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1 I Contratti di filiera nel mercato agroalimentare * Marianna Giuffrida 1.- Introduzione La presente riflessione, pur traendo spunto ed occasione da una recente previsione legislativa 1 , viene condotta nell’ambito della più ampia analisi dei contratti del mercato agroalimentare cui abbiamo pensato di destinare le due giornate di studio del presente Convegno. Tale scelta è stata compiuta nella radicata convinzione che senza contratto non c’è mercato o meglio che il mercato nella prospettiva tanto del giurista quanto dell’economista, si sostanzia in una fitta rete negoziale, fonte di rapporti plurimi e complessi 2 , la cui disciplina si rivela strumentale alla garanzia dell’efficienza del mercato stesso. E rimanendo nei più angusti, ma non per questo meno significativi, confini del mercato agroalimentare, un’adeguata disciplina dei rapporti contrattuali tra soggetti diversi ma ugualmente protagonisti 3 si traduce in una maggiore tutela della sicurezza alimentare 4 - obiettivo fondamentale perseguito dall’Ue ormai da un ( * ) Il presente saggio è destinato agli Scritti in onore del prof. Luigi Costato. ( 1 ) Il riferimento è all’art.63, D.L. 24 gennaio 2012, n.1, convertito con modificazioni dalla l. 24 marzo 2012, n.27. ( 2 ) Secondo N. Irti (Introduzione, in AA.VV., Il dibattito sull’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1999, p. XIV) “Il mercato si definisce come unità giuridica di relazioni di scambio”. Per G.Auletta (Contratto e mercato: a proposito del III volume de “Il diritto civile” di C.M. Bianca (Milano, 1984), in Quadrimestre, 1985, 289 e ora in Scritti giuridici, VIII, Milano, 2001, 227 ss.) il mercato include lo scambio ma va oltre, contemplando anche i contratti che prescrivono obblighi di fare. Sul punto v. anche Buonocore, Contratto e mercato, in Giur. Comm., 2007, I, p.384; Oppo, Contratto e mercato, in Vario diritto. Scritti giuridici, VII, Padova, 2005, p.193 ss; Id., Impresa e mercato, in Vario diritto. Scritti giuridici, cit., p.184. ( 3 ) Osserva R. Tommasini, Il soggetto e la persona nel contratto, in Tescione (a cura di), Persona e soggetto. Il soggetto come fattispecie della persona, Napoli, 2010, p.85, che le relazioni commerciali all’interno dei singoli mercati, ai fini della relativa regolamentazione normativa, vengono individuate “a) attraverso le caratteristiche dei soggetti b) attraverso le peculiarità dei beni…c) attraverso le caratteristiche dei fatti”. ( 4 ) In merito cfr., per tutti, L. Costato, Una ricognizione sui principi fondanti del diritto alimentare, in Riv.dir.agr., 2005, I, p.203 ss.; Id., Dal diritto agrario al diritto agroalimentare. Un percorso

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I Contratti di filiera nel mercato agroalimentare* Marianna Giuffrida 1.- Introduzione La presente riflessione, pur traendo spunto ed occasione da una recente previsione legislativa1, viene condotta nell’ambito della più ampia analisi dei contratti del mercato agroalimentare cui abbiamo pensato di destinare le due giornate di studio del presente Convegno. Tale scelta è stata compiuta nella radicata convinzione che senza contratto non c’è mercato o meglio che il mercato nella prospettiva tanto del giurista quanto dell’economista, si sostanzia in una fitta rete negoziale, fonte di rapporti plurimi e complessi2, la cui disciplina si rivela strumentale alla garanzia dell’efficienza del mercato stesso. E rimanendo nei più angusti, ma non per questo meno significativi, confini del mercato agroalimentare, un’adeguata disciplina dei rapporti contrattuali tra soggetti diversi ma ugualmente protagonisti3 si traduce in una maggiore tutela della sicurezza alimentare4 - obiettivo fondamentale perseguito dall’Ue ormai da un                                                         

(*) Il presente saggio è destinato agli Scritti in onore del prof. Luigi Costato.

(1) Il riferimento è all’art.63, D.L. 24 gennaio 2012, n.1, convertito con modificazioni dalla l. 24 marzo 2012, n.27.

(2) Secondo N. Irti (Introduzione, in AA.VV., Il dibattito sull’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1999, p. XIV) “Il mercato si definisce come unità giuridica di relazioni di scambio”. Per G.Auletta (Contratto e mercato: a proposito del III volume de “Il diritto civile” di C.M. Bianca (Milano, 1984), in Quadrimestre, 1985, 289 e ora in Scritti giuridici, VIII, Milano, 2001, 227 ss.) il mercato include lo scambio ma va oltre, contemplando anche i contratti che prescrivono obblighi di fare. Sul punto v. anche Buonocore, Contratto e mercato, in Giur. Comm., 2007, I, p.384; Oppo, Contratto e mercato, in Vario diritto. Scritti giuridici, VII, Padova, 2005, p.193 ss; Id., Impresa e mercato, in Vario diritto. Scritti giuridici, cit., p.184.

(3) Osserva R. Tommasini, Il soggetto e la persona nel contratto, in Tescione (a cura di), Persona e soggetto. Il soggetto come fattispecie della persona, Napoli, 2010, p.85, che le relazioni commerciali all’interno dei singoli mercati, ai fini della relativa regolamentazione normativa, vengono individuate “a) attraverso le caratteristiche dei soggetti b) attraverso le peculiarità dei beni…c) attraverso le caratteristiche dei fatti”.

(4) In merito cfr., per tutti, L. Costato, Una ricognizione sui principi fondanti del diritto alimentare, in Riv.dir.agr., 2005, I, p.203 ss.; Id., Dal diritto agrario al diritto agroalimentare. Un percorso

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decennio e consacrato nel reg. 178/2002 - nella duplice accezione comunemente attribuita a tale sintagma di certezza della disponibilità degli approvvigionamenti e di sanità del prodotto alimentare, accezioni meglio esplicitate nelle locuzioni inglesi food security e food safety. A ciò si aggiunga che la constatazione dei continui mutamenti che le congiunture economiche e la realtà sociale provocano, induce a monitorare5 periodicamente strumenti e rimedi sui quali si conforma l’assetto giuridico che il mercato alimentare ha ricevuto e riceve dai legislatori. Sulla base di queste premesse, tale mercato si costituisce a sistema conformato da principi e regole proprie e stringenti al punto da indurre Antonio Jannarelli ad affermare che la visione sistemica dell’agroalimentare ha spinto il legislatore nel 2001, con i tre decreti legislativi di orientamento e modernizzazione6, ad abbandonare “la prospettiva tradizionale che assumeva ciascuna struttura aziendale in un sostanziale isolamento del complessivo contesto economico e territoriale in cui essa opera (...) Più precisamente (...) l’individuazione dell’impresa agricola, ai fini della relativa qualificazione, risulta ispirata ad un nuovo quanto originale paradigma fondato appunto sui rapporti di rete (...) in cui vanno a collocarsi le strutture produttive di base”7. E tale visione delle relazioni intersettoriali che si colloca a monte del mutato approccio del legislatore alle nuove dinamiche del settore induce lo stesso legislatore a manifestare una “decisa opzione per un associazionismo dei produttori chiamato a svolgere una concreta ed effettiva azione operativa sui mercati dei prodotti agricoli di base” supportato dalla scelta, fra i possibili tipi contrattuali, o fra le possibili forme organizzative, da adottare, di quelli che assicurano una consistenza patrimoniale a queste strutture con una visione macroeconomica di strumenti di diritto privato in grado di guidare e strutturare le relazioni della filiera agro-industriale e agro-alimentare8. Le suggestioni che tali riflessioni suscitano inducono, quindi, a muovere proprio dalla nozione di “filiera alimentare” che caratterizza e conforma il mercato degli alimenti. Essa, pur mutuata essenzialmente dal linguaggio economico per indicare i

                                                                                                                                                                            

ricostruttivo, in Agr.Ist.Mer., 2004, p.119 ss.; Id., Per un diritto alimentare, in Dir.giur.agr.amb, 2003, p.333 ss.; Id., Principi del diritto alimentare, in Dir.giur.agr.amb., 2002, p.345 ss.

(5) Una prima riflessione su tale argomento di stringente attualità è stata condotta l’8 maggio 2008 a Parma, in occasione della manifestazione CIBUS 2008, nella 2^ Tavola rotonda organizzata dall’AIDA ed i cui atti sono pubblicati in q. Riv., www.rivistadirittoalimentare.it , n. 2-2008.

(6) DD.Lgs. 18 maggio 2001, nn. 226, 227 e 228.

(7) Cfr. A. Jannarelli, L’impresa agricola nel sistema agro-industriale, in Dir.giur.agr.amb., 2002, p.215.

(8) Sono sempre parole di A. Jannarelli, op.ult.cit., pp. 217 e 218.

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rapporti di integrazione a monte (rapporti agro-industriali) e a valle (rapporti agroalimentari in senso proprio) dell’impresa agraria, rilevanti al fine di una compiuta analisi delle dinamiche economiche sottese al moderno fenomeno dell’agribusiness9, assume una significativa connotazione giuridica nel momento in cui si traduce in una fitta rete di rapporti che si sviluppano, come vedremo meglio, sia in senso orizzontale sia in senso verticale, fondati su strumenti contrattuali che ne connotano disciplina e funzionamento ed evoca essa stessa l’idea di un sistema preordinato al raggiungimento di determinati fini. La caratterizzazione appare così pregnante da renderne particolari gli aspetti più rilevanti, dalla sua costituzione alla configurazione del regime di responsabilità10. Appare opportuno precisare, peraltro, che la sopra ricordata nozione di filiera alimentare presuppone una pluralità di fasi e tappe intermedie che non si riscontrano, invece, nella c.d. “filiera corta”, ossia quella forma embrionale di filiera che si traduce nell’unico passaggio del prodotto dal produttore al consumatore. Essa pur rispondendo alla diversa esigenza di localizzazione dei processi produttivi ritenuta particolarmente meritevole di tutela da parte del legislatore, nazionale e regionale, che ha dedicato alla relativa disciplina alcuni interventi normativi11, non rientra nel più complesso fenomeno di relazioni contrattuali che contraddistinguono la “filiera alimentare” propriamente intesa.                                                         

(9) Osserva F. Albisinni (Sistema agroalimentare, in Digesto Disc. priv., Sez. civ., IV Agg., Torino, 2009, p. 483) che “… la concettualizzazione di sistema agroalimentare prende le mosse dalla radicale trasformazione dei sistemi di produzione degli alimenti e di organizzazione delle aziende agricole, passate in poco più di un secolo da una condizione di sostanziale autoconsumo ed autarchia, connotata da ridottissimi scambi con l’esterno, a modelli organizzativi fortemente specializzati ... Secondo tale sistematizzazione è stata compresa nel termine agribusiness la somma di tutte le operazioni poste sia a monte che a valle della produzione agricola strettamente intesa, e quindi il «farm supplies aggregate», vale a dire le operazioni indirizzate alla fornitura di beni e servizi per l’impresa agricola, il «farming aggregate», vale a dire l’insieme delle attività aziendali di coltivazione e di allevamento, ed il «processing and distribution aggregate», vale a dire l’insieme delle operazioni di trasformazione e commercializzazione dei beni di origine agricola sino alla loro distribuzione al consumatore ed utilizzazione finale. A sua volta l’unione del secondo e terzo aggregato assume due connotazioni distinte in ragione dei differenziati oggetti delle lavorazioni: food processing e fiber processing”.

(10) Cui si ricollegano sia l’obbligo della tracciabilità sia la nuova responsabilità del distributore del prodotto agroalimentare per omessa informazione introdotta dall’art.8, Reg. 1169/2011(UE).

(11) Cfr. D.M. 20 novembre 2007. Per la normativa regionale, fra le altre, v. da ultimo L. Regione Calabria 11 giugno 2012, n.22; L. Regione Calabria 18 luglio 2011, n.23; L. Regione Sicilia 9 maggio 2012, n.26; L. Regione Sicilia 24 novembre 2011, n.25.

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2.- L’integrazione contrattuale La più significativa e primitiva formalizzazione giuridica della filiera alimentare si è realizzata con la diffusione del fenomeno dell’integrazione verticale in agricoltura12 rispondente alle esigenze di un’agricoltura industrializzata e massicciamente orientata ad un mercato globalizzato. Con queste premesse, la richiesta di prodotti di base da parte delle grandi industrie alimentari, delle imprese che curano la distribuzione nonché delle imprese intermediarie che veicolano il passaggio dei prodotti dagli agricoltori alle industrie alimentari o alle imprese di distribuzione si è conformata a standard di qualità ben precisi, che hanno costituito i presupposti fondamentali in un mercato fortemente competitivo. Il produttore agricolo è stato, per tale ragione, vincolato al rispetto di precisi obblighi, di fare oltre che di dare, scaturenti da schemi contrattuali quasi sempre predisposti unilateralmente dal contraente forte, ossia dall’industria alimentare o dall’impresa di distribuzione, cui sono stati riconosciuti i poteri di controllo e di vigilanza sull’adempimento degli stessi a discapito dell’indipendenza e dell’autonomia nell’esercizio del potere di organizzazione e di gestione proprio dell’imprenditore agricolo. Tali obblighi hanno costituito, peraltro, la contropartita dei vantaggi - in termini soprattutto di riduzione dei rischi - che tale sistema ha garantito allo stesso agricoltore. L’equilibrio normativo sotteso al programma di interessi che ha contraddistinto e contraddistingue il contratto di integrazione verticale in agricoltura ha impresso allo stesso caratteristiche peculiari che, da un lato, sono valse a distinguerlo da contratti simili - specie dal contratto di vendita di cosa futura e dal contratto di appalto, a cui, nei vari tentativi di ricostruzione della fattispecie, è stato accostato13 - e, dall’altro, hanno reso complessa e forse poco utile la sua riconduzione all’interno di un unico tipo contrattuale, a fronte soprattutto della possibile diversa intensità di integrazione che caratterizza le singole ipotesi concrete. In forza di queste ragioni e, forse, per una scarsa e inefficiente pressione da parte dei soggetti maggiormente coinvolti nel fenomeno14, il legislatore italiano si è fino ad ora15 astenuto dal disciplinare in modo rigoroso il contratto di integrazione verticale,

                                                        

(12) Cfr. Bivona, I contratti di integrazione verticale in agricoltura, Milano, 1979.

(13) Per una più ampia e comparata descrizione del fenomeno si rinvia, anche per i richiami bibliografici a A. Jannarelli, I contratti nel sistema agroalimentare, in L.Costato-A.Germanò-E.Rook Basile (diretto da), Trattato di diritto agrario, v. 3, Torino, 2011, p.428 ss.

(14) Cfr. le considerazioni svolte in merito da A. Jannarelli, I contratti nel sistema agroalimentare, cit., p.468 ss.

(15) Anche l’art.8, l. 16 marzo 1988, n.88 (legge abrogata dall’art.16, d.lgs. 102/2005), che ha introdotto, per la prima volta, i contratti di coltivazione e vendita nel nostro ordinamento, si limitava ad

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non dotandolo, come correttamente evidenziato dalla dottrina16, di quell’apparato rimediale tipicamente privatistico idoneo a garantire una tutela efficace della parte più debole del rapporto. Tale scelta è stata ribadita, nonostante una maggiore specificazione, rispetto alla normativa previgente, del nomen - “contratti di coltivazione, allevamento e fornitura” - prescelto per i più moderni schemi contrattuali con i quali si realizza o si dovrebbe realizzare in concreto l’integrazione delle singole imprese agricole con le imprese industriali17, anche dal più recente provvedimento legislativo in materia costituito dal d.lgs. n.102 del 2005. Infatti, l’art.11 rimette al contratto quadro, stipulato dalle organizzazioni dei produttori agricoli e dalle organizzazioni di imprese di trasformazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti agricoli, il compito di stabilire il contratto-tipo da adottare nella stipulazione dei singoli contratti individuali di coltivazione, allevamento e fornitura, limitandosi il legislatore ad imporre la forma scritta di detti contratti individuali nonché l’inclusione in essi della espressa previsione della gravità degli inadempimenti ai fini della loro risoluzione, degli obblighi che ne scaturiscono ed il conseguenziale diritto al risarcimento del danno, mentre l’individuazione in concreto di sanzioni ed indennizzi in caso di inadempimento totale o parziale delle obbligazioni viene ancora una volta affidata all’autonomia collettiva, cioè al contratto quadro. Soggetti legittimati a disciplinare diffusamente lo strumento contrattuale che realizza la mediazione degli interessi contrapposti sono, quindi, le organizzazioni di imprenditori, agricoli e non, la cui genesi è anch’essa riconducibile allo strumento contrattuale. Statuisce, infatti, l’art, 3, d.lgs. 102 del 2005, che le organizzazioni di produttori agricoli devono assumere una ben precisa forma giuridica individuata nelle società di capitali aventi la commercializzazione dei prodotti agricoli come

                                                                                                                                                                            

una generica e, pertanto, insoddisfacente disciplina, stabilendo che “... per contratto di coltivazione e vendita si intende quello stipulato nel rispetto degli accordi interprofessionali tra produttori agricoli, singoli o associati, ed imprese di trasformazione o commercializzazione, singole o associate, con le quali la parte agricola si impegna a: a) realizzare le coltivazioni o gli allevamenti da cui deriva il prodotto oggetto di contrattazione, secondo le indicazioni e i criteri tecnici convenuti; b) consegnare tutta la produzione contrattata corrispondente alle norme di qualità stabilite” mentre la “controparte si impegna a: a) ritirare tutta la produzione oggetto del contratto corrispondente alle norme di qualità stabilite; b) corrispondere il prezzo determinato in base agli accordi”.

(16) Cfr. A.Jannarelli, op.ult.cit., p.458.

(17) L’art. 1, lett.g), d.lgs. 102 del 2005, definisce, infatti, i «contratti-tipo» come quei “modelli contrattuali (contratti di coltivazione, allevamento e di fornitura) aventi per oggetto la disciplina dei rapporti contrattuali tra imprenditori agricoli, trasformatori, distributori e commercianti ed i relativi adempimenti in esecuzione di un contratto quadro, nonchè la garanzia reciproca di fornitura e di accettazione delle relative condizioni e modalità”.

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oggetto sociale ed un capitale sociale sottoscritto da imprenditori agricoli individuali o collettivi, nelle cooperative agricole e loro consorzi o, infine, nelle società consortili. E’, quindi, sempre attraverso un contratto che si realizza quell’altra forma di integrazione indispensabile al corretto ed efficace funzionamento del mercato dei prodotti agricoli ed agroalimentari e considerata dai legislatori nazionale ed europeo ormai da tempo lo strumento più idoneo a sopperire alle debolezze strutturali del settore agricolo. Il legislatore italiano, in piena coerenza con la decisione assunta anche in sede comunitaria di riconoscere un ruolo forte alle organizzazioni di produttori, tramite l’attribuzione di poteri normativi ed operativi in deroga ai divieti posti nel Trattato istitutivo della CE a presidio del principio della libera concorrenza, rimette ad esse il compito di definire e disciplinare la complessa materia. 3.- Le intese di filiera La struttura gerarchica delle fonti regolatrici dei rapporti interindividuali che si viene in tal modo delineando e che caratterizza il fenomeno dell’integrazione verticale in agricoltura – confermata, peraltro, dalla disposizione (art.14, comma 1, d.lgs. n.102 del 2005) che, nell’attribuzione di contributi statali per l’innovazione e la ristrutturazione, riconosce la preferenza a quelle imprese (agricole, agroalimentari o dedite alla commercializzazione e vendita dei prodotti agricoli) che abbiano stipulato contratti di coltivazione, allevamento e fornitura conformi ai contratti-quadro - si complica e si conforma in senso pubblicistico se si pone mente al fatto che i contratti quadro presuppongono la, o comunque si collegano alla, stipula delle intese di filiera18, strumenti finalizzati a favorire l’integrazione di filiera e la valorizzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari, tenendo conto degli interessi dell’intera filiera e dei consumatori. Tali intese vengono concluse tra gli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale19 nei settori della produzione, della trasformazione, del commercio e della distribuzione dei prodotti agricoli e

                                                        

(18) L’intesa viene stipulata nell’ambito del Tavolo agroalimentare, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dal d.p.c.m. 1 febbraio 1999 e “istituzionalizzato” dall’art.20, d.lgs. 18 maggio 2001, n.228. In merito cfr. P. Borghi, Commento all’art.20 d.lgs. 228 del 2001, in Le nuove leggi civ. comm., 2001, p.846; L. Petrelli, Commento all’art.20 d.lgs. 228 del 2001, in Riv.dir.agr., 2002, I, p.556 ss.

(19) Il 3° comma dell’art. 9, d.lgs. n. 102 del 2005 legittima alla conclusione di intese anche le organizzazioni interprofessionali riconosciute ai sensi dell’art. 12, d.lgs. 30 aprile 1998, n.173.

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agroalimentari, presenti o rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro20. La disposizione tradisce la scelta di politica legislativa compiuta dal legislatore italiano di affidare il complesso sistema del mercato alimentare agli esiti del non facile compromesso tra associazioni di produttori ed organizzazioni professionali agricole che tengono in mano le fila della complessa programmazione21 da cui dipende l’efficienza del mercato stesso e che sono i referenti immediati della Pubblica Amministrazione22 alla quale, nella persona del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è affidato il compito di “validare” eventuali anomalie, confermando, così, la preferenza per una prospettiva macroeconomica di gestione del settore. Occorre, infatti, precisare che poiché le intese, a sensi dell’art.9, 4° c., d.lgs. 102/2005 non possono comportare restrizioni della concorrenza ad eccezione di quelle che risultino da una programmazione previsionale e coordinata della produzione in funzione degli sbocchi di mercato o da un programma di miglioramento della qualità che abbia come conseguenza diretta una limitazione del volume di offerta, spetta al MIPAAF, ove ciò si dovesse verificare, il compito di approvare l’intesa con proprio decreto e successivamente curarne la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

                                                        

(20) Tali organismi indicano, poi, la rappresentanza di filiera a livello nazionale per il settore di appartenenza. In attuazione di tale previsione con d.p.c.m. 5 agosto 2005 sono state introdotte le disposizioni per la costituzione dei tavoli di filiera i quali hanno il compito di predisporre le proposte di intese di filiera da sottoporre al Tavolo agroalimentare. In tale sede l’intesa viene sottoscritta dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale richiamati nel testo e comunicata al MIPAAF il quale, dopo averne verificato la compatibilità con la normativa europea e nazionale, ne cura la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

(21) A norma dell’art.9, d.lgs. n. 102 del 2005, infatti “L'intesa può definire: a) azioni per migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato; b) azioni per un migliore coordinamento dell'immissione dei prodotti sul mercato; c) modelli contrattuali compatibili con la normativa comunitaria da utilizzare nella stipula dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura; d) modalità di valorizzazione e tutela delle denominazioni di origine, indicazioni geografiche e marchi di qualità; e) criteri per la valorizzazione del legame delle produzioni al territorio di provenienza; f) azioni al fine di perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato attraverso informazioni e ricerche per l'orientamento della produzione agricola alla domanda e alle esigenze dei consumatori; g) metodi di produzione rispettosi dell'ambiente”.

(22) Infatti, in mancanza di intesa di filiera, la stipula del contratto-quadro deve avvenire nel rispetto delle modalità fissate con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali che deve prevedere una rappresentatività specifica determinata in percentuale del volume di produzione commercializzata.

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Tale scelta è stata, tuttavia, aspramente criticata dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato23 la quale, pur riconoscendo, da un lato, che “la determinazione concordata delle quantità è idonea a determinare restrizioni concorrenziali non meno gravi di quelle derivanti dalla fissazione concordata dei prezzi, che contrastano con le regole comunitarie di concorrenza e, segnatamente, con l'articolo 81 del Trattato CE” e, dall’altro lato, negando che “tali restrizioni concorrenziali conseguenti alla determinazione concordata delle quantità” si possano ritenere effettivamente necessarie al raggiungimento degli obiettivi propri delle intese di filiera24, dovendo piuttosto concentrare la ricerca concordata di una corrispondenza dell'offerta alle richieste della domanda sugli aspetti concernenti la qualità delle produzioni, senza limitare l'offerta sotto il profilo quantitativo, ha comunque rivendicato la propria competenza esclusiva a valutare gli effetti concorrenziali delle intese di filiera e della proporzionalità di eventuali restrizioni rispetto agli obiettivi di miglioramento dell’offerta. Da questo intervento dell’AGCM, se emerge la censura della scelta compiuta dal legislatore italiano di attribuire ad un decreto ministeriale valenza giustificativa o “sanante” delle condotte illecite, si percepisce il consenso per il sistema approntato dal legislatore diretto ad assicurare l’efficienza del mercato alimentare per il tramite delle organizzazioni rappresentative, cui viene riconosciuto il compito di concordare la corrispondenza tra domanda ed offerta dei prodotti alimentari anche se soprattutto sotto il profilo qualitativo. 4.- I contratti di filiera Da non confondere con le intese di filiera in quanto strutturalmente e funzionalmente diversi sebbene ad esse accostabili sia per la somiglianza nominalistica sia per il fine generale con essi perseguito sia, infine, per la prospettiva macroeconomica prescelta sono i contratti di filiera, recentemente riproposti all’attenzione degli studiosi dall’art.63 D.L. 1/201225 (cui facevamo riferimento nell’introduzione), ma                                                         

(23) Cfr. AGCM 30 novembre 2005, in Bollettino 5 dicembre 2005, n.46.

(24) Identificati dall’art. 9, comma 1, D.lgs. n. 102/2005 nella valorizzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari.

(25) Il quale statuisce che: “ 1. I rientri di capitale e interessi dei mutui erogati per conto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali dall'Istituto Sviluppo Agroalimentare (ISA) S.p.A. per il finanziamento dei contratti di filiera di cui all'articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n 289, e successive modificazioni, sono utilizzati per finanziamenti agevolati dei contratti di filiera e di distretto di cui all'articolo 1 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, secondo le modalità stabilite dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 22 novembre 2007, pubblicato nella Gazzetta

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introdotti per la prima volta nell’ordinamento dalla legge finanziaria per il 200326, e precisamente dall’art. 66, al fine di favorire l’integrazione di filiera del sistema agricolo e agroalimentare27 nonché il rafforzamento dei distretti agroalimentari limitatamente alle aree sottoutilizzate, limitazione successivamente venuta meno a seguito dell’entrata in vigore della l. 3 febbraio 2011, n.4, il cui art. 1, sostituendo il 1° comma del citato art. 66, ha disposto l’estensione dei contratti di filiera e di distretto28 a tutto il territorio nazionale. Tali contratti costituiscono attuazione del principio di collaborazione tra pubblico e privato nella realizzazione di interventi che implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle diverse amministrazioni pubbliche (statali, regionali, delle province autonome e degli enti locali)29, principio peraltro ribadito, con precipuo riferimento al settore agricolo, nell’art.7, 3° comma, lett. a) della legge 5 marzo 2001, n.57, che aveva delegato il Governo a promuovere “anche attraverso il metodo della concertazione, il sostegno e lo sviluppo economico e sociale dell’agricoltura, dell’acquacoltura, della pesca e dei sistemi agroalimentari”. La nozione di contratto di filiera dipende da quella di filiera agroalimentare esplicitata dal D.MiPAAF 22 novembre 2007, che riconduce ad essa l'insieme delle fasi di produzione, di trasformazione, di commercializzazione e di distribuzione dei prodotti agricoli ed agroalimentari, fasi la cui realizzazione è rimessa ai soggetti della filiera

                                                                                                                                                                            

Ufficiale n. 42 del 19 febbraio 2008. 2. ISA S.p.A., su indicazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è autorizzata a mettere a disposizione per finanziamenti agevolati le risorse finanziarie per la realizzazione dei contratti di filiera e di distretto di cui al comma 1, per un importo non superiore a 5 milioni di euro annui per un triennio e comunque nel limite delle risorse rivenienti dai rientri di capitale di cui al comma 1, secondo le modalità che verranno stabilite con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. 3. Restano fermi i versamenti all'entrata di ISA, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di risparmio del Ministero fissati dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148”.

(26) L. 27 dicembre 2002, n.289.

(27) Sulla nozione di “sistema agroalimentare” v., da ultimo, anche per i richiami bibliografici, F. Albisinni, Sistema agroalimentare, cit., p. 479 ss.

(28) La previsione del contratto di distretto, non presente nel testo originario, è stata inserita dall’art.10, 5° comma, D.L. 14 marzo 2005, n.35, conv. con modificazioni nella l. 14 maggio 2005, n.80. Il contratto di distretto viene definito dal D.M. 22 novembre 2007 come il contratto promosso dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con i soggetti che, in base alla normativa regionale, rappresentano i distretti di cui all'art. 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, finalizzato a rafforzare lo sviluppo economico e sociale dei distretti stessi.

(29) Così N. Ferrucci, La legislazione poliennale di sostegno e la c.d. programmazione in agricoltura, in Trattato breve di diritto agrario italiano e comunitario diretto da L. Costato, 3^ ed., Padova, 2003, p.1023.

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ossia gli imprenditori che concorrono direttamente alla produzione, raccolta, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e agroalimentari e gli imprenditori che forniscono servizi e mezzi di produzione30. Le caratteristiche essenziali di tale tipologia negoziale sono oggi31 delineate nel citato D.MiPAAF 22 novembre 2007 il quale definisce contratto di filiera quello stipulato tra i soggetti della filiera agroalimentare (e/o agroenergetica) e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, finalizzato alla realizzazione, attraverso la concessione di finanziamenti agevolati, di un programma di investimenti integrato a carattere interprofessionale ed avente rilevanza nazionale che, partendo dalla produzione agricola, si sviluppa nei diversi segmenti della filiera agroalimentare (e agroenergetica) in un ambito territoriale multiregionale. La concessione di finanziamenti agevolati cui è funzionalmente preordinato il contratto in esame e, quindi, l’aiuto di Stato che tale sistema sottende, evidenzia un altro profilo che lo accomuna alle intese di filiera vale a dire il possibile contrasto con il principio di libera concorrenza. Tuttavia, il regime dei contratti di filiera è stato ritenuto, dopo un’attenta disamina, compatibile con il mercato unico dalla Commissione europea32. Come si evince dalla definizione sopra ricordata, il contratto di filiera è caratterizzato sia sotto il profilo strutturale sia sotto quello funzionale. Sotto quest’ultimo, infatti, deve essere finalizzato alla realizzazione di un programma di investimenti connotato sia dal carattere interprofessionale sia dalla rilevanza nazionale nonché dalla localizzazione territoriale contraddistinta dal requisito della multiregionalità. Sotto il primo profilo, legittimati alla stipula sono, oltre al Ministero33, ancora una volta solo “interlocutori privilegiati”34, ossia i soggetti collettivi operanti nel settore

                                                        

(30) Il D.MiPAAF 22 novembre 2007, in realtà, definisce soggetti della filiera le imprese, con una trasposizione di concetti giuridici, frutto di un deprecabile atecnicismo lessicale.

(31) L’art.66, l. 289/2002, al 2° comma, rimetteva ad un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali il compito di definire criteri, modalità e procedure per la stipula dei contratti di filiera, decreto che il MIPAF ha adottato il 1° agosto 2003. Successivamente, con Decreto del 5 giugno 2006, n.306 (in GURI del 19 luglio 2006), lo stesso Ministero ha affidato all’ISA (Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A.) l'espletamento delle funzioni e lo svolgimento dei servizi per la gestione dell'attuazione dei Contratti di Filiera, secondo quanto previsto dalla Legge 14 Maggio 2005 n. 80.

(32) Con decisione del 10 dicembre 2008, C(2008) 7843 def.

(33) E, precisamente, la Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare del Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare e della pesca che, a norma dell’art. 3, D.P.R. 14 febbraio 2012, n.41 (Regolamento recante riorganizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a norma dell’articolo 2, commi 8 bis, 8 quater e 8 quinquies del d.l. 30 dicembre 2009, n.194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, e

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agricolo ed agroalimentare (nonché agroenergetico), dotati di particolare rappresentatività ed alcuni con specifico oggetto sociale35. L’individuazione dei soggetti proponenti - che poi sono coloro che acquisiscono la qualifica di parte in relazione al contratto di filiera – nei soggetti collettivi comporta, anche in questa ipotesi, la pregnante caratterizzazione della filiera stessa in senso associativo, confermando l’importanza di tale fenomeno nei settori agricolo ed alimentare poiché se è vero che alla sua formazione concorrono anche le singole imprese individuali, le quali possono essere beneficiarie degli effetti prodotti dal contratto di filiera, emerge chiaramente il ruolo fondamentale assunto dai soggetti collettivi fortemente rappresentativi che ribadisce il disegno verticistico del sistema agroalimentare prospettato dal legislatore italiano. Il contratto di filiera, oltre ad essere sottoposto alla condizione sospensiva dell’esibizione - entro il termine massimo di centoventi giorni dalla stipula - della documentazione comprovante il rilascio dei provvedimenti necessari per la realizzazione dei progetti ammessi alle agevolazioni, che incide sulla sua efficacia, ha anche un contenuto minimo essenziale, tipizzato dall’art.12 del D.M. 22

                                                                                                                                                                            

dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.), esercita le competenze del Ministero in una serie di casi.

(34) Così li definisce A. Jannarelli, I contratti nel sistema agroalimentare, cit., p.426.

(35) In particolare, l’art.3, 1° comma, D.MiPAAF 22 novembre 2007, menziona le cooperative agricole a mutualità prevalente ed i loro consorzi nonché i consorzi di piccole e medie imprese, che operano nel settore agricolo, agroalimentare (e agroenergetico). I consorzi, ai fini dell'ammissibilità alle agevolazioni previste, devono avere quale oggetto sociale la gestione di servizi comuni, di natura non meramente amministrativa, ivi compresi programmi specifici di supporto destinati all'insieme delle imprese consorziate ed inoltre, alla data di presentazione della domanda, la maggioranza dei soci aventi diritti al voto del consorzio proponente deve essere costituita da consorziati con la qualifica di imprenditori agricoli, cooperative agricole a mutualità prevalente e loro consorzi o di organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della normativa vigente. Sono anche contemplate le società costituite tra soggetti che esercitano l'attività agricola e le imprese (rectius: gli imprenditori) commerciali e/o industriali e/o addette alla distribuzione, purché almeno il 51 % del capitale sociale sia posseduto da imprenditori agricoli, cooperative agricole a mutualità prevalente e loro consorzi o da organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della normativa vigente nonché le associazioni temporanee di impresa tra i soggetti beneficiari di cui all’art. 3 comma 5, già costituite all'atto della presentazione della domanda di accesso di cui al successivo art. 7. Queste ultime devono costituirsi in forma societaria prima della stipula del contratto di filiera mentre gli altri soggetti sopra menzionati devono, alla data di presentazione della proposta, essere regolarmente costituiti ed iscritti nel registro delle imprese e non devono risultare sottoposti a procedure concorsuali nè ad amministrazione controllata. Parzialmente diversi dai soggetti proponenti sono i soggetti beneficiari nel cui elenco sono incluse anchi gli imprenditori agricoli individuali e le organizzazioni di produttori agricoli riconosciute ai sensi della normativa vigente.

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novembre 200736 e reso ancora più vincolante dalla previsione di specifiche caratteristiche, qualitative37 e quantitative38, degli investimenti ammissibili alla cui presenza viene subordinata la stipula del contratto di finanziamento tra le banche autorizzate - che devono coincidere con le banche finanziatrici del contratto di filiera - ed i soggetti beneficiari, contratto la cui esecuzione si traduce nella materiale erogazione delle agevolazioni, a sensi dell’art.13, D.MiPAAF cit.39, per l’attuazione dei contratti di filiera.                                                         

(36) Esso, infatti, deve contenere l’indicazione dei soggetti contraenti e dell'oggetto del contratto, con la determinazione delle reciproche obbligazioni e con allegato il piano progettuale approvato; l’individuazione delle modalità di esecuzione; l’indicazione dell'impegno finanziario dei soggetti beneficiari in merito all'apporto di mezzi propri previsto nel piano progettuale che, a sensi dell’art.6, comma 3, D. M. cit., non deve essere comunque inferiore al 25% degli investimenti ammissibili. A tal fine, vengono considerati tutti i mezzi di copertura finanziaria esenti da qualunque elemento di aiuto pubblico, ivi compreso il finanziamento bancario ordinario a tasso di mercato, concesso dalle banche autorizzate a sensi dell’art. 8, di pari durata e di importo superiore o uguale a quello del finanziamento agevolato, destinato alla copertura finanziaria degli investimenti ammissibili. Deve indicare, inoltre, gli estremi delle deliberazioni di concessione del finanziamento bancario ordinario e del finanziamento agevolato; i tempi di realizzazione del progetto; l'ammontare delle agevolazioni concesse; l’individuazione delle ricadute occupazionali del piano progettuale; la durata del contratto; l’indicazione dei tempi e delle modalità di erogazione delle agevolazioni concedibili, le modalità di monitoraggio e di verifica ed i relativi oneri; l’individuazione dei casi di revoca, parziale o totale, delle agevolazioni.

(37) Deve trattarsi, infatti, di investimenti nelle aziende agricole; investimenti nel settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli; investimenti per la tutela ambientale e per il benessere degli animali; investimenti destinati a promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità; prestazioni di assistenza tecnica nel settore agricolo; investimenti per la pubblicità dei prodotti agricoli di qualità; investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo; investimenti nel settore delle agroenergie

(38) Le spese ammissibili e i limiti agli investimenti saranno stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Un limite generale discende dall’art.5, D.M. cit., il quale stabilisce che sono agevolabili i contratti di filiera e di distretto i cui piani progettuali prevedano un ammontare degli investimenti ammissibili compreso tra 5 e 50 milioni di euro mentre non sono ammissibili le spese relative ai beni acquistati con il sistema della locazione finanziaria. Tali investimenti devono essere realizzati entro quattro anni dalla data di stipula del contratto di filiera o di distretto, di cui al successivo art. 11, comma 4.

(39) Per i contratti di filiera (e di distretto) le agevolazioni concedibili sono articolate nella forma di contributo in conto capitale e di finanziamento agevolato. Il contributo in conto capitale non può superare il 25% degli investimenti ammissibili. Ai fini della concessione delle agevolazioni, in relazione ai citati contratti deve inoltre sussistere un finanziamento bancario ordinario, a tasso di mercato, concesso dalle banche autorizzate (di cui al successivo art. 8), cioè tutti gli istituti di credito abilitati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del decreto legislativo n. 385/1993 (TUB) che hanno accettato lo specifico mandato ad essi conferito dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A., assumendo in

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La carenza di specifiche previsioni sanzionatorie in caso di omissione di alcune delle indicazioni prescritte, tutte considerate “elementi essenziali”, che indurrebbe a ritenere che l’inosservanza dell’art.12 determini un vizio genetico del contratto con conseguenziale applicazione del rimedio della nullità totale di esso, ex art. 1418, 2° comma, c.c., in coerenza, peraltro, con la scelta operata dal legislatore di ricorrere sempre più spesso al neoformalismo negoziale, ritenuto particolarmente garante dell’assetto conferito al programma di interessi sotteso al tipo contrattuale disciplinato, si spiega agevolmente considerando l’articolata procedura40 alla quale                                                                                                                                                                             

tal modo il ruolo di banca finanziatrice. Detto finanziamento deve avere durata uguale e importo superiore o uguale a quello del finanziamento agevolato, destinato alla copertura finanziaria degli investimenti ammissibili. L'importo del finanziamento agevolato non deve essere inferiore al 25% dell'investimento ammissibile. Di contro, l'ammontare minimo di mezzi apportati dal beneficiario alla copertura finanziaria del piano di investimenti non deve essere inferiore al 25% degli investimenti ammissibili. A tal fine, vengono presi in considerazione tutti i mezzi di copertura finanziaria esenti da qualunque elemento di aiuto pubblico, ivi compreso il finanziamento bancario ordinario di cui sopra. Ferme restando dette condizioni, l'ammontare complessivo del contributo in conto capitale, del finanziamento agevolato e del corrispondente finanziamento bancario ordinario non può superare l'importo degli investimenti ammissibili. Se tali azioni/investimenti riguardano la ricerca o se si tratta di aiuti destinati a promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualità o in caso di prestazioni di assistenza tecnica nel settore agricolo, le agevolazioni possono essere concedibili con percentuali maggiori: e precisamente: fino al 50% degli investimenti ammissibili nella forma di contributo in conto capitale e almeno il 50% degli investimenti ammissibili nella forma di capitale di credito. La quota di finanziamento bancario ordinario può essere inferiore al finanziamento agevolato, nel rispetto comunque del limite minimo del 10% del finanziamento con capitale di credito e del principio di pariteticità delle due componenti di finanziamento. La quota di capitale relativa al finanziamento bancario entrerà in ammortamento soltanto dopo l'avvenuto ammortamento del 50% della quota di capitale relativa al finanziamento agevolato (cfr. art. 6, 4° comma, D. MIPAAF cit.). Il finanziamento agevolato ha una durata, decorrente dalla data di stipula del relativo contratto, non superiore a quindici anni e non inferiore a sei anni, ivi compreso un periodo di preammortamento commisurato alla durata del programma di investimenti e comunque non superiore a quattro anni. Il rimborso del finanziamento agevolato avviene secondo un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate scadenti il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno. Gli interessi di preammortamento sono corrisposti alle medesime scadenze. Il tasso agevolato da applicare al finanziamento e' pari allo 0,50% annuo. L'agevolazione derivante dal finanziamento agevolato è pari alla differenza tra gli interessi calcolati al tasso di attualizzazione e rivalutazione, fissato ai sensi dell'art. 2, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, e vigente alla data di stipula del contratto di finanziamento e quelli da corrispondere al predetto tasso agevolato.

(40) Tale procedura muove dalla presentazione della proposta/richiesta al MIPAAF (mediante raccomandata con avviso di ricevimento), cioè, come chiarito dal decreto, dalla data di spedizione. Copia della domanda e della relativa documentazione (specificata nel successivo comma 2) deve essere inviata, contestualmente alla trasmissione al Ministero, con le medesime modalità, alle regioni e alle province autonome interessate, che, come chiarito dallo stesso D. MIPAAF, sono quelle in cui sono ubicate le imprese beneficiarie, interamente o parzialmente, degli investimenti oggetto del contratto di filiera (o di distretto). La documentazione allegata (oltre, infatti, al piano progettuale

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redatto in maniera chiara ed esaustiva e comprensivo della relazione di fattibilità economico-finanziaria e tecnica dell’iniziativa ed alla attestazione, resa dalla banca finanziatrice sul merito creditizio del beneficiario e sulla disponibilità della medesima banca a concedere allo stesso un finanziamento ordinario per la copertura finanziaria del programma di investimenti oggetto della richiesta di agevolazioni, particolare rilievo assumono sia la dichiarazione del beneficiario relativa alla disponibilità degli immobili che saranno oggetto del programma di investimenti, disponibilità rilevabile da idonei titoli, la perizia giurata relativa alla conformità edilizia ed urbanistica di detti immobili ed alla inesistenza di motivi ostativi al rilascio delle necessarie concessioni ed autorizzazioni e la dichiarazione relativa alla eventuale esistenza o alla necessità di infrastrutture e disponibilità di fonti energetiche funzionali all’attività produttiva prevista assume nella fase precontrattuale una notevole rilevanza), costituendo nel suo complesso il requisito di ammissibilità della proposta la cui carenza, accertata dal Ministero in sede di prioritaria verifica, porta lo stesso Ministero a respingere la domanda con apposita nota motivata, impedendo in tal modo il perfezionamento dello strumento contrattuale. A seguito della presentazione della proposta/richiesta si apre una fase intermedia nella quale intervengono oltre al Ministero, altri soggetti pubblici come le regioni e le province autonome. In particolare compete al Ministero entro trenta giorni dalla data di spedizione della proposta/richiesta comunicare alle regioni e alle province autonome interessate gli esiti della verifica della completezza della documentazione presentata e della sussistenza dei requisiti di ammissibilità, trasmettendo alle medesime gli elementi progettuali necessari per la formulazione dei pareri di competenza. Nel caso in cui gli esiti della predetta verifica siano negativi, la domanda viene rigettata e ne viene data comunicazione al soggetto proponente. Le regioni e le province autonome, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma precedente, trasmettono al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il proprio motivato parere circa: a) la compatibilità del piano progettuale proposto con la programmazione regionale; b) l'eventuale disponibilità al cofinanziamento, stabilendone l'ammontare massimo e le fonti di copertura. Per le domande per le quali tale parere risulti negativo, il MIPAAF provvede a darne comunicazione al soggetto proponente ed alle regioni e province autonome interessate. Per le domande con parere positivo, il MIPAAF provvede a darne comunicazione al soggetto proponente e procede ad effettuare, entro il termine di centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda, l'attività istruttoria finalizzata all'accertamento della validità tecnica ed economica del piano progettuale presentato, dei requisiti di imprenditorialità del soggetto proponente e dell'adeguatezza dei mezzi. finanziari previsti. Nel caso in cui il MIPAAF ne ravvisi la necessità, assegna un termine entro il quale il soggetto proponente dovrà fornire le integrazioni documentali, pena la decadenza della domanda. Il periodo intercorrente tra la data di invio della richiesta di integrazioni e quella di ricevimento delle medesime interrompe il predetto termine di centoventi giorni per l'istruttoria. Entro il termine previsto per l'espletamento dell'attività istruttoria, il soggetto proponente deve inviare al MIPAAF l'attestazione con la quale la banca finanziatrice conferma, anche in considerazione di eventuali intervenute variazioni nel piano presentato e/o nella sua copertura finanziaria, la propria disponibilità a concedere il finanziamento bancario ordinario. Acquisita tale attestazione e verificata la necessaria disponibilità finanziaria, ivi compresa quella a valere sul fondo rotativo di cui all'art. 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il MIPAAF presenta al CIPE la proposta di contratto filiera o di distretto, con la condizione del rispetto dei termini indicati all'art. 10, comma 1, per la presentazione del progetto esecutivo e all'art. 11, comma 4, per la sottoscrizione del relativo contratto di filiera o di distretto. La deliberazione del CIPE di approvazione e finanziamento del contratto di filiera viene pubblicata sulla GURI ed entro e non oltre novanta giorni dalla pubblicazione il proponente deve presentare al MIPAAF il progetto esecutivo corredato da apposita documentazione. La mancata presentazione

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viene sottoposta la stipula del contratto medesimo e che trova nella P.A., preposta ad un diffuso e progressivo controllo, il garante dei profili di validità del regolamento contrattuale. In questa prospettiva si spiega altresì l’espresso divieto, a qualunque titolo e con la previsione della risoluzione in caso di inosservanza, della cessione a terzi del contratto di filiera e dei diritti ed obblighi ad esso preordinati, connessi e conseguenti. Trattasi, infatti, di norma la cui violazione determina un vizio funzionale e non genetico del contratto41 e che lascia trasparire l’intento del legislatore di garantire l’identità dei contraenti da cui dipende l’adempimento delle specifiche obbligazioni assunte. Se, sotto il profilo tipologico, il contratto di filiera costituisce una species del genus “contratto di programma”42, riconducibile nel più ampio “fenomeno” della c.d. programmazione negoziata43, ossia la “regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto pubblico competente e la parte o le parti pubbliche o private per l’attuazione di interventi diversi, riferiti ad un’unica finalità di sviluppo, che richiedono una valutazione complessiva delle attività di competenza”44, la disamina                                                                                                                                                                             

della documentazione nel termine prescritto importa la decadenza della deliberazione del CIPE. Entro quarantacinque giorni dalla presentazione del progetto esecutivo, che coincide con la data di spedizione, il MIPAAF effettua l’attività istruttoria.

(41) La diversa natura degli effetti scaturenti dai vizi del contratto vengono ricondotti da alcuni alla distinzione tra norme di comportamento e norme di validità :cfr., in dottrina, tra gli altri, G. D’Amico, Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in Riv.dir.civ., 2002, I, p. 37 ss.; Id., Regole di validità e principio di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996; in giurisprudenza, Cass. SS.UU. 19 dicembre 2007, n.26724. Contra, per tutti, V. Scalisi, Autonomia privata e regole di validità: le nullità conformative, in Riv.dir.civ., 2011, I, p. 745 ss.

(42) Così Gallia, I contratti di filiera e la contrattazione programmata in agricoltura, in Riv.giur. del Mezzogiorno, 2006, fasc.2-3, p. 326.

(43) Anche chiamata “contrattazione programmata” per sottolineare i profili contrattual-privatistici che governano in maniera preponderante l’articolazione e l’operatività degli strumenti della programmazione: cfr. Adornato, La contrattazione programmata in agricoltura, in Agricoltura e diritto. Scritti in onore di Emilio Romagnoli, v. II, Milano, 2000, p.1126. Preferisce la dizione “programmazione negoziata” Albisinni, Distretti e contratti di programma in agricoltura, in L.Costato –A.Germanò- E.Rook Basile (diretto da), Trattato di diritto agrario, v. 1, Torino, 2011, p.415.

(44) La programmazione negoziata più recente è riconducibile al D.L. 8 febbraio 1995, n.32, conv. nella l. 7 aprile 1995, n.104 ma la delineazione completa degli strumenti di essa è contenuta nella l. 23 dicembre 1996, n.662. Gli strumenti della programmazione negoziata e segnatamente i patti territoriali, il contratto di programma ed il contratto d’area, sono stati successivamente estesi al settore agricolo secondo i limiti, i criteri e le modalità di applicazione stabiliti con delibera CIPE 11 novembre 1998, n.127, adottata in attuazione dell’art. 10, d.lgs. 30 aprile 1998, n.173. L’art.31, d.lgs. 228 del 2001, ha istituito un inscindibile collegamento tra questa particolare metodica, il Documento di programmazione agroalimentare e forestale ed il Documento di programmazione economica e finanziaria statuendo che questi ultimi devono definire, per il periodo di riferimento, gli obiettivi

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degli elementi negoziali di esso rivela la natura privatistica della relativa disciplina nonostante i profili pubblicistici della fattispecie, e tale soluzione appare confermata da tutta una serie di elementi compreso il richiamo di alcuni strumenti rimediali (come la risoluzione) tipici di questo settore dell’ordinamento giuridico. Tale disamina, inoltre, pur evidenziando il ruolo preminente attribuito alla parte contraente pubblica, cui sostanzialmente compete l’erogazione dei finanziamenti, ha messo in luce il riconoscimento tributato dal legislatore ai soggetti collettivi privati cui è rimessa la programmazione economica e finanziaria, e quindi il futuro stesso, dell’intera filiera agroalimentare. Essi, infatti, assumono il ruolo di parte essendo i soggetti promotori dell’iniziativa contrattuale cui è affidato il difficile compito di pianificare nel tempo il complesso degli investimenti da attuare per promuovere lo sviluppo dell’intera filiera, investimenti la cui realizzazione compete anche agli imprenditori individuali che sono tra i soggetti beneficiari del contratto in esame. 5. - Considerazioni conclusive: ruolo dei soggetti ed efficacia degli strumenti La scelta di politica legislativa di ancorare allo strumento contrattuale i fenomeni relazionali sottesi alla realtà giuridica denominata “filiera”, anche laddove predomina un ruolo forte dei pubblici poteri, e di dare ad essi una prevalente struttura gerarchica, in una prospettiva definita macroeconomica, ha mostrato i suoi limiti soprattutto, come detto, a causa della incompiutezza della disciplina, risultata carente proprio nella fase patologica, sfornita di un adeguato apparato di rimedi idonei a garantire la concreta e sostanziale tutela degli interessi in gioco. Tale lacuna si coglie meno, come abbiamo visto, in relazione alla tipologia contrattuale definita dal legislatore “contratto di filiera” in quanto il controllo di validità viene esercitato ex ante rendendo inopportuni, e forse inadeguati, i rimedi riconducibili alla nullità, sia in quanto nullità di fattispecie sia come nullità conformativa45. Ciò potrebbe trovare una motivazione nella considerazione che tale contratto - che non dovrebbe ascriversi tra quelli costitutivi di filiera bensì, come si

                                                                                                                                                                            

strategici da conseguire attraverso gli strumenti della programmazione negoziata in agricoltura ossia patti territoriali, contratti di programma e contratti d’area. Per le origini più risalenti della contrattazione programmata v. Fioritto, Gli interventi pubblici e la contrattazione programmata in agricoltura, in Cooperazione, conflitti e interventi pubblici, con riguardo ai fattori produttivi agricoli e alla gestione del territorio, Atti del Convegno IDAIC nel 40° anniversario della morte di Emilio Betti - Ascoli Piceno 10-11 ottobre 2008, Milano, 2009, p.146 ss.

(45) Su tale distinzione v., per tutti, V.Scalisi , op.ult.cit., p.736 ss.

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evince peraltro dall’elenco degli investimenti ammissibili46, tra quelli funzionali alla promozione ed allo sviluppo di una filiera già costituita - è comunque “condizionato” dalla disponibilità delle risorse erogate dalla parte pubblica di esso. Appare interessante ricordare, infatti, che al 29 febbraio di quest’anno - e, quindi, anteriormente alla riattivazione dello strumento contrattuale in esame - risultavano stipulati 14 contratti di filiera per un ammontare complessivo di agevolazioni erogate pari a € 59.201.540,8747. La lacuna sopra evidenziata diventava, invece, particolarmente evidente e mostrava la sua gravità proprio in relazione all’ampio e complesso fenomeno integrativo che, abbiamo visto, caratterizza la filiera, in cui la scelta operata dal legislatore di rafforzare i poteri attribuiti ai soggetti collettivi operanti nel settore, attraverso il ruolo determinante loro riconosciuto all’interno del sistema delineato, ha fino ad ora inciso in modo significativo perché se, da un lato, ha lasciato trasparire la sostanziale abdicazione dal potere normativo istituzionalmente attribuito al legislatore, dall’altro, ha affidato alle complesse dinamiche di un difficile compromesso politico la regolamentazione di un settore delicato e significativo come quello in esame. Questa situazione registra, forse, oggi, un’inversione di tendenza se, come riteniamo, l’art. 62 D.L. 1/201248 influisce sul fenomeno che abbiamo cercato, pur nei limiti di una relazione congressuale, di tratteggiare. Tale disposizione, infatti, come si evince dalla sua rubrica49, è diretta a disciplinare qualunque relazione commerciale in materia di cessione dei prodotti agricoli ed alimentari. Quindi, più che offrire un nuovo tipo di contratto-atto, essa sembra predisporre la disciplina di un regolamento contrattuale che si inserisce agevolmente all’interno di qualsiasi

                                                        

(46) Dispone l’art.4, 1° comma, D.MiPAAF cit. che: “1. Il contributo dello Stato ai contratti di filiera e di distretto è concesso, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, per le seguenti tipologie di nvestimento:investimenti nelle aziende agricole; investimenti nel settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli; per investimenti per la tutela ambientale e per il benessere degli animali; investimenti destinati a promuovere la produzione e la commercializzazione di prodotti agricoli di qualita'; prestazioni di assistenza tecnica nel settore agricolo; agli investimenti per la pubblicita' dei prodotti agricoli di qualita'; investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo; investimenti nel settore delle agroenergie”.

(47) Dati reperibili sul sito http://www.isa-spa.it/AssistenzaMipaf.aspx?ID=2.

(48) Per un primo commento v. F.Albisinni, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?): ancora un indefinito movimento, in q.Riv., www.rivistadirittoalimentare.it, n. 2-2012, p.36 ss.; Germanò, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, in Dir.giur.agr.alim.amb., 2012, p. 379 ss.

(49) “Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari”.

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schema contrattuale destinato a realizzare una cessione di prodotti agricoli o alimentari. Il comma 1 della citata norma rafforza questa prima impressione, richiamando in modo generico tutti i contratti aventi ad oggetto la cessione di detti prodotti, esclusi quelli stipulati con il consumatore finale. A questa eccezione altre ne aggiungerà il Decreto interministeriale applicativo dell’art.62, ancora non pubblicato sulla G.U.50, il quale non considera cessione il conferimento dei prodotti dai soci alle cooperative agricole ed alle organizzazioni di produttori né i conferimenti di prodotti ittici tra imprenditori ittici, come recentemente definiti dall’art.4, d.lgs.4/2012. Esso, inoltre, esclude dal campo di applicazione della nuova disciplina le cessioni istantanee con contestuale consegna e pagamento. Anche a fronte di queste precisazioni, sembrano, quindi, riconducibili all’ampia categoria così individuata i contratti individuali di coltivazione, allevamento e fornitura nella misura in cui prevedono la cessione del prodotto agricolo agli imprenditori che ne curano la trasformazione o la distribuzione. Anche tali contratti, quindi, continueranno51 ad essere redatti obbligatoriamente per iscritto e dovranno indicare a pena di nullità: la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. Ma la norma va oltre, sottoponendo le relazioni commerciali tra operatori economici, compresi tutti i contratti aventi ad oggetto la cessione di prodotti agricoli e alimentari, ad una serie di divieti52 che improntano i relativi rapporti al principio di lealtà, che conforma qualunque negozio commerciale, nonché ai principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni. Ulteriore regola di garanzia del contraente economicamente dipendente, è quella che

                                                        

(50) Il cui testo è tuttavia pubblicato sul sito del MiPAAF. Per una prima lettura v. A. Germanò, Ancora sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari: il decreto ministeriale applicativo dell’art.62 del d.l. 1/2012, in Dir.giur.agr.alim.amb., 2012, p. 523.

(51) Cfr. artt.11-14, D.lgs. 102/2005.

(52) In particolare, è fatto divieto di: “ a) imporre direttamente o indirettamente condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, nonche' condizioni extracontrattuali e retroattive; b) applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti; c) subordinare la conclusione, l'esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle medesime relazioni commerciali alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto degli uni e delle altre; d) conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali; e) adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento”.

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sottopone il pagamento del corrispettivo ad un termine legale53 che si differenzia in ragione della natura deteriorabile o meno delle merci. Il legislatore completa l’apparato di rimedi con la previsione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di inosservanza degli obblighi di forma e di contenuto nonché dei divieti e facendo salve le azioni in giudizio per il risarcimento del danno derivante da violazioni della norma in esame anche promosse da associazioni comunque rappresentative a livello nazionale che sono legittimate ad agire, a tutela degli interessi collettivi, per richiedere l’inibitoria dei comportamenti posti in essere in violazione della disposizione medesima. Il regime così predisposto potrebbe, quindi, considerarsi un primo timido tentativo del legislatore di riappropriarsi della sua funzione istituzionale per colmare le lacune lamentate54, ma sull’efficacia della disciplina così predisposta incide in modo considerevole la previsione della nullità e degli effetti che da essa scaturiscono come rimedio contro la violazione delle regole di forma e contenuto. La ricostruzione di essa come nullità assoluta55, in linea col tenore letterale della disposizione in esame, infatti, nel caso di cessione del prodotto dal produttore agricolo all’impresa industriale rischierebbe di vanificare la tutela che il legislatore avrebbe inteso garantire. Occorre rammentare, infatti, che la nullità assoluta, come prevista e disciplinata dal codice civile in quanto rimedio predisposto per ovviare a violazioni del prescritto modello legale, ha un’efficacia di tipo distruttivo non assumendo per essa alcuna rilevanza “né la particolare natura degli interessi sottesi, né la specifica posizione e condizione dei soggetti, né le concrete caratteristiche dei beni e servizi negoziati, e neppure le diverse circostanze di tempo e di spazio che connotano l’operazione contrattuale ... Al sistema codicistico delle invalidità resta ... estranea ogni strategia di costruzione e conformazione del regolamento contrattuale ...”56. L’anomalia potrebbe, invece, evitarsi se la previsione fosse considerata una ipotesi di nullità di protezione, nonostante l’assenza di un’espressa indicazione in tal senso. Tale conclusione, oltre a discendere da una lettura logico-sistematica della                                                         

(53) Già, peraltro, oggetto di disciplina comunitaria con la Dir. 2000/35/UE del 29 giugno 2000 del Parlamento e del Consiglio, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, attuata in Italia con il D.lgs. 9 ottobre 2002, n.231 e recentemente abrogata dalla Dir. 2011/7/UE del 16 febbraio 2011 con effetto dal 16 marzo 2013, sebbene continuerà ad applicarsi per i contratti conclusi anteriormente a tale data.

(54) Anche nei confronti delle discipline straniere più dettagliate: cfr.A. Jannarelli, op.ult.cit., p.439 ss.

(55) Ritengono assoluta la nullità in esame F.Albisinni, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?): ancora un indefinito movimento, in q. Riv., www.rivistadirittoalimentare.it, n. 2-2012, p.36 ss.; A. Germanò, Sul contratto di cessione, cit., p.385.

(56) Cfr. V. Scalisi, op.ult.cit., p.736.

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disposizione in oggetto, potrebbe trovare conferma nel fatto che il legislatore abbia ritenuto opportuno precisare che la nullità può essere rilevata “anche” d’ufficio dal giudice, in quanto legittimato principale sarebbe il soggetto portatore degli interessi a presidio dei quali le regole sono state fissate; diversamente la norma sarebbe stata ultronea, a fronte dell’efficacia generale dell’art.1421 c.c. Peraltro, come è stato rilevato, la rilevabilità d’ufficio da parte del giudice si accompagna quasi sempre alla legittimazione del solo contraente debole “anche a tutela dell’interesse di questi, in quanto protezione funzionale alla salvaguardia e realizzazione di costitutivi valori di sistema, quali l’efficienza e la razionalità di mercato e ancor prima il principio solidaristico-personalista”57. Questa soluzione consentirebbe, inoltre, di dare al rimedio una fisionomia flessibile all’interno del fenomeno complesso denominato filiera che, caratterizzato da una molteplicità di relazioni contrattuali e dalla varietà, anche in termini di forza contrattuale, dei soggetti potenzialmente e concretamente coinvolti, presenta come elemento costante, nelle diverse fasi di cui si compone, la cessione del prodotto agricolo ed alimentare, tramite cui progressivamente si perviene alla realizzazione del prodotto finale, destinato ad essere immesso sul mercato ed obiettivo della filiera stessa. E se la rilevanza del ruolo proprio dei soggetti collettivi operanti nel settore viene mantenuta e confermata, specie nella fase programmatica e di rilancio delle filiere alimentari, il recupero della dimensione individuale nella fase patologica potrebbe rendere concreta ed efficace la tutela finalmente azionabile direttamente dai singoli imprenditori. ABSTRACT The paper examines the different types of contracts prevalent in the food chain highlighting the problems, mainly due to unsatisfactory protection of the weaker party, raised by Italian law about relationships of vertical integration in agriculture, which are referred to as those constituent of the food chain. It focuses on C.D. supply chain contracts aimed at facilitating the integration of an already formed chain, through the granting of subsidized loans for the achievement of investment projects, and analyzes the consequences arising from the application of the recent discipline of trade relations in regard to the sale of agricultural products and food                                                         

(57) Sono parole di V. Scalisi, op.ult.cit., p.751.

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with particular attention to the remedy of nullity and to the role played by collective subjects.