I - 2/3 OSSERVATORIO CRITICO della germanistica · Schlußband des Mann ohne Eigenschaften, Pisa,...

44
Università degli Studi di Trento OSSERVATORIO CRITICO della germanistica I - 2/3 OSSERVATORIO CRITICO della germanistica Aldo Venturelli Gerhart Baumann, Robert Musil. Ein Entwurf, Freiburg i.Br., Rombach, 1997, pp. 204, DM 78 Robert Musil, L’uomo senza qualità, a cura di Ada Vigliani, volume primo, prefazione di Gior- gio Cusatelli, Milano, Mondadori (“I Meridia- ni”), 1992, pp. 1018, £. 85.000; volume secon- do e scritti inediti, presentazione di Adolf Frisé, 1998, pp. 1806, £. 85.000 Enrico De Angelis, Der späte Musil. Über den Schlußband des Mann ohne Eigenschaften, Pisa, Jacques e i suoi quaderni, 1997, pp.142, s.i.p. 1. Nella bella serie Litterae, curata da Gerhard Neu- mann e Günter Schnitzler, che proprio con que- sto libro di Bau- mann raggiunge il cinquantesimo volume, è appar- sa recentemente la ristampa di questa monogra- fia, che per mol- ti versi costitui- sce un “classico” della Musil-Forschung: apparso nel 1981, ma strettamente collega- to al volume Robert Musil. Zur Erkenntnis der Dichtung del 1965, il libro di Baumann sembra collocarsi fuori da ogni diretto col- legamento con i dibattiti e le tendenze più recenti della ricerca, per presentarsi quasi alla stregua di un dialogo personale dello scrittore con l’autore. Eppure questa è una falsa impressione, sorta da un contatto su- perficiale con questo volume, scritto in una prosa mirabile di alta fattura e ancora den- so di suggerimenti per una lettura attenta dell’opera musiliana: quello di Baumann è infatti il tentativo di delinearne una consi- derazione fenomenologica unitaria, all’in- terno della quale si impongono alcune ca- tegorie — quali il “campo”, la coscienza del tempo, la percezione dell’io, la rete flui- da di “possibilità coesistenti” —, che ven- gono collocate con attenta esat- tezza nel quadro filosofico, lette- rario e scientifico del primo Nove- cento. Proprio la sottolineatura del campo di tensio- ni, che determina ogni rappresen- tazione narrativa o drammatica dello scrittore, questa sua intrin- seca capacità di sfumare ogni volta verso l’indefinito ciò che viene costruito e ordinato con rigorosa pre- cisione, questo suo creare attraverso varian- ti sempre nuove un’opera che resta sempre nella sua essenza aperta, invitano a rilegge- re Musil in una prospettiva di grande sugge- stione, a districarsi nell’apparente labirinto del suo romanzo principale senza ingiu- stificati timori di smarrirsi in percorsi con- traddittori o di cadere nel rischio di una de- vastante disintegrazione. L’invito a rilegge- re dunque questa monografia in questa sua nuova edizione accompagna idealmente qua- si come un auspicio il lettore che voglia di nuovo confrontarsi con il romanzo musiliano nella nuova ed elegante edizione approntata con attenta cura da Ada Vigliani nei due re- lativi volumi della collana “I Meridiani”.

Transcript of I - 2/3 OSSERVATORIO CRITICO della germanistica · Schlußband des Mann ohne Eigenschaften, Pisa,...

Università degli Studi di Trento

OSSERVATORIO CRITICOdella germanistica

I - 2/3

OSSERVATORIO CRITICOdella germanistica

Aldo Venturelli

Gerhart Baumann, Robert Musil. Ein Entwurf,Freiburg i.Br., Rombach, 1997, pp. 204, DM 78

Robert Musil, L’uomo senza qualità, a cura diAda Vigliani, volume primo, prefazione di Gior-gio Cusatelli, Milano, Mondadori (“I Meridia-ni”), 1992, pp. 1018, £. 85.000; volume secon-do e scritti inediti, presentazione di Adolf Frisé,1998, pp. 1806, £. 85.000

Enrico De Angelis, Der späte Musil. Über denSchlußband des Mann ohne Eigenschaften, Pisa,Jacques e i suoi quaderni, 1997, pp.142, s.i.p.

1.Nella bella serieLitterae, curatada Gerhard Neu-mann e GünterSchnitzler, cheproprio con que-sto libro di Bau-mann raggiungeil cinquantesimovolume, è appar-sa recentementela ristampa diquesta monogra-fia, che per mol-ti versi costitui-sce un “classico” della Musil-Forschung:apparso nel 1981, ma strettamente collega-to al volume Robert Musil. Zur Erkenntnisder Dichtung del 1965, il libro di Baumannsembra collocarsi fuori da ogni diretto col-legamento con i dibattiti e le tendenze piùrecenti della ricerca, per presentarsi quasialla stregua di un dialogo personale delloscrittore con l’autore. Eppure questa è unafalsa impressione, sorta da un contatto su-perficiale con questo volume, scritto in unaprosa mirabile di alta fattura e ancora den-so di suggerimenti per una lettura attentadell’opera musiliana: quello di Baumann èinfatti il tentativo di delinearne una consi-derazione fenomenologica unitaria, all’in-terno della quale si impongono alcune ca-tegorie — quali il “campo”, la coscienzadel tempo, la percezione dell’io, la rete flui-da di “possibilità coesistenti” —, che ven-

gono collocatecon attenta esat-tezza nel quadrofilosofico, lette-rario e scientificodel primo Nove-cento. Proprio lasottolineatura delcampo di tensio-ni, che determinaogni rappresen-tazione narrativao drammaticadello scrittore,questa sua intrin-seca capacità di

sfumare ogni volta verso l’indefinito ciò cheviene costruito e ordinato con rigorosa pre-cisione, questo suo creare attraverso varian-ti sempre nuove un’opera che resta semprenella sua essenza aperta, invitano a rilegge-re Musil in una prospettiva di grande sugge-stione, a districarsi nell’apparente labirintodel suo romanzo principale senza ingiu-stificati timori di smarrirsi in percorsi con-traddittori o di cadere nel rischio di una de-vastante disintegrazione. L’invito a rilegge-re dunque questa monografia in questa suanuova edizione accompagna idealmente qua-si come un auspicio il lettore che voglia dinuovo confrontarsi con il romanzo musilianonella nuova ed elegante edizione approntatacon attenta cura da Ada Vigliani nei due re-lativi volumi della collana “I Meridiani”.

OSSERVATORIO CRITICOdella germanistica

2.Un immane processo di “sottrazione”: cosìappare a Giorgio Cusatelli nella sua prefa-zione il romanzo musiliano, in esso egli in-dividua la “pratica primaria di questo ro-manziere impegnato a distruggere a tutti icosti il romanzo, somma delle convenzionie remora alla difficile sopravvivenza dellapoesia”; eppure, sempre per Cusatelli, latenace ostinazione di Musil a capire trasfor-ma la potenziale “congerie di schegge im-pazzite” nella “massima riorganizzazionepossibile di un corpo deflagrato, come uncosmo miniaturizzato all’interno di unamente solitaria” (pp. XXII-XXV). Riuscirea seguire la complessa storia del romanzosignifica quindi per il lettore confrontarsidirettamente con questo singolare processodi costruzione attraverso sottrazione, che piùne evidenzia il significato decisivo che essoricopre nel più vasto tentativo di confron-tarsi senza fuga con il corpo deflagrato del-la modernità.Con il completamento di questa edizione ne“I Meridiani” il lettore italiano si trova nel-la possibilità — forse unica — di avvici-narsi al romanzo musiliano lungo due iti-nerari apparentemente diversi: come già af-fermato in occasione della “nuova edizioneitaliana” de L’uomo senza qualità apparsanel 1996 nella “Nuova Universale Einaudi”,non si può non augurare che questo fervoreeditoriale offra “l’occasione per la Musil-Forschung italiana di confrontarsi nuova-mente con il difficile problema della genesie della possibile conclusione del romanzomusiliano; l’obiettivo di una visione chiarae precisa della lunga storia della sua com-posizione è ancora molto lontano dall’es-sere raggiunto” (cfr. la nostra recensione in“Cultura tedesca”, 7, giugno 1997).Rispetto a tale obiettivo, anche la scelta ope-rata da questa edizione ne “I Meridiani” pro-cede con prudenza: l’albero genealogicodelle due edizioni riconduce infatti allo stes-so punto di partenza, ovvero alla edizionedel 1978 di Der Mann ohne Eigenschaftencurata da Adolf Frisé, il quale — nella pre-sentazione del secondo volume — riespone

brevemente i criteri seguiti, e in particolarela sua scelta di non seguire un’ortodossa suc-cessione cronologica nella disposizione deitesti del Nachlaß. Le due edizioni italianeattualmente disponibili dipendono entrambedalla stessa edizione Frisé: quella Einaudisegue un criterio selettivo nella disposizio-ne dei frammenti riguardanti la genesi e lacontinuazione del romanzo, quella Monda-dori invece riproduce fedelmente e traduceintegralmente tutti gli abbozzi di capitoli editida Frisé ad esclusione degli Studienblätterund Notizen. La soluzione Mondadori puòapparire più esaustiva, ma presenta anch’es-sa un problema di non facile soluzione nel-l’orientarsi nella lettura del romanzomusiliano: manca cioè ogni frammento chepermetta di ricostruire la genesi del suo pri-mo volume, e in particolare l’evoluzione delsuo personaggio principale, mentre vienedocumentata integralmente secondo l’edizio-ne Frisé la genesi delle tematiche narrative,che lo scrittore pensava di sviluppare nel se-condo volume.A questa carenza dell’edizione de “I Meri-diani” suppliscono in parte sia le introduzio-ni di Cusatelli e di Frisé sia — soprattutto —l’accurato e preciso apparato di note curatocon competenza da Ada Vigliani, che rap-presenta uno dei maggiori pregi di questaedizione. Alla base di questo apparato vi èun confronto attento con la bibliografiamusiliana, con il complesso delle edizioniFrisé — in particolare riguardo l’edizione deiTagebücher —, con il Musil-Kommentar diHelmut Arntzen: ma spesso la Vigliani, adesempio nel reperimento delle fonti dellediverse citazioni dirette o indirette, raggiun-ge risultati nuovi, così che questo apparato,pur nella sua necessaria essenzialità, offreuno strumento di lavoro e di consultazioneda non trascurare nell’accostarsi al romanzomusiliano. Utile e articolata anche labibliografia conclusiva, collocata alla fine delsecondo volume, curata dalla Vigliani, checompensa la generica approssimazione del-le pagine dedicate da Donatella Mazza a Lafortuna critica dell’”Uomo senza qualità”all’inizio del primo volume. Proprio per que-

I - 2/3

3OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

sti pregi dell’edizione in oggetto, dispiacel’assenza di una esauriente nota introduttiva,che ricostruisca con attenzione la genesi e iproblemi dell’edizione del romanzo: appa-re paradossale che il lettore che voglia ave-re un’idea e un orientamento su tali proble-mi debba ancora ricorrere alle note esplica-tive di Eithne Wilkins e Ernst Kaiser dedi-cate a La genesi dell’“Uomo senza quali-tà” (1898-1942), che corredavano la primaedizione Einaudi.Un’impresa quale quella di una nuova tra-duzione integrale di un’opera ampia e com-plessa come L’uomo senza qualità merite-rebbe evidentemente un’indagine attentadella qualità raggiunta dalla traduzione euna valutazione delle soluzioni adottate; laprima, superficiale impressione è quella diuna maggiore scorrevolezza e di un ritmopiù vivace, che caratterizza la traduzione diAnita Rho per Einaudi. Si tratta però — loripetiamo — solo di una impressione; unasuccessiva analisi comparativa delle duetraduzioni potrà senz’altro costituire un con-tributo importante allo sviluppo stesso del-la Musil-Forschung in Italia.

3.Rispetto alla prudenza seguita dalle dueedizioni italiane del romanzo musiliano,entrambe dipendenti dalla edizione Frisé del1978, merita di essere segnalato il contri-buto fondamentale fornito da Enrico DeAngelis nel suo Der späte Musil ad una ana-lisi più attenta della intricata storia dellacomposizione del romanzo. De Angelis èstato forse il primo — o almeno tra i primi— a confrontarsi con coraggio e lucida co-erenza con il vasto materiale messo a di-sposizione dalla trascrizione dell’interoNachlaß, apparsa in CD-Rom nel 1992 acura di Friedrich Aspetsberger, Karl Eibl eAdolf Frisé; osserviamo che anche laVigliani — non diversamente da quantoavvenuto nella nuova edizione Einaudi —si limita a citare in bibliografia questa tra-scrizione, senza che dal suo commento neemerga una effettiva utilizzazione.De Angelis osserva giustamente che la sud-

detta trascrizione non si presenta comeun’edizione critica, e quindi presenta nonfacili problemi di lettura e di utilizzazione;nello stesso tempo essa offre al lettore unavasta gamma di possibilità, quasi fosse di-rettamente a lui affidato il compito di ricre-are una propria personale edizione, una pro-pria proposta di itinerario lungo il comples-so dipanarsi della storia compositiva delromanzo. L’autore quindi propone un itine-rario possibile, senza escluderne a priorialtri, ma nello stesso tempo fornisce un’ana-lisi particolarmente convincente dei proble-mi riguardanti la stesura del secondo volu-me del romanzo. Tale stesura riguarda di-rettamente anche il primo volume, perché— come Musil stesso osservava — il se-condo volume era stato nelle sue linee ge-nerali ideato già precedentemente al primo;secondo le ipotesi di De Angelis, questa ste-sura risale presumibilmente al 1928. Unaindagine più attenta della stesura definitivadel primo volume, che resta consapevolmen-te al di fuori dell’ambito di lavoro di DeAngelis, potrebbe comunque risultare deci-siva e integrare le pregevoli osservazionisviluppate da De Angelis in relazione al se-condo volume: nel giungere alla stesura de-finitiva del primo volume Musil infatti ten-ne presente la ipotetica stesura del 1928 erispetto ad essa operò scelte stilistiche etematiche, che condizionarono con forzal’ulteriore lavoro al romanzo.Giustamente De Angelis sottolinea come imateriali narrativi elaborati nella ipotizzatastesura del 1928 si distinguessero certo daquelli precedenti, che non avevano mai su-perato il carattere di appunti frammentari,di tentativi ancora da sviluppare, ma non perquesto possono essere considerati comemateriali definitivi di capitoli pronti per lastampa. Questa è una distinzione significa-tiva, che permette di ricostruire con più at-tenzione la stratificazione cronologica delromanzo e di evitare i possibili fraintendi-menti, in parte conseguenti agli stessi crite-ri di edizione seguiti da Frisé, relativi a unpresunto impianto narrativo dell’opera maimesso in discussione dallo scrittore; secon-

4OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

do tale opinione, Musil non avrebbe mai ri-tenuto superate precedenti stesure e da esseavrebbe potuto attingere quasi indifferenzia-tamente materiali per la continuazione delromanzo.Proprio l’implicito rifiuto di questa ipotesidi ricostruzione costituisce il contributo piùimportante del lavoro di De Angelis, cheprocede altresì a una attenta differenziazionecronologica delle diverse fasi di stesura dellaprosecuzione del secondo volume: eglievidenzia come nettamente distinti il perio-do l932-1936 e quello successivo, contrad-distinto dalla prospettiva di una pubblica-zione intermedia che, come è noto, produs-se i cosiddetti capitoli rimasti in bozze.Queste due principali fasi di lavoro sonocontraddistinte al loro interno da successi-ve differenziazioni cronologiche, che per-mettono di seguire in modo non arbitrariolo sviluppo del lavoro di Musil al romanzo.Sarebbe arbitrario voler trarre da questa ri-costruzione proposta da De Angelis affret-tate ipotesi interpretative di carattere gene-rale, ma quello che da essa emerge è l’inti-ma coerenza interna del lavoro dello scrit-tore, l’implicito rifiuto di una semplicisticainterpretazione della lunga storiacompositiva del romanzo nei terminiriduttivi di un fallimento e di un naufragio.De Angelis evidenzia la ricorrente tensio-ne, che si stabilisce lungo questa storia trala fabula, tra l’impianto narrativo immagi-nato, e il peso sempre maggiore che assu-me la riflessione saggistica: questa tensio-ne determina la profonda consapevolezzaautocritica dello scrittore, l’ampliamentodella concezione originaria ad ambitiproblematici sempre più complessi, la fittarete di rimandi interni e di fluide correlazioniche si stabiliscono tra aspetti diversi dellavisione musiliana del mondo. L’autore se-gue con molta attenzione il dipanarsi di que-sto “sistema aperto”, nel quale tutto si ponein reciproca correlazione e la conoscenza sitrasforma impercettibilmente in intuizionee contemplazione: il compito che egli si pre-figge è quello di ricostruire le determinantidel pensiero musiliano e di porne in luce

fedelmente il suo significato, al fine di valu-tarlo dall’esterno nel suo insieme e di potersifruttuosamente confrontare con esso.La ricostruzione filologica permette in talmodo di individuare con sicurezza i punti digravità di questo sistema aperto e le loro in-terne connessioni: la psicologia del sentimen-to si accompagna così a una teoria gnoseo-logica e nello stesso tempo a una più genera-le teoria dell’agire sociale, che confluisce inuna critica della politica e della ripetitivitàstorica per giungere a delineare i fluttuanticontorni di una possibile società estatica. Taleimmagine utopica — di un’utopia intesa noncome stato ma come direzione — riconducein ultima analisi a una concezione comples-siva dell’essere, in cui mistica, ontologia edestetica stabiliscono tra loro rapporti semprenuovi e creativi. Dalla indagine di questo si-stema aperto emerge una proposta inter-pretativa, che arreca un contributo decisivoal chiarimento di molti aspetti del romanzo edella sua problematica; essa si fonda suun’analisi perspicua delle fonti del pensieromusiliano, con particolare riguardo allaGestaltpsychologie di Köhler e Lewin o alpensiero di Ernst Cassirer. Anche sotto que-sto aspetto la presunta via mistica percorsada Musil appare attraverso l’analisi di DeAngelis lastricata di intenzioni e articolazioni,che si radicano senza facili scorciatoie neldiscorso generale della modernità.Semmai un problema resta aperto nel volu-me di De Angelis: la sua prospettiva mirainfatti a una indagine della concezione con-clusiva del romanzo soprattutto dall’angolovisuale del pensatore, che utilizza i risultatidella analisi filologica al fine di meglio illu-minare l’articolazione concettuale della vi-sione musiliana. Una integrazione di questovasto campo di ricerca con una più attentaconsiderazione dei problemi stilistici, dellesoluzioni strutturali implicite nel lungo lavorocompositivo del romanzo costituirebbe unproficuo arricchimento dell’indagine condot-ta da De Angelis: la tensione tra fabula e ri-flessione saggistica non conosceva infattisoluzioni predeterminate, ma doveva di vol-ta in volta essere ricreata perché quella

5OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

fluidità e quell’apertura, così bene eviden-ziate da De Angelis, tornassero ogni volta aricrearsi in tutta la pienezza del loro signi-ficato.In conclusione non possiamo che augurarciche De Angelis trovi l’occasione di ripren-dere e ampliare questo suo importante con-tributo, che può oggi svolgere un ruolo nondissimile da quello che a suo tempo ebberoi mai dimenticati Studien zu einerhistorisch-kritischen Ausgabe von RobertMusils Roman “Der Mann ohne Eigen-schaften” di Wilhelm Bausinger. In attesadi questa ripresa del suo lavoro, speriamoche le sue proposte di ricostruzione e di in-terpretazione suscitino l’attenzione chemeritano, contribuendo a quella auspicabileripresa della Musil-Forschung in Italia, dicui anche le due recenti edizioni del roman-zo sono una significativa testimonianza.

Peter Kofler, “Wanderschaften durchgedruckte Blätter”. Italien in Wielands“Merkur” , Bozen, Edition Sturzflüge, 1997,pp. 300, s.i.p.

“Se fossi andato in Italia, sarei diventatocattolico e non ne sarei mai più uscito”. Sequesta sia stata la vera ragione del mancatoviaggio in Italia di Christoph MartinWieland, così come sarebbe stato da lui ri-ferito al filologo e antichista Karl AugustBöttiger, è difficile dirlo. Sta di fatto cheper questo grande poeta e, per usare termi-ni moderni, intellettuale e animatore cultu-rale della sua epoca, nei confronti del qualela germanistica italiana è in cronico difetto,l’Italia come del resto la Grecia non rien-trarono nelle sue esperienze dirette di vita.Sappiamo bene però quanto la loro storia ecultura costituirono patrimonio formativoe creativo, come attestano moltissime sueopere poetiche e narrative. Meno noti sono,invece, l’interesse e l’attenzione di Wielandper l’Italia nel suo complesso e in partico-lare per la sua ricezione in Germania nel-l’ultimo quarto del Settecento e agli inizi

dell’Ottocento. Se di Wieland non possia-mo avere testimonianze di un soggiorno ita-liano mai avvenuto, a lui dobbiamo rivol-gerci come attento osservatore e divulgato-re editoriale della realtà italiana, presentatae descritta al lettore tedesco nei suoi aspettie settori più compositi da molti ‘corrispon-denti’, poeti e letterati.È merito di Peter Kofler avere presentato,nella veste originale, una rilevante raccoltadei contributi più significativi sulla culturae l’attualità politica e sociale italiane pub-blicati sulla prestigiosa rivista wielandiana“Der Teutsche Merkur” (1773-1810, dal1790 “Der neue Teutsche Merkur”), unostrumento e al tempo stesso una vetrina diuna cultura europea che dimostrava con lasua vitalità la limitatezza dei confini politi-ci della Germania. La ricerca di Kofler siinserisce in un confortante panorama di rin-novati studi dell’opera wielandiana favori-ti, per quanto riguarda “Der Teutsche Mer-kur”, dall’edizione nel 1993 in micro-fichee dai contributi di Thomas C. Starnes.Nella ricca e perspicua introduzione il cu-ratore ricostruisce le coordinate e le tenden-ze, individuabili nel corpus dei testi sele-zionati, tra loro spesso non armonizzabili,dei campi di interesse dei viaggiatori tede-schi che della vita italiana recepiscono bel-lezze naturali e artistiche, seduzioni e con-traddizioni. La scelta proposta si configuracome una preziosa antologia, raccoman-dabile fra l’altro nelle bibliografie d’esamecon finalità interdisciplinari e compara-tistiche, che, accorpando intorno al motivoItalia gli interventi sparsi e diluiti nell’arcodi 38 anni, aiuta il lettore italiano, perl’eterogenea e trasversale ricchezza di pro-spettive, a guardare nello specchio della pro-pria storia.E’ opportuno, innanzitutto, riportare alcunidati informativi, contenuti nell’approfondi-ta indagine di Kofler, che sorprendono an-che chi ha familiarità con la rivista. Consi-derando il “Merkur” nel suo complesso “nonc’è un’annata in cui non sia presente un con-tributo sull’Italia. Delle oltre 42.000 pagineammontano a 4.500 quelle che riguardano

6OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

questo paese”. Dall’indice cronologico, ri-portato in appendice, comprendente ancherecensioni, traduzioni e Bearbeitungen dal-l’italiano, vediamo che sono 304 i testi sul-l’Italia, equivalenti, come numero di pagi-ne, a un considerevole 11% del globale.Ancora più interessanti sono le informazio-ni sui collaboratori di cui 84 identificabili— fra questi Goethe, Schiller, Herder, Frie-derike Brun, Friedrich Leopold Stolberg,Heinse, Elise von der Recke, Merck, Seume— mentre 129 testi risultano anonimi — fraquesti anche di Goethe e Schiller — per ra-gioni non dettate tanto dalla scarsa notorie-tà dell’autore, quanto dal criterio adottatoda Wieland secondo cui occorreva “appor-re il nome se fosse stato di uno sconosciutoe il testo fosse stato eccellente”.Kofler informa, inoltre, dell’ampio spettrodi temi e di prospettive, dalle “brevi notiziesulla politica del momento, agli interventisulla politica economica, alla storia, geolo-gia, geografia, metereologia e archeologiafino all’arte, in particolare la pittura, la scul-tura, la musica e la letteratura”. La concen-trata rassegna dei testi, oltreché per l’evi-dente eterogeneità dei contenuti e dei gene-ri letterari, dalle annotazioni diaristiche al-l’epistola, che rinviano alle diverse esperien-ze e alla diversa sensibilità degli osservato-ri, colpisce il lettore per l’evoluzione stori-ca e ideologica del loro atteggiamento edelle loro finalità che avrebbe richiesto for-se un più incisivo commento in chiavediacronica e contrastiva anche se viene spes-so distribuito nelle varie parti dell’introdu-zione. Ad esempio fra Christian JosephJagemann, dal 1762 per alcuni anni frateagostiniano nel convento S. Spirito a Firen-ze, studioso di letteratura italiana e poi bi-bliotecario della duchessa Amalia, autore di46 testi per il “Merkur” e Friederike Brun,seguace di Klopstock e influenzata dal clas-sicismo sentimentale di Matthisson, colla-boratrice del “Merkur” con i suggestiviAuszüge aus dem Tagebuche einerReisenden fra il 1798 e il 1801, c’è unagenerazione di differenza. Su questi testidella Brun, la cui scrittura rivela una pro-

fonda dialettica di interiorità ed esteriorità el’“annullamento dell’io nel paesaggio”,Kofler sviluppa fra l’altro pregevoli consi-derazioni. “L’ampiezza ideologica si misuradal rappresentante dell’assolutismo illumi-nato fino al giacobino e l’orientamento este-tico spazia dagli acritici seguaci diWinckelmann fino al romantico”, scriveancora Kofler che approfondisce soprattut-to le dinamiche e i meccanismi che nellaReiseliteratur regolano le relazioni fra ve-dere, scrivere e leggere. Inserendosi quindinel dibattito sullo statuto cognitivo ed esteti-co del genere, alimentato di recente dal vo-lume Deutsches Italienbild und italienischesDeutschlandbild im 18. Jahrhundert (curatoda Klaus Heitmann e Teodoro Scamardi,Niemeyer 1993) insiste sulla specificità an-che retorica dei frammenti di descrizioni diviaggio pubblicati nel “Merkur” che, nellamediatezza ermeneutica del testo che si faletteratura, si consegnano al lettore nella lorovalenza sublimatrice di un rapporto percettivocon l’oggetto del viaggio.Ne è un esempio indicativo RosaliensHeiligthum, il primo testo sul soggiorno ita-liano, pubblicato da Goethe nel 1788 sul“Merkur”, che si può leggere anche nellaItalienische Reise. La lettura in parallelo deidue testi, diversi solo per la sottrazione deidue capoversi nella Ausgabe letzter Hand ,non può che confermare il carattereimpressionistico della cronaca di viaggio nelframmento del “Merkur” di fronte alla suatraduzione nell’impianto letterario del Viag-gio in Italia.Del resto tutte queste finestre sull’Italia cheil “Merkur” apriva per i suoi lettori erano unaccattivante invito a viaggiare sfogliando lepagine di una rivista, così come i viaggi piùbelli sono quelli vissuti sull’atlante della pro-pria fantasia. Il titolo scelto da Kofler per lasua antologia è quindi indovinato e non a casoè derivato da una definizione romantica cheWilhelm Müller dette del Tagebuch einerReise durch einen Theil Deutschlands unddurch Italien in den Jahren 1804 bis 1806 diElise von der Recke e che qui vale la penariportare: “eine angenehme Unterhaltung und

7OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

Belehrung für Nichtreisende, die ihreSehnsucht nach der schönen HesperischenHalbinsel mit Wanderschaften durchgedruckte Blätter abwechselnd nähren unddämpfen”. Non è possibile indicare nean-che sommariamente motivi, usanze, episo-di, aneddoti che l’occhio dell’osservatoretedesco o inglese (si legga lo Auszug ausdes Herrn P. Brydone Reise, TM 1773) fis-sa e traduce in scrittura di cui si hanno trac-ce nel “Merkur”. Il lettore ha la possibilitàdi tuffarsi nel passato italiano attraversol’osservazione attenta, spesso frammentaria,ma quasi sempre emotivamente partecipedel viaggiatore tedesco grazie a questo vo-lume corredato di un eccellente apparatocritico.Il giudizio di Goethe (Auszüge aus einemReise-Journal, TM 1788) sui Lazzaroni, checontrariamente alla negativa tradizione im-perante del Volkmann “celebrano e accre-scono insieme la grande festa del piacereche ogni giorno si festeggia a Napoli”, o larassegna sulle attività ludiche degli italia-ni, una partita di calcio a Livorno o il giuo-co del ponte a Pisa, minuziosamente de-scritti da Jagermann nei Briefe über Italien,sono un contributo alla conservazione delpassato e alla memoria grazie al trinomioun po’ di retroguardia: vedere, scrivere, leg-gere.

Fabrizio Cambi

Il gesto, il bello, il sublime. Arte e lettera-tura in Germania tra ’700 e ’800, a cura diEmilio Bonfatti, Roma, Artemide, 1997, pp.174, £. 35.000.

La prima cosa che salta all’occhio, già solosfogliando questo volume miscellaneo, incui sono raccolti quattro saggi, due scrittiin italiano rispettivamente da EmilioBonfatti e da Annarosa Azzone Zweifel, edue in lingua tedesca ad opera di WolframMauser e Carsten Zelle, è la latitanza delcuratore, il quale non ha ritenuto evidente-

mente necessario, in contrasto con quellache è ormai consuetudine affermata nel casodi opere miscellanee, né introdurre il letto-re alle problematiche dei saggi che si ap-presta a leggere, mettendone in rilievo adesempio gli elementi di continuità o le dif-ferenze, né spiegare la motivazione profon-da o anche solo occasionale che ha portatoa una tale raccolta.Il titolo del volume risulta poi per certi ver-si asimmetrico: mentre infatti i due aggetti-vi sostantivati “bello” e “sublime” rappre-sentano all’interno dell’estetica del ’700un’opposizione e una coppia concettuale percosì dire obbligata, in cui un termine richia-ma necessariamente l’altro, il terzo compo-nente del titolo, il sostantivo “gesto”, ap-partiene evidentemente ad un’altra sfera epuò riferirsi tanto al bello che al sublime.Proprio questo riferimento alla gestualitàserve però, forse, ad anticipare quanto vie-ne detto poi esplicitamente nel sottotitolo,il fatto cioè che i saggi contenuti in questovolume non riguardano solo la “letteratu-ra”, bensì più in generale l’“arte”. I termini“gesto” e “sublime” sembrano rimandareinoltre a due delle più importanti tendenzedegli studi di letteratura e di estetica tede-sca del periodo “tra ’700 e ’800”, che han-no dominato gli ultimi dieci o quindici anni:mentre il “gesto” rievoca infatti quelle ri-cerche che, a partire dal più vasto interesseper l’influenza dell’antropologia sulla let-teratura e sull’estetica del ’700 in Germa-nia, si sono concentrate poi sugli aspetti non-verbali e in particolare sulla retorica dellacorporeità nella comunicazione letteraria, il“sublime” rinvia direttamente a un’altracorrente, che, nata da una riletturapostmodernista dell’illuminismo, ha poiapprofondito con sempre maggior rigorefilologico i testi teorici di questa “esteticadel brutto” ante litteram.Il primo saggio, di Wolfram Mauser (pp. 7-26), che ha per oggetto le “spiegazioni” for-nite da Lichtenberg ad alcune incisioni delpittore inglese Hogarth, considera questiscritti nel contesto generale dell’interesseantropologico dell’epoca, senza tuttavia ri-

8OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

ferirsi in particolare né alla fisiognomica néalla patognomica, vale a dire agli studi sul-la mimica. Il suo interesse è invece più ge-nerale e più astratto allo stesso tempo: eglivuole servirsi infatti di questi scritti diLichtenberg per dimostrare che l’idea, af-fermatasi soprattutto negli anni Venti diquesto secolo, di una sostanziale uniformi-tà di stile delle singole epoche storiche, chepermetterebbe quindi un “chiarimento re-ciproco delle arti” tra loro, non è assoluta-mente sostenibile. Mauser sottolinea quin-di ripetutamente la chiara coscienza che giàLichtenberg possedeva della diversità so-stanziale tra il medium pittorico e quelloletterario e mostra quindi come egli riesca,attraverso un procedimento poetico appa-rentemente divagatorio e reticente, a rag-giungere quel grado di allusività e di inde-terminatezza che caratterizzano le incisionidi Hogarth. Questa particolarità dello stiledi Lichtenberg era d’altra parte già stataevidenziata, in generale, da AlbrechtSchöne, e studiata poi con particolare rife-rimento alle “spiegazioni” dei quadri diHogarth da Ernst-Peter Wieckenberg, cheaveva messo in luce soprattutto le molte ediverse strategie retoriche impiegate a que-sto scopo. Si può senz’altro dare ragione aMauser, quando sottolinea che questo pro-cedimento estetico o letterario di Lichten-berg non è solo espressione di una conce-zione dell’arte e della letteratura slegata or-mai dalla sua funzione educatrice emoralizzante, ma che è sintomo soprattuttodi una diversa, meno dogmatica concezio-ne dell’uomo, considerato sempre nel suocontesto socio-culturale. Proprio questa vi-sione dell’uomo accomuna secondo Mauser,più di qualsiasi supposta costante stilistica,Lichtenberg e Hogarth, come egli esempli-fica soprattutto nelle ultime pagine del sag-gio, riprendendo una sua analisi – pubbli-cata qualche anno fa – del quadro di Hogarthdelle “Commedianti girovaghe” e della re-lativa “spiegazione” di Lichtenberg.Se il saggio di Mauser pecca quindi almenoin parte di scarsa originalità, ciò non puòcertamente venir detto per il ben più com-

plesso e lungo saggio di Emilio Bonfatti sul-l’immagine del “gladiatore tra statuaria e let-teratura” (pp. 27-75). Nemmeno questo sag-gio, che pure esordisce con delle considera-zioni di François Riccoboni, poi tradotte daLessing, sull’opportunità o meno di imitarea teatro la posizione del famoso “GladiatoreBorghese”, si occupa a ben guardare dipatografia o di mimica. Perché il discorsocambia subito direzione e segue dapprima laquestione filologica e “antiquaria” sull’iden-tità di questo supposto gladiatore, che potreb-be rappresentare invece il condottiero grecoCabria, così come è stata trattata soprattuttoda Winckelmann e Lessing. In un secondomomento l’argomentazione si fissa però sulproblema estetico del tipo di bellezza, “idea-le” o “naturale”, che autori comeWinckelmann, Lessing, ma anche Füßli oMengs hanno attribuito a questa statua, perculminare infine con la descrizione ‘totaliz-zante’ data da Moritz di quest’opera, consi-derata all’interno della sua idea di autono-mia dell’arte.Per evidenziare ancora più chiaramente que-sto mutamento di prospettiva o di paradigmada una considerazione puramente filologicaad una genuinamente estetica, Bonfatti rico-struisce le fonti secentesche di cui Lessingdisponeva e mostra inoltre come sia potutoavvenire che proprio la statua di un“gladiatore”, cioè di un “reietto”, di un rap-presentante dei ceti inferiori, sia potuta as-surgere, a cavallo tra Sei- e Settecento, a re-quisito decorativo di moda ad esempio nellaresidenza di Herrenhausen, nello SchloßMirabell di Salisburgo oppure, più tardi, nelCastello di Charlottenburg a Berlino.In un terzo capitolo Bonfatti passa quindi aconsiderare un’altra figura di gladiatore, chefu oggetto di molte discussioni durante tuttoil Settecento, ovvero il cosiddetto “gladiatoremorente”. Il discorso qui non riguarda più ladicotomia tra “bello di natura” e “bello idea-le”, bensì al contrario la rappresentazione delbrutto o perlomeno del non-bello. In questocontesto il “gladiatore morente” diviene, sulleorme di Cicerone – dapprima in Francia conDu Bos e Diderot, ma poi anche in Germa-

9OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

nia, soprattutto con Mendelssohn – un esem-pio di forza e di superiorità morale stoica,che può essere fonte di ammirazione e quin-di anche di piacere estetico.Solo verso la fine del ’700, con il “tardogiacobino” Seume, entrano nelle riflessio-ni sul “gladiatore morente” anche conside-razioni di tipo politico e sociale. Proprioquesto tipo di considerazione dominerà poiperò nelle rielaborazioni letterarie e soprat-tutto teatrali di questo soggetto, che hannocominciato ad apparire proprio sul finire delsecolo, in concomitanza con l’affievolirsidell’interesse antiquario ed estetico per que-sto tema, e alle quali Bonfatti dedica soloqualche accenno.Nel terzo saggio (pp. 77-111) Carsten Zelleriprende e porta avanti un discorso che erastato in realtà appena sfiorato da Bonfatti,vale a dire quello sull’estetica del sublime.L’autore, che in un libro fondamentale suquesto tema e poi in numerosissimi saggipubblicati nell’arco degli ultimi dieci anni,ha già approfondito diversi aspetti di que-sta problematica, prende qui le mosse da untesto di Ernst Jünger, in cui viene descrittala scena di un bombardamento aereo osser-vato dal tetto di un albergo, cui fa seguirequasi immediatamente la descrizione delnaufragio osservato dalla riva da alcuni spet-tatori contenuta nel De rerum natura diLucrezio. L’analogia tra il testo dell’autoremoderno e quel locus classicus di tutte leconsiderazioni settecentesche sul sublimeserve a Zelle per anticipare la sua tesi prin-cipale, secondo cui la scena rappresentatada Lucrezio costituisce il modello prima-rio, la “Urszene”, di ogni percezione esteti-ca, caratterizzata, nella sua ricerca della di-stanza e del non coinvolgimento, da un im-plicito e non confessato voyeurismo.Dopo aver suggerito che tutte le rappresen-tazioni di un naufragio, soprattutto pittori-che, ma anche letterarie, sono da intendersicome metafore della fine del mondo, Zellesi dedica ad indagare le diverse interpreta-zioni date dai vari autori francesi, inglesi otedeschi della gioia provata dagli spettatoridi tale naufragio. Mentre Voltaire o

Akenside cercano di ricondurre questa gio-ia non a una sorta di sadismo, bensì ad unaforma di “simpatia” e di “compassione” peri propri simili in difficoltà, e mentre altriautori come Dubos e in GermaniaMendelssohn separano questo piacere dalsuo oggetto e lo riconducono invece allastruttura autore-ferenziale di ogni gioia, esi-stono anche altri autori, come ad esempiol’autore tedesco di romanzi dell’orrore CarlGrosse, che riconoscono esplicitamente ilcarattere amorale o addirittura “sadico” diun tale piacere estetico. In conclusione, eprima di sottolineare nuovamente il carat-tere voyeuristico di ogni percezione esteti-ca, con cui si spiega ad esempio il fascinoesercitato da numero-sissimi quadri diGéricault, Zelle mostra come la stessa “sce-na originaria” di un “naufragio con spetta-tori” si possa facilmente riconoscere anchein alcune pagine della Kampagne inFrankreich di Goethe.Con l’ultimo lavoro, il saggio di AnnarosaAzzone Zweifel sulla problematica artisti-ca nella prima stesura del romanzo diGottfried Keller Der grüne Heinrich (pp.113-155), ci troviamo catapultati improvvi-samente verso la metà dell’Ottocento. Que-sto inaspettato salto cronologico può esserespiegato dal fatto che le riflessioni estetichea cui Keller fa riferimento nel suo romanzo– oltre a Geßner e Sulzer, soprattutto Goethee Jean Paul – rientrano tutte ancora nel se-colo precedente. Ma anche un altro aspettocollega inoltre, almeno esteriormente, que-sto saggio agli altri lavori presentati nel vo-lume: la presenza in un punto centrale e de-terminante del romanzo della statua del“gladiatore Borghese” pone infatti questoromanzo nel contesto di quella tradizionedi interpretazioni della statua, che è stataricostruita nel saggio di Bonfatti.A parte questi legami più o meno profondi,Azzone Zweifel ripercorre in modo chiaroe preciso, senza mai occuparsi né digestualità, né tantomeno dell’opposizionetra bello e sublime, l’evoluzione artistica diHeinrich dal soggettivismo romantico di unafantasia bizzarra, attraverso un realismo

10OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

classico ricalcato sulla concezione dell’ar-te di Goethe e fino a una sorta di anticipa-zione della pittura astratta e informale, chesegna però la crisi definitiva della carrieraartistica del protagonista. A più riprese l’au-trice sottolinea come l’arte nel romanzo nonsignifichi più, come al tempo di Goethe, unanegazione della logica dell’utile economi-co, ma sia anzi sottomessa alle leggi delmercato, che trasformano necessariamentel’arte in una “merce fasulla” e l’artista inun “fornitore alienato”. In questo nuovocontesto, anche la visione goethiana dell’ar-te non basta più a giustificarne la funzione:proprio dalla vista e dallo studio del“gladiatore Borghese” Heinrich viene spin-to così a lasciare l’arte in favore della scien-za e di un impegno attivo nella società. Maanche su questo nuovo cammino intrapresoil protagonista del romanzo troverà soloumiliazioni e sconfitte e dovrà piegarsiripetutamente e infine cedere al mondo delprofitto.Per quanto chiara e convincente appaia que-sta lettura della prima versione del roman-zo di Keller, non si può dire che essa con-tenga delle tesi forti e particolarmente ori-ginali. Questa scarsa originalità sembra es-sere d’altra parte, se si esclude il saggio diBonfatti, anche il limite maggiore di questovolume, considerato che tanto Mauser quan-to Zelle riprendono e riassumono nei lorocontributi riflessioni che avevano già svi-luppato in lavori precedenti. Abbastanza evi-dente è inoltre anche quella mancanza di co-esione e di continuità tra i diversi saggi, chenemmeno il titolo del volume, il quale fasorgere false aspettative e non corrispondepoi tutto sommato al contenuto dei contri-buti, riesce a mascherare.Sono da segnalare infine anche alcuni erro-ri di impaginazione e alcuni refusi: se la fu-sione dei due termini “Gladiatore Borghe-se” in un solo sostantivo “Glaorghese” apagina 64 non disturba più di tanto la lettu-ra, l’anteposizione della pagina 31 alla pa-gina 30 crea invece in un primo momentouna certa confusione. La mancanza di unanegazione a pagina 127, quando si afferma

che “nel romanzo [non] c’è progressione, maantinomia tra due ‘modi che caratterizzanol’attività dell’artista’”, risulta invece abba-stanza evidente.

Alessandro Costazza

Lou Andreas-Salomé, Figure di donne. Lefigure femminili nei sei drammi familiari diHenrik Ibsen (Henrik Ibsen’s Frauen-Gestalten, 1892), trad. e cura di LauraMeattini, Milano, Iperborea, 1997, pp. 206,£. 24.000

Probabilmente fu per tramite di GeorgBrandes che Lou Andreas-Salomé si avvici-nò alla letteratura scandinava: non restanomolte tracce del rapporto tra il critico danesee l’autrice di origine russa — una manciatadi lettere formali, qualche scarno accennonell’opera di Brandes, solo una nota che ri-guarda Brandes nell’autobiografia diAndreas-Salomé — , ma dalle memorie diBrandes sappiamo, ad esempio, che la seradel 4 febbraio 1883, il giorno che precedevail ritorno in patria dopo sette anni trascorsi aBerlino, il critico danese si intratteneva pro-prio in una compagnia intima che compren-deva la giovane Andreas-Salomé, oltre al-l’amico e compagno di allora, Paul Rée: unacircostanza che avvalora l’ipotesi di una fa-miliarità non accidentale.Del resto — siamo ancora nel campo del nonprovato — non è inverosimile che la stessaAndreas-Salomé abbia spinto Brandes sulletracce di Nietzsche in maniera più decisivadi quanto non risulti dalle testimonianze re-ticenti dello stesso Brandes (“Conosco Rée”scrive questi a Nietzsche, con comprensibileprudenza, in una lettera del 17 dicembre 1887,“Viveva — in unione fraterna, secondo quan-to essi affermavano — con una giovanissi-ma, intelligente russa, che alcuni anni fa hapubblicato un libro, Im Kampf um Gott, chenon forniva tuttavia alcuna indicazione dellesue reali doti”); e il lavoro di Andreas-Salomésu Nietzsche è uno di quelli che Brandes, al-

11OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

quanto parco di riconoscimenti nei confrontidi chi dopo di lui aveva dato alimento alladilagante moda nietzscheana, giudicò conmaggiore generosità nel suo Poscritto del1893 a Friedrich Nietzsche. Un radicalismoaristocratico del 1889.Sta di fatto che, dalla seconda metà deglianni Ottanta, Lou Andreas-Salomé dedicòuna mole notevole di lavori — articoli, sag-gi, recensioni — alla letteratura scandina-va che all’epoca si andava delineando a suavolta come un non trascurabile fenomenodi moda per una serie di ragioni convergen-ti, anche se talvolta addirittura antitetiche,come ad esempio da una parte il magisteroliberal-positivista esercitato appunto daBrandes e fortissimo anche in ambito tede-sco, dall’altra l’ondata montante delpangermanesimo che andava a indagare eriscoprire le radici nordiche, mitizzate comele proprie componenti più pure.Quest’opera di Andreas-Salomé si collocain una posizione ancora diversa sullo scac-chiere delle infiltrazioni e corrispondenzescandinavo-tedesche dell’epoca e s’inseri-sce nel filone, vero e proprio capitolo a sé,delle fortune ibseniane in Germania, per lequali rimase determinante l’impronta diBrandes, che — a partire dal saggio HenrikIbsen uscito nel 1883 su “Nord und Süd”— dirottò la ricezione del drammaturgo nor-vegese verso uno stampo sostanzialmentenaturalista: proprio su tale lettura parzialesi baserà la reazione delle avanguardie suc-cessive, ad esempio quella di FrankWedekind in Baumeister Solness undSchriftsteller Ibsen (è da notare che saràproprio Lou Andreas-Salomé una delle po-che voci discordanti, quando ad esempio nel1908, con il suo lungo articolo VierKammerspiele uscito su “Die Schaubühne”,metterà in fila sulla scorta degli Spettriibseniani due drammi della linea simboli-sta-decadente come Frühlings Erwachen diWedekind e Aglavaine et Selysette diMaeterlinck, oltre a Das Friedensfest diHauptmann).Preceduto da una parte introduttiva, la fia-ba Die Wildente, uscita sulla “Freie Bühne”

già nel settembre 1890 e destinata a costitu-ire il prologo dell’opera compiuta, questoFigure di donne — presentato per la primavolta in edizione italiana con pregevole curadi Laura Meattini — risale come volume al1892 e raccoglie sei “letture” di altrettantidrammi ibseniani tipizzati attraverso le loroprotagoniste femminili, cui i sei capitoli pre-stano il nome: Nora per Casa di bambola,la signora Alving per Spettri, Hedvig perL’anitra selvatica, Rebekka perRosmersholm, Ellida per La donna del mareoltre a Hedda per Hedda Gabler. Una sceltache è già sintomatica di come i drammiibseniani, nella lettura di Andreas-Salomé,conoscano la loro ragione costitutiva in unadimensione psicologica, il cui intreccio diforze si raggruppa ed è dipanabile a partireda un personaggio che ne è motore e attore.La critica, sulla base di questo taglio netto,accolse l’opera al suo apparire nella prospet-tiva di Andreas-Salomé piuttosto che inquella di Ibsen, leggendola come unarinarrazione in parte poetizzata di vicende epersonaggi. È questo soprattutto il caso del-la Fiaba posta a introduzione di Figure didonne, vera e propria sintesi a priori non solodei metodi, ma anche dei contenuti del te-sto, e sulla quale si è più spesso soffermatal’attenzione degli esegeti: Wilhelm Bölsche,ad esempio, intitolava Sechs KapitelPsychologie nach Ibsen la sua recensioneal volume (su “Freie Bühne”, 1891), men-tre Arne Garborg nel presentare nel 1893 latraduzione norvegese dell’opera, scrivevaespressamente che non di un “saggio criti-co” si trattava, bensì di “una nuova rappre-sentazione interpretativa in forma poetica,mediante la quale i personaggi ibsenianiriacquistano vita”; ma anche più recente-mente Fritz Paul (in “Sechs Antworten undsechs Geschichten”. Lou Andreas-Saloméinterpretiert Ibsen, 1985) insiste sul “meto-do psicologico” su cui è costruito Figure didonne; e Claudio Magris, nel suo Il tardoIbsen e la megalomania della vita (in L’anel-lo di Clarisse, 1984), recupera la Fiabacome problematizzazione consapevole diimplicazioni che in Ibsen appaiono solo la-

12OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

tenti, individuando nella soffitta in cui lastoria è ambientata (la soffitta dell’“anitraselvatica”) la “prigione storico-sociale”, illuogo simbolico delle protagonisteibseniane.Certamente gioca anche il profilo così mar-cato dell’autrice a far sì che l’opera sia sta-ta considerata in primo luogo come saggiodi analisi psicologica, quasi una sorta di pro-va generale per l’ingresso di Lou Andreas-Salomé nella società della psicoanalisi cheavverrà quasi venti anni più tardi, nel 1911,piuttosto che come strumento d’indaginesull’opera ibseniana (in questo senso è infondo da leggersi anche la scelta del titoloitaliano dell’opera, in cui sono le Frauen-gestalten a occupare la scena e Ibsen —centrale nell’originale e che pure è il moti-vo cui si deve l’inserimento di un testo si-mile nel catalogo di una casa editrice spe-cializzata in letterature scandinave — scom-pare sullo sfondo).V’è da dire che — proprio da questo puntodi vista, ma anche per uno dei suoi molte-plici intrecci — Figure di donna appareanche come il risultato dell’intenso studionietzscheano di quegli anni culminato nel1894 con Friedrich Nietzsche in seinenWerken, atipica biografia in cui le circostan-ze reali sbiadivano a favore di un’attenzio-ne prevalentemente rivolta a processi di ca-rattere psichico-intellettuale e l’osservazio-ne dell’individuo Nietzsche si dissolveva,a partire da dati asetticamente puntuali, nellaristrutturazione del suo pensiero a organi-smo composito (e in quanto tale psicolo-gizzabile) e si riconvertiva in sistema: il li-bro ibseniano sembrerebbe mutuare daNietzsche, insomma, (che in una lettera aAndreas-Salomé nel 1882 scriveva “il Suopensiero di una riduzione dei sistemi filo-sofici agli atti personali dei loro autori èveramente il pensiero di un’anima sorella”)il principio psicologico come strumentod’indagine sul reale, come imprescindibilemezzo di conoscenza, che può e deve eser-citarsi non soltanto sul soggetto reale, masulle figurazioni cui esso dà vita e che daesso si autonomizzano.

Tutto ciò prelude in effetti al “passaggio allapsicanalisi”, ma non fa e non può fare a menodel teatro, di cui Lou Andreas-Salomé è fre-quentatrice non superficiale (la consuetudi-ne con la dimensione scenica è testimoniatada una lunga teoria di studi e recensioni de-dicati alla produzione drammaturgica, cheaccompagna l’autrice praticamente per l’in-tero corso della sua esistenza; ancora all’Ibsendel Costruttore Solness è dedicata tra l’altrola seconda parte dell’ampio saggio Ibsen,Strindberg, Sudermann uscito nel 1893 sulla“Freie Bühne” e che idealmente si salda, com-pletandolo, a questo Henrik IbsensFrauengestalten): solo che, nella sua lettura,è un teatro che non si svolge sulla scena, masi prolunga nelle quinte della vita. Lariscrittura di Andreas-Salomé è tesa a ingran-dire, a definire i caratteri, estendendoli in fa-sci di emozioni e sentimenti fino a modellar-li in figure a tutto tondo, a stabilire per lorola pienezza della realtà, laddove nell’inven-zione ibseniana sono solo dei vettori scenici,funzionali al loro ruolo nella macchina tea-trale. Ma in quel loro ruolo hanno senso — equella macchina teatrale funziona — solo seè proiettabile una qualche realtà al di là delloro apparire, se è plausibile un loroispessimento in figure reali. Questa è la por-tata autentica dell’operazione di Andreas-Salomé, e se è vero, come scrive con qual-che iperbole Theodor Heuss (Lou Andreas-Salomé, 1908), che “il nome di Ibsen noncompare mai nel libro, tranne che nel titolo”,proprio la psicanalisi ci spinge a sospettareche dietro tale lacuna si nasconda un nodoessenziale: è il teatro, che è scavalcato e inun certo senso persino dimenticato in questolibro, ma anche reso possibile, una volta di-mostrata la sua contiguità con la vita.

Alessandro Fambrini

Georg Trakl, Sämtliche Werke undBriefwechsel. Innsbrucker Ausgabe.Historisch-kritische Ausgabe mit Faksimilesder handschriftlichen Texte Trakls, a cura di

13OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

Eberhard Sauermann e HermannZwerschina, 6 voll., Basel-Frankfurt/M.,Stroemfeld/ Roter Stern, 1995-2001

(Sinora è stato pubblicato il volume II,Dichtungen Sommer 1912-Frühjahr 1913,1995, pp. 520, DM 148, oltre a due volumisupplementari, riproducenti le edizioni astampa di Gedichte e Sebastian im Traum.Nei prossimi mesi apparirà il volume III,Dichtungen Sommer 1913 bis Herbst 1913.Seguiranno i volumi: IV — DichtungenWinter 1913/14 bis Herbst 1914; I —Dichtungen 1906 bis Frühjahr 1912; V —Briefwechsel; VI — Dokumente).

Hans Weichselbaum, Georg Trakl. EineBiographie mit Bildern, Texten undDokumenten, Salzburg, Otto Müller, 1994,pp. 207, DM 70

Ida Porena, La verità dell’immagine. Unalettura di Georg Trakl, Roma, Donzelli,1998, pp. 78, £. 30.000

L’oscurità del cifrato cosmo trakliano, leforme della sua originalissima mitopoiesi,la dimensione del contrasto, su cui è tessu-ta questa lirica di purissima astrazione,hanno reso l’opera di Georg Trakl il luogoprivilegiato di un’esegetica spesso priva diogni fondamento filologico-critico, quan-do non dominata da un’acribia interpretativaautoriflessiva, dai preconfezionati risvoltiideologici. La poesia di Trakl è stata (perriassumere due posizioni estreme) ora eret-ta ad espressione di una fede cristianaatipica e tormentata, ora, per contro, trasfor-mata in un viaggio senza ritorno nella di-sperazione del più tetro nulla. Una riccagamma di ipotesi interpretative si è alimen-tata, inoltre, di congetture di ordine biogra-fico rimaste avvolte dalle luci incerte deldubbio, ma ritenute probanti al fine di ri-condurre ad una lettura di logica razionali-tà motivi in tal modo depauperati dell’ine-sauribile ricchezza dei loro più profondi si-gnificati alogici.Dall’approccio metodologico dei curatori

della nuova edizione critica, EberhardSauermann e Hermann Zwerschina (cosìcome si evince dal volume edito e da anti-cipazioni sui prossimi), nonché dal testo diHans Weichselbaum emerge una nuova ten-denza della critica trakliana, volta adun’operazione esegetica suffragata da unaricostruzione, filologicamente inoppugna-bile, della genesi dei testi, della lorodatazione e degli episodi di una biografia,indagata con piglio da detective, sulla scor-ta di inediti documenti e testimonianze.L’edizione critica di Innsbruck, con ripro-duzione in facsimile dei testi, trascrizionediplomatica delle diverse Textstufen (termi-ne, come vedremo, non a caso preferito aquello di Fassungen), rappresenta non soloun importante aggiornamento dei dati sinoranoti in merito, per esempio, al dettato dellevarianti e alla loro relazione temporale, alladatazione del materiale da tempo noto edelle carte di recente acquisizione: essaconsente inoltre nuovi percorsi interpreta-tivi che vogliano tener conto della genesidel testo, ricostruendo la dinamica internadel dettato poetico alla luce di una nuovavalutazione delle varianti, delle forme dimontage di citazioni e autocitazioni propriadei testi trakliani, letti in una prospettivastoricizzante e sottratti così ai cliché inter-pretativi sedimentatisi sul dettato poetico.Il tempo quale coefficiente di trasformazio-ne di una poesia intesa come perenne workin progress sembra l’elemento intorno a cuipoter riassumere i principi editoriali dellanuova edizione critica. Non tanto per il fat-to che le poesie, così come pure le lettere,corredate delle rispettive risposte, vengonoproposte in un ordine cronologicofilologicamente ricostruito nel tentativo ditener conto anche di uno scarto di solo qual-che giorno (nella breve vita trakliana assu-mono colori diversi unità temporali mini-me, viceversa inessenziali nella valutazio-ne dei tempi di attività distese sull’arco didiversi decenni). Né tanto meno per le nuo-ve datazioni proposte, che in numerosissimicasi indurranno ad una diversa valutazionedei testi. Quanto, invece, per la contestua-

14OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

lizzazione temporale delle diverse stesure,da cui scaturisce un inedito effetto di pro-fondità della lettura: le Textstufen non ven-gono valutate come fasi di maturazione diun testo giunto a compimento nella Fassungletzter Hand, ma piuttosto come nuclei po-etici autonomi e compatti, seppur mai com-piuti e conclusi, riconosciuti come valididall’autore per un certo lasso di tempo, solopochi minuti o anni interi, affidati poi adun processo infinito di rielaborazione, in-terrotto bruscamente dalla morte prematu-ra; il testo pubblicato non appare più comeil fine della scrittura, giacché questa, forte-mente autoriflessiva, è ripiegata in unarielaborazione continua, anche di liriche giàconsegnate alle stampe, come dimostranole varianti redatte su stesure già edite. Unesempio fra i più significativi è rappresen-tato dalla lirica Traum des Bösen, già pub-blicata nei Gedichte del 1913, rielaboratanell’agosto del 1913 sulla copia del volu-me di proprietà di un amico e infine ancoranegli ultimi giorni prima della morte, quan-do la nuova stesura venne trascritta nell’ul-tima lettera del 27 ottobre 1914.Le varianti non vengono ricostruite, comeaccadeva nella precedente edizione criticadi Walther Killy e Hans Szklenar (Salzburg,Otto Müller, 1969), in maniera sinottica, apartire dal singolo verso: ciò comportavala lettura dell’ultimo stadio del primo ver-so prima di poter accedere al secondo ver-so nella sua prima stesura e la conseguenteframmentazione dell’operazione di riletturadella variante. Le Textstufen, conformemen-te alla prassi dell’autore di rielaborare il te-sto nella sua interezza (per cui in Nähe desTodes la sostituzione di “heilig” con l’op-posto aggettivo attributivo “verrucht” è daintendere pienamente se contestualizzata nelcomplessivo slittamento di senso provoca-to ad esempio dalla trasformazione di“traurig” in “verzückt”), rappresentano delleunità autonome, ricostruite sulla scorta ditestimoni manoscritti, copie tiposcritte eloro rielaborazioni, stampe spessosforbiciate e ricucite, nonché correzioni af-fidate al dettato di alcune lettere.

Il punto di partenza dell’edizione è, quindi,sempre costituito non dal testo a stampa, madal manoscritto, riprodotto in facsimile, ol-tre che nella sua trascrizione diplomatica,quasi a voler abolire il ruolo d’intermediariodel curatore e come per voler lasciare al let-tore l’opportunità di un’autonoma valutazio-ne del testo, consentendogli anche lafruizione di elementi affidati al segno dellascrittura, quali la foga di una cancellatura ol’incertezza di un tratto; la trascrizione di-plomatica si propone come un sussidio nel-la non facile decifrazione della tormentatagrafia trakliana e come uno strumento checonsenta di rendere verificabile sull’originalemanoscritto le diverse fasi di lavoro rico-struite dal critico.L’altro aspetto essenziale, che profondamentecontraddistingue l’edizione in corso, è costi-tuito dall’abolizione della separazione fratesto e apparato critico: mediante la sceltadella riproduzione in facsimile è possibileconnettere in modo più efficace i diversi datirelativi alla decifrazione del testo manoscrittoe seguire in maniera più diretta ed immedia-ta la ricostruzione della genesi testuale, rea-lizzata con impeccabile sagacia e abilità neldistricarsi nella ragnatela di correzioni sucorrezioni, incerte relazioni temporali e difiliazione di un testo dall’altro (un chiaro edettagliato apparato di segni diacritici con-sente anche al lettore di distinguere le diver-se forme di intervento dell’autore sui propritesti). Esempio significativo è la revisionedella genesi di Melancholie: contrariamenteall’edizione salisburghese, in cui il testo inquestione viene considerato come la terzastesura della poesia Leise, divenutaMelancholia nella seconda e redatta insiemea queste fra il 20 febbraio e il 31 marzo 1913,i curatori della nuova edizione critica riten-gono che si tratti di tre diverse poesie, con-cepite in tre momenti differenti e cioèMelancholie nell’ottobre 1912, Leise fra il21 febbraio e l’1 aprile 1913, Melancholiafra il 20 giugno e il 13 luglio 1913.Melancholie sarebbe quindi da collocare al-l’inizio e non alla fine di un processo dirielaborazione di nuclei poetici diversi. Ana-

15OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

logamente Sauermann e Zwerschina pro-cedono in diversi altri casi, come i presuntirapporti di derivazione di Nachtergebungda Im Schnee, rivisti e negati alla luce diuna analisi ben più approfondita degli ele-menti grafici e grafologici dei manoscrittie dell’evoluzione di immagini e singolimotivi. L’interpunzione ed il dettato di ogniparola vengono valutati sulla scorta di ana-lisi grafologiche assai smaliziate che ten-gono conto di dettagli apparentemente mar-ginali ovvero dei segni lasciati dagli stru-menti materiali della scrittura (tipologiadella carta, differenza dell’inchiostro o dellospessore del tratto di una matita) al fine digiungere ad una ricostruzione quanto piùrazionale possibile dei vari indizi. La di-zione di singole parole, in alcuni casimodernizzata nell’edizione precedente, vie-ne recuperata nella sua forma originaria, erestituita nel suo sapore arcaico o desueto,come nel caso dell’aggettivo attributivo“tödlichen” al v. 2 di Grodek, ripristinatonella forma arcaica di “tötlichen”.Dal confronto delle diverse Textstufen, cheseguono la trascrizione diplomatica, il let-tore può risalire, con ben diversa evidenzae chiarezza, alla genesi dei testi, grazie an-che alla nuova datazione dei medesimi, chespesso sconvolge l’interpretazione tradizio-nale in diversi punti: questo il caso dellapoesia Vorstadt im Föhn, precedentementecollocata in un periodo piuttosto ampio, frail mese di luglio 1910 e il febbraio 1912;secondo la ricostruzione di Sauermann, laprima stesura, non conservata, sarebbe dadatare, invece, solo alla fine di dicembre1911 e la seconda intorno alla metà di gen-naio 1912, quando la poesia venne inviataa Buschbeck con la lettera n. 26, sinora er-roneamente ritenuta dell’autunno 1911. Vie-ne così a cadere l’ipotesi di ErwinMahrholdt, il primo biografo di Trakl, suuna eventuale rielaborazione nella poesiadelle impressioni ricavate dall’esperienzadiretta della periferia di Innsbruck, cittànella quale Trakl giunse solo agli inizi del-l’aprile 1912; le ragioni della mutataambientazione poetica sono ben più profon-

de del semplice cambiamento di residenza,da ricercare nella volontà del poeta (cometraspare nelle affermazioni affidate alla let-tera n. 26) di superare ogni componente sog-gettiva a vantaggio di un carattere di piùampia validità, in obbedienza ad una forte,anche se confusa, spinta etica che adessoesige una nuova ricerca di verità. Verità in-dagata appunto nella vita quotidiana dellagrande città, con la sua miseria e il suo mutodolore, ma verità anche della forma poeticache non vuole più armonizzare nella melo-dia fonica la realtà rappresentata e che anzianela a riproporre linguisticamente le dis-sonanze della vita “in questa terra già cosìsovraccarica e maledetta” (lettera a E.Buschbeck da Innsbruck, dell’aprile 1912,n. 29). Anche in altri casi, come quello del-la lettera a Ludwig von Ficker n. 106, con-siderata del novembre 1913, la nuovadatazione comporta un mutamento nellavalutazione di singoli brani: nella lettera inquestione, che è dell’1 o 2 aprile del 1914,ed è stata inviata da Berlino e non da Vienna,il “namenloses Unglück”, lo “sprachloserSchmerz”, i “furchtbare Dinge”, formula-zioni sinora rimaste avvolte dal mistero,appaiono come la rarefatta sintesi delle di-sperate giornate berlinesi trascorse dal poe-ta al capezzale della sorella Grete.A tali innovativi risultati filologici si aggiun-gano la premessa biografica a ogni lirica,che ricostruisce il momento di stesura deltesto, e una breve storia della ricezione: l’in-sieme di tutti questi dati fornisce al lettoreuna lente d’ingrandimento attraverso la qua-le il testo si concretizza in tutta la sua com-plessità e asperità, sempre meno succube difuorvianti interpretazioni e sempre più im-perioso nell’esigere letture rispettose dellasua verità e delle sue oscurità.

Anche sull’uomo Trakl, protagonista dellediverse biografie redatte prima da suoi di-retti conoscenti, poi da studiosi, si sonostratificate, come sul suo autoritratto sensi-bilmente ritoccato dalla pittrice e poetessaHildegard Jone, le più diverse e deformateimmagini: dal morfinomane, al giovane dif-

16OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

ficile, solitario e scontroso che di notte sifaceva rinchiudere fra le ombre dei parchideserti, al poeta isolato ed incapace di mi-surarsi con la realtà, allo psicopatico suici-da a seguito di turbe mentali. La recentebiografia del poeta salisburghese, scritta daun esperto della materia, Hans Weichsel-baum, corredata da un ampio apparatoiconografico ricco di rari reperti documen-tari, fotografie, testi manoscritti, ritratti, hail pregio, oltre che di rendere accessibile allettore interessante materiale d’archivio nonancora noto, di fornire una ricostruzione,impeccabile nelle sue solide fondamenta,dei fatti di una vita singolare e di un’operafra le più significative del Novecento, sot-traendo entrambe ai fumi di miti estravolgimenti di comodo o d’effetto. Lapiana e scorrevole scrittura del testo espo-ne i risultati di una lunga e capillare attivitàinvestigativa, grazie alla quale, oltre a pre-cisare i tempi ancora incerti di eventi bio-grafici e di stesure problematiche delle liri-che, Weichselbaum riesce a cogliere losfuggente punto d’intersezione fra la vi-cenda biografica e l’opera poetica, facen-do emergere nelle pagine del suo denso la-voro l’incastro fra la dimensione privatadel poeta e l’epoca, nella meticolosa rico-struzione del momento storico e dell’am-biente sociale e letterario in cui il giovanesi formò e operò. Non solo: episodi biogra-fici ben precisi quali la morte del padre,oppure le passioni letterarie giovanili, perNietzsche, Dostoevskij, Verlaine, Rimbaud,Baudelaire, o ancora le poche affermazionidi poetica affidate a laconiche frasi delle let-tere, o registrate nei commenti epistolari onei diari degli amici, come quello di KarlRöck, divengono le pietre di paragone diun percorso artistico; per quanto esso spa-zi nelle sfere visionarie di una scrittura for-temente immaginifica e allucinata, prendepur sempre le mosse da una quotidianità cheha un peso esistenziale, quindi anche poeti-co, schiacciante, come dimostra la naturastessa del lessico trakliano, saturo, fino allospasimo, di realtà.Il destino di un uomo, poeta dalla sensibili-

tà acutissima e dalla parola che disincarna lavicenda esistenziale nella dimensione di unaintuizione visionaria e allucinata, appare pro-fondamente ancorato nella trama di un’epo-ca; il sentimento della sua colpa privata s’in-treccia a quello più vasto e totale, provatonei confronti dei tempi e della storia: apparecosì visibile quella linea d’orizzonte nellaquale vengono a contatto il mondo della sto-ria e la travagliata vicenda interiore, un atti-mo prima di venire trasformati nella nudaessenzialità di un cosmo immaginativo altempo stesso maledettamente umano e stra-ordinariamente visionario.

Con una strategia d’approccio completamen-te differente si muove Ida Porena nel suosuggestivo scritto La verità dell’immagine.Una lettura di Georg Trakl, nel quale, a co-ronamento di una trentennale e profondafrequentazione del poeta salisburghese, l’au-trice formula quello che ella definisce “unconsiglio di lettura”, frutto delle sue specia-listiche conoscenze della psicologia del pro-fondo e degli studi junghiani sugli archetipi.E, pur muovendo da presupposti d’indaginesensibilmente diversi da quelli degli studiosiaustriaci di cui si è qui scritto, il suo discorsone condivide la volontà di rinunciare ad unaricerca di risposte univoche agli innumere-voli enigmi posti dal cosmo figurale traklianoe di servirsi dei propri strumenti d’indagineper seguire il cammino compiuto dal poetanell’arco della sua attività. L’analisi delleproblematiche biografiche (il tormentato rap-porto con la madre, la drammatica relazionecon la sorella, la tendenza all’annullamento,etc.) non è finalizzata ad una forzata riletturadella complessità del testo poetico, né, all’in-verso, si profila come il risultato di unaesegesi delle liriche, qui accuratamente in-terpretate nella loro ‘alterità’ artistica rispet-to alle vicende esistenziali. Dal fitto confron-to instaurato fra il percorso umano e la para-bola poetica, già voluto da Neumann alla finedegli anni Cinquanta, Ida Porena focalizzala funzione assunta dalla scrittura come solostrumento in grado di perseguire quella veri-tà assoluta che all’uomo Trakl sfugge come

17OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

esperienza di vita, unico strumento atto adaffrontare, e trasfigurare, quell’istinto dimorte, quel desiderio del nulla che avrebbesegnato il naufragio del giovane e sensibi-lissimo poeta.Decifrare “l’alfabeto dell’anima”, le sue“radici molto profonde, mitiche e archeti-piche” senza però intaccare la riccapolisemia dell’immagine, sospesa nei silen-zi della scrittura: da tale intento scaturisceil percorso di Porena attraverso alcune co-stanti del corpus poetico trakliano: la ma-linconia saturnina dei versi, interpretatacome una omeopatica terapia contro il pro-prio male (capitolo II); la putredine, comeimmagine di una condizione psichica, dal-la quale sarebbero fiorite tutte le altrefigurazioni (capitolo III); il motivo del nonnato, letto alla luce dell’archetipo dell’ “ani-ma puer”, annientata nella sua discesa agliinferi (capitolo IV); il ritorno continuo aduna condizione di stasi, di immobilità comeregresso nell’indifferenziato (capitolo V).Infine, negli ultimi tre capitoli (Scritturacome individuazione, Poesia e destino,L’abbandono alla notte) Ida Porena rico-struisce il processo alchemico operato dal-la poesia, per leggi ad essa interne che sem-brano imporsi all’autore come una sorta diimperscrutabile necessità interiore: avvie-ne così, secondo l’autrice, quel processo ditrasformazione simbolica della sofferenzae della colpa, superamento, non annienta-mento, del “doloroso processo individua-tivo”, fallito come esperienza di vita e cul-minante nella scelta di una resa incondizio-nata alla notte, intesa come “destino inelut-tabile”, regresso nel Nulla.Se in alcuni punti la lettura del testo po-trebbe suscitare la diffidenza del lettore di-stante dal mondo della psicologia analiticae se alcuni dati potrebbero venire diversa-mente valutati a seguito delle recenti inda-gini filologiche, il testo risulta sempre af-fascinante, con i suoi molteplici rimandi almondo mitologico classico e nordico, in-terpretato come patrimonio di archetipi del-l’uomo d’ogni tempo; l’esposizione è chia-ra e piana anche per coloro i quali non pos-

siedono cognizioni di psicologia del profon-do da cui il discorso prende le mosse, e,merito ultimo, ma fra i più rilevanti, le tra-duzioni sono di squisita fattura e grandeforza poetica.L’autrice è riuscita in pieno in ciò che siriproponeva nel primo capitolo e che con-sigliava al lettore come indispensabile pre-supposto di ogni lettura trakliana: disporsiin quell’atteggiamento d’ascolto che è pro-prio del poeta, della sua dimensione del si-lenzio.

Grazia Pulvirenti

Thomas Mann, Nobiltà dello spirito e altrisaggi, a cura di Andrea Landolfi, con unsaggio di Claudio Magris, trad. di BrunoArzeni, Italo Alighiero Chiusano, EnricoGanni, Andrea Landolfi, LaviniaMazzucchetti, Ervino Pocar e Adele Rossi,Milano, Mondadori (“I Meridiani”), 1997,pp. 1798, £. 75.000

Il saggio come genere artistico proteso allaverità — scriveva Georg Lukács in un me-morabile studio del suo lavoro giovanileL’anima e le forme — non è espressioneingenua, è semmai piuttosto il tentativo diinfondere un “soffio di vita autonomo” a ciòche già in passato ha irradiato il proprio “spi-rito vitale”, è cioè un modo per riplasmaree ricreare un nuovo ordine concettuale del-la “vita” e costruire qualcosa di personalemisurandosi con altri testimoni della “vita”stessa. Esso finisce così — soggiungevaLukács — per delinearsi inevitabilmentecome “pretesto a...”, e tale aspetto divieneormai determinante perlomeno per il sag-gio ‘moderno’.Di queste componenti di forza e di attualitàproblematica del saggismo è certamenteconsapevole (come emerge a ogni pie’ so-spinto nel bel volume ora proposto nellacollana dei “Meridiani” di Mondadori) an-che Thomas Mann, che dimostra di sapercontinuare a coltivare simile genere lettera-

18OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

rio con imperterrita e indomita fiducia (in-serendo persino vere e proprie sezionisaggistiche in romanzi come ad esempio Lamontagna incantata o nella novella SchwereStunde del 1905) e con un attaccamento taleda finire per interrompere lavori più ampigià avviati o addirittura la stesura di romanziaccettando inviti a parlare in occasioni so-lenni, al punto che ci si può domandare —come fa Claudio Magris nella splendida in-troduzione all’antologia — se di fatto loscrittore di Lubecca non ci abbia offertoproprio con i suoi saggi le espressioni piùalte e convincenti della sua arte nella secon-da fase della sua produzione, quella post-bellica, successiva cioè alle prime grandiprove (I Buddenbrook, La morte a Venezia,ecc.) e allo ‘scivolone’ ideologico delleBetrachtungen eines Unpolitischen. Unsaggismo, quello thomasmanniano, che simuove sempre sulle tracce di una dimen-sione epica perennemente bramata e che haperaltro trovato guardinghi e piuttosto freddialtri grandi maestri di questo genere nelNovecento come Robert Musil o WalterBenjamin, assai più propensi a coltivarlocome pratica di un’ars inveniendi, comeavventura e sperimentazione.Quest’importante iniziativa culturalemondadoriana, dovuta alla cura coraggiosadi Andrea Landolfi, propone una serie disaggi già in gran parte noti ai lettori italia-ni, che sin dagli anni Cinquanta potevanodisporre (sempre grazie all’editoreMondadori) del volume Nobiltà dello spi-rito (che costituiva la raccolta di sedici sag-gi “sul problema dell’umanità” curata dallostesso Mann a Stoccolma nel 1945), nel qua-dro delle Opere di Thomas Mann, ormai ir-reperibili da lungo tempo. In questo “Meri-diano” vengono ora riproposti tutti i saggiche già lì figuravano, con l’aggiunta peròdi molti scritti manniani già inseriti nel vo-lume Scritti minori e con la proposta di unnotevole numero di pagine sinora inedite inItalia (vi troviamo ad esempio l’Introduzio-ne alla “Montagna incantata” per gli stu-denti di Princeton, la Genesi del “DoktorFaustus” e così via), con traduzioni dovute

a germanisti insigni come Lavinia Mazzuc-chetti, Ervino Pocar e Bruno Arzeni rivisteper l’occasione e con annotazioni preziosesui testi e bibliografia aggiornata. Il saggiointroduttivo di Claudio Magris è la dimostra-zione eccellente della vivezza e della produt-tività del saggismo di qualità anche in Italia.Tutto il materiale è stato risistemato e rior-dinato secondo le seguenti sezioni: Lettera-tura tedesca; Altre letterature; Arti figurati-ve, musica, teatro, cinema, romanzo; Filoso-fia e psicoanalisi; Scritti autobiografici, sul-la propria opera e sul ruolo dell’artista. Perquanto opinabili siano tali scelte e talerimescolamento, si tratta indubbiamente diun’edizione di gran pregio, che viene a col-mare una lacuna per il pubblico italiano nonsolo specialistico. Si ha in tal modo la possi-bilità di avere uno sguardo pressochéonnicomprensivo dell’attività saggistica delgrande autore dei Buddenbrook (con l’ecce-zione delle controverse e scabrose Conside-razioni di un impolitico, la cui recenteriedizione da parte dell’editore Adelphi a curadi Marianello Marianelli e Marlis Ingenmeyè stata oggetto di una approfondita e felicerecensione di Fabrizio Cambi nel precedentenumero dell’”Osservatorio critico della ger-manistica”). In fondo è giusto che sotto il ti-tolo complessivo di Nobiltà dello spirito ealtri saggi abbia finito per confluire unacomposita e magmatica serie di materiali,dato che lo scrittore stesso ha raramente evo-cato in maniera esplicita il genere del-l’“Essay”, ma usa piuttosto le formulazionidi “Abhandlung” (che a sua volta già sul fi-nire del Settecento aveva rimpiazzato il clas-sico “Versuch”), “Notiz”, “Skizze”, e così via.Nel procedere dell’argomentazione diThomas Mann è facile individuare alcune co-stanti: egli offre anzitutto un quadro genera-le e un contesto ai vari autori, prima dienucleare aspetti peculiari e definire libera-mente ambiti, temi e prospettive che ampli-no gli orizzonti e fungano da ‘pretesto’ allariflessione sull’oggi e/o all’approfondimen-to di tematiche estetiche. Sovranamente di-stante dal lettore, egli appare intento solo aperseguire con sguardo da intenditore e/o

19OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

commentatore ottocentesco una sorta di in-tensissimo ed esclusivo dialogo (o per me-glio dire di un vero e proprio Zwiegespräch)con l’autore di volta in volta amato e com-mentato. È come se egli dovesse assorbire,digerire, assimilare esperienze estreme, inun’immersione totale con i vari autori,come se egli si sentisse l’erede e il rappre-sentante di una grande tradizione in cui èrimasta viva la vera Germania.Nei suoi molteplici interventi Mann si muo-ve sovente alla ricerca di ‘affinità’ intellet-tuali, di nessi profondi e insopprimibili conpossibili ‘padri spirituali’ o figure con lequali identificarsi al fine di garantire la con-tinuità di una sorta di catena in cui troviespressione e riceva nuova linfa quella tra-dizione umanistica in cui si incarna la “no-biltà dello spirito”, sicché il critico-saggistapossa divenire lui stesso ponte verso il fu-turo, traghettatore di un umanesimo qualeutopia capace di sopravvivere alla ‘barba-rie’ e alla ‘notte’ del presente. Ne è prova larilettura del grande drammaturgo illuministaGotthold Ephraim Lessing (negli interven-ti del 1929), inteso come prestigioso pre-cursore nella sua valenza di ‘Rationalist undAufklärer’, ossia come intellettuale impe-gnato contro le ‘potenze delle tenebre’ del-l’oscurantismo e della reazione. In questaluce si possono rileggere anche i principalisaggi di questa silloge: soprattutto i grandisaggi su Goethe (al quale sono dedicate benquattrocento pagine dell’intero corpus) e suSchiller. Oppure le pagine dedicate a gran-di giganti del pensiero e della cultura con iquali Mann appare in maggiore sintonia eche gli appaiono come i sismografi più sen-sibili della crisi della modernità: Nietzschee Schopenhauer, interpretati come gli intel-lettuali più tragicamente chiaroveggenti del-l’epoca moderna (un Nietzsche peraltro ri-letto, nel 1947, “alla luce della nostra espe-rienza”, facendo cioè anche i conti con lasua opera dopo la tragedia del nazionalso-cialismo); Wagner, colui che — fra gran-dezze e miserie — conclude il romantici-smo e il mito dell’arte totale; e poi Freud,diagnosticato come il geniale esploratore del

“lato notturno della natura e dell’anima”,padre di quella psicoanalisi che “si opponeinequivocabilmente a ogni abuso reaziona-rio”...È, quella di Mann, un’opera di assimilazio-ne che da un lato equivale a puntare i riflet-tori della critica sui “pericoli dell’istante”(per dirla con Walter Benjamin) e che dal-l’altro appresta sotto la veste del saggismo“forse soprattutto” — come osserva Magris— “un sottile e gigantesco commentario allapropria opera” e “il grandioso tentativo disalvare il salvabile di quella grande tradi-zione tedesca, traslocandolo in una genera-le concezione democratica, europea, occi-dentale, della civiltà”.Resta comunque alla fine il dubbio se quel-la difesa a oltranza della “nobiltà dello spi-rito” a salvaguardia degli scrittori e dei fi-losofi contro la condanna pronunciata daGöbbels non nasconda di fatto anche la sva-lutazione di ciò che non proviene dallo spi-rito, di ciò che è materia (e materialismo,con tutto ciò che questo fatto comporta) e ilcredo nell’aristocrazia dell’intellettuale, chetanto stenta a morire, il convincimento diessere in quanto artista — malgrado ognitempesta — il “favorito degli dèi”, capacedi salvare comunque il proprio volto, la ‘fac-cia’, per i posteri. Giacché il nostro autore— si sa — quanto ad autostima era tutt’al-tro che un modesto.

Giulio Schiavoni

Luciano Zagari, Gottfried Benn, un poetadella tarda modernità, Pisa, Edizioni ETS,1997, pp.,131, £.18.000

La fortuna critica che l’opera benniana haconosciuto in Italia a partire dalla sua pri-ma ricezione intorno alla fine degli anniCinquanta ha prodotto, nel tempo, il costi-tuirsi di una specifica variante interpretativadel ‘caso-Benn’ che si distingue nettamentedagli approcci tipici della germanistica te-desca e angloamericana recente. Tale varian-

20OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

te contamina l’analisi dell’ermetismo liricocon l’indagine del nihilismo post-nietzscheano che sembra definire l’identitàmoderna di Benn e restituisce l’immaginedi un poeta che identifica nella dissoluzio-ne del senso e nell’esaltazione della formacome residuo assoluto dell’arte gli ultimipossibili confini della propria Artistik. Alleorigini di questo atteggiamento critico chenon cessa di produrre frutti anche in ambitinon strettamente accademici (come testimo-niato di recente dal volume di una scrittricecome Paola Capriolo, L’assoluto artificia-le. Nichilismo e mondo dell’espressionenell’opera saggistica di Gottfried Benn,Milano, Bompiani, 1996) stanno certamen-te due saggi ‘gemelli’ come il libro diFerruccio Masini, Gottfried Benn e il mitodel nichilismo del 1968 e lo studio premes-so nel 1972 da Giuliano Baioni alla sua edi-zione einaudiana delle Poesie statiche. Men-tre una sorta di via ‘eccentrica’ — o soloparzialmente coincidente con quella descrit-ta — alla poesia e alla saggistica bennianahanno delineato e continuano a delineare isaggi che Luciano Zagari ha loro dedicatoa partire dal 1973 e ora raccolti in volumecon l’aggiunta di una significativa premes-sa e di uno scritto ancora inedito.Si tratta, com’è facile capire, di un volumeprezioso, anche perché i non sempre repe-ribilissimi studi di Zagari vi sono ordinatinon secondo cronologia, bensì in base a cri-teri di omogeneità che sottolineano la com-pattezza dell’interpretazione in essi deline-ata: alla premessa seguono infatti tre scrittiapparsi fra il 1983 e il 1995, oltre all’inedi-to La maschera del vecchio mistagogo re-datto in versione tedesca per il volumeÄsthetik der Moderne a cura di Silvio Viettae Dirk Kemper; mentre nell’appendice sonocontenuti la postfazione del 1973 alla tra-duzione einaudiana del Romanzo delfenotipo e del Tolemaico, la postfazione allaraccolta di saggi benniani pubblicata nel1992 da Adelphi e uno scritto su FerruccioMasini e Gottfried Benn. Un itinerario spe-rimentale, risalente al 1991.Proprio da quest’ultimo saggio conviene

partire per sottolineare le ragioni della giàmenzionata eccentricità dell’interpretazionedi Zagari rispetto alla specifica tradizione ita-liana degli studi su Benn che, com’è noto,molto, anzi, moltissimo deve proprio agliscritti masiniani. Non a caso, infatti, Zagarisottolinea nel saggio (raro nel suo genere e,perciò, tanto più prezioso) proprio quegliaspetti ultimi e non più sviluppati dell’esegesibenniana di Masini che considera come unasorta di punto di confluenza verso cui tendeimplicitamente o sottintesamente tutto l’iti-nerario critico di Masini stesso e che hannonel riconoscimento del carattere integralmen-te nihilistico e tragico della Artistik bennianail loro fulcro. “Difficile è sottrarsi”, scriveZagari, “non solo alla suggestione ma allaforza di persuasione di una reinterpretazionedell’ ‘arte monologica’ di Benn, del suo gu-sto del montage e del provoziertes Lebencome forme artistiche che, mentre rinneganola tragicità del divenire nella conquista su-premamente ludica dello Schein, conserva-no, nel nerbo stesso della loro articolazionein pure superfici, lo spessore di un tragicoprocesso di annichilimento essenzialmenteeuropeo e tedesco e, soprattutto, moderno”(p. 131).Proprio questo è, però, il punto di partenzadelle interpretazioni benniane di Zagari, lequali sembrano così scaturire da un sentierosecondario — intrapreso e mai percorso finoin fondo — della germanistica italiana. Zagariè prodigo di riferimenti ad altri studiosi in-contrati sulla medesima strada, come quan-do osserva che “Anna Maria Carpi ha comin-ciato a proporci assaggi sempre più impegna-tivi di un Benn sempre meno protagonista diun drammatico processo di desacralizzazione,perché in sostanza (forse felicemente) giàtutto desacralizzato fin dall’inizio” (p. 11);ma in buona sostanza è consapevole del fat-to che la radicalità delle sue tesi le estraneadalla visione pur sempre dialettica della poe-tica benniana (una dialettica tra “il nihilismoe il suo superamento” per usare le parole dellostesso Benn) quale è presente, ad esempio,al libro — anch’esso puntualmente citato (p.24) — di Anton Reininger “Die Leere und

21OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

das gezeichnete Ich” o al già menzionatosaggio di Giuliano Baioni del 1972 o an-che, per tornare al punto di partenza, aglistudi redatti da Ferruccio Masini negli anniSessanta. Così Zagari allinea nel suo libro gli studiche, nel corso di due decenni, hanno messoradicalmente in dubbio visioni più o menoben consolidate dell’opera di Benn nel suoinsieme e in alcuni suoi aspetti. Nel saggiosull’Io moderno, ad esempio, viene messafortemente in dubbio quella ‘tenuta’ dell’Ioche secondo non pochi interpreti la poesiabenniana suggerirebbe proprio attraverso leinfinite maschere e metamorfosi dell’Iostesso: “Io — argomenta invece Zagari sul-la scorta di robuste prove testuali — puòessere tutto e il contrario di tutto, svuotatoo ipertrofico, regressivo o esponente del-l’ultima fase del Quaternario, risibile se pre-tende alla pienezza della vita normale, mainsieme non più inseribile in una conviven-za interumana programmata e controassicu-rata, ormai destinato a scoppiare o a esau-rirsi (o forse già ora, e allo stesso tempo,sia scoppiato in quanto grumo esistenzialee sociale, sia esaurito nella sua capacità dicreazione della Forma e del contorno). Sem-pre, comunque, l’Io si impone sulla scenainattendibilmente ma massicciamente,come presenza e/o come figura che sembrasucchiare linfa vitale proprio dal suo desti-no che la porta a venir smascherata spieta-tamente, giocosamente, comunque radical-mente: il suo destino consapevole sta infat-ti nel risultare ormai improponibile per qual-siasi funzione non solipsistica nel momen-to stesso in cui il testo, i testi risultanoorganizzabili soltanto intorno alla sua inat-tendibile ma irrinunciabile presenza” (p.33). In Pastiche e tarda modernità, Zagarimette invece in chiaro — anche qui controquelle interpretazioni che hanno cercato direstituire un’immagine ‘unitaria’ dell’ope-ra di Benn — come il Benn tardo sia anche,in fondo, un fiero oppositore di se stesso edi quel culto della Forma che nella fasemediana della sua poesia era risultato esse-re il veicolo di una precaria resistenza alla

“poesia della disintegrazione e della decom-posizione” (p. 60), messo in atto da chi erastato il massimo esponente proprio di quel-la poesia nella sua fase espressionistica. E,anzi, contro questa visione del Benn poetadel residuo assoluto della Forma, Zagariarticola tutta la sua interpretazione di Wokeine Träne fällt (pp. 45-55). Ma soprattut-to il tardo Benn, coi suoi montages epastiches, è per Zagari una sorta di autoca-ricatura del poeta vate che scrive poesiequasi per riflesso incontrollabile e solo perlasciare aperto ancora un estremo e, anzi,ultimo spazio alla poesia: la quale tuttaviasembra in tutto e per tutto essere l’esattocontrario della poesia o, almeno, della poe-sia concepita e coltivata dall’occidente.Qui Zagari tocca uno dei punti forti e ricor-renti della sua interpretazione, vale a dire laconstatazione del carattere ‘orientale’ ebuddhista della poesia di Benn (già accen-nata da Ferruccio Masini) in quanto “arrivaa proporsi di trasmettere una sapienza pro-fonda, caratterizzata per altro dall’assenzadi ogni pretesa di verità” (p. 21) o in quanto— pur segnata profondamente e, anzi, radi-calmente, dal nulla — essa è comunque laparola di un “vecchio mistagogo” che allu-de a “misteri esoterici” in un contesto deltutto estraniato, laddove è chiaro che “si trat-ta di segreti che solo la civiltà asiatica è riu-scita (forse riesce in parte ancora) a trasfor-mare in patrimonio di tutta una comunità”(p. 19). In altri termini Benn è anchel’equilibrista che si bilancia “fra metamor-fosi e Twam Asi, totalità e vuoto” per virtùdi una sorta di ‘istinto di gioco’ che lo portaa esaurire ogni significato e ogni senso inun vortice turbinoso di “immagini dacaleidoscopio” (p. 21) che affermano la loroesistenza nel momento stesso in cui stannoper scomparire e trasformarsi in altro diven-tando, proprio per questo, figura del desti-no dell’uomo nell’età del nihilismo.I saggi delineano dunque un’immagine daicontorni persino troppo netti, tanto che —probabilmente per sfuggire a sospetti diunilateralismo — Zagari sottolinea ripetu-tamente come la sua interpretazione debba

22OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

essere considerata una tra le molte possibilie necessarie, aspirando essenzialmente a“contribuire all’auspicata moltiplicazionedelle prospettive, non arbitrarie, di acces-so” all’opera di Benn (p. 12). Ma, alcontempo, Zagari sembra considerare i suoistudi come una sorta di ‘premessa’ all’in-terpretazione di Benn (p. 12) che fissa con-fini precisi all’ammissibilità di altre inter-pretazioni, appunto, “non arbitrarie”.E’ evidente, ad esempio, una certa distanza— per non dire diffidenza — di Zagari neiconfronti delle interpretazioni ‘postmoder-niste’ di Benn (Hohendahl, Lepenies), tan-to che più volte (p. 12 e p. 131) a tali inter-pretazioni viene contestato tout court il ri-corso alla categoria stessa — estetica e fi-losofico-storica — di postmodernità. Conciò, tuttavia, rispetto alla grande questionedella collocazione epocale della poesia diBenn (vale a dire entro o fuori i limiti dellamodernità) — l’interpretazione di Zagarientra in un apparente circolo viziosoermeneutico, tale per cui Benn resta collo-cato nella modernità, ma in una modernitàtarda, prossima alla fine e, dunque, in pro-spettiva già superata. Se perciò Zagari ri-tiene di reperire una diagnosi precoce dellafine della modernità nella poetica di Bennfa dello stesso Benn, pur senza ammetterlo,un poeta postmoderno; se al contrario Bennpuò essere considerato tardo-moderno solonella prospettiva del suo interprete, saràquest’ultimo a trovarsi fuori dai limiti dellamodernità e, dunque, non risulta del tuttocomprensibile lo scetticismo nei confrontidella categoria stessa di postmodernità. Perdi più, proprio il nihilismo benniano, inquanto sorge sulle macerie dei valori e del-le aspirazioni della modernità e conserva di‘moderno’ — nell’interpretazione di Zagari— solo il gesto o la maschera “del vecchiosaggio nichilista che si fa mistagogo all’in-terno di una comunità forse solo virtuale diadepti, cui viene mostrata in atto l’arte se-greta del vivere la non vita nella proiezionedell’Artistik” (p. 13) è emblematico di unatteggiamento risolutamente antimoderno e,per l’appunto, postmoderno, perché incapa-

ce di concepire altro che come finzione unavia d’uscita dalla consunzione e corrosionedi ciò che si presenta come moderno o comenecessario alla realizzazione del ‘progettodella modernità’, per usare una nota espres-sione di Habermas.Proprio questo circolo vizioso filosofico-sto-rico dell’interpretazione di Zagari è, però,latore di grandi potenzialità ermeneuticheperché porta alla luce un nodo non risoltonella poetica dello stesso Benn la quale siproietta oltre la storia e nella prospettiva del-la sua fine o, anzi, in quella della definitivadisumanizzazione dell’universo (come Zagariosserva nella citata analisi di Wo keine Tränefällt), restando tuttavia contesa tra la visionenihilistica del tempo statico e l’aspirazioneindeterminata al superamento della stagna-zione temporale, magari nella legge zarathu-striana della Unaufhörlichkeit o di un eternoritorno che solo l’arte può provare a conce-pire. E questo, insieme ad altri residui ‘mo-derni’ della poetica benniana — moderni per-ché opposti alla nullificazione totale che è ilpresupposto dell’età post-storica — è appuntociò che l’interpretazione di Zagari porta allaluce, senza peraltro ricadere entro visionidialettiche: poiché quanto di ancora apparen-temente sinnvoll è ancora reperibile nell’ope-ra benniana è una proiezione di quel che lostesso Benn trae, come Zagari osserva, da unacultura passata e decadente che è biografi-camente la sua, ma nei confronti della qualesussiste ormai quasi solo un legame irriflessoe, per così dire, ‘sentimentale’.

Luca Crescenzi

Paul Celan, Poesie, a cura e con un saggiointroduttivo di Giuseppe Bevilacqua e unacronologia di Mario Specchio, Milano,Mondadori (“I Meridiani”), 1998, pp. 1472,£. 85.000

Come per l’angelo della storia di Paul Klee,l’immagine che Walter Benjamin tenne consé negli anni dolorosi delle persecuzioni

23OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

naziste, la bufera di un destino superiore sof-fiò incessante anche alle spalle di PaulCelan. Con gli occhi spalancati, egli guar-dò fisso il cumulo delle macerie che la bar-barie umana aveva depositato ai suoi piedie nelle parole della sua poesia fece scorrerecome su un pallottoliere le ore che lo sepa-ravano dalla sua ultima Stunde: “deineStunde hat keine Schwestern [...] nirgendsfragt es nach dir” (la tua ora non conoscesorelle [...] non vi è posto ove si chieda dite).In una poesia tratta dalla terza raccolta diliriche, Sprachgitter, che Giuseppe Bevi-lacqua presenta, con le altre otto, nel volu-me da lui curato per “I Meridiani”Mondadori, si delinea il paesaggio desola-to e angosciante di quello che il germanistachiama “lo sterminato camposanto virtualedelle tante e tante vittime anonime che nonhanno una tomba”. L’impressione che il la-voro trasmette è quella di un tono appas-sionato, ma non per riflesso all’inevitabileadesione emozionale nei confronti del Celanuomo e artista; piuttosto perché tra le righedel commento di Bevilacqua si legge il suopersonale sodalizio con un poeta che nonha voluto mai essere sfruttato ideologica-mente. Di un poeta che, come colui il qualeè stato spogliato di tutto, ha parole vive diesperienza, non ideali, da offrire al criticoche dice di lui.Ma come parlare di una poesia che mal sop-porta la parola “critica”, per la quale la solasupposizione di un’”indagine ermeneutica”suona come un’intollerabile violazione? In-numerevoli estimatori ed esegeti si sono ri-volti alla poesia celaniana tra rispettosità esconcerto, inquieti al pensiero di profanarecon una prospettiva interpretativa troppostringente quei testi che “respirano” auto-nomamente, senza bisogno di polmoni ar-tificiali. Altri hanno tentato di affrontarequei versi refrattari ad associazioni con al-tre voci liriche (forse l’unica possibile, al-l’inizio, è con Rilke), tentando di classifi-carli in una corrente. Così scrive Bevilac-qua: “Pregi e limiti analoghi ebbero le re-censioni di altri critici qualificati, da K.

Krolow a W. Jens, da M. Anderle a W.Schmied: valutazione positiva in sede este-tica, apprezzamento per la rara serietà del-l’impegno, per la singolarità della posizio-ne di Celan all’interno della poesia tedescadel dopoguerra; ma il tutto immerso in untrascendente universalismo e nello sforzo difar rientrare anche quest’opera nella tardi-va scoperta del modernismo lirico d’ante-guerra”. Il curatore si dimostra apertamen-te polemico nei confronti delle indicazionidi “scuola”, le quali giocano sul principiodell’”autoreferenzialità” e delle “concordan-ze” obliterando, in nome di un esclusivomisticismo della parola, la consapevolezzadei fatti, sia storici che personali, che si co-agulano nei versi di Celan.Se il discorso di ringraziamento per ilconferimento del premio letterario Città diBrema (1958) può essere considerato unapietra miliare della riflessione di Celan sultema della memoria e della storia, in cui ilpoeta cerca non tanto di ridefinire il concet-to di “arte”, quanto di trovarvi una via alter-nativa per ciò che è Menschliches, il “Sich”come umano, la ricerca di una Heimkehr, diun “ritorno a casa” diventa il cammino cheegli intraprende sottraendosi volontariamen-te all’atteggiamento sperimentativo delleavanguardie letterarie, così che anche il vetodi Adorno sul “dopo Auschwitz” non vengatradito dal suo “dire” delle cose: “La stiliz-zazione poetica di un dolore indicibile —scrive Bevilacqua — lo rende funzionale aun piacere, ossia al suo contrario, alla suanegazione. Del resto, non solo quello este-tico, ma qualsiasi discorso sull’indicibileproduce un’analoga contraddizione [...]Dall’altro l’arte — nell’accezione più am-pia del termine — è il mezzo di gran lungapiù efficace per conferire perennità allamemoria di un fatto, e i fatti quanto più sonoterribili tanto più chiedono a gran voce dinon essere sepolti nella dimenticanza, chie-dono insomma di essere, per quanto possi-bile, eternati nella memoria degli uomini”.Celan non risolve questo dilemma, “lo abi-ta” completamente.Bevilacqua evidenzia dunque nella sua ana-

24OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

lisi il “non essere più” e “il non essere an-cora” di Celan nell’atto generoso della ri-duzione della sua presenza autoriale fino algrado zero, quello in cui egli si colloca nel-la sospensione e nella cesura del linguag-gio.Il commiato di Bevilacqua dall’amico d’ele-zione — gli incontri personali come quellodel ’57 a Vienna possono diventareineludibile esigenza di onorare il “legato”dello scomparso attraverso un itinerario cri-tico che va ben al di là del serio eserciziodello studioso — avviene con questa com-pleta traduzione dell’opera lirica. L’appa-rato di note non è intrusivo e si apre positi-vamente al dubbio interpretativo. La distan-za fra il testo e l’interprete viene invece co-raggiosamente ridotta, se non annullata,dalla funzione del traduttore, molto primache entri in gioco la tentazione di una nonlegittimata parafrasi.Nell’introduzione si segue senza fatica ilpercorso del giovane poeta negli anni di stu-dio, in cui si rivelano già l’eccezionale in-telligenza e le sue qualità di apprendimentorapido delle lingue straniere, nel segno del-la ricca koinè linguistica della terrabucovina, dove si parlano il rumeno,l’ucraino, il tedesco, lo svevo e lo yiddisch.Sarà soprattutto la familiarità del ragazzodi Czernowitz con il russo e il francese adaiutarlo dal punto di vista economico e, na-turalmente, culturale, negli anni di perma-nenza a Bucarest (1945-1947), a Vienna(1947-1948) e a Parigi (1953-1954), finoalla sua decisione di assumere la cittadinan-za francese.Nelle poesie di Mohn und Gedächtnis, cheCelan riconosce come effettivo punto di par-tenza del suo intinerario nella parola (DerSand aus den Urnen fu un “falso movimen-to” soprattutto per motivi editoriali), Bevi-lacqua individua i due nuclei tematici fon-dativi: il “dolente ricordo dei lutti familia-ri” e la “viva rappresentazione di situazioniamorose”. La costruzione argomenta-tivache ne deriva, cui non si può disconoscerela pregevole chiarezza di un puntuale rife-rimento alle singole raccolte di versi segui-

te su asse diacronico, è improntata alla vo-lontà di registrare minuziosamente le occa-sioni “personali” che possono aiutare a fuga-re la tentazione di strumentalizzarel’allusività della poesia celaniana; per que-sto motivo Bevilacqua non si lascia tentareda quel vizio da cui la critica è oggi forsetroppo affetta, cioè l’autocompiaciuto indu-giare sui grandi conflitti ideologici comequello, per fare solo un esempio, che avreb-be potuto essere imbastito intorno all’incon-tro del 1967 tra Martin Heidegger e PaulCelan. Gli unici “grandi eventi” sono e re-stano, per Celan, Eros, Nostos e Thanatos. Ecertamente la natura, che si rivela con voltisempre nuovi alla conoscenza dell’uomo perle sue infinite possibilità di espandersi oltre iconfini del corpo e dell’anima, all’interno eall’esterno.La cronologia, curata da Mario Specchio,esplora capillarmente gli eventi che segnanogli anni di apprendistato e quelli di pellegri-naggio del poeta; essa si agglomera intornoad alcuni momenti salienti in cui è imprescin-dibile la corrispondenza tra il “vissuto” con-tingente e il sorgere del testo poetico: “Nel-l’autunno del 1942 riceve — non si è mai sa-puto come — una lettera dalla madre, che gliannuncia la morte di Leo [il padre], minatodal tifo. Nella lirica Schwarze Flocken, del1943, Paul rivive il momento fulminante incui riceve la notizia: il testo ripercorre le ten-sioni del suo rapporto con Leo, il riferimentoalla ‘canzone del cedro’ (Das Lied von derZeder) proietta il sionismo paterno nella di-stanza, ora fonte di rimorso, che vi fu tra loro.È la prima lirica nella quale la memoria siconiuga con la storia e con il destino ebrai-co”.Erinnerung come Gedächtnis, il ricordo per-sonale come memoria collettiva sedimenta intante poesie di Celan dove predominano ilgrigio delle ceneri, il nero delle tenebre e dellutto e l’azzurro del rimpianto e della pallidasperanza. Mai può essere dimenticato quelgiorno del ’42 in cui Paul scampò ai rastrel-lamenti delle armate hitleriane a Czernowitz,fuggendo di casa, mentre i genitori “per ildisagio connesso agli spostamenti” e per una

25OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

forma di “fatalismo rassegnato”, rinuncia-rono. Resta il senso di colpa del sopravvis-suto, che si traduce più tardi nel gesto diprofonda pietà verso l’amica, la scrittriceNelly Sachs, quando accorre al suo capez-zale mentre sta per sprofondare negli abissidella depressione nervosa.Essere reduce, senza essere mai stato in pri-ma linea: questo il dolore lacerante e il sen-so dei componimenti come Zähle dieMandeln, che chiude la raccolta Mohn undGedächtnis. Bevilacqua rinvia al tema del-l’incontro con il regno dei morti popolatoda ebrei dagli occhi a mandorla, di cui ilciclo centrale della raccolta Von Schwellezu Schwelle segna l’inizio.Viene così pro-gressivamente assimilata, ma certo non ri-solta, nell’esperienza celaniana della secon-da metà degli anni Cinquanta, la voce delpoeta Osip Mandel’stam, con cui Celan con-divide una particolare percezione (più checoncezione) del discorso poetico “che nonvuole essere né gratuito né usato con unafunzione predefinita, bensì aperto a diversefunzioni, beninteso soltanto nel campo diforze che si crea per la ‘tensione fra i tem-pi, il proprio e l’altrui’, così da generare quel‘vibrato sordo e doloroso’ che Celan attri-buisce a Mandel’stam ed è anche suo”.Questa tensione si trovava in Celan anchenel modo tutto particolare di leggere le pro-prie poesie, forse più liturgico all’inizio epoi progressivamente orientato alla volon-tà dell’autore di sparire dietro le proprie pa-role. La memoria deve prevalere sull’enun-ciato, nella discreta consapevolezza che nonsta al poeta il compito di farsi portatore diverità, ma alle cose stesse, già pregne delnecessario significato al momento della lorocreazione e concatenate tra loro secondo unprincipio non gerarchico. Anche Reichert(Hebräische Züge in der Sprache PaulCelans) osservava che “quel tono enfaticocosì caratteristico per Celan [era] in realtàun normale tono biblico”. Proprio la suaanalisi delle particolarità linguistiche del-l’ebraico (l’accumulo di elementi prepo-sitivi, la costruzione dei superlativi con ilraddoppiamento del sostantivo e dell’avver-

bio — “Nacktnackte”-“Immerimmer” ciaprono gli occhi sulla crescente difficoltàin cui si trova impegnato il traduttore spe-cialmente a partire dalla quinta raccolta dipoesie, Atemwende.“Wortaufschüttung, vulkanisch, / meerüber-rauscht” (alla lettera: Ammucchiamento diparole, vulcanico, / sopraffatto dal muggiredel mare). Vulcanica parola, ammasso / cheil mare copre rombante. Il traduttore antici-pa, dunque, l’aggettivo “vulkanisch” affian-candolo a “parola”, che nella propria valenzadi “parte per il tutto” rappresenta la volontàdel poeta di pronunciare la propria parolaindividuale per tutte le parole naturali. Nel-l’atto di prorompere e di assumere la consi-stenza di un “ammasso”, essa viene soffo-cata dal mare “mugghiante”. La contrappo-sizione tra le due voci, quella umana e quellamarina, si giustifica alla luce del fatto che ilmare è l’elemento in cui si muove “derflutende Mob” (la fluttuante ciurmaglia)delle anti-creature, che sopraffanno la libe-ra espressione della parola. Le parole Abbild(plagio) e Nachbild (facsimile) sono chiaraallusione all’accusa di plagio che Claire Gollaveva mosso a Celan dopo la morte delmarito Ivan, mentre avrebbero perso la loroforza allusiva ai fatti, oltre che all’emozio-nalità, se fossero state tradotte genericamen-te come “copia” e “imitazione”.Forse dobbiamo intendere l’insistito accen-to di Bevilacqua sulla raccolta Atemwende— come “libro dal doppio volto” che “sta inbilico tra il vertice della poesia celaniana eil susseguente periodo di tormentosainvoluzione” — non solo come avvertimen-to del cambiamento di registro poetico e delriconoscimento del culmine del viaggio aritroso di Celan verso le verità ancestrali inAtemkristall, ma anche come preparazionepersonale al suo diverso compito di tradut-tore. Se infatti fino a questo momento pos-siamo riscontrare l’impronta di un lavorocostruito, tra l’altro, su matrici pascoliane emontaliane, il tradurre non può ora esimer-si dal tener conto del forte tono messianicoche soprattutto la lettura dei testi di MeisterEckhart trasmise alla parola celaniana a par-

26OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

tire dal 1967. Renitente a essere inquadratoin un panorama di ascendenza ermetico-simbolista alla Mallarmé, la sua parola po-etica assorbì dai testi in medio-altotedescodel mistico Eckhart l’eco della lingua ebrai-ca pre-cristiana del profeta Isaia e del lati-no del IV secolo di San Gerolamo, che vierano confluiti. Celan conduce dunque il let-tore, da questo momento in poi, verso qual-cosa che egli non può conoscere, ma devenecessariamente sapere: l’eterno legame, loewiger Bund.La tecnica di preparazione all’evento fina-le, un finale tragico, in gran parte delle po-esie come nella vita, per la programmatascelta del suicidio, percorre il commentointroduttivo (il titolo Eros - Nostos - Tha-natos è costruito su questo “crescendo”).Bevilacqua non rinuncia al pathos, e di que-sto gli siamo grati, perché egli comunicaveramente con il lettore, non nasconde quae là la propria emozione per quell’exit cheva costruendo con la minuta registrazionedei cedimenti nervosi di Celan negli ultimianni di vita. Il lettore noterà che nelle pagi-ne conclusive dell’introduzione, laddove lecifre simboliche dell’uno e del cinque di-ventano inquietante abitudine nella raccol-ta Fadensonnen, e sembrano anticipare lamacabra scoperta del corpo inanimato diCelan nelle acque della Senna il primo mag-gio del 1970, l’analisi delle poesie degli ul-timi cicli si fa più fitta, il testo del commen-to più denso di riferimenti interpretativi equindi più aspro. Il contesto, il “paesaggiocon figure” che aveva fatto da cornice alleesperienze della giovinezza e della età ma-tura, sfuma nei contorni, fino a diventarecompletamente “paesaggio dell’anima” delpoeta, sempre più impegnato in scherma-glie “di richieste e di allettamenti al ‘son-no’, promesse di pace e cosmiche perdi-zioni”.Se nelle prime cinque raccolte di poesie laparola Wort rappresentava il filo della spe-ranza di poter vivere nel “dire” delle cose,delle persone e degli eventi — ben ottantapoesie ne sono gravide —, questo legamecon la realtà si fa sempre più sottile e si as-

siste ad un’inversione comunicativa. La sto-ria intuibile nel narrato pur enigmatico di-venta ora minuscolo frammento di un corpoche il lettore tenta di ricomporre attraversola mano, l’occhio, il ciglio; l’illusione di af-ferrare deperisce ben presto nel senso di unausgeliefert sein, cui Celan non vuole porrepiù rimedio: “Warum dieses jähe Zuhause,mittenaus, mittenein?” (“Come mai questoimprovviso essere a casa,/ mezzo dentro emezzo fuori?”)

Elena Agazzi

Anna Chiarloni, Germania ’89. Cronacheletterarie della riunificazione tedesca, Mila-no, FrancoAngeli, 1998, pp. 138, £. 25.000

La duplice, ambiziosa finalità cui mira il ric-co e problematico saggio di Anna Chiarloninel tracciare super partes un’organica map-patura degli eventi e delle dinamiche dellariunificazione tedesca e nell’offrire nello stes-so tempo al lettore italiano un quadro infor-mativo e critico di temi e situazioni di porta-ta internazionale, non solo è pienamente rag-giunta ma permette anche di alimentare undibattito ideologico e letterario spesso nonsostenuto da tutti gli elementi conoscitivinecessari.Che la letteratura possa contribuire ad accer-tare la verità storica, affiancandosi all’inda-gine storiografica, come quella “scienza del-le differenze” che rischiara “la strada sotter-ranea dei sentimenti e dei destini individua-li”, costituisce certamente un complementodi per sé ormai acquisito e consolidato. L’ori-ginalità e l’attualità critica di questo studiointerdisciplinare, infatti, vanno ricercate piut-tosto nella proposta di un percorso quasidecennale, efficacemente ricostruito con unaintelligente e convincente selezione, svilup-pata con un criterio cronologico, di testi, an-che inediti, emblematici dei nodi e dei trau-mi storici della Germania di questo secolo.Grazie alla lunga e impegnata frequentazionecon la letteratura della DDR Chiarloni, cui

27OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

dobbiamo anche l’antologia lirica di poetidelle due Germanie Grenzfallgedichte (cu-rata con Helga Pankoke, Aufbau 1991), pro-ietta cronache e testimonianze di scrittori,le cui voci registrano eventi, fissano e am-plificano sensazioni e speranze, nel vastoscenario del rapporto dell’identità indivi-duale con la storia nazionale che dischiudea sua volta molte finestre sul tema dellariunificazione. La lettura compiuta dagliintellettuali tedeschi, fra cui quelli occiden-tali sono un’esigua minoranza, delle tappepolitiche dalla primavera 1989 al crollo delmuro fino all’unificazione, riapre vecchieferite, riproponendo conflitti rivelatori dialtri muri difficili da smantellare nel singo-lo. Facciamone una breve, schematica ras-segna: la fusione dei due stati nell’alveoricomposto della nazione, per quaranta anni“ein Organismus mit zwei Herzen”, per ci-tare un verso di Eva Strittmatter, pone dinuovo in primo piano la categoria diVaterland , riacutizzando la discussione sul-la diversa Vergangenheits-bewältigung aoccidente e a oriente e sulla questione dellacolpa. La graduale delegittimazione nel1989-90 della DDR-Identität determinanegli intellettuali diversificate strategiepolitiche per filtrare dalle scorie dell’appa-rato socialista quel poco di alterità positivaraggiunta nell’arco di un quarantennio. L’in-terrogativo Was bleibt rivela lo sconcertoper una rimozione radicale ma anche la ne-cessità di un bilancio e di una capillare edisincantata anamnesi sociale ed esisten-ziale. La progettualità nell’ autunno ’89esprime, da parte di molti intellettuali, lavolontà di indicare nella riunificata societàtedesca nuove prospettive anche di utopiain senso socialista, incanalando spinte edegenera-zioni consumistiche e più in ge-nerale gli aspetti deteriori dell’unificazio-ne in positivi modelli politico-sociali. Laconsapevolezza che il processo di unifica-zione si sia “basato sull’annessione, piutto-sto che sulla convergenza di due diversi sta-ti” produce nei primi anni Novanta quel di-sagio e inquietudine che sul piano lettera-rio provoca il Literaturstreit e uno “scacco

esistenziale” unito a una linke Trauerarbeit,l’elaborazione del lutto di sinistra.Questi passaggi con i loro riflessi e le lorosedimentazioni sono individuati e discussida Chiarloni all’interno del testo lirico enarrativo, dopo un preliminare riesame deldibattito letterario nelle due Germanie sultema della nazione, riassumibile nelle vocicontrapposte di Martin Walser e di JurekBecker. Al di là della polemica control’“impeto riunificatore” di Walser e quel“pathos nazionale” abbastanza diffuso nel-la BRD, ancor più interessante risulta nelsaggio la riscoperta di una “simbologia diuna memoria nazionale” nella letteraturadella DDR. La rimozione del termineVaterland, perché “indicativo di un lessicoinquinato dalla retorica nazista”, non signi-fica che non affiori, spesso nella carsica fi-ligrana della metaforica, il motivo della di-visione alla ricerca di “uno spazio utopicotra i cieli”. I topoi ornitologici, si pensi aiMauersegler di Sarah Kirsch, i temi delvolo, della gabbia rinviano a una scritturacifrata la cui profondità e mimetizzazioneriflettono le fluttuazioni storiche e le alter-nanze di aperture e arroccamenti politici.Del resto gli esiti più originali e positivi dellaletteratura della DDR, distinguendosi daquella della BRD e sottraendosi all’omolo-gazione, discendono dal tradurre in parolagli spazi del dicibile secondo una poeticadell’‘obliquità’ narrativa, della mediatezzafigurata o, sul piano tematico, ad esempiocol ricorso al mito, alla biografia letteraria,alla letteratura di viaggio. Se più che giusti-ficata fu la denuncia della censura compiu-ta da Christoph Hein nel 1987 al X Con-gresso degli scrittori, titolando il suo inter-vento: “Die Zensur ist überlebt, nutzlos,paradox, menschen- und volksfeindlich,ungesetzlich und strafbar”, una futura valu-tazione, attenta e dettagliata, della lettera-tura della DDR dovrà tenere ancora più con-to di quelle strategie di scrittura mimetica ecreativa che in non pochi casi hanno confe-rito al testo un più elevato tasso diletterarietà.C’è un altro interessante aspetto sollevato

28OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

da Chiarloni che, commentando il romanzoSommerstück (1989) di Christa Wolf,coglie nell’ ambientazione nella campa-gna del Meclemburgo e nella caratteriz-zazione di alcuni vecchi, appartenentialla generazione “storicamente compromes-sa” dei nonni, “un irreparabile senso diHeimatlosigkeit, la perdita di paesaggi eretaggi connessi con le memorie familiari”.E’ certo innegabile lo sbilanciamento dellaletteratura della DDR verso il presente so-cialista rappresentato negli ultimi anni sem-pre più secondo i canoni di un minimalismodescrittivo e di un realismo critico e corro-sivo di presunte certezze e di propagandatitraguardi, tuttavia proprio lo scarto, avver-tito da molti come possibilità di sopravvi-venza, fra la quotidianità dai ritmi monoto-ni e rallentati e il vuoto efficientismo del-l’apparato statale ha permesso di conserva-re ex negativo, anche sul piano linguistico-idiomatico, un vitale legame psicologico colpassato. L’impressione provata spesso dal-l’occidentale di un tuffo nel mondo di ieriper il cronico stato di arretratezza del paeseera la conferma di una grande nicchiaillusoriamente vissuta come impermeabileai meccanismi del potere politico. E lo con-fermano ulteriormente, come osservaChiarloni, “l’ ‘indignazione’ verso la miopiadi un apparato in declino che (...) avvia unfiorente commercio antiquario esportandonella Germania Federale ogni traccia di tra-dizione nazionale” e gli sviluppi di unaLandeskunde mirata al recupero di radici etradizioni storiografiche.La cronaca incalzante degli avvenimenti dalmaggio fino al 9 novembre è ricostruita conla citazione e il commento di fotogrammilirici, di versi icastici ed epigrammatici dipoeti quali Hans Georg Bulla, MichaelWüstefeld, Harald Gerlach, Holger Teschke,Heinz Czechowski che, rileggendoli oggi,a stento sembrano registrare e contenere lebrusche accelerazioni della storia, loscardinamento del “muro di paura” che “sisbriciola, fradicio di champagne” (un versoquesto di Hans Magnus Enzensberger), l’eb-brezza e la retorica della Wende, la forza

dirompente della “öffnung-hoffnung”, maanche le reazioni severe e disincantate di fron-te a un “risveglio” tedesco che facendosi ac-cecare dal Begrüßungsgeld e dalle vetrinedel Kudamm è vissuto da numerosi scrittorie intellettuali, quali Volker Braun e StefanHeym, come un Aschermittwoch in der DDR.La sapiente tessitura di testi letterari, contri-buti saggistici, interventi pubblici con cui siripercorre la strada dell’unificazione pone inrisalto il serrato dibattito ideologico e politi-co di questi mesi, il largo spettro di posizioniassunte dagli scrittori sulle opzioni possibili,riunificazione, confederazione di due statitedeschi, conservazione della DDR, il Berli-ner Traum di chi come la Wolf, Hein, Braun,Heym ritenevano non solo che non sidovesse liquidare la DDR come “postilladella storia”, ma che si potesse sfruttare lafavorevole fase politica per continuare a bat-tersi per l’ utopia socialista. La distanzatemporale rende oggi ancor più evidenti epressoché insuperabili gli ostacoli contro cuicozzavano gli intellettuali di sinistra, queglistessi che con modalità diverse, quando ilmuro appariva ancora saldo per un tempoindefinito, avevano assegnato alla letteratu-ra anche la funzione di sostegno per una sol-lecitazione e una riflessione critiche.“Se da una parte si saluta il crollo della RDT,dall’altra ci si pone il quesito della propriaidentità storica”, osserva Chiarloni, citando iversi (“senza linguaggio resta / la mia spe-ranza” e “la pelle si stacca a brandelli”) ri-spettivamente di Kurt Drawert e di LutzRathenow. A questo proposito i tre testi, cuil’autrice riserva un’analisi ampia e approfon-dita, sono scelti nella prospettiva di attingerealla letteratura per discutere temi che dallaWende si proiettano in una dimensione cheva oltre, coinvolgendo gran parte della no-stra storia contemporanea. Il primo èFernsehen, una lirica di Heiner Müller del-l’ottobre 1989 in cui la fuga in massa dallaDDR scatena l’angosciata e disperanterivisitazione allucinata di tragici capitoli dellastoria comunista, ripercorsa, con fulminantiassociazioni secondo lo stile brechtiano de-gli appunti dello Arbeitsjournal, dai fatti di

29OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

Ungheria del 1956 a quelli più recenti diTien An Men, accostati a un possibile vio-lento epilogo nella DDR. Il teorema di unagenealogia della violenza che attesta “unatragica contiguità tra nazismo e stalinismo”e sanziona il fallimento di un grandioso pro-getto utopico (“in nome dell’utopia sonosorte le fondamenta dell’orrore”, scrive an-cora Müller su “Freitag” del 16.11.1990) sifonde con il coraggioso riscatto dell’io liri-co che depura la sinistra memoriadell’“autocritica” staliniana, confessando ilnaufragio di un’identità ideologica che pri-va la verità di un possibile approdo. AChiarloni vorrei chiedere se l’indiscutibileconclusione apocalittica (“il registro fune-bre, anche se condizionato dalla forma in-terrogativa, è inequivocabile: solo la mortesalva dalla fossa comune dell’ideologia”)non lasci tuttavia affiorare un’orgogliosarivendicazione di un metodo marxiano diaccertamento della verità che per quantoavvelenato e compromesso dalla storia po-trebbe ancora contrastare la violenza mani-polatrice del medium televisivo.Le due scene in versi e in prosa e l’epilogoprosastico di cui si compone la pièceIphigenie in Freiheit (Suhrkamp 1992) diVolker Braun delineano mediante un mira-bile assemblaggio di materiali e citazioniun quadro storico-culturale i cui tassellidella mitologia classica sono utilizzati infunzione di una complessa rappresentazio-ne metaforica della riunificazione tede-sca. Il motivo di Elettra e Oreste, i fratel-li dispersi che si ricongiungono, dischiudenella costruzione di Braun l’orizzonteutopico della rinuncia alla violenzascandita dalle voci di Lessing, Büchner eBrecht e si intreccia poi nella seconda sce-na con il mito di Ifigenia, contrappunto delsottotesto goethiano. Ifigenia, stretta fraToante, che “impersona il potere sovietico”,e Oreste e Pilade,“due spregiudicati mer-canti occidentali”, è la DDR “oggetto di unbaratto tra le grandi potenze”, ma “cifra diuna libertà individuale che (...) consente alsingolo di prendere in mano il timone dellastoria”. Della ricca e articolata lettura di

Chiarloni, che scioglie e decodifica associa-zioni e intrecci metaforici, non è qui possi-bile dar conto se non almeno in relazione al“parallelismo tra il disagio dell’intellettua-le settecentesco e quello del poeta odierno”,fra l’Apolda goethiana da un lato, la Coreae la DDR dall’altro. Dato infatti per sconta-to lo svuotamento del Kulturerbe, di quel-l’operazione posticcia “di una politica cul-turale che dichiarava la DDR unica e legit-tima utente del classicismo tedesco, nel ten-tativo di occultare le miserie del socialismoreale”, dovrebbe essere approfondito, più diquanto si sia fatto finora, il fecondo rove-sciamento dialettico operato dagli scrittorie drammaturghi della DDR, da Fühmann aMüller, da Braun a Mickel e alla Wolf che,scardinando l’artificiosa e omologante ana-logia col classicismo tedesco, ricorrevanoalla tradizione mitologica classica non percelebrare sintesi insostenibili, ma per sca-vare i solchi delle contraddizioni.Con l’ultimo esempio di cronaca letterariadella ex-DDR, il romanzo Ich (Fischer1993) di Wolfgang Hilbig, Chiarloni inten-de registrare lo stato di malessere e di smar-rimento negli anni successivi alla riuni-ficazione caratterizzati dai profondi contrac-colpi economici e sociali e dall’aperturadegli archivi della Stasi e più in generale daun faticoso e complesso processo di asse-stamento. Nel romanzo di Hilbig si scavaimpietosamente nei soffocanti meccanismidi spionaggio e di delazione, nel percorsodi reificazione della persona imposto dalpotere, nella “discesa agli inferi (...) in unviaggio nel bunker della storia tedesca, tramacerie, carcasse e reticolati”. Lo scanda-glio psicologico, muovendosi per di più inun paesaggio autobiografico, non ammettenell’autore cedimenti nell’emettere una sen-tenza irreversibile di condanna totale delsistema politico-sociale della DDR.Bene ha fatto Chiarloni a concludere il sag-gio con una delle non molte voci che nellaRepubblica Federale si sono espresse sultema della riunificazione. Günter Grass,coerente con il principio etico-ideologicoformatosi già negli anni Sessanta, in base al

30OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

quale la perpetuazione della divisione dellaGermania dovrebbe essere l’ “emblema deltrauma permanente” di Auschwitz, si èimpegnato a fondo nel tentativo di valutarecon imparzialità ed equilibrio la politicadella Repubblica Federale da lui in ogni casogiudicata di “occupazione sotto forma diunificazione”.Ein weites Feld (1995), il suo voluminosoe controverso romanzo, tradotto di recentein italiano col titolo E’ una lunga storia(Einaudi 1998), è una complessa cronacadello smantellamento della DDR tra la ca-duta del muro e il 1991, ma anche, comecommenta giustamente Chiarloni, una rap-presentazione “stemperata” ed epicizzantedelle schermaglie fra la Stasi e i servizi te-desco-federali alternate a calibrati rinvii,grazie al felice intreccio narrativo, alla Ger-mania guglielmina. Chi si attendeva dalleseicento pagine di Ein weites Feld il primoromanzo epocale di una recuperata lettera-tura nazionale non poteva che restare delu-so e indispettito da un autore che intende-va, pur con oscillazioni, dimostrare che itempi non sono ancora maturi per una simi-le impresa ‘sovrastrutturale’.Con la metafora del titolo del romanzo diGrass, comunque lo si voglia tradurre, ter-mina il saggio di Anna Chiarloni: il vastocampo della storia, che non ammette ritor-ni, chiede di essere dissodato ed esplorato enon pregiudizialmente rimosso. In questomodo si potrà contribuire, almeno nel cam-po della critica letteraria, a rispondere al-l’interrogativo: Was bleibt, valutando congli strumenti adeguati la fondatezza di unadignità estetica che se non in toto almenoin parte può essere forse attribuita anchealla DDR-Literatur, come a ogni altra lette-ratura.

Fabrizio Cambi

CD-ROM: Deutsche Klassiker, Mün-chen, X-libris,1995, DM 149

Deutsche Literatur von Les-sing bis Kafka, Berlin, Digi-tale Bibliothek. DirectmediaPublishing, 1997, DM 99

Nel mondo dei nuovi media il progresso ècosì rapido, che nel giro di appena due anniun’opera può non solo mettere in ombra, maaddirittura rendere praticamente inservibilequella che la precede. Qualcosa del genere èsuccesso con i due CD-ROM che vengonoqui presentati. Se infatti nel 1995 poteva for-se avere ancora un qualche senso procurarsiil CD-ROM Deutsche Klassiker, per avere adisposizione in poco spazio una decina diromanzi, quasi altrettanti drammi e inoltreracconti ed altre opere poetiche di 19 autoritedeschi da Grimmelshausen a Morgenstern,oggi quest’opera è largamente superata dalCD-ROM Deutsche Literatur von Lessing bisKafka, che contiene una massa incredibile diopere dei generi più diversi di ben 58 autoricompresi tra Lessing e Kafka. Il CD-ROMDeutsche Klassiker sembra bensì sfruttaremaggiormente le possibilità offerte dallamultimedialità, servendosi ad esempio di bre-vi animazioni, di immagini colorate, sottoli-neando alcune funzioni con brani musicali ooffrendo la lettura di alcuni spezzoni di te-sto. In questo modo occupa però evidente-mente gran parte della memoria a disposi-zione, che la Deutsche Literatur ha pensatobene di utilizzare invece per immagazzinarecirca 70.000 pagine di testo o per funzionipiù importanti. Non è tuttavia solo il prezzoo la quantità dei testi e degli autori che fapreferire decisamente la seconda opera, quan-to piuttosto, oltre alla scelta e all’organizza-zione del materiale, le possibilità da essa of-ferte di utilizzare e rielaborare questo mate-riale per scopi scientifici.

I Deutsche Klassiker presentano sulla pagi-na di partenza le voci “Übersicht”, “ZumGeleit”, “Galerie”, “Register”, “Bibliothek”,“Textverarbeitung”, “Hilfe”, “Ton” e “Ende”.

31OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

Mentre sotto la voce “Zum Geleit” si cercadi spiegare in poche pagine il significato deltermine “Klassiker” utilizzato nel titolo diquest’opera, la “Übersicht” presenta solouna sorta di tavola cronologica che va dal1650 circa fino al 1920, in cui compaionotuttavia solo le vite degli autori trattati conle opere contenute in questa raccolta, senzaaltri riferimenti ad avvenimenti storici o adopere diverse degli stessi o di altri scrittori.Le opere sono poi contrassegnate da unquadratino colorato, che rimanda alle diver-se epoche della storia letteraria indicate inbasso, tra cui figurano “Barock”, “Auf-klärung”, “Sturm und Drang”, “Klassik”,“Romantik” ecc., ma anche una categoriacome “Zwischen Klassik u. Romantik”.Oltre a questo inquadramento storico lette-rario piuttosto approssimativo delle operee degli autori, questa “Übersicht” permetteanche di giungere direttamente alla vita del-l’autore oppure alle opere. Cliccando il car-tellino con il titolo dell’opera si apre infattiprima un riassunto di poche pagine dellastessa, da dove si può arrivare poi, premen-do di nuovo con il mouse in basso a sini-stra, all’opera vera e propria. Qui si posso-no ottenere notizie sull’epoca, sull’autore,sull’opera, oppure consultare una brevebibliografia. Cliccando invece sull’imma-gine colorata della copertina dell’opera, siaccede al testo. A questo stesso punto si puògiungere anche partendo dal menu princi-pale, attraverso la voce “Bibliothek” e sce-gliendo poi tra gli autori ordinati in ordinecronologico.Partendo per il momento ancora dalla pagi-na iniziale, è possibile accedere anche alla“Galerie”, da dove si può scegliere se ascol-tare la lettura di un breve brano dell’operaprescelta, oppure leggere i vari giudiziespressi da diversi scrittori tedeschi su unadeterminata opera letteraria o sul suo auto-re. Sia queste citazioni, di cui non viene maiindicata la fonte, come anche i brani letti,sono assolutamente inutilizzabili da un pun-to di vista scientifico. Altrettanto inutile, oquasi, è anche la funzione “Register” nellapagina di partenza, perché essa indica sì i

nomi degli scrittori citati – non comunquedegli autori di letteratura critica riportatinelle indicazioni bibliografiche –, indican-do però solo il capitolo in cui questo nomecompare e senza nemmeno un numero dipagina. Quasi una presa in giro risulta infi-ne la funzione “Hilfe”, che mostra solo at-traverso degli schemini fissi, quello che giàsi vede e si capisce cliccando una funzioneo l’altra.La parte centrale di questo programma èrappresentata dunque dalla “Bibliothek”.Scegliendo questa funzione dalla paginainiziale, compaiono in ordine cronologicole opere dei diversi scrittori contenuti inquesta raccolta. Una volta scelto un autore,appare sulla parte sinistra dello schermo unasorta di copertina, tratta spesso da quadrianche famosi di pittori come Van Gogh,Brugel, Degas ecc., sulla parte destra quat-tro funzioni “Zum Werk”, “Zum Autor”,“Kurzinhalt” e “Bibliographie”, mentre sot-to la copertina del libro si trova anche lafunzione “Zur Epoche”. Sia le indicazionisull’epoca, sia quelle sull’opera o sull’au-tore sono, pur nella loro necessaria generi-cità e brevità, leggibili, mentre il riassuntodel contenuto è spesso così conciso da ri-sultare inservibile. La “bibliografia” poi, purse limitata a qualche decina di titoli – circacinquanta nel caso del Faust e ottanta perEffi Briest –, può risultare utile per un pri-mo approccio all’opera, tanto più che è ab-bastanza aggiornata e contempla anche ope-re o saggi dei primi anni Novanta. In testaalla bibliografia viene indicato poi, anchese non sempre in maniera del tutto chiaraed esaustiva, da quale edizione è stato pre-so il testo riprodotto digitalmente. Subitodopo viene specificato comunque, almenoper tutte le opere in prosa, che la lingua deltesto è stata “cautamente modernizzata”.Proprio questa “modernizzazione” della lin-gua rappresenta però, evidentemente, unodei limiti più rilevanti di questa raccoltadigitalizzata di testi, perché ne rende impos-sibile qualsiasi utilizzo scientifico. Questaimpossibilità viene ulteriormente aggrava-ta dal fatto che non vi è alcuna corrispon-

32OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

denza o concordanza tra le pagine che com-paiono sullo schermo e quelle di una qual-siasi edizione dell’opera, cosicché, anchedopo aver individuato con la funzione diricerca un certo termine o un certo argomen-to in un testo, risulta poi estremamente com-plesso e quasi impossibile ritrovarlo inun’edizione cartacea.Il vero limite di questo CD-ROM consistetuttavia nelle funzioni che permettono dilavorare concretamente con il testo, di com-piere delle ricerche di determinati concettinell’intero testo, nonché di evidenziarne,commentarne o copiarne dei passi. La fun-zione “ricerca”, in particolare, è molto li-mitata: essa consente infatti solo di saltareda una pagina all’altra, di trovare un certoconcetto – quando viene trovato, esso vie-ne segnalato da un suono ed evidenziato sultesto, mentre per passare alla sua prossimaoccorrenza basta cliccare “Weitersuchen” –o infine di sapere quante volte un determi-nato concetto compare in quel testo. Oltreal fatto che si possono cercare solo concettisingoli e non è possibile alcuna combina-zione, non esiste poi alcuna possibilità dimemorizzare e quindi anche di riutilizzare irisultati di queste ricerche.È possibile invece evidenziare alcuni passidel testo, cliccando la prima e l’ultima let-tera del passo desiderato. Il programma nonconsente, tuttavia, di evidenziare un passoa cavallo tra la seconda pagina mostratasullo schermo e quella successiva, e nel casosi voglia copiare proprio un simile passo, ènecessario riprodurre anche tutta la paginaseguente. Le parti evidenziate, poi, non ri-mangono tali, a meno di non fornirle di uncommento. Solo in questo caso esse vengo-no evidenziate in giallo e in un secondo tem-po, cliccandovi sopra con il tasto destro delmouse, è possibile aprire nuovamente la fi-nestra con il commento. Almeno in teoria sipossono copiare e quindi anche esportaresia i testi che i commenti, ma la cosa risultapoi in realtà piuttosto complessa. Mentre icommenti si possono copiare infatti sem-plicemente con “ctrl+c” e “ctrl+v” su unprogramma di scrittura di questo CD-ROM,

dove i testi possono poi essere ulteriormenterielaborati, quando si copia una parte di testoletterario attraverso la funzione “Kopieren”,ogni successiva copiatura cancella immedia-tamente quella precedente. Benché il pro-gramma chieda di salvare il testo copiato inD:, ciò non risulta possibile, ed è necessariosalvarlo prima dal programma di scrittura inC:, come testo ASCII, e aprirlo quindi conWord, perdendo naturalmente tutte leformattazioni.Anche il fatto che con i Deutsche Klassikernon si possano modificare le dimensioni del-la finestra occupata dal programma sulloschermo, né tantomeno ridurlo ad un’iconasulla barra degli strumenti, rende piuttostocomplicato lavorare con più finestre o piùprogrammi contemporaneamente.

Tutti questi limiti, evidenziati per il CD-ROMDeutsche Klassiker, non esistono nel CD-ROM Deutsche Literatur von Lessing bisKafka. I suoi pregi sono tuttavia talmentenumerosi, che non sarà sicuramente possibi-le elencarli tutti. Innanzitutto è possibile ri-durre la finestra occupata dal programma otrasferirla in icona e confinarla sulla barradegli strumenti, in modo da lavorare contem-poraneamente anche con altri programmi.Anche per copiare o esportare testi ci sonomolti meno problemi, poiché basta eviden-ziare il testo tenendo premuto il mouse dalpunto di partenza fino al punto d’arrivo, pre-mere poi “ctrl+ins” e quindi cliccare l’iconadi “incolla” nel programma di scrittura. An-che qui ci sono, a dire il vero, alcuni limiti,in quanto è possibile copiare solo una paginaalla volta, anche quando sullo schermo se nepossono vedere due o addirittura più di due,e poi perché il testo copiato mantiene gli “acapo” di quello che compare sullo schermo,così che per utilizzarlo è spesso necessario –perlomeno quando si tratta di prosa – elimi-nare prima ad uno ad uno tutti questi “a capo”.Poiché questo programma contempla persi-no la possibilità – sotto “Diverses” e“Optionen”, ovvero “Altro” e “Opzioni” – discegliere tra “tedesco”, “inglese”, “francese”e “italiano” per la lingua dei comandi, mi ri-

33OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

ferisco in seguito, per comodità, ai coman-di in italiano.La pagina di partenza è divisa in due parti:sulla sinistra compare l’indice alfabetico dei58 autori compresi in questa raccolta.Cliccando sul segno “+”che precede il nomedell’autore, la ramificazione scende ad unlivello più basso e mostra una prima suddi-visione in generi letterari quali “Gedichte”,“Fabeln und Erzählungen”, “Dramen”, “Ro-mane und Novellen”, “Aufzeichnungen undAphorismen”, “Ästhetische Schriften”,“Autobiographische Prosa” ecc. Premendopoi di nuovo col mouse sul segno “+” cheprecede ognuna di queste categorie, trovia-mo un elenco delle varie opere, ordinate insenso cronologico, che è possibile specifi-care ulteriormente cliccando sul titolo del-l’opera ed ottenendo quindi i singoli libri,capitoli o atti della stessa. Queste successi-ve aperture si possono poi chiudere, in ma-niera simile a quanto avviene con la “ge-stione risorse” in Windows, premendo colmouse sul segno meno che ora si viene atrovare davanti a ogni biforcazione dell’al-bero.Già cliccando sul nome dell’autore, com-paiono sulla metà destra dello schermo, ol-tre al nome e alle date di nascita e di mortedello stesso, anche tre alternative, tra cui èpossibile scegliere: “Biographie”, che con-tiene una tabella biografica schematica, contutte le date e gli avvenimenti più impor-tanti, “Portrait” e “Unterschrift”, che pos-sono essere interessanti solo in quanto sipossono esportare, inserire in un propriodocumento o stampare. Se invece si puntail mouse su un’opera, essa compare nellaparte destra dello schermo, pronta ad esse-re letta, evidenziata, commentata, copiata ocomunque rielaborata. Per avanzare o an-dare indietro nel testo, si usano le frecceposte sulla sbarra centrale, oppure, per es-sere più veloci, si trascina un’altra frecciache compare subito sotto. E’ possibile co-munque vedere anche più pagine contem-poraneamente – 8, 18 o addirittura 34 pagi-ne –, benché quella attiva possa essere sem-pre una sola. Nel formato microfiche il te-

sto non è più leggibile, ma questa funzionepuò essere ugualmente utile quando si sonoevidenziati in precedenza dei passi, poichési può comunque ingrandire e rendere leg-gibile la pagina su cui si è puntato il mouse.Sempre sulla barra centrale compaiono cin-que pennarelli di colori diversi, con i qualiè possibile evidenziare il testo. Mentre ilpennarello blu serve solo ad evidenziare ipassi che si vogliono copiare, e quindi scom-pare quando si evidenzia un passo successi-vo, gli altri quattro colori rimangono inde-lebili e possono essere impiegati, quindi, percontrassegnare aspetti diversi di un testo.Importantissimo è il fatto che il programmaredige contemporaneamente anche una li-sta di tutti questi passi evidenziati, la qualepuò essere visualizzata sul lato sinistro del-la finestra – premendo con il mouse la voce“Passi” – e anche memorizzata sotto un certonome e quindi, all’occorrenza, richiamata.Ogni passo evidenziato può essere natural-mente anche commentato.In modo del tutto simile possono venir sal-vati anche i risultati delle differenti ricer-che: barrando infatti la rispettiva casellanella voce “Ricerca”, sotto “Lista dei risul-tati”, i termini individuati vengono marcaticon uno dei quattro colori prescelti e posso-no quindi venir memorizzati e poi richia-mati nuovamente, cercandoli sotto “Passi”e “Cercati”, invece che “Evidenziati”. Èevidente quanto sia importante poter‘archiviare’ tutte queste ricerche ed averle adisposizione ogni qual volta ve ne sia biso-gno. Molto importante è anche il fatto chenella ricerca, che si può svolgere sempre osu tutto il corpus, o sull’opera intera di unsingolo autore, oppure ancora su un singolaopera, si possa decidere se considerare omeno le lettere maiuscole e sia possibileinoltre compiere delle ricerche più comples-se, utilizzando ad esempio gli operatoribooleiani “e/o” oppure il segno “*” comevariabile.Considerate queste funzioni principali del-la raccolta, restano da spendere due paroleanche sul suo contenuto. L’elenco degli au-tori è molto vasto e pur tralasciando talvol-

34OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

ta anche nomi molto importanti, esso pre-senta poi altre volte anche autori che po-trebbero venir considerati senz’altro “mino-ri”. Si direbbe che il periodo più rappresen-tato sia il Settecento, dove compaiono, tragli altri, anche nomi come quelli di AdolphFreiherr von Knigge, Sophie von La Roche,Friedrich Nicolai o Johann Gottfried Seume,mentre i nominativi, ancora numerosi perquanto riguarda il romanticismo, si dirada-no sempre più avvicinandosi alla fine del-l’Ottocento e poi all’inizio secolo. Nonmancano solo i nomi di Uhland, Rückert oPlaten, ma non si trova traccia nemmeno diun autore come George. Queste assenzesono d’altra parte giustificate da problemidi diritti d’autore. L’aspetto sicuramente piùimportante di questa raccolta di opere diautori tedeschi, che ne permette anche unutilizzo scientifico, è costituito infatti dalfatto che essa si basa su edizioni citabili delleopere. Solo raramente si tratta in realtà diopere critiche, come ad esempio nel caso diGeorg Büchner o di Friedrich Schlegel, eperlopiù vengono utilizzate edizioni dellecase editrici Hanser, Winkler e Insel. Nu-merose opere vengono riprese anche dallacasa editrice Aufbau, della ex-DDR, in par-ticolare dalla collana “Bibliothek deutscherKlassiker”. Per alcuni autori, ad esempio perFontane, per Goethe, per Heine o Herder, sifa ricorso anche a due o più edizioni diver-se. Il fatto che le opere digitalizzate sianoprese da edizioni citabili non servirebbe tut-tavia a molto, se poi la pagina mostrata dalcomputer non corrispondesse a quella ori-ginale. Per questo è possibile, lavorando sultesto, decidere tra due opzioni, che consen-tono di scegliere o la numerazione della“Digitale Bibliothek” o la numerazione del-l’edizione di riferimento.Per quanto riguarda le opere messe a dispo-sizione per ogni autore, il loro numero èveramente impressionante e si può ben par-lare, almeno per gli autori maggiori, del-l’opera completa. Se prendiamo l’esempiodi Goethe, troviamo una scelta di poesie piùvasta di quella della “Hamburger Ausgabe”,tutti i “Versepen” compreso il frammento

Der ewige Jude, tutti i drammi, tra cui ancheil frammento del Prometheus, l’Urfaust, op-pure opere minori come Proserpina, Pandoraecc., tutti i romanzi e la Novelle, le Maximenund Reflexionen, gli scritti estetici, con unascelta nuovamente più ampia di quella della“Hamburger Ausgabe”, e infine gli scrittiautobiografici, vale a dire Dichtung undWahrheit, la Italienische Reise, ma ancheCampagne in Frankreich e la Belagerung vonMainz. L’unica parte dell’opera che mancasono, in altre parole, gli scritti scientifici.Per quanto riguarda infine l’affidabilità deitesti digitalizzati, trasferiti attraverso loscanner, essi contengono, secondo un arti-colo comparso qualche mese fa sulla Zeit, unamedia di 3 errori per pagina, la quale rappre-senterebbe tuttavia una percentuale assolu-tamente fisiologica per un trasferimento diquesto genere. Per questo motivo, oltre cheper la difficoltà di leggere intere opere al com-puter, anche questa nuova raccolta di testidella letteratura tedesca non potrà mai sosti-tuire definitivamente le edizioni in carta stam-pata, che rimangono il testo di riferimentoobbligato. Essa offre comunque molti aiuti epermette una serie di ricerche che finora,nonostante gli indici degli autori o degli ar-gomenti, erano assolutamente impensabili.

Alessandro Costazza

INTERNET: Pagine di partenza per ricerchedi germanistica (parte seconda): Istituzionistatali per lo scambio culturale e scientificoin Germania.

Per il lavoro scientifico non sono importantisolo le offerte su Internet che aiutano nellaricerca di letteratura scientifica e di fonti diinformazione. Nella prassi universitaria sipongono spesso anche domande molto piùbanali e concrete, quali ad esempio, le se-guenti: “Dove trovo materiale per la lezionedi ‘tedesco come lingua straniera’?” oppure:“Quali possibilità di scambio culturale esi-stono con la Germania, l’Austria o la Sviz-zera?”

35OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

Per trovare una risposta a simili domandebisogna ricorrere alle cosiddette “organiz-zazioni mediatrici”, che vengono sostenutedai ministeri e da istituzioni statali, ma an-che da fondazioni e da organizzazioni scien-tifiche. Queste “organizzazioni mediatrici”– tra cui sono da annoverare, ad esempio,per l’Austria lo “Österreichischer Akade-mischer Austauschdienst” (ÖAD) e per laGermania il “Deutscher AkademischerAustauschdienst” (DAAD), con il loroorientamento scientifico, oppure il “Goethe-Institut”, con il suo orientamento didatticoe culturale, nonché “Inter Nationes” – of-frono nel frattempo sempre più spesso leloro informazioni anche su Internet.

“Inter Nationes” è nota come organizzazio-ne che mette a disposizione materiali perl’insegnamento del tedesco per stranieri, adesempio testi, manifesti o lucidi per l’inse-gnamento della “Landeschunde”, ma ancheperiodici che escono regolarmente (come adesempio l’utilissima “Kulturchronik” un pe-riodico per i giovani su video) e non da ul-timo anche film documentari o di fiction.La pagina di partenza (http://www.inter-nationes.de) si presenta bene ed è struttura-ta in modo chiaro, anche se fornisce dap-prima poche informazioni. Vi sono rappre-sentate sei categorie, tra cui “Kultur-zeitschriften, Publikationen, Kultur-ereignisse”, “Materia-lien für Schulen undHochschulen”, “Spiel- und Dokumentar-filme” e “IN-Press”, le quali contengono poia loro volta, ordinato in maniera chiara ecomprensibile, un ricco materiale. Questomateriale non è però sempre disponibileonline (cosa facilmente comprensibile perquanto riguarda i video e i poster). Per quan-to riguarda invece la didattica, non sarebbesolo possibile, ma anzi molto utile, se si po-tessero stampare direttamente oppure sal-vare in memoria e poi rielaborare periodicio altri testi. Ciò succede purtroppo solomolto di rado e dei periodici si trova adesempio solo l’indice e uno degli articolicontenuti. Sono comunque già reperibili in

rete un calendario delle diverse iniziative omanifestazioni, recensioni di libri appenacomparsi e molte informazioni geografiche.Particolarmente interessante può risultare ilfatto che “Inter Nationes” favorisca e so-stenga traduzioni di letteratura tedesca: in-formazioni dettagliate a questo riguardo sitrovano sulla pagina di partenza sotto la ca-tegoria “Buch- und Übersetzungsför-derung”. Un aspetto positivo è rappresenta-to indubbiamente dall’indice e dalla possi-bilità di compiere una ricerca su tutto il te-sto, soprattutto quando si cerchi materialeper temi specifici. Oltre a ciò è possibileinviare per ogni settore un messaggio e-maila una persona specializzata in quel campo evengono riportati inoltre ulteriori links re-lativi a tutti i settori. È necessario rilevare,tuttavia, che nonostante un buon inizio, que-sto sito non sfrutta ancora in maniera suffi-ciente le possibilità di Internet.

La stessa cosa vale anche per il DAAD, lacui pagina di partenza (http://www.daad.de)è bensí bella e chiara da un punto di vistagrafico, ma piuttosto povera sotto un profi-lo contenutistico. Essa contiene le catego-rie “Informationen für Ausländer”,“Informationen für Deutsche”, “Wir überuns”, “Aktuelles” e “Alumni-Forum”. Solodopo essersi decisi per una categoria, si tro-va una funzione “Hilfe” e la possibilità diuna ricerca sul testo completo (attivare“Zeichenkettenerweiterung”). Le singolecategorie sono molto dettagliate, anche senon sempre chiarissime. Si trovano così nelsettore sinistro numerose sottocategorie, chesembrano talvolta molto disparate e di dif-ficile lettura. Manca inoltre un elenco di utiliofferte in Internet di altri provider, mentre ipochi links a disposizione si trovano sparsiin pagine diverse.E’ possibile reperire così tra le“Informationen für Ausländer” un capitolosugli “Öffentliche Verkehrsmittel”, ma man-ca invece qualsiasi rimando all’utilissimapagina di Internet della “Deutsche Bahn”(http://www.bahn.de), dove si possonoreperire direttamente online anche gli orari

36OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

e le coincidenze dei treni internazionali.Lascio a questo proposito al lettore la liber-tà di giudicare se la mancanza tra questeindicazioni di qualsiasi riferimento all’ICEin quanto potenziale mezzo di trasporto siada attribuire a incuria oppure a una sorta diprofezia. Anche per quanto riguarda la que-stione della puntualità dei mezzi di traspor-to pubblici in Germania, che viene elogiatain un apposito settore, bisognerebbe chie-dersi se essa corrisponda effettivamente allarealtà, a un tipico cliché o non invece a unpio desiderio. Degno di lode è invece il ten-tativo di fornire ai visitatori stranieri alcuneindicazioni utili, anche se il risultato non èpurtroppo sempre convincente, poiché leinformazioni rimangono (necessariamente)sempre molto generali. Ci sarebbero da cor-reggere inoltre anche alcuni errori di orto-grafia.Le pagine Internet del DAAD hanno unaqualità più elevata soprattutto dove questaistituzione parla di se stessa. Ciò valeinnanzitutto per la categoria “Aktuelles”, incui essa documenta le proprie attività, e peruna lista di pubblicazioni del DAAD, chesono in parte molto utili. Questa ‘autore-ferenzialità’ raggiunge il gradino più altodella qualità, là dove vengono date infor-mazioni su borse di studio e altre possibili-tà di sostegno per uno scambio scientificointernazionale: qui il DAAD fornisce un’of-ferta di informazioni che deve essere asso-lutamente e fortemente raccomandata a tut-ti i docenti universitari che si occupino inun modo o nell’altro della Germania e chesiano interessati ad uno scambio.

Il Goethe-Institut (http://www.goethe.de)offre nelle sue pagine Internet, oltre ad unaautorappresentazione molto ricca (con i pro-grammi delle iniziative e dei progetti cultu-rali dei diversi Goethe-Institute di tutto ilmondo), anche materiali dettagliati e utiliper i settori “cultura in Germania” e “lin-gua tedesca”. Queste pagine di Internet nonservono così solo per fare pubblicità ai pro-pri corsi di tedesco, ai corsi di perfeziona-mento per insegnanti di tedesco o a iniziati-

ve culturali, ma mettono a disposizione an-che un vasto materiale didattico per tutti co-loro che insegnano o studiano il tedescocome lingua straniera. Oltre ad elenchi biblio-grafici, fanno parte di questo materiale an-che testi già preparati e predisposti per l’im-piego a lezione, che possono essere salvatiin memoria, stampati e utilizzati immediata-mente.Di altissima qualità sono gli elenchi di riman-di ad altri provider. Questi si trovano soprat-tutto nella categoria ben ordinata “AndereWWW-Server” e si suddividono in “Such-maschinen” (motori di ricerca), “deutscheund internationale Internet-Kataloge”,“Landeskunde” (ad esempio notiziari, servi-zi informativi, informazioni sulle città),“Gesellschaft” (ad esempio politica, econo-mia, scienza), “Kultur” (ad esempio film,musica, teatro), “Medien” (libri, stampa, ra-dio e TV), “Internet” e “Bibliotheken” (con-tiene anche informazioni su altre istituzionio convegni). Un altro settore (“Deutschlernen”) rappresenta una vera fonte inesauri-bile di informazioni. Vi si trovano tra gli altrii sottosettori “Internet-Lernwelten” (ad esem-pio “WWW-Lern-welten”, liste di discussionio di contatti per e-mail, “Internet-Chat”),materiali (ad esempio vocabolari, testi), ma-teriale didattico e istituzioni (ad esempio caseeditrici, istituzioni e università), dove vienespesso anche segnalato se questi links sianopiù interessanti per i docenti o per gli stu-denti.Rimane da aggiungere, in conclusione, chele informazioni di tutti i provider sono a di-sposizione anche in altre lingue (nella mag-gior parte dei casi, comunque, solo in ingle-se). Tutti sono strutturati in maniera abbastan-za chiara e plausibile e tutte le pagine posso-no essere caricate sul proprio computer intempi accettabili. Le differenze di qualità ri-guardano quindi soprattutto l’ampiezza del-le informazioni offerte e il loro contenuto.In generale si può dire comunque che “Inter-Nationes” e soprattutto il DAAD non esauri-scono assolutamente le loro possibilità. Il“Goethe-Institut” presenta invece una mesco-lanza ideale di informazioni sulle proprie at-

37OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

tività, offerte di materiali di buon livello siapropri che altrui, nonché rinvii ad altri sitiinteressanti in Internet. Comunque sia, iprovider tedeschi sembrano essere sensibil-mente più avanzati rispetto alle istituzioniparallele in Austria e soprattutto in Svizze-ra.

Lo ÖAD (http://www.bmwf.gv.at/9intern/2ausbez/oead.htm) non offre solo poche in-formazioni, ma si limita anche alla sempli-ce descrizione dei singoli settori. Chi ha bi-sogno di informazioni, trova sulle paginedi Internet gli indirizzi, i numeri telefonicie brevi indicazioni: tutto il resto deve ri-chiederlo per posta o per telefono. In que-ste pagine si trovano inoltre solo pochi rin-vii ad altre istituzioni importanti per la co-operazione internazionale. Informazioni im-portanti per stranieri che vogliono studiarenelle università austriache si trovano inve-ce presso il “Bundesministerium fürWissenschaft und Forschung” (http://www.bmwf.gv.at/2studier/pagestu.htm ehttp://www.bmwf.gv.at/2studier/6auslaen/601ausl.htm). La Svizzera non offre inveceancora informazioni degne di nota. Chi vuo-le studiare nelle università svizzere deveinformarsi sulle pagine Internet della rela-tiva università. Tutte le ulteriori informa-zioni, ammesso che esistano, sono reperi-bili solo da esperti.Sono da ricordare, in conclusione, anche lepagine Internet dei Ministeri degli AffariEsteri tedesco e austriaco, che offrono en-trambe buoni elenchi con diversi links peraltri siti in Internet. Il Ministero austriacoper gli Affari Esteri (http://www.bmaa.gv.at/presseservice/internetadressen.html.de) of-fre tra l’altro utili rinvii a istituti culturali eambasciate, televisioni, giornali e periodi-ci. Il Ministro degli Affari Esteri tedesco(http://www.auswaertiges-amt.de/11_links/Index2.htm), invece, non offre alcun rinvioai media, ma contiene in cambio rinvii a or-ganizzazioni della “politica culturale este-ra”.

Ingo Breuer

SCHEDE

La battaglia di Maldon. Eroi e traditori nel-l’Inghilterra vichinga, Milano-Trento, Luni,1998, trad., introd. e note di GiuseppeBrunetti, pp. 189, £. 18.000

L’agile volumetto, pubblicato nella nuova“Biblioteca medievale” dell’editore Luni,raccoglie due dei testi più noti e interessan-ti della poesia inglese antica — La batta-glia di Brunanburh e La battaglia di Maldon— e una selezione della Cronaca anglosas-sone comprendente le entrate relative al pe-riodo compreso tra il 979 (morte di reEdoardo per mano degli invasori vichinghi)e il 1020 (edificazione da parte del re dane-se d’Inghilterra Knut il Grande di una chie-sa in ricordo dei caduti inglesi e danesi nel-la battaglia di Assandun, come atto di ricon-ciliazione).Si è soliti parlare di due distinte “etàvichinghe” d’Inghilterra, la prima delle qualisi fa avere inizio con l’incursione piratescadei guerrieri nordici contro l’abbazia diLindisfarne, nel 793, e concludere con lecampagne di riconquista di re Alfredo delWessex e del figlio Edoardo, tra la fine delIX secolo e i primi decenni del X. La se-conda età vichinga, invece, vede dispiegarsi,a partire dalla fine del X secolo, lo sforzomilitare non più di diverse bande di pirati einvasori, ma del giovane stato danese, e con-durrà negli anni 1016-1017 alla creazionedi un grande quanto fugace impero atlanti-co guidato dalla dinastia danese.Tra questi due periodi in cui culmina il con-flitto tra le due genti germaniche — inglesie scandinavi — si colloca l’episodio gran-dioso della battaglia di Brunanburh, episo-dio tramandato non solo dalle fonti lettera-rie e storiografiche inglesi e celtiche, maanche da una delle più belle saghe islandesi,La saga di Egill Skallagrímsson (capitoloLII), risalente al XIII secolo e opera forsedi Snorri Sturluson. Nel 937 il re norvegesedi Dublino Olaf, alleato con i re di Scozia edel Galles, tenta un’invasione dell’Inghil-

38OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

terra che ponga fine all’espansione versoNord di Æthelstan, successore di Edoardosul trono inglese. I due eserciti si affronta-no a Brunanburh, e la vittoria inglese assi-curerà una — sia pur relativa — stabilitàall’isola fino al massiccio attacco danese difine secolo. La battaglia viene celebrata inun panegirico di 73 versi tramandato in tredei manoscritti della Cronaca anglosasso-ne e ormai noto con il titolo, appunto, diBattaglia di Brunanburh, una composizio-ne in versi allitterativi più celebrativa chenarrativa, che il curatore avvicina, a ragio-ne, al Ludwigslied tedesco e alla poesiascaldica norrena.A un momento ben più drammatico per lesorti dello stato inglese rimanda invece l’al-tra, e più ampia, composizione poetica delvolume: La battaglia di Maldon, poemettodi cui ci sono giunti 325 versi, mentre ini-zio ed epilogo sono andati perduti. L’even-to rappresentato in questo testo ha luogo nel991, all’inizio della pressante e poderosa of-fensiva che porterà il re di Danimarca a oc-cupare il trono d’Inghilterra. Non si trattapiù, qui, di cantare la gloria e il trionfo diun sovrano vittorioso, ma l’eroismo di chicade in battaglia contro un nemicopreponderante; l’accento dunque non è piùposto sulla celebrazione, ma sulla rappre-sentazione del comportamento di chi con-serva e di chi perde il proprio onore nel ve-rificarsi di una catastrofe, in una narrazioneche è al contempo epica ed esemplare. Alcentro del testo è la figura del condottieroinglese Byrhtno∂; per un eccesso di lealtà,di orgoglio, di sicurezza del proprio valore(il problematico for his ofermode del verso89) Byrhtno∂ concede al nemico una van-taggiosa condizione di combattimento. No-nostante il suo valore, Byrhtno∂ viene uc-ciso (vv. 149-184) e il narratore passa a il-lustrare le diverse reazioni dei suoi compa-gni: di chi “non vuole essere” partecipe alloscontro dopo la caduta del condottiero e dichi invece gli rimane fedele affrontando lamorte per non macchiarsi di viltà e slealtà.L’ampia introduzione preposta da Giusep-pe Brunetti ai testi e alla loro traduzione a

fronte (pp. 7-71) rappresenta un utile stru-mento non solo per ricostruire le intricatevicende storiche dell’Inghilterra pre-normanna — vicende senza la cui conoscen-za La battaglia di Brunanburh e La batta-glia di Maldon restano testimonianze pres-soché indecifrabili — ma anche il quadroideologico che quelle vicende accompagnae, in certa misura, spiega. Felice, in questocontesto, è anche l’idea di pubblicare, dopole due composizioni poetiche, un’ampia se-zione della Cronaca anglosassone, fonteprincipale per la ricostruzione della storiadell’epoca post-alfrediana, che con il suoandamento annalistico rende conto passodopo passo dello sviluppo del conflitto,dell’interazione delle diverse forze in cam-po, dei comportamenti e delle scelte indivi-duali di chi, all’epoca, guidava lo stato, lachiesa, l’esercito.Un’ultima parola va infine detta sulla tradu-zione, che nella sua agilità e nell’assenza diinutili, “poetizzanti” arcaismi si rivela assaiutile sia per una fruizione immediata dei te-sti, sia come guida alla comprensione dell’ori-ginale, e rende quindi il volume adatto tantoalla lettura da parte dei non specialisti quan-to all’uso in ambito didattico.

Fulvio Ferrari

Marino Freschi, La Vienna di fine secolo,Roma, Editori Riuniti, 1997, pp. 317, £.36.000

La Vienna di fine secolo è, per Marino Fre-schi, un ritorno, quasi la summa della suafrequentazione con la cultura mitteleuropea.Scorrendone le pagine, infatti, si direbbe chel’autore abbia voluto tirare le fila, con que-sto testo, di uno dei nuclei di ricerca a lui piùcongeniali: ripercorrendo (e rigenerando connuovi approfondimenti) quella ‘traccia au-striaca’ protagonista, sin dal 1983, di tantisuoi lavori, ma donandole anche, nelcontempo, quella rotondità di narrazione ne-gata, per sua natura, al saggio accademico.

39OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

E’ un libro generoso, questo che vede unFreschi affabulatore che prende per manoil lettore — non necessariamente germanista— in un viaggio attraverso il tempo e gliincontri. La leggibilità è, appunto, uno deipregi del volume, il quale si presenta comeun testo di ‘alta’ divulgazione, in cui l’au-tore è sempre attento a coniugare comuni-cazione e scientificità. Ma Freschi non se-duce il suo pubblico soltanto con lo stileagile e sicuro: lo coinvolge anche con unricchissimo corredo fotografico fatto di fo-tografie d’epoca, tutte rigorosamente inbianco-e-nero, in parte dagherrotipi, chedipanano, in parallelo con la scrittura, il filodella Storia e impreziosiscono il volume (lacui veste tipografica è particolarmente ac-curata).Il libro, scandito in capitoli ciascuno deiquali è un medaglione dedicato a un prota-gonista della vita della Vienna letteraria fin-de-siècle, si apre, significativamente, conun presagio di morte: la fotografia di Fran-cesco Ferdinando al varo, a Trieste, nel1911, di quella stessa nave — la “Viribusunitis” — che l’avrebbe riportato, cadave-re, in Patria nel giugno 1914.E’ la morte, infatti, la protagonista dellaVienna imperiale e regale, di quella capita-le europea che si era rifatta nuova abbat-tendo le mura e costruendo al loro posto laRingstraße, una città invidiata che, in appa-renza, aveva tutto e che era, come cantavaLehar, “das Herz der Welt!”.Esistono città che sono grandi racconti, eVienna è una di queste. Nell’affresco chene fa l’autore, essa diventa letteratura e sisublima nella sinfonia di voci degli scritto-ri, dei filosofi, degli artisti e degli scienzia-ti che ne fecero ricca di fermenti la vita allasvolta del secolo. Sullo sfondo di una me-tropoli raffinatissima e insieme provincia-le, ariosa e leggera ma anche melanconicae disillusa, essi si muovono, si incontrano,lavorano per dare vita a quella che vieneconsiderata la cultura della modernità pereccellenza.Dal loro dialogo nasce quel grande ossimoroche è la Vienna di fine Ottocento, destinata,

dalla sua stessa logica storica, a diventare“il laboratorio sperimentale della fine delmondo”. L’ossessivo bisogno di verifica —sottolineato da Freschi come il vero momen-to fondante di quella civiltà — diventa, al-lora, il percorso obbligato di una generazio-ne cresciuta in un Paese invecchiato, che sireggeva sul progetto anacronistico di cen-tralizzare ormai l’incentralizzabile. Era quel-lo un Impero che assisteva al proprio falli-mento politico, ma che si illudeva — a prez-zo di pesanti antinomie — di potere contra-stare il corso della Storia. E i suoi figli, figlidi una aporia, saranno destinati a portarequell’aporia in sé: magnifici nell’analisi —da Freud, a Wittgenstein, a Michelstaedter—, grandi nella critica e nell’autocritica —da Kraus, a Musil, a Broch — , essi farannodella cultura danubiana un unicumirripetibile di avanguardia; ma quella lorolucida vocazione all’indagine finisce per ri-velarsi una richiesta di soccorso da parte diuna società che dubita della propria soprav-vivenza.Come in un brutto sogno, nelle pagine diFreschi la Vienna splendida e cosmopolitadi Hofmannsthal si ritrae progressivamenteper lasciare posto alla Vienna, desolata esquallida, della Kapuzinergruft rothiana, su-perstite del grande Impero: in entrambequelle Vienne covava già lo “Hitlers Wien”.

Nicoletta Dacrema

40OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

SEGNALAZIONI

Volumi, saggi e miscellanee 1997-98:

- Salvatore Costantino (curatore), Ragiona-menti su Elias Canetti. Un colloquio pa-lermitano, Milano, FrancoAngeli, 1998, pp.90, £. 20.000- Vittoria Dolcetti Corazza, La Bibbia goti-ca e bahuvrihi, Alessandria, Edizioni del-l’Orso, 1997, pp. 148, £. 30.000- Paola Maria Filippi (curatore), GeorgTrakl, perché, numero monografico di“Dialogica”, n. 7, giugno 1998, pp. 97,£. 15.000- Gian Franco Frigo, Paola Giacomoni,Wolfgang Müller-Funk (curatori), Pensarela natura. Dal Romanticismo all’ecologia,Milano, Edizioni Angelo Guerini e Asso-ciati, 1998, pp. 337, £. 46.000- Pasquale Gallo (curatore), Die Fremde.Forme d’interculturalità nella letteraturatedesca contemporanea, introduz. di Giu-seppe Farese, Fasano (BR), Schena, 1998,pp. 182, s.i.p.- Paola Gambarota, Surrealismo in Germa-nia, presentaz. di Alberto Destro, Udine,Campanotto, 1997, pp. 188, £.35.000- Giulio Giorello, Agnese Grieco (curato-ri), Goethe scienziato, Torino, Einaudi,1998, pp. 558, £. 54.000- Martino Menghi, L’utopia degli Iperborei,Milano, Iperborea, 1998, pp. 115, £. 16.000- John Neubauer, Adolescenza fin-de-siècle,Bologna, Il Mulino, 1998, pp. 320, £. 45.000- Clelia Parvopassu, Alberto Rizzuti (cura-tori), “A salti e lanci”. Il dibattito sulVolkslied nell’epoca dello Sturm und Drang,Torino, Edizioni dell’Orso, 1997, pp. 305,£. 35.000- Franco Perrelli, Pär Lagerqvist. Un ospitedella realtà, Milano, Iperborea, 1998, pp.133, £.18.000- Lea Ritter Santini, Il volo di Ganimede.Mito di ascesa nella Germania moderna,Venezia, Marsilio, pp. 176, £. 28.000- Giulio Schiavoni (curatore), Prospettivesu Christa Wolf. Dalle sponde del mito, Mi-lano, FrancoAngeli, 1998, pp. 134, £. 25.000

- Eugenio Spedicato, La strana creatura delcaos. Idee e figure del male nel pensiero del-la modernità, Roma, Donzelli, 1997, pp. 182,£. 35.000

Riviste:

“Cultura tedesca” 9, maggio 1998. Poesiasimbolo mito. Contiene: Claudia Monti, Pre-messa; Sergio Givone, Simbolo e mito; Ste-fano Zecchi, Da Creuzer, l’idea di simbolo emito per la nostra modernità; GiampieroMoretti, La questione della natura nell’ope-ra di Hölderlin alla luce della “storia del-l’essere”; Luciano Zagari, Al di là della poe-sia come mito. Tre poesie dai Canti della nottedi Hölderlin; Claudia Monti, La metafora ele somiglianze. Considerazioni su Novalis;Walter Busch, Orfeo in Rainer Maria Rilke -Per una refigurazione del mitico; Marino Fre-schi, Il mito della letteratura di Franz Kafka;Elmar Locher, Königssuche undDichtungsmaschine. Ein vorläufigerZwischenruf zur Debatte um Handke, Straußund den Mythos. Saggi. Bernd Hüppauf,Literatur nach der Skepsis. Recensioni.

“Studia austriaca” VI, 1998. Contiene: Mar-gherita Cottone, La ricezione italiana della“letteratura fantastica” del primo ’900 inAustria e Germania (1900-1930); AntonReininger, Das goldene Vlies; Lina Bolzoni,Elias Canetti e la sua stanza della memoria;Andreas Brandter und Thomas Degener,Ästhetische Konstruktion und kulturellerStatus des intermedialen Zeichenkomplexes“Schlafes Bruder”; Simonetta Carusi, Il mitoamericano. “Altrove” e Heimat nell’operadi Peter Handke; David Turner, Was istSubordination? Noch einmal HofmannsthalsReitergeschichte; Paola Lehmann, “Ödipusund die Sphinx”. Hugo von Hofmansthal ela dimensione metafisica del destino; EvelynePolt-Heinzl, Die kleinen Feuer zwischen denZeilen. Über den österreichischen AutorErwin Einziger; Fausto Cercignani, Uomini“senza qualità” e uomini “con qualità” nelromanzo saggistico di Musil; Vivian Liska,Das kleine Glück und das große Nein. Ein

41OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

Märchen für Dialektiker in Gerhard RothsRoman “Landläufiger Tod”; ErminioMorenghi, Referenti asburgici nella tempe-sta di Giorgione?

“Studi germanici” XXXV, 1, 1997. Contie-ne: Alberto Destro, Faust, Johannes und dieGeschichte; Dieter Arendt, Heines“religiös-blasphemische” Konfession oder“Die Welt ist die Signatur des Wortes”;Jolanda Nigro Covre, Pittori al bivio: unlinguaggio cubofuturista; Lucia Masina,Aprile 1912. La mostra dei Futuristi a Ber-lino nella critica contemporanea. Note -rassegne -profili: Roberto Bertozzi, PaulHeyse: le traduzioni da Giosue Carducci eil carteggio con Giuseppe Chiarini; LucaCrescenzi, Nietzsches Idyllen aus Messi-na. Das Volkslied als Form desPhilosophierens. Recensioni.

“A.I.O.N. - Sezione germanica. Filologiagermanica. Studi nordici - studi neder-landesi. Studi tedeschi”, N. s. V, 1-2 1995[1997]. Contiene: Michael Gebhardt,Althochdeutsch cotinc - “der gottesfürtigeMann”? Gedanken zu einer neuen Inter-pretation einer Abrogans - Glosse; France-sca Chiusaroli, “A Multitude in the Wilder-ness”: Images of Exile in the Old EnglishPoem Exodus; Valeria Micillo, Motivi let-terari medievali nel prologo del Terzo Trat-tato Grammaticale Islandese; FrancescoFiorentino, L’interpretazione negata: DasErdbeben in Chili di Heinrich von Kleist;Donatella Mazza, ‘L’art pour l’artiste’: ilRomanticismo nel pensiero di FriedrichGundolf; Ida Porena, Thomas Mann e l’ot-tica del profondo; Ingrid Hennemann Ba-rale, Paul Celan tra negazione e utopia. “Lapulsione della forma”. Alberto Destro, Musile la forma romanzo; Ortrud Gutjahr,Flaneur der Erinnerungen. Rainer MariaRilkes Die Aufzeichnungen des MalteLaurids Brigge; Gert Mattenklott, Poetikdes Gartens um und nach 1900; BorisPorena, La crisi della forma musicale nelprimo Novecento. Crisi per eccesso/crisiper difetto; Luciano Zagari, L’io moderno.

Un saggio di Gottfried Benn; Giusi Zanasi,“Totenbuch des ich”: Bebuquin alla ricer-ca del miracolo. Recensioni.

Traduzioni:

- Ingeborg Bachmann, Il dicibile e l’indici-bile, Milano, Adelphi, 1998, trad. di Barba-ra Agnese, pp. 154, £. 18.000- Bertolt Brecht, I capolavori, a cura diHelmut Riediger, introd. di Cesare Cases,Torino, Einaudi, 1998, 2 voll., pp. 372+490,£. 38.000- Annette von Droste-Hülshoff, Il faggio de-gli ebrei, a cura di Uta Treder, Venezia,Marsilio, 1997, testo a fronte, trad. di LauraDucati, Cristina Moro e Giulia Trepin, trad.dei versi di Arianna Lombardo, pp. 242, £.25.000- Michael Ende, Fiabe e favole, Milano,Mondadori, 1997, trad. di Glauco Arneri, pp.146, £. 22.000- Theodor Fontane, Il pungiglione (DerStechlin),a cura di Amelia Valtolina, Mila-no, Frassinelli, 1997, pp. 476, £. 24.000- Leo Frobenius, Fiabe del Kordofan, Mila-no, Adelphi, 1997, trad. di Umberto Colla,pp. 388, £. 46.000- Johann Wolfgang Goethe, La storia dei co-lori, a cura di Renato Troncon, Milano -Trento, Luni, 1997, pp. 494, £. 60.000Günter Grass, E’ una lunga storia, Torino,Einaudi, 1998, trad. di Claudio Groff, pp.600, £.36.000- Peter Handke, In una notte buia uscii dal-la mia casa silenziosa, Milano, Garzanti,1998, trad. di Rolando Zorzi, pp. 192,£. 29.000- Friedrich Hebbel, Diari , Imola, LaMandragora, 1998, trad. di Scipio Slataper,pp. 137, £. 20.000- E.T.A Hoffmann, Fiabe, a cura di LucaCrescenzi, Roma, Newton Compton, 1997,pp. 288, £. 6.900- E.T.A Hoffmann, Notturni, a cura diMatteo Galli, Firenze, Giunti,1997, pp. 294,£. 36.000- Martin Lutero, Lettera del tradurre, a curadi Emilio Bonfatti, Venezia, Marsilio, 1998,

42OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

testo a fronte, pp. 107, £. 15.000- Martin Lutero, Il piccolo catechismo. Ilgrande catechismo (1529), a cura di FulvioFerrario, Torino, Claudiana, 1998, pp. 368,£. 42.000- Thomas Mann, Spirito e arte. Saggio sul-la letteratura, a cura di Maurizio Pirro, Bari,Palomar, 1997, pp. 243, £. 29.000- Friederike Mayröcker, Fogli magici, a cura

Università degli Studi di Trento - Dipartimento di Scienze Filologiche StoricheCollana Labirinti

di Luigi Reitani, Venezia, Marsilio, 1998, pp.135, £. 24.000- Robert Schneider, Maudi che camminavanell’aria, Torino, Einaudi, 1998, trad. di Sil-via Bortoli, pp. 384, £. 32.000- Peter Waterhouse, Fiori , Roma, Donzelli,1998, trad. di Camilla Miglio, pp. 105, £.18.000

29. Parallela VII. Italiano e tedesco a contatto e a confronto, a cura di P. Cordin - H.Iliescu - H. Siller Runggaldier, L. 30.000

Il volume raccoglie gli Atti del Convegno internazionale italo-austriaco dei linguistiParallela VII, che si è svolto a Innsbruck nei giorni 17-19 ottobre 1996. Nei numerosicontributi presentati il confronto e il contatto tra le due lingue, italiana e tedesca iericome oggi, è esplorato e messo a fuoco nei diversi livelli dell'analisi linguistica, dallamorfologia alla sintassi, dal lessico alla costruzione del testo.

31. Tra edificazione e piacere della lettura: le vite dei santi in età medievale, a curadi A. Degl’Innocenti e F. Ferrari, L. 25.000

La vita dei santi rappresenta sicuramente uno dei generi letterari più diffusi nel Medio-evo. Testi rivolti all’edificazione, le agiografie assumono nel corso della storia caratte-ristiche che ne permettono una lettura non esclusivamente centrata sul messaggio reli-gioso. A questi aspetti in particolare sono dedicati i contributi contenuti in questa rac-colta.

32. Descrizioni e iscrizioni: politica del discorso, a cura di C. Locatelli e G. Covi, L.30.000

La maggior parte dei contributi qui raccolti sviluppa discussioni legate all’estetica eall’ermeneutica letterarie, che sollevano però anche problemi semiotici, analitici, edepistemologici.

43OSSERVATORIO CRITICO

della germanistica

I - 2/3

Osservatorio Critico della germanisticaanno I, nn. 2/3

Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche - Trento 1998

Direttore Responsabile: Massimo Egidi

Redazione: Fabrizio Cambi, Alessandro Costazza, Alessandro Fambrini, Fulvio FerrariComitato esterno: Luca Crescenzi, Guido Massino, Lucia Perrone Capano, Aldo Venturelli,Roberto VenutiProgetto grafico: Roberto MartiniImpaginazione: C.T.M. (Luca Cigalotti)Editore: Maria Pacini Fazzi Editore - Lucca

Periodico quadrimestrale (febbraio, giugno, ottobre)Abbonamento annuale (tre numeri): £. 25.000Abbonamento estero: £. 36.000Numero singolo e arretrati: £. 10.000

Modalità di abbonamento: versamento sul conto corrente postale numero 11829553 intestatoa: MARIA PACINI FAZZI - LUCCA, specificando nella causale sul retro ABBONAMENTOANNUALE A ‘OSSERVATORIO CRITICO DELLA GERMANISTICA’, e indicando nome,cognome, via e numero, c.a.p., città, provincia e telefono, oltre al numero di partita i.v.a. per glienti, istituzioni, aziende che desiderano la fattura.

Manoscritti di eventuali collaborazioni e libri da recensire vanno indirizzati ai componentidella redazione presso il Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche,via S.Croce 65, 38100Trento (tel. 0461/881718, 0461/881723 o 881739; fax. 0461/881751; [email protected]).

Amministrazione e pubblicità: MARIA PACINI FAZZI EDITORE S.R.L., piazza S. Romano16 - casella postale 173 - 55100 Lucca; tel. 0583/55530 - fax 0583/418245; [email protected]

Stampa: Tipografia Menegazzo - viale S. Concordio 903 - LuccaOttobre 1998

periodico in attesa di registrazione presso il Tribunale di Lucca

ISSN

OSSERVATORIO CRITICOdella germanistica

Università degli Studi di Trento

INDICE

Recensioni

Aldo VenturelliGerhart Baumann, Robert Musil. Ein EntwurfRobert Musil, L’uomo senza qualitàEnrico De Angelis, Der späte Musil 1

Fabrizio CambiPeter Kofler, “Wanderschaften durch gedruckte Blätter”. Italien in Wielands

“Merkur” 5Alessandro Costazza

Emilio Bonfatti (curatore), Il gesto, il bello, il sublime. Arte e letteratura in Germania tra ’700 e ’800 7

Alessandro FambriniLou Andreas-Salomé, Figure di donne 10

Grazia PulvirentiGeorg Trakl, Sämtliche Werke und BriefwechselHans Weichselbaum, Georg Trakl. Eine BiographieIda Porena, La verità dell’immagine. Una lettura di Georg Trakl 12

Giulio SchiavoniThomas Mann, Nobiltà dello spirito e altri saggi 17

Luca CrescenziLuciano Zagari, Gottfried Benn, un poeta della tarda modernità 19

Elena AgazziPaul Celan, Poesie 22

Fabrizio CambiAnna Chiarloni, Germania ’89. Cronache letterarie della riunificazione tedesca 26

Alessandro CostazzaCD-ROM: Deutsche Klassiker

Deutsche Literatur von Lessing bis Kafka 30Ingo Breuer

INTERNET: Pagine di partenza per ricerche di germanistica (parte seconda) 34

Schede di Fulvio Ferrari, Nicoletta Dacrema 37

Segnalazioni 40

I - 2/3

Lire 10.000