I conflict minerals e l’Europa

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Cosa sono i conflict minerals Sapete che lo smartphone che utilizzate tutti i giorni potrebbe essere costruito con minerali estratti con modalità di gravi violazioni dei più basilari diritti umani? E che i proventi del commercio di quegli stessi minerali finanziano miliziani e gruppi para-militari? Soggetti che spesso coincidono, o collaborano, con le organizzazioni terroristiche che minacciano i nostri Paesi quotidianamente. Tutto si tiene e tutto è, purtroppo, legato: i nostri prodotti tecnologici a un estremo del filo e i gruppi armati e il terrorismo, dall’altra. Per questo è importante, per i cittadini, essere informati e, per gli organi legislativi ed esecutivi mondiali, intervenire per spezzare questa catena di finanziamento. I minerali a cui si fa comunemente riferimento sono 4: la cassiterite (da cui viene estratto lo stagno), la wolframite (da cui deriva il tungsteno), la columbo-tantalite, o ColTan, (da cui deriva il tantalio) e l’oro. La legislazione internazionale attualmente esistente in materia Ben prima che l’Unione europea decidesse di agire in questo settore, altri soggetti nel mondo hanno preso una posizione chiara in materia: l’ONU e l’OCSE hanno sviluppato delle linee guida per le imprese coinvolte nell’estrazione di minerali provenienti da zone di conflitto e persino gli Stati Uniti hanno prodotto una legislazione specifica. Le linee guida ONU sulla due diligence 1 Sulla base di un mandato del 2004, il Gruppo di Esperti nella Repubblica Democratica del Congo delle Nazioni Unite (UNGoE) ha proposto un modello di due diligence in 5 fasi. Nella risoluzione vincolante 1952(2010) sulla Repubblica Democratica del Congo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato questo modello e ha invitato tutti gli Stati a sollecitare gli importatori, le industrie di trasformazione e i consumatori di prodotti minerali congolesi a esercitare la due diligence, attraverso l’applicazione delle linee guida. 1 In questo caso, il termine “due diligence” identifica un sistema di gestione e monitoraggio della propria catena di fornitura volto a identificare e valutare i rischi legati alla possibilità di finanziamento dei gruppi armati tramite il commercio di alcuni minerali. I conflict minerals (minerali estratti in terre “di guerra”) e l’Europa

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Cosa sono i conflict minerals e come impattano la vita dei cittadini europei? Anche affrontando il tema e cercando delle soluzioni adeguate sia in termini di diritti umani che per supportate le aziende europee del settore, l'UE si vuole e può porsi come guida a livello mondiale.

Transcript of I conflict minerals e l’Europa

  • Cosa sono i conflict minerals

    Sapete che lo smartphone che utilizzate tutti i giorni potrebbe essere costruito con minerali estratti con modalit di gravi violazioni dei pi basilari diritti umani? E che i proventi del commercio di quegli stessi minerali finanziano miliziani e gruppi para-militari? Soggetti che spesso coincidono, o collaborano, con le organizzazioni terroristiche che minacciano i nostri Paesi quotidianamente.

    Tutto si tiene e tutto , purtroppo, legato: i nostri prodotti tecnologici a un estremo del filo e i gruppi armati e il terrorismo, dallaltra. Per questo importante, per i cittadini, essere informati e, per gli organi legislativi ed esecutivi mondiali, intervenire per spezzare questa catena di finanziamento.

    I minerali a cui si fa comunemente riferimento sono 4: la cassiterite (da cui viene estratto lo stagno), la wolframite (da cui deriva il tungsteno), la columbo-tantalite, o ColTan, (da cui deriva il tantalio) e loro.

    La legislazione internazionale attualmente esistente in materia

    Ben prima che lUnione europea decidesse di agire in questo settore, altri soggetti nel mondo hanno preso una posizione chiara in materia: lONU e lOCSE hanno sviluppato delle linee guida per le imprese coinvolte nellestrazione di minerali provenienti da zone di conflitto e persino gli Stati Uniti hanno prodotto una legislazione specifica.

    Le linee guida ONU sulla due diligence1

    Sulla base di un mandato del 2004, il Gruppo di Esperti nella Repubblica Democratica del Congo delle Nazioni Unite (UNGoE) ha proposto un modello di due diligence in 5 fasi.

    Nella risoluzione vincolante 1952(2010) sulla Repubblica Democratica del Congo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato questo modello e ha invitato tutti gli Stati a sollecitare gli importatori, le industrie di trasformazione e i consumatori di prodotti minerali congolesi a esercitare la due diligence, attraverso lapplicazione delle linee guida.

    1 In questo caso, il termine due diligence identifica un sistema di gestione e monitoraggio della propria catena di fornitura volto a identificare e valutare i rischi legati alla possibilit di finanziamento dei gruppi armati tramite il commercio di alcuni minerali.

    I conflict minerals (minerali estratti in terre di guerra) e lEuropa

  • Le linee guida OCSE sulla due diligenceLOCSE ha incorporato il modello in cinque fasi delle Nazioni Unite nelle sue Linee guida sulle catene responsabili di approvvigionamento di minerali in zone colpite da conflitti e ad alto rischio, pubblicate nel 2011. La principale differenza rispetto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza che questultima include anche il legname e il carbone, mentre lOCSE copre solo i minerali citati, cio tantalio, stagno, tungsteno e oro.

    Le raccomandazioni sono volontarie e non vincolanti e hanno vocazione globale: non sono - dunque - limitate alla Repubblica Democratica del Congo e ai Paesi limitrofi.

    Il Dodd-Frank Act statunitenseNel luglio 2010, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il Dodd-Frank Act. Anche in questo caso si fa riferimento ai soli tantalio, tungsteno, stagno e oro.

    La legge statunitense prevede obblighi di informazione per tutte le societ americane quotate che estraggono questi minerali nella Repubblica Democratica del Congo o nei nove Paesi confinanti.

    La procedura articolata nelle seguenti tre fasi.

    1. Lesposizione ai minerali di conflitto: le aziende devono stabilire se il material scope, ossia i materiali interessati dalla normativa, fanno parte del loro business.

    2. Ricerca ragionevole del Paese dorigine e modulo di divulgazione specializzata (SD): se i minerali identificati nella normativa sono presenti e necessari nella catena di fornitura aziendale, le aziende devono identificare la loro origine e rendere nota questa informazione attraverso un modulo di divulgazione specializzata. Se non vi alcuna prova che i minerali utilizzati provengano dai Paesi coperti dalla normativa, il processo si conclude in questa fase.

    3. Se lindagine rivela che i minerali sono stati estratti in Paesi coperti dalla normativa, viene richiesta la presentazione di un rapporto sui minerali stessi. Questo deve includere le misure di due diligence effettuate, sia in riferimento allestrazione dei minerali che alla relativa catena di custodia (le varie fasi della lavorazione del materiale). Tale report deve essere accompagnato dalla relazione di un revisore indipendente e dalla descrizione dei prodotti che sono non conflict-free, il loro Paese dorigine e le strutture (fonderie/raffinerie) utilizzate per trasformare i minerali.

    La proposta della Commissione europea

    Il 5 marzo 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta che prevede un approccio integrato per bloccare limpiego dei profitti derivanti dal commercio di minerali per finanziare conflitti armati.

    Questo pacchetto prevede, in primo luogo, un progetto di regolamento che istituisce un sistema UE di autocertificazione volontario per gli importatori di stagno, tantalio, tungsteno e oro. Lautocertificazione richiede agli importatori dellUnione di tali metalli e dei loro minerali di osservare la due diligence, garantendo che la gestione e il monitoraggio della catena di approvvigionamento e delle vendite rispettino le cinque tappe previste dalla guida OCSE.

    La proposta di regolamento accompagnata da una Comunicazione, un documento che delinea una strategia globale di politica estera volta a spezzare il collegamento tra i conflitti armati e il commercio di minerali e che invita a prendere provvedimenti concreti di vario tipo - dal sostegno al dialogo sulle politiche allimpegno diplomatico nei Paesi in cui si realizza la fusione di tali risorse.

    Queste le caratteristiche della proposta della Commissione:

  • su base volontaria. Si tratta di un regime di certificazione a partecipazione volontaria, aperto alle aziende (da 300 a 400 allincirca) che importano in Europa i 3TG.

    Campo di applicazione alle aziende assai limitato. Sebbene la proposta riconosca limportante legame esistente fra il comparto a monte (tutte le aziende che operano dalla miniera alle fonderie e alle raffinerie) e quello a valle (tutti gli importatori, i produttori, i fabbricanti ecc., che operano fra la fonderia/raffineria e lutilizzatore finale), la Commissione si rivolge unicamente alle fonderie e raffinerie e agli importatori di materie prime. Di conseguenza, questa proposta concerne soltanto 419 aziende dellUE che rappresentano lo 0,05% delle aziende europee che commerciano o lavorano i suddetti minerali.

    Quali sono le criticit di questa proposta?

    Un passo indietro: un regime su base volontaria e ristretto ai soli importatori, fonderie e raffinerie un passo indietro rispetto alle norme internazionali sullacquisto responsabile gi esistenti (come il Dodd-Frank Act e le iniziative regionali nella regione dei Grandi Laghi).

    Gli effetti negativi per le PMI: le norme volontarie creano situazioni di inefficienza del mercato, in quanto i costi di conformit saranno sempre minori per le grandi aziende rispetto a quelle piccole. Conseguentemente, gli incentivi proposti dalla Commissione come i requisiti di conformit degli appalti pubblici porteranno gravi svantaggi alle piccole aziende (specialmente alle micro-imprese).

    La proposta del gruppo S&D

    Il Gruppo dei Socialisti e Democratici sostiene la proposta di un regolamento obbligatorio che si applichi a tutta la catena di produzione (agli operatori tanto a monte quanto a valle), ma che tenga anche conto delle loro dimensioni e della loro posizione nella catena di approvvigionamento.

    Questo si traduce in:

    un obbligo vincolante di due diligence lungo tutta la catena di approvvigionamento per tutte le aziende che fabbrichino (o appaltino la fabbricazione) utilizzando tantalio, tungsteno, stagno e oro: si tratta di un obbligo proporzionato in base alla dimensione e alla posizione nella catena di produzione;

    un meccanismo per allargare il campo di applicazione in futuro in modo che, nel caso si dimostri che un nuovo minerale o un nuovo metallo finanzi un conflitto, questo possa essere regolamentato nello stesso modo;

    un riferimento esplicito alle linee guida dellOCSE, volto a creare condizioni di autentica parit a livello mondiale: persino la Cina sta elaborando il proprio regolamento avvalendosi di queste stesse linee guida;

    un periodo supplementare di introduzione progressiva per le aziende a valle;

    unopzione di esclusione per le micro-imprese (cio aziende con 10 o meno dipendenti e un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro).

    Il dossier in Parlamento

    In Parlamento, la Commissione responsabile di questo progetto di regolamento la Commissione Commercio Internazionale (INTA) e il relatore Iuliu Wincler, deputato del Partito Popolare Europeo. La persona responsabile per il Gruppo dei Socialisti&Democratici Marie Arena.

    La relazione di Wincler ha, di fatto, accettato in toto la proposta della Commissione apportando modifiche marginali.

  • Il 14 aprile la Commissione INTA ha votato la relazione e gli emendamenti a essa presentati: il testo risultante sostanzialmente vicino alla proposta originaria di Wincler.

    Si mantiene ampiamente il carattere volontario della proposta. Viene, infatti, introdotto un obbligo di trasparenza solo per le fonderie e raffinerie dellUnione europea (in tutto, 20).

    Su scala mondiale, queste sono responsabili solo del 5% del commercio mondiale.

    Regolamentare soltanto 20 fonderie e raffinerie dellUE (sulle 450 mondiali) comporterebbe gravi risvolti negativi per leconomia europea.

    Un obbligo unicamente a carico degli attori a monte (fonderie e raffinerie) rischia di:

    innescare una concorrenza sleale a danno delle fonderie e raffinerie dellUE che subiranno una concorrenza non regolamentata, principalmente dalla Cina e dal Sud Est asiatico;

    delocalizzare alcune attivit economiche a valore aggiunto, collegate alla realizzazione di componenti di produzione, a causa della pressione sullindustria metallurgica europea;

    aumentare la dipendenza dagli importatori extra-UE. La proposta creer una maggior domanda di prodotti semilavorati, componenti e prodotti finiti esterna allUnione europea;

    penalizzare le PMI, che si trovano tutte a valle della catena di approvvigionamento e che sarebbero, di conseguenza, colpite dalla maggior domanda di componentistica e prodotti semilavorati esteri. Inoltre, le PMI intenzionate a conformarsi su base volontaria incontreranno difficolt maggiori rispetto alle grandi aziende. Questo a causa del fatto che la due diligence funziona quando coinvolta una massa critica di attori lungo tutta la catena di approvvigionamento. Gli attori non conformi sarebbero esclusi di fatto dai meccanismi degli incentivi.

    Il voto in plenaria

    Il Parlamento riunito in seduta plenaria ha approvato, mercoled 20 maggio, un emendamento alla proposta della Commissione, con il quale si istituisce lobbligo di due diligence per le imprese a valle della catena di produzione: in questo modo la proposta della Commissione stata radicalmente trasformata grazie a una forte presa di posizione che il Parlamento riuscito ad assumere mostrando non solo la sua forza ma anche la volont di affrontare seriamente e nella maniera pi efficace le gravi violazioni dei diritti umani che lestrazione di questi minerali comporta. Ora si avvieranno i negoziati con il Consiglio: per lesito di questi ultimi sar fondamentale la posizione che ogni singolo Stato membro decider di assumere e difendere.

    Alessia MoscaCommissione per il Commercio Internazionale - Parlamento Europeo

    Strasburgo, 22 maggio 2015

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