salto di qualità verso una democraziaconsapevole, responsabile e perciò più ricca e più libera.Forse oggi apparirà meno assurda di quanto sembrava amolti compagni la tesi per la quale mi sono più volte bat-tuto, sembrando quasi un senatore, quando dicevo che inun mondo che cambia, finché abbiamo curiosità e sensodelle responsabilità, non siamo condannati né a una lealtàdi corrente, né a imbalsamare un rapporto fra maggio-ranza e minoranza che dovrebbe sopravvivere contro tut-to e tutti ai mutamenti sconvolgenti di questi anni. Nuo-ve maggioranze e nuove minoranze ci sono, si sono ma-nifestate anche in questo Comitato direttivo: io credo chesaranno sempre più la linfa, la vita e il modo di vivere, dicamminare e di cambiare della Cgil.Provo un sentimento di fierezza anche perché ho potutocontribuire all'esperienza che tutti abbiamo vissuto nellaformazione dei gruppi dirigenti, non solo della segreteriaconfederale, assumendo la scelta, certo molto controversa,che ci ha portato prima del congresso a intraprendere unampio processo di rinnovamento dei gruppi dirigenti, eparticolarmente delle segreterie della nostra organizzazio-ne.

Come dicevo non parlo soltanto della segreteria naziona-le: è presente a tutti voi come questo atto, che oggi san-ziona l'elezione di un nuovo segretario generale della Cgile integra la segreteria confederale restituendole piena rap-presentatività del pluralismo che esiste in questa organiz-zazione, viene dopo importanti decisioni chehanno cambiato la direzione della Fiom, del-la Funzione pubblica, dei pensionati, di strut-ture regionali come la Lombardia, il Piemon-te, Napoli e domani la Campania, la Basilica-ta, il Veneto e Venezia, e so benissimo di di-menticare molti e molti altri esempi che hannoin qualche modo costituito negli ultimi sei mesiuna vera e propria ondata di rinnovamento eanche in molti casi di ringiovanimento delle no-stre strutture.A questo disegno ha corrisposto anche il percorso che ab-biamo delineato per la Confederazione, discutendo a lun-go, prima che delle persone, delle funzioni, della natura edelle regole dei processi decisionali, del ruolo delle segre-terie, della direzione, del direttivo, in modo da ampliarecon regole certe le frontiere della democrazia di organiz-zazione.Lo abbiamo fatto prima di parlare di persone, abbiamointrecciato questa ricerca con alcuni importanti momentidi dibattito e di confronto politico, non soltanto in questoComitato direttivo che è stato impegnato, in questo pe-riodo come non mai, a discutere proprio l'iniziativa poli-tica e unitaria della Confederazione, anche di fronte allanuova situazione politica che è venuta creandosi, ma ab-biamo introdotto momenti importanti di approfondimen-

to politico con la Conferenza di organizzazione e con laConferenza di programma.È in questo contesto, e soltanto in questo contesto, cheabbiamo affrontato, programmando i tempi, una consul-tazione che si è rivelata serena e matura sul segretario ge-nerale della Cgil, sull'integrazione della segreteria confe-derale e nello stesso tempo sui compiti a cui sarà chiama-ta la segreteria confederale nel suo insieme, sulla quale ilComitato direttivo discuterà, come ricordava Sergio, inuna prossima sessione.Credo che ci deve far riflettere come questa esperienza,realizzata in una situazione le cui difficoltà non sfuggonoa nessuno, possa aprire quanto meno la strada a un con-gresso vero, certo non inibito a nuovi cambiamenti anchenel gruppo dirigente nazionale della Cgil. Non è statomai pensato da nessuno di noi in questi termini —- mipermetto in questo intervento, di considerarmi ancora,prò tempore, della segreteria della Cgil — ma certamen-te è stato pensato come un momento di grande impor-tanza che non poteva incentrarsi sul solo problema deigruppi dirigenti senza determinare anche una divisione,un distacco rispetto a una grande massa di militanti, an-che di lavoratori che sentono più che mai in questa situa-zione come i loro problemi, le loro domande devono es-sere al primo posto nel dibattito che vogliamo aprire.È già stato messo in luce quanto di nuovo c'era in questomodo di formazione dei gruppi dirigenti rispetto a unatradizione lungamente praticata e consolidata nella Cgil,«nuovo» che ha trovato il suo punto di inizio, sarebbe in-giusto non ricordarlo, con la consultazione che ha segui-to le dimissioni di Antonio Pizzinato. Abbiamo voluto undibattito politico, una consultazione sul ruolo delle istitu-zioni confederali, sulla funzione dei gruppi dirigenti e suquesta base abbiamo aperto una seconda consultazionelasciando effettivamente ogni membro del Comitato di-

rettivo, e non solo del Comitato direttivo, libero dipresentare una propria candidatura.Io rispetto il metodo adottato in altre strutture,ma in questa scelta che abbiamo fatto per ilComitato direttivo della Cgil, fino al momentoin cui non si è dichiarata chiusa la discussionee previste le elezioni a scrutinio segreto con lemodalità che sono state approvate dal Comi-tato direttivo, ogni candidatura era ancora li-bera di esprimersi. Non c'è stata nessuna de-

signazione del segretario generale uscente e credo chenon si tratti soltanto di una questione di forma, ma di so-stanza se si pensa alla storia di questa organizzazione.Mi domando allora se non è possibile chiedere agli osser-vatori, agli amici che hanno seguito le vicende dei sinda-cati, chiedere loro che questo tentativo, per quanto ca-rente e maldestro, di fuoriuscire da vecchi rituali che nelpassato a volte hanno determinato anche gravi distorsioninella democrazia del sindacato, sia criticato per i suoi li-miti, ma rispettato negli intenti che lo muovono e nei da-ti di fatto che ne attestano l'esistenza.Dico questo perché c'è ancora chi parla di partite trucca-te, di successori già designati e questo offende, evidente-mente, chi si è sentito particolarmente impegnato in unosforzo di rinnovamento di questa organizzazione. Eviden-temente c'è ancora il crampo del cronista che impedisce aqualcuno di descrivere una Cgil diversa da quella che ha

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imparato a dileggiare nei libretti rossi della sua adole-scenza, ma la consultazione ha evidenziato l'esistenza didue candidati, di cui molti hanno sottolineato le singolequalità e le responsabilità comuni che essi dovranno assu-mere nella vita della segreteria confederale, con SergioCofFerati segretario generale.L'intervento esemplare di Alfìero Grandi è stato, al di làdel contributo di merito che ha recato alla vita di questaorganizzazione, anche un attestato prezioso di questo no-stro modo di associare una lotta politica leale (che avver-tiamo anche come un dovere, non solo come un diritto)con la solidarietà nel gruppo dirigente, con la concezionedel sindacato che di fronte alle prove più dure che deveaffrontare nei confronti degli interlocutori o del padronesa presentarsi con un volto solo.La scelta di Sergio Cofferati è così divenuta, in questocontesto che non si può caricaturare, una scelta dellagrande maggioranza del Comitato direttivo, se non ditutti noi. Io voglio solo dire qui, non solo la mia stima, ilmio affetto e la mia incondizionata fiducia nei suoi con-fronti, basata sul lungo periodo di collaborazione che ab-biamo potuto sperimentare nella segreteria confederale,ma voglio dire qui anche la mia totale disponibilità a la-vorare, sia pure da una funzione radicalmente diversa, af-finchè la scelta che abbiamo compiuto oggi diventi unimpegno permanente di tutti i militanti che collaboranocon il centro confederale.A Betty voglio esprimere non solo molti auguri, ma tuttol'impegno a sostenerla nel suo nuovo lavoro. Lei sa cheho sempre pensato che la scelta compiuta oggi dal Comi-tato direttivo era la più giusta e la più valida.Ringrazio naturalmente per le proposte che Sergio haformulato per quanto riguarda il mio lavoro, e le ritengoproposte che mi onorano.Che cosa mi resta da dire, compagni? Certo che occorreandare avanti con il congresso, ma senza attendere ilCongresso, sulla strada del rinnovamento: occorre andareavanti per rinnovare questa Cgil.Ecco, se posso esprimere un auspicio, insisterei su questaCgil, non un'altra, e forse dovremo fare tutti uno sforzoper non confondere la lotta sulla quale dobbiamo proba-bilmente superare qualche reticenza e dimostrare mag-giore audacia, quella per una riforma federalistica dellaRepubblica italiana, con la volontà di salvaguardare inquesta riforma un grande soggetto politico unificatore dellavoro dipendente in questo paese.Certamente una riforma della democrazia istituzionalesollecita più democrazia, più autonomia per le categorie ele altre strutture territoriali, nuove responsabilità dellestrutture territoriali di fronte a nuovi interlocutori, ma es-se devono, è questo il problema che il congresso dovrà ri-solvere, poter convivere con una grande organizzazionecapace di darsi attraverso decisioni democratiche traspa-renti regole generali, priorità, strumenti e anche deonto-logie comuni e vincolanti.Si pensi al rigore che la difesa di una strategia dei dirittie della solidarietà comporta in questa fase: possiamo per-metterci il lusso di immaginare una specie di disarticola-zione contrattuale delle categorie a livello categoriale?Possiamo permetterci il lusso di avere in qualche modouna strategia dei diritti o delle solidarietà che si confacciadi più alle tradizioni delle singole regioni del nostro pae-

se o non dobbiamo, proprio di fronte alla prospettiva diun forte decentramento delle decisioni e dei poteri nelloStato, esaltare con le regole della democrazia il ruolo uni-ficante, solidale di questo grande soggetto sociale e politi-co che è il sindacato?In secondo luogo dovremo difendere e rendere più vitalel'unità di questa Cgil. Pluralismo, lotta politica e capacitàdi proposta e di decisioni devono diventare i tre connota-ti di un'organizzazione viva come la nostra. E uno sforzo,questo, che può garantire alla Cgil, diversamente dal pas-sato, una presenza e un ruolo determinante anche in unconfronto politico così insidioso come quello che attendeil gruppo dirigente confederale nei confronti del governodesignato dalla coalizione di destra che ha vinto le elezio-ni.Se c'è una Cgil che sa associare il pluralismo, la lotta po-litica interna trasparente e leale, e la capacità di assume-re democraticamente decisioni, io non penso che si possadecidere contro di essa senza decidere contro l'intero mo-vimento sindacale.E una fase difficile quella che attende l'organizzazione,che non si può affrontare con gli esorcismi, con ulterioridiscussioni sulla natura di questo governo o sulla naturache debbono avere i confronti con questo governo, quasiche un sindacato, anche in una situazione peggiore diquella che abbiamo di fronte, si possa permettere di dire«non gioco più», non gioco più di fronte allo scadere deicontratti che riguardano milioni di lavoratori, non giocopiù di fronte a un processo di ristrutturazione dal qualedipende il destino di migliaia di persone.Il problema è di passare dagli esorcismi e dalle disquisi-zioni definitorie — ne abbiamo già fatte, io credo, di suf-ficientemente pesanti — alla definizione su ogni questionedi nostre proposte stringenti, di progetti alternativi che laCgil in primo luogo, e l'insieme delle organizzazioni sin-dacali in secondo luogo, dovranno sostenere: occorre gio-care d'anticipo e non limitarsi a giocare di rimessa sulleproposte del governo.L'unità della Cgil è decisiva finché queste proposte se-gnano il confine tra il confronto nell'autonomia, anchecon un governo che non ci è amico, e la subalternità.È questa Cgil che vogliamo portare all'unità sindacale.Non credo, lo dico ad alcuni compagni e anche carissimiamici, che possiamo porre nel dibattito unitario delle pre-giudiziali di merito: condivido tutte le loro riserve — perquanto mi riguarda si tratta proprio di un'opposizioneconvinta — all'azionariato popolare e a nuove forme dicapitalismo a proprietà diffusa come la strada maestraverso la partecipazione dei lavoratori. Credo invece, co-me credono molti amici e compagni, che la via è quelladell'autogoverno dei gruppi di lavoro e che la via dell'au-togoverno è la sola che può portare a forme concrete dicodeterminazione (poi possiamo anche cambiare la paro-la: non è sulle parole che si realizza o l'unità o la divisio-ne tra di noi).Noi non possiamo porre delle pregiudiziali di merito per-ché immagino che coesisteranno sempre in un sindacatounitario (coesistono, forse, anche nella Cgil) idee anchemolto diverse sulle strade da percorrere per coinvolgere ilavoratori nel governo dell'impresa. Abbiamo bisognoperò di regole, e di regole incontrovertibili, nel definirel'identità e poi la convivenza in un sindacato unitario, che

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sono le regole della democrazia di organizzazione richia-mate qui giustamente molte volte. E un problema chenon abbiamo risolto ancora nella Cgil, sono le regole fon-damentali della democrazia di mandato che non coinci-dono con l'esigenza altrettanto importante di accertare larappresentatività delle organizzazioni sindacali, una voltaper tutte; sono le regole che conferiscono l'unica legitti-mazione possibile per un sindacato nella contrattazionesulla base di un mandato.Queste regole devono prevedere con il patto unitario,senza ipocrisie, senza pasticci, la rinuncia alla sovranità diorganizzazione, e quindi al diritto di veto da parte diun'organizzazione rispetto a quella che sarà a quel mo-mento la volontà nella maggioranza.Questo vuoi dire la capacità di sperimentare con la de-mocrazia, con il protagonismo dei lavoratori, degli elettinelle rappresentanze sindacali unitarie, l'unità qui e ora, edi rompere anche con questo gioco di scarico delle re-sponsabilità.La miglior prova che noi possiamo dare della volontàunitaria della Cgil, e nello stesso tempo del fatto che laCgil concepisce l'unità solo come autoriforma di tutti isindacati, è quella di sperimentare sul campo con la gen-te, con i lavoratori, con i quadri le forme possibili di unitàqui e ora, è quella di togliere, almeno per quanto riguar-da la Confederazione (questo mi auguro che la nuova se-greteria confederale saprà dire con forza nei prossimigiorni) ogni divieto a costruire nei fatti con la gentel'unità che vogliamo, confrontandoci certo con gli altrisindacati, ma affidando ai lavoratori e alle strutture di ba-se un ruolo decisivo di mediazione anche sui contrasti chepermangono tra di noi.La garanzia sostanziale affinchè questa unità possa vivereè però che il pluralismo che già questa Cgil sa esprimerecon la sua ricchezza, con i suoi conflitti democratici, siatutto impegnato a essere un attore insostituibile e indivisi-bile del processo unitario e del nuovo sinda-cato.Qui sta la maggiore garanzia che possiamo «Midare alle altre confederazioni sulla nostra vo- t"''1

lontà di costruire un'unità fondata sulla demo-crazia sindacale e di mandato, sulla riforma delsindacato. Allo stesso tempo è anche la miglio-re garanzia che possiamo dare a noi stessi sulfuturo di un sindacato unitario e non unico, vo-lontario, pluralista, in presa diretta con il mondodel lavoro reale.Voglio qui ringraziare tutti i compagni del Comitato di-rettivo per avermi permesso di esprimere sempre confranchezza le mie opinioni senza demonizzarle, anchequando erano in dissenso con quelle di molti compagni.Porto con gli anni anche la memoria del fatto che unaprassi di questo genere non faceva parte del passato dellaCgil. Se mi sono avvalso di questo diritto senza riserveocculte e senza reticenza, e per qualche eccesso che pos-so aver avuto chiedo scusa, credo di aver fatto anche lamia parte per garantire a tutti questo diritto anche difen-dendo la presenza del nostro pluralismo, non del plurali-smo di qualcun altro, di questa nostra ricchezza negli or-ganismi dirigenti della Cgil a tutti i livelli sino alla segre-teria.Abbiamo costruito così, si è detto, un'anomalia, all'inter-

no e all'esterno del sindacato, io credo che sia stata unaanomalia felice e alla fine vincente.Per questo ritengo ingiusto e meschino raffigurare questastoria tormentata del direttivo della Cgil in questi ultimidue anni come la storia di un organismo autoritario e gia-cobino che ha menomato o represso i diritti delle mino-ranze. Ma per questo dissenso anche da chi sostiene an-cora che l'esperienza che abbiamo fatto nella formazionedei gruppi dirigenti è ancora un'anomalia transitoria;penso invece che si tratti di un fatto nuovo, di un piùavanzato tentativo di sperimentare una democrazia nonossificata da schieramenti precostituiti e capace di porta-re alla decisione e alla proposta con l'autorevolezza cheproviene proprio da un pluralismo riconosciuto e tutelato.Se questa anomalia vivrà, magari domani, con altri pro-tagonisti, la Cgil avrà arrecato un altro contributo alla ri-costruzione del paese in un sistema di democrazia capacedi evolversi e di trasformarsi, anche attraverso l'espander-si del ruolo delle associazioni volontarie nella società civi-le, un ruolo importante per la loro capacità, che risco-priamo oggi, di esprimere nuove forme di democrazia ingrado di contenere e di contrastare le possibili degenera-zioni verso il leaderismo, verso il partito inteso come ser-vizio del capo, verso lo stato dei referendum, dei plebisci-ti, che rischiano di aprire in questo paese spazi nuovi aforme striscianti di autoritarismo.

Credo che una Cgil che salvaguardi questa autonomia,questa anomalia, che la faccia vivere come una forma didemocrazia nella nostra associazione, potrà dare anche,proprio per quella via, un contributo inestimabile alle for-ze della sinistra, alle forze di progresso, alle forze rifor-matrici che cercano oggi faticosamente una nuova stradanel nostro paese.È questa in ogni caso la Cgil per la quale io mi sono bat-tuto per lunghi anni, anche quando il dissenso era consi-

derato un segno di inaffidabilità dei compagni chelo esprimevano, ed è questa la Cgil che ho po-tuto cominciare a vedere e nella quale ho co-minciato a vivere: vorrei continuare a farlo ilpiù a lungo possibile.Grazie, dunque, a tutti voi. Ma permettetemiun grazie particolare alle compagne e ai com-pagni con i quali ho lavorato più direttamen-te ogni giorno e che mi hanno dato un'inso-stituibile collaborazione, aiutandomi ad assol-

vere, almeno decentemente, al mio compito.Grazie a quanti hanno condiviso con me momenti digrandi responsabilità e su cui ho potuto sempre contare,contare sulla loro amicizia e la loro solidarietà anchequando erano in disaccordo con me.Per questo parlo particolarmente, ma non solo, di Gu-glielmo, che ha fatto un intervento che mi ha profonda-mente colpito, di Sergio, di Alfiero, di Paolo, di Angelo,di Francesca, di Betty, di Walter, ma parlo anche di per-sone e di amici che conoscete tutti, come Tonino Lettie-ri, come Nina Daita, come Claudio Sabattini, come AliBabà Faye, come Achille Passoni, come Pietro Marcena-ro e Giorgio Cremaschi, come Stefano Patriarca, RenatoLattes, Mario Agostinelli, Carlo Ghezzi, Roberto Toninie Mario Sai, e tanti altri amici e amiche che solo il riser-bo mi impedisce di nominare. Senza averli conosciuti lamia vita sarebbe stata un'altra. •

Supplemento a Rassegna n. 28 del 25 luglio 1994