I cittadini al centro - Roberto Toppoli · attività come fattore strategico di cambiamento? A...

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I cittadini al centro dell’amministrazione pubblica e del suo agire

Ascoltare per cambiare

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© 2002 by Regione Emilia-Romagna e CLUEB

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% diciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4,della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA,CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre2000.

Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguitodi specifica autorizzazione rilasciata dall’editore.

Editing a cura di Stefania BastagliCoordinamento di Aurora Lucarelli

Ascoltare per cambiare. I cittadini al centro dell’amministrazione pubblica e delsuo agire.

89 p. ; 21 cm(Quaderni di comunicazione pubblica ; 7)ISBN 88-491-1879-1

CLUEBCooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna40126 Bologna - Via Marsala 31Tel. 051 220736 - Fax 051 237758www.clueb.com

Finito di stampare nel mese di marzo 2002da Legoprint - Lavis (TN)

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7 Introduzione

9 Scenari e obiettivi

17 Testimonianze

45 Esperienze a confronto

53 Esperienze e progetti della Regione Emilia-Romagna

71 Tavola Rotonda

81 Conclusioni

83 Appendice

Indice

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Come può la Pubblica Amministrazione valorizzare

davvero ciò che ascolta, utilizzando i risultati di questa

attività come fattore strategico di cambiamento?

A questo tema la Regione Emilia-Romagna ha dedi-

cato un Convegno che si è svolto il 21 settembre 2001

presso la Sala Polivalente del Consiglio Regionale. Pub-

blichiamo qui gli atti del Convegno.

Obiettivo del Convegno era confrontare iniziative

messe in atto dalla Regione Emilia-Romagna con casi

ed esperienze realizzati in ambito internazionale. Un

punto di partenza per iniziare meglio un percorso di la-

voro che impegnerà la nostra Amministrazione su un

aspetto decisivo del processo di innovazione.

Ve r a N e g r i Z a m a g n i

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Ve r a N e g r i Z a m a g n i

Introduzione

di Vera Negri Zamagni

Un convegno sull’ascolto può sembrare qualcosa di

molto inusuale per un’amministrazione pubblica abitua-

ta a “dettar legge”. Il fatto è che le nostre società sono

diventate così complesse e stratificate che non basta più

l’ascolto dei centri di rappresentanza classici (partiti, sin-

dacati, organizzazioni imprenditoriali) né per fare delle

buone leggi, né per applicarle in modo soddisfacente.

Occorre arrivare all’ascolto dei cittadini. Ma i cittadini

non sono delle entità standardizzate; ciascuno è fatto in

modo diverso, ha dei bisogni che declina in modo diver-

so, ed è capace di utilizzare strumenti diversi per espri-

merli. Poiché le Pubbliche Amministrazioni non hanno

spesso affrontato il problema dell’ascolto dei cittadini,

tendono ad offrire servizi standardizzati, che non vengo-

no ritenuti soddisfacenti dai cittadini. Inoltre, sono molti

i cittadini che desiderano essere coinvolti anche nei pro-

cessi decisionali.

In questo convegno, raccogliamo casi nazionali ed

internazionali di innovazione in tema di ascolto dei cit-

tadini. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno accet-

tato di venire a parlarci di questi casi, talora anche af-

frontando lunghi viaggi. Un ringraziamento molto parti-

colare va alla signora Dawes che è venuta direttamente

da New York, pochi giorni dopo l’attentato alle torri ge-

melle. Quando l’abbiamo contattata per sapere se in-

tendeva mantenere fede al suo impegno – l’avremmo

ampiamente giustificata se non l’avesse fatto – ci ha ri-

sposto con una bellissima lettera dove diceva che sa-

rebbe venuta proprio per dimostrare che il terrorismo

non può averla vinta, costringendo la gente a tagliare i

rapporti, che invece devono essere mantenuti perché

proprio questi rapporti costituiscono il tessuto della no-

stra civiltà.

Ecco una breve caratterizzazione dei nostri speakers.

Il primo ad intervenire sarà il nostro dott. Stefanini, che

ci introdurrà il tema, ripercorrendo l’iter legislativo che ci

ha portato, dopo molti anni di pionierismo, ad un asset-

to più definito delle attività di informazione e comunica-

zione delle Pubbliche Amministrazioni, assetto che ora è

in corso di implementazione.

Seguirà Sharon Dawes che, come direttore del Cen-

ter for Technology in Government, ha avuto un ruolo de-

terminante nell’attuazione di varie riforme della Pubblica

Amministrazione negli Stati Uniti. L’ascolto è stato il pun-

to di partenza e il punto di arrivo di tutti i progetti che ha

realizzato: la famosa espressione putting customer first,

mettere il cliente in primo piano, è lo slogan che ha ca-

ratterizzato la riforma portata a compimento sotto la di-

rezione della signora Dawes.

Poi abbiamo invitato Joanna David, dirigente del

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A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

Consiglio di Camden, un quartiere popolare di Londra,

che ha avuto un ruolo rilevante nella realizzazione di

una delle attività pilota promosse dal Ministero per lo

sviluppo, i trasporti e le regioni, in collaborazione con le

Amministrazioni locali. Nel 1998 il Best value pilot pro-

gram sperimenta l’applicazione di principi di eccellenza

anche attraverso l’utilizzo ricorrente di panel di cittadini.

Nel 1999 la Direzione Generale dell’Amministrazione

olandese delle Finanze ha realizzato un programma de-

nominato “Esame delle tendenze ambientali che posso-

no influenzare le strategie dell’Amministrazione” basato,

tra l’altro, su incontri con gruppi rappresentativi dei con-

tribuenti. Pensate che bello se in Italia qualche contri-

buente fosse chiamato direttamente a sperimentare

nuovi modi di rapporto con l’Amministrazione delle fi-

nanze. Delle tecniche utilizzate, dei risultati conseguiti in

questo settore ci parlerà Robert Cornax.

Alle voci internazionali si collegherà Bruno Coppola,

consulente di Butera and Partners, che proporrà una ras-

segna di ulteriori esperienze internazionali in tema di

percorsi di semplificazione amministrativa e ripensa-

mento organizzativo, casi di e-government e di centri di

ascolto. Poi ci sarà un’analisi comparata di casi di ascol-

to, questa volta riferiti ad iniziative realizzate dalla Regio-

ne Emilia-Romagna, che verranno proposte da Patrizia

Comi.

La mattinata terminerà con una tavola rotonda cui

parteciperanno i professori Sebastiano Bagnara, Federico

Butera e Roberto Grandi, cui è stato chiesto di portare

alcune riflessioni sulla base della loro consolidata espe-

rienza di studiosi nel campo della comunicazione.

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S t e f a n o S t e f a n i n i

Scenari e obiettivi

L’ascolto e la comunicazione, fattori di innovazione nella Pubblica Amministrazione

di Stefano Stefanini

In Italia si sta sviluppando un processo di riforma del-

la Pubblica Amministrazione. Convenzionalmente il mo-

mento di avvio del processo è individuabile nel 1990,

anno di approvazione della legge 142 sulle autonomie

locali e della legge 241 sulle innovazioni in materia di

procedimenti amministrativi.

Naturalmente si tratta di una data puramente indica-

tiva, non esiste infatti un evento che permetta di separa-

re con nettezza una fase storica da un’altra.

Certo è, tuttavia, che prima del 1990 gli impulsi innova-

tivi avevano assunto al più la forma di lunghi e tortuosi di-

battiti di ingegneria istituzionale o di annunci non seguiti

da azioni concrete o di provvedimenti parziali ed episodici.

Gli elementi distintivi che hanno caratterizzato gli an-

ni ’90 sono stati la continuità e la coerenza nei compor-

tamenti normativi e gestionali dei parlamenti e dei go-

verni che si sono succeduti a favore di un vero rinnova-

mento del comparto.

La legge 142 ha concluso una fase di ridisegno di

norme che risalivano, almeno in parte, all’inizio del seco-

lo, intervenendo sull’ordinamento delle autonomie locali

e sancendo il diritto di accesso dei cittadini alle informa-

zioni e ai procedimenti amministrativi. Comuni e Provin-

ce, all’interno del proprio statuto, dovevano disciplinare

le forme e i modi della partecipazione e dell’accesso.

La legge 241 ha ripreso ed esteso il principio della

trasparenza amministrativa, riferendolo alla totalità delle

Amministrazioni pubbliche e dettagliandola con precise

indicazioni sulla partecipazione al procedimento ammi-

nistrativo e sull’accesso ai documenti.

La legge 241 ha rovesciato la pratica connessa alla

cultura giuridico-formale che aveva nutrito la nostra

Pubblica Amministrazione, passando dal principio del

tutto è segreto, tranne alcune eccezioni peraltro discre-

zionali, al tutto è pubblico con la sola esclusione di al-

cune informazioni a tutela di interessi precisamente

identificati.

Il dovere della pubblicità, peraltro, si concretizza in

un obbligo a comunicare e dunque in un sostanziale di-

ritto all’informazione a beneficio dei cittadini.

Il decreto legislativo 29 del 1993 prevede l’obbligo

per tutte le Amministrazioni pubbliche di istituire una

struttura organizzativa, l’URP, con il compito esclusivo di

attivare iniziative di relazione e comunicazione per dare

corpo al principio della trasparenza.

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L’ambito della comunicazione si articola ulterior-

mente: non solo la comunicazione esterna in termini

bidirezionali con gli utenti, ma anche la comunicazione

che si realizza tra le diverse istituzioni e quella che si

determina tra uffici all’interno della stessa Amministra-

zione.

Si vuole introdurre nel settore pubblico una sorta di

orientamento al marketing in base al quale la produzio-

ne e l’erogazione dei servizi sono definite in base ai bi-

sogni da soddisfare. Il fine dell’attività amministrativa

non è il rispetto formale delle norme fine a se stesso ma

azioni che, appunto nel rispetto delle norme, soddisfino

i bisogni manifestati dalla comunità.

Coerenti con i contenuti della legge 241/90 e del

D.Lvo 29/93 risultano altri provvedimenti volti ad allar-

gare gli ambiti di intervento della comunicazione pub-

blica. È il caso della Direttiva del Presidente del Consi-

glio dei Ministri 27 gennaio 1994 che introduce una se-

rie di novità in tema di principi e strumenti per miglio-

rare la qualità dei servizi pubblici e tutelare gli utenti

degli stessi. Si prevede tra l’altro, l’adozione di una

“Carta dei servizi” e cioè di una sorta di accordo tra

produttori ed utenti, relativo all’informazione, agli stan-

dard di qualità, ai meccanismi di partecipazione e di

tutela degli utenti.

Tra le iniziative di rilievo in questi anni va ricordato il

codice di stile redatto come guida alla revisione e sem-

plificazione dei testi amministrativi e il manuale di stile

che ha pubblicato una serie di regole e di linee guida

per migliorare l'efficacia dei documenti con riferimento

alla organizzazione dei testi, alla sintassi e alla termino-

logia utilizzata, ai requisiti grafici e tipografici.

La seconda metà degli anni ’90 è caratterizzata dalla

approvazione delle quattro leggi Bassanini.

L’obiettivo di questo cospicuo corpo normativo è

quello di riformare la Pubblica Amministrazione attraver-

so la semplificazione delle leggi, delle norme, dei proce-

dimenti amministrativi; l’attuazione del decentramento

amministrativo sulla base del principio della sussidiarie-

tà; lo sviluppo dell’informatizzazione e la diffusione della

telematica; nuove regole per la dirigenza e il lavoro pub-

blico.

La legge 59/97 si ripropone una razionalizzazione

della struttura amministrativa attraverso una redistribu-

zione di competenze caratterizzata dal rispetto del prin-

cipio della sussidiarietà e cioè dal trasferimento o dalla

delega delle competenze su una determinata materia al-

l’ente più vicino al cittadino.

Con la legge 127/97 si riprende e si applica su larga

scala il principio dell’autocertificazione e si adottano

ulteriori misure per semplificare altre pratiche burocra-

tiche.

Si cerca inoltre di velocizzare i tempi della Pubblica

Amministrazione rendendo più rapidi i processi decisio-

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nali ed eliminando alcune forme di controllo di una Am-

ministrazione su un’altra, assolutamente inutili o non

adeguate a perseguire concretamente le finalità per le

quali sono state introdotte.

Le ultime due leggi, la 191/98 e la 50/99, contengo-

no modifiche e integrazioni necessarie per una compiuta

realizzazione degli obiettivi fissati dalle leggi precedenti

e nuove disposizioni per la delegificazione di norme re-

lative a procedimenti e per la formazione degli operatori

pubblici.

Infine, nel giugno 2000, viene approvata la legge 150

“Disciplina delle attività di informazione e di comunica-

zione delle pubbliche amministrazioni”; vengono ricono-

sciute e definite attività caratteristiche dell’informazione

e della comunicazione; vengono identificati e in taluni

casi ribaditi i ruoli delle strutture e delle figure professio-

nali addette: gli Uffici per le Relazioni con il Pubblico,

l’Ufficio stampa, il Portavoce. Vengono infine individuati

criteri per l’accesso alle professioni e per l’aggiornamen-

to degli operatori già impiegati.

Ci si interroga sugli effetti concretamente determinati

dal processo di riforma. Certamente modificazioni si so-

no prodotte, ma non in misura tale da concludere che si

è ora in presenza di una Pubblica Amministrazione ac-

cessibile, trasparente, partecipata, semplificata, efficien-

te, efficace, economica.

I processi di questa natura sono lunghi nella gesta-

zione, nello sviluppo, nel conseguimento di risultati

concreti.

Il processo stratifica gli elementi di novità introdotti

dalla riforma sulle preesistenze consolidate, realizzando

una compresenza di vecchio e di nuovo e una catena di

azioni e di reazioni che talvolta porta ad un rigetto, tal-

volta alla coesistenza permanente dei due modi d’essere

e solo in alcuni casi alla rimozione drastica delle antiche

concrezioni burocratiche.

Una mappa dei cambiamenti del tessuto amministra-

tivo, peraltro difficilmente ricostruibile nel dettaglio, evi-

denzierebbe differenze tra zona e zona del Paese, tra

Amministrazione ed Amministrazione e, all’interno dello

stesso Ente, tra ufficio e ufficio.

In generale si può dire comunque che l’innovazione

sta trasferendosi dalle norme agli uffici, che sta emer-

gendo una nuova generazione di operatori che il Diparti-

mento della Funzione Pubblica ha definito tout-court

“innovatori”.

I progetti finalizzati del Dipartimento, che hanno af-

fiancato e agevolato la fase applicativa del nuovo quadro

normativo e una miriade di iniziative locali e/o settoriali,

indotte oppure no dai progetti, hanno propiziato un cli-

ma favorevole al cambiamento.

Si tratta ora, e di questo si è parlato a lungo nel mag-

gio scorso all’ultima edizione del FORUM della P.A., di

“mettere in rete gli innovatori”.

S t e f a n o S t e f a n i n i

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Il “popolo degli innovatori” è costituito da soggetti

caratterizzati da percorsi culturali e professionali eteroge-

nei, da una notevole dispersione all’interno delle Ammi-

nistrazioni e quindi da una difficoltà a venire in contatto,

riconoscersi e condividere esperienze, da tipologie pro-

fessionali – si pensi al caso dei comunicatori pubblici –

ancora in fase di definizione.

La possibilità di trasformare questi singoli in una co-

munità esiste.

Si tratta ora di continuare ad offrire luoghi ed occa-

sioni per valorizzare e fare interagire le risorse umane

presenti nelle comunità di pratica, nei team di progetto,

nei network più o meno formali esistenti.

Ci sono altri soggetti che possono condizionare il

processo di riforma. Si tratta degli amministratori pubbli-

ci, non parliamo dei massimi decisori politici che in buo-

na misura coincidono con il legislatore nazionale. Questi

ultimi, magari partendo da motivazioni ed obiettivi poli-

tici opposti, concordano comunque sulla opportunità di

dotare il Paese di una Pubblica Amministrazione snella

ed efficiente.

Parliamo dei tanti amministratori pubblici locali chia-

mati a tradurre nel proprio Ente, giorno dopo giorno,

principi e modalità della riforma.

Va notato che le norme prima elencate e in particola-

re il D.Lvo 29/93 e il D.Lvo 80/98, hanno sancito, pro-

prio come uno degli elementi qualificanti del cambia-

mento, la separazione tra funzioni di indirizzo e di con-

trollo riservate agli amministratori pubblici e funzioni ge-

stionali riservate agli operatori pubblici, in primo luogo

ai dirigenti.

In realtà più che di separazione è opportuno parlare

di distinzione tra il ruolo della politica e il ruolo della

amministrazione, laddove in precedenza esisteva un uni-

co indistinto soggetto identificato come “governo”.

Si tratta ora di capire in che termini e in che misura il

ruolo di indirizzo viene utilizzato in logica di servizio, in

sintonia dunque con i principi e i valori ispiratori della ri-

forma.

Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad alme-

no due tipologie di comportamento. Da un lato quella

di chi, in virtù del mandato ricevuto dagli elettori, ritie-

ne di poter interpretare e rappresentare sempre e co-

munque il pensiero degli amministrati, o almeno di

quella parte che ritiene affine sul piano dell’orienta-

mento politico e quella di chi, al contrario, ritiene co-

munque indispensabile stimolare il più possibile occa-

sioni e strumenti di ascolto attraverso i quali verificare

progettazione e risultati delle politiche che vengono

messe in campo.

A prescindere da questa categorizzazione, senz’altro

grossolana, c’è comunque un punto che tende curiosa-

mente ad accomunare l’insieme degli amministratori

pubblici: quello di indicare nel mancato ascolto dei citta-

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dini, degli utenti, degli elettori, la ragione di fondo degli

insuccessi, salvo poi alla successiva occasione dimentica-

re l’analisi fatta precedentemente e i conseguenti buoni

propositi.

Il nuovo ruolo che le Pubbliche Amministrazioni stan-

no acquisendo promuove forme di azione collettiva che

stanno in qualche modo sostituendosi a quelle toccate

dalla crisi delle ideologie e delle organizzazioni partiti-

che. Le richieste di tutela d’intervento e di gestione delle

questioni amministrative, sono andate trasformandosi

da atti di pura protesta a occasioni di relazione tra citta-

dini e Amministrazione. Siamo ancora agli inizi. Siamo

ancora lontani da quel modello di “amministrazione

condivisa” che Gregorio Arena ha ipotizzato, basato sulla

collaborazione tra i due soggetti nella prospettiva di ri-

solvere problemi di interesse generale.

Il modello ipotizza una “condivisione” in grado di va-

lorizzare opinioni ed esperienze dei cittadini, integrando-

le con le risorse professionali, organizzative, finanziarie

dell’Amministrazione e assegna alla comunicazione la

funzione di interfaccia.

La società si articola sempre di più, la gamma dei bi-

sogni e degli interessi si amplia e si diversifica, i servizi

standardizzati trovano via via limitazioni più forti nella

soddisfazione delle esigenze. Questo fenomeno moltipli-

ca i soggetti con cui la Pubblica Amministrazione deve

stabilire una relazione, nonché le forme e gli strumenti

attraverso cui le relazioni si sviluppano.

L’innovazione tecnologica e le sue applicazioni, pur

non rappresentando – come taluno ha ritenuto – la so-

luzione taumaturgica per tutti i problemi, offrono stru-

menti che possono rappresentare, in presenza di tutti gli

altri presupposti, un valido aiuto per far fronte all’accre-

sciuta complessità.

Resta comunque un interrogativo di fondo: sono i cit-

tadini pienamente consapevoli dei propri diritti e riesco-

no ad esercitare sugli altri soggetti, amministratori ed

operatori pubblici, la pressione necessaria ad innescare

un meccanismo virtuoso per avvicinare appunto, se, non

il modello della “amministrazione condivisa”, almeno un

modello di “amministrazione dialogante”?

Temo che questo ancora non sia. Possiamo definire

diritti di cittadinanza quelli che consentono di partecipa-

re in modo consapevole e informato alle decisioni pub-

bliche.

Esiste una quota ampia di cittadini scettici presso i

quali la diffidenza alimentata nel corso del tempo dalla

voluta opacità delle istituzioni, dalla impenetrabilità della

burocrazia, dalla artificiosa complessità delle relazioni, fa

premio sulla percezione dei cambiamenti in atto. Costo-

ro non ritengono esercitabili i diritti di cittadinanza o co-

munque tendono a delegarli ad altri.

Esiste inoltre un’altra quota di cittadini non ostili, ma

disinformati, che hanno una percezione confusa dell’esi-

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stenza dei diritti di cittadinanza e della possibilità di farli

valere.

Infine, esiste una minoranza di cittadini che singolar-

mente o collettivamente interagisce con la Pubblica Am-

ministrazione, contribuendo in vario modo e ai vari livelli

alla formazione delle decisioni.

Come spostare quote significative di cittadini dalle

prime due categorie alla terza?

Roberto Grandi identifica un diritto all’informazione,

e cioè il diritto di informare, di informarsi e di essere in-

formato, come pre-condizione per l’esercizio pieno del

diritto di cittadinanza.

Ancora una volta si evidenzia il ruolo strategico della

comunicazione pubblica nel processo di riforma della

Pubblica Amministrazione.

Abbiamo detto che l’ambiente esterno alle Ammini-

strazioni si va sempre più differenziando ed articolando,

potremmo aggiungere che le maggiori diversità produ-

cono gradi di incertezza e di conflittualità più elevati e

che tali incertezze e conflittualità devono essere ricono-

sciute e governate.

La riforma comporta che le istituzioni pubbliche si

aprano e adeguino la propria organizzazione all’ascolto

di ciò che l’ambiente in cui agiscono loro propone.

L’ascolto diviene dunque un obiettivo di lunga lena,

un fattore strategico da perseguire con strumenti nuovi,

in grado di fornire “narrazioni calde” per integrare e ren-

dere più significative ed efficaci le informazioni ricavate

dalle indagini quantitative o dai “dati freddi” delle rileva-

zioni statistiche.

D’altro canto, se è auspicabile che l’ascolto penetri

profondamente nella consuetudine operativa, è altret-

tanto vero che occorre evitare il ricorso a forme di ascol-

to “generalgeneriche” e standardizzate che privano di

qualsiasi interesse gli esiti di queste attività.

La scelta degli obiettivi che si intendono persegui-

re, l’accuratezza nelle preliminari analisi di contesto, le

opzioni nei confronti degli strumenti da usare, le fasi

dell’iter progettuale in cui collocare le iniziative di

ascolto rappresentano tutte decisioni che richiedono

sensibilità, cognizione delle specificità, competenze

tecniche.

Gli Uffici per le Relazioni con il Pubblico, inizialmente

previsti come strumenti facoltativi per agevolare il diritto

di accesso, sono diventati con il D.L.vo 29/93 obbligatori

ed hanno ampliato la gamma delle attività tipiche.

Con la direttiva del Presidente del Consiglio dei Mini-

stri dell’11 ottobre 1994 si indica che la direzione che

caratterizza lo scambio tra URP e ambiente è duplice e,

dunque, che si trasmettono informazioni all’esterno ma

anche si indirizzano verso l’interno dell’Amministrazione

informazioni acquisite al di fuori di essa.

Nel corso della seconda metà degli anni ’90 gli Uffici

per le Relazioni con il Pubblico sono stati ignorati dal le-

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gislatore che ha preferito promuovere altri strumenti at-

tuativi della riforma.

Il rilancio è avvenuto nel 2000 con la L. 150 che ha

ridefinito la mission.

Nonostante la lunga eclissi normativa il processo co-

stitutivo degli URP non si è mai arrestato. Due giorni or-

sono a COM-P.A. abbiamo presentato insieme al Diparti-

mento della Funzione Pubblica, di cui siamo partner nel

progetto “URP degli URP”, gli esiti di una indagine cono-

scitiva che ha stabilito che a scala nazionale tra, il 1996

e il 2001, il numero degli URP è quasi quadruplicato e

che poco meno del 60% di questi ha predisposto stru-

menti per valutare i servizi erogati o per verificarne il gra-

dimento presso gli utenti.

Il vero salto di qualità che occorre fare ora è che non

sia un solo ufficio a realizzare attività di ascolto, ma che

tale pratica si diffonda attraverso iniziative di comunica-

zione all’intera struttura, magari affidando all’URP il ruo-

lo di promozione e sensibilizzazione.

È quello che si ritiene di fare nella Regione Emilia-

Romagna. Da un lato, noi dobbiamo conoscere e appro-

fondire i casi e le esperienze di ascolto realizzate nel

mondo ed in particolare nei Paesi che si ispirano alla tra-

dizione amministrativa anglosassone, verificandone le

concrete possibilità applicative nella nostra realtà. Dal-

l’altro, dobbiamo riconoscere e valorizzare le tante e di-

verse esperienze che la nostra Amministrazione ha rea-

lizzato, contribuendo a creare le condizioni affinché le

attività di ascolto divengano parte intrinseca degli inter-

venti della Regione.

L’idea è quella di realizzare una rete di punti di ascol-

to in parte interna, in parte esterna alla Amministrazio-

ne. Non pensiamo a promuovere degli interlocutori fissi

e immutabili da chiamare meccanicamente in causa su

ogni questione. Sappiamo che questa è la strada più

breve per istituzionalizzare e dunque burocratizzare l’a-

scolto, riducendo ben presto degli strumenti di relazione

a strumenti di autoreferenza. Pensiamo di promuovere

una rete di interlocutori costituita da soggetti di varia na-

tura: operatori interni, cittadini, comitati, associazioni, or-

ganizzazioni, istituzioni.

Ogni nodo della rete viene chiamato, o chiama, in

causa in quanto è competente su uno o più temi, su

uno o più ambiti territoriali.

La rete è ad un tempo organizzativa, e dunque carat-

terizzata da procedure e modalità di comunicazione

snelle ma definite, e telematica in quanto la tecnologia

agevola la partecipazione integrata dei diversi punti di

ascolto alle decisioni.

La pluriennale attività nel nostro Ufficio per le Rela-

zioni con il Pubblico, che ha registrato oltre 85 mila con-

tatti diretti e quasi 350 mila contatti telematici, l’articola-

zione di punti informativi della Regione nelle maggiori

città dell’Emilia-Romagna, che a fine anno raggiungerà le

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14 unità, la rete degli URP e la comunità di pratica che

dal 1997 abbiamo promosso e sosteniamo presso 211

Uffici per le Relazioni con il Pubblico attivi nelle varie

Amministrazioni decentrate dello Stato e locali, costitui-

scono validi ancoraggi a cui collegare il progetto.

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

Ringraziamo il dottor Stefanini che ci ha contestualizzato il tema di questa mattina e poi ci ha anche dato un’idea di quali sono le

tendenze verso cui si muove il Servizio da lui diretto: l’Urp, l’Ufficio per le Relazioni con il Pubblico.

Adesso passiamo alla parte internazionale della mattinata. Ascolteremo in sequenza i tre ospiti che abbiamo invitato, cercando di

imparare da loro: ci hanno preparato delle relazioni eccellenti. Purtroppo devo avvisarli che hanno a disposizione solo trenta mi-

nuti, speriamo che bastino per convogliarci tutta l’esperienza di cui sono stati protagonisti.

Vera Negri Zamagni

Page 18: I cittadini al centro - Roberto Toppoli · attività come fattore strategico di cambiamento? A questo tema la Regione Emilia-Romagna ha dedi- ... consulente di Butera and Partners,

17•

S h a r o n D a w e s

Testimonianze

L’ascolto come leva del cambiamento nell’esperienza USA“The National Partnership forReinventing Government: putting customer first”

di Sharon Dawes

Permettetemi di iniziare rivolgendovi un ringrazia-

mento personale. Come probabilmente sapete milioni

di americani, me compresa, sono italo-americani e ap-

prezziamo molto la vostra manifestazione di interessa-

mento e di amicizia nei nostri confronti; quindi, molte

grazie.

Questa mattina vi parlerò di una riforma governativa

a lunghissimo termine negli Stati Uniti, denominata The

National Partnership for Reinventing Government (As-

sociazione Nazionale per Reinventare il Governo). È sta-

ta in vigore per dieci anni e questo l’ha resa l’impegno

di riforma più lungo nella storia del nostro paese e, seb-

bene non sia più in vigore come programma formale,

molte delle iniziative sorte nell’ambito della National

Performance Review (NPR), continuano ad essere ope-

rative con la nuova amministrazione.

La National Performance Review (Revisione dell’Ef-

ficienza Nazionale), fu istituita nel 1993, all’inizio del-

l’amministrazione Clinton, allo scopo di realizzare un

governo che “lavori meglio e costi meno”; qualcosa che

tutti gli americani, tutti i cittadini in tutto il mondo, vo-

gliono.

I suoi primi obiettivi erano quelli di dare un taglio

alla burocrazia, ridurre il burocratismo, sveltire l’ammi-

nistrazione, ridurne le dimensioni e dare più autorità

ai livelli inferiori del governo, agli Stati e alle municipa-

lità.

Un secondo scopo, quello che è diventato più famo-

so, era quello di reinventare il governo e aggiungemmo

l’idea che volevamo un governo che “lavorasse meglio e

costasse meno”, l’idea che avremmo lavorato per andare

verso un governo che “raggiungesse i risultati che gli

americani volevano”.

Questo si sviluppò in una filosofia che cominciammo

a chiamare Customers First (I Clienti innanzi tutto) e si

articolava in diverse parti.

La prima e più importante consisteva nel dare voce ai

clienti stessi per trovare i modi in cui le persone che uti-

lizzano e traggono vantaggio dai servizi governativi ab-

biano l’opportunità di esprimere le proprie opinioni sulla

qualità dei servizi che ricevono.

Una seconda spinta consisteva nell’apprendere dalle

esperienze del settore privato cioè essere in grado di

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18•

esaminare le aziende che stavano fornendo servizi di

qualità ottimale e imparare da esse.

La terza consisteva nel riconoscere che le persone

che lavorano nell’amministrazione, che sono più vicine

ai clienti, che lavorano a contatto con il pubblico e che

forniscono effettivamente i servizi avrebbero avuto molto

da dire, avrebbero potuto dare un notevole contributo

per capire di cosa hanno bisogno e cosa vogliono i clien-

ti e fornire programmi rispondenti.

Questa idea del Customers First, della reinvenzione,

non emerse come una semplice idea politica. Corrispon-

deva realmente ad un problema di vecchia data negli

Stati Uniti: una grande insoddisfazione del pubblico ri-

guardo al modo di operare dell’amministrazione e una

fiducia decrescente nei suoi confronti. Per anni i sondag-

gi di opinione pubblica avevano indicato che soltanto

una minoranza di americani era sicura che l’amministra-

zione stesse spendendo bene il loro denaro, fornendo i

servizi di cui avevano bisogno e soltanto una minoranza

era soddisfatta dell’operato delle agenzie governative. Il

Congresso riconobbe che lo spreco e l’inefficienza nelle

operazioni governative rendevano il problema più grave

e riducevano la capacità dell’amministrazione di occu-

parsi dei bisogni dei cittadini. Tutti riconobbero che il

modo tradizionale di lavorare nell’amministrazione, i no-

stri tradizionali metodi burocratici, non facevano altro

che aggravare il problema. Non aiutavano a risolverlo.

Il riconoscimento politico di questi problemi portò

ad una struttura normativa che costituisce il sostegno

della NPR. Per prima cosa fu emanata una legge, il Go-

vernment Performance and Results Act (Legge sull’Effi-

cienza e i Risultati del Governo) – sapete, gli americani

inventano tutti i più brutti acronimi possibili e immagi-

nabili, noi chiamiamo questa legge GPRA – che fu con-

cepito per migliorare l’efficienza del programma e la re-

sponsabilità pubblica, incentrandosi sui risultati dei pro-

grammi del governo. Non sul processo, bensì sui risulta-

ti. Nell’ambito del ramo esecutivo, il Presidente Clinton

emanò un decreto riguardante i livelli qualitativi dei ser-

vizi ai clienti, che prescriveva che tutte le agenzie del go-

verno federale:

• identificassero i propri clienti;

• chiedessero loro cosa volevano;

• rendessero di pubblico dominio gli standard per cui

avrebbero lavorato al fine di fornire un servizio migliore;

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

❏ permettere ai clienti di esprimere la propriaopinione

❏ imparare dalle aziende migliori del settore pri-vato

❏ fornire ai dipendenti federali gli strumenti ne-cessari e la facoltà di avviare le azioni di mi-glioramento

La filosofia “Customer first”

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19•

• si confrontassero con il migliore del settore privato;

• chiedessero ai dipendenti a contatto con il pubblico

di esprimere le loro idee migliori, e di identificare gli

ostacoli alla realizzazione delle medesime;

• permettessero ai clienti di scegliere il modo in cui

avrebbero interagito con l’amministrazione, alcuni prefe-

riscono interagire di persona, altri al telefono, altri me-

diante la tecnologia;

• rendessero disponibili informazioni sulle operazioni,

le strutture e i servizi governativi;

• rendessero semplice per i clienti sporgere reclamo

e imparassero ad affrontare i reclami dei clienti in modo

positivo.

Il Governo Federale degli Stati Uniti comprende un

gran numero di organizzazioni, tuttavia solo una piccola

parte di queste è responsabile del maggior numero di

contatti con i cittadini. Vi sono 32 agenzie che furono

denominate agenzie a forte impatto. Queste 32 agenzie

occupano la maggior parte della forza lavoro federale e

hanno la maggior parte dei contatti con il popolo ameri-

cano. In queste agenzie, il confronto divenne un ele-

mento importantissimo della NPR.

Gli studi comparativi furono condotti come associa-

zioni pubblico-private. Ciascuna associazione coinvol-

geva da 6 a 10 agenzie federali e circa lo stesso nume-

ro di organizzazioni del settore privato riconosciute co-

me altamente efficienti in aree particolari. Gli studi

comparativi riguardarono un servizio a sportello unico,

la gestione dei reclami, la cortesia nel trattare i clienti,

la fornitura di servizi al telefono, il ridimensionamento,

la misurazione del rendimento, la pianificazione strate-

gica, l’uso di un linguaggio chiaro, vale a dire come co-

municare in un modo che i comuni cittadini compren-

dono. I criteri di confronto furono presi da un famoso

programma statunitense di assegnazione di un premio

denominato Malcolm Baldridge Quality Award, che

identifica le organizzazioni del settore privato più effi-

cienti e con il più elevato livello di qualità negli Stati

Uniti.

Come potete vedere, questi criteri riguardano un

campo molto più vasto del servizio ai clienti, riguardano

il ripensare in modo esauriente il modo di operare delle

organizzazioni. I criteri prendevano in considerazione

elementi quali la leadership; il modo in cui le organizza-

zioni utilizzano e analizzano le informazioni; il modo in

cui effettuano la pianificazione; il modo in cui addestra-

no, compensano e premiano il loro personale; il modo

in cui gestiscono i processi; il tipo di risultati che otten-

gono; il grado di soddisfazione dei loro clienti; e quanto

esse sono soddisfatte dei risultati.

Gli studi comparativi insegnarono alle agenzie fede-

rali parecchie cose, ma uno degli insegnamenti più im-

portanti, un insegnamento che fu importantissimo an-

che per la loro capacità di soddisfare i requisiti della leg-

S h a r o n D a w e s

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20•

ge GPRA, fu la loro capacità di definire gli standard di ef-

ficienza in termini di risultati, di misurare la propria effi-

cienza e darne conto pubblicamente.

La maggior parte delle agenzie federali si unì in un

impegno che andava avanti negli Stati Uniti da molti an-

ni, denominato American Customer Satisfaction Index

(Indice di Soddisfazione del Cliente Americano). Si tratta

di un’indagine condotta ogni anno da un ente che non

ha scopo di lucro. È stata applicata per lunghissimo tem-

po all’economia privata ed è in effetti uno degli indicato-

ri economici fondamentali utilizzati negli Stati Uniti.

Nel 1999, 30 agenzie federali hanno partecipato al-

l’indagine del Customer Satisfaction Index e in quell’an-

no i risultati sono stati quasi sorprendenti. Quasi il 69%

degli americani che avevano usufruito dei servizi di que-

ste agenzie si sono dichiarati soddisfatti, rispetto a circa

il 72% di coloro che si dichiaravano soddisfatti dei servizi

ricevuti da aziende private.

Nel 2000, 100 agenzie federali hanno preso parte al-

l’indagine e i risultati sono stati più o meno gli stessi, ma

in quell’anno abbiamo iniziato ad avere informazioni

sufficienti per esaminare le agenzie singolarmente e per

iniziare a metterle a confronto. Siamo stati in grado di

identificare agenzie altamente efficienti e agenzie con ef-

ficienza inferiore. L’efficienza maggiore è stata riscontrata

nel programma di istruzione della NASA (National Aero-

nautics and Space Association) posizionatasi all’86%,

molto più alta della media sia nel settore pubblico sia in

quello privato. L’efficienza più bassa, cosa che probabil-

mente non dovrebbe sorprendere nessuno, è stata regi-

strata per il procedimento di compilazione e consegna

della dichiarazione dei redditi: soltanto il 48%.

Ci fu un grande impegno anche nella misurazione

dell’efficienza in termini di grado di soddisfazione dei di-

pendenti. Come forse sapete, il Vice Presidente Al Gore

si interessò personalmente della direzione della Natio-

nal Partnership for Reinventing Government. Quando ne

parlava, non solo affermava “vogliamo un governo che

lavori meglio e costi meno e ottenga i risultati che gli

americani vogliono”, ma parlava anche dei problemi del-

le persone che lavorano nell’amministrazione e diceva

spesso che parte del nostro problema, una gran parte

del nostro problema, consiste nel fatto che abbiamo

“brave persone intrappolate in sistemi sbagliati”. Di con-

seguenza domandare ai dipendenti cosa rappresentava

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

American Customer Satisfaction Index– 1999: 68,6 contro 71,9 per il settore privato– 2000: 68,6 contro 71,2 per il settore privato

❏ elevata: NASA (86)❏ bassa: Dipartimento delle Imposte compilazio-

ne e presentazione dichiarazione dei redditi(48)

Valutazione dell’efficienza

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21•

un problema nelle loro agenzie in termini di struttura,

organizzazione, operazioni e regole diventò una parte

molto importante di questo impegno.

Nel 1999 e nel 2000 l’Ufficio per la Gestione del Per-

sonale (Office of Personnel Management), che è un’a-

genzia federale, ha condotto indagini sul grado di soddi-

sfazione dei dipendenti. Nel complesso il 60% circa dei

dipendenti del Governo Federale degli Stati Uniti ha di-

chiarato di essere in gran parte o molto soddisfatto del

proprio lavoro, all’incirca la stessa percentuale rilevata

nelle aziende americane. Tuttavia, si sono riscontrate

nuovamente differenze notevoli. 72% alla NASA che, co-

me ricordate, era anche una delle agenzie di servizi con

alto livello di efficienza. 52% nel Servizio delle Dogane.

Un dato molto importante è stato che l’84% dei dipen-

denti che lavoravano in agenzie che attribuivano alta

priorità alla reinvenzione erano soddisfatti del loro lavo-

ro, rispetto ad appena il 30% di quelli occupati nelle

agenzie in cui alla reinvenzione non veniva attribuita alta

priorità.

Vorrei presentarvi soltanto due storie brevissime ri-

guardanti due agenzie particolari per illustrarvi qualche

dettaglio riguardante il modo in cui agenzie diverse han-

no svolto il loro lavoro nell’ambito della NPR. La prima è

l’Amministrazione della Previdenza Sociale.

L’Amministrazione della Previdenza Sociale (Social

Security Administration) fornisce l’assicurazione per la

vecchiaia, la pensione e l’invalidità a tutti gli americani.

È finanziata mediante un fondo fiduciario il cui denaro

proviene da un’imposta sul ruolo paga. Il programma di

Previdenza Sociale fu creato nel New Deal durante la

presidenza di Roosevelt, negli anni Trenta. Gli americani

credono fortemente nell’importanza del programma di

Previdenza Sociale. Si aspettano che fornisca loro un

sostegno negli anni della pensione, se subiscono un in-

fortunio o se si ammalano e non possono lavorare. La

Previdenza Sociale partecipò agli studi comparativi sulla

cortesia, sul servizio a sportello unico, e sul servizio te-

lefonico. È un’agenzia che ha effettivamente una lunga

S h a r o n D a w e s

Indagine sul grado di soddisfazione del perso-nale effettuata dall’Ufficio Gestione del Perso-nale

– 1999: il 60% ha espresso soddisfazione genera-le, circa il medesimo dato rilevato nelle aziendeprivate❏ Elevata: 72% presso NASA, Agenzia per il Censi-

mento, EPA Ente per la Protezione dell’Ambiente❏ bassa: <52% Servizio delle Dogane, OSHA Ente per

la Sicurezza e la Salute sul lavoro❏ l’84% si è dichiarato soddisfatto nelle agenzie che

hanno dato priorità alla reinvenzione❏ il 31% si è dichiarato soddisfatto nelle altre agenzie

– 2000: Grado di soddisfazione generale 63%❏ 87% nelle agenzie che hanno attuato la reinvenzio-

ne, 37% nelle altre

Valutazione dell’efficienza

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22•

storia di buoni rapporti con i clienti e di efficienza ele-

vata. Tuttavia anche questa agenzia è stata in grado di

stabilire obiettivi di altissima efficienza e di lavorare in

tal senso. Negli anni precedenti all’utilizzazione del Cu-

stomer Satisfaction Index, si era posta l’obiettivo di ri-

spondere alla linea telefonica gratuita entro 24 ore dal-

la prima chiamata (un obiettivo non molto speciale).

Dopo che iniziò a partecipare a questo impegno, si pre-

fisse l’obiettivo di rispondere alle chiamate del numero

gratuito entro 5 minuti e ci è riuscita. Ha anche rag-

giunto l’obiettivo di registrare i redditi (sulla cui base

sono determinati gli assegni quando si va in pensione)

correttamente nel 99% dei casi e a fornire ogni anno, a

tutti i lavoratori americani al di sopra dei 25 anni di età,

una dichiarazione riguardante la registrazione dei loro

redditi. Attualmente sta lavorando ad altri, più difficili

processi. Uno di essi è quello di effettuare accertamenti

di idoneità per i pagamenti dell’assicurazione contro

l’invalidità. Ciò comporta il reperimento di un gran nu-

mero di informazioni da medici e da ospedali e un pro-

cesso di revisione assai lungo. Anche per le udienze si

impiega molto tempo e le persone spesso non concor-

dano con le decisioni prese dall’agenzia. Tuttavia, la

Previdenza Sociale sta facendo buoni progressi nella ri-

duzione del tempo che impiega a prendere quel tipo di

decisioni. Le sue valutazioni di efficienza in base al Cu-

stomer Satisfaction Index sono fra le più alte del gover-

no federale e sono anche fra le più alte di tutte le

aziende americane.

Il Dipartimento delle Imposte (International Reve-

nue Service) è un discorso un po’ diverso. Ha un pro-

blema molto serio riguardante la gestione della filoso-

fia customer first, e quel problema è, poiché si tratta

della nostra agenzia delle imposte, che nessuno vuole

realmente essere suo cliente. Questa agenzia è riuscita

ad amministrare molto bene il diritto tributario per la

riscossione delle imposte in modo equo e imparziale,

ma da molti anni è criticata per il suo modo di proce-

dere a causa della mancanza di trasparenza e di corte-

sia nei confronti dei contribuenti. Ha preso parte alla

NPR fin dall’inizio ma, in realtà, quello che ha fatto la

differenza maggiore, nel Dipartimento delle Imposte, è

stata una legge specifica denominata IRS Restructuring

and Reform Act, (Legge di Ristrutturazione e Riforma

del Dipartimento delle Imposte), approvata dal Con-

gresso nel 1998. La combinazione di un ambiente poli-

tico che sosteneva il cambiamento dell’atteggiamento

nei confronti dei clienti, e della legge che prescriveva

che l’agenzia modificasse molte delle sue operazioni

ha preparato il terreno per alcuni cambiamenti anche

in quell’agenzia. Ora, come ho rilevato in precedenza,

il Dipartimento delle Imposte ha la valutazione più

bassa dell’efficienza nel Customer Satisfaction Index

per quel che riguarda il modo tradizionale in cui gli

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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23•

americani devono compilare e consegnare la dichiara-

zione dei redditi, che per molti è un procedimento lun-

go, con molte carte da gestire, molto complicato e dif-

ficile da capire. Uno dei primi sforzi di miglioramento

del Dipartimento delle Imposte è stato quello di creare

un modo semplice di compilazione e consegna della

dichiarazione dei redditi, poiché la maggior parte dei

contribuenti americani ha fonti di reddito relativamen-

te semplici. Tali contribuenti, che sono il 25% circa del

totale, attualmente sono in grado di utilizzare un siste-

ma di presentazione per via elettronica. Questi contri-

buenti si sono dichiarati soddisfatti nel 74% dei casi ri-

spetto al 46% di quelli che hanno usato il sistema car-

taceo. Quindi, anche per un’agenzia che non aveva

una buona reputazione e che ha una mission che alla

gente non piace, sono stati possibili grandi migliora-

menti nell’efficienza e nella soddisfazione dei consu-

matori.

La Previdenza Sociale rappresenta in se stessa un

punto di riferimento per le agenzie federali e, in effetti,

le organizzazioni del settore privato considerano la Pre-

videnza Sociale un modello, ma anche agenzie come il

Dipartimento delle Imposte stanno compiendo grandi

progressi, anche se hanno un cammino molto più lun-

go da percorrere.

Permettetemi di concludere rilevando alcuni degli in-

segnamenti del programma NPR. Era un programma

molto ampio, a livello governativo; è durato come pro-

gramma formale di governo per tutta l’amministrazione

Clinton e sta continuando ancora oggi, anche senza la

formalità che aveva sotto quel presidente.

Il primo insegnamento è la pazienza. Ci vuole tem-

po per ottenere risultati come quelli che vi ho riferito.

Queste agenzie hanno lavorato per otto anni per otte-

nere i risultati comunicati nell’anno 2000. Ci vuole

tempo per una serie di motivi. Queste sono organizza-

zioni molto grandi: le organizzazioni grandi, pubbliche

o private che siano, non si muovono con rapidità. Sono

necessari molti cambiamenti nella struttura e nei pro-

cedimenti, e persino nelle organizzazioni in cui tutti so-

no zelanti, sono ben disposti, ci vuole un bel po’ di

tempo. Un altro motivo per cui i buoni risultati si sono

visti più tardi nel processo è che il resoconto pubblico

dei risultati è avvenuto più tardi. Il fatto di riferire al

pubblico americano la propria efficienza per le agenzie

federali ha costituito una forte motivazione che non sa-

rebbe esistita se il lavoro di valutazione fosse stato ef-

fettuato internamente. Il Customer Satisfaction Index,

che viene eseguito in modo indipendente e riferito

pubblicamente è stato un elemento importantissimo

per stimolare l’impegno e la buona volontà delle agen-

zie ad andare avanti.

Il secondo insegnamento è la sistematicità. Le revi-

sioni della NPR che sono state condotte giungono tutte

S h a r o n D a w e s

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24•

alla stessa conclusione: questo tipo di riforma e il tipo di

risultati che è stata in grado di ottenere non si sarebbero

potuti attuare se il ramo esecutivo avesse lavorato da so-

lo. Era necessario che il Congresso emanasse il Govern-

ment Performance and Results Act; era necessario che il

Presidente e il Vice Presidente esercitassero la loro lea-

dership personale; era necessario che i dirigenti delle

agenzie fossero pienamente impegnati nel processo; era

necessario che i dipendenti a contatto con il pubblico

fossero coinvolti e che fossero sollecitati ad esprimere le

loro idee e le loro opinioni; era necessario che i mecca-

nismi di resoconto e tutti i cambiamenti che si stavano

verificando negli approvvigionamenti e in altre aree col-

legate avvenissero ad un tempo. In breve, si è trattato di

una riforma dell’intero sistema.

Poi, non tutto quello che le persone avevano deciso

di fare ha generato i risultati auspicati. Per l’Amministra-

zione della Previdenza Sociale che, come ho detto, ave-

va ottimi risultati, si sono avute alcune conseguenze non

volute. Uno dei modi in cui ha ottenuto un livello di effi-

cienza così elevato nel servizio telefonico gratuito è stato

il trasferimento delle persone più esperte da altre fun-

zioni nei settori di servizio alle linee telefoniche. Ciò ha

portato a due risultati: è riuscita a raggiungere il suo

obiettivo di rispondere alle chiamate in cinque minuti

con persone che erano in grado di fornire il servizio che

la gente voleva, ma la conseguenza non calcolata è stata

che altri carichi di lavoro, a cui stavano lavorando quelle

persone molto esperte, sono aumentati e si sono verifi-

cati dei ritardi in altri settori dell’agenzia a cui si è dovuto

poi prestare attenzione.

L’ultima cosa, l’efficienza customer first: una filosofia

customer first non può avere successo se costituisce l’u-

nico punto centrale di una riforma. C’è stata anche

un’attenzione sulla riforma strutturale; c’è stata un’atten-

zione sulla riforma del servizio, sul modo in cui selezio-

niamo e ricompensiamo le persone; c’è stata un’atten-

zione sulla riforma degli approvvigionamenti, cosicché

potevamo acquistare ciò di cui avevamo bisogno in un

modo che ci avrebbe consentito di fornire i servizi più

rapidamente e con una qualità migliore.

In complesso la National Performance Review, la Na-

tional Partnership for Reinventing Government, hanno

avuto grandi conseguenze non solo sul modo in cui il

governo federale opera, la filosofia e i principi della NPR

hanno pervaso anche le amministrazioni statali. Gli Stati

hanno lavorato su progetti simili e molti di essi hanno

provocato un impatto a livello statale e anche nelle am-

ministrazioni locali più ampie. L’idea della reinvenzione,

con l’interesse puntato sul customer first e sull’importan-

za dei dipendenti a contatto con il pubblico, è diventata

un elemento molto più naturale del modo di intendere

la pubblica amministrazione e la gestione pubblica negli

Stati Uniti.

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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Ritengo che questa sia una riforma che avrà effetti di

lunga durata, ben oltre il periodo in cui è stata il punto

centrale di una particolare amministrazione presidenzia-

le e ritengo che abbiamo imparato moltissimo riguardo

a come procedere e a come non procedere e sono mol-

to lieta di condividerlo con voi oggi.

S h a r o n D a w e s

Tutti quanti avranno apprezzato questa presentazione che è sicuramente un modello: c’erano tantissime cose da dire e la signora

Dawes è riuscita a farlo in un tempo davvero proprio breve. È notevole questo perché spesso, purtroppo, in Italia c’è un overflow

di parole che non finiscono mai nel tentativo – vano – di voler dire tutto.

C’è una sola cosa che voglio sottolineare delle tante bellissime cose che ho sentito ed è questa: “We have good people trapped in

bad systems”. Ce ne abbiamo tantissime anche noi di persone buonissime, bravissime, intelligentissime inserite in sistemi che, sic-

come non funzionano, rendono vana anche la buona volontà, la capacità e la professionalità di quelle persone. Voi tutti sapete

che gli americani quando una cosa non funziona cercano di cambiarla, semplicemente perché non funziona e non per altri motivi

e non ci fanno della filosofia sopra, ma “set about”, si mettono a cambiarla, e invece per noi no, non è così. Una cosa che non

funziona, per i più svariati motivi, ce la teniamo per tempi lunghissimi e allora rendiamo vana la grande capacità di lavoro e di

creatività delle nostre persone. Parlavo in generale dell’Italia, mentre noi siamo fortunati in Emilia-Romagna perché siamo spesso

i primi sulla strada dell’innovazione.

Dalla relazione della signora Dawes abbiamo ricavato delle idee, degli obiettivi da raggiungere; per esempio la pubblicizzazione

dei risultati fatta da una società autonoma, indipendente, che lo faceva per i privati e, piano piano, anche per le Federal Agencies

americane, che sono inserite in questo meccanismo competitivo, il solito meccanismo competitivo che muove i sistemi. Abbiamo

poi imparato che si possono ottenere grandi miglioramenti, come è avvenuto per la Social Security Administration: prima rispon-

devano in 24 ore ad una domanda poi ci sono voluti solo 5 minuti, è stata una bella differenza: mi piacerebbe sapere come ci so-

no riusciti, ma almeno sapere che si può fare è importante.

Passo la parola ora a Joanna David che ci parlerà dell’ascolto dei cittadini e dei programmi di sviluppo urbano e metropolitano

nel Regno Unito.

Vera Negri Zamagni

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27•

J o a n n a D a v i d

L’ascolto dei cittadini e i programmi disviluppo urbano e metropolitano nelRegno Unito

di Joanna David

Buongiorno, benvenuti e molte grazie per avermi in-

vitato a venire qui oggi.

Lavoro, come vi hanno già detto, per un grande ente

di Londra e oggi vi parlerò di un nuovo sistema denomi-

nato Best Value e, in particolare, tenterò di concentrarmi

su alcune delle nostre esperienze di colloquio con i citta-

dini e di coinvolgimento dei medesimi nei servizi di cui

usufruiscono, sul tipo di servizi che vogliono e che ne-

cessitano dall’amministrazione locale.

Non vi sorprenderà sapere, ne sono sicura, che ci so-

no molte analogie fra alcune delle cose che si stanno ve-

rificando in Gran Bretagna e alcune delle cose che vi so-

no state descritte questa mattina sull’America. Sicura-

mente più analogie di quelle di cui ero a conoscenza io.

Devo confessare che avevo pensato che fossero stati i

nostri politici ad inventare questi sistemi, ovviamente per

molte delle loro idee hanno copiato dagli americani, ma

posso dirvi che, proprio come gli americani, ci poniamo

degli obiettivi per rispondere velocemente al telefono!

Best Value: cos’è e di che cosa tratta? Quando all’ini-

zio di quest’anno è stato riconfermato in carica per la se-

conda volta, il Governo Laburista ha posto la riforma e il

miglioramento dei servizi pubblici al primo posto nell’e-

lenco delle sue priorità. A questo proposito cito alcune

affermazioni del nostro Primo Ministro, fra cui “La nostra

missione è quella di apportare reali e duraturi migliora-

menti nei nostri servizi pubblici”, e “il nostro obiettivo, ri-

progettare i servizi pubblici intorno agli individui che li

utilizzano.”

In Gran Bretagna questa è un’evoluzione molto inte-

ressante. Era passato moltissimo tempo dall’ultima vol-

ta in cui un primo ministro era salito su un palco e ave-

va dichiarato che la riforma del servizio pubblico era l’o-

biettivo principale. Le persone impiegate nel settore

pubblico si sono svegliate, si sono guardate attorno e

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28•

hanno pensato: “abbiamo nelle nostre mani un compi-

to concreto da eseguire per questo governo”. Nell’am-

ministrazione locale c’è una nuova sensazione di rina-

scita, la sensazione che il governo centrale sia interessa-

to a quello che si sta facendo e che voglia lavorare in-

sieme con noi per migliorare i servizi pubblici rivolti alla

popolazione.

In Gran Bretagna le amministrazioni comunali, come

Camden dove io lavoro, forniscono una gamma di servizi

pubblici molto importanti. Sono responsabili delle scuo-

le, dei servizi per il tempo libero e l’ambiente (pulizia

delle strade, rifiuti e così via); gestiscono biblioteche,

parchi; forniscono alloggi sociali e assistenza agli anziani

in condizioni disagiate, a persone invalide e a persone

ammalate. Si tratta di un’ampia gamma di servizi, molti

dei quali si sovrappongono o sono collegati con i servizi

pubblici forniti dal governo centrale o altre agenzie o en-

ti pubblici. Il Governo centrale è assai consapevole del

fatto che vi è un intreccio di accordi che crea confusione

circa il modo in cui vengono forniti diversi servizi e mol-

to spesso le persone che necessitano di questi servizi

trovano assai difficile usufruirne.

In Inghilterra, se si trasloca occorre fare dozzine di te-

lefonate per iscriversi a tutti i servizi necessari: il medico,

il dentista, la biblioteca, il comune per pagare le imposte

locali, e così via. C’è l’opinione, che sono sicura la mag-

gior parte dei cittadini condividerebbe, che questa non

sia una soluzione molto valida. Quindi ci sono molti pro-

blemi riguardanti il modo in cui l’amministrazione locale

lavora con altri fornitori di servizi e si avverte quanto sia

necessario riprogettare i nostri servizi in modo più ragio-

nevole per soddisfare meglio le necessità delle persone

che concretamente ne usufruiscono.

Il sistema Best Value è un provvedimento legislativo

nuovo. Come nell’esempio che avete ascoltato prima ri-

guardante l’America, il governo si è reso conto che il de-

siderio di migliorare i servizi pubblici richiedeva una le-

gislazione. Ci sono molti requisiti prescritti dalla legge

che le amministrazioni comunali devono soddisfare. Non

entrerò nei dettagli di questo sistema, perché forse non

è la cosa più interessante di cui parlare nel contesto di

oggi, ma è una parte di legislazione alquanto complessa

e dettagliata che stabilisce alcuni requisiti molto rigorosi

riguardanti le amministrazioni comunali per migliorarne

le prestazioni.

Ma quel che più importa per questa giornata è che la

legislazione – e questo è il cuore, se volete, della legisla-

zione – dichiara ripetutamente che, mentre i servizi devo-

no essere moderni, accessibili ed efficienti, quel che più

conta è che nella loro progettazione e nella fornitura sono

le esigenze delle persone che li utilizzano che vanno con-

siderate come punto centrale. Questo principio è ora rac-

chiuso nella legge nel Diritto Inglese e questo non era

mai accaduto prima. L’altra cosa importante, che forse è

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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utile riferire oggi per quel che riguarda il sistema, è che il

governo ha ampie vedute riguardo a chi dovrebbe fornire

questi servizi e si pensa che forse il settore privato ha un

ruolo maggiore da assumere nella fornitura di alcuni ser-

vizi pubblici.

Attualmente questa è una tensione piuttosto forte,

come potete immaginare. Ad essere sincera, penso che

si dicano molte sciocchezze su quanto sia efficiente il

settore privato e non credo che il settore pubblico do-

vrebbe essere troppo avvilito da alcuni confronti, ma ri-

tengo che quello che il settore privato sappia fare vera-

mente molto bene sia cambiare, cosa che il settore pub-

blico ha sempre trovato molto difficile. Molte delle cose

che facciamo, e i modi in cui le facciamo, oggi non sono

diversi da com’erano dieci, quindici, venti anni fa, con

l’eccezione, forse, della nuova tecnologia presente at-

tualmente in molti dei nostri uffici. Tuttavia, per altri

aspetti molte cose non sono cambiate tanto radicalmen-

te quanto sarebbe stato possibile se fossero state fornite

nel settore privato che prevede di cambiare ogni giorno,

ogni settimana, ogni mese.

Il Best Value: solo una velocissima descrizione del si-

stema. Questo sistema richiede una revisione sistematica

di ciascun servizio e funzione almeno una volta ogni cin-

que anni. Esige che chiariamo perché forniamo un servi-

zio in un certo modo e se siamo le persone più adatte a

fornirlo. Esige che comprendiamo se lo stiamo fornendo

a costi e qualità paragonabili con quelli di altri fornitori

similari, quindi dobbiamo andare in giro, parlare, per

comprendere nei dettagli in che modo la qualità e i costi

dei nostri servizi differiscono da quelli di un altro comu-

ne o proprio da quelli di un fornitore totalmente diverso,

eventualmente un fornitore del settore privato. Se si ri-

scontrano grosse differenze, se, ad esempio, stiamo fa-

cendo qualcosa ad un costo molto più alto di qualcun al-

tro senza qualità aggiunta, dobbiamo competere, indire

per alcuni di questi servizi una gara d’appalto. Ma quel

che è più importante è che il sistema richiede anche la

consultazione efficace dell’utente e con questo termine

non s’intende soltanto l’individuo che riceve quel servi-

J o a n n a D a v i d

Il sistema di Best Value

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zio, ma anche i cittadini nel loro insieme, la comunità

economica, la gente che potrebbe utilizzare i servizi in

futuro. Vi è quindi un ampio dovere di consultazione e

questo naturalmente è estremamente impegnativo.

Mi concentrerò sull’ultimo punto: “Il cambiamento e

il miglioramento dei servizi devono riflettere le preoccu-

pazioni, le necessità e le aspirazioni delle persone coin-

volte.” Spiegherò un poco il legame fra questo requisito

e l’agenda nazionale.

Oltre a richiedere alle amministrazioni comunali di

migliorare i propri servizi, il governo ha assegnato all’am-

ministrazione locale un nuovo compito di leadership

della comunità. Gli enti locali devono consultarsi con le

aziende locali, con i gruppi della comunità, con altri for-

nitori di sanità pubblica e con i residenti e sviluppare un

programma strategico per la zona, una visione di come

tutte quelle persone e gruppi diversi vorrebbero che il

comune fosse in futuro; le cose che vogliono che siano

migliorate; le loro preoccupazioni e le loro aspirazioni; le

loro ansie riguardanti il luogo in cui vivono e le cose che

pensano sia necessario migliorare.

Si tratta di un processo a vastissimo raggio che richie-

de enormi quantità di informazioni, di incontri pubblici,

di workshop, di gruppi specializzati e così via. Ma il risul-

tato è interessante e, al contempo, illuminante poiché

fornisce la testimonianza dettagliata di cosa ciascuno in

una zona vuole fare per cambiarla e probabilmente non

vi sorprenderà sentire quali sono le priorità fondamenta-

li per Camden. Sono cose come la lotta alla criminalità;

ci sono importanti problemi riguardanti l’ambiente, la

congestione del traffico e l’inquinamento; vi sono reali

preoccupazioni circa la qualità dell’istruzione in alcune

zone e la qualità dei servizi sanitari. La “Strategia della

Comunità” riunisce in un unico luogo le opinioni, le

aspirazioni e le preoccupazioni della gente e quelle dei

fornitori dei servizi. Da questo ampio programma, i co-

muni possono poi identificare in modo chiaro le priorità

fondamentali di una zona e dire: va bene, questa è una

preoccupazione importante, quando effettueremo la re-

visione di questo servizio o di questi servizi dovremo te-

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

Il sistema di Best Value

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nere in considerazione queste opinioni. Pertanto il vasto

compito di guida della comunità è collegato direttamen-

te al compito del Best Value di revisionare tutti i nostri

servizi e di verificare se il modo in cui li forniamo soddi-

sfa al meglio quelle esigenze e quelle aspirazioni. Le re-

visioni di un servizio devono anche mostrare in che mo-

do queste opinioni sono state prese in considerazione

quando si sono prese decisioni riguardanti cambiamenti

del servizio medesimo.

Parlerò un po’ di più a lungo di questo fra un minuto,

ma è una cosa complessa e a volte mette in risalto alcu-

ne difficoltà e tensioni reali. L’altra cosa che ci attendia-

mo dalle revisioni è la definizione, insieme alle persone

interessate, degli obiettivi di miglioramento dell’efficien-

za. Pertanto si concorda il cambiamento di un servizio in

un certo modo e la misurazione del miglioramento del-

l’efficienza in un lasso di tempo, utilizzando un indicato-

re di prestazioni. Gli utilizzatori di un servizio sono così

coinvolti nella discussione riguardante il tipo di servizio

che vogliono, il modo in cui vorrebbero che fosse fornito

e, inoltre, il modo in cui tale miglioramento sarà misura-

to e riferito.

Devo dire che in Gran Bretagna esiste una tradizione

antichissima di consultazione pubblica nell’amministra-

zione locale. Non è sorta negli ultimi anni, esiste da mol-

to più tempo ed è, per molti aspetti, davvero ben svilup-

pata. Non esiste un singolo servizio fornito da noi che

non preveda accordi chiari per consultare e coinvolgere

le persone che utilizzano quel servizio. Porterò qualche

esempio.

Camden ha 30.000 alloggi comunali popolari; proba-

bilmente, quindi, nel quartiere abbiamo circa 60.000 o

70.000 persone, quasi un terzo degli abitanti, che vivono

in alloggi popolari. Il quartiere è suddiviso in cinque zone

e ciascuna zona ha un gruppo di gestione composto da

politici, funzionari e dai nostri inquilini che, insieme, dis-

cutono i problemi della gestione degli alloggi. Ciò com-

prende problemi assai difficili di gestione degli alloggi,

come la scelta di imprese edili per appalti da milioni di

sterline. Sicuramente comporta il controllo del lavoro di

tali imprese – stiamo parlando delle persone che vengo-

no a riparare le abitazioni, posano tetti nuovi, ecc. – ma

comporta anche il controllo dell’efficacia degli accordi

presi nell’ufficio di zona per il resoconto delle riparazioni

o per venire a sistemare i problemi relativi agli alloggi.

Cerchiamo di coinvolgere gruppi di persone di tutte

le età, i giovani come gli anziani. I giovani sono, come

alcuni di voi probabilmente sapranno, un gruppo parti-

colarmente difficile da coinvolgere nell’ambito dell’am-

ministrazione locale e ciò rappresenta una vera sfida. C’è

stato un episodio molto divertente ad un recente incon-

tro a cui ho partecipato, al quale avevamo invitato circa

dieci scolari di una scuola locale per parlare di alcuni

cambiamenti che eravamo in procinto di approntare nel-

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la zona. Devo ammettere che alcuni degli oratori erano

assai noiosi, e nella prima fila c’erano i ragazzini che dor-

mivano con la testa appoggiata alla spalla del compagno

a fianco. Penso quindi che, sebbene fossero lì fisicamen-

te non erano presenti con lo spirito, ma stiamo tentando

di dialogare con loro.

Probabilmente una delle iniziative più interessanti, in

cui ci siamo impegnati adesso, è il lavoro con le persone

anziane. Abbiamo un grande programma di lavoro che si

sta sviluppando per l’approntamento di un intero pac-

chetto di servizi che influisce direttamente sulla qualità

della vita delle persone anziane. Il consiglio comunale

sta lavorando con la Sanità per gestire congiuntamente

una serie di servizi che attualmente sono separati, ma

che insieme hanno un grande impatto sulle persone an-

ziane. Abbiamo un gruppo di 12 anziani che incontriamo

regolarmente che stanno studiando con noi i modi in cui

misureremo l’efficienza di tali servizi. Determinare quan-

to spesso si fa una cosa, quanto rapidamente si rispon-

de al telefono è un buon esempio: è relativamente faci-

le, in effetti è molto facile. Determinare se un particolare

servizio che si fornisce alle persone anziane fa loro av-

vertire che sono più sicure, che sono più contente, che

nel complesso la loro qualità di vita è migliorata, è molto

più complicato.

Attualmente stiamo tentando di sviluppare indicatori

di efficienza che tengano più conto della qualità di vita

delle persone, oltre a quelli che dobbiamo fornire per il

Governo che determinano quanto spesso facciamo le

cose e quanto rapidamente le facciamo. Riassumendo,

quindi, abbiamo molti, molti esempi di soluzioni diverse

di consultazione degli utenti. Parlerò solo un poco di

qualcosa a cui ho accennato precedentemente, cioè di

alcune delle difficoltà che questo può causare quando si

fornisce il servizio.

Abbiamo appena effettuato una revisione di tutte le

nostre biblioteche e abbiamo avuto consultazioni molto

ampie con le nostre comunità locali, comprendenti un

questionario per ciascuna singola famiglia, vale a dire

192.000 persone. Quello che avevamo concordato era

che avremmo dovuto probabilmente ridurre il numero to-

tale delle biblioteche allo scopo di reinvestire tali risparmi

in una modernissima biblioteca pilota nel centro del

quartiere, dove ci sarebbe stata molta tecnologia, ci sa-

rebbero stati ottimi strumenti di ricerca e così via. Ma per

fare questo avremmo dovuto chiudere alcune biblioteche

molto piccole, al momento non molto ben utilizzate e

che, in base a tutte le informazioni in nostro possesso, ri-

sultavano essere molto costose da gestire. Quando, però,

abbiamo effettuato la consultazione, le persone del posto

sono andate su tutte le furie: non erano assolutamente

disposte a perdere la biblioteca locale dietro l’angolo, nel

loro quartiere. Il fatto interessante è che hanno vinto.

Non siamo mai riusciti a fare quello che pensavamo

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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fosse la cosa giusta da fare e che era il risultato di un lun-

ghissimo periodo di consultazione e, almeno per ora, sia-

mo ritornati allo status quo e abbiamo semplicemente

concordato di apportare un’intera gamma di altri migliora-

menti, compreso il miglioramento di tutte le biblioteche.

Ci sono, quindi, alcune tensioni molto reali e se si

vuole veramente ascoltare quello che la gente dice, si

deve avere ben chiaro il fatto che è possibile che tali

tensioni creino anche alcune difficoltà molto serie e vi

sono numerosi esempi di quel genere di tensioni. Vi so-

no altri casi molto più positivi di consultazione degli

utenti in cui non è stato così difficile essere d’accordo

con quello che le persone avrebbero voluto.

Un esempio piuttosto valido è probabilmente il servi-

zio di mensa scolastica di Camden. Il Comune di Camden

fornisce ogni giorno pasti scolastici a migliaia e migliaia

di allievi dai cinque ai diciassette anni di età, come sono

certa fate voi, e come si fa in tutta l’Europa. Eravamo

molto fieri del nostro servizio, aveva un grande valore, fa-

cevamo pagare il prezzo più basso rispetto a qualsiasi al-

tro alunno a Londra. Sapete, pensavamo che fosse una

cosa positiva e normalmente eravamo soliti vantarci che

era un servizio eccellente, fino al momento in cui abbia-

mo effettuato la revisione e abbiamo esaminato più ac-

curatamente il servizio, e che cosa abbiamo scoperto?

Che nessuno mangiava i pasti, che i bambini potevano

magari prendere un piatto, ma lasciavano tutto il cibo e

poi se ne andavano fuori a mangiare una tavoletta di

cioccolato. Abbiamo pertanto effettuato una consultazio-

ne molto vasta con i genitori e con i bambini: quello che

realmente volevano era cibo migliore, non gli importava

di pagare un po’ di più. Così adesso li facciamo pagare di

più e sono piuttosto contenti e i bambini mangiano i pa-

sti. Ci eravamo completamente sbagliati, quello che pen-

savamo fosse un buon servizio perché costava poco, in

realtà non era per nulla quello che il cliente voleva. È un

buon esempio di come ci si possa sbagliare completa-

mente circa la bontà o meno di un servizio.

Porterò solo un altro caso relativo al servizio delle ri-

parazioni. È un altro esempio del lavoro a stretto contat-

to con gli inquilini delle nostre case popolari. Per molto

tempo gli inquilini hanno criticato il comune perché non

dava loro appuntamenti per le riparazioni. Ora, questo è

basilare: se hanno necessità di fare una riparazione nella

loro casa devono rivolgersi a noi, non c’è altra scelta e

noi dobbiamo organizzare le riparazioni, quindi ci telefo-

nano per questo e rispondiamo loro che andremo entro

un periodo compreso fra l’inizio e la fine della settima-

na, ma che non possiamo dire quando. Questo per la

gente è inutile, è completamente inutile. Gli inquilini

erano assai certi che questa situazione doveva finire e

che gli si doveva fornire un sistema di appuntamenti

adeguato. Ci siamo resi conto che realmente non aveva-

mo scelta, non potevamo più dire “Mi dispiace, è così.”

J o a n n a D a v i d

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Adesso abbiamo un sistema di appuntamenti per il 90%

circa di tutte le riparazioni e i nostri controlli indicano

che rispettiamo i tempi degli appuntamenti nell’85% cir-

ca dei casi.

Quindi, parte di quello che gli utenti ci dicono è mol-

to chiaro, molto facile da comprendere, è anche molto

facile fornire una risposta, a condizione che vi siano le ri-

sorse, ma questo è un punto di discussione più ampio e

più difficile. Altri esempi, come le biblioteche, sono più

difficili. Vi è una tensione, ci sarà sempre una tensione e

io penso che ci si debba proprio rendere conto che i re-

sidenti hanno la meglio se si uniscono in numeri suffi-

cientemente grandi e gridano sufficientemente forte. E

questo probabilmente è una cosa buona.

Concluderò con un paio di argomenti chiave, di nuo-

vo sulla consultazione.

Sono certa che non vi sorprenderanno. Vi sono alcuni

gruppi di persone che è molto, molto difficile raggiunge-

re. Sono in particolare le persone che parlano una lingua

diversa, sono le persone molto anziane e possono anche

essere le persone che hanno qualche tipo di invalidità.

Occorre prendere accordi molto specifici, precisi e con

obiettivi chiari se si vuole realmente parlare con quei

gruppi e dimostrare che si è raggiunta tutta la propria co-

munità, non soltanto quelli che gridano più forte. Esiste

una gamma di strumenti, metodologie, approcci molto

ben studiati e non si tratta qui di reinventare nulla di nuo-

vo, è tutto già elaborato ed è pronto per essere utilizzato.

Un grossissimo problema, tuttavia, per noi a Cam-

den, è la valutazione della consultazione: riguarda il

buon uso del denaro e il coordinamento, il controllo e la

condivisione delle informazioni che scaturiscono dalla

consultazione. Troppo spesso si effettua una consultazio-

ne per un servizio e poi lo stesso gruppo di persone vie-

ne consultato per un altro servizio e per un altro ancora.

È facilissimo che accada in un’organizzazione molto

grande e naturalmente è una cosa assurda e fa andare i

residenti su tutte le furie. Abbiamo effettivamente avuto

alcuni residenti in una zona che l’altro giorno ci hanno

detto “Non ci dovete più consultare! Non dovete più ef-

fettuare nemmeno una singola esercitazione di consulta-

zione fino a che non avrete fatto quello che vi avevamo

detto l’ultima volta.” Vale la pena fare attenzione perché

è una trappola in cui è veramente facile cadere.

Per riassumere: effettivamente non è vero che tutti

desiderano essere consultati riguardo ai servizi pubblici.

Non è così. Secondo i nostri dati, probabilmente, l’80%

circa della nostra popolazione vuole in realtà soltanto che

procediamo e forniamo in modo efficiente i servizi pub-

blici. Non vogliono che gli si domandi come gestirli, co-

me dovremmo farlo meglio. Per quel che li riguarda,

quello è compito nostro. Ma c’è un altro settore impor-

tante della comunità che vuole realmente essere coinvol-

to. Solitamente sono coloro che più fanno assegnamento

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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sui servizi. Le persone anziane sono un validissimo esem-

pio, come le persone invalide e gli inquilini delle case po-

polari. Per queste persone i servizi pubblici incidono real-

mente sulla vita quotidiana e molto spesso vogliono ve-

ramente essere coinvolte. In base alla nostra esperienza,

non è difficile coinvolgere un numero sufficiente di que-

ste persone che forniscano alcune informazioni significa-

tive su ciò che le persone del posto vogliono.

E davvero l’ultimo punto è questo: il desiderio delle

amministrazioni, e penso che sia anche il desiderio di

Camden, è che il coinvolgimento delle persone nell’am-

ministrazione locale produca due effetti. Naturalmente

migliorare i servizi e fornirli nel modo in cui la gente de-

sidera è molto importante, ma si auspica anche che, co-

involgendo le persone nelle decisioni riguardo ai servizi

locali, sia possibile iniziare a ricoinvolgerle nell’ammini-

strazione locale, suscitando il loro interesse e facendo

loro avvertire una sensazione di potere e di essere in

grado di influenzare il cambiamento. Ci si augura che,

come conseguenza, diventino cittadini più attivi, vadano

a votare e svolgano un ruolo nel miglioramento e nello

sviluppo della democrazia partecipativa in Gran Breta-

gna. Questa è l’aspirazione più grande, ma è anche la

forza motrice della legislazione.

J o a n n a D a v i d

Ringraziamo Joanna David di questa vivacissima presentazione che è stata tutta centrata sul tema del coinvolgimento. Siamo pas-

sati dal Federal Government americano e dalla innovazione di sistema alla realtà di un borough, che corrisponderebbe ad un nostro

quartiere, anche se a Londra i quartieri sono molto grandi. Il borough di Camden è fatto di 192.000 abitanti e in realtà, per noi italia-

ni, è come una città e ha, come avete sentito, una autonomia molto forte nel senso che i servizi sono veramente decisi e forniti a

quel livello. Per questo la consultazione, il coinvolgimento, sono stati il clou della presentazione di Joanna David che ci ha fatto an-

che ridere perché il coinvolgimento ha i suoi aspetti un po’ buffi: dai ragazzi che erano si addormentati in prima fila, alle difficoltà

con la biblioteca che l’Amministrazione voleva chiudere perché era inefficiente e invece la popolazione, stranamente, voleva mante-

nere aperta nonostante fosse inefficiente e così via. Anche l’accenno alla reazione di quelli che venivano sempre consultati e alla fi-

ne hanno detto “Basta, non ne vogliamo più sapere. Nessuno ci consulti più”. Il finale è stato molto interessante perché ha mostra-

to che una forte sezione della popolazione vuole invece essere coinvolta e il farlo richiede l’attivazione di strumenti per aumentare la

democrazia partecipativa.

Passiamo adesso alle tasse: “Analisi di ambiente ed esperienze di ascolto nell’adeguamento delle strategie del Ministero delle Fi-

nanze olandese”. Sarà Robert Cornax a parlarcene e deve essere davvero un caso significativo perché anche Sharon Dawes ci di-

ceva che, in effetti, il loro Department della tassazione era quello in maggiore difficoltà nei confronti dei cittadini. Vediamo come se

la cavano in Olanda.

Vera Negri Zamagni

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R o b e r t C o r n a x

Analisi di ambiente ed esperienze di ascolto nell’adeguamento dellestrategie del Ministero delle Finanzeolandese

di Robert Cornax

Vi ringrazio per avermi invitato a questo convegno,

così ricco di interventi. Se qualcuno vuole andarsene pri-

ma che vi relazioni sul caso riguardante le imposte, pre-

go ... si accomodi.

Perché “Ascoltare il Pubblico”? Voglio fare un picco-

lo esperimento con voi, ponendovi qualche domanda,

in modo che il panel possa ascoltare il suo stesso pub-

blico.

Chi, tra di voi, è un pubblico dipendente? Quanti so-

no pubblici dipendenti? Non abbiate timore, è una pro-

fessione rispettabile. Beh, vedo che quasi tutti sono di-

pendenti pubblici.

Voglio effettuare un controllo sul pubblico per circa 3

minuti. Sono curioso di sapere qualcosa sull’ultimo con-

tatto che avete avuto con un dipendente pubblico, qual-

siasi dipendente pubblico, un agente di polizia, un ispet-

tore delle imposte.

Voglio domandarvi: chi ha avuto un’esperienza positi-

va nell’ultimo contatto con un impiegato pubblico? Chi

ha avuto un’esperienza negativa? Fortunatamente la

maggioranza ha avuto esperienze positive.

Seconda domanda: pensate che gli impiegati pubbli-

ci conoscano la loro materia? Sì? No? Non ci possono es-

sere pareri neutrali. Ancora una volta vedo che siete fieri

dei vostri colleghi e di voi stessi.

Quando è stata l’ultima volta in cui siete stati consul-

tati o intervistati? È accaduto di recente? Accade fre-

quentemente come in Gran Bretagna?

Siete mai stati consultati dai vostri colleghi o da col-

leghi pubblici impiegati?

Pensate che i dipendenti pubblici agiscano diligente-

mente nei riguardi del pubblico? Sì? Diligentemente, co-

scienziosamente.

D’accordo, questo non è il giusto modo professionale

di fare un controllo sul pubblico, ma in questi pochissimi

minuti sono riuscito a comprendere qualcosa circa la vo-

stra Pubblica Amministrazione.

L’Amministrazione delle Imposte e delle Dogane in

Olanda

Prima di tutto voglio spiegarvi perché noi come TCA

(Tax and Customs Administration) dobbiamo ascoltare

il pubblico. Vi ho detto e l’avete sperimentato, che l’Am-

ministrazione delle imposte è un’amministrazione mol-

to particolare. Non è un’organizzazione di servizi, è

un’organizzazione che applica la legge e… è un servizio

pubblico. Abbiamo circa 9 milioni di clienti, come li

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chiamiamo noi, e pretendiamo di essere un’organizza-

zione che impara.

Perché ascoltiamo il pubblico? Non esiste una base

legislativa per questo, come nel Regno Unito o negli Stati

Uniti dove vi sono leggi che stabiliscono che i clienti agi-

scano e attribuiscono loro il diritto di essere consultati. In

Olanda non esiste ancora una cultura dell’organizzare

consultazioni del pubblico. Perché dobbiamo comunque

ascoltare? In quanto pubblici dipendenti operiamo per

conto della società. Facciamo parte della società, ma non

siamo uguali al pubblico: abbiamo una posizione parti-

colare nella quale facciamo assegnamento sulla collabo-

razione del pubblico. Il pubblico comprende cittadini, im-

prese, fondazioni, altri enti governativi. Uno dei presup-

posti è che la nostra efficienza, in quanto Amministrazio-

ne delle Imposte e delle Dogane, è il risultato dello sfor-

zo comune nostro e dei contribuenti. Per ballare il tango,

imporre tributi, riscuotere e pagare le imposte bisogna

essere in due. Per operare meglio, quindi, è necessario

che conosciamo gli sviluppi, le esigenze, il potenziale, il

comportamento e l’evoluzione del nostro ambiente, dei

nostri clienti e la nostra mission consiste nel mantenere

e incentivare l’adempimento spontaneo. Non so se co-

noscete e usate questo termine, adempimento, disponi-

bilità del contribuente ad adempiere spontaneamente ai

propri doveri in modo che non sia necessario applicare

sanzioni. Questa mission è stata introdotta circa quindici

anni fa e l’abbiamo in un qualche modo copiata dagli

Stati Uniti d’America.

Ultima cosa, ma non per questo meno importante, in

quanto funzionari pubblici e Amministrazione delle Im-

poste dobbiamo salvaguardare la nostra immagine per-

ché l’immagine è uno dei punti di forza o di debolezza

di un’organizzazione pubblica.

Voglio dirvi qualcosa sulla nostra organizzazione. La

TCA è un’organizzazione che applica la legge. Non siamo

noi che facciamo le leggi, la nostra è un’organizzazione

operativa e i regolamenti fiscali e doganali vengono fatti

da un’altra sezione del Ministero delle Finanze, il Diparti-

mento fiscale, e dalla Commissione europea a Bruxelles.

Pertanto, le leggi che dobbiamo applicare vengono fatte

da giuristi e politici che non sono sempre consapevoli

delle necessità e delle possibilità dei clienti. La TCA ha il

compito di applicare quelle leggi e quei regolamenti e

noi ci definiamo lo sportello pubblico, dove le leggi ven-

gono interpretate e dove il pubblico deve affrontare gli

effetti delle leggi fatte dai politici e dai giuristi. Questa

funzione di sportello pubblico implica l’ascolto del pub-

blico.

Da circa quindici anni definiamo i nostri contribuenti

clienti. Applichiamo la legge in diversi modi e quindi ab-

biamo vari contatti con il pubblico, con i clienti. Per l’ap-

plicazione della legge, la TCA utilizza alcuni modelli, mo-

delli teorici, che comportano un sistema di parametri

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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per la gestione dei rischi. Il modello principale – un

triangolo/piramide – è basato su uno schema ad undici

gradini. Ciascun gradino rappresenta un rapporto speci-

fico fra l’organizzazione e il pubblico. Ad esempio, il pri-

mo consiste nell’evitare contrasti con il pubblico, con i

clienti. Agire prudentemente, evitare irritazioni. Questo è

uno dei modi di applicare la legge: informare i propri

clienti sulle leggi e sulle interpretazioni e sui loro diritti e

doveri. Terzo, gestire i rischi minimi in campo legale e fi-

scale con il minimo sforzo, pertanto utilizzare a tal fine

processi automatizzati e standardizzati. La maggior parte

di noi restituisce i nostri moduli e a volte commettiamo

qualche errore nel sommare le cifre. Sono questi i rischi

minimi e in Olanda vengono gestiti con sforzi minimi

mediante i sistemi automatizzati. In un altro gradino la

TCA deve occuparsi di una molteplicità di rischi median-

te verifiche approfondite, manuali, visive, mediante pa-

reri di professionisti, mediante revisioni contabili appro-

fondite, vigilanza, ad esempio, sulla contabilità dei con-

tribuenti.

E ultima, ma non meno importante, in fondo alla pi-

ramide vi è la gestione della frode fiscale mediante l’in-

dividuazione della frode, le sanzioni e le pene fiscali.

Pertanto potete comprendere che quando tentiamo di

ascoltare il pubblico abbiamo una molteplicità di servizi

e di contatti operativi con il pubblico che vogliamo con-

trollare. Per quanto concerne il contatto fra la TCA e i

contribuenti, a volte questo contatto è anonimo. Per un

sistema automatizzato un cliente non è una persona, è

un numero. Quando si effettua una verifica ad un contri-

buente c’è un contatto fisico e quando un contribuente

ha commesso una frode è una persona sospettata. Il no-

stro pubblico può essere, quindi, anonimo e può essere

alla fine, non per lo meno, un indiziato in una faccenda

fiscale legale.

Ecco di nuovo la nostra missione: la TCA ha tradotto

questa missione in un proprio slogan: non possiamo

renderlo divertente, ma possiamo fare in modo che sia

più facile, più comodo. Pagare le tasse non è divertente,

ma possiamo renderlo più semplice, più comodo per il

pubblico.

Alcuni fatti e alcune cifre. La TCA ha da 8 a 9 milioni

di clienti – noi li chiamiamo così – con una molteplicità

di contatti con l’organizzazione. Abbiamo circa 30.000 di-

pendenti, di cui circa 20.000 sono nel servizio a contatto

con il pubblico, gestiscono le domande dei clienti, effet-

tuano le verifiche, i controlli contabili, l’imposizione, la ri-

scossione, e così via; e altri 10.000 sono al di sopra. La

TCA è suddivisa in reparti: il reparto delle dogane e dazi,

il reparto per i contribuenti privati, il reparto per le picco-

le imprese e i piccoli enti e per le grandi imprese. Abbia-

mo, quindi, quattro diversi reparti operativi e ciascuno ha

le proprie unità operative sparse in tutto il paese e cia-

R o b e r t C o r n a x

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scuna unità ha il proprio insieme di clienti. Pertanto uno

dei nostri interrogativi gestionali è: come possiamo ga-

rantire che un contribuente nel nord del paese sia tratta-

to nello stesso modo di un contribuente nel sud del pae-

se? La definiamo uniformità di efficienza. Uniformità le-

gale nelle operazioni quotidiane. Tutti i contribuenti do-

vrebbero essere trattati nello stesso modo.

Qualche parola sulla TCA come organizzazione che

impara. Dobbiamo essere un’organizzazione che impara,

pertanto uno dei nostri slogan è “Per la nostra organizza-

zione il cambiamento è un processo continuo” e perciò

utilizziamo stimoli interni ed esterni. A volte il cambia-

mento si attua mediante riorganizzazioni di programma,

ma negli ultimi anni la TCA ha scelto varie metodologie

di cambiamento. Dopo le riorganizzazioni di programma

il nostro è un cambiamento continuo poiché non si pos-

sono gestire tutti i mutamenti solo negli sviluppi tecnolo-

gici e negli sviluppi esterni, è necessario quindi crescere

con il proprio ambiente e migliorare continuamente.

In che modo riusciamo ad ascoltare il pubblico?

La TCA ha utilizzato negli ultimi due anni un program-

ma articolato in tre o quattro parti. Uno studio di tenden-

za sugli sviluppi esterni, alcuni studi scientifici realizzati

da due Università, il nostro solito monitoraggio fiscale di

due anni e, nel 2000, abbiamo avuto le udienze dei no-

stri clienti. Dopo questo programma specifico occorre

sempre leggere i documenti per controllare la propria

immagine, per monitorare le lamentele e questo è un al-

tro modo per mantenere i contatti con il pubblico.

Voglio dirvi qualcosa sullo studio di tendenza. Il pri-

mo studio è stato effettuato da alcuni esperti della no-

stra organizzazione che hanno intervistato rappresentan-

ti di chiese, sindacati, politici della società multiculturale,

esperti di attività finanziarie e bancarie. I risultati delle

interviste sono stati presentati in un memorandum inti-

tolato “Confini che tendono a scomparire”. Quali sono i

risultati dello studio di tendenza? I confini tendono a

scomparire nella società: gli esperti e tutti i rappresen-

tanti interpellati sono giunti alla conclusione che ogni

giorno la società diventa meno trasparente del giorno

precedente. Perfino i movimenti finanziari diventano

meno trasparenti, mediante le e-mail, le operazioni ban-

carie elettroniche e così via, quindi non è possibile rin-

tracciare i movimenti finanziari.

Nella società il senso delle norme e dei valori colletti-

vi è indebolito. Sto parlando dell’Olanda: forse potete

trasporre quanto ho detto nella vostra società. L’imma-

gine del servizio pubblico, del settore pubblico, risulta

svalutata e aumenta la domanda di soluzioni adottate

in nome della comunità. Abbiamo quindi una società

meno trasparente e una maggiore domanda di soluzio-

ni su misura. È pertanto difficile gestire quei dilemmi

che sono qui rinviati.

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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Oltre allo studio di tendenza ci sono gli studi scienti-

fici realizzati dalle due Università. Una è l’università per

gli studi legali e tributari, in Brabante. Alcuni professori

hanno studiato i nostri dilemmi e hanno concluso che

uno dei nostri dilemmi è quello fra giustizia collettiva

gestita come gruppo e giustizia individuale, perché l’ap-

plicazione della legge considera il soggetto come un

cliente all’interno di un gruppo, ma il soggetto insiste

sulla sua posizione. Pertanto, nel nostro insieme di

clienti, composto da nove milioni di soggetti, ci dovreb-

bero essere nove milioni di posizioni individuali. Non è

tuttavia possibile gestire questo con il nostro personale

e i nostri sistemi. La Facoltà di legge ha criticato in qual-

che misura il nostro sistema automatizzato e il nostro

approccio collettivo, quindi adottare soluzioni individua-

li chieste dal pubblico per un’organizzazione rappresen-

ta un dilemma.

Un altro studio è stato realizzato dall’Università di

Rotterdam, l’Università Erasmus. Si tratta di uno studio

sul comportamento inadempiente, uno studio sul com-

portamento dei contribuenti che non volevano essere

adempienti. Uno dei risultati è stato che non vi è una

tendenza generale, almeno in Olanda. In generale la po-

polazione ha un atteggiamento di collaborazione con

tutte le organizzazioni incaricate di applicare la legge. Vi

è ancora armonia fra tali organizzazioni e la società. Non

ci sono stati forti conflitti fino ad ora, almeno in Olanda.

L’Università Erasmus ha presentato un modello denomi-

nato modello WCD.

La W sta per will, volontà: il desiderio di non essere

adempiente e tale volontà è influenzata da alcuni aspet-

ti. Voglio, desidero, ho la volontà di dare il mio contribu-

to alla società pagando le imposte? Fornisco il mio con-

tributo per la prosperità della nazione, per il bilancio del-

lo Stato? Riconosco il mio sostegno, il mio sostegno fi-

nanziario? Posso avere indietro quanto do? Così sarò

disposto a dare il mio contributo alla società.

La C sta per can, potere. L’aspetto potere. È possibile

per me essere adempiente o non essere adempiente? I

moduli sono chiari? La verifica è possibile? La mia posi-

zione legale è chiara? Quindi, sono in condizione di non

restituire i miei moduli, di commettere una frode?

L’ultima lettera è la D che sta per dare, osare. Oso

commettere frode? Non essere adempiente? Cosa ac-

cadrà se non sono adempiente? Quali saranno le san-

zioni? Faccio un confronto fra la probabilità di farla

franca e la probabilità di essere colto in un’azione di

frode e vedo i risultati di azioni contro le frodi? Nel Re-

gno Unito e negli USA sui siti web del Dipartimento

delle Imposte è possibile vedere i risultati di azioni

contro le frodi. Sono anonimi, ma è effettivamente pos-

sibile indovinare chi è stato colto in fallo dal Diparti-

mento delle Imposte. In Olanda non siamo pronti ad

arrivare a questo.

R o b e r t C o r n a x

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Dopo gli studi condotti dall’Università Erasmus e dal-

l’Università di Brabante, infine, abbiamo fatto un bell’e-

sperimento, che abbiamo denominato Sessioni di

Ascolto. Nel giugno 2000 abbiamo incontrato in uno

stadio a Rotterdam, quaranta contribuenti: contribuenti

privati, piccole imprese, clienti esportatori e ci sono sta-

te due sessioni. Nella prima sessione si dovevano discu-

tere le immagini e le lamentele di questi clienti riguardo

ai nostri servizi. Sono state usate molte riviste e imma-

gini. Ve ne illustrerò alcune. La cosiddetta cultura del di-

pendente pubblico e i valori della nostra organizzazione

sono rappresentati da un mucchio di patate: è uno de-

gli aspetti.

Un altro aspetto è: “Come siete trattati?” Come in un

gioco d’azzardo. Essere un contribuente è una sorta di

gioco d’azzardo.

Ancora: l’Amministrazione delle Imposte e delle Do-

gane assomiglia ad un piatto di spaghetti, senza fine né

principio e quindi non è per nulla trasparente.

Nella seconda sessione abbiamo chiesto ai quaran-

ta contribuenti suggerimenti per migliorare e ci ha

sorpreso molto ricevere da loro quasi 1.500 suggeri-

menti di miglioramento. Possiamo quindi affermare

che il pubblico è assai critico nei confronti dell’orga-

nizzazione.

Ci sono stati molti suggerimenti sull’accessibilità,

sulle risposte telefoniche, sull’accessibilità dei funzio-

nari pubblici di persona: “Non ci sono mai. Cerco il mio

collega, non è qui, è ammalato e così via…”. Conoscete

tutte le risposte classiche. I contribuenti volevano esa-

minare le loro pratiche perché se si perde la propria

pratica per un cliente è difficile conoscere l’inizio o la

fine.

Pertanto la trasparenza e l’accessibilità sono le due

parole chiave del nostro miglioramento. L’anno scorso

abbiamo iniziato un vasto progetto sul front office con

due argomenti principali. Il primo è il Portale Personale

cosicché ciascun contribuente può seguire la sua pratica

mentre questa viene gestita dalla nostra organizzazione.

Il secondo argomento riguarda i servizi e-mail e Internet

e il miglioramento dei siti Web. Stiamo cercando di trar-

re maggior profitto dalla nostra organizzazione elettroni-

ca e stiamo migliorando la nostra accessibilità acquistan-

do nuovi impianti telefonici e addestrando il nostro per-

sonale.

Per lo meno non si dovrebbe dimenticare, e gli altri

l’hanno già affermato, di migliorare la motivazione del

proprio staff: non soltanto migliorare il sistema, ma an-

che motivare il proprio personale. Perciò, parallelamen-

te ad ambiti più tecnologici, come il front office e l’in-

terfaccia Internet, abbiamo lanciato una nostra campa-

gna e l’abbiamo chiamata I love Tax (Amo le Imposte).

Abbiamo iniziato la nostra campagna Amo le Imposte

con 30.000 dipendenti per motivare le persone a lavo-

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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rare e a rimanere nell’Amministrazione delle Imposte.

Che tipo di addestramento vogliono? Come vogliono

essere gestiti? Quali sono i valori di base che vogliono,

con cui vogliono convivere? Sessione.

Per concludere: l’Amministrazione delle Imposte e

delle Dogane è obbligata ad ascoltare il suo pubblico

per migliorare i sistemi e per addestrare il proprio perso-

nale a far fronte alle richieste sempre maggiori dei pro-

pri clienti.

R o b e r t C o r n a x

La campagna “Io amo le tasse” forse si potrebbe provare anche in Italia, ma non so se riuscirebbe. E infatti Cornax dice che la

campagna la fa per lo staff non per il pubblico. Grazie dunque anche a questo speaker.

Vedo che in Olanda si sta facendo molto per rendere meno difficile al cittadino il dolore di pagare le tasse e chissà che queste

best practices si possano diffondere.

Io ringrazio tantissimo i nostri amici che vengono dall’estero; non mi piace dire stranieri. Che cosa vuol dire stranieri? È una paro-

la che in questi giorni sto pensando non ha molto senso, per persone che condividono con noi una civiltà.

Chiamo ora Bruno Coppola e poi Patrizia Comi: c’è questa breve sezione di esperienze a confronto poi ci sarà la tavola rotonda.

Bruno Coppola ci parla di approcci ed esperienze in Europa, negli USA e nell’area Ocse, ci illustra i risultati di un’indagine compa-

rativa.

Si tratta evidentemente di una indagine complessa, il confronto tra USA e area OCSE, ma dovremo essere molti sintetici.

Vera Negri Zamagni

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B r u n o C o p p o l a

Esperienze a confronto

Approcci ed esperienze in Europa,negli USA e nell’area OCSE: risultati diuna indagine comparativa

di Bruno Coppola

Io non credo di potervi rendere completamente una

indagine comparativa tra molti Paesi. D’altronde abbiamo

avuto presentazioni piuttosto approfondite che ci hanno

spiegato molto bene la logica con cui alcune esperienze

di ascolto e cambiamento sono state condotte in Paesi

vicino a noi. A questo punto vorrei darvi dei flash per dire

che queste non sono le uniche esperienze che esistono

al mondo e che, anzi, la consuetudine, l’attitudine all’a-

scolto, è tutto sommato abbastanza diffusa, prevalente-

mente in tutto il mondo occidentale, con una certa punta

e una consuetudine maggiore nei paesi anglosassoni, ma

sostanzialmente esistente in molti altri paesi.

Credo valga la pena notare, però, che il significato

dato alle iniziative di ascolto, e le modalità concepite per

fare ascolto del pubblico, sono talvolta anche molto dif-

ferenti. E quindi provo a darvi qualche flash di alcune so-

luzioni; ovviamente non è una indagine esaustiva, ma ci

racconta di propensione e culture.

Il primo flash è sull’esperienza canadese. In Canada

si è fatto uno sforzo abbastanza notevole negli ultimi

dieci anni per avvicinare l’Amministrazione al pubblico

sulla base della constatazione, vorrei dire universale, di

difficoltà di percezione, di cattiva percezione del pubbli-

co della prestazione dei servizi. Quindi si è avviato un

programma incentrato su una rete che è stata chiamata

Citizen-Centred Network, una rete di operatori pubblici,

di studiosi e di cittadini che si sono costituiti come una

sorta di governo blando, ma sostanziale, di iniziative di

innovazione e di miglioramento della Pubblica Ammini-

strazione.

Questo network promuove, sostanzialmente, indagi-

ni e interventi di tipo locale, utilizzando la competenza

– È attiva una Citizen-Centred Service Network,(oltre 200 tra funzionari pubblici, accademicied esperti esterni): inizitive di ascolto e inda-gini

– Citizen first: indagine su 3.000 cittadini, usataper impostare una politica di accesso al servi-zio pubblico; le prestazioni attese dai cittadiniassunte dalle PA.

– Regional service forums: Iniziative di riduzio-ne dei gap tra attese e servizi erogati.

– Action Agenda: Insieme di interventi coordina-ti dei tre livelli di governo.

Canada

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dei funzionari dei tre livelli amministrativi presenti in

Canada, gli studiosi universitari e l’opinione dei cittadini

e degli utilizzatori del servizio. Il network è stabilmente

costituito da oltre 200 persone ed è un attivatore, e

controllore, delle varie iniziative che vengono attuate. La

prima e più importante iniziative promossa da questo

network è stata una indagine chiamata Citizen first, una

normale indagine in cui sono state richieste a circa

3.000 cittadini le loro opinioni, in maniera abbastanza

approfondita, sui servizi pubblici, sulle loro aspettative

nei confronti dei servizi pubblici e sulla percezione di

funzionamento di questi servizi e l’indagine è servita co-

me stimolo a tutta una serie di iniziative di riforma. L’n-

dagine, commissionata da un insieme di Amministrazio-

ni degli Stati federati canadesi e di municipalità, è stata

utilizzata da tutti questi Enti per promuovere iniziative

locali e, soprattutto, per sfatare dei miti – credo che tut-

ti abbiamo dei miti sul funzionamento della Pubblica

Amministrazione – su che cosa funziona e che cosa no

e, semplicemente, la prima volta che si sono resi dispo-

nibili dei dati oggettivi, le Amministrazioni che avevano

concordemente commissionato l’indagine ne hanno

preso atto e hanno attivato una serie di programmi di

intervento ognuna per proprio conto. La particolarità

dell’esperienza canadese è l’elemento di costante con-

fronto assicurato da questo network a cui partecipano

esponenti di diverse organizzazioni che si tengono co-

stantemente informati di quali sono i benefici raggiunti

nell’uno o nell’altro posto e si scambiano costantemen-

te esperienze, mantenendo attivo e valorizzando tutto

ciò che viene effettivamente fatto.

In Danimarca ci sono delle esperienze pure interes-

santi. Anche qui uno stimolo iniziale è venuto da una in-

dagine commissionata dalle Amministrazioni Pubbliche

e, anche in questo caso, con un ruolo forte dell’Ammini-

strazione finanziaria, sulla percezione dei servizi da parte

del pubblico.

È da notare che in questo caso l’Amministrazione fi-

nanziaria si poneva probabilmente un problema molto

simile a quello illustrato da Cornax e cioè, visto che l’Am-

ministrazione finanziaria ha l’ingrato compito di chiedere

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

Indagine Gallup per il Ministero delle FinanzeDanese:– Soddisfazione dei cittadini verso le istituzioni;– Fiducia nella PA e nei suoi impiegati;– Generale sostegno al settore pubblico;– Opinione sulle riforme del settore pubblico.

Citizen’s choice, un comitato per:– Verificare le possibilità di scelta offerte ai cittadini;– Identificare le barriere alle possibilità di scelta;– Dare suggerimenti per l’ampliamento delle scelte;– Sviluppare le possibilità di fornire servizi ai citadini

con valutazioni di qualità

Danimarca

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soldi ai cittadini, vuole assicurarsi, più di ogni altro, che

questi soldi vengono spesi in una maniera che piace ai

cittadini e quindi si fa promotrice di un forte investimen-

to sul miglioramento del servizio. Questa indagine, ov-

viamente, ha dato una serie di risultati sui punti di forza

e sui punti di debolezza e ha voluto occuparsi del quan-

to fosse positivo il clima pubblico nei confronti della

Pubblica Amministrazione e quindi di tarare quanto fos-

se possibile intervenire in tempi rapidi e quanto invece

ci fosse da costruire in consenso e cultura. Successiva-

mente, è stata costituita una serie di comitati ed è stata

avviata una iniziativa, tradotta sulla stampa internaziona-

le come Citizen’s choice, con lo scopo di verificare, coin-

volgendo costantemente i cittadini, se fosse effettiva-

mente attuato il principio di scelta, cioè se i cittadini sia-

no sottoposti ad un servizio chiuso o possano scegliere

le prestazioni di servizio, se abbiano libertà di scelta tra

alternative, o libertà di scelta, di indirizzo, del che cosa

vogliono. In tutti questi comitati, che poi sono venuti ad

assumere una valenza locale, le iniziative sono di due ti-

pi: conoscitive, per capire quanto effettivamente esiste

principio di scelta, e poi di stimolo e di introduzione al

cambiamento per cui sono gli stessi comitati a proporre

iniziative di miglioramento e di ampliamento delle possi-

bilità di scelta; di rimozione delle barriere istituzionali,

delle pratiche quotidiane, all’usufruire effettivamente di

una scelta di qualità dei servizi.

La Francia ha, per molti aspetti, una tradizione am-

ministrativa simile alla nostra.

L’iniziativa più particolare è stata introdotta dal Mini-

stere de l’Equipment che ha riscontrato la necessità di

introdurre un meccanismo che rendesse più fluide le

relazioni tra l’Amministrazione Pubblica e i cittadini, in

particolare in tutti quegli ambienti in cui la relazione

non è immediata, in cui il cittadino si sente lontano, op-

pure non ascoltato (nel settore dei lavori pubblici, per

esempio) e ha creato la figura del facilitatore delle rela-

zioni.

I facilitatori delle relazioni hanno il compito di indivi-

B r u n o C o p p o l a

Il Ministère de l’Equipment ha introdotto i facili-tatori delle relazioni utenteServe a stabilire una relazione con il cliente:– Complessiva– Personalizzata– Aperta, senza ricorso a procedure formali

Misure di supporto al facilitatore:– Guide– Formazione su comunicazione e mediazione

Creazione di una practice e di un network discambio di informazioni, controllato da un dipar-timento del ministero, che promuove la medesi-ma modalità presso altri ministeri.

Francia

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48•

duare i cittadini che hanno voglia di intervenire nelle va-

rie materie, di assicurare che possano effettivamente in-

tervenire e che vengano ascoltati dalle Amministrazioni;

di assicurare che esista la risposta da parte dell’Ammini-

strazione e la visibilità di quanto ha contribuito l’inter-

vento del cittadino nel funzionamento della Pubblica

Amministrazione. C’è una pressione per estendere que-

sta iniziativa, partita dal Ministere de l’Equipment, a tutti

gli altri ministeri francesi.

In Norvegia, sulla base di iniziative che partono dal

principio di apprendimento, dal contatto con gli utilizza-

tori dei servizi, è stata lanciata una serie di conferenze

nazionali, e poi soprattutto locali, chiamate Consensus

conference, le conferenze del consenso.

Queste conferenze sono un modello piuttosto artico-

lato di intervento perché presuppongono che vengano

costituiti dei tavoli cui partecipano normali cittadini,

esperti ed amministratori, in cui si definiscano le aspet-

tative delle varie parti su una specifica tematica, si co-

struiscano delle ipotesi di lavoro, che vengano discusse

all’interno della conferenza e concordate dalle parti,

quindi si formuli un report che è, sostanzialmente, un

piano di lavoro operativo e immediatamente esecutivo

per le Amministrazioni coinvolte. Successivamente si de-

finisce una serie di punti di osservazione, uno stato di

avanzamento lavoro, e le Conferenze si riconvocano a

distanza di un tempo definito per esaminare quanto ab-

biano effettivamente avuto successo le iniziative stabili-

te. Si prevedono tempi anche abbastanza lunghi: le Con-

ferenze qualche volta durano un anno, altre volte posso-

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

– Imparare dal contatto con gli utilizzatori– Iniziative locali improntate alla comunità: Con-

sensus conference– Conference preparate a più fasi con cittadini

ed esperti– Report condivisi sui piani di attività– Follow up a distanza (fino a 4 anni)

Esempio: consensus conference sui cibi geneti-camente modificati

Norvegia

Sportello informativo del cittadino

– Informazione sui servizi e modalità di accesso

– Accesso facilitato ai servizi

– Stato di avanzamento delle pratiche;

– Accesso al sistema dei suggerimenti e reclami.

Radicale aggiornamento dei sistemi informativi

Personale “di ascolto” in rete

Spagna

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no durare anche quattro anni, in relazione al tipo di ini-

ziative e agli argomenti trattati. È diventata famosa, per

esempio, una Consensus conference sui cibi genetica-

mente modificati, lanciata nel 1995 per capire quali do-

vessero essere le garanzie e i servizi prestati dal settore

pubblico sull’argomento.

In Spagna esistono iniziative completamente diverse.

È riferita come una esperienza molto avanzata quella

della Comunidad de Madrid che, sostanzialmente, ha in-

trodotto alcuni principi di buona informazione del citta-

dino e istituito alcuni sportelli in cui non solo i cittadini,

ma anche le imprese e le Pubbliche Amministrazioni,

possono avere informazioni su quali sono i servizi e qua-

li sono le reali modalità di accesso.

Gli sportelli danno informazioni al pubblico, raccolgo-

no le difficoltà di cui hanno esperienza e le riportano al-

l’interno delle Amministrazioni. L’iniziativa è nata in tem-

pi abbastanza recenti e quindi è stato immediato fornire

agli operatori degli sportelli una rete di comunicazione,

che integra fortemente tutta l’informazione raccolta e la

mette a disposizione delle Amministrazioni, in maniera

complessiva. Ciò ha comportato un radicale aggiorna-

mento dei sistemi informativi e, anche per questo, l’ini-

ziativa è vista dal resto della Spagna come un’esperienza

di forte innovazione.

Dell’esperienza del Regno Unito, abbiamo sentito già

abbondantemente. Vorrei ricordare altre due piccole

esperienze che sono sempre comprese nel programma

Best value, che ci ha illustrato Joanna David: quelle di

Bristol e di Bradford. Anche in questo caso sono stati co-

stituiti dei sistemi di ascolto, sostanzialmente basati sui

principi di panel e costruzione di Conferenza. Qual è la

particolarità?

Per esempio, nel caso di Bristol, la Conferenza è na-

ta sulla definizione dei programmi per la salute pubbli-

ca: c’è stato un grande sforzo nel coinvolgere in questi

comitati, in questi gruppi di ascolto, tutti i settori nor-

malmente esclusi, quindi tipicamente i giovani, magari

drop-out, le donne casalinghe molto isolate, insomma

tutti i gruppi che, normalmente, meno frequentano,

B r u n o C o p p o l a

Bristol e l’autorità per la salute dell’Avon– 10.000 contatti, 2.000 persone coinvolte, 4 questio-

nari a testa– Tutte le categorie, con attenzione agli esclusi abi-

tuali– Focus group, interviste, panel– Struttura continuativa– Identificazione bisogni e monitoraggio delle presta-

zioni

Bradford e la gestione della sicurezza– 5 panel e un a rete di 77 forum– Panel permanente di 2.500 cittadini, coinvolti per

interessi, a rotazione– Il piano 2020. Vision for the district

Gran Bretagna

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50•

meno si fanno ascoltare, ma che sono centrali per il ti-

po di servizio. Quindi si è messo in moto un forte mec-

canismo di attivazione, sono state coinvolte, con iniziati-

ve porta-a-porta, 2.000 persone (non si tratta di una

realtà enorme, per cui 2.000 persone sono un campio-

ne abbastanza significativo) e, dopo i “soliti" questiona-

ri, è stata definita una serie di gruppi per interesse che

vengono costantemente utilizzati per tarare i percorsi di

intervento.

A Bradford, invece, è stato avviato un grande lavoro a

partire dalla sicurezza urbana che, poi, ha riguardato un

intero distretto.

Arriviamo ad una conclusione. Ci accorgiamo che ci

sono molte iniziative di comunicazione e di ascolto, po-

tremmo chiederci: quali sono i risultati effettivi di tutte

queste iniziative, quanto influenzano i servizi, quanto au-

mentano effettivamente la qualità?

Se ci facciamo questa domanda ci accorgiamo che ci

sono molte iniziative di buona volontà e altre iniziative

certamente efficaci e abbiamo anche visto che si diffe-

renziano molto le une dalle altre: l’esperienza di Madrid

è sicuramente molto diversa da quella norvegese o da

quella del Regno Unito.

In realtà le culture dell’ascolto sono moltissime e, os-

servando quello che succede sul panorama internazio-

nale, si vede che ci sono esperienze improntate ad un’i-

dea di ascolto sostanzialmente inteso come strumento

per la gestione delle eccezioni, risoluzione di problemi

operativi; c’è una seconda idea di ascolto che si defini-

sce come sistema di regolazione del servizio pubblico,

assicurazione della qualità dei servizi esistenti e c’è una

terza idea di ascolto che si configura come apertura del

processo decisionale, come inserimento dell’opinione e

dell’attesa del cittadino nel processo decisionale della

Pubblica Amministrazione.

Gli ascolti del primo tipo tendono a rimanere sulla

superficie e inevitabilmente provocano conseguenze su-

perficiali nell'organizzazione e via via, invece, gli altri tipi

di ascolto mettono in discussione non soltanto un’attitu-

dine mentale, ma i meccanismi di funzionamento orga-

nizzativo. Ascoltare l’opinione di 2.000 cittadini e fare un

piano di lavoro significa assicurare che l’intera Ammini-

strazione, in tutte le sue articolazioni, seguirà quel piano

di lavoro, il che non è assolutamente banale. Joanna Da-

vid ci ha portato questa mattina un esempio di forte ne-

cessità di integrazione quando ci ha raccontato come

per gli anziani sia stato esaminato un basket of services,

un gruppo di servizi integrati che hanno come punto di

unificazione la persona, l’anziano, non l’Amministrazione

che eroga il singolo servizio, il che poi necessita di un

forte coordinamento e intervento.

Questi sono effettivamente stimoli che ci inducono a

pensare il funzionamento e i nostri meccanismi di ascol-

to. Quello che mi sembra certo è che le varie testimo-

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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51•

nianze, benché siano per noi molto avanzate, o addirit-

tura curiose, ci raccontano di un’esigenza fortemente

percepita da tutti e ci dicono che in moltissime parti del

mondo questo è un tema assolutamente cruciale.

B r u n o C o p p o l a

Ringraziamo il dottor Coppola per la sua efficace sintesi. Questa ricerca sembra veramente molto interessante. Ed è presentata

qui per la prima volta. Grazie.

Certo è cruciale lo spunto finale, che dice: tante iniziative diverse, si tratta di vederne un po’ l’efficacia, quindi la performance. La

nostra speaker americana aveva posto moltissimo l’accento sul fatto che gli americani monitorizzano sempre la performance del-

le iniziative fatte, mentre in tanti altri luoghi ciò non si verifica: si fa l’iniziativa, tanta buona volontà, ma poi non si sa in effetti che

risultati ha avuto; quindi un richiamo a questo credo sia stato molto importante.

E adesso passo la parola a Patrizia Comi del nostro Servizio Urp: “Pratiche e casi di ascolto delle audience in Regione e il Labora-

torio per l’innovazione: Rete di punti di ascolto in Emilia-Romagna”. Anche qui si tratta di un argomentone, da sintetizzare in un

quarto d’ora.

Vera Negri Zamagni

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53•

P a t r i z i a C o m i

Esperienze e progetti dellaRegione Emilia-Romagna

Pratiche e casi di ascolto delleaudience in Regione e il Laboratorioper l’innovazione: “Rete di punti diascolto in Emilia-Romagna”

di Patrizia Comi

Il cambiamento sociale in atto

Ciò che accade nel mondo in questi giorni invita a ri-

flettere. Se siamo fiduciosi, nonostante gli eventi terrori-

stici e il clima di guerra, è perché gli esseri umani, maga-

ri usando anche le tecnologie della comunicazione e

dell’informazione, hanno la capacità di mettersi in rela-

zione e ascoltare; di fermarsi in silenzio, come è accadu-

to anche solo per tre minuti in Europa a seguito dell’at-

tentato di New York, per ascoltare e ascoltarsi.

Sostituendo il concetto originario di conferma con

quello in fondo più semplice e meno impegnativo di

ascolto, potremmo dire, parafrasando un passaggio di P.

Watzlawick in “Pragmatica della comunicazione umana”:

“È uno solo il principio su cui si basa la vita associata

degli uomini, anche se sono due le forme in cui si mani-

festa: il desiderio che ogni uomo ha che gli altri lo con-

fermino/ascoltino per quello che è, o magari per quello

che può divenire, e la capacità (che è innata nell’uomo)

di poter confermare/ascoltare i suoi simili come essi de-

siderano”. “L’aspetto che è importante, non è il contenu-

to della comunicazione in sé, ma l’aspetto di relazione

della comunicazione umana. Diremo dunque che sono

sistemi interattivi due o più comunicanti (individui o na-

zioni) impegnati nel processo di definire la natura della

loro relazione”.

Un radicale mutamento sociale è in corso e si mani-

festa in vari aspetti: lo studio, il lavoro, gli scambi e la co-

municazione, il ruolo della tecnologia, le capacità/poten-

zialità e le aspettative individuali, i livelli di sviluppo, le

visioni e le interpretazioni.

Si evolve anche la domanda del cittadino e degli

utenti verso la Pubblica Amministrazione: esprime non

solo bisogni dai contenuti differenziati e dinamici ma

privilegia nuove forme di relazione, a livello logico razio-

nale e anche a livello emotivo. La comunicazione diven-

ta meno formale e strumentale, non è più relegata all’u-

tilizzo di strumenti rigidamente codificati, di natura solo

tecnologica o burocratica. Si sente la necessità di instau-

rare un clima di fiducia a partire dalla condivisione di

spazi e azioni, dalla cura di un rapporto continuativo, di

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una relazione affidata, oltre al linguaggio verbale, anche

all’incontro diretto, personale, più autentico e profondo.

Dunque cambiano o si sente fortemente l’esigenza di

un cambiamento di comportamenti, atteggiamenti, con-

sapevolezze, di piani e di canali della comunicazione, dei

modi di agire. Tutto ciò stimola la Pubblica Amministra-

zione ad adeguarsi rapidamente.

Un laboratorio permanente per l’innovazione

Il Progetto per una »Rete regionale dei punti di ascol-

to”, che fa parte dell’Agenda per la modernizzazione del-

la Regione Emilia-Romagna, intende essere un laborato-

rio permanente di innovazione attraverso più azioni inte-

grate:

• una ricognizione in ambito regionale dei casi di ascolto

e una loro comparazione con quelli internazionali;

• l’individuazione e il continuo aggiornamento dei temi,

degli stakeholders e delle iniziative;

• l’estrapolazione di modelli di rete e il disegno dei flussi

di comunicazione;

• l’analisi dei requisiti e degli strumenti dei punti di

ascolto interni all’Ente, esterni, settoriali e trasversali;

• l’attuazione di soluzioni organizzative, formative, infor-

mative e tecnologiche avanzate;

• sperimentazioni pilota, realizzazione di moduli, accanto

a sempre nuove soluzioni che scaturiscono dalla rifles-

sione continua su quanto avviato.

Nella fase attuale del progetto siamo in grado di ana-

lizzare e approfondire una molteplicità di iniziative regio-

nali di ascolto secondo i principali parametri:

– settori di intervento;

– obiettivi e contenuti;

– piani, programmi o progetti regionali di riferimento;

– destinatari intermedi o finali;

– modalità di ascolto: dalla relazione diretta individuale

o di gruppo, agli strumenti telematici, multimediali e ti-

pografici;

– tipi di risposte ricevute, tra le quali informazioni e par-

tecipazione alle decisioni;

– stabilità o periodicità dell’intervento;

– risorse investite;

– risultati e vantaggi per l’innovazione organizzativa, per

esempio conoscitivi, di fidelizzazione, di semplificazione

ecc..

Una prima mappa di casi dimostra la grande ricchez-

za e varietà di forme di ascolto che si sviluppano, dallo

sportello alla comunità, passando attraverso la program-

mazione partecipata, avvalendosi di:

a) sondaggi con interviste individuali, per rendere gli in-

terlocutori consapevoli del problema;

b) dibattiti pubblici per raccogliere opinioni con doman-

de aperte;

c) gruppi di lavoro per elaborare contributi;

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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d) consultazioni e assunzioni di decisioni allargate;

e) questionari di verifica sulla soddisfazione della perso-

ne coinvolte.

Gli aspetti più interessanti osservati nella maggior

parte di casi sono almeno tre:

1. il concatenarsi delle diverse modalità;

2. le finalità del processo che spaziano tra situazioni pro-

blematiche o di crisi da affrontare, la qualità di un servi-

zio da migliorare e un programma o una legge da ap-

provare;

3. i metodi di assunzione delle decisioni: minore spazio

a quelli di natura impositiva per avallare proteste o deci-

sioni superiori; maggiore peso a quelli che si avvalgono

di raffinate forme di compromesso o mediazione e so-

prattutto di partecipazione e collaborazione.

Passeremo in rassegna una sintetica selezione di casi

regionali emblematici, ponendoci tre domande di fondo:

chi ascoltiamo? come ascoltiamo? perché ascoltiamo?

Vedremo che in quasi tutti i casi esaminati è prepon-

derante l’ascolto di primo livello, generalizzato o mirato,

in primo luogo verso i cittadini, secondariamente rivolto

anche ad altri soggetti collettivi, associazioni, gruppi non

istituzionalizzati, che li rappresentano. L’ascolto dei sin-

goli utenti avviene prevalentemente tramite sportelli fisi-

ci/virtuali o iniziative mirate quali interviste telefoniche e

de visu. L’ascolto di una pluralità di soggetti singoli e as-

sociati, generalmente in una fase successiva, è affidato a

focus group. L’obiettivo basilare è conoscere percezioni,

aspettative, comportamenti, insoddisfazioni, allo scopo

di valutare preventivamente, in itinere o a posteriori, la

validità dei piani e dei servizi pubblici. Un ascolto molto

accurato, finalizzato alla migliore soddisfazione dei biso-

gni sociali e a favorire nuove forme di relazione con il

pubblico, si afferma con forza in due interessanti filoni:

la programmazione partecipata voluta dalla Pubblica

Amministrazione; la promozione di comunità, che nasce

per accogliere e valorizzare un impulso proveniente di-

rettamente dai cittadini.

Per un approfondimento dei casi è possibile fare rife-

rimento a pubblicazioni specifiche o al sito web regiona-

le, comunque entrare in contatto attraverso l’URP con le

persone responsabili del progetto “Rete regionale dei

punti di ascolto” e dei singoli progetti settoriali di comu-

nicazione e ascolto.

Gli sportelli reali e virtuali per i cittadini e per gli

operatori

Tra le modalità di ascolto più diffuse si evidenzia una

tradizione recente nella PA: gli sportelli. Sportelli URP,

accanto a sportelli più o meno settoriali, polifunzionali,

unici tra Enti diversi della PA che prevedono, per esem-

pio nel caso dello Sportello Unico per le Attività produtti-

ve, tra le altre forme di collaborazione per il rilascio di

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autorizzazioni congiuntamente, la Conferenza di servizi.

Si tratta di due tipologie di sportello:

• strutture permanenti fisiche con operatori ai quali si

estende l’ascolto, dotate di servizi di informazione e co-

municazione in Internet;

• strutture solo virtuali con numeri verdi, e-mail, forum,

FAQ, strumenti di cooperazione in rete, agende telemati-

che, formazione a distanza; con accessi via cellulare, to-

tem, postazioni presidiate, ecc..

Scopo dell’ascolto, nel caso degli sportelli, è sup-

portare e migliorare l’erogazione dei servizi di informa-

zione e di accoglienza: si raccolgono domande, proble-

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

Sportelli fisici e virtuali

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mi, aspettative, percezioni, soddisfazioni, reclami, pro-

poste; si registra un miglioramento nel tempo del livel-

lo di accesso e di soddisfazione da parte degli utenti,

una maggiore responsabilizzazione e coinvolgimento

degli operatori a vantaggio dell’innovazione della Pub-

blica Amministrazione e della crescita culturale com-

plessiva. Citiamo alcuni esempi:

– la Rete degli sportelli URP delle ASL, dotati di banche

dati e di numero verde unico del Servizio Sanitario Re-

gionale introdotto dal 2001;

– il Sistema informativo regionale del Turismo che dal

1998 affianca conferenze, focus group, workshop con

operatori e servizi ai cittadini;

– il sito “Ermes imprese” che dal 2000 si rivolge a due

destinatari particolari: gli operatori degli Sportelli Unici

comunali delle Attività Produttive che costituiscono una

comunità professionale virtuale; le imprese e le loro as-

sociazioni come utenti finali sia degli sportelli comunali,

sia del sito regionale.

Le soluzioni indicate, introdotte dalle riforme norma-

tive e dallo sviluppo tecnologico, mettono fortemente in

discussione vecchie impostazioni tipiche della Pubblica

Amministrazione:

• la tradizione che considerava l’ascolto esclusivamen-

te secondo le prassi più collaudate come dibattiti degli or-

gani politici, referendum, consultazioni elettorali, i partiti e

loro conferenze, il potere locale, i gruppi di pressione;

• l’opinione pubblica spesso utilizzata per lo scan-

daglio delle reazioni o modellata da parte dei gruppi

di pressione e della propaganda politica; una voce che

si esprimeva mediante la stampa o Internet, o anche

attraverso riunioni libere di cittadini, comitati sponta-

nei o associazioni ma spesso priva di ascolto e di

feedback;

• la burocrazia amministrativa intesa come un insie-

me di comportamenti impersonali ispirati esclusivamen-

te alla razionalità formale delle decisioni; un sistema ge-

rarchico con divisione rigida delle competenze e la cen-

tralizzazione dell’autorità; incentrata sulla routine delle

procedure, sull’efficienza più che sull’efficacia e sulla cul-

tura di risultato.

La qualità percepita dagli utenti di servizi

Un preciso filone di ascolto a scopo gestionale, mu-

tuato dal privato, riguarda il controllo e il miglioramento

della qualità dei servizi in cui l’ascolto è rivolto a seg-

menti di utenti e agli operatori di specifici servizi. Vedia-

mo alcuni casi.

“Il servizio ferroviario regionale vuole cambiare. Miglio-

riamolo insieme”. È il titolo di un progetto che dal 2001

con convegni, spot e campagne, call center e sito web,

accompagna con l’ascolto, la progettazione, l’introduzio-

P a t r i z i a C o m i

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ne, la gestione, il controllo e il miglioramento del servi-

zio anche in rapporto con le società di gestione. La defi-

nizione dei parametri contrattuali ha così potuto riflette-

re le aspettative degli utenti sui temi dell’affidabilità, del-

la puntualità, dell’affollamento, della pulizia e del com-

fort dei trasporti, della qualità delle informazioni e delle

comunicazioni.

“La Qualità negoziata nei servizi per l’infanzia”, dal 1992

al 1998, introduce un’idea di qualità ampia e innovativa:

multidimensionale ovvero gestionale, organizzativa, edu-

cativa e percepita; negoziata tra diversi attori, 900 geni-

tori, 200 operatori, amministratori, esperti in 16 comuni

campione; di processo o dinamica, in quanto pratica

permanente di monitoraggio, confronto, promozione,

crescita di un sapere comune.

L’esperienza, fondata su una strategia comune tra Re-

gione ed Enti locali, ha consentito di ridefinire anche il

quadro normativo di settore.

È una scelta di ascolto come forma di comunicazione

nei e tra i gruppi, volto a favorire la tolleranza per le opi-

nioni differenti e i diritti di ciascuno; l’accettazione prati-

ca e senza riserve del pluralismo; la democrazia intesa

come partecipazione e controllo della popolazione; l’in-

novazione delle attività pubbliche.

Se la democrazia è il sistema politico della comuni-

cazione pubblica, allora corrisponde più che a un go-

verno fatto di parole, a una società pluralistica, fonda-

ta sul dialogo, dunque in primo luogo sull’ascolto dei

cittadini. Come afferma John Stuart Mill, in “On li-

berty”, “L’umanità non è infallibile; le verità degli uo-

mini in gran parte sono solo mezze verità; l’unità di

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

Qualità percepita

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opinioni, a meno che non risulti dal più completo e li-

bero confronto delle opinioni opposte, non è desidera-

bile e la diversità non è un male ma un bene, finché

l’umanità non sarà maggiormente capace di ricono-

scere tutte le facce della verità di quanto non lo sia al

presente. Questi sono principi applicabili ai modi di

azione degli uomini non meno che alle loro opinioni.”

“...ora legge le stesse cose, ascolta le stesse cose, ve-

de le stesse cose, va negli stessi luoghi, rivolge le pro-

prie speranze e i propri timori verso gli stessi oggetti,

ha gli stessi diritti e le stesse libertà e si serve degli

stessi mezzi per affermarle. Pure essendo grandi le

differenze di posizione sociale che ancora rimangono,

non sono niente se paragonate a quelle che sono ces-

sate. …l’Umanità diventa rapidamente incapace di

concepire la diversità, quando si è per qualche tempo

disabituata a vederla.”

Un altro caso di qualità percepita su un evento/pro-

dotto piuttosto semplice, ma rivolto a un soggetto socia-

le importante, è il feedback raccolto nel 2001 sul video-

gioco Work Gate di supporto per l’orientamento.

Rispetto allo stesso soggetto, i giovani, la prevista “Ri-

levazione radiofonica sull’immaginario giovanile”, con

quiz a premi, è un esempio di ascolto realizzato per va-

lutare non la qualità dei servizi ma orientamenti e com-

portamenti degli utenti.

La valutazione preventiva dei piani con gli utenti

Un esempio molto significativo, a proposito di aspet-

tative, percezioni, scelte degli utenti, è l´“Indagine sui

comportamenti e le preferenze in materia di mobilità ex-

traurbana” degli abitanti della Regione. Nel 2001 in 2-5

comuni per provincia si svolge in due fasi principali:

– monitoraggio del tipo di mobilità extraurbana relativa-

mente a tempi, mezzi, costi, luoghi, percorsi, frequenze,

P a t r i z i a C o m i

Valutazione preventiva

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accessibilità per 12.500 utenti contattati per telefono;

– approfondimento sulle esigenze e preferenze per pos-

sibili scenari alternativi con 600 utenti intervistati nelle

loro case e con successivo feedback via e-mail.

Lo scopo è la verifica preventiva dell’efficacia delle

azioni previste dal Piano regionale integrato dei trasporti

(PRIT) e la raccolta delle informazioni necessarie per un

aggiornamento dei modelli di simulazione della mobilità.

La programmazione partecipata dai cittadini

singoli e associati, dalle imprese e dagli Enti

Un vero e proprio salto di qualità nell’ascolto avviene

quando il piano non è verificato, prima o dopo l’approva-

zione, ma costruito e negoziato con molteplici soggetti isti-

tuzionali e non. Tra questi soggetti può avere un rilievo di

primo piano la Comunità, ovvero i cittadini che risiedono o

lavorano in un’area geografica, come per esempio l’ASL o

la Provincia: è questo il caso dei Piani per la salute (PPS).

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

Programmazione partecipata

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Nel 2001 i Piani per il miglioramento della salute

della popolazione e la riduzione delle diseguaglianze,

realizzano due obiettivi distinti ed espliciti: conoscere i

problemi, per migliorare l’assistenza sanitaria, con l’ela-

borazione di un piano poliennale che impegna risorse

umane e materiali in modo rispondente ai bisogni; spe-

rimentare nuove esperienze di partecipazione e di svi-

luppo della comunità stringendo un patto, un sistema

di alleanze, tra gruppi sociali e istituzioni, con responsa-

bilizzazioni appropriate in diverse aree.

Si dimostra in questo caso come la correttezza di una

decisione sia proporzionata alla quantità e qualità di ap-

porti che la determinano e al modo di assumerla. Alcuni

aspetti, verificabili nelle immagini, tendono ad eviden-

ziarlo:

– la molteplicità di soggetti: 31 interviste di gruppo a

249 persone come a Cesena;

– i risultati innovativi: la prevenzione e l’educazione e

P a t r i z i a C o m i

Programmazione partecipata

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non la medicalizzazione, tra le nuove priorità scaturite

sempre a Cesena;

– la complessità e ampiezza dei processi di consultazio-

ne e decisione come a Bologna Nord.

L’esperienza propone metodologie innovative e risul-

tati di rilievo:

– si incoraggia l’assunzione di informazioni più complete

e aggiornate, oltre che di rischi superiori nel prendere le

decisioni, che risultano quindi più innovative;

– una molteplicità di situazioni e preferenze non conosciute

e particolari, individuali e dei gruppi, diventano più aperte,

sono valorizzate e confluiscono in una decisone collettiva;

– le decisioni collettive, per i singoli individui, i gruppi e

le istituzioni che partecipano, comportano conseguenze

come l’identificazione, la fiducia, una maggiore respon-

sabilizzazione, piuttosto che un senso di controllo e di

dipendenza dall’autorità;

– il tempo complessivamente impiegato è minore rispet-

to alle modalità istituzionali di consultazione e decisione

per via gerarchica e di recupero del dissenso o conflitto

eventuali a posteriori;

– l’efficienza e l’efficacia del processo sono entrambe

maggiori.

Un caso analogo, ancora meno settoriale, basato

sulla metodologia consolidata dal 1998, EASW della Di-

rezione Generale Ricerca n. 13 dell’Unione Europea, è

il processo strutturato di programmazione partecipata

che si snoda in collaborazione con gli stakeholder: a li-

vello regionale, dal 2000 con l’elaborazione e approva-

zione del Piano di azione ambientale per un futuro so-

stenibile, attraverso workshop interni ed esterni, con-

sultazioni, forum telematico libero e guidato; a livello

locale dei comuni e province, con il supporto dei Centri

per l’Educazione Ambientale, con i Forum civici dell’A-

genda 21.

L’obiettivo è, anche in questo caso, duplice: orienta-

re l’insieme delle politiche ambientali, urbanistiche,

economiche, infrastrutturali verso lo sviluppo sostenibi-

le, la qualità sociale e ambientale in Emilia-Romagna,

nel quadro delle previsioni e degli scenari europei;

sperimentare un nuovo modo di costruire la program-

mazione attraverso metodi e strumenti interdisciplinari,

partecipativi, informativi, responsabilizzanti tra più sog-

getti istituzionali, economici, non governativi, cittadini e

consumatori.

Lo stesso Programma di comunicazione ambientale

della Regione Emilia-Romagna, del maggio 2001, appli-

ca esemplarmente il punto di vista dell’ascolto alle diver-

se parti che lo costituiscono:

• gli obiettivi di conoscenza, consapevolezza, partecipa-

zione dei cittadini; di promozione dello sviluppo soste-

nibile e della qualità ambientale, sociale e economica;

• la metodologia di integrazione con la programmazio-

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ne; di analisi dei bisogni e di monitoraggio continui;

• i requisiti di disponibilità dell’Ente ad un rapporto di re-

ciprocità con i cittadini e gli stakeholders; di sistematicità

delle azioni;

• la tipologia delle azioni e degli strumenti tra cui audit,

progettazione partecipata, educazione ambientale, cam-

pagne di sensibilizzazione, informazioni sullo stato am-

bientale.

Indichiamo un’ultima iniziativa di questo tipo che si

presta per richiamare i caratteri peculiari dell’ascolto le-

gato alla programmazione.

La Regione Emilia-Romagna, con l’Università Cattoli-

ca del Sacro Cuore di Piacenza, ha condotto una ricerca

intervento, non ancora pubblicata, nelle province di Ra-

venna e Piacenza: la “Metodologia per la Valutazione

strategica dei Piani Territoriali” (PTR, Piano territoriale re-

gionale e PTCP, Piano territoriale di coordinamento pro-

vinciale). È così messo a punto nel 2001 uno strumento

intersettoriale e preventivo di livello alto; un vero e pro-

prio sistema organizzativo reticolare permanente dello

Stato, fatto di regole, risorse, persone tendenti ad un

obiettivo, il piano.

Tale metodologia consente di: prendere e rivedere

decisioni; darne attuazione; verificarne costantemente gli

esiti; creare le condizioni per il successo delle politiche

locali dove, più che i risultati, conta il coinvolgimento,

l’apprendimento, la responsabilizzazione; migliorare il si-

stema economico e sociale territoriale con il consenso e

la partecipazione degli attori locali.

Comitati di cittadini e promozione di comunità

Vediamo ora una esperienza diversa, forse più opera-

tiva e che nasce dal basso, senza una precisa domanda

istituzionale, da parte di cittadini che sanno farsi ascolta-

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Comitati di cittadini

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re: i Comitati di cittadini per la sicurezza metropolitana.

La Regione Emilia-Romagna nel 1997-98 ha condotto

una ricerca e organizzato un convegno sui comitati e sul

tema, con i seguenti vantaggi:

– la ricostruzione della realtà dei comitati, indagando la

loro storia, la struttura, le attività, le relazioni con 25 in-

terviste in profondità;

– il sostegno dei comitati cittadini sulla sicurezza;

– il consolidamento della rete di relazioni tra istituzioni e

cittadini, con individuazione di referenti nelle città della

Regione;

– la raccolta dei bisogni e delle percezioni dei cittadini;

– la realizzazione di un momento di incontro e scambio

tra comitati;

– l’input alla programmazione delle attività del Progetto

Regionale “Città Sicure”.

Diventa sempre più importante, per la vita sociale e

delle istituzioni, prendere come riferimento la comunità,

conoscerla e valorizzarne le qualità, in un ambito princi-

palmente territoriale. Ciò è vero soprattutto nel settore

delle politiche sociali dove, occorre considerarlo, l’ascolto

di primo livello è generalmente curato da parte dagli Enti

Locali.

Riportiamo un esempio raccogliendo, nello spirito

del progetto, una sollecitazione “periferica” molto inte-

ressante: dal 1999 in tre quartieri del Comune di Bolo-

gna, si sperimentano, con notevoli risultati, interventi di

promozione della Comunità locale, con punti di ascolto

per i cittadini e spazi di mediazione territoriale tra citta-

dini e tra questi e la Pubblica Amministrazione. Questa

pratica ha lo scopo di promuovere una comunità com-

petente, capace di mettere in campo le proprie risorse

nella risoluzione delle situazioni di crisi. Gli spazi di me-

diazione sono un luogo di riferimento e una presenza

continuativa e qualificata per i cittadini per: raccogliere

le problematiche e le proposte e verificarle; promuovere

un contatto con i servizi e le istituzioni e attivare gli in-

terventi; facilitare la comunicazione, la conoscenza e la

fiducia; favorire l’incontro e lo scambio tra le diverse

componenti della comunità; analizzare i conflitti e stimo-

larne la gestione in maniera costruttiva; mettere in rete

le comunità territoriali.

Secondo H. Laborit “L’utilizzo del mass media che

in apparenza “informano” permette all’informazione

di penetrare esclusivamente ogni giorno in una sola

direzione, quella del potere verso la gente comune”

(La colombe assassinée). “… un processo rischioso

ma efficace potrebbe essere mettere in contatto, attra-

verso tutto il pianeta, piccoli gruppi umani, non istitu-

zionalizzati e soprattutto non istituzionalizzabili, con-

vinti assertori della non violenza, scettici verso ogni

ideologia, ogni idea, ogni avvenimento, che partono

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dalla base, liberi da ogni struttura gerarchica pirami-

dale, al fine di realizzare una società completamente

rinnovata” (Reminiscences. Un bric à brac fait de bric

et de broc).

Valutazione delle politiche e ascolto degli enti

locali e delle associazioni

Per completare il quadro, citiamo almeno un caso di

ascolto puramente di secondo livello verso altre istituzio-

ni, gli Enti Locali: l’“Indagine sulle politiche sociali della

Regione Emilia-Romagna” del 2000. La ricerca interven-

to che si è articolata tramite interviste in 62 comuni e di-

stretti campione, consente una valutazione del metodo,

dei contenuti, della congruenza delle politiche sociali

della Regione nei molteplici settori, attraverso l’analisi di

diversi aspetti, tra i quali: la preparazione e la gestazione

delle politiche; la produzione normativa; l’implementa-

zione della produzione normativa e l’impatto sugli attori

locali; il coinvolgimento e la soddisfazione dei comuni e

dei distretti.

Infine è necessario ricordare che non mancano nel-

l’Ente, come nella società regionale, le tradizionali strut-

ture permanenti, settoriali e non, quali Conferenze,

Consulte, Commissioni, Forum, Comitati. Se ne citano

alcune:

1. Conferenza economia e lavoro,

2. Consulta agricola,

3. Commissione tripartita con organizzazioni sindacali

e dei datori di lavoro per la formazione professionale e il

lavoro,

4. Forum del terzo settore,

5. Incontri sistematici tra Assessore e organizzazioni

sindacali per le politiche sociali o in altri settori,

P a t r i z i a C o m i

Valutazione delle politiche

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6. Conferenza delle autonomie locali,

7. Strutture per le politiche di genere,

8. Comitato consultivo regionale per la qualità da

parte del cittadini (CCRQ).

I caratteri più innovativi dell’ascolto regionale

Il quadro dei casi esaminati delinea la tendenza della

Pubblica Amministrazione a superare una impostazione

centrata su una comunicazione unilaterale, rivolta a de-

stinatari privilegiati, gerarchica, una tantum, con mezzi

tradizionali. Manifesta un nuovo orientamento volto a

privilegiare, nella maggior parte delle iniziative regionali,

una centralità dell’ascolto inteso come una opportunità

di: partecipazione non tradizionale di una pluralità fi

soggetti, e di attivazione di meccanismi di retroazione e

di forti processi di innovazione nella PA.

È possibile constatare che la Regione Emilia-Romagna

è impegnata con indirizzi e azioni verso il mutamento dei

rapporti tra cittadini, gruppi e istituzioni e crede nella

possibilità di: stabilire una comunicazione profonda, au-

tentica, diretta in un clima di fiducia; di instaurare rappor-

ti continuativi, basati sul senso di appartenenza ad un si-

stema più ampio; oltre che di condividere processi im-

portanti come scegliere, progettare, attuare, valutare.

Per accelerare il processo di cambiamento della Pub-

blica Amministrazione si è investito non solo in numero-

se ed eterogenee iniziative di ascolto esterne, ma anche

direttamente sulle risorse umane regionali, cercando di

innovare dall’interno. Si sono coinvolti infatti gli utenti

interni alla Regione dal 2001 per realizzare progetti di

miglioramento attraverso: indagini periodiche sul clima

interno; focus group su tematiche di rilevante interesse;

cassette di suggerimenti, finestre di dialogo on line, l’uf-

ficio reclami telematico.

La “Rete regionale dei punti di ascolto”

Come abbiamo riscontrato la Regione Emilia-Romagna

ha dunque al proprio attivo un patrimonio di risorse uma-

ne e finanziarie, di spazi, anche fisici come gli URP e gli In-

fopoint, di esperienze e di momenti specifici ed eteroge-

nei rispetto a eventi particolari o ad azioni di programma-

zione del territorio, in cui l’elemento più innovativo è rap-

presentato dall’ascolto. Un mondo che, come la stessa

realtà contemporanea alla quale appartiene, sembra asso-

migliare sempre più a qualcosa di indistinto, inafferrabile

e mutevole come le nuvole più che ad un orologio perfet-

tamente preordinato e funzionante, per dirla con Popper.

Data la natura rilevata dei casi analizzati, si delinea per

la realtà regionale una trama di comunicazione basata su

un approccio di tipo ecosistemico, su qualcosa di analogo

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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al concetto di “Rete della vita” analizzato da F. Capra. I

principi fondanti di questa trama di punti di ascolto sono

semplici da esporre, meno facili da realizzare:

• reti chiuse dal punto di vista dell’organizzazione, del

coordinamento;

• reti aperte ai flussi di energia, di risorse, di informa-

zione, di eventi quindi in continua trasformazione;

• reti in cui tutti gli elementi sono in comunicazione

piena, incentrata sull’ascolto, in ogni direzione.

Entità diverse possono interagire secondo una serie

di rapporti specificabili, possono essere legate da una

interiore coerenza logico-significativa. Qualche cosa di

analogo appartiene alle costellazioni, al sistema zodia-

cale e alla stessa opera d’arte che lo rappresenta nell’af-

fresco del Palazzo Farnese a Caprarola dipinto dallo

Zuccaro: un’immagine emblematica che abbiamo scelto

per il progetto intitolato “Rete regionale dei punti di

ascolto”.

L’ispirazione evocata per il progetto si avvale di: idee,

esperienze, saperi, metodi e strumenti, processi ed even-

ti da interconnettere per poter accedere alla rete di co-

municazione in modo distribuito; di interdipendenze tra

soggetti economici, culturali, sociali, politici, istituzionali

e non, da creare ai diversi livelli, disegnando relazioni tra

gli stessi che non sempre sono lineari.

La visione del progetto, pertanto, con la creazione di

relazioni e di regole, si traduce in una struttura organiz-

zativa interna/esterna non gerarchica e che si adatta ai

mutamenti, con nodi istituzionali e nodi portatori di inte-

P a t r i z i a C o m i

Il progettoRete regionale dei punti di ascolto

Il sistema zodiacale. Palazzo Farnese, Caprarola

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68•

ressi con un’architettura tecnologica distribuita e diversi-

ficata.

La focalizzazione del progetto su una nuova dimen-

sione bidirezionale, multicanale e integrata della comu-

nicazione facilita la realizzazione di un salto di qualità

nel sistema delle regole e anche dei valori, negli atteg-

giamenti e comportamenti, nelle azioni presenti all’inter-

no della Regione. Ciò a partire dai settori tradizional-

mente più sensibili e avanzati e in ambiti strategici per

una nuova Regione come il Sistema delle autonomie lo-

cali.

In un approccio orientato alla qualità, l’ascolto e la fi-

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

Il sistema dei punti di ascolto come rete organizzativa

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69•

delizzazione della relazione possono diventare una solu-

zione innovativa che consente di verificare, anche pre-

ventivamente e in itinere, le scelte programmatiche, i ri-

sultati delle azioni amministrative, la qualità dei servizi,

le aspettative e la soddisfazione degli utenti apportando

i necessari interventi di mediazione e miglioramento.

P a t r i z i a C o m i

Sicuramente la ricchezza delle iniziative in Emilia-Romagna non è stata illustrata adeguatamente in questi quindici minuti, ma

non si poteva far meglio e noi ringraziamo veramente tanto Patrizia Comi perché ci ha detto molto in questi quindici minuti.

Non ci resta, adesso, che la nostra Tavola Rotonda finale. Chiamo Sebastiano Bagnara, dall’Università di Siena, Federico Butera

dall’Università di Milano, Roberto Grandi dall’Università di Bologna, illustri professori, ben noti a tutti quanti, ai quali abbiamo

mandato un paio di suggerimenti, come spunti di discussione.

Il primo suggerimento era: esportabilità-importabilità dei vari modelli.

Il secondo verteva sull’influenza che l’ascolto ha sulle modalità organizzative e strutturali degli Enti. Sono liberi naturalmente di

spaziare anche su altro in relazione a quanto è stato detto questa mattina.

Vera Negri Zamagni

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71•

Ta v o l a R o t o n d a

Tavola Rotonda

Sebastiano Bagnara

Questa mattina, innanzitutto, mi sono arricchito io,

imparando molte cose che non sapevo, tantissimi pro-

getti in corso e, in secondo luogo, ho scoperto che dei

due verbi di cui stiamo trattando – ascoltare per cam-

biare – mi sembra che sia molto più accentuato il con-

cetto di ascoltare, con una strumentazione che cambia

da Paese a Paese ma con metodi sostanzialmente iden-

tici; mentre mi pare ci sia meno stress sul cambiare, an-

che perché credo che sia la parte più difficile. Però ho

trovato nelle relazioni due dati che mi fanno pensare

che lì è il buco, lì è la difficoltà. Vediamo quali sono i

due dati su cui vale la pena di riflettere.

Considero i dati riportati dal caso americano che so-

no, a mio parere, paradigmatici. Nel caso americano i

dati presentati dicono sostanzialmente questo: quando il

Governo degli Stati Uniti, con l’agenzia indipendente, va-

luta la customer satisfaction da parte dei clienti trova

che tra clienti del pubblico e clienti del privato non c’è

una grande differenza. Discutere su una percentuale del

2,5%, quando l’indice è stato appena introdotto, non è

significativo. Sostanzialmente quel livello di soddisfazio-

ne per il pubblico e il privato, negli Stati Uniti, non cam-

bia granché. Ma io credo che se applicassimo l’indice

anche in Italia, il risultato non cambierebbe molto: il

trattamento gentile, le esperienze di gentilezza, sono

sempre sorprese – piacevoli sorprese – sia quando mi ri-

volgo al pubblico, sia quando mi rivolgo al privato. Forse

è nel nostro immaginario, nella nostra idea collettiva

dell’inefficienza del pubblico che riteniamo che, sempre,

nel pubblico ci debba essere poca gentilezza: in realtà,

basta guardare i ristoranti, che sono tutti privati, per ri-

scontrare che il livello di gentilezza che viene raggiunto

non è estremamente elevato.

Questo è il primo dato. Se io considero la soddisfa-

zione che producono i servizi pubblici e i servizi privati,

rilevo che è sostanzialmente identica. La cosa particolar-

mente interessante è che anche il livello interno di sod-

disfazione è sostanzialmente identico, ma qui abbiamo

un crollo pauroso del valore, cioè chi lavora all’interno

delle imprese private o degli Enti pubblici non mostra

sostanziale differenza nella soddisfazione del proprio la-

voro, però qui con livelli molto più bassi e, questi sì, ve-

ramente significativi: siamo nell’ordine della distanza

dell’8-10% e questo è un valore serio che fa discutere.

La domanda che mi pongo, allora, è: perché la soddi-

sfazione del cliente è sempre più alta della soddisfazio-

ne di chi eroga quel servizio? Tradotto in termini delle

mie competenze di psicologia sociale, questo è l’indica-

tore più evidente, forte, di stress organizzativo.

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La differenza che vi è tra questi due dati mi dice,

semplicemente, che in questo caso le persone in quanto

persone, non l’organizzazione in quanto tale, si fanno

carico delle deficienze. Il miglioramento ottenuto si pog-

gia sulla testa delle persone, non si traduce in efficienza

organizzativa, ma in comportamenti individuali che fan-

no aggio, si fanno carico della deficienza organizzativa.

La mia impressione è che questi dati americani così belli

e così chiari, in realtà, sono veramente rappresentativi;

dicono sostanzialmente che gli Enti pubblici e le imprese

private trovano molto più facile stressare il customer sa-

tisfaction esterno ma non fanno, o comunque, non intra-

prendono sufficienti azioni in modo tale da sostenere

questa parte interna.

Questo mi sembra una specie di darwinismo sociale,

cioè il modello che sta dietro non è un modello di razio-

nalità organizzativa, in cui il change organizzativo segue

la domanda di prestazioni nuove, qui si ha l’impressione

che si metta il peso della deficienza organizzativa sulle

persone perché rispondano a questo dato di fatto. Que-

sto è il primo punto che volevo toccare, un elemento su

cui ragionare insieme.

Mi sembra che tutti quanti, i decisori, i politici, ma

anche le imprese private trovino più facile fare questa

specie di stressing dall’esterno, piuttosto che ripensare

la propria organizzazione in modo che risponda meglio

alla customer satisfaction. La mia impressione, in sostan-

za, è che pretendiamo di dare servizi buoni con organiz-

zazioni malate. E questo non è buono, nel senso che fa

male alle persone. Se poi collego questo dato con il fat-

to che le persone stanno lavorando molto di più, comin-

cio a pensare, anzi ne sono sicuro, che le condizioni di

benessere delle persone, globalmente, non siano tanto

buone. “Sto meglio come utente, come cliente, ma sto

male quando lavoro”. C’è qualcosa di strano in questa

società che si fonda sul guadagnare sul tempo libero, da

una parte e, dall’altra, mi costringe ad aumentare le ore

di lavoro: c’è una contraddizione evidente e formidabile

che va pensata.

Ascoltare sì, ma anche per cambiare. Ma questo è

anche una conseguenza evidente. La conseguenza è in

un’altra notazione, molto interessante, fatta da Joanna

David che riprende una affermazione di Steve Martin, di

Warwick Business School, secondo cui il Best value, il

programma di cui ha illustrato benissimo le implicazioni,

in realtà, che cosa fa? “Seek to reshape the relationship

between government and the electorate”, cioè tutta

questa politica, che è sì legata all’efficienza, ha come fi-

nalità principale di ristabilire la credibilità della politica

del governo. È una provocazione, però mi risulta che in

quasi tutti i Paesi, da quando sono state introdotte que-

ste metodologie, non è aumentato il numero di votanti

anzi, se considero la situazione italiana, io osservo un

calo drammatico, colossale, dei votanti.

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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Allora, forse, qualche domanda su questo possiamo

farcela, cioè capire che questa caduta, questa differenza

sta, certo, nella caduta dei partiti, nella caduta dei valori

– la relazione olandese ne faceva cenno – che avviene

un po’ dappertutto, ma forse non sta anche in questa

contraddizione, evidente, che noi viviamo tra lo sforzo

che le organizzazioni ci impongono nella vita di lavoro e

la soddisfazione che dovremmo provare quando siamo

utenti? Siccome noi, quando andiamo a votare, siamo

persona unica forse vale più il primo che la seconda.

Qualche domanda su ascoltare per cambiare che cosa

andrebbe posta.

Federico Butera

Io sono rimasto colpito molto positivamente dalle

idee e dagli esempi portati dai colleghi stranieri, sia dalle

esperienze presentate nell’intervento di benchmarking,

sia dai progetti in corso nell’ambito della Regione Emi-

lia-Romagna.

La domanda che io mi faccio va un po’ nella stessa

direzione seguita da Sebastiano Bagnara: fantastici

esempi, ma come si fa?

Io vorrei dire, molto provocatoriamente, che fornire

un buon servizio è molto difficile. Fornire un buon servi-

zio dove l’apparenza e la benevolenza del servizio sono

visibili – la scuola, i servizi sanitari – è difficile; fornire un

servizio associato ad un beneficio per gli utenti finali,

che non è il servizio in sé e per sé come, per esempio,

ottenere una prenotazione in un ospedale, oppure rice-

vere le informazioni per poter acquisire un documento,

è ancora più difficile. Fare un servizio in cui l’apparenza

immediata è un’azione autoritativa, come quella della

tasse, è addirittura impossibile, o spesso appare impos-

sibile. Io ricordo un lungo progetto che i miei colleghi ed

io abbiamo realizzato nel Dipartimento delle entrate,

quando cominciammo questo progetto, in un incontro

in cui c’erano tutti i dirigenti delle Finanze, quando dissi

che il punto di partenza era l’idea di servizio mi ascolta-

rono come si ascolta un degno professore e poi venne

da me un alto dirigente che mi disse: “Professore, lei ha

detto delle cose con grande eleganza, c’è un solo pro-

blema che lei non ha capito di che cosa sta parlando:

perché queste sono le tasse, non è un servizio”. Questo

tema lo ha spiegato molto ben il collega olandese.

Fornire un servizio è una cosa difficile.

Vorrei provare a dire che è più difficile fornire un

buon servizio, sia nel caso più semplice sia nel caso più

complicato, che non costruire un’automobile. Sulla co-

struzione dell’automobile abbiamo 800 milioni di libri,

di corsi, di tecniche di formazione e abbiamo 100 anni

di storia e di dibattiti. Il nostro tempo è stato caratteriz-

zato dal taylorfordismo che è una forma di organizza-

Ta v o l a R o t o n d a

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zione, di cultura, sviluppatasi intorno alla fabbricazione

dei beni materiali. Ford la portò ad estrema conseguen-

za nella fabbricazione delle automobili, ma le applica-

zioni di queste teorie sono state sviluppate anche in al-

tri settori.

Io ritengo che fabbricare il servizio, erogarlo bene, è

più complicato che non fare le automobili e, da questo

punto di vista, come per le automobili, il primo ingre-

diente è il senso, cioè Ford colse l’idea che questo stra-

no, costoso, oggetto poteva essere desiderato dalla mag-

gior parte delle persone. Ford costruì un sistema, per

certi aspetti inumano, offrendo cittadinanza, sicurezza,

stabilità ai contadini polacchi, italiani, agli estraniati del

mondo, dando loro la possibilità di lavorare negli Stati

Uniti, quindi dà una grande idea. Con questo intendo di-

re che tutto ciò che noi diciamo sulla partecipazione, sul

senso del servizio, sul valore del servizio è estremamen-

te importante; tutto ciò che noi diciamo sul valore socie-

tario del servizio è molto importante. Tutto quello che

noi diciamo sul valore politico di un intervento sui servi-

zi, dal Reinventing Government e dalla firma che Bill

Clinton e Al Gore segnavano sulle Cards su cui erano in-

dicate le prescrizioni per i buoni servizi, è una cosa tre-

mendamente importante, ed è importante che la Regio-

ne Emilia-Romagna, che è avanti su questi temi, dia un

peso rilevante a questi argomenti, però il problema su

cui, amaramente e un po’ pedantemente, voglio richia-

mare l’attenzione è come si fa a fabbricare il servizio.

Voi avete parlato di tre cose diverse: della concezione

del servizio, come devono essere le scuole, gli ospedali, i

documenti che devono essere consegnati, i trasporti, le

tasse. Alcune di queste idee sul servizio sono, da una

parte, assai complesse perché hanno a che fare con i co-

sti, con i risultati, con i benefici e hanno a che fare con

gli interessi e questa è l’area nella quale le politiche di

servizio, le politiche economiche e le politiche sociali e

la dimensione della partecipazione del cittadino – del-

l’informazione e della partecipazione – sono particolar-

mente importanti. Il servizio che l’architetto famoso for-

nisce, nel costruire un nuovo edificio al centro della città,

è un servizio che da una parte produce dei risultati, d’al-

tra parte crea dei danni.

In questi giorni hanno proiettato alla televisione ita-

liana un documento molto feroce nei confronti dei Treni

ad Alta Velocità. I Treni ad Alta Velocità – una volta che ci

fossero – sono molto comodi, sono molto importanti,

quando noi li usiamo siamo molto felici, ma quando i

treni veloci devono passare nelle nostre città o nelle no-

stre campagne, ci creano molti problemi e la realizzazio-

ne di una grande opera come questa non solo è un

grande fatto negoziale, politico, economico, talvolta an-

che criminale, ma è sicuramente anche un fatto di parte-

cipazione.

Allora il meccanismo che il TAV ha usato, cioè quello

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di negoziare individualmente con tutte le persone che

avevano una casa frontaliera rispetto alla linea ferrovia-

ria, è stato un buon sistema, o se ne poteva trovare un

altro? Questo è il primo problema.

Il secondo aspetto è la ingegnerizzazione del servizio,

rispetto alle modalità di erogazione: il servizio viene for-

nito a mano, con il computer, face to face, o a distanza?

Qui si apre tutta la grande questione – che io evoco so-

lamente senza affrontarla – dell’e-government: oggi le

tecnologie informatiche ci consentono talvolta di accom-

pagnare, qualche volta di sostituire, dei servizi che ven-

gono resi direttamente dalle persone.

Chi si immagina che l’e-government sia semplice-

mente l’ingegnosità delle tecnologie che sostituisce il la-

voro umano e gli uffici, si sbaglia profondamente. Le

esperienze di successo sono quelle in cui queste innova-

zioni hanno toccato i due punti terminali del servizio: co-

me è organizzata la Pubblica Amministrazione, come la-

vorano le persone nella Pubblica Amministrazione, da

una parte, come i cittadini usano questi servizi dall’altra

parte. Il cittadino che sa usare un computer, alfabetizza-

to dal punto di vista informatico, userà i servizi di e-go-

vernment in un certo modo, per altri questi servizi saran-

no come la Stele di Rosetta in cui è contenuto il vocabo-

lario per tradurre dall’egiziano al greco, ma solo quando

è stata disseppellita – dopo duemila anni – siamo stati

in grado di interpretare i geroglifici egiziani. Per una

grande parte di cittadini, anche di un mondo avanzato

come il nostro, molto spesso quello che c’è dietro un

computer è come la Stele di Rosetta. È importante, poi,

non solo come si ingegnerizzano i servizi, ma soprattutto

come si mette knowledge, conoscenza, e non soltanto

informazione, nella testa degli operatori che gestiscono,

progettano e manutengono il servizio e come si mette

intelligenza, comprensione e apprendimento da parte

degli utenti.

È stato sollevato un terzo punto: il problema dell’ero-

gazione del servizio. Perché devo aspettare tanto dietro

una fila? Perché non devo capire come posso fare una

dichiarazione dei redditi? Possiamo essere tutti scontenti

di pagare le tasse, è difficile esserne felici, ma certamen-

te è molto possibile essere contenti del modo in cui

compiliamo la dichiarazione dei redditi. Il fatto, invece,

che ciascuno di noi per fare una dichiarazione dei reddi-

ti, debba rivolgersi ad un commercialista non va bene, è

una indegnità. Io non sono capace di fare una dichiara-

zione dei redditi, sono contento di pagare le tasse – non

so se c’è qualcun altro come me – ma sono inorridito e

indignato di essere incapace di fare una dichiarazione

dei redditi. Su questa modalità di erogazione del servizio

avvengono tutti i fenomeni di insulto, di disprezzo, di di-

stanza, di umiliazione, di minorizzazione degli utenti e,

sotto questo profilo, il problema della organizzazione del

lavoro che va dalla struttura fisica, alla modalità con cui

Ta v o l a R o t o n d a

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sono fatti gli uffici, alla modalità con cui si fa l’interfaccia,

diventa un problema più importante. Allora qualcuno

propone corsi di formazione sulla gentilezza e la corte-

sia. Nulla di più sbagliato: non che la cortesia, la genti-

lezza non ci vogliano, ma spesso l’operatore non riesce

ad essere né cortese, né gentile o, magari, riesce ad es-

sere cortese e gentile, ma non efficace perché non è ca-

pace di dare il servizio nei tempi, nei modi e nell’eroga-

zione attesi.

Io ho citato qualche volta – non lo farò questa volta,

ma invito chi è interessato a leggerlo – il più bel pezzo

sul dramma dei servizi che è la descrizione della portine-

ria di un grande albergo contenuta nel libro America, in

cui Kafka descrive il funzionamento degli alberghi.

Noi, il problema di una quantità enorme di persone

che pressano per avere un servizio e di una quantità di

persone che non sono capaci di gestire questo servizio

ce lo ritroviamo sui Call center, nei CRM, negli uffici pub-

blici, ma ce lo troviamo anche, come diceva Sebastiano

Bagnara, nei ristoranti dove spesso, anche in quelli co-

stosi, la qualità del servizio è molto bassa. Io ricordo

sempre un trattore romano, molto ruspante, che diceva:

“Io lei non la posso trattare bene, però mio padre mi ha

insegnato che quando arriva il cliente gli si dà il pane e

l’acqua e poi lo trattiamo come possiamo”; questa cultu-

ra del servizio, posseduta da un modesto trattore, spes-

so non ce l’hanno sofisticati operatori di servizio.

Come si fa, per esempio, a fare in modo che un ope-

ratore di Call center, in trenta-quaranta secondi, un mi-

nuto e mezzo di tempo, sia pure con l’aiuto di un com-

puter su cui ci sia un pezzo della sua intelligenza e della

sua conoscenza, dia una risposta, senza rifare telemati-

camente quello che avevano già fatto i suoi predecesso-

ri, dicendo “Attenda un attimo che le passo un altro uffi-

cio”?

Come si fa a fare quello che gli anglosassoni chiama-

no un servizio di case manager, cioè il servizio fornito

da una persona che ti lascia solo quando ha esaurito la

richiesta e che lo faccia con cortesia?

Questa è una operazione molto complicata. Chiudo

con un esempio.

In una analisi fatta in un importante Call center italia-

no sono stato messo in cuffia, a sentire che cosa faceva

una giovane operatrice che rispondeva ai clienti nel ser-

vizio telefonico. Io ho visto delle cose spettacolose. Tele-

fona una persona arrabbiatissima perché non le avevano

rimborsato una bolletta. Sul computer appare la storia

della persona, l’operatrice non dice “sto guardando il

computer”, ma lo usa come diagnostico e capisce che

non c’è niente da fare: per venti giorni all’utente non re-

stituiranno i quattrini. Allora comincia a dire alcune cose

che riconoscono il cliente, non è solo cortese, entra in

una relazione di accettazione, l’interlocutore si calma;

dal computer l’operatrice scopre che il piano tariffario

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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adottato è sbagliato ed è poco conveniente per il cliente

ed allora conduce la conversazione su questo argomen-

to e domanda “Ma lei vorrebbe per caso cambiare il pia-

no tariffario e risparmiare molto di più di quello che lei

si aspettava di avere dal rimborso?”. Questa persona non

solo si calma, ma si incuriosisce e domanda “A quale uf-

ficio mi devo rivolgere?” “La variazione la faccio io” e in-

tanto fa la valutazione di quanto è il risparmio per il

cliente. Il tono dell’interlocutore cambia radicalmente e

alla fine di questa informazione dice “Devo inviare una

domanda?” “No, mi dica di sì e io le applico il piano ta-

riffario in questo istante”. Completata questa operazione

l’operatrice conclude “Per quanto riguarda il rimborso,

perché non vorrei darle l’impressione che ci siamo di-

menticati, le do una risposta in dodici giorni. Io mi chia-

mo Monica. Mi ritelefoni a questo numero, le do il mio

indirizzo e-mail, oppure la richiamerò io”.

Questa operatrice si è comportata come l’ammini-

stratore delegato di quell’azienda, e poi mi hanno con-

fermato che era bravissima. Indubbiamente c’erano il

computer, la caduta in cuffia, la tecnologia, l’istruzione,

c’erano i capi ben preparati e quell’operatrice lavorava in

un ambiente ad altissimo livello di organizzazione, con-

dizioni indispensabili per poter fornire servizi di questo

genere che costano e sono complicati. In seguito le ho

chiesto “Ma lei è contenta di questo lavoro?” Mi ha ri-

sposto “Sì, io faccio un lavoro in cui rispondo a persone

che mi pongono domande, rispondo in poco tempo; so-

no come un pilota di un aereo che molto rapidamente

deve eseguire operazioni anche molto complesse e

quindi non so per quanto tempo potrò fare questo lavo-

ro, perché è pesante e molto stressante ricevere una co-

municazione ogni minuto e mezzo”. Alzatasi dalla sua

postazione vidi che aveva delle scarpe con dei tacchi al-

tissimi e allora mi è venuto spontaneo chiederle “Visto

che lei vive in una situazione così costretta, perché porta

delle scarpe così scomode?. “Lo so – mi ha detto – che

sono scomode, però noi siamo un gruppo di ragazzi e

ragazze della stessa età e quando finiamo di lavorare ci

piace essere come vogliamo ed io preferisco lasciar sof-

frire le mie caviglie, ma pensare di essere in una comu-

nità di persone”. Questa esperienza mi ha molto colpito.

Come si costruisce una struttura di servizi di questo

genere? È molto ma molto più complicato che fare auto-

mobili.

Roberto Grandi

I dati che si ricavano dai contributi presentati sono

interessanti e non si discostano molto dall’esperienza

che abbiamo ricavato in questi quasi quindici anni di

lavoro sulla comunicazione pubblica. E credo ci vengo-

no suggeriti alcuni chiari insegnamenti sulle condizioni

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senza le quali tutti i discorsi che facciamo hanno poco

senso.

La prima condizione mi sembra sia quella sintetizzata

come E-government wide commitment is needed e cioè

che l’efficacia delle iniziative di comunicazione pubblica

necessita di una consapevolezza e volontà da parte dei

vertici dell’Amministrazione: la direzione è up-bottom. Le

iniziative dal basso non condivise dal vertice rischiano

infatti di condurre i bravi e volonterosi funzionari che si

attivano in uno stato di frustrazione e prostrazione per-

ché le iniziative che portano avanti rischiano di essere

inefficaci, in quanto limitate e isolate all’interno del con-

testo nel quale nascono. Per questo penso che la pre-

senza del Vice Presidente della Regione, Vera Negri Za-

magni, qui oggi, sia importante perché non sono molti i

politici e gli amministratori che hanno una consapevo-

lezza che li porta a volersi documentare direttamente.

La seconda condizione è quella che evidenzia la ne-

cessità – è appena stato detto – di un ambiente favore-

vole. Chi svolge questa attività non può essere lasciato in

isolamento e quindi, riprendendo gli argomenti accen-

nati dai due relatori precedenti in questa Tavola rotonda,

se non si vuole creare una condizione di stress in chi la-

vora all’interno delle strutture specifiche, bisogna fare in

modo che l’attività non isoli coloro i quali sono in prima

persona delegati a svolgere queste funzioni. E, conse-

guentemente, anche il discorso sulla formazione, come

si è detto in precedenza, non può essere limitato alla

formazione sulle persone, se poi queste operano in un

ambiente non favorevole.

La terza condizione emersa oggi riguarda la consape-

volezza, da parte della struttura, di una nuova mission.

Se la struttura non è consapevole che sta cambiando in

qualche cosa, il resto ha poca possibilità di essere effica-

ce. È quindi necessario introdurre tutta una serie di me-

todologie, che ci sono state illustrate questa mattina. Mi

riferisco anche a quelle di livello europeo, oltre alle ini-

ziative di coinvolgimento, di partecipazione ecc. che si

fanno in Italia

Che cosa altro è stato detto? Che i risultati necessita-

no di tempi lunghi. A questo proposito, posto come pre-

condizione che questo processo di cambiamento venga

definito dall’alto, sarebbe interessante capire quali impli-

cazioni si sono verificate, per esempio, nell’Amministra-

zione statunitense, visto e considerato che – detto in

maniera ironica – questo processo non ha portato una

grande fortuna ad Al Gore che l’ha promosso. I politici

potrebbero pensare che queste tematiche non portino al

successo elettorale!

Nella relazione su Camden Borough è stato detto

che i punti di vista – ed è quello su cui abbiamo insistito

tutti – devono essere incorporati in raccomandazioni e

piani di azione, che derivano dalle consultazioni, dai co-

involgimenti, per dar luogo a quello che è stato definito

A s c o l t a r e p e r c a m b i a r e

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un “miglioramento continuo”, evidenziando anche delle

difficoltà rispetto a questo obiettivo. Così pure nell’espe-

rienza olandese, per cui si è parlato di due sessioni se-

parate – ascoltare e poi discutere come migliorare – se-

condo le caratteristiche di learning di quella struttura, in-

centrata sul rapporto esterno-interno.

Che cosa è avvenuto in Italia in questi anni e a che

punto siamo rispetto a queste pre-condizioni? Dagli anni

’90 – che sono stati, si è detto all’inizio, gli “anni della

comunicazione” – fino alle Legge 150 del 2000, a livello

nazionale si sono stabilite le condizioni per porre all’or-

dine del giorno i problemi di cui stiamo parlando oggi,

con la Carta dei servizi, per esempio, e anche, a livello

regionale, con i nuovi Statuti.

Ci accorgiamo quindi che le strutture pubbliche in

Italia hanno preso consapevolezza di questa esigenza e

hanno creato delle opportunità normative per farvi fron-

te, perché la grande differenza tra il pubblico e il privato

è che nel pubblico è indispensabile avere un quadro

normativo di riferimento. Questa condizione, necessaria

e non sufficiente, esiste. E mi sembra estremamente in-

teressante. Mi pare, invece, minore la consapevolezza da

parte di tutte le strutture di dover cambiare in funzione

di questo nuovo quadro e, in terzo luogo, mi pare che

sia molto difficile porre il cambiamento in maniera con-

sapevole nelle strutture. Un cambiamento che deve mo-

dificare l’organizzazione.

Diamo alcuni dati significativi. Nella ricerca, presenta-

ta dalla Regione Emilia-Romagna e dalla Funzione Pub-

blica, su tutti gli Uffici per le Relazioni con il Pubblico ita-

liani (che hanno, tra le funzioni attribuite per legge, an-

che l’ascolto e la comunicazione interna) abbiamo letto

che le funzioni di informazione sono attuate dall’80-

90%, l’ascolto è attuato da circa il 40% (il dato risulta

sbilanciato perché gli Enti pubblici sanitari registrano

percentuali molto alte, mentre quelle degli altri tipi di

Enti sono molto più basse), e la comunicazione interna

arriva al 10%. Noi vediamo che, nell’applicazione fatta in

questi anni, le funzioni di ascolto e di comunicazione in-

terna non sono state considerate molto rilevanti e cioè

l’Ufficio per le Relazioni con il Pubblico (Urp) è stato

pensato effettivamente come un momento di relazione

con l’esterno che però poco ascolta – molto dice e poco

ascolta – e che non ha alcuna influenza sulla comunica-

zione interna. Quindi il discorso che facevamo prima –

ascoltare per poi ridefinire la struttura in funzione della

comunicazione di queste variabili – è un obiettivo asso-

lutamente non raggiunto.

Un altro dato che mi è sembrato interessante è che

di tutti gli Urp solo una percentuale bassa (che arriva

al 10%), ha elevati livelli di sviluppo di nuove tecnolo-

gie che collegano tra loro le varie Amministrazioni.

Questo è problematico per quanto riguarda l’ascolto,

ovvero la possibilità di svolgere effettivamente questa

Ta v o l a R o t o n d a

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funzione non solo con cortesia, ma con servizi che sia-

no adeguati.

In conclusione si può dire che siamo di fronte ad un

quadro normativo che permette di fare alcune cose. Co-

me è stato detto precedentemente, muoversi non isolati

significa che queste opportunità devono diventare parte

della cultura delle strutture e ciò avviene solo se i vertici

ne hanno consapevolezza, proprio perché – come ha

detto Butera – questo significa fare degli investimenti

che devono avere dei decisori politici che sanno perché

farli. Porre la comunicazione come una risorsa strategica

significa proprio porla come uno dei motori del cambia-

mento.

Anche in Italia vi sono iniziative di carattere esempla-

re: credo che quello che si sta facendo con l’“Urp degli

Urp” sia importante, per non lasciare isolate queste

esperienze e per vedere se possono ottenere anche un

forte risultato nei confronti della struttura interna del-

l’Amministrazione. Mi sembra che il Ministro Frattini, ri-

badendo l’importanza della legge 150 e insistendo sulla

sua applicazione (poi verificheremo proprio applicando-

la, come modificarla negli aspetti di inadeguatezza) ci

trasmetta dei segnali in base ai quali realizzare delle ini-

ziative, tenendo conto che riunioni come quelle di oggi,

in cui si socializzano certi tipi di esperienze, sono impor-

tanti, ma devono anche essere formalizzate, così come

ha già fatto la Regione Emilia-Romagna con il Diparti-

mento per la Funzione Pubblica. Tutto questo perché

soltanto così si riesce a fare crescere un fronte che ci

porti ad esperienze che non siano isolate, ma possano

indurre a realizzare quell’amministrazione condivisa di

cui si è detto all’inizio.

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Ve r a N e g r i Z a m a g n i

Conclusioni

di Vera Negri Zamagni

È stata una mattina lunga, ma credo veramente frut-

tuosa.

Ringrazio tutti e voglio dire al mio amico Roberto Gran-

di che è stato proprio quello che lui ha segnalato che ci ha

fatto progettare questo Convegno, perché quando abbia-

mo riflettuto sulla organizzazione della nostra comunica-

zione abbiamo trovato tante caselle più o meno riempite,

a volte in una maniera non del tutto efficiente da certi Ser-

vizi piuttosto che da certi altri, ma quando siamo arrivati al-

la casella ascolto c’era un bianco. Allora ci siamo detti: fac-

ciamo un’iniziativa sull’ascolto e vediamo anche che l’a-

scolto di esperienze significative sull’ascolto dia qualche ri-

sultato, quindi ascoltare per cambiare.

Credo che la discussione di questa mattina ci abbia

convinto veramente che ascoltare e cambiare sia un bino-

mio che deve assolutamente stare insieme.

Voglio ancora ringraziare tutti quanti, gli ascoltatori e

chi ha parlato, e dire che abbiamo raccolto tutto, partico-

larmente i saggi scritti di quelli che hanno presentato la lo-

ro relazione in una forma molto compressa. Ne faremo na-

turalmente una bella pubblicazione che faremo circolare e

metteremo in rete.

E non sarà questo l’unico risultato del nostro convegno.

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A p p e n d i c e

Appendice

Pubblichiamo una sintesi della scheda dell’Agenda

per la modernizzazione della Regione Emilia-Roma-

gna che descrive il progetto di “Rete regionale dei

punti di ascolto”.

Obiettivi

Gli obiettivi del progetto consistono nel creare

strumenti di supporto alle decisioni che valorizzino

l’ascolto degli interlocutori e dei destinatari delle poli-

tiche e dei servizi e la condivisione di significati e me-

todologie tra gli operatori.

Il progetto seguirà due direttrici: l’una focalizzata

sulle politiche e i servizi verso terzi, l’altra sulle politi-

che e servizi al personale ed alle strutture.

Nel primo caso si tratta, dopo aver analizzato le

esperienze di ascolto promosse in Emilia-Romagna

(sia Ente che territorio) nei confronti degli utenti, di

realizzare, in ambiti territoriali e settoriali specifici, solu-

zioni innovative sperimentali (sportelli, siti web, focus

group, indagini e sondaggi) rispondenti alla necessità

di migliorare le relazioni con i diversi soggetti, dalle

istituzioni ai cittadini, singoli e associati, alle imprese.

Nel secondo caso si tratta di creare strumenti di

supporto alle decisioni riguardanti la gestione dei pro-

cessi di innovazione e delle politiche del personale,

che facciano leva sulla fattiva partecipazione dei di-

pendenti, intesa come espressione di valutazioni, di

percezioni di ruolo, di opinioni, consigli e suggeri-

menti ecc..

Legame con le azioni assunte o da prevedere

nel Documento di Politica Economica e

Finanziaria approvato dalla Giunta regionale

Il progetto trasversale è da intendersi quale azione

concorrente alla realizzazione della Nuova Regione e

impatta con tutte le aree di priorità; in particolare con

l’area “Relazioni con i cittadini” e con l’attività di co-

struzione dell’Osservatorio delle competenze.

Criticità o problema di partenza che il

Laboratorio vuole affrontare

Attualmente l’attenzione e le risorse dedicate in

Regione al tema strategico della gestione delle rela-

zioni con gli interlocutori (normalmente detta, nelle

attuali discipline gestionali, CRM - Customer Rela-

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tionship Management) sono incomplete, dispersive e

scoordinate, quindi prive di efficacia se non a livello

di singole iniziative estemporanee: ne risulta poca co-

noscenza reciproca, gap di comunicazione e separa-

zione dei momenti di ascolto e programmazione. In

linea con le tendenze che si vanno affermando nelle

Pubbliche Amministrazioni è, quindi, importante ef-

fettuare scelte innovative, sia a livello di coordina-

mento strategico da parte dei vertici regionali, sia at-

traverso diffuse e differenziate prassi di comunicazio-

ne con gli utenti.

Inoltre il rapporto tra Amministrazione e dipen-

denti pare segnato da un gap culturale che determina

scarsa fiducia nell’Amministrazione, che ingenera diffi-

coltà alla reciproca comprensione ed alla condivisione

almeno di significati. L’esigenza primaria appare quel-

la di omogeneizzare la cultura ed i comportamenti di-

rigenziali relativamente ai processi di gestione strate-

gica del personale.

Cosa intende realizzare

Il laboratorio nel 2002 seguirà due filoni, operati-

vamente piuttosto distinti.

Il primo, focalizzato su politiche e servizi rivolti a

soggetti terzi (punti di ascolto sull’esterno), realizzerà:

• un’indagine sugli atteggiamenti di un campione

di dirigenti e politici della Regione verso l’ascolto e le

sue possibilità di utilizzo;

• una banca dati di casi ed esperienze di ascolto,

con relativa documentazione, all’interno dell’Ente e

del territorio regionale;

• uno studio di massima e una sperimentazione

sulle opportunità e metodologie appropriate di ascol-

to e di conseguente intervento per un Ente come la

Regione in alcuni settori pilota (per esempio, Sanità e

Politiche sociali) e in aree territoriali sperimentali (per

esempio, una provincia) su contenuti da definire;

• un programma di formazione, rivolto in primo

luogo agli operatori degli URP in rete, in riferimento

ai casi raccolti nella banca dati e alle proposte di solu-

zioni individuate nel terzo punto;

• l’attivazione sperimentale di iniziative di ascolto

basate sulla rete degli Infopoint della Regione, che

verrà completata nei primi mesi dell’anno, e della rete

degli URP.

Il secondo filone sarà focalizzato su politiche e ser-

vizi rivolti al personale ed alle strutture (punti di

ascolto sull’interno).

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L’obiettivo di sfondo, che verrà portato a compi-

mento nel 2003, è la costruzione di un sistema di

punti di ascolto per l’intera Regione e comporterà:

– l’analisi di requisiti e strumenti dei punti di

ascolto interni ed esterni;

– il disegno di una rete di ascolto, tenendo conto

degli stakeholder;

– la progettazione di una architettura organizzativa

e tecnologica;

– l’individuazione delle azioni continuative e delle

iniziative una tantum di ascolto legate ai progetti ed

erga omnes;

– la verifica del cambiamento di atteggiamento

verso l’ascolto presso un campione di dirigenti e poli-

tici della Regione.

Miglioramenti attesi del funzionamento della

macchina regionale

I miglioramenti attesi, comuni ai due filoni, riguar-

dano:

• la rottura della forte settorialità interna alla Re-

gione;

• la creazione di una comunità professionale, di

una identità e una prassi di lavoro condivise, tra figure

diverse addette alla comunicazione (es. informatici,

giornalisti, comunicatori, esperti di settore);

• una maggiore attenzione da parte dei politici e

degli amministratori sul tema delle relazioni con il

pubblico e un maggiore orientamento delle politiche

e delle azioni alle esigenze ascoltate e alla soluzione

degli inconvenienti riscontrati.

Inoltre, con il filone dei punti di ascolto verso l’e-

sterno, ci si aspetta:

• il consolidamento di una rete dedicata, o di alcu-

ni segmenti, per la condivisione delle esperienze e

delle risorse, anche in rapporto con altre istituzioni e

in particolare con gli Enti locali;

• la valorizzazione di casi di ascolto significativi nei

settori e negli ambiti territoriali pilota.

Il secondo filone, convenzionalmente detto dei

punti di ascolto verso l’interno, con la creazione di

una cultura manageriale comune nell’ambito del-

l’Ente, in grado di utilizzare l’ascolto come leva, do-

vrebbe indurre significativi miglioramenti in termini

di efficacia, coerenza e qualità delle politiche e delle

azioni e di velocizzazione dei processi e delle deci-

sioni.

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Miglioramenti attesi dei servizi all’esterno

Si introduce, identificabile in maniera chiara e forte

da parte degli interlocutori, una nuova immagine del-

l’Ente e delle politiche regionali e, soprattutto, nuove

pratiche caratterizzate da maggiore prossimità e aper-

tura: un Ente capace di ascoltare e verificare presso

l’utenza le scelte programmatiche, i risultati delle azio-

ni amministrative, la qualità dei servizi, le aspettative e

la soddisfazione, per apportare i necessari interventi di

miglioramento. Ci si aspetta un miglioramento dei

principali indicatori di qualità di tutte le realtà operati-

vamente coinvolte e comunque l’introduzione di indi-

catori laddove non sono ancora presenti.

Le parole chiave essenziali di questa nuova imma-

gine e cultura sono:

• ascoltare, ovvero sentire attentamente e anche

dare retta, esaudire;

• comunicare, ovvero rendere partecipe, mettere

in comune, essere coinvolti o in accordo, impegnarsi

in una relazione, rimodellare il proprio ruolo;

• governare la vita pubblica mediante processi di

partecipazione consapevole e organizzata dei diversi

soggetti interessati, dentro le istituzioni e nel contesto

sociale più ampio;

• innovare la Pubblica Amministrazione troppo au-

toreferenziale e burocratica, mettendo gli utenti e i

cittadini al primo posto, come entità strettamente col-

legata e interdipendente, senza la quale, non ha sen-

so la stessa Pubblica Amministrazione.

Un contributo significativo viene anche dai punti

di ascolto verso l’interno, volto a ridelineare e poten-

ziare l’identità professionale dei dipendenti e la con-

sapevolezza di ruolo, con ripercussione sulla qualità

ed efficacia delle prestazioni.

Come si intende gestire il processo di

cambiamento ipotizzato

Perché il filone dei punti di ascolto verso l’esterno

raggiunga tutti i suoi obiettivi occorrono:

– il coinvolgimento dei Direttori Generali;

– il supporto consulenziale esperto e di uno staff

tecnico-informatico e di segreteria;

– l’articolazione in sottogruppi che operano su

programmi di lavoro mirati e modulari;

– il coinvolgimento delle strutture e del personale

interessati dagli interventi conoscitivi, formativi e di

sperimentazione;

– la diffusione allargata dei risultati mediante ap-

posite iniziative di comunicazione;

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– l’utilizzo condiviso degli strumenti di cooperazio-

ne in rete Internet;

– l’informazione costante ed efficace presso alcuni

referenti politici sugli scopi, le fasi e i risultati del pro-

getto e il coinvolgimento dei dirigenti e dei Direttori

nella attuazione delle azioni migliorative suggerite dai

programmi di ascolto.

Per il filone dei punti di ascolto verso l’interno, la

prima fase di sperimentazione sarà supportata da una

società specializzata che curerà la formazione del

gruppo di lavoro, tutta la fase di indagine di clima e

collaborerà alla restituzione dei risultati ed alla loro

diffusione presso le altre Direzioni Generali. L’intero

processo sarà promosso ed accompagnato da un pia-

no di comunicazione interna.

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ContributiSebastiano BagnaraUniversità di Siena

Federico ButeraUniversità degli Studi di Milano Bicocca

Patrizia ComiServizio Sistemi Informativi per la Comunicazione Pubblica della RegioneEmilia-Romagna

Bruno CoppolaButera and Partners

Robert CornaxMinisterie van Financien, Dutch Tax and Costoms Administration

Joanna DavidLondon Borough of Camden

Sharon DawesDirector Center for Technology in Government University at Albany

Roberto GrandiDocente presso il Corso in Disciplina della comunicazionePro-rettore agli esteri – Università degli Studi – Bologna

Vera Negri ZamagniVicepresidente Regione Emilia-Romagna

Stefano StefaniniResponsabile del Servizio Sistemi Informativi per la ComunicazionePubblica della Regione Emilia-Romagna

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Ascoltare per cambiare