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Al-Khazneh, il monumen- tale palazzo scavato nel- l'arenaria che appare co- me una visione quando si sbuca in fondo al Siq di Petra. A destra, una ve- duta delle tombe reali: da sinistra a destra, la tom- ba del palazzo, la tomba corinzia, la tomba della seta, così chiamata per via delle straordinarie ve- nature della roccia, e la tomba dell'urna. Viaggi e spedizioni I. .•-•44%.• n Sulle vie commerciali dell'antica Giordania In viaggio tra Petra e Jerash lungo gli intinerari che videro fiorire gli scambi tra l'India e il Mediterraneo nei primi secoli dell'era cristiana testo e foto di Marco Cattaneo a storia è passata di qui. E ha lasciato i segni. Già dai tempi di Alessandro il Grande i gre- ci avevano allungato i tentacoli della loro influenza sul Medio Oriente, spin- gendo i loro eserciti fino nel cuore del- l'Asia. Tre o quattro secoli più tardi fu- rono i romani, prima con Pompeo e poi con Traiano e Adriano, a fondare le loro colonie sui territori che oggi ap- partengono alla Siria e al Regno Ha- shemita di Giordania, ingolositi dalla ricchezza dei traffici commerciali che solcavano le vie carovaniere lungo le quali i preziosi prodotti della Penisola LE SCIENZE 380/ aprile 2000 arabica e dell'India muovevano verso la Turchia, il Mediterraneo e l'Egitto. Le potenti legioni romane vennero inviate a occupare le terre dei nabatei, un relativamente pacifico popolo di mercanti arabi seminomadi che - ap- profittando dei continui scontri tra le altre popolazioni della regione e del declino del mondo ellenico - aveva lentamente esteso il suo controllo da Gaza a Damasco. Nel 63 a.C., sotto la spinta dell'esercito di Pompeo, la Siria e la Giordania settentrionale caddero in mano romana, ma i nabatei riusci- rono a contenere l'avanzata del nemi- LE SCIENZE 380/ aprile 2000 co verso sud, arroccandosi intorno al- la loro capitale, Petra, da dove conti- nuarono a imporre dazi sulle merci provenienti dal Mar Rosso. Solo dopo un secolo e mezzo la pressione di Roma ebbe la meglio, e precisamente nel 106 d.C., quando - alla morte del re Rabbele II - i nabatei consegnarono i loro territori a Corne- lio Palma, governatore di Siria duran- te l'impero di Traiano. Le cronache non narrano di epici scontri intorno a Petra, né tantomeno riportano tracce di una battaglia. Probabilmente la re- sa dei nabatei fu invece l'esito di un accordo diplomatico che prevedeva la cessione dei territori alla morte del re. Così confermerebbero, peraltro, le monete coniate da Roma dopo l'an- nessione, sulle quali, a celebrare l'e- vento, si legge Arabia adquisita, in luogo di Arabia capta, segno di un passaggio di mano amministrativo piuttosto che di un'azione militare. La città nella roccia Petra, Al Batra in arabo, schiudeva spontaneamente le sue porte a un nemi- co che - nonostante la schiacciante su- Akat,a 9. 69

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Al-Khazneh, il monumen-tale palazzo scavato nel-l'arenaria che appare co-me una visione quando sisbuca in fondo al Siq diPetra. A destra, una ve-duta delle tombe reali: dasinistra a destra, la tom-ba del palazzo, la tombacorinzia, la tomba dellaseta, così chiamata pervia delle straordinarie ve-nature della roccia, e latomba dell'urna.

Viaggi e spedizioniI. .•-•44%.• n

Sulle vie commerciali dell'antica GiordaniaIn viaggio tra Petra e Jerash lungo

gli intinerari che videro fiorire gli scambitra l'India e il Mediterraneo

nei primi secoli dell'era cristiana

testo e foto di Marco Cattaneo

a storia è passata di qui. E halasciato i segni. Già dai tempidi Alessandro il Grande i gre-

ci avevano allungato i tentacoli dellaloro influenza sul Medio Oriente, spin-gendo i loro eserciti fino nel cuore del-l'Asia. Tre o quattro secoli più tardi fu-rono i romani, prima con Pompeo epoi con Traiano e Adriano, a fondarele loro colonie sui territori che oggi ap-partengono alla Siria e al Regno Ha-shemita di Giordania, ingolositi dallaricchezza dei traffici commerciali chesolcavano le vie carovaniere lungo lequali i preziosi prodotti della Penisola

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arabica e dell'India muovevano versola Turchia, il Mediterraneo e l'Egitto.

Le potenti legioni romane venneroinviate a occupare le terre dei nabatei,un relativamente pacifico popolo dimercanti arabi seminomadi che - ap-profittando dei continui scontri tra lealtre popolazioni della regione e deldeclino del mondo ellenico - avevalentamente esteso il suo controllo daGaza a Damasco. Nel 63 a.C., sotto laspinta dell'esercito di Pompeo, la Siriae la Giordania settentrionale cadderoin mano romana, ma i nabatei riusci-rono a contenere l'avanzata del nemi-

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co verso sud, arroccandosi intorno al-la loro capitale, Petra, da dove conti-nuarono a imporre dazi sulle merciprovenienti dal Mar Rosso.

Solo dopo un secolo e mezzo lapressione di Roma ebbe la meglio, eprecisamente nel 106 d.C., quando -alla morte del re Rabbele II - i nabateiconsegnarono i loro territori a Corne-lio Palma, governatore di Siria duran-te l'impero di Traiano. Le cronachenon narrano di epici scontri intorno aPetra, né tantomeno riportano traccedi una battaglia. Probabilmente la re-sa dei nabatei fu invece l'esito di un

accordo diplomatico che prevedeva lacessione dei territori alla morte del re.Così confermerebbero, peraltro, lemonete coniate da Roma dopo l'an-nessione, sulle quali, a celebrare l'e-vento, si legge Arabia adquisita, inluogo di Arabia capta, segno di unpassaggio di mano amministrativopiuttosto che di un'azione militare.

La città nella roccia

Petra, Al Batra in arabo, schiudevaspontaneamente le sue porte a un nemi-co che - nonostante la schiacciante su-

Akat,a 9.

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Viaggi e spedizioni

periorità di uomini e di mezzi - difficil-mente avrebbe potuto prenderla con laforza. D'altra parte penetrare nel Siq, lastretta gola che il Wadi Musa - uno deimolti torrenti stagionali della zona - hamodellato per migliaia di anni, sarebbestata un'impresa impossibile, tanto piùche la profonda fessura incisa nella te-nera arenaria è praticamente invisibiledalle montagne circostanti. Un chilo-metro e duecento metri di anse sinuose,strettoie, curve a gomito, tra pareti diroccia alte fino a cento metri, che sboc-cano proprio davanti a uno dei più pre-ziosi monumenti dell'intera archeologiamondiale: Al Khazneh Fir'awn, il Teso-ro del faraone, l'immenso edificio sca-vato nell'arenaria che ai tempi nostricattura l'ammirazione di un milione divisitatori all'anno.

A dire il vero, il maestoso palazzoche si intravede lentamente arrivandodalla gola non ha niente a che vederecon una tesoreria, e men che mai con ifaraoni, avendo avuto con ogni proba-bilità - come tutti i più pregevoli edificiscavati di Petra - la funzione di monu-mento funebre, scolpito forse in me-moria del re Arete III (84-56 a.C.), il

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cui governo segnò uno dei momenti dimassima prosperità per i nabatei. Il no-me di Al Khazneh gli deriva piuttostoda una leggenda tramandata dai popo-li beduini che abitarono Petra dopo lasua decadenza, a partire dal VII secolod.C., secondo la quale nella grandeanfora scolpita proprio in cima allatbólos centrale un faraone non meglioidentificato avrebbe nascosto le pro-prie ricchezze per sottrarle ai predoni.

Leggenda su leggenda, secondo al-cuni la convinzione era così radicatache nei decenni addietro - prima del-l'arrivo del turismo di massa - gruppidi beduini non avrebbero esitato adaprire il fuoco sulla facciata nell'in-tento di far scaturire dall'anfora ilprezioso contenuto, con l'unico risul-tato di deturpare irrimediabilmente lastatua che adorna il frontone. In en-trambe le storie, che ogni venditore disouvenir di Petra sa raccontare condovizia di particolari in almeno quat-tro lingue, il fondamento di verità èdavvero scarso. L'anfora, natural-mente, non è cava e dunque non con-tiene alcun tesoro, mentre la statua -che secondo alcuni avrebbe raffigura-

to la divinità egizia Iside - potrebbeessere stata rovinata già in epoca mol-to lontana, con l'arrivo dell'Islam oforse dalla furia distruttrice dei cri-stiani iconoclasti; in ogni caso, perconvinzioni religiose legate al divietodi rappresentare immagini umane.

Iside, il faraone... E poi Qasr al-Bint, il castello della ragazza, l'unicogrande edificio indipendente della Pe-tra nabatea giunto fino a noi. Sebbenesi tratti di un tempio dedicato a Dusha-ra, la più celebrata divinità dell'olimponabateo, i racconti dei beduini lo han-no legato, ancora una volta, alla tradi-zione egizia, attribuendogli il ruolo diabitazione della figlia di un faraone. Cene sarebbe abbastanza per fantasticaresu una preponderante influenza egiziasulla cultura locale, sia in tempi recen-ti sia in epoca antica, dovuta probabil-mente agli scambi tra Petra e Alessan-dria. In realtà, la natura di allevatori ecommercianti parzialmente nomadi deinabatei li portò in contatto con tutti ipopoli dell'area mediterranea e del Me-dio Oriente, da molti dei quali assorbi-rono caratteri culturali e architettoniciche si riflettono nei palazzi di Petra.

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Nella pagina afronte, Ad-Dayr,il Monastero, unodei più importan-ti monumenti diPetra, arroccatotra le montagne.Qui a fianco, il«trionfale» arrivoin carrozza di unacoppia di turistiattraverso il Siq.Sopra, una delleinnumerevoli ban-carelle di souve-nir, cui fanno dasfondo edifici na-batei che, ancora

*i una trentina dianni fa, erano a-bitati dai beduinidella zona, fino aquando il Gover-no ha apposita-mente costruitoun villaggio alleporte di Petra pertrasferirvi la po-polazione.

Le colonne che ornano il Khazneh -come anche Ad-Dayr, il monastero,l'imponente costruzione situata all'e-stremità occidentale della città, sullacima dell'omonimo Gebel ad-Dayr -tradiscono un pesante influsso elleni-stico, testimoniato dal caratteristicoordine corinzio. A poca distanza dalKhazneh, invece, dove la vallata tornaad allargarsi verso quello che dovevaessere il nucleo centrale della città, siva quasi a sbattere contro una serie ditombe, probabilmente la sepoltura diricchi commercianti, che recano fregia scala di ispirazione assira.

Per poco che si sappia dei nabatei,il culto dei morti fu certo una delle ca-ratteristiche salienti della loro effime-ra civiltà. Le maestose tombe reali ce-sellate lungo la parete ovest dell'alto-piano di al-Khiibthah, i triclini dovevenivano allestiti sontuosi banchettifunebri, la stessa posizione privilegia-ta in cui questi monumenti sono staticollocati ne sono un'ulteriore testimo-nianza. Quanto ai vivi, le abitazionierano modeste e prive di decorazioni,e molte di esse non dovevano esserenemmeno in pietra, ma costruite nellavallata con materiali deperibili.

Il regno dei mercantiGrazie alla fortunata posizione in

cui sorgeva Petra, i nabatei poteronomantenere a lungo il controllo sui con-vogli e sulle merci che, risalendo il MarRosso, giungevano nei porti settentrio-nali per proseguire via terra verso Ga-za a ovest oppure verso Damasco ePalmira a nord. Tra il II secolo a.C. e ilII d.C. le vie commerciali verso la Peni-sola arabica e l'India erano prevalente-mente marittime. Si evitava così il piùlento viaggio terrestre, che per di piùdisegnava percorsi insidiosi attraversole terre dell'impero persiano e dellaBattriana, regione corrispondente al-l'attuale Pakistan, notoriamente abita-ta da popolazioni bellicose.

Sfruttando i monsoni, le navi deimercanti arabi facevano rotta lungo lecoste dello Yemen e dell'Oman, perpoi raggiungere i porti indiani di Bary-gaza, Muziris, Poduké. In capo a seilunghi mesi le imbarcazioni facevanoritorno, portando a Occidente ogniben di dio. Così racconta, almeno, ilPeriplo del mare Eritreo, il manuale auso dei navigatori redatto da un mer-cante di origine greca nativo di Bereni-ce, il principale porto egiziano sul MarRosso. L'anonimo viaggiatore, che nel

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Uno scorcio del macellum, uno deimercati di Jerash.

Per trovare tracce di insediamenti sta-bili, che non siano solo il segno del pas-saggio delle carovane beduine, occorrespostarsi più a nord, e raggiungere i «ca-stelli del deserto» disseminati lungo lestrade che dai dintorni di Amman si diri-gono verso Baghdad. A dispetto di unadefinizione collettiva che ne farebbe in-tuire una destinazione simile, questi edi-fici furono eretti in epoche diverse e confunzioni differenti.

Solo il Qasr al-Kharanah - letteralmen-te «castello delle pietre calde», per i basai-ti circostanti che d'estate raggiungonotemperature insopportabili - sorto intor-no al VII secolo sui resti di una preceden-te costruzione romano-bizantina, sembralegato al classico ruolo di fortezza-cara-vanserraglio per i viaggiatori del deserto.Ma Stephen Urice, l'archeologo statuni-tense incaricato degli scavi sul sito dal1979, ha messo in dubbio questa ipotesi,suggerendo che il luogo potesse essereutilizzato piuttosto come una specie dicentro congressi ante litteram, dove sisvolgevano importanti incontri politici.

Se il Qasr al-Azraq, ricostruito dagliarabi nel XIII secolo per proteggere le viecommerciali tra l'Iraq, la Siria e la Tur-chia, si può invece interpretare comefortezza dalle funzioni decisamente mili-tari, tutt'altra storia è quella di Qasr Am-ra h (qui sopra), uno degli edifici omayya-di meglio conservati. Costruito all'iniziodell'VIII secolo da Walid I o Walid II, erauna residenza di svago dei califfi, che visi dedicavano alla caccia e ai convivi, ri-storandosi in un'oasi dalla quale poteva-no anche seguire da vicino le vicendepolitiche legate alle alleanze con le po-polazioni beduine.

Le sale interne sono sorprendente-mente affrescate con scene di caccia e diartigianato ma anche di relax quotidianoalle terme, in cui campeggiano figurefemminili scarsamente vestite, di chiara i-spirazione ellenistica. Anche i califfi o-mayyadi, perciò, non potendo sfuggirealle regole ferree dell'Islam nella vita pub-blica, in privato si concedevano qualchescappatella, divenendo al tempo stessomecenati di artisti rimasti nell'anonimato.

Il suggestivo deserto di Wadi Rum è stato abitato da tempi antichissimi, come testi-moniano i numerosi siti in cui si sono rinvenute pitture rupestri.

Viaggi e spedizioni ". .••41al# -.taa.ate .•

I secolo d.C. deve aver prodotto la suaopera senza sospettare minimamenteche sarebbe stata di così vitale impor-tanza duemila anni dopo per ricostrui-re vicende tanto venali, doveva avereesperienza tanto del Mar Rosso quan-to delle coste indiane, e conosceva an-che le principali tappe delle rotte terre-stri, Petra e Palmira, ma non risparmianeppure cenni - quasi certamente persentito dire - ai lontani imperi d'Orien-te: Chyrse, o la Terra dell'oro (la Ma-lesia) e Thys (la Cina meridionale).

Se dall'Arabia e dallo Yemen prove-nivano spezie e incenso, veicolo votivocomune a tutte le religioni, nei porti in-diani venivano imbarcati cannella, pe-pe, profumi, mussolina di cotone, me-talli e prodotti medicinali, nonché ilpregiato tessuto, la seta, che dall'iniziodel I secolo d.C. andava a ruba nella«Roma bene», sollevando le lagnanzedei più sobri intellettuali, con Senecaalla testa. Per i più facoltosi cittadinidell'Urbe non mancavano avorio, per-le e pietre preziose: il tutto ripagato insonanti monete d'oro, corallo rosso delMediterraneo e vetro.

Sebbene non vi siano prove diretteche queste merci, deperibili e soprattut-to di passaggio, abbiano attraversato i

Scolpito nella memoria collettiva dalle imprese di Peter O'Toole impegnato

a conquistare il Medio Oriente alla guidadi orde di beduini nei panni di Lawrenced'Arabia, il deserto di Wadi Rum è al tem-po stesso uno dei luoghi più affascinantidella Giordania e una preziosa fonte stori-ca per gli archeologi. A parte le vestigianabatee che sorgono vicino al villaggio,infatti, quest'area desertica è costellata diincisioni rupestri databili dal Neolitico finoal secolo scorso.

Le più antiche, risalenti al IV millennioa.C., quando la regione era ancora popola-ta di animali e ricca di vegetazione, raffi-gurano bovini e immagini astratte, mentrein epoca successiva (circa 2000 a.C.) si tro-vano scene di caccia con l'arco e animalidomestici, tra i quali dominano - neanchea dirlo - i dromedari, silenziosa presenza ditutte le più suggestive vedute del deserto.Dal VII secolo a.C. compaiono le iscrizioni,nabatee prima, poi cufiche e arabe, chesuggeriscono la continuità della presenzadell'uomo lungo le direttrici del desertoche conducevano verso ['Arabia.

Dalla Decapolisalla decadenza

Fin dai primi anni dell'era cristianale città romane del Medio Oriente co-nobbero un periodo di eccezionalefioritura, che si concretizzò soprattut-to grazie al sodalizio commerciale emilitare che diede vita alla Decapolis.Sebbene il termine indichi esplicita-mente un «consorzio» di dieci città, lefonti storiche, a cominciare da Plinio,fanno piuttosto riferimento alla Deca-polis come a una definizione territo-riale, che comprende una fascia diuna cinquantina di chilometri a estdel Giordano, estesa dal Lago di Ti-beriade fino al Mar Morto.

Della Decapolis facevano certamen-te parte diverse città giordane, preva-lentemente sviluppatesi in epoca elle-nistica, tra le quali Philadelphia, l'o-dierna Amman, Gadara (Umm Qais)e soprattutto Gerasa (Jerash), il cuieccezionale stato di conservazione hapermesso agli archeologi di ricostruirenei dettagli lo schema architettonicodelle città greco-romane del MedioOriente; lungo il cardo massimo, lagrande via colonnata che taglia Jerashda nord a sud, si riconoscono ancora isolchi lasciati dalle ruote dei carri cheattraversavano la città.

Abitato fin dall'epoca neolitica gra-zie alla disponibilità di acqua garantitadal Wadi Jerash, il sito ha prodotto re-perti che attraversano tutta la storia an-tica, dall'Età del bronzo alle dinastieomayyade e abbaside, ma i caratteripiù evidenti sono quelli di epoca roma-na. Nel momento del massimo splen-dore, quando ricevette la visita dell'im-peratore Adriano, nel 130 d.C., Jerashdoveva contare circa 20 000 abitanti,ed era, in tutte le sue strutture, una città«doppia». Due teatri, due terme, duetempli: il principale dedicato ad Arte-mide, nel cuore della città, e l'altro,proprio a ovest del foro nei pressi dellaporta meridionale, a Zeus. SecondoRoberto Parapetti, architetto e diretto-re della missione archeologica italianache da oltre vent'anni si sta occupandodegli scavi relativi al tempio di Artemi-de per conto del Centro ricerche ar-cheologiche e scavi di Torino, questaduplicità potrebbe essere l'indizio dellacompresenza di due insediamenti diver-si, uno nabateo e l'altro ellenistico.

L'assetto stradale segue lo schemaurbanistico classico. I due decumani, levie secondarie, incrociano il cardo mas-simo a sud e a nord del tempio di Arte-mide. Agli incroci campeggiano i tetra-

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dazi nabatei, la sola citazione nel Peri-plo garantisce a Petra un ruolo signifi-cativo nei traffici euroasiatici dell'epo-ca. Le merci - sbarcate dalle navi sullacosta orientale del Mar Rosso, a LeukeKome, che alcuni vorrebbero identifi-care con l'odierna Aqaba - prendevanola strada del nord evitando l'ostile re-gno di Persia, e inevitabilmente doveva-no attraversare i territori nabatei. A so-stegno di queste relazioni commerciali,Vishwas D. Gogte, archeologo indiano,ha recentemente condotto uno studiocomparato su alcune ceramiche - i con-tainer dell'epoca - ritrovate a Petra e suquelle provenienti dai siti indiani diKondapur, Ter e Nasik, rivelando unasorprendente somiglianza nella fattura.

Ecco dunque spiegato il vivissimointeresse di Roma per il Medio Orien-te nei due secoli a cavallo dell'era cri-stiana. Vedendosi sbarrata a est lastrada dell'India dall'ingombrante pre-senza persiana, e impedita una tran-quilla navigazione nel Mediterraneodai pirati «sponsorizzati» da Mitrida-te, Pompeo allestì l'imponente spedi-zione del 64-63 a.C. con due obiettivi:sbarazzarsi dei pirati e conquistare laSiria per aprirsi un varco verso Petraa sud e Palmira a nord. La prima ope-razione fu coronata da un rapidoquanto roboante successo e la secon-da portò alla conquista di molte dellecittà che si trovavano sulle vie carova-niere di Siria e Giordania.

Il deserto di Lawrence, passaggio a Oriente

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pili: quello sud con quattro massiccebasi quadrate sormontate ciascuna daquattro colonne che reggevano proba-bilmente una piramide, e quello nord,meno monumentale, dedicato a GiuliaDomna, moglie dell'imperatore Setti-mio Severo. Sebbene Amman e UmmQais rivelino lo stesso schema urbani-stico, il perfetto stato del colonnato delcardo massimo ha permesso di indivi-duare a Jerash un'insolita caratteristica:la diversa altezza delle colonne in corri-spondenza di edifici pubblici. È il caso,per esempio, del macellum, uno deimercati cittadini, e del tempio di Arte-mide: davanti a essi le colonne sono piùalte, proprio per segnalarne la presenzaa chi si avvicinava in lontananza.

È con Traiano e Adriano che vengo-no eretti i monumenti più importanti diJerash. Da Roma arrivano ingenti fi-nanziamenti, forse per celebrare lagrandezza dell'impero, forse per tenerea freno le popolazioni locali, assicuran-do benessere e lavoro. I commerci pro-sperano, i merca-ti lavorano sen-za sosta. Per tuttoil II e il III secolo,la relativa tran-quillità dell'im-pero garantisceprosperità anchea queste lontanecolonie. Il motoredei commerci conl'Oriente è senzadubbio la seta, dicui la vanesia no-biltà romana èsempre più avida,ma la presenzadei persiani con-tinua a ostacola-re gli scambi conla Cina. Quandol'impero bizanti-no diventa abba-stanza forte dabilanciare la po-tenza sassanide si arriva a un'intesa: nel297 l'imperatore Diocleziano e il reNarsete designano la città di Nisibi, inMesopotamia, come unico centro discambio della seta tra i due paesi.

Contemporaneamente, le rotte ma-rittime vengono soppiantate dalla viaterrestre, e lo spostamento dell'assecommerciale verso nord segna l'iniziodel declino per Jerash, la Decapolis e lastessa Petra. Nel IV secolo le vie delMedio Oriente diventano veicolo nonpiù di preziose merci, ma della nuovareligione di cui Costantino consente la

Una veduta della .1erash romana, con ilforo e il cardo massimo. Sullo sfondo, lacittà moderna, che cela probabilmentealtri importanti reperti. Sotto, il tempiodi Artemide, e a destra uno scorcio dellavia colonnata di Umm Qais.

professione con l'editto di Milano. Lechiese cristiane prendono il posto deitempli pagani: Teodosio autorizza per-sino ad asportarne i materiali più pre-ziosi per erigere i nuovi monumentidella fede. Fino a oggi gli scavi di Jerashhanno portato alla luce 12 chiese, co-struite in prevalenza tra il V e PVIII se-colo, quando il cristianesimo si trovavagià a convivere con la spinta misticadell'Islam. Dal 636, infatti, dopo unabreve dominazione persiana, gli arabiconquistano Jerash che, dopo il disa-stroso terremoto del 747, cade in uno

stato di abbandono che si protrae quasifino ai giorni nostri.

Storie di esploratori,archeologi e turisti

Salvo la fugace apparizione deiCrociati, affluiti più o meno alla spic-ciolata in Terrasanta per liberare da-gli infedeli il Sepolcro di Gesù, le cro-nache europee si dimenticano a lungodi questo angolo di Medio Oriente edei suoi antichi fasti, fino a quandoun giovane esploratore svizzero riferi-sce nei suoi taccuini di viaggio, pub-blicati postumi in Inghilterra con il ti-tolo di Travels in Syria and the HolyLand, di aver ritrovato la storica capi-tale dei nabatei. Grazie a una sponso-rizzazione generosamente offertagli daSir Joseph Banks, presidente della Ro-yal Society e fondatore della African

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I e spedizioniANLiaacialle -

La terra delle religioni,da Mosè al Medioevo

A bbiamo almeno tre prove che questo sia il luogo del«p‘ Battesimo di Gesù: gli scavi, che hanno già portato allaluce le rovine di almeno 13 chiese di epoca bizantina; le testi-monianze dei viaggiatori dei primi secoli dell'era cristiana; e iVangeli, che dicono espressamente come Gesù sia stato battez-zato in Giordania.» E giù a sciorinare versetti di Marco e Matteo.

L'ingegner Rostum è uno dei responsabili degli scavi in cor-so a Al-Makhtas, a quattro passi dalle rive del Giordano propriodi fronte alla biblica Gerico, oggi in terra israeliana. E tradiscel'entusiasmo di chi pensa di avere una missione da compiere, acapo di un centinaio di operai impe-gnati a riportare alla luce un complessosistema idrico dei primi secoli d.C. checollegava serbatoi e vasche usate perbattezzare i fedeli.

Scoperto solo nell'ottobre 1996, do-po i trattati di pace tra Giordania eIsraele, il sito - che ha suscitato grandeinteresse presso la Santa Sede - vedeconcentrati gli sforzi del Dipartimentodelle antichità per allestire in fretta e fu-ria quello che si spera diventi uno deipiù frequentati luoghi di pellegrinaggiodella cristianità, anche se da molte parti- compreso padre Michele Piccirillo, ar-cheologo francescano responsabile dimolti scavi in Terra Santa - si paventa ilrischio che lavori così affrettati, con unamanodopera priva di esperienza, pos-sano produrre danni al patrimonio ar-cheologico. Ma l'industria turistica gior-dana, in continua crescita, preme.

D'altra parte la Giordania, croceviadelle tre grandi religioni monoteistiche, conserva alcuni dei piùimportanti luoghi archeologici della religiosità. A cominciare dalMonte Nebo, da dove Mosé vide finalmente la Terra Santa pri-ma di morire, indicando la via al popolo ebraico. Proprio lì sorgedal 1932 il convento della Custodia francescana in Terra Santa,sorto a protezione dei resti di una basilica bizantina del IV seco-lo e oggi quartier generale di padre Piccirillo.

Come molte altre chiese della regione, la basilica del Nebo ècaratterizzata da mosaici di splendida fattura, arte nella quale ibizantini eccellevano. Il più straordinario di questi è senz'altro laCarta della Palestina che lastricava il pavimento della chiesa or-todossa di San Giorgio a Madaba. Solo parzialmente conserva-to, il mosaico raffigura una vasta area del Medio Oriente che vada Tiro e Sidone fino al delta del Nilo e secondo alcuni dovevarappresentare l'Esodo. Sulla carta sono indicate 157 località, alcentro ideale delle quali è posta Gerusalemme, dalla cui piantasono chiaramente riconoscibili la via colonnata, la chiesa delSanto Sepolcro e diverse altre basiliche.

L'elenco non finisce certo qui. Dagli scavi di Lot, legati alle tra-giche vicende di Sodoma e Gomorra, ai castelli dei Crociati, lastoria della cristianità trova in Giordania un'infinità di riferimentigeografici e di reperti archeologici. E sicuramente, anche se gliinteressi di tutela si scontrano a volte con le esigenze del turi-smo, queste terre celano ancora molti segreti della nostra storia.

Le testimonianze paleo-cristiane in Giordaniariguardano soprattuttol'epoca bizantina, cui ri-salgono i mosaici delMonte Nebo (a fianco)e quello della Chiesa diSan Giorgio, a Madaba,che raffigura una map-pa del Medio Orientenel VI secolo (nel detta-glio in alto, la città diGerusalemme). Qui sot-to, il sito del Battesimo,a Al-Makhtas, cui gliarcheologi del Diparti-mento delle antichitàgiordano stanno dedi-cando le loro attenzioni.