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I condomini “green” e “solidali” 1 I condomini “green” e “solidali” Nell’era della rinascita social, i condomini tornano ad essere il centro della vita di quartiere. I motori della socialità urbana, i luoghi di aggrega- zione che partono dalla convivenza sotto lo stesso tetto. Non solo un luogo dell’abitare ma anche dello scambio. Lo stabile virtuoso, dove si uniscono le forze per offrire servizi e opportunità per tutti gli inquilini: dalla baby- sitter, infermiera e badante per più famiglie, ai gruppi di appassionati di coltivazioni domestiche, fino alle biblioteche fatte in casa. Dimenticate le chiassose risse e dispute delle riunioni mensili, oggi quando ci si ritrova si decide quali pannelli fotovoltaici installare, cosa piantare nell’orto comu- nitario e quali servizi di gruppo far partire insieme. Casi di scuola sempre più frequenti, che fanno riscoprire il piacere di stare insieme, di vivere in condivisione. «Il desiderio di comunità c’è ed evidente così come lo scambio, la flessibilità e la temporaneità. Sono quanto mai attuali nella no- stra società», ragiona Rossana Galdini, docente di Sociologia dell’abitare dell’università La Sapienza di Roma: «Lo sharing però è effettivamente sentito da molti ma praticato da pochi, perché mancano le strutture pub- bliche adeguate e la mentalità giusta. I condomini solidali e virtuosi sono esperienze che funzionano, anche se finora restano eccezioni». Dalla spe- rimentazione alla diffusione di massa ci vogliono anni, ma le avanguardie nel Paese non mancano. Progetti nati con l’autorganizzazione e la buona volontà dei singoli, diventati buone pratiche da copiare ed esportare. Orto con vista mole Nel popolare quartiere di San Salvano, a Torino, c’è un bel palazzo ottocen- tesco dotato di un orto sul tetto. Un posto “segreto” come lo chiama chi l’ha fatto, visitato però in pochi anni da centinaia di persone. In via Goito l’idea degli architetti-acquirenti è stata comprare in blocco il palazzo e trasfor- marlo in luogo di aggregazione. «Abbiamo ristrutturato cercando di con- servare il conservabile, ma subito pensando spazi comuni per gli inquilini. Oltre a un parcheggio sotterraneo che toglie almeno sei auto dalle strade e dà riparo alle biciclette, ci sono una lavanderia comune e un’officina attrezzata per i lavori di manutenzione, mentre il cortile è il luogo delle cene collettive», raccontano i progettisti Giorgio Davi, Elena Carmagnani e Gabriele Gatti. Il tocco finale è l’orto comune sul tetto del fabbricato, 30 metri quadrati di terra che non soltanto abbelliscono, ma hanno anche una funzione termica e isolante. E poi ci sono i prodotti, senza fertilizzanti né pesticidi: pomodori, insalate, zucchine, rapanelli. I piccoli terreni lavorati con passione fanno parte dei paesaggi urbani anche al Sud. A Bari l’orto si è allargato all’intero quartiere di Japigia, tra il centro commerciale e la chiesa di San Marco. «Un’alternativa in piccola scala alla grande agricoltura intensiva, dove si promuove l’auto-produ- zione con l’utilizzo di metodi che rispettano la natura», secondo gli idea- tori di Ortocircuito, un gruppo di persone che cercano in città un rifugio a misura d’uomo, con l’obiettivo di valorizzare le specie autoctone, il con- sumo di frutta e verdura di stagione e il recupero di prodotti tipici a ri- schio di estinzione. Crescendo di taglia nella Piana del Sele, nel sud della provincia di Salerno, il vivaio di condominio punta sul consumo di frutta e verdura di qualità coltivati a chilometro zero. Perché le primizie locali sono destinate per la gran parte ai mercati esteri (disposti a pagare di più

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I condomini “green” e “solidali” 1

Icondomini“green”e“solidali”Nell’era della rinascita social, i condomini tornano ad essere il centro della vita di quartiere. I motori della socialità urbana, i luoghi di aggrega-zione che partono dalla convivenza sotto lo stesso tetto. Non solo un luogo dell’abitare ma anche dello scambio. Lo stabile virtuoso, dove si uniscono le forze per offrire servizi e opportunità per tutti gli inquilini: dalla baby-sitter, infermiera e badante per più famiglie, ai gruppi di appassionati di coltivazioni domestiche, fino alle biblioteche fatte in casa. Dimenticate le chiassose risse e dispute delle riunioni mensili, oggi quando ci si ritrova si decide quali pannelli fotovoltaici installare, cosa piantare nell’orto comu-nitario e quali servizi di gruppo far partire insieme. Casi di scuola sempre più frequenti, che fanno riscoprire il piacere di stare insieme, di vivere in condivisione. «Il desiderio di comunità c’è ed evidente così come lo scambio, la flessibilità e la temporaneità. Sono quanto mai attuali nella no-stra società», ragiona Rossana Galdini, docente di Sociologia dell’abitare dell’università La Sapienza di Roma: «Lo sharing però è effettivamente sentito da molti ma praticato da pochi, perché mancano le strutture pub-bliche adeguate e la mentalità giusta. I condomini solidali e virtuosi sono esperienze che funzionano, anche se finora restano eccezioni». Dalla spe-rimentazione alla diffusione di massa ci vogliono anni, ma le avanguardie nel Paese non mancano. Progetti nati con l’autorganizzazione e la buona volontà dei singoli, diventati buone pratiche da copiare ed esportare.

OrtoconvistamoleNel popolare quartiere di San Salvano, a Torino, c’è un bel palazzo ottocen-tesco dotato di un orto sul tetto. Un posto “segreto” come lo chiama chi l’ha fatto, visitato però in pochi anni da centinaia di persone. In via Goito l’idea degli architetti-acquirenti è stata comprare in blocco il palazzo e trasfor-marlo in luogo di aggregazione. «Abbiamo ristrutturato cercando di con-servare il conservabile, ma subito pensando spazi comuni per gli inquilini. Oltre a un parcheggio sotterraneo che toglie almeno sei auto dalle strade e dà riparo alle biciclette, ci sono una lavanderia comune e un’officina attrezzata per i lavori di manutenzione, mentre il cortile è il luogo delle cene collettive», raccontano i progettisti Giorgio Davi, Elena Carmagnani e Gabriele Gatti. Il tocco finale è l’orto comune sul tetto del fabbricato, 30 metri quadrati di terra che non soltanto abbelliscono, ma hanno anche una funzione termica e isolante. E poi ci sono i prodotti, senza fertilizzanti né pesticidi: pomodori, insalate, zucchine, rapanelli.I piccoli terreni lavorati con passione fanno parte dei paesaggi urbani anche al Sud. A Bari l’orto si è allargato all’intero quartiere di Japigia, tra il centro commerciale e la chiesa di San Marco. «Un’alternativa in piccola scala alla grande agricoltura intensiva, dove si promuove l’auto-produ-zione con l’utilizzo di metodi che rispettano la natura», secondo gli idea-tori di Ortocircuito, un gruppo di persone che cercano in città un rifugio a misura d’uomo, con l’obiettivo di valorizzare le specie autoctone, il con-sumo di frutta e verdura di stagione e il recupero di prodotti tipici a ri-schio di estinzione. Crescendo di taglia nella Piana del Sele, nel sud della provincia di Salerno, il vivaio di condominio punta sul consumo di frutta e verdura di qualità coltivati a chilometro zero. Perché le primizie locali sono destinate per la gran parte ai mercati esteri (disposti a pagare di più

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e a comprare in grosse quantità) e paradossalmente chi vuole acquistare sul mercato locale si trova prodotti agricoli spagnoli o siciliani.

Libromio,tuo,nostroNegli anni Ottanta era la piscina sul tetto a far decollare le vendite delle nuove residenze. Dopo è stato il turno della palestra, poi quello della la-vanderia condivisa e via con altri “sogni americani” capaci di trasformare il grigio urbano in qualcosa di esotico. Ora l’America inverte la rotta dei servizi offerti e punta, in piena era dell’e-book, sulle biblioteche condomi-niali e di quartiere. E in Italia? L’idea è già realtà a Palermo nella chiesa settecentesca (sconsacrata) della Confraternita degli Algozirii, nel quar-tiere storico di Ballato, una biblioteca per bambini e ragazzi aperta nel 2007 grazie a decine di volontari. E poi Pistoia in un capannone abban-donato della Breda, nella martoriata L’Aquila in un prefabbricato dopo il terremoto. Luoghi abbandonati che ritornano in vita grazie alla pazienza e la voglia di stare insieme. La produzione, nel loro piccolo, è culturale. Libri dismessi, raccolti e catalogati,presentazioni di autori e sale letture aperte a tutti. In via Rembrandt 12, nella zona milanese di San Siro, è nata da una portineria in disuso e attrezzata con scaffali, poltrone e una macchinetta del caffè. Con gli inquilini che vivono negli otto piani sopra a darsi il turno per gestire mille libri arrivati da tutto il quartiere. Tra schedature, registri per segnare i volumi in prestito e scadenze da far rispettare sono le 72 famiglie della popolosa palazzina che si prendono cura del loro «spazio di lettura», il primo nato spontaneamente in città.

Apalazzoc’èunabadanteLo spirito (italico) è sempre lo stesso: l’unione fa la forza. Cosi è nata l’idea della badante e babysitter di palazzo. Previste dal nuovo contratto nazio-nale dei portieri aggiornato lo scorso novembre, assistono anziani e bam-bini di uno stesso stabile. E possono essere assunte con regolare contratto, pagandole con le quote versate dai singoli inquilini che scelgono i loro ser-vizi. Un po’ come succede per i portieri. Inizialmente è nata in maniera informale, con il passaparola, uno dei canali principali per trovare chi si prende cura di anziani e bambini, per la comodità di passare velocemente da un pianerottolo all’altro e le referenze del vicino di casa. Ora l’idea ha preso piede e la ex consulente aziendale Elisabetta Fava ne ha fatto un sito e un lavoro con spaziocuore.it, un servizio online dove la domanda e l’of-ferta di tate e assistenti per disabili e anziani si incontrano. Nato da cinque mesi a Milano, la Rete e le richieste hanno allargato l’offerta a Roma e a breve anche a Torino. «Abbiamo pensato a una forma di welfare che abbat-tesse i costi e puntasse sulla fìdelizzazione. Siamo partiti partecipando a decine di riunioni condominiali», dice l’ideatrice Elisabetta Fava: «All’inizio è stato durissimo superare la diffidenza e l’abitudine, ma poco alla volta la nostra offerta ha preso piede». Dopo cinque mesi la cooperativa ha cinque badanti, tre babysitter per più di 20 famiglie, con l’obiettivo di arrivare a fine anno a 50. Il grosso delle richieste è per l’assistenza degli over 70.Stesso format pensato anche dall’associazione Confabitare, che ha unifi-cato i servizi e messo a punto un nuovo modello di condominio solidale.Alle badanti e babysitter ha aggiunto l’infermiera di palazzo on demand per venire incontro ai bisogni di assistenza della fascia più anziana dei

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vicini di casa. La formula è semplice: un solo professionista che suddivide ore di lavoro tra più famiglie. L’ultimo tassello è l’assistenza sanitaria, per ridurre le spese per le prestazioni, ottimizzare i tempi per gli spostamenti: in un sol colpo decine di visite, prenota un appuntamento e l’infermiera arriva direttamente in appartamento per medicazioni semplici, prelievi, controllo della pressione, iniezioni, educazione terapeutica. «L’idea è nata per dare una soluzione facilmente attuabile ed economicamente conve-niente. Il condominio diventa il luogo in cui condividere bisogni e solu-zioni», dice il presidente di Confabitare Alberto Zanni. L’iniziativa è partita in 45 condomini di Bologna, allargandosi poi ad altre città. Per gli aspetti pratici Confabitare si occupa di cercare i professionisti e del loro coordi-namento, oltre che delle pratiche amministrative e dell’assunzione. Ogni famiglia paga la propria quota e gli oneri si dividono tra tutti. Nel caso degli anziani la spesa è di circa di 250 euro al mese contro i mille di un im-pegno a tempo pieno. Anche per la tata che riesce ad occuparsi di più bam-bini permette di risparmiare, seguendo la filosofia della “tagesmutter”, la “mamma di giorno” tedesca che si occupa di piccoli gruppi di bambini fino a tre anni. La giornata di lavorò è la somma di tanti part-time quanti sono gli anziani o i bambini che curano.

NuovovivereaMilanoL’obiettivo e gli sforzi per gli abitanti di tutte le età sono spazi di soli-darietà in cui si svolgono attività culturali, di scambio, di aggregazione ricreativa e nello stesso tempo “angoli” dove sia possibile stare insieme senza andare al bar o in palestra. Senza generare necessariamente con-sumi. Francesca Cognetti insegna al Politecnico di Milano politiche urbane e spiega la formula di abitare collettivo: «Abbiamo una nuova idea di vi-cinato che coinvolge vari livelli, dal mutuo aiuto allo scambio, rivoluzio-nando anche i disegni delle nuove case. Spariscono le recinzioni, si pensa alla zona feste in comune, a cortili più aperti e parchi prima riservati che si aprono alla città, rendendo i confini tra spazi pubblici privati più permea-bili». Un approccio che cambia anche il modo di progettare i nuovi edifici, pensando alle estensioni delle abitazioni come spazi living in comune. Con questa filosofìa nascerà Geek building, 41 unità abitative da costruire in bio edilizia nel quartiere milanese di Lambiate. «Chi viene qui sceglie una vita più semplice, perché meno costosa e meno faticosa decidendo innan-zitutto cosa condividere: un micronido per i bambini, un orto o una serra, un living comune, un servizio di car sharing e la portineria intelligente che paga le bollette e ritira la spesa», spiega Massimo Valli, l’architetto che ha lanciato l’idea solo tre mesi fa. Il comitato Expo 2015 ne ha fatto un modello per l’ospitalità delle delegazioni in arrivo da tutto il mondo, dopo l’esposizione universale saranno alloggi e modelli per un “nuovo vivere” all’insegna di maggiore sicurezza e minori costi, con un ambiente collabo-rativo come base di una comunità aperta agli abitanti e al quartiere. Un antidoto alla urbanizzazione spersonalizzante e alla cementificazione sel-vaggia che costruisce senza pensare alle relazioni sociali. Il nuovo capitale dell’investimento condominiale.